Scarica Appunti di chimica analitica e più Appunti in PDF di Chimica analitica solo su Docsity! CHIMICA ANALITICA INTRODUZIONE La chimica analitica è la disciplina scientifica che si occupa dello sviluppo e applicazione di metodi, strumenti e strategie per ottenere informazioni sulla composizione e la natura della materia nel tempo e nello spazio, ovvero capire e conoscere cosa c’è dentro e in che quantità. Presenta molte aree di applicazione, nel campo ambientale si serve per capire la caratterizzazione quindi determinare composti chimici e la composizione quindi la concentrazione di questi . Permette di capire la distribuzione e gli effetti che possono determinare determinate sostanze nello spazio e nel tempo. - Studiare le caratteristiche e la composizione di materiali e matrici di interesse ambientale - Studiare la distribuzione di componenti in un sistema ambientale ed i processi che la regolano. - Valutare le emissioni di inquinanti originati da attività umane ed i meccanismi che controllano la loro dispersione. - Raccogliere le informazioni per definire la qualità di un sistema ambientale. - Ricostruire l’evoluzione di un sistema ambientale. - Supporto per valutare l’efficienza delle metodologie e le tecnologie sviluppate per la protezione ambientale. Definizioni importanti Tecnica analitica: l'insieme dei principi teorici e degli accorgimenti sperimentali che permettono di utilizzare un fenomeno scientifico fondamentale al fine di ottenere informazioni sulla composizione di un certo campione. Metodo analitico: applicazione di una tecnica analitica per risolvere un problema analitico specifico, è il modo. Procedura analitica: insieme delle istruzioni di base necessarie per utilizzare un metodo analitico. (metodologia) Protocollo: : insieme delle istruzioni e direttive dettagliate da seguire rigidamente affinché il risultato possa essere accettato per fini particolari (controversie legali, conformità). Misura: insieme di un numero, un’incertezza ed un'unità di misura assegnati a rappresentare un parametro in un determinato stato del sistema. La misura analitica è costituita da: ● segnale analitico ● rumore Non si misura direttamente la quantità o la concentrazione di una sostanza che si vuole determinare detta ANALITA ma si misura un segnale analitico che è in funzione della concentrazione o quantità. Devo conoscere la funzione e questa deve essere valida il segnale è quindi legato alla concentrazione tramite una funzione: S=f [ ] Esiste un problema, infatti il segnale è dato da altri composti all’interno di una soluzione i quali non si desidera misurare, questo segnale viene definito RUMORE ed è il segnale analitico dato da altri composti e non dall’analita. Il composto è quindi formato da segnale dell’analita + segnale del rumore. Ciò che determina il rumore viene detto matrice, quindi tutto ciò che non è analita è rumore. Il rumore non si può eliminare ma in caso diminuire ed è questo che va a determinare un errore durante le misure. Come posso ottenere dal segnale la concentrazione? Per questo esistono dei metodi di quantificazione che collegano il segnale alla concentrazione. I metodi sono 3: 1. calibrazione esterna 2. metodi delle aggiunte standard 3. standard interno Il metodo più giusto da scegliere è quello che dà un segnale del rumore minore. Più nel dettaglio: 1. la calibrazione esterna: si preparano delle soluzioni a concentrazione nota dell’analita per ottenere delle soluzioni standard, poi le butto nello strumento e misuro il segnale che ottengo. Disegno un grafico dove nell’asse x si hanno le [ ] della sostanza nota mentre nell’asse y ci sono i segnali analitici, poi si misura il segnale del campione dove c’è l’analita che si vuole conoscere e al segnale che si ottiene faccio corrispondere nell’asse x una [ ]. Per esempio si hanno 3 campioni standard: ● standard 1: 1ng di [ ] con segnale 10, il rumore è 1 ● standard 2. 2ng [ ] con segnale 20, rumore 1 ● standard 3: 3ng [ ] con segnale 30, rumore 2 ● misuro il campione con l’analita e ottengo 21 come segnale perciò collego al 2ng di [ ] ma facendo ciò non si tiene conto che in 21 il rumore potrebbe essere 10 e il vero segnale 11 quindi la concentrazione vera dell’analita sarebbe più vicina a 1 ng. Con questo metodo ci sono pregi e difetti: ● pregi: vale per molto tempo ● difetti: effetto matrice ovvero se cambio il campione cambia anche la matrice ma non c’è il modo di capire il segnale del rumore, fa variare quindi il segnale analita la presenza di una matrice ma non si riesce a quantificare il rumore che provoca questa matrice ● difetti: le misure spesso vengono fatte in tempi diversi e ciò può provocare cambiamenti e i vari campioni e soluzioni standard danno misure diverse. 2. Per risolvere l’effetto matrice si fa una curva di calibrazione utilizzando la stessa matrice del campione: metodo delle aggiunte standard. Si prende l’analita e si misura, si costruisce un grafico dove nell’asse x ho le [ ] mentre nell’asse y ho il segnale. Si aggiunge una [ ] nota di analita e si aggiunge al campione e si misura una seconda volta, si ripete la stessa cosa con tutte [ ] diverse dell’analita. Ciò risolve il problema della matrice poiché l’analita è presente in diverse quantità ma all’interno della stessa matrice. Non risolve il problema del tempo ed è molto costoso. 3. Lo standard interno risolve il problema del tempo, permette di fare un’unica analisi. All’analita si aggiunge una quantità nota di un altro composto (standard interno), si fa l’analisi e si ottiene un segnale analitico dell’analita e segnale analitico dello standard interno poi avendo tre variabili su 4 si fa una proporzione. SI riesce a risolvere il problema del tempo e dell’effetto matrice. (N.B. lo standard interno non è l’analita ma un altro composto a [ ] nota) Per avere un basso errore devo far sì che il segnale dell’analita sia simile al segnale standard interno questo principio è noto come sensibilità. Differenza tra errore sistematico e casuale L’errore casuale è dato dalla precisione e sono rappresentati con la deviazione standard che distribuisce i valori nella gaussiana. L’errore sistematico è la differenza tra il valore vero e il valore medio trovato, è dato dall esattezza. L’errore sistematico si può determinare ed eliminare attraverso dei processi, gli errori possono essere: ● Gli errori sistematici, o bias, sono errori che possono essere individuati e quindi devono essere corretti. ● Gli errori sistematici strumentali sono dovuti a inesatta calibrazione o utilizzo improprio della vetreria e degli strumenti di misura, all'uso di strumenti non idonei, ecc. ● Gli errori sistematici di metodo sono dovuti a un comportamento non ideale di reattivi e reazioni, o all'uso di condizioni sperimentali non idonee (formazione di composti più o meno solubili del previsto, tempi di calcinazione inadeguati, ecc). Gli errori sistematici personali sono dovuti a distrazione o ignoranza della corretta procedura (bolle d’aria nel beccuccio della buretta, errori di parallasse ecc.). ● Gli errori sistematici personali sono talvolta connessi a difetti fisici o a veri e propri pregiudizi inconsci (tendenza a terminare la titolazione dopo aver aggiunto un volume il più possibile confrontabile con quello ottenuto in titolazioni precedenti, oppure calcolato teoricamente, ecc. Gli errori sistematici si possono eliminare attraverso determinati processi: ● analisi di campioni standard, tutti sanno cosa c’è dentro ● analisi del bianco, cioè di una soluzione contenente tutti i componenti presenti nel campione in esame eccetto l'analita di interesse; il bianco ideale è costituito dalla stessa matrice in cui è contenuto l'analita di interesse; otteniamo un valore medio che va sottratto al valore vero che in questo caso è 0, il valore medio è l’errore sistematico, per esempio si tira via Pb dall’acqua si fa l’analisi del Pb che non è presente e il valore che ottengo è il valore sistematico. (analisi del bianco è data da matrice+contaminazione) Rigetto degli outliers Spesso uno o più dati di una serie appaiono irragionevolmente diversi dagli altri. L'eliminazione di un dato sospetto porta a variazioni notevoli del valore della media e a miglioramenti sostanziali di quello della deviazione standard, ma la decisione deve essere giustificata statisticamente e non dall'intuito, spesso falsato da bias personale. L'eliminazione di un dato sospetto può essere decisa sulla base del test Q di Dixon. L’equazione che permette di calcolare Q dipende dalla numerosità dei dati a disposizione. Avendo disposto i risultati in ordine crescente. Qexp deve essere confrontato con il valore critico tabulato in funzione del numero di osservazioni e del livello di fiducia (confidenza). valori critici di Q per 1- α= 0,90, 0,95 e 0,99. La convenzione della cifra significativa Per rappresentare l’incertezza di una misura sperimentale fornita da uno strumento si può arrotondare il risultato in modo che esso contenga tutte le cifre certe più la prima incerta*. Il volume prelevato da una buretta di 50 mL, tarata in decimi di millilitro, viene letto alla 2 a cifra decimale. Il volume letto a fianco è 20,37 mL (o 20,38 mL). In generale, per conservare n cifre significative bisogna eseguire i calcoli con (2n+1) cifre. Mai arrotondare nei passaggi. Il risultato deve essere arrotondato alla prima o seconda cifra significativa dell’incertezza ● validazione, si deve validare un metodo per trovare i suoi parametri, bisogna validarlo quando è un nuovo metodo, viene modificato qualcosa. Ci sono vari parametri che vengono utilizzati. “Conferma attraverso l’esame e l’apporto di evidenza oggettiva (PARAMETRI) che i requisiti particolari per l’utilizzazione prevista siano soddisfatti” Gli strumenti tecnici della validazione: - bianco: può essere il bianco dei reagenti o il bianco del campione - campioni reali: verifica delle interferenze tipiche del lavoro di routine - materiali fortificati: utili per il ldr, il recupero, ecc. - materiali contenenti l’analita nativo - materiali caratterizzati indipendentemente - materiali standard usati per calibrazioni - materiali di riferimento (meglio se certificati) - statistica Quando validare un metodo? Quando un metodo è - non normato - sviluppato e/o progettato dal laboratorio - normato ma utilizzato al di fuori del proprio scopo e campo di applicazione prefissato le più comuni situazioni sperimentali che impongono la validazione sono le seguenti: - un nuovo metodo è sviluppato per scopi particolari; - un metodo analitico normato deve essere aggiornato, migliorato o esteso ad un nuovo problema analitico; il controllo di qualità evidenzia variazioni temporali dei parametri di qualità; - un metodo stabilito deve essere usato in un diverso laboratorio, da un diverso analista, con diversa strumentazione; - è necessario dimostrare l’equivalenza del metodo in esame con un metodo standard. ➔ Campo di misura: intervallo di minimo e massimo livello dell’analita che la tecnica è in grado di misurare, dipende dallo scopo del metodo. ➔ Selettività e specificità ◆ specificità: la capacità del metodo di misurare solo un segnale, quello dell’analita. ◆ selettività: è la capacità di dare il segnale del mio analita in mezzo a tanti altri analiti. La selettività è la capacità di un metodo analitico di non risentire della presenza d’interferenti o d’altri componenti diversi dall'analita in esame. Essa può essere valutata analizzando campioni reali e, se possibile, materiali di riferimento (aventi una composizione il più possibile simile a quella dei campioni reali) con il metodo in esame e con un altro metodo indipendente. Procedura: analizzare almeno una volta campioni e materiali di riferimento mediante il metodo in esame e mediante un metodo basato su di un principio fisico indipendente: confrontando i risultati, valutare la capacità del metodo in esame di identificare l’analita e la sua abilità nel determinarlo in presenza di interferenti ● limite di rilevabilità: è un parametro molto importante, è la quantità dell’analita minima che può essere rilevabile, ma non necessariamente determinata quantitativamente ovvero non si è sicuri al 100%, non ho la certezza che sia tutto analita. (LoD) Il punto rosso è la concentrazione trovata del campione in questo caso ho il 68% che sia bianco. Il valore medio (i.g 10) + 3 volte deviazione standard: ● 10+3=13…. ○ [ ] > 13 ho la probabilità del 99,7 % che non sia bianco ○ [ ] < 13 ho la probabilità del 99,7 % che sia bianco In generale se: - valore medio + 3 < concentrazione, ho 99,7 % di bianco e 0,3 che non lo sia - valore medio + 3 > concentrazione, ho 99,7% che non sia bianco e 0,3 che lo sia , quindi ho 99, 7 % che contenga analita ● limite di quantificazione: (Loq), concentrazione minima rilevabile che viene misurata come analita e ho la certezza che lo sia, si calcola sommando al valore medio + 10 volte deviazione standard Il limite di rivelabilità, o minima quantità rivelabile, ldr, è la concentrazione di analita che produce un segnale significativamente diverso da quello del bianco, ovvero la concentrazione corrispondente al minimo segnale significativo, Ss . Ss è un segnale vicino a quello del bianco (soluzione in cui l'analita è virtualmente assente) ma da esso significativamente differente, e quindi assegnabile all'analita sulla base di un criterio specifico. La definizione del ldr discende dal criterio usato per accertarsi che il segnale sia significativamente diverso da quello del bianco. Il ldr espresso in unità di concentrazione si ricava da Ss tramite la curva di calibrazione. In teoria, per valutare il ldr è quindi necessario eseguire un numero adeguato di misurazioni replicate del bianco, in modo da stimare la distribuzione del segnale ad esso relativo (per ipotesi affetto da rumore Gaussiano). È quindi possibile individuare il minimo segnale significativo, Ss . Tipo di campionatore nelle matrici ambientali possono essere: ● conservative: mantengono la concentrazione degli analiti nel tempo, si trovano nei sedimenti o nei ghiacci. Per esempio se uno strato viene contaminato e l’ultimo strato non viene contaminato si ha che nello stesso sedimento uno strato e contaminato e uno no, varia quindi in modo trasversale e orizzontale, in base a cosa voglio studiare cambio il campionatore. ● non conservative: la concentrazione cambia nel tempo come l’aria e l’acqua Chimica delle soluzioni acquose Si parla di elettroliti, sostanze che si sciolgono in acqua, questi sono forti o deboli e possono essere acidi, basi e sali. Esiste un equilibrio e quindi una costante k, data dalla divisione tra [prodotti]/[reagenti] Attività e concentrazione Bisogna distinguere infatti l’attività consiste nella concentrazione reale ovvero ciò che realmente agisce nelle azioni di equilibrio. Bisogna ricordare infatti che se in una soluzione ho una forza ionica maggiore e quindi è costituita da tanti composti e non è detto che reagisca, per questo si ha una bassa attività. K è data dall’attività: reagenti che realmente si incontrano e la capacità è data dal poter trovare facilmente spazio. a (attività)= γC dove γ è legato alla forza ionica ovvero quanti ioni sono presenti nella soluzione. Esso va da 0 a 1: ● 0 allora a=0 e ci sono tanti ioni che impediscono la reazione ● 1 allora a=C la reazione avviene subito Maggiore è la forza ionica minore è il coefficiente di attività. Maggiore è la carica ionica minore è il coefficiente di attività. Quindi k diventa: aA + bB = cC + dD Calcolare le concentrazioni In questo caso non viene fatta una misura quindi non si arriva al segnale analitico, ma vengono fatti dei calcoli tramite equazioni per giungere alla concentrazione dell’analita. 1. Bilancio di massa: esprime il principio di conservazione della massa. Ca (concentrazione analitica)= [HA] + [A-] 2. Bilancio di carica: esprime il principio di elettroneutralità delle soluzioni, la somma delle forme ioniche positive è uguale alla somma delle forme ioniche negative. [H+] = [A-] + [OH-] 3. Bilancio protonico: esprime l’uguaglianza tra la concentrazione di ioni idrogeno ceduta dalle specie acide e quella acquistata dalle specie basiche. [H+ ] = [Cl- ] + [OH- ] = Ca + [OH- ] 4. Costante di equilibrio 5. se la reazione è redox si fa anche il bilancio elettronico: Il bilancio elettronico esprime l’uguaglianza tra la concentrazione di elettroni ceduta dalle specie che si ossidano e quella acquistata dalle specie che si riducono. Non è mai possibile eseguire calcoli esatti di concentrazioni in soluzione o di parametri ad esse correlati: ● le costanti di equilibrio non si conoscono esattamente e sono affette da un errore minimo del 5%. ● i calcoli sono eseguiti senza tener conto dei coefficienti di attività e si usano le concentrazioni ● non sono note tutte le specie presenti nel campione Se la concentrazione è calcolata questa è affetta da un errore minimo del 5% per questo è meglio procedere con la misura del segnale. TECNICHE CLASSICHE Metodo gravimetrico Alcune sostanze, come per esempio acqua ed alcol etilico, possono venir mescolate in qualsiasi proporzione per formare soluzioni omogenee. Più spesso la capacità di un solvente di sciogliere un certo soluto è limitata. In generale, un solido si scioglie tanto più apprezzabilmente in un solvente quanto più gli è affine chimicamente. Così solidi apolari sono generalmente solubili in solventi apolari o scarsamente polari, mentre solidi ionici o polari sono solubili preferibilmente in solventi ionici o polari. Sulla solubilità limitata dei composti chimici si basano numerosi metodi di analisi gravimetrica. Per es. lo ione bario può essere determinato mediante precipitazione come solfato. Il segnale analitico è la massa dell’analita. Si sfrutta la reazione chimica che coinvolge l’analita, in questo modo si riesce a separare dalla soluzione poiché si forma un precipitato detto corpo di fondo. Il precipitato è un corpo insolubile che posso raccogliere e pesare. (Ba2+)aq+ (SO4 2- )aq = (BaSO4 )↓. Una soluzione in equilibrio termodinamico con un eccesso di analita indisciolto (corpo di fondo) si dice satura. La concentrazione di analita presente in una soluzione satura, ad una certa temperatura, è la solubilità, S. AgCl = Ag+ + Cl- Ks = [Ag+ ].[Cl- ] = S2 S→ S + S. Le reazioni utilizzate nell'analisi gravimetrica sono quelle che portano alla formazione di sali scarsamente solubili. Il reagente utilizzato deve essere il più possibile selettivo e reagire con l'analita in modo da formare velocemente un sale. Esente da contaminanti e che possa essere filtrato facilmente; avente solubilità sufficientemente bassa da assicurare una precipitazione quantitativa; chimicamente stabile; di composizione nota dopo essiccamento o, eventualmente, calcinazione. La soluzione, prima di raggiungere l'equilibrio termodinamico, può trovarsi in uno stato di sovrasaturazione (Q), nel quale il prodotto delle concentrazioni ioniche è maggiore del prodotto di solubilità. Il precipitato si forma prima con la nucleazione ovvero quando Q>S e poi comincia l’accrescimento del nucleo. Quando Q>>S si ha un’elevata nucleazione e si formano tanti nuclei, le particelle sono molte ma piccole. Quando invece Q>=S il corpo di fondo è formato da poche particelle e più grandi. Il corpo di fondo deve avere determinate caratteristiche: ● una composizione chimica definita. ● il corpo di fondo ha bassa solubilità, scegliere miglior reattivo con LoD ● chimicamente stabile N.B. deve essere selettivo, ovvero il reagente precipita tutto l’analita e non ci deve essere coprecipitazione. Coprecipitazione ● classica: oltre a (BaSO4 ) precipita anche altro specialmente CO3 - -. ● adsorbimento: non è irreversibile, quando si forma il precipitato all’esterno di questo ci sono ioni che formano legami elettrostatici ma è un legame debole che può essere tolto lavando il precipitato. ● per occlusione: intrappolamento di ioni che si trovano nel mezzo quando si forma il legame cristallino ovvero il precipitato, è irreversibile. Metodo volumetrico Il segnale è il volume di un reattivo che bisogna usare per trasformare completamente il mio analita in un altro composto. Il reattivo si chiama titolante e serve per far reagire completamente l’analita, ciò che dà il segnale è il volume del titolante. Nell'analisi volumetrica la concentrazione di analita viene determinata mediante titolazione, cioè mediante aggiunta di un volume noto di una soluzione di reattivo a concentrazione nota, il titolante, che reagisce quantitativamente con l'analita in esame. Si misura quando tutto il titolante ha reagito con l’analita. Il volume necessario da aggiungere si ferma ad un punto di arresto, momento in cui “qualcosa” dice di fermarsi perché tutto l'analita ha reagito con il titolante, ma il punto di arresto tante volte non è il punto esatto. Il punto equivalente invece è il punto al quale si sarebbe pervenuti dopo aver aggiunto la quantità esattamente stechiometrica di titolante. Quindi il punto di arresto è la pratica mentre il punto equivalente è la teoria. 1. reazione tra analita e titolante deve essere veloce 2. non ci devono essere reazioni collaterali tra altri composti e il titolante, deve essere selettiva 3. deve esserci un segnale che indica di fermarsi. La [ ] non si esprime con il volume ma mediante i metodi di quantificazione, inoltre devono conoscere bene la [ ] del titolante. Il titolante deve essere una soluzione standard la quale può essere creata: 1. pesando una quantità nota di titolante creato da una sostanza pura 2. si prepara una grande quantità e si porta a un volume noto non troppo preciso e poi si standardizza ovvero prendiamo una piccola parte da questa quantità e lo titoliamo con un titolante a concentrazione standard già nota, detto standard primario. Uno standard primario è una sostanza che può essere usata per preparare soluzione a concentrazione nota con esattezza. Uno standard primario deve: ● essere stabile e reagire rapidamente completamente e selettivamente con l’analita ● poter essere reperito facilmente e deve essere essiccabile (preferibilmente a 110-120°C) e conservabile allo stato puro; ● rimanere inalterato durante le operazioni di pesata (non deve essere igroscopico, ossidabile all'aria o assorbire anidride carbonica); ● poter essere analizzato con metodi idonei al fine della determinazione della purezza (maggiore del 99,98%); ● avere preferibilmente un alto peso equivalente in modo da minimizzare l'errore di pesata; ● essere facilmente solubile in acqua In questo esempio è presente lo zinco metallico inserito in una soluzione di zinco tutto collegato con conduttore metallico dove passano gli elettroni a rame metallico dentro soluzione di rame. Gli elettroni passando trasferiscono e separano le cariche infatti una che cede elettroni diventa positiva mentre l’altra che li riceve diventa negativa, ma la parte che diventa positiva ha la caratteristica intrinseca di attirare nuovamente gli elettroni e in questo modo non potrebbe avvenire la redox; per questo motivo bisogna neutralizzare la carica positiva questo può avvenire grazie al ponte salino in collegamento con le due soluzione, dove passano gli ioni, questo crea una controcorrente di elettroni verso la parte positiva, in questo modo può avvenire la redox. Quindi una cella è costituita da due conduttori (gli elettrodi) immersi nell’elettrolita, o in due soluzioni elettrolitiche in contatto elettrico tra loro, e da un circuito elettrico esterno che collega gli elettrodi. Il trasporto di carica avviene attraverso gli elettroni lungo il circuito esterno e le specie cariche all’interno della soluzione elettrolitica. Il trasporto può essere differenziato in 3 processi: 1. Gli elettroni si muovono da un elettrodo ad un’altro. 2. Nella soluzione si ha lo spostamento di anioni e cationi. 3. Sulla superficie elettrodica hanno luogo reazioni di ossidazione o riduzione Il fenomeno di ossido-riduzione è lo stesso per ogni metallo. La reazione è regolata con un equilibrio, che è spostato più da una parte o più dall’altra se ho più ione disciolto che metallo o viceversa, questo dipende dalla tipologia del metallo. C’è una continua separazione di carica, la parte ionica risulta in eccesso della parte metallica questa intensità di carica positiva o negativa dipende dal tipo di metallo, questa separazione di carica genera la differenza di potenziale generato durante l’interfase (stesso metallo in forma metallica e soluzione che compie la redox) dovuta alla redox all’equilibrio. Il potenziale risulta diverso per ogni analita (analisi qualitativa). Inoltre non tutti gli analiti redox sono utili infatti bisogna tener conto dei tempi per raggiungere l’equilibrio, questi devono essere rapidi. I due elettrodi hanno potenziale diverso e dove avviene l’ossidazione c’è una spinta più forte per spingere gli elettroni nell’altro elettrodo. Catodo Cu/Cu2+ // Zn2+/Zn Anodo Per convenzione si riporta a sinistra la semicella in cui ha luogo la riduzione (catodo), una barra indica una separazione di fase, i componenti di una soluzione omogenea vengono separati da una virgola, una doppia sbarra indica una separazione di due semicelle attraverso un ponte salino. Il trasferimento non avviene all’infinito ma si ferma perchè il potenziale dipende dal tipo di metallo e dalla sua concentrazione. Infatti quando collego i due elettrodi gli ioni si spostano e così si sposta anche l’equilibrio, si cerca di produrre nuovi ioni per riportare l’equilibrio ma questi continuano ad andare via, la soluzione rimane elettricamente neutra grazie al ponte salino ma la concentrazione di M+ aumenta all’interno della soluzione rispetto alla parte metallica, aumentando la [ ] non avviene più l’ossidazione e gli elettroni non hanno più forza quindi il potenziale cambia con il tempo. La misura deve essere fatta senza corrente elettrica per non far variare il potenziale: potenziometria. Si distinguono due tipi di celle: ● cella elettrochimica (galvanica): la reazione procede spontaneamente e genera una differenza di potenziale ● cella elettrolitica: non è spontanea e consuma corrente, è la cella galvanica nel senso opposto Il potenziale è anche la differenza tra i due elettrodi di metalli diversi, viene chiamato potenziale di cella e si calcola Ecella = Ecatodo - Eanodo + E1 E1 è detto potenziale di giunzione, è una differenza di potenziale che si genera quando si hanno due soluzione di diversa concentrazione e ioni diversi questi si muovono in base a gradiente di concentrazione con mobilità diverse in base alla loro grandezza ciò crea una separazione di carica. Quando la mobilità degli ioni è simile anche il potenziale di giunzione risulta più basso. Per questo motivo nel ponte salino viene usata una soluzione che presenta ioni con simile mobilità come KCl. Il ponte salino è un dispositivo che permette di diminuire il potenziale di giunzione e unire le due soluzioni, avviene lo scambio di ioni per neutralizzare la parte positiva quindi compensa la separazione di carica e chiude il circuito. Il ponte salino più semplice consiste in un tubo a U riempito di un gel contenente un sale concentrato costituito da ioni aventi mobilità quasi uguale (per esempio KCl: si confronti la mobilità dello ione potassio uK = 76,2.10-5 cm2/Vs, con quella sopra riportata del cloruro) e chiuso alle estremità da setti porosi. Ci sono diversi potenziali che possono darmi un segnale analitico: ● il potenziale dell’elettrodo: è in funzione della [ ] ma non è misurabile ● il potenziale di giunzione che non è né in funzione della [ ] nè misurabile infatti non è presente l’analita il quale è nell’elettrodo e non all’interno del ponte salino a meno che l’analita non sia presente nella soluzione del ponte salino e in quel caso torna utile. ● il potenziale di cella, si può misurare, è legato alla [ ] di tutti i composti della reazione redox, viene calcolato come: Ecella = Ecatodo - Eanodo + E1 Il Potenziale dell’elettrodo La reazione di una cella elettrochimica è costituita da due semireazioni, a ciascuna possiamo associare un potenziale, poiché ogni semireazione avviene ad un elettrodo possiamo parlare di potenziale di elettrodo. Il potenziale della cella: Non è possibile misurare il valore assoluto del potenziale di elettrodo. Noi possiamo misurare la differenza di potenziale tra due elettrodi. ❖ si può misurare ed è collegato alla [ ] di tutti i composti ❖ Ecella = Ecatodo - Eanodo, è dato dalla concentrazione dei singoli che non si riescono a misurare. Per conoscere l’Ecella è necessario avere noto il potenziale di uno dei due elettrodi, quindi spesso per convenzione si stabilisce che uno dei due è uguale a 0 o presenta un valore noto tabulato. Come potenziale noto viene usato quello dell’elettrodo standard idrogeno: si tratta di un elettrodo costituito da idrogeno gassoso H2 a 1 atm dentro 1 molare di H+. Per convenzione si dice che ha potenziale= 0 v a tutte le temperature. L’elettrodo a idrogeno può funzionare da anodo o catodo a seconda della semicella a cui è collegato. Lo collego con l’elettrodo dove ho l’analita che voglio conoscere e misuro Ecella che quindi sarà esattamente il potenziale dell’analita perché Ecatodo o Eanodo è 0 (potenziale standard H). Inoltre non considero il potenziale di giunzione poiché nel ponte salino ho la soluzione KCl con mobilità simile che dà un potenziale circa 0, se non uso ioni con stessa mobilità rischio di commettere un errore standard. ● elettrodo a calomelano, consiste in un conduttore esterno di platino (metallo inerte) immerso in mercurio Hg liquido il quale si riduce ed è a contatto con il sale calomelano Hg2Cl2 che si ossida, il tutto dentro una soluzione di KCl. Hg2Cl2 + 2e ⇆ 2Hg + 2Cl, E0= 0,268 V. Il potenziale dell’elettrodo a calomelano saturo è pari a +0,241V. ELETTRODI INDICATORI 1. devono essere specifici ovvero il potenziale misurato è dato solo dall’analita preso in interesse e non di altri composti. O può essere più difficilmente selettivo ovvero deve distinguere il potenziale dei vari composti presenti. 2. il potenziale deve instaurarsi rapidamente 3. deve essere riproducibile, ovvero il potenziale deve essere sempre uguale, il parametro che misura è la deviazione standard quindi la precisione 4. l’equazione di Nernst deve essere verificata attraverso i metodi di quantificazione. Indicatori: Metallici Sono di prima, seconda e terza specie, sono tutti basati sul rapporto che si instaura all’interfaccia. ● prima specie: costituiti da un metallo puro immerso nella sua soluzione di ioni (concentrazione metallo puro=1). Il potenziale è direttamente proporzionale al logaritmo della concentrazione dell’analita. In realtà bisognerebbe parlare di attività, si parla di concentrazione solo quando il coefficiente di attività=1, ovvero quando le soluzioni sono molto diluite e la forza ionica è bassa. ● seconda specie: il metallo è a contatto con un sale poco solubile, il tutto è immerso in una soluzione con l’anione del sale, la forma ridotta è il metallo, quella ossidata è il catione del sale. M ⇄ M+S- + e- . L’eq. di Nernst diventa E= E0 + 0.059 log [M+] / [M]. Ma va ricordato che M+ deriva da un sale insolubile il quale ha un suo equilibrio nella soluzione in cui è contenuto, questo equilibrio è dato dalla costante di solubilità Ks. MS ⇄M+ + S- Ks= [M+] [S-] / [MS] dove MS è solido quindi = 1. Allora [M+]= Ks/[S-] . L’equazione di Nernst diventa: E= E0 + 0.059 log Ks/[S], facciamo diventare E0 + 0.059 log Ks una costante che chiamiamo Kst e quindi ci risulta E= Kst- 0.059 log [S-]. Si può quindi dedurre che il potenziale è in funzione della concentrazione dell’anione. L’anione però non fa parte della reazione redox, il potenziale viene quindi generato da un metallo che forma con l’anione un sale poco solubile. Grazie agli elettrodi di seconda specie è possibile misurare il segnale di analiti che non sono coinvolti nella redox ma che formano un sale insolubile con il sale che compie la redox. ● terza specie anche detti redox: nella soluzione c’è la presenza di ioni sia in forma ridotta che ossidata per esempio Fe3+ e Fe2+ , il collegamento tra i due viene fatto con un metallo inerte Fe3++ e ⇄ Fe2+, all’equilibrio si genera potenziale e l’equazione di Nernst è: E= E0 + 0.059 log [Fe3+ ] / [ Fe2+ ] ma questi due ioni di ferro sono incognite. Quindi con la terza specie si può determinare il rapporto tra concentrazioni ma non si può usare per la speciazione infatti le singole concentrazioni vengono trovate con un’altra tecnica. A membrana Il potenziale di un elettrodo a membrana deriva da un potenziale che si genera attraverso la membrana che separa la soluzione da analizzare da una di riferimento. Viene sfruttato il potenziale di giunzione che deriva dalla diversa mobilità degli ioni in una soluzione e ciò crea una separazione di carica. La mobilità è la capacità di muoversi per effetto di un gradiente. Il potenziale di membrana è legato alla concentrazione delle due soluzioni ovvero al gradiente che genera il movimento degli ioni che crea la separazione di carica e il potenziale di giunzione. L’equazione di Nernst è data da E= 0.059 / n log [sol1] / [sol2], ovvero il rapporto tra concentrazioni diverse divise dalla membrana. E1= 0.059 log [sol1] / [sol2]. Per conoscere la concentrazione di sol2. creo sol1 a concentrazione nota e quindi il potenziale è collegato a sol2. Con il voltmetro misuro il potenziale di giunzione e lo collego alla [ ] con l’equazione di Nernst, Ecat e E an sono noti. I più importanti elettrodi a membrana sono quelli chiamati iono-selettivi rispondono selettivamente ad una specie in soluzione e sono costituiti da un elettrodo interno immerso in una soluzione contenente lo ione in esame ad una attività definita e costante e da una membrana ionoselettiva in grado di legare selettivamente lo ione in esame. All’equilibrio, la differenza di potenziale attraverso la membrana dipende dalla differenza di attività dello ione fra la soluzione interna all’elettrodo ed il campione in esame, ovvero la membrana crea un potenziale per tipologia di ioni, quindi il potenziale non è su tutti gli analiti ma solo su alcuni specifici, possono essere a membrana di vetro, a membrana liquida e a membrana cristallina. I requisiti fondamentali sono: ● Disponibile commercialmente e di facile costruzione ● Facilmente maneggiabile ● Robusto e con scarsa tendenza all’avvelenamento ● Avere buona riproducibilità e sufficiente range di validità ● Specifico: dà un potenziale solo per un analita ● Avere un tempo di risposta accettabile Risposta ● nernstiana Elettrodo a vetro E’ il più usato e viene utilizzato per misurare gli ioni H+ e quindi il pH. Si crea una cella elettrochimica con due elettrodi di riferimento e una membrana in vetro specifica per gli ioni idrogeno. L’elettrodo standard utilizzato è Ag/AgCl e il tutto è collegato a un altro elettrodo standard. La membrana è formata da un vetro speciale detto silicato (SiO4+ 4,) che è l’elemento dell’elettrodo effettivamente sensibile al pH; saldata all’estremità di un tubo resistente in plastica o vetro. Nel tubo è contenuta una soluzione con attività nota e costante di ione H+ (una soluzione diluita di HCl oppure un tampone) saturata con AgCl. Un filo di argento rivestito di AgCl immerso nella soluzione forma un elettrodo di riferimento ad Ag/AgCl, che viene utilizzato per collegare l’elettrodo ad uno dei terminali del potenziometro. Negli interstizi del reticolo tra silicio e ossigeno si trovano cationi di Na+ e Li+. Prima di utilizzare questo vetro necessita di essere idratato ovvero bisogna sciacquarlo con acqua pura, in questo modo gli ioni Na+ e Li+ vengono sottratti e sulla superficie della membrana si creano delle cariche O-. liberi o legati a H+. Ora la membrana è a contatto con la soluzione con ione H incognito e questo entra in contatto con la superficie della membrana e si lega a 0- o stacca gli altri ioni idrogeno per scambiarsi con questi, in questo modo si instaura un equilibrio. Una parte di questi ioni idrogeno si legano alla membrana e determinano una variazione di carica da entrambe le superfici della membrana. La carica superficiale della membrana è legata alla [H+] della soluzione a contatto. Se quindi le soluzioni hanno diversa concentrazione sulla superficie della membrana ho cariche diverse perchè è in funzione della [H+] da una parte e dall’altra. Si crea così una separazione di cariche dalle due parti della membrana questa differenza è il potenziale di membrana dovuto al potenziale di giunzione creato dalle diverse concentrazioni di H+ che migrano e creano un gradiente. E’ iono-selettiva perchè si instaura tra ioni H+ di diverse soluzioni. L'elettrodo a vetro deve il nome al fatto che la sua parte sensibile al pH è una sottile membrana di vetro (sensibile agli ioni H+); il potenziale elettrico che si viene a creare sui due lati, interno ed esterno, della membrana è funzione del pH della soluzione in cui la sonda viene immersa. E= 0.059 / n log [sol1] / [sol2]. Sol 2 è a concentrazione incognita per conoscerla devo sapere la concentrazione di sol 1 a priori. Quindi dentro il bulbo metto 1 M di H+, quella esterna è incognita, il potenziale che si ottiene è dovuto al gradiente di carica. Uno dei problemi è la forma del bulbo infatti se una volta verificata con metodi di quantificazione ci potrebbero essere degli errori dovuti al vetro rovinato. L’errore viene detto potenziale di asimmetria. Una volta che ho il bulbo e l’elettrodo standard (a vetro) per misurare il pH è necessario un altro elettrodo standard e fare il collegamento tra i due per creare la cella galvanica. ● policromatica: ha più lunghezze d’onda diverse contemporaneamente presenti con più energia. La dispersione è il modo per passare da luce policromatica a monocromatica. In laboratorio utilizziamo tecniche che sfruttano: campo del visibile, infrarossi e ultravioletto. Dal visibile all’ultravioletto aumenta la frequenza e diminuisce la lunghezza d’onda viceversa dal visibile all’infrarosso diminuisce la frequenza. Quando la radiazione interagisce con la materia si hanno due tipi di interazione: ● Considerare la teoria ondulatoria: l’onda che incide sulla materia comporta delle deviazioni: riflessione, rifrazione… ● Considerare la teoria corpuscolare: i fotoni che trasportano energia quantizzata incidendo sulla materia: assorbimento. Esistono tecniche diverse, noi studieremo l’interazione tra materia e fotoni. GLI SPETTRI Gli spettri sono la disposizione ordinata per lunghezze d’onda delle radiazioni. La spettroscopia quindi studia le successioni di onde in base alla loro λ, questi spettri possono essere usati come segnali analitici. Possono essere di due tipi: ● continuo: rappresenta tutte le lunghezze d’onda, come la luce bianca policromatica. ● discontinuo: mancano alcune lunghezze d’onda: ○ a righe non ci sono porzioni continuo ma ci sono solo singole lunghezze d’onda. ○ a bande: porzioni continue intervallate da buchi. I metodi di analisi spettrochimici sono basati sull'analisi dello spettro delle sostanze, il quale può essere di emissione o di assorbimento: 1. lo spettro di emissione: si analizza un fascio di luce emesso da una sostanza in opportune condizione, l’analita quindi emette energia. Usato spesso in analisi qualitativa. 2. lo spettro di assorbimento: si ottiene analizzando un fascio di luce dopo che ha attraversato la sostanza. Ogni spettro è caratteristico di un analita e questi spettri sono tabulati su una tabella detta libreria. Analisi qualitativa: studiare gli spettri del singolo analita. Analisi quantitativa: trovare la relazione con la concentrazione. Un atomo è formato da protoni e neutroni nel nucleo e da elettroni all’esterno negli orbitali i quali hanno livelli di energia diversi. Quando una radiazione incide su un atomo si genera un campo elettrico che ha un andamento sinusoidale, l’elettrone si muove e aumenta di energia cinetica, ogni onda porta all’elettrone un’energia legata alla frequenza ovvero più è elevata la frequenza più energia ha l’onda che arriva. L’elettrone colpito da questa energia si eccita e va ad un livello esterno superiore, i livelli energetici però variano per quantità specifiche di energia questi livelli vengono detti quanti; perché si abbia assorbimento della radiazione, l’energia del fotone eccitante deve essere esattamente uguale alla differenza di energia fra lo stato fondamentale ed uno degli stati eccitati della specie assorbente. L’atomo per eccitarsi ha bisogno di una determinata lunghezza d’onda che porta una determinata energia. • spettroscopia di ASSORBIMENTO: quando atomi o molecole vengono eccitati e passano a stati energetici maggiori. • spettroscopia di EMISSIONE: dagli stati eccitati, ritornando allo stato fondamentale, le particelle riemettono energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche (hn). Un atomo inizialmente si trova allo stato fondamentale, quando incide su di lui una radiazione passa allo stato eccitato. I livelli sono quantizzati, solo con una determinata quantità di energia riesce a passare allo stato eccitato. Il processo in cui il fotone promuove l'eccitazione dell'elettrone si chiama assorbimento. Processi per ottenere il segnale: 1. assorbimento: si ottiene analizzando un fascio di luce dopo che ha attraversato la sostanza e l’atomo è stato eccitato. 2. si ritorna allo stato fondamentale in due modi: a. attraverso gli urti, perde energia e aumenta la temperatura b. riemettendo una radiazione La radiazione che emette può essere: ● uguale a quella assorbita: si ha un passaggio diretto da eccitato a fondamentale con la stessa intensità assorbita: fluorescenza. ● se tornando ci sono invece altri livelli nel mezzo l’elettrone salta tra i vari livelli energetici e a ogni salto emette una determinata energia, è chiamato: emissione generica La differenza è che lo spettro di emissione a fluorescenza avrà poche righe ma più energia quindi basse lunghezze d’onda mentre lo spetto ad emissione generica ha più alte lunghezze d’onda e energia più bassa. Gli elettroni inoltre hanno due spini -½ e ½ questi vengono mantenuti quando dallo stato fondamentale passano a quello eccitato. Quando ritorna può invertire lo spin passando ad un livello energetico mediano leggermente più basso e quando arriva allo stato fondamentale reinverte lo spin ed emette radiazioni per tempo più lungo: fosforescenza. Altri elettroni di analiti fanno fatica a ritornare allo stato fondamentale quindi devono essere stimolati: emissione stimolata con il calore. Quindi per passare dallo stato fondamentale a quello eccitato: ● per assorbimento di radiazione ● per assorbimento di calore La legge di Boltzmann è molto importante perchè mi dice quanti atomi ci sono allo stato eccitato a determinati livelli di temperatura. Gli atomi eccitati a certi livelli di temperatura non sono tutti quelli presenti ma solo una parte, più aumenta la temperatura più una parte degli atomi a stato eccitato aumenta. SPETTRI ATOMICI Interazione tra radiazione e atomi che emettono o assorbono radiazioni specifiche. Lo spettro di assorbimento ed emissione sono a righe perché l’assorbimento è specifico. La relativa semplicità di questi spettri è dovuta al ridotto numero di stati energetici. Infatti per gli atomi avvengono solo transizioni elettroniche: uno o più elettroni dell’atomo vengono eccitati ad un livello energetico più alto. Ogni elemento ha un suo stato fondamentale e assorbe o emette specifiche lunghezze d’onda. SPETTRI MOLECOLARI L o spettro molecolare è più complesso di quello atomico, è uno spettro a bande e bisogna considerare: ● transizione elettroniche ● transizioni vibrazionali ● transizioni rotazionali Transizioni elettroniche: passaggio di elettroni da stato fondamentale a stato eccitato Transizioni vibrazionali: gli atomi si muovono lungo la direzione del legame anche l’energia vibrazionale è quantizzata. Transizioni rotazionali: i nuclei ruotano tra di loro attorno al legame, anche questa energia è quantizzata. Tutto insieme comporta l’assorbimento di molte lunghezze d’onda in un intervallo continuo. Tra il livello elettronico allo stato fondamentale e allo stato eccitato ci sono i vari livelli vibrazionali e tra i vari livelli vibrazionali ci sono i livelli rotazionali; un elettrone può quindi fare un salto elettronico più un salto vibrazionale. Quando sorgente e atomo sono fermi solo l’ onda segnata viene assorbita (200 nm), quando sorgente e atomo si avvicinano l’atomo “vede” tutte le onde “compresse”. Assorbirà solo quella che a esso apparirà ancora da 200 nm ma che è stata emessa come 220 nm. Quando sorgente e atomo si allontanano l’atomo “vede” tutte le onde “stirate”. Assorbirà solo quella che a esso apparirà ancora da 200 nm ma che è stata emessa come 180 nm. Allargamento di indeterminazione Deriva dal principio di indeterminazione di Heisenberg che afferma che non è possibile sapere con esattezza la posizione e la velocità degli elettroni e non si sa bene per quanto tempo l’elettrone rimane eccitato in quel punto, la zona è conosciuta ma non si sa bene il punto esatto potrebbe assorbire un po’ di più o po’ di meno di energia quindi si conosce la probabile λ ma non è quella specifica (0.0001 Å). La riga di assorbimento deve però essere sempre più stretta della radiazione che si fa entrare, non si ottiene una singola riga ma sempre un “picchetto”. STRUMENTI Spettrofotometro per assorbimento atomico ● sorgente ● comparto con il campione ● monocromatore ● rivelatore E’ uno schema a blocchi, questi sono sempre gli stessi ma può cambiare la modalità di lavoro: ● singolo raggio: viene suddivisa la misura in due tempi diversi, prima viene misurato il bianco per calcolare l’intensità incidente oppure si spegne la fiamma per far passare la radiazione subito al rivelatore; poi viene analizzato il campione per misurare l’intensità trasmessa. Possono esserci degli errori infatti facendo i calcoli in due tempi diversi cambiano le condizioni esterne. ● doppio raggio: la radiazione viene divisa in due parti uguali, una radiazione passa sul campione e misura l’intensità incidente mentre l’altra contemporaneamente va fuori e incide sul rilevatore e misura intensità trasmessa. non viene fatta in due momenti diversi ma è molto costoso. ● singolo raggio modulato: il singolo raggio si modula, sfrutta accensione e spegnimento della fiamma del campione, prima si calcola l’intensità trasmessa allo stato non atomizzato e poi l’intensità incidente con il campione atomizzato. Non viene fatta l’analisi del bianco. SORGENTE Un metodo per poter produrre la giusta radiazione è quella di eccitare il metallo che costituisce l’analita, questo per ritornare allo stato fondamentale emette una radiazione di una precisa lunghezza d’onda, questa sarà quindi la radiazione usata per lo spettro. La sorgente quindi sarà formata dall’elemento stesso che si vuole determinare ovvero dall’analita e questo viene eccitato per poter produrre la giusta lunghezza d’onda. 1. lampada a catodo cavo: è formata da un tubo di vetro con all’interno Argon, 2 elettrodi catodo e anodo e una resistenza. Anodo è formato da un metallo normale mentre il catodo è formato dal metallo che costituisce l’analita. Bisogna collegarlo alla corrente e si crea così una differenza di potenziale tra anodo e catodo, la resistenza diventa incandescente, si attivano gli atomi di argon con l’energia. Gli atomi di Argon con l’energia si trasformano in ioni. L’Argon si sposta verso il catodo e per urto raggiungono energia, questo si vaporizza e si eccita, tornando poi allo stato fondamentale emette la radiazione. 2. lampada a scarica senza elettrodi: è un tubo di vetro, senza elettrodi, c’è una piastra con l’analita e all’esterno c’è una spira dove passa la corrente per induzione magnetica, l’energia viene trasferita al metallo (analita) che si volatilizza, si eccita e emette radiazioni. SISTEMI PER ATOMIZZAZIONE 1. Con la fiamma 2. elettrotermica LA FIAMMA E’ un’analisi in continuo, si formano continuamente le gocce. Analita è in soluzione e la fiamma lo deve scaldare, alla base della fiamma l’analita è ancora liquido, la fase atomica è a una determinata altezza e la radiazione deve colpire a quell’altezza, se si procede verso l’alto si trova l’analita in forma di ioni e atomi eccitati. L’assorbimento avviene solo a una certa altezza. E’ un processo nello spazio, la radiazione è indirizzata in un’unica direzione. Prima della fiamma si trova il bruciatore, una zona dove il campione liquido viene aerosolizzato ovvero diviso in tante goccioline che vanno ad atomizzarsi nella fiamma. Per avere il LOD basso bisogna atomizzare il più possibile. Le gocce si formano grazie alla presenza di un tubo capillare, vicino a questo passa un gas che crea un vuoto dentro il tubo e questo riesce ad aspirare il campione, questo poi va a sbattere su un blocco che impedisce il suo flusso e si rompe in tante gocce, che vengono selezionate con un percorso ad L e le più grandi cadono mentre le più piccole riescono a raggiungere la fiamma. ENERGIA ELETTROTERMICA E’ un’analisi discontinua, l’operatore deve buttare una certa quantità di campione dentro un tubicino di grafite che viene riscaldato con la corrente elettrica e poi un flusso di gas svuota il tubicino per pulirlo. Per mezzo di un opportuno programma termico automatizzato (essiccamento, incenerimento, atomizzazione) si provoca l’atomizzazione dell’analita. E’ un processo nel tempo per arrivare all’atomizzazione, l’operatore butta quantità alla volta di analita. MONOCROMATORE Per poter far valere la legge di Lambert-Beer la lunghezza d’onda deve essere solo una, per questo il monocromatore seleziona una singola λ. In pratica con la dispersione trasforma una radiazione policromatica in monocromatica. Infatti dal campione esce una radiazione policromatica dovuta al calore che provoca energia e fa eccitare tutti gli atomi del composto sia analita che matrice. Le interferenze del campione ● interferenza chimiche: reazioni che avvengono durante l’atomizzazione ovvero l’analita reagisce con altri composti, si perde parte dell’analita per evitare ciò è conveniente introdurre nella fiamma degli additivi o porre molta attenzione alla temperatura. ● interferenze spettrali: influiscono nello spettro. ○ altri analiti che assorbono la stessa λ dell’analita, anche se è molto raro. ○ rumore di fondo, durante l’atomizzazione si formano atomi ma anche radicali e ioni, questi altri strani composti possono assorbire la stessa λ dell’analita ma anche tutte le altre λ provocando un assorbimento continuo, è un assorbimento aspecifico e viene chiamato assorbimento di fondo. E’ molto frequente e deve essere eliminato altrimenti provoca errori sistematici. Metodi per eliminare l’assorbimento di fondo: 1. metodo delle linee: si misura l’assorbanza dell’analita ( λ1) e l’assorbanza vicino al picco dell’analita ( λ2), λ2, non assorbe l’analita ma il rumore di fondo e quindi per ottenere il vero valore si sottrae λ2 a λ1. Per fare ciò basta produrre il catodo della lampada a catodo cavo con una lega metallica formata dall’analita più un altro metallo per costituire il rumore di fondo. 2. metodo della sorgente continua: vengono usate nella sorgente due lampade, una è la lampada a catodo cavo che provoca uno spettro discontinuo a righe e l’altra è la lampada di Deuterio che provoca uno spettro discontinuo a bande. Si fa l’equalizzazione delle due lampade ovvero l’intensità della luce viene resa uguale attraverso , una proporzione tra le due. L’intensità va nel campione e poi la moltiplico con la proporzione trovata per renderle uguali. L’assorbimento specifico degli atomi in analisi è trascurabile sulla sorgente continua mentre è ben netto sulla sorgente a catodo cavo. L’assorbimento di fondo, a banda larga, assorbe in maniera significativa la luce di entrambi le sorgenti e le decurta approssimativamente nella stessa percentuale. Nello strumento, a valle del rivelatore, esiste un equalizzatore che ha il compito di rendere uguali le intensità delle due bande. Lo strumento fa questa La torcia a plasma Funziona a induzione magnetica. E’ formata da un tubo centrale di quarzo dentro al quale arriva un campione allo stato liquido attraverso piccole goccioline trasportato grazie all’argon. Un secondo tubo di quarzo racchiude la prima struttura e dentro questo tubo più esterno passa sempre l’argon con un flusso diverso. Un terzo tubo di quarzo racchiude tutto e dentro passa ancora argon. Alla fine di questo terzo tubo ci sono delle spire metalliche dove passa corrente elettrica, ovvero una bobina, percorsa da corrente alternata ad alta frequenza, produce un campo magnetico oscillante che genera (con una scarica elettrica) e mantiene il plasma. Con una scintilla di queste spire si crea energia agli atomi di argon che diventano ioni. Lo ione di Argon si trova dentro le spire e con la corrente forma un’induzione magnetica, lo ione argon si muove e urta gli altri atomi di argon che diventano a loro volta ioni, si forma questa reazione a catena che produce ioni argon, gli urti aumentano la temperatura e si ottiene il plasma (10.000-20.000 K). Con le microonde invece gli ioni sono mossi da queste microonde. Il tubo interno serve per trasportare l’analita. Il secondo tubo serve per alimentare di argon la torica. il terzo tubo serve ad isolare il plasma dal resto della torcia. SPETTROSCOPIA MOLECOLARE Gli analiti sono le molecole, viene studiato uno spettro a bande. Ciò che determina l’andamento di una molecola nello spettro sono i suoi diversi legami. Lo spettro di assorbimento è quindi dovuto a tutti i tipi di legami presenti, in questo modo si possono ricostruire le molecole.→ Analisi qualitativa. Lo spettro può anche variare con lo stato fisico a cui si trova la stessa molecola: se è per esempio allo stato liquido instaurerà altri tipi di legami rispetto a quando si trova allo stato gassoso, sarà anche diverso quando la molecola si trova dentro una soluzione polare o una soluzione non polare. Transizioni elettroniche dovute a legami molecolari: Gli elettroni π sono meno legati e risultano più eccitabili rispetto a quelli σ. Ogni legame ha una determinata transizione, l’assorbimento dipende dal tipo di legame e ogni legame assorbe una determinata radiazione. σ⟶ σ* radiazioni contenute nel campo dell’ultravioletto π⟶ π* radiazioni contenute nel campo del visibile Gli elettroni coinvolti, nello stato fondamentale occupano elettroni di legame, π o σ, o di non legame, n. Gli elettroni nello stato eccitato sono π* o σ*, orbitali di antilegame. I gruppi nel campo del visibile sono detti CROMOFORI: gruppi di atomi con legami precisi che assorbono in un determinato range e sempre con una precisa λ. Le parti della molecola che non hanno cromofori non si vedono perché sono parti che non assorbono nel campo del visibile. Ci sono anche i gruppi AUXOCROMI: sono gruppi che non assorbono in quel range di λ ma influiscono sull'assorbimento dei cromofori. Se un cromoforo e un auxocromo vengono combinati nella stessa molecola, l'assorbimento del cromoforo si sposterà, in generale, verso lunghezze d'onda superiori e mostrerà un aumento di intensità. ● spostamenti verso lunghezze d’onda superiori: batocromici ● spostamenti verso lunghezze d’onda più corte: ipsocromici ● aumento di intensità di assorbimento: ipercromici ● diminuzione di intensità: ipocromico Lo spettro di assorbimento per l’analisi qualitativa è ottenuto ponendo una concentrazione fissata e si ha l’assorbanza in funzione della lunghezza d’onda. Analisi qualitativa di una molecola x. ➔ si costruisce lo spettro di assorbimento nel campo del visibile, si butta una radiazione alla volta e si misura l’assorbanza ➔ viene trovato un picco di 500 nm, nella tabella non è presente ma si trova il picco di 505 nm questo vuol dire che è presente un auxocromo che fa variare la lunghezza d’onda. Analisi quantitativa Si usa sempre la legge di Lambert Beer A= bcε. Vengono usati gli spettrometri molecolari. Il monocromatore in questo caso si trova prima del campione per due motivi: ● la sorgente è policromatica ● l’alloggiamento del campione non è una fonte di energia, non produce radiazioni perché infatti non deve portare l’analita allo stato atomico. Per poter soddisfare la legge di LB. bisogna ottenere una sola λ: ● analisi qualitativa, il monocromatore fa passare una sola λ alla volta ● analisi quantitativa, il monocromatore fa passare l’unica λ che viene assorbita dall’analita, si misura A e poi con i metodi di quantificazione si trova la quantità. per avere il LOD più basso conviene usare λ più alta. spettroscopia molecolare di assorbimento (a). spettroscopia a fluorescenza (b) spettroscopia di emissione © Analisi quantitativa Per eseguire analisi quantitative si fa uso di raggi monocromatici, cioè costituiti da radiazioni di una sola frequenza (di fatto si usano radiazioni comprendenti una banda molto ristretta dello spettro). Le determinazioni quantitative sono basate sul fatto che, quando una radiazione attraversa una soluzione, viene assorbita più o meno intensamente a seconda della concentrazione; in altre parole l'assorbimento dipende dalla concentrazione. A = ε∙c∙b Infatti, se si fa passare attraverso una soluzione a concentrazione incognita una radiazione monocromatica (cioè di una determinata λ) e di intensità I0, al di là della soluzione si troverà una radiazione di intensità I, che sarà minore di I0 se una parte della radiazione è stata assorbita dalla soluzione stessa, o uguale ad I0 se non si è verificato alcun assorbimento. SPETTROSCOPIA NELL’INFRAROSSO Segnala le transizioni vibrazionali, è molto usata ma non può fare l’analisi quantitativa perché ha una bassa sensibilità. Ha una sorgente diversa infatti questa è calda per poter produrre l’infrarosso. In questo caso entra in gioco l’energia vibrazionale ovvero gli elettroni sono fermi e gli atomi di legame accorciano o allungano il loro legame. L’assorbimento è dato dai movimenti di legame. I livelli dipendono da quanto è rigido il segnale e questo dipende dagli atomi che formano il legame. Si assume che lo spettro del campo visibile vede i singoli legami mentre lo spettro dell’infrarosso IR vede le coppie di atomi. ogni coppia ha un numero possibile di vibrazioni che si conducono allo spettro IR, ogni λ è specifica per ogni deformazione e coppia di atomi. Ciascun tipo di legame ha una frequenza di assorbimento diversa. Lo stesso tipo di legame se presente in ambienti diversi assorbe energie leggermente differenti non esistono due molecole di struttura diversa che mostrino il medesimo spettro di assorbimento. Le caratteristiche delle vibrazioni che una molecola può assumere dipendono da: Numero di atomi Tipi di atomi ( C, N, O , S……) e ordine di legame fra questi atomi (singolo, doppio…..). I diversi tipi di vibrazione ● stiramento (stretching) ● piegamento (bending) ○ scissoring ○ rocking ○ wagging ○ twisting FLUORIMETRIA Quando gli elettroni nello stato eccitato tornano allo stato fondamentale emettendo la stessa λ di assorbimento con un percorso diretto: fluorescenza. Lo strumento La sorgente è policromatica. sono due monocromatori perché la λ che arriva nel campione può captare altri elementi della matrice e quindi escono altre λ, il secondo monocromatore deve essere posto a 90° rispetto alla radiazione incidente, non deve captare l’intensità trasmessa ma solo quella emessa. Le tecniche accoppiate (spettroscopia+cromatografia), usate per dividere la miscela in singole molecole e poter fare l’analisi qualitativa. Per l’analisi quantitativa si sommano le varie assorbanze. A= AA + AB+ AC A + B + cλ1 𝐴 = ε𝐶 ε𝐶 ε𝐶 A+ B + C,λ2 𝐴 = ε𝐶 ε𝐶 ε𝐶 A+ B + C,λ3 𝐴 = ε𝐶 ε𝐶 ε𝐶 Il secondo monocromatore è posto a 90° infatti se è maggiore di 90 una parte della viene rifratta seλ è minore di 90 viene riflessa e tutto questo provoca un errore. CROMATOGRAFIA La cromatografia permette una serie di tecniche che compiono analisi qualitativa e quantitativa. Il suo scopo è quello di separare una miscela nei suoi componenti, è detta tecnica separativa. Queste tecniche sono basate sulla distribuzione differenziale dei vari componenti fra due fasi, una chiamata fase fissa o fase stazionaria e l’altra chiamata fase mobile o eluente, che fluisce in continuo attraverso la fase fissa. ➔ La fase stazionaria è in forma liquida o solida ed è ferma. ➔ La fase mobile è in forma liquida o gassosa ed è in movimento ➔ l’analita entra in contatto con queste fasi, crea legami con la fase stazionaria e si fa trasportare dalla fase mobile. L’analita per entrare nella fase stazionaria ha bisogno della fase mobile, si troverà quindi alla stessa forma chimica della fase mobile ovvero se la fase mobile è gassosa, l’analità sarà gassoso. Una volta dentro la fase stazionaria i singoli composti del campione reagiranno in modo diverso e quindi usciranno separati. La fase mobile e la fase stazionaria non instaureranno mai un legame. Nascita della cromatografia inizi del XX secolo come tecnica per la separazione di pigmenti fogliari, inventata dal botanico russo Mikhail Semenovich Tswett. Egli intendeva separare i pigmenti presenti nella clorofilla; fece un estratto di foglie verdi in etere di petrolio, lo depositò in testa ad una colonna di vetro impaccata con carbonato di calcio ed eluì, (cioè versò in continuo) con solfuro di carbonio: i vari pigmenti si separano in bande colorate, in particolare clorofilla A e B, carotene e xantofilla. La fase mobile che spinge l’analita è una forza continua e può avvenire: ● per urto (fase gas) ● con legami (fase liquida) Una volta che l’analita crea un legame con fase stazionaria poi ritorna alla fase mobile, questo ritorno ha tempi diversi in base ai diversi composti che formano legami più o meno forti, quindi i vari composti attraversano la fase stazionaria in tempi diversi in base al legame. La fase fissa è formata da infiniti punti su cui avviene l’interazione con l’analita, la separazione del legame avviene per la forza della fase mobile che è una forza contraria. Procedimento cromatografico ➔ il campione è introdotto nella fase mobile, che può essere un gas, un liquido o un fluido supercritico ➔ la fase mobile viene fatta eluire in continuo attraverso la fase stazionaria, che immiscibile nell’eluente ➔ la fase stazionaria (liquida o solida) si trova all’interno di una colonna oppure è supportata su una superficie piana la fase mobile e la fase stazionaria sono scelte in modo che i componenti della miscela da separare si distribuiscono tra le due fasi ◆ i componenti più affini alla fase stazionaria passeranno più tempo in questa fase, quindi si sposteranno più lentamente attraverso il sistema ◆ i componenti più affini alla fase mobile si sposteranno invece più velocemente ➔ la separazione dei componenti avviene in quanto ogni sostanza ha una distribuzione caratteristica tra le due fasi (costante di ripartizione Kd=Cs /Cm) ➔ Ponendo all’uscita della colonna un rivelatore che misuri la concentrazione del soluto nell’eluito (cioè la fase mobile che esce dalla colonna) e riportando il segnale in funzione del tempo si può ottenere un cromatogramma. La posizione dei picchi sull’asse dei tempi, o tempo di ritenzione (segnale analisi qualitativa), serve per identificare i componenti del campione. L’area sottesa dai picchi (segnale analisi quantitativa) è proporzionale alla quantità di ogni singolo componente e può essere utilizzata a scopo quantitativo Step 4 [A]=0.51/5 x4= 0.40 moli in fase mobile e 0.1 in fase stazionaria [B]=0.12/2= 0.06 moli in fase mobile e 0.06 in fase stazionaria Step 5 [A]= 0.4 / 5 x 4= 0.32 moli in fase mobile e 0.08 in fase stazionaria [B]= 0.06 / 2= 0.03 moli in fase mobile e 0.03 in fase stazionaria Step 6 [A]=0.32/5 x 4= 0.26 moli in fase mobile e 0.064 in fase stazionaria [B]=0.03/2= 0.015 moli in fase mobile e 0.015 in fase stazionaria L’analita A ha una Kd più bassa e quindi esce prima, ha meno forza di legame. La differenza di costante di distribuzione tra i due componenti fa sì che questi si spostino con velocità diverse. La cromatografia è un’analisi distruttiva. Inoltre il campione deve essere sempre liquido, se la cromatografia deve essere in fase gas sarà lo strumento stesso a trasformare l’analita in gas : i materiali oggetto di analisi vanno quindi disciolti in un opportuno solvente. CLASSIFICAZIONE DELLE TECNICHE CROMATOGRAFICHE 1. STATO FASE MOBILE a. liquido: cromatografia liquida b. gas: gascromatografia 2. MECCANISMO DI RITENZIONE a. adsorbimento b. ripartizione c. scambio ionico d. esclusione e. affinità 3. APPARATO STRUMENTALE FASE STAZIONARIA a. colonna b. piano C’è tra questi una suddivisione gerarchica. Cromatografia liquida Tutti i composti che si possono solubilizzare. Si presta facilmente a misure quantitative. Si possono separare sostanze appartenenti a varie classi tra cui: aminoacidi, peptidi e proteine, idrocarburi, carboidrati, ioni inorganici. Gascromatografia Tutti i composti che si possono vaporizzare. Si possono separare sostanze appartenenti a varie classi tra cui: aromi (terpeni, esteri), idrocarburi a catena corta, acidi carbossilici, composti di interesse biochimico. Per poter separare gli analiti bisogna giocare con la forza di legame, si deve trovare un parametro per cambiare i legami ovvero delle variabili che influiscono Kd in modo da modificare il legame. I vari tipi di legame. ● legami a idrogeno ● interazioni dipolo-dipolo ● interazioni dipolo-dipolo indotto ● forze di Van der Waals ● formazione di composti di interazione ● attrazione coulombiana ● interazioni steriche Meccanismi di separazione ➔ adsorbimento ➔ ripartizione ➔ scambio ionico ➔ esclusione ➔ affinità Adsorbimento ➢ fase mobile: gas o liquido ➢ fase stazionaria: solida L’interazione si limita alla superficie della fase stazionaria, l’adesione avviene tra analita e superficie della fase stazionaria. La superficie è formata da irregolarità e l’adesione avviene su dei punti di contatto. Se si aumenta la superficie di contatto si aumentano i punti e quindi i picchi sono più separati. Ripartizione ➢ fase mobile: gas o liquido ➢ fase stazionaria: liquida L’analita entra nella fase fissa all’interno di una profondità del punto di contatto. l’analita si scioglie secondo la legge del simile scioglie simile, quindi si divide in analiti polari e apolari. ● fase diretta: analita polare con fase stazionaria polare, la fase mobile è apolare. ● fase inversa: analita apolare con fase stazionaria apolare, la fase è polare. La fase stazionaria è più polare della fase mobile ➡ Escono prima i composti meno polari che sono poco trattenuti dalla fase stazionaria. Fasi stazionarie: silice, allumina o fasi legate Fasi mobili: solventi organici o loro miscele. La fase stazionaria è meno polare della fase mobile ➡ Escono prima i composti più polari che sono poco trattenuti dalla fase stazionaria. Fasi stazionarie: etile Fasi mobili: acqua, metanolo, etanolo, acetone... Scambio ionico ➢ fase mobile: carica ionica ➢ fase fissa: solido ionico ➢ analita: ioni Consiste in uno scambio ionico cationico (fase fissa è negativa) e scambio anionico ( fase fissa è positivo), si forma un’interazione elettrostatica. La fase mobile deve trascinare via l’analita quindi non basta l’impatto bisogna rompere il legame con un altro legame ionico, la fase mobile ha quindi la stessa carica dell’analita. La fase mobile rompe il legame con analita-fase stazionaria e si posiziona al posto dell’analita. Il primo che forma il legame è quello che tra i 2 cationi ha la carica più alta. ● M+ (fase mobile) cambia la sua forza nel tempo ● la fase mobile si lega alla fase stazionaria Se i picchi sono sovrapposti non possono essere calcolati i tempi precisi (no analisi qualitativa) e non posso calcolare l’area (no analisi quantitativa). Per separarli si devono allontanare durante il processo, i vari parametri cromatografici da studiare sono: ● ritenzione: è la capacità del sistema cromatografico di trattenere gli analiti presenti nel campione. Si ricava dalla posizione dei picchi nel cromatogramma. Si vede dalla presenza di tempi diversi dal tempo morto ● selettività: è la capacità del sistema cromatografico di separare due analiti presenti nel campione. Si ricava dalla distanza dei picchi corrispondenti ai due analiti, nel cromatogramma. Si vede dalla presenza di due picchi separati. ● efficienza: è la capacità del sistema cromatografico di eluire gli analiti come bande compatte (strette). Si ricava dalla larghezza dei picchi nel cromatogramma. Si vede nella diversa larghezza dei picchi. Si devono trovare delle variabili per variare i parametri. Parametri che caratterizzano una separazione cromatografica Sono parametri quantitativi per poter trovare i parametri precedenti e dar loro dei valori: ● fattore di capacità (k’): misura la ritenzione ● selettività (α): misura la selettività ● efficienza (N): misura l’efficienza Inoltre c’è un parametro che unisce i tre precedenti e può essere considerato assoluto perché i picchi risultano realmente separati: risoluzione ( R ). FATTORE CAPACITA’ E’ il parametro che misura la ritenzione ovvero misura il trattenimento dell’analita che forma il legame con la fase stazionaria regolato da Kd ⟶ viene misurata la velocità di percorrenza dell’analita nella fase stazionaria. Velocità fase stazionaria: , più aumenta la ritenzione più𝑉 = 𝑙𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑓𝑎𝑠𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑖𝑎 (𝐿) / 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑡𝑒𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 (𝑡 ) diminuisce la velocità. Velocità fase mobile : 𝑢 = 𝑙𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑓𝑎𝑠𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑖𝑎 / 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑜 Ora si aggiunge il parametro Kd che è uguale a 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑓. 𝑠𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑖𝑎/𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑓. 𝑚𝑜𝑏𝑖𝑙𝑒 r m/ m= m/ r= =𝑉 = 𝐿/ 𝑡 × 𝑡 𝑡 𝑢 × 𝑡 𝑡 𝑢 × 𝑚𝑜𝑙𝑖 𝑖𝑛 𝑓𝑎𝑠𝑒 𝑚𝑜𝑏𝑖𝑙𝑒/ 𝑚𝑜𝑙𝑖 𝑖𝑛 𝑓𝑎𝑠𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑖𝑎 /𝑢 × (𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑓. 𝑚𝑜𝑏𝑖𝑙𝑒× 𝑣𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑓. 𝑚𝑜𝑏𝑖𝑙𝑒) (𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑓. 𝑚𝑜𝑏𝑖𝑙𝑒 × 𝑣𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑓. 𝑚𝑜𝑏𝑖𝑙𝑒) + ( 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑓. 𝑠𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑖𝑎 × 𝑣𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑓. 𝑠𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑖𝑎) (t m / t r= numero moli in fase mobile/ numero moli tot.) V= [ 1 / 1 + Kd ( Vs/ Vm ) ] x u K’ è legato a Kd come Kd x (Vs/ Vm ). Quindi K’ è un altro modo per esprimere le interazioni tra analita e fase stazionaria. L/t r= L/t m x (1/1+K’) da cui si ricava Due sostanze saranno separabili se presentano valori diversi di k’ . Kd non viene misurato direttamente perché non si conoscono i volumi delle fasi allora si trova il valore capacità attraverso il tempo che è legato direttamente a Kd. SELETTIVITA’ È la capacità del sistema cromatografico di separare due analiti presenti nel campione. E’ sempre legata a K’ perché due analiti separati escono in tempi diversi e quindi agisce la ritenzione con i tempi di ritenzione e si calcola come α = K ‘ elemento più trattenuto/ K’ elemento meno trattenuto ovvero α > 1 sempre se α>1.5 i picchi sono sufficientemente distinti. EFFICIENZA Capacità di produrre picchi stretti. Si misura con il numero di piatti teorici ovvero i punti su cui avviene l’interazione tra analita e fase stazionaria, in realtà è più uno spazio ma è TEORICO quindi nella realtà non esiste ma tutto ciò è utilizzato per spiegare e interpretare il processo cromatografico, infatti è un continuum non c’è un punto fisso dove si instaura l’equilibrio, è solo pura teoria per poterlo capire meglio. Uno spazio teorico è quindi una porzione della fase stazionaria dove è possibile trovare in maniera ipotetica un legame regolato dall’equilibrio con costante Kd. Il numero di piatti teorici varia in base alla fase stazionaria. ➔ Se è presente la stessa fase stazionaria in entrambe le colonne, il numero di piatti può variare perché dipende dalla lunghezza della colonna e quindi varia l’efficienza. ➔ se è presente la stessa f. stazionaria, la stessa altezza del piatto teorico e la stessa lunghezza allora hanno la stessa efficienza. ➔ se ci sono due colonne con stessa lunghezza ma diversa altezza varia l’efficienza, perché ogni analita ha una sua H . N=L/H se L è uguale in due colonne allora H è strettamente legato N e l’efficienza si può calcolare con N o con H. Se invece L sono diverse l’efficienza si calcola solo con N. Dove W=larghezza del picco. N si misura dal cromatogramma perché è il segnale finale che viene determinato in base alle variabili (temperatura, pressione) che possono essere cambiate con dei pulsanti sul cromatografo, dal cromatogramma si capisce cosa misuro e come varia in base a diverse variabili, studiando quello si può capire come far variare le variabili per avere i picchi separati. L’altezza equivalente del piatto teorico (H = L/N) consente di confrontare l’efficienza di colonne di differente lunghezza, più H è elevata meno è efficiente. Durante la “corsa” cromatografica le bande si allargano, quali sono i meccanismi di questo allargamento: A. percorsi multipli B. diffusione longitudinale C. trasferimento di massa A La colonna è riempita con la fase stazionaria e su questa passa l’analita se non avviene un’interazione il loro percorso dipende dal percorso che compiono dentro la fase stazionaria e quindi gli spazi che percorrono per uscire. Se la fase stazionaria è compatta alle pareti allora il percorso è dritto ma se la f. stazionaria è presente nel mezzo e non è ben compattata, l’analita dovrà percorre tragitti più lunghi e diversi chiamati percorsi multipli, gli analiti escono quindi in tempi diversi allargando il picco in maniera casuale. Non si può fare niente perché è una caratteristica costruttiva della colonna, colui che la costruisce dovrà cercare di impaccare bene la fase stazionaria. B L’analita nella fase mobile si muove come un picco è formato da una quantità di analita abbondante nel centro e meno ai due lati ma per il fenomeno della diffusione l’analita da concentrazioni alte va verso concentrazioni basse e quindi l’analita si sposta e allarga il picco. Le variabili che influiscono sulla diffusione sono: la velocità della fase mobile: è inversamente proporzionale quindi all'aumentare della velocità c’è meno diffusione e quindi più efficienza. C Dipende dal movimento degli analiti in direzione trasversale rispetto alla direzione del movimento della fase mobile. Le molecole rimaste nella fase mobile si spostano trascinate dalla corrente dell’eluente e diffondono nella fase stazionaria del tratto successivo allargando il picco. La risoluzione è legata ai tempi di ritenzione (K’) sia all’efficienza di separazione (N) che alla selettività ( .α) Una buona risoluzione può derivare sia da una buona efficienza (picchi molto stretti, elevato numero di piatti teorici) sia da una buona differenziazione del comportamento dei soluti (selettività). CAPACITA’ E’ la quantità massima di campione che la fase stazionaria è in grado di “caricare” per realizzare una separazione di buona qualità. La quantità di analita che si butta all’interno della colonna infatti non è illimitata, se si supera questa capacità si costituiscono dei picchi asimmetrici. L'asimmetria dei picchi causa una diminuzione di risoluzione dipende da diversi fattori, il fattore principale è legato al fatto che il coefficiente di distribuzione Kd può variare con la concentrazione. Raramente i picchi cromatografici sono perfettamente simmetrici: ● asimmetria>1 picchi scodati (a) ● asimmetria<1 fronting (b) L’asimmetria di un picco si misura attraverso il fattore di asimmetria: A= b/a dove a e b sono le semilarghezze del picco, misurate a 1/10 dell’altezza del picco. L'asimmetria è presente perché Kd è un valore teorico quindi la forma simmetrica di gaussiana è solo teoria, nella realtà non c’è tempo sufficiente per la formazione dell’equilibrio Kd e quindi si hanno picchi asimmetrici. TIPI DI CROMATOGRAFIA Cromatografia: 1. a bassa risoluzione: si dividono i composti per classi, viene usata per pulire i campioni per questo prende il nome di preparativa. 2. ad alta risoluzione: vengono divisi ed analizzati i singoli composti, viene detta analitica. Cromatografia planare Si tratta di un gruppo di tecniche di cromatografia liquida di semplicissima applicazione, spesso impiegate per avere informazioni preliminari. La fase stazionaria è supportata su lastre di vetro, fogli di alluminio o di plastica nella versione TLC (Thin Layer Chromatography) e su fogli di carta da filtro nella versione PC (Paper Chromatography). Le fasi stazionarie più usate sono il gel di silice e l’allumina per la cromatografia di adsorbimento, la cellulosa per la ripartizione liquido-liquido (in questo caso la fase stazionaria è l’acqua adsorbita sulle particelle di cellulosa). L’esecuzione dell’analisi è molto semplice: la miscela da separare va depositata sulla superficie, posando con un tubo capillare una goccia su una linea che segna l’inizio del processo di eluizione. La fase mobile si fa scorrere per capillarità (ascendente) o per gravità (discendente) questo crea una diversa velocità della fase mobile. Può anche essere usato un metodo bidimensionale con l’utilizzo delle due fasi mobili insieme in questo modo aumenta la separazione. Il risultato è (spesso ma non sempre) visualizzabile sotto forma di macchie colorate, ognuna dovuta ad un componente della miscela.Nel caso le macchie non siano colorate, è possibile ricorrere a due metodi per visualizzare il risultato della separazione: ➔ utilizzare una lampada UV per irradiare la lastrina, se le sostanze separate non assorbono la luce visibile ma assorbono nell’ultravioletto (l < 400 nm); può essere necessario addizionare alla fase stazionaria o alla fase mobile un indicatore di fluorescenza che permette di localizzare le macchie ➔ spruzzare la lastrina con una soluzione contenente sostanze in grado di reagire con i costituenti della miscela separata, generando composti colorati; può essere necessario scaldare leggermente la lastrina per favorire la reazione . Gascromatografia e cromatografia liquida La cromatografia liquida è più efficiente nella teoria ma nella pratica è meglio la gascromatografia perché le colonne utilizzate sono molto più lunghe. Un analita che può anche essere trasformato in sostanza volatile può utilizzare entrambe le cromatografie. Bisogna ricordare che l’efficienza è uguale in tutte le cromatografie mentre la ritenzione dipende dal tipo di cromatografia perché è legato a Kd che è diverso in base al tipo di analita e di cromatografia. GASCROMATOGRAFIA La fase mobile è un gas. L’analita deve essere portato alla forma volatile per potersi mescolare con la fase mobile. Cromatografia di adsorbimento gas-solido (fase stazionaria = solido adsorbente) Cromatografia di ripartizione gas-liquido (fase stazionaria = liquido che può essere supportato da un solido inerte o depositato sulle pareti della colonna). In GC, l'altezza di un piatto teorico è maggiore che in LC; tuttavia in GC l’efficienza e la risoluzione sono normalmente maggiori. Infatti, in GC capillare è possibile utilizzare colonne molto lunghe (fino a 100 metri), per cui il numero di piatti teorici può essere comunque molto elevato, nonostante l'altezza di un piatto sia grande. A differenza della LC, la fase mobile non ha effetto competitivo: ha la funzione di trascinare i componenti lungo la colonna, infatti viene chiamato gas di trasporto (o carrier). L’analita quando entra nella colonna è in fase gassosa, quando interagisce e penetra dentro la fase stazionaria in forma liquida si trasforma in liquido e poi quando ritorna nella fase mobile ritorna gas, l'analita compie dei cambiamenti di stato. La Kd= [analita liquido]/[analita gassoso]. In gascromatografia la variabile che influisce su K’ è la temperatura, questa è una variabile molto importante e ci deve essere una variazione graduale di temperatura nella colonna. Lo strumento 1. la fase mobile è contenuta dentro bombole in pressione e un manometro regola la velocità di uscita del gas dalle bombole. 2. iniettore: ha il compito di mescolare l’analita con la fase mobile e trasferire il tutto dentro la colonna 3. colonna: separa i composti è dentro un forno che regola la temperatura 4. rivelatore: misura la quantità di analita che esce dalla colonna INIETTORI Sono di 4 tipi: ● split ● splitless ● on column ● PTV Se gli analiti hanno una loro specifica temperatura ottimale per poterli far uscire tutti in maniera separata si può fare la programmata di temperatura ovvero viene fatta un’analisi in maniera graduale variando la T nel tempo per avere T ottimali per ogni analita. Se gli analiti sono molto vicini si può anche rallentare la programmata di T. COLONNE GASCROMATOGRAFICHE ● impaccate: contengono particelle solide che vengono impaccate e quindi sono presenti più percorsi per la fase mobile, i tubi sono in acciaio ● capillari: tubi di vetro anche molto lunghi ricoperti di plastica per essere più flessibili, la fase stazionaria è depositata sulle pareti interne, la fase mobile ha un solo percorso ○ Tubolari aperte a pareti ricoperte (WCOT), costituite da un tubo la cui superficie interna è ricoperta da uno strato di un liquido. Normalmente la quantità di analita che si può iniettare è bassa. colonna impaccata colonna capillare FORNO La temperatura della colonna è uno dei parametri principali che governano la ritenzione. Il forno a circolazione d’aria calda deve permettere un accurato controllo della temperatura di esercizio (± 0.05 °C) in un ampio intervallo (da ambiente a 400 °C). Deve essere possibile variare la temperatura nel corso della prova (temperatura programmata) in modo rapido e preciso. RIVELATORE Misura la quantità di analita che escono dalla colonna e produce un segnale elettrico che viene raccolto e posto in grafico (cromatogramma) dal registratore, integratore o computer. I rivelatori universali o generici sono dispositivi che consentono di individuare tutti i componenti di una miscela; i rivelatori selettivi, invece, consentono di individuare solo particolari categorie di composti. Le prestazioni di un rivelatore, o meglio di tutto il sistema, si valutano in base ai seguenti parametri e ogni tipo di rivelatore presenta queste caratteristiche: ● selettività: da un segnale specifico solo per un certo analita, è importante perché con la semplice cromatografia non si possono separare inoltre si ha un LOD basso perché il segnale è più alto e diminuisce il rumore di fondo ● sensibilità: segnale analitico x unità di concentrazione di analita ● rumore di fondo stabile del rivelatore ● deriva del segnale: rumore di fondo che cresce nel tempo ● limite di rivelabilità ● intervallo di linearità Ci sono diversi rivelatori 1. A termoconducubilità (thermal conductivity detector, TCD) E’ generico e poco sensibile, sfrutta la conducibilità termica, fa quindi passare la corrente. E’ formato da 4 resistenze a coppie collegate. 1. la prima coppia è di riferimento e si fa passare il gas della fase mobile 2. la seconda coppia è il campione e si fa passare il gas+analita in uscita dalla colonna In generale gas+composto fa variare la conducibilità del gas e in base al tipo di analita c’è una conducibilità diversa. Se esce dalla colonna il gas da solo il segnale è 0 perché non ci sono differenze di corrente; se sece gas+analita il segnale aumenta perché c’è una differenza di corrente tra gas da solo vs gas+analita. Viene misurata la variazione di conducibilità. 2. a ionizzazione di fiamma (FID) Non è del tutto generico infatti può analizzare solo gli analiti che possono bruciare e ossidandosi perdono gli elettroni. Gli analiti che non si possono analizzare sono i seguenti La colonna esce in un ugello dove si produce la fiamma grazie all’introduzione di un combustibile, la fiamma si trova avvolta in due elettrodi uno negativo e uno positivo. Gli analiti raggiungono la fiamma, bruciando liberano elettroni che vengono attratti dagli elettrodi e ciò crea una corrente elettrica. La quantità di elettroni prodotti dipende dalla quantità di analita, e picchi si generano via via che la quantità di analita aumenta. 3. a cattura di elettroni ECD E’ un rivelatore selettivo per i componenti che contengono alogeni. E’ formato da una lastra di Nichel radioattivo che decadendo produce elettroni e questi vengono catturati da un elettrodo. Vengono fatti entrare analiti in grado di catturare elettroni di Nichel e in questo modo la corrente creata dal Nichel diminuisce e la diminuzione dipende dalla quantità di analita che esce dalla colonna, si verifica quindi una diminuzione di corrente dovuta al fatto che l’analita cattura gli elettroni emessi dal Nichel.