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Appunti di Chimica Analitica, Appunti di Chimica analitica

Argomenti: introduzione, misure chimiche, ferri del mestiere, errore sperimentale, standardizzazione e calibrazione, metodi spettroscopici di analisi, strumenti di spettroscopia ottica, spettroscopia di assorbimento molecolare, introduzione alle tecniche analitiche di separazione, gas cromatografia, cromatografia liquida al alte prestazioni (HPLC) e laboratori.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 30/01/2022

alessia_ab
alessia_ab 🇮🇹

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Scarica Appunti di Chimica Analitica e più Appunti in PDF di Chimica analitica solo su Docsity! Chimica Analitica INTRODUZIONE La Chimica Analitica, riguarda la caratterizzazione chimica della materia e risponde a due domande: quan’è e che cos’è. L’analisi chimica quantitativa riguarda la misurazione della quantità di una certa sostanza chimica presente in un campione. Mentre l’analisi qualitativa indica cosa è presente, l’analisi quantitativa indica quant’è. Nell’analisi quantitativa, la misurazione di variabili chimiche è solo una parte di un processo che prevede la raccolta di un campione significativo, il trattamento del campione in modo che la sostanza chimica d’interesse posso essere misurata, l’esecuzione della misura e l’interpretazione dei risultati. Obiettivo: rispondere alla domanda , quanta caffeina è presente in questa barretta di cioccolato? Il cioccolato è un alimento nervino, cioè contiene sostanze nervine come la caffeina e la teobromina. La caffeina, la teobromina e la teofillina sono xantine legate a gruppi metilici e quindi vengono denominate metil-xantine. Quando rispondo alla domanda “quant’è” presumo l’analita che voglio misurare è presente nel campione. Analita = specie chimica che deve essere determinata durante un'analisi quantitativa. Campione = sostanza che contiene l’analita e su cui effettuo la misura. In questo caso la caffeina è l’analita e il cioccolato è il campione. Prima di iniziare è importante conoscere la composizione del campione di partenza, perché il procedimento analitico, in base alla complessità dell’obiettivo e del campione, può avere una serie di step. Più il campione è complesso e più si complicano i passaggi di preparazione del campione. Il cioccolato è composto dal 33% di grassi, 47% di zuccheri e caffeina e teobromina. Per rispondere al mio obiettivo è utile conoscere (se esiste) la concentrazione media di caffeina presente nel cioccolato, al fine di scegliere un metodo analitico che mi permetta di determinare l’ordine di grandezza di quella concentrazione. Infatti se scelgo un metodo di analisi con un limite superiore a quelle che sono le concertazioni che mi aspetto di trovare, l’applicazione è inutile. Generalmente per l’analisi quantitativa ci sono più metodi possibili. Quindi prima del campionamento devo scegliere il metodo, perché la scelta del metodo definisce il protocollo di analisi. Per scegliere il metodo si risponde ad una serie di domande come: qual è il limite del metodo? Qual è la strumentazione che posso utilizzare? Qual è l’accuratezza della misura? É semplice o costoso? Il metodo si divide in: - Parte preanalitica — preparazione e trattamento del campione. - Parte analitica — tecnica quantitativa; in questo caso usa la cromatografia che richiede che l’analita sia soluzione liquida. PARTE PREANALITICA Preparazione campione rappresentativo: 1 Chimica Analitica - campionamento: procurarsi un campione rappresentativo sui cui effettuare le misurazione; - determinare se il campione è omogeneo (composizione uguale ovunque) o eterogeneo (composizione variabile) e nel caso in cui il campione sia eterogeneo renderlo omogeneo. Preparazione campione di laboratorio (specifica): 1. Preparazione: - pesare una quantità nota di campione; - ridurre il campione in particelle più piccole; 2. Eliminazione interferenti: per riuscire a eliminare gli interferenti senza eliminare gli analiti devo sfruttare le diverse proprietà chimico-fisiche. Caffeina e teobromina sono molecole polari mentre i lipidi sono apolari. Si sfrutta quindi la solubilità dei lipidi in un solvente polare, solubilità che non hanno invece caffeina e teobromina. Si mette nella provetta il campione solido ridotto, si aggiunge il solvente idrocarburico apolare (esano o etere di petrolio), si centrifuga (per separare la componente solida da quella liquida). Dopo la centrifugazione, nella provetta rimane un liquido in alto surnatante e un solido sul fondo della provetta, residuo. Il liquido, ossia il solvente, contiene i lipidi estratti, nel solido rimane tutto il resto (ossia tutta la componente polare). Da ricordare che è quasi impossibile eliminare tutti gli interferenti dalla matrice. Normalmente, l’estrazione dei lipidi viene ripetuta più volte. I lipidi danno una colorazione giallognola al solvente, quindi ripeto l’operazione finché il solvente è trasparente. 3. Estrazione analiti: in una beuta viene trasferito il residuo privo di lipidi, a cui viene aggiunto un solvente polare (acqua calda) per estrarre gli analiti. Procedo con la filtrazione del liquido surnatante, contenete gli analiti, per eliminare eventuali residui solidi. PARTE ANALITICA La tecnica scelta si chiama cromatografia, tecnica separativa che mi permette di separare più composti che sono presenti nella soluzione di partenza. In questo caso di separare la teobromina dalla caffeina, presenti nella soluzione liquida che ho preparato nella parte preanalitica. Dall’applicazione della cromatografia ottengo un grafico, cromatogramma. Il cromatogramma presenta dei picchi, quanti sono gli analiti presenti nella soluzione di partenza. Questo grafico presenta due picchi, in corrispondenza della teobromina e della caffeina. L’area di ciascun picco è proporzionale alla quantità di analita. Il valore numerico dell’area ottenuta non mi dice nulla sulla 2 Chimica Analitica DILUIZIONI Le soluzioni diluite possono essere preparate da soluzioni più concentrate, generalmente aumentando il solvente. Si trasferisce un volume noto di soluzione concentrata in un contenitore pulito, e lo si diluisce fino a raggiungere il volume finale desiderato. Il numero di moli di reagente in litri di soluzione contenenti moli per litro è dato dal prodotto . Tramite l’uguaglianza tra il numero di moli prelevate dalla soluzione concentrata e il numero di moli risultanti nella soluzione diluita si ottiene la formula di diluizione: Dalla formula precedente risulta che: . Tale formula permette il calcolo del volume finale di una soluzione ottenuta aggiungendo solvente alla soluzione di volume iniziale . Il volume aggiunto di solvete è: . Nella diluizione classica si parte da una soluzione (soluzione madre) e la si diluisce; per preparare un’altra diluizione si parte sempre dalla soluzione madre. Invece le diluizioni seriali sono diluizioni fatte in serie, si parte da una soluzione iniziale e la si diluisce poi da questa si prende una parte e la si diluisce ulteriormente, e così via fino a formare una serie di diluizioni. Questo procedimento mi permette di ridurre l’errore. V M M ⋅ V = mol/L ⋅ L Vdil = Mconc ⋅ Vconc Mdil Vdil Vconc Vdil − Vconc 5 Chimica Analitica FERRI DEL MESTIERE BILANCIA ANALITICA La bilancia elettronica impiega una forza elettromagnetica per bilanciare il carico posto sul piatto. Ogni strumento ha una capacità, cioè la quantità massima misurabile, e una sensibilità, cioè l’incremento di massa più piccolo che può essere misurato. La sensibilità aumenta con la diminuzione della capacità. Un oggetto posto su di una bilancia elettronica spinge in basso il piatto con una forza uguale a m x g, dove m è la massa dell’oggetto e g l’accelerazione di gravità. La bilancia elettronica sfrutta la forza elettromagnetica per riportare il piatto nella sua posizione iniziale. L’intensità di corrente necessaria per questa operazione indica l’entità della massa posta sul piatto. La bilancia funziona mediante una bobina ; la corrente genera un voltaggio che è convertito in un segnale digitale e, infine, in un valore di massa che è visualizzato sul display della bilancia. La classica bilancia meccanica è costituita da due piatti sospesi alle estremità opposte di braivi di uguale lunghezza tenuti in equilibrio su un fulcro. Si sposta una piccola massa di rifermento lungo un cursore orizzontale finché non è ristabilito l’equilibrio. La somma delle masse di riferimento e della massa letta muovendo il riferimento sul cursore è uguale alla massa del campione incognito. PICCOLA STRUMENTAZIONE La buretta è un tubo di vetro con graduazioni che permettono di misurar eil volume di liquido erogato per mezzo del rubinetto di arresto posto sul fondo. L’incertezza relativa è l’incertezza associata a una quantità divisa per il valore della quantità; di solito si esprime in percentuale: . Un matraccio tarato è calibrato in modo tale da contenere un determinato volume di soluzione generalmente a 20 gradi, quando il liquido contenuto arriva al livello della linea tracciata sul collo del matraccio stesso. La temperatura riportato sul matraccio è importante perché sia il liquido che il vetro si espandono con il calore. Le pipette erogano volumi noti di liquido. La pipetta tarata è calibrata per erogare un volume fisso mentre la pipetta graduata è tarata come una buretta. Maggiore è la capacità della pipetta tarata, minore è l’incertezza relativa. Le micropipette erogano volumi che vanno da 1 a 1000 . Il liquido è contenuto in un puntuale di polipropilene, eliminabile dopo l’uso, resistente alla maggior parte delle soluzioni acquose. Le siringhe sono prodotte per volumi compresi fra 1 e 500 e hanno un accuratezza e precisione prossima all’ 1%. Una siringa è più affidabile di una micropipetta, ma richiede più cura nell’utilizzo e nella pulizia. Incertezza relativa ( % ) = incertezza sulla quantità valore della quanitità ⋅ 100 mL μL 6 Chimica Analitica ERRORE SPERIMENTALE Il risultato di una misura raramente è il risultato di una sola analisi bensì è il risultato della valutazione di un set di misure (replicati). Il valore centrale del set dovrebbe essere più attendibile che ogni risultato individuale e la variazione fra i risultati dovrebbe fornire una qualche misura dell’attendibilità del valore “migliore” che è stato scelto. Sia la media che la mediana possono servire come valore centrale di un set di misure. Media (o media aritmetica) indica il valore numerico ottenuto dividendo la somma di un set di misure ripetute per il numero di risultati del set: . Mediana è il risultato intorno al quale sono egualmente distribuiti tutti gli altri, essendo metà numericamente più grandi e metà più piccoli. Per un set di numero pari di misure, viene usata la media della coppia centrale. La mediana è usata quando un set di dati contiene outlier, cioè un valore che differisce significativamente dal resto dei dati. Ogni misura presenta una qualche incertezza, chiamata errore sperimentale. Precisione: si riferisce alla riproducibilità dei risultati e può essere definita come la concordanza tra i valori numerici. Se si misura più volte una grandezza, e i valori ottenuti sono tra loro vicini, la misura è precisa. Esistono diversi metodi per esprimere la precisione: • Deviazione standard • Varianza • Coefficiente di deviazione Tutti questi termini sono funzione della deviazione dei dati dalla media . La deviazione dalla media è un metodo comune per descrivere la precisione ed è semplicemente la differenza numerica, indipendentemente dal segno, fra un valore sperimentale ( risultato di una misura) e la media del set di misure (occasionalmente si può incontrare la deviazione dalla mediana). Accuratezza: indica quanto un valore misurato si avvicina al valore reale. Se è disponibile uno standard noto, l’accuratezza è data dallo scostamento fra il valore ottenuto e quello noto. Una misura può essere precisa e non accurata e viceversa. Un procedimento ideale dovrebbe essere sia riproducibile sia accurato. La precisione e l’accuratezza possono essere rappresentate graficamente con una scala lineare o con un diagramma bersaglio. x̄ → x̄ = ∑N i=1 xi N → di = |xi − x̄ | xi x̄ 7 Chimica Analitica Supponiamo che una misura sia affetta da quattro fonti di incertezze casuali di entità paragonabile fra loro; immaginiamo che i quattro piccoli errori si combinano per dare un errore totale. Assumeremo che ciascuna incertezza abbia uguale probabilità di verificarsi e che ciascuna possa far si che il risultato finale sia maggiore o minore di una quantità fissata ( ). L’estensione di tale concetto ad un numero elevato di incertezze darà luogo alla curva Gaussiana o curva normale d’errore. Se si ripete un esperimento per un numero molto elevato di volte e gli errori sono puramente di tipo casuale, allora i risultati tendono a raggrupparsi simmetricamente attorno al valore medio. Tanto più si ripete un esperimento, tanto più i risultati si avvicinano a una curva ideale chiamata distribuzione gaussiana. In generale, in un esperimento di laboratorio non è possibile eseguire tante misurazioni ed è più probabile che un esperimento venga ripetuto 3 o 5 volte, anziché 2000. Tuttavia, anche da pochi risultati è possibile stimare i parametri statistici che descrivono la serie più ampia. In statistica un numero finito di osservazioni viene chiamato campione dei dati. Il campione viene trattato come una piccola frazione di un numero infinito di osservazioni. Il numero teorico infinito viene indicato come popolazione universo dei dati. La curva di Gauss è descritta dalla funzione: ; Per una serie infinita di dati, la media è indicata con la lettera greca minuscola (la media della popolazione), e la deviazione standard è scritta con la lettera minuscola greca (deviazione standard della popolazione). Non si possono mai misurare e , ma i valori di e si avvicinano a e mano a mano che aumenta il numero delle misure. La deviazione standard, , misura la tendenza dei dati a raccogliersi intorno alla media: . U1, U2, U3, U4 ±U y = e−(x−μ)2/2σ2 σ 2π μ σ μ σ x̄ s μ σ s s = ∑N i=1 (xi − x̄)2 N − 1 10 Chimica Analitica La quantità viene chiamata gradi di libertà e indica il numero di dati indipendenti che vengono usati per il calcolo della deviazione standard di un campione di dati. Quando > 20, è una buona stima di e le die quantità possono essere considerate approx. uguali. Per un set molto grande di dati, la deviazione standard è data da: . Il parametro è una costante con un valore unico per ogni set di dati composto da un gran numero di misure. E’ una misura della precisione di una popolazione di dati. Tanto più è piccola la deviazione standard, tanto più i dati tendono a raggrupparsi intorno alla media. Un esperimento che fornisce una deviazione standard piccola è più preciso (curva stretta) di uno che ne fornisce una grande. Una precisione maggiore non implica necessariamente maggiore accuratezza, ossia minore distanza dal “valore reale”. É utile esprimere le deviazioni dal valore medio come multipli della deviazione standard . Si trasforma in secondo l’equazione: e l’equazione della curva di Gauss diventa: , dove è la deviazione dalla media di un dato definito in unità di deviazione standard. Caratteristiche della curva di Gauss: • Frequenza massima in corrispondenza dell’errore casuale nullo. • Una simmetria intorno al massimo che indica che gli errori positivi e negativi hanno luogo con uguale frequenza. • Un decremento esponenziale della frequenza con il crescere dell’entità dell’errore. La varianza è il quadrato della deviazione standard. La grossa potenzialità della varianza come stima di precisione è la sua additività, ossia per n fonti indipendenti di errore casuale, la varianza totale, è semplicemente la somma delle singole varianze: . La deviazione standard espressa in percentuale della media è chiamata coefficiente di variazione. Inoltre è la deviazione standard relativa e è la deviazione standard relativa in parti per mille. La dispersione o intervallo (range) è anche una misura della precisione ed è semplicemente la differenza numerica fra il risultato più alto e quello più basso. N − 1 N s σ σ = ∑N i=1 (xi − μ)2 N σ x z z = x − μ σ y = e−z2/2 σ 2π z σ2 σ2 tot σ2 tot = σ2 1 + σ2 2 + . . . + σ2 n CV = s /x̄ ⋅ 100 DSR = sr = s /x̄ DSRppm = s /x̄ ⋅ 1000 11 Chimica Analitica STANDARDIZZAZIONE E CALIBRAZIONE Una parte molto importante di tutte le procedure analitiche è costituita dal processo di calibrazione e di standardizzazione. La prima determina la relazione tra la risposta analitica e la concentrazione dell’analita. Di solito, questa fase viene eseguita mediante l’uso di standard chimici. Quasi tutti i metodi analitici richiedono la calibrazione con standard chimici. Uno standard esterno viene preparato separatamente dal campione. Per esempio, gli standards esterni vengono usati per calibrare gli strumenti e procedure, quando nella soluzione dell’analita non ci sono interferenze da parte dei componenti della matrice. Vengono preparate una serie di soluzioni a concentrazioni note. La calibrazione viene portata a termine con l’ottenimento di un segnale di risposta (es. assorbanza, area del picco) come funzione della concentrazione nota dell’analita. Una curva di calibrazione viene preparata portando in grafico i dati o fittandoli con un’appropriata equazione matematica. Una curva di calibrazione mostra la risposta di un metodo analitico a quantità note di analita. Costruire una curva di calibrazione: - Preparare soluzioni contenenti concentrazioni note di analita, poi misurare la risposta del procedimento analitico a questi standard; - Preparare un bianco e misurare la risposta del procedimento analitico; - Sottrarre la risposta del bianco alla risposta di ogni soluzione standard (il bianco non contiene l’analita e può essere anche solo acqua); - Costruire un grafico con la grandezza misurata con il procedimento analitico in funzione della quantità di analita; - Utilizzare il metodo dei minimi quadrati per trovare la retta migliore che interpola i dati. La retta risultante è il risultato di un compromesso, ossia la migliore linea retta attraverso i punti sperimentali. A causa degli errori casuali, associati al processo analitico, non tutti i dati si trovano esattamente sulla retta. L’analisi di regressione fornisce gli strumenti per ottenere la retta migliore e anche per specificare le incertezze associate al suo successivo utilizzo. Quando viene utilizzato il metodo dei minimi quadrati vengono fatte 2 assunzioni: 1. Esiste effettivamente una relazione lineare tra la risposta misurata y e la concentrazione dello standard x. La relazione matematica che descrive questa assunzione è chiamata modello di regressione, e può essere rappresentata come: , dove è l’intercetta di (il valore che assume quando è uguale a zero) e è la pendenza della retta. 2. Ogni deviazione dei singoli punti dalla linea retta deriva da un errore commesso nel corso della misurazione. La deviazione verticale di ciascun punto dalla retta è chiamata: residuo . La linea costruita con il metodo dei minimi quadrati è quella che minimizza la somma dei quadrati dei residui corrispondenti a tutti i punti. Oltre a fornire il miglior accordo tra i punti sperimentali e la retta, il metodo consente di ottenere le deviazioni standard di e . Il metodo ricerca la somma dei quadrati dei residui : ; dove N è il numero di punti utilizzato (solitamente da 3 a 5). y = m x + b b y y x m = yi − (m xi + b) m b SSresisui SSresisui = N ∑ i=1 [yi − (b + m xi)]2 12 Chimica Analitica METODI SPETTROSCOPICI DI ANALISI Per spettrofotometria si intende qualunque tecnica che impiega la luce per misurare la concentrazione di specie chimiche. I metodi spettroscopici di analisi si basano sulla misura della radiazione elettromagnetica prodotta o assorbita dalle specie molecolari o atomiche di interesse. • Metodi di emissione: fanno uso di radiazione emessa quando l’analita è esposto ad energia termica o elettrica. • Metodi di assorbimento: si basano sulla diminuzione in potenza (attenuazione) di un fascio di radiazione elettromagnetica come conseguenza della sua interazione con l’analita. I metodi spettroscopici possono essere classificati a seconda della regione dello spettro elettromagnetico. Oggi la spettometria include anche tecniche che non coinvolgono la radiazione elettromagnetica, quali la spettroscopia acustica, di massa ed elettronica. La radiazione elettromagnetica è una forma di energia trasmessa attraverso lo spazio ad enorme velocità. La luce ha una duplice natura, di particella e di onda. La luce è un’onda elettromagnetica, una forma di energia che viaggia alla velocità 3.00 × 10 m/s nel vuoto. La natura ondulatoria della luce è caratterizzata dalla sua ampiezza A (altezza verticale di una cresta) e dalla sua lunghezza d’onda (la distanza tra due creste successive) e dalla capacità di dar luogo a interferenza (costruttiva o distruttiva) e a diffrazione. Come tutte le onde la luce è anche caratterizzata da una frequenza , cioè il numero di cicli che passano attraverso un punto stazionario in un dato intervallo di tempo e si misura in hertz (Hz), definito come 1 ciclo/s. • Relazione tra frequenza e lunghezza d’onda: Nel vuoto la velocità alla quale la radiazione si propaga è indipendente dalla lunghezza d’onda ed è massima. Tale velocità è indicata con . In un mezzo di propagazione diverso dal vuoto la frequenza rimane costante ma la lunghezza d’onda varia. La velocità della radiazione nell’aria può essere considerata pari alla velocità di propagazione nel vuoto . La radiazione si propaga ad una velocità minore di in un mezzo contenente materia perché il campo elettromagnetico della radiazione interagisce con gli elettroni negli atomi o molecole del mezzo ed è così rallentata. c ≃ 8 λ ν νλ = c c c c 15 Chimica Analitica Radiazione elettromagnetica polarizzata sul piano caratterizzata dalla lunghezza d’onda che si propaga lungo l’asse x. Il campo elettrico della luce polarizzata sul piano è confinato su un singolo piano e oscilla in un piano perpendicolare a quello del campo magnetico. Normalmente, la luce non polarizzata possiede componenti del campo elettrico su tutti i piani paralleli alla direzione di propagazione. La natura particellare della luce è caratterizzata dalla specifica quantità di energia trasportata da ciascun fotone. Ogni fotone trasporta un’energia . • Relazione tra energia e frequenza: , dove è la costante di Planck (= 6,663 x 10 J﹒s). Lo spettro elettromagnetico include tutte le lunghezze d’onda, dai raggi gamma (alta energia per fotone, piccola lunghezza d’onda) alle onde radio (bassa energia per fotone, grande lunghezza d’onda). La luce visibile è un piccolo intervallo al centro dello spettro elettromagnetico. SPETTROSCOPIA DI ASSORBIMENTO Quando una molecola assorbe un fotone, l’energia della molecola aumenta. Diciamo che la molecola viene promossa a uno stato eccitato. In questo grafico sono mostrate le regioni dello spettro magnetico che sono utilizzate per le analisi spettroscopiche nonché le transizioni atomiche e molecolari responsabili dell’assorbimento e dell’emissione di ciascuna regione. Se una molecola emette un fotone, l’energia della molecola si abbassa. La figura indica che la radiazione a microonde stimola la rotazione delle molecole quando viene assorbita; la radiazione infrarossa stimola le vibrazioni; le radiazioni visibile e ultravioletta promuovono gli elettroni a orbitali a energia più alta. λ E E = hν = h c /λ = hc v̄ h −34 16 Chimica Analitica La spettroscopia atomica è lo studio della luce assorbita ed emessa dagli atomi quando un elettrone effettua una transizione da un livello di energia ad un altro. Le lunghezze d’onda assorbite o emesse dipendono dalla differenza di energia tra i livelli coinvolti nella transizione; grandi differenze di energia generano radiazioni di piccola lunghezza d’onda mentre piccole differenze d’energia generano radiazioni di grande lunghezza d’onda. Gli spettroscopisti usano le interazioni con la materia per ottenere informazioni su i campioni. Il campione viene stimolato mediante l’uso di energia sotto forma di calore, di energia elettrica, di luce, di particelle o di reazioni chimica. Prima della stimolazione, l’analita si trova prevalentemente nel suo livello di energia più basso o stato fondamentale. L’applicazione dello stimolo fa si che alcune specie dell’analita passino ad uno stato energetico più alto o stato eccitato. Ogni specie molecolare è in grado di assorbire frequenze caratteristiche della radiazione elettromagnetica. Tale processo trasferisce l’energia alla molecola producendo una diminuzione nell'intensità della radiazione elettromagnetica. Quando la luce viene assorbita da un campione, l’irradianza del raggio di luce viene diminuita. La potenza radiante, o irradianza, è l’energia al secondo per unità di superficie del raggio di luce [W/m ]. La luce passa attraverso un monocromatore (un prisma, un reticolo o un filtro ) per selezionare solo una lunghezza d’onda. La luce caratterizzata da un intervallo di lunghezze d’onda limitato viene detta monocromatica (“un solo colore”). La luce monocromatica, con irradianza , colpisce un campione di lunghezza . L’irradianza del raggio che emerge dall’altra parte del campione è . Parte della luce potrebbe essere assorbita dal campione, per cui . Se la luce non è stata per niente assorbita, mentre se è stata completamente assorbita. La trasmittanza viene definita come la frazione di luce iniziale che passa attraverso il campione: . Pertanto, i valori di sono compresi tra 0 e 1: . La trasmittanza percentuale (= 100 ) va da 0 a 100%. L’assorbanza (o estinzione ) viene definita come: . Pertanto ; quando non viene assorbita luce, e . All’aumentare dell’assorbanza diminuisce la trasmittanza e viceversa. L’assorbanza è molto importante perché è direttamente proporzionale alla concentrazione delle specie che assorbono la luce nel campione. L’equazione , dove è costante di proporzionalità detta assorbanza specifica, viene detta legge di Beer-Lambert, o semplicemente legge di Beer. Quando la concentrazione del campione, , è s espressa in moli/litro (M) e il cammino ottico, , espresso in centimetri, l’equazione diventa . La quantità viene detta assorbanza specifica molare. L’assorbanza specifica molare è caratterizzata dall’unità di misura M cm al fine di rendere il prodotto adimensionale. L’assorbività molare indica la quantità di luce assorbita a una particolare lunghezza d’onda da una determinata sostanza. P 2 P0 b P P ≤ P0 P = P0 P = 0 T T = P/P0 T {T = 0, se P = 0 T = 1, se P = P0 T A E A = − logT = − log ( P P0 ) = log ( P0 P ) 0 ≤ A ≤ + ∞ P = P0 A = 0 c A = log(P0 /P) = abc a c b A = εbc ε ε −1 −1 17 Chimica Analitica L’assorbimento molecolare è più complesso dell’assorbimento atomico perché in una molecola bisogna considerare tutte e tre le transizioni; questo genera spettri complessi. La spettroscopia di assorbimento molecolare di radiazione visibile e ultravioletta si occupa delle transizioni fra diversi stati elettronici della molecola. Queste transizioni sono generalmente accompagnate a transizioni sia vibrazionali che rotazionali, per cui gli assorbimenti sono costituiti da moltissime righe molto vicine tra loro, tanto da apparire un continuo, cioè una banda. La “struttura fine” dovuta alle transizioni rotazionali e vibrazionali non è generalmente rilevabile, se non nel caso di spettri elettronici di gas rarefatti eseguiti con spettrografi ad alta risoluzione. Ad ogni livello elettronico possono essere associati più livelli vibrazionali e ad ognuno di questi più livelli rotazionali. In spettroscopia atomica invece l’analita è presente sotto forma di nube atomica. Essendo impossibili vibrazioni e rotazioni, lo spettro atomico è a righe e non a bande (una banda è un inviluppo di numerosissime righe). 20 Spettro di assorbimento del permanganato nell’intervallo 450 – 650 nm. Spettro di assorbimento di atomi di silicio nell’intervallo 250 – 253 nm. Chimica Analitica Per il composto allo stato vapore (a) le molecole sono sufficientemente separate da vibrare e ruotare liberamente e i picchi sono chiaramente osservabili. Nello stato condensato ed in soluzione la libertà di ruotare è in gran parte persa. Si evidenziano in (b) e (c) i differenti comportamenti spettrali a seconda del solvente utilizzato. Assorbimento infrarosso La radiazione infrarossa generalmente non è sufficiente a provocare transizioni elettroniche, ma può indurre transizioni negli stati vibrazionali e rotazionali dello stato elettronico fondamentale di una molecola. SPETTROSCOPIA DI EMISSIONE E CHEMIOLUMINESCENZA L’analita viene stimolato mediante calore, energia elettrica o mediante una reazione chimica. La spettroscopia atomica di emissione si occupa di transizioni elettroniche di atomi o di ioni monoatomici tramite l’esame della radiazione elettromagnetica ottenuta con un opportuno processo di eccitazione degli stessi. Un atomo, infatti, dopo aver ricevuto una determinata quantità di energia si trova in uno stato che non corrisponde ad un minimo di energia detto stato eccitato. Lo stimolo è costituito dal calore o dall’energia elettrica. Quando dallo stato eccitato ricade nello stato fondamentale esso emette una radiazione effettuando un salto quantico da un livello energetico discreto a un altro. La differenza di energia fra questi due livelli è pari all’energia del fotone emesso. Se questa differenza è zero, l’assorbimento è stato completo. Quindi in questo tipo di spettroscopia l’energia è emessa sempre come radiazione. La spettroscopia di chemiluminescenza avviene con la produzione di luce a partire da una reazione chimica. Due specie chimiche reagiscono per formare un intermedio eccitato (ad alta energia), che rilascia parte della sua energia sotto forma di fotoni di luce per poi ritornare al cosiddetto stato fondamentale. In entrambi casi si misura l’intensità emessa quando l’analita torna allo stato fondamentale. Nella spettroscopia di fotoluminescenza/fluorescenza viene misurata l’emissione dei fotoni a seguito dell’assorbimento di una radiazione elettromagnetica. L’analita può perdere il suo eccesso di energia mediante emissione di un fotone (luminescenza) o mediante processi non radiativi. Le specie eccitate tornando al loro stato fondamentale emettono fotoni. La fluorescenza è molto più rapida della fosforescenza (l’emissione di fosforescenza può durare minuti o anche ore dal momento in cui l’eccitazione è cessata). ΔE 21 Chimica Analitica STRUMENTI SPETTROSCOPIA OTTICA Componenti: • sorgente stabile di energia radiante; • selettore di lunghezze d’onda che isola una regione limitata dello spettro per la misura; • uno o più contenitori per il campione; • un rivelatore di radiazione che converte l’energia radiante in un segnale misurabile (generalmente di natura elettrica); • un processore ed un registratore del segnale che mostra il segnale trasdotto su una scala metrica, un display digitale o la carta di un registratore. SORGENTE Per essere adatta a studi spettroscopici, una sorgente deve generare radiazioni di potenza sufficiente ad essere facilmente rilevabile e misurabile; la sua potenza in uscita altresì deve essere stabile per periodi ragionevoli. Esistono due tipi di sorgenti spettroscopiche: sorgenti continue e sorgenti a righe. Le lampade tungsteno/alogene sono sorgenti continue di radiazione visibile e stanno incontrando un’applicazione sempre crescente nei moderni strumenti spettroscopici per via del loro esteso intervallo di lunghezza d’onda (240-2500 nm), della maggiore sensibilità e della vita più lunga. Le lampade al deuterio (e anche ad idrogeno) sono usate per fornire radiazione continua nell’intervallo da 160 a 380 nm e sono le sorgenti continue più comuni per la spettroscopia ultravioletta. In uno strumento possono essere presenti entrambe le lampade e si può decidere quale accendere. SELETTORE Gli strumenti spettroscopici sono generalmente equipaggiati con uno o più dispositivi per limitare la radiazione da misurare a una stretta banda, assorbita o emessa dall’analita. Esistono due classi di selettori di lunghezza d’onda: • Filtri: permettono il passaggio di determinati intervalli di lunghezza d’onda e offrono il vantaggio della semplicità, robustezza e basso costo. Il tipo più comune di filtro d’assorbimento è un pezzo di vetro colorato su un supporto. Filtri di questo tipo hanno ampiezze di banda effettive da 50 fino a 250 nm ed hanno picchi di trasmittanza più bassi di quelli mostrati dai filtri ad interferenza. • Monocromatori: permettono variazioni della lunghezza d’onda in uscita in un intervallo spettrale considerevole. Esistono due tipi di monocromatori, uno impegna un reticolo per disperdere la radiazione nelle sue lunghezze d’onda competenti e l’altro usa un prisma. Al momento i monocromatori a reticolo sono quelli preferenzialmente utilizzati. Un reticolo è un componente ottico trasmissivo o riflettente, caratterizzato da una serie di solchi (scanalature) paralleli molto vicini tra loro. Quando la luce viene riflessa dal reticolo o trasmessa attraverso di esso, ciascuna linea si comporta come una sorgente di radiazione separata. La luce a diverse lunghezze 22 Chimica Analitica Il segnale in uscita dallo strumento fluttua in maniera casuale e proprio tali fluttuazioni limitano la precisione dello strumento. Il segnale è il valore medio dell'uscita di un dispositivo elettronico, mentre il rumore è la misura della deviazione standard del segnale. Il rapporto segnale-rumore (S/N) viene usualmente definito come il rapporto tra il valor medio del segnale in uscita e la sua deviazione standard ed è considerato un’importante parametro di merito per gli strumenti analitici e per altri tipi di dispositivi elettronici. > 3 composto presente, segnale distinguibile dal rumore. > 10 per quantificare il composto. Il comportamento segnale-rumore è mostrato nello spettro riportato qui a fianco relativo all’emoglobina. Lo spettro in basso ha S/N = 100 e si possono facilmente osservare i picchi a 540 nm e 580 nm. Con la diminuzione di S/N i picchi appaiono scarsamente visibili; per valori di S/N = 2 e S/N = 1 i picchi scompaiono nel rumore e non sono identificabili. PROCESSORE Il processore del segnale è generalmente un dispositivo elettronico che amplifica il segnale elettrico del rivelatore; può modificare il segnale da continuo ad alternato, cambiare la fase del segnale e filtrarlo per rimuovere le componenti non desiderate. Il processore può anche essere utilizzato per eseguire operazioni matematiche sul segnale come differenziazione, conversione al logaritmo. CONTENITORI I contenitori per il campione sono chiamati cellette o cuvette e devono avere finestre costruite con un materiale trasparente nella regione spettrale d’interesse. Il quarzo o silice fusa è richiesto per la regione ultravioletta (sotto i 350 nm) e può essere usato nella regione visibile e fino a circa 3000 nm nell’infrarosso. La qualità dei dati spettroscopici dipende criticamente dal modo in cui le cuvette accoppiate sono usate e conservate. Impronte digitali, grasso o altri depositi sulle pareti alterano in maniera marcata le caratteristiche di trasmissione di una cuvetta. Per misurare l’assorbimento ottico con radiazione UV, visibile o infrarossa si utilizzano due tipi di strumenti: • Spettrofotometri: utilizzano un monocromatore a reticolo o a prisma per selezionare una stretta banda di radiazione per le misure. Questi offrono il vantaggio considerevole della possibilità di variare in modo continuo la lunghezza d’onda utilizzata rendendo possibile la registrazione dell’intero spettro di assorbimento. • Fotometri: utilizzano a tale scopo un filtro di assorbimento e hanno il vantaggio della semplicità, robustezza e basso costo. Esistono tre categorie di strumenti utilizzabili per la spettrofotometria ultravioletta/visibile: • Strumenti a raggio singolo - un esempio è lo Spectronic, progettato per la regione del visibile conintervallo spettrale da 400 a 900 nm. Lo Spectronic 20 ha una sorgente di luce a filamento di tungsteno alimentata con un alimentatore stabilizzato. L’intensità della radiazione 25 Chimica Analitica della lampada è sufficientemente costante da fornire dati di assorbimento riproducibili. La radiazione dalla sorgente passa attraverso una fenditura fissa e giunge sulla superficie di un reticolo di riflessione.La radiazione diffratta passa attraverso la fenditura di uscita fino alla cuvetta del campione o del riferimento ed infine al fototubo. Il segnale elettrico amplificato dal rivelatore alimenta un contatore dotato di una scala lineare in trasmittanza percentuale; lo strumento è dotato anche di una scala logaritmica calibrata in assorbanza. Per avere una lettura di trasmittanza percentuale il puntatore del contatore è prima azzerato con il compartimento del campione vuoto, in modo tale che lo schermo blocchi il raggio e nessuna radiazione raggiunga il rivelatore. Il procedimento è detto calibrazione o aggiustamento dello 0% di T. Una volta effettuata la calibrazione o aggiustamento dello 0% di T si inserisce una cuvetta contenente il bianco nel porta campione e il puntatore è portato in corrispondenza del segno 100% di T correggendo la posizione della finestra di controllo della luce e dosando la quantità di luce che raggiunge il rivelatore. Il procedimento è detto calibrazione o aggiustamento del 100% di T. Una volta effettuata sia la calibrazione dello 0% di T sia la calibrazione del 100% di T il campione viene posto nel compartimento della cuvetta e la trasmittanza percentuale o l’assorbanza viene letta direttamente sulla scala del contatore. • Strumenti a doppio raggio: offrono il vantaggio di compensare tutte le fluttuazioni, tranne quelle di durata molto breve, nell’uscita radiante della sorgente nonché la deriva del rivelatore e dell’amplificatore. - strumento a doppio raggio con raggi separati “nello spazio” : i raggi vengono prodotti nello spazio mediante uno specchio a forma di V detto “beam splitter”. - strumento a doppio raggio con raggi separati “nel tempo”: i raggi luminosi sono separati “nel tempo” per la rotazione di uno specchio a settori che dirige l’intero fascio dal monocromatore prima attraverso il riferimento e poi attraverso il campione. Gli impulsi di radiazione vengono ricombinati da un secondo specchio a settori che trasmette un impulso al rivelatore e riflette l’altro. Lo strumento precedentemente illustrato è del tipo ad azzeramento; il raggio che passa attraverso il solvente è attenuato finchè la sua intensità non eguaglia quella del fascio che passa attraverso il campione. L’attenuazione viene eseguita con un cuneo ottico la cui trasmissione decresce linearmente con la sua lunghezza. 26 Chimica Analitica • Strumenti multicanale (o a serie di diodi): permettono la registrazione rapida di un intero spettro ultravioletto e visibile. Il cuore di questi strumenti è rappresentato da un numero elevato di diodi di silicio posti l’uno accanto all’altro su una singola piastrina di silicio. Le piastrine generalmente sono lunghe da 1 a 6 cm mentre la larghezza dei singoli diodi varia da 0.015 a 0.050 mm. Ponendo una o due di queste serie di diodi lungo il piano focale di un monocromatore a reticolo, tutte le lunghezze d’onda possono essere registrate contemporaneamente e i dati per un intero spettro collezionati e memorizzati in un secondo o meno. Una singola scansione da 200 a 820 nm con uno strumento di questo tipo richiede 0.1s. Per migliorare la precisione delle misure la scansione viene eseguita per un secondo o più e i dati sono acquisiti dal computer e mediati con quelli della scansione successiva. I ridotti tempi di esposizione del campione riducono la fotodecomposizione dello stesso anche se esso si trova tra sorgente e monocromatore. Diagramma ottico di un spettrofotometro multicanale nell’ultravioletto/visibile. 27 Chimica Analitica INTRODUZIONE ALLE TECNICHE ANALITICHE DI SEPARAZIONE Le separazioni sono estremamente importanti nella chimica di sintesi e nella chimica industriale, nelle scienze biomediche e nelle analisi chimiche anche campo alimentare. Le separazioni possono essere preparative o analitiche. L’obiettivo di una separazione analitica consiste, solitamente, nell’eliminazione o nella riduzione degli interferenti in modo da ottenere informazioni analitiche quantitative sulle miscele complesse. Possono consentire anche l’identificazione dei composti se vengono accoppiate a tecniche di misura in grado di fornire informazioni sulla struttura dei composti quali la spettrometria di massa. Metodi di separazione: Le molecole hanno una velocità diversa perché interagiscono con la fase stazionaria formando legami deboli. Le moleocole legate in modo più forte hanno una velocità minore di quelle legate più debolmente. Nell’elettroforesi la velocità della molecola dipende sia dalla massa che dalla carica pochè . La separazione per precipitazione richiede grandi differenze di solubilità tra l’analita e i potenziali interferenti. Fattori che non permetti questa separazione: - Fenomeni di coprecipitazione che posso provocare estesa contaminazione; - Velocità di precipitazione troppo lenta; - Formazione di sospensioni colloidali che rendono difficile la precipitazione; - Applicazioni per separazioni inorganiche. Se 2 anioni formano sali poco solubili con un medesimo catione, oppure se 2 cationi formano sali poco solubili con un medesimo anione, il composto meno solubile è il primo a precipitare quando la soluzione che li contiene entrambi viene trattata con il reattivo precipitante. E'un problema molto importante nella chimica analitica qualitativa conoscere le condizioni necessarie per precipitare frazionatamente i 2 sali e per ottenere una separazione quantitativa, cioè praticamente completa. Metodo Base del metodo 1. Separazione in fase meccanica - Precipitazione e filtrazione Differenze nella solubilità dei composti - Distillazione Differenze nella volatilità dei composti - Estrazione Differenze nella solubilità in due liquidi immiscibili - Scambio ionico Differenze nell’interazione dei reagenti con una resina a scambio ionico 2. Cromatografia Differenze nella velocità di movimento di un soluto attraversi una fase stazionaria 3. Elettroforesi Differenze nella velocità di migrazione di serie cariche in un campo elettrico qE = 1 2 mv2 30 Chimica Analitica La separazione per distillazione è ampiamente utilizzata per separare gli analiti volatili da composti interferenti non volatili. Si basa sulle differenze dei punti di ebollizione dei componenti di una miscela. Es. separazione dei componenti contenti azoto da altre specie mediante trasformazione dell'azoto in ammoniaca che viene distillata, separazione del carbonio e dello zolfo come biossido di carbonio e anidride solforosa. La separazione mediante estrazione consiste nella separazione di una o più sostanze da una matrice mediante trattamento con solvente. Ogni sostanza si distribuisce tra i due liquidi in un rapporto corrispondente circa alle solubilità in ciascun solvente: . Il coefficiente di ripartizione dipende da; - natura delle due fasi immiscibili; - temperatura. Scelta del solvente: - K alto per i componenti di interesse e basso per le impurezze; - bassa miscibilità del solvente estraente con la soluzione da estrarre; - possibilità di eliminare selettivamente il solvente; - polarità. L'estrazione si conduce solitamente in un imbuto separatore. L’efficacia dell’operazione può essere aumentata per aggiunta di sali inorganici. L'estrazione si effettua ponendo in agitazione il campione (A) e il solvente per un tempo determinato, attendendo la separazione di fase (B) e recuperando la fase solvente che contiene gli analiti estratti di interesse (C). L'ampia gamma di solventi disponibili permette di effettuare estrazioni molto selettive. Va sempre considerato il fatto che si utilizzano spesso solventi organici e quindi tossici. La separazione mediante scambio ionico è un processo mediante il quale gli ioni presenti su un solido poroso, insolubile, vengono scambiati con gli ioni presenti in una soluzione che viene posta a contatto con il solido. Anche in questo caso dipende dall’interazione delle molecole e quindi varia la velocità in base alle interazioni. CROMATOGRAFIA La cromatografia è un metodo analitico utilizzato per la separazione, l'identificazione e la determinazione quantitativa di componenti chimici presenti in miscele complesse. Nessun altro metodo è cosi potente e di cosi generale applicabilità come la cromatografia. I componenti di una miscela sono trasportati attraverso una fase stazionaria mediante un flusso di fase mobile e la separazione è basata sulle differenti velocità di migrazione tra i componenti. Fase stazionaria: fase fissa (solida o liquida) posta all’interno di una colonna o su una superficie planare. K = Cs2 /Cs1 K 31 Chimica Analitica Fase mobile: fase (liquida o gassosa) che si muove al di sopra o attraverso la fase stazionaria trasportando con se la miscela di analiti. In base a dove si trova la fase i metodi si classificano in: Cromatogratia su colonna; la fase stazionaria è contenuta in un tubo dal diametro piccolo e la fase mobile è forzata a passare attraverso questo sotto pressione o per gravità. Cromatografia planare:la fase stazionaria è supportata su una superficie piana o nei pori della carta. La fase mobile si muove attraverso la fase stazionaria per azione di capillarità o sotto l’influenza della gravità. TLC Cromatografia su strato sottile è una tecnica prevalentemente analitica di separazione di composti contenuti in una miscela. Utilizzata per purificazione o identificazione qualitativa e/o quantitativa. Il supporto può essere di diversi materiali: - Vetro - Permette di visualizzare meglio le macchie dal dietro della lastra. - Plastica - Alcuni solventi organici possono intaccare tale tipo di lastra. - Alluminio - Tali lastre non possono essere usate in ambienti alcalini o acidi per acidi minerali. Se la fase stazionaria è solida l’interazione (adsorbimento) di questi materiali con la fase mobile dipende dalla geometria delle particelle che le costituiscono. La fase stazionaria liquida è impiegata nella cromatografia a fasi inverse. Il sostegno inerte (lastrine di gel di silice) rivestito di un liquido più o meno lipofilo (idrocarburi, oli e grassi vegetali, glicoli, siliconi…). Il gel di silice è costituito da acido silicico (H SiO ) amorfo altamente poroso ottenuto, sotto forma di particelle dure e leggermente opache, trattando il vetro solubile, silicato di sodio (2Na O SiO ), con acido solforico. Il gel ha una struttura amorfa simile a quella del vetro. La fase mobile influenza l’analita. La polarità della fase mobile è fondamentale per la scelta dell’eluente poiché è da essa che dipende l'entità del trascinamento delle sostanze lungo la lastrina in una TLC. Il potere eluente è la capacità relativa dei vari solventi di far muovere una sostanza su una fase stazionaria. La serie eluotropa è il potere eluente dei più comuni solventi organici, puri ed in miscele. La cromatografia è una tecnica separativa basata sulla diversa velocità di migrazione con cui più sostanze depositate su un supporto vengono trasportate e si stratificano in posizioni differenti. Il campione deve essere deposto alla base della lastrina (a circa 1 cm dal bordo), con l'aiuto di un capillare come macchia (deposizione a goccia) o come striscia (deposizione lineare), nel modo più compatto possibile. Il campione deve essere deposto senza intaccare lo strato di fase stazionaria. Il punto in cui è stato depositato il campione viene segnato in quanto la distanza percorsa è una misura indicativa. Quando la fase mobile sale lungo la silice, i composti in essa disciolti sono in grado di interagire con i gruppi polari della silice. Le interazioni in gioco sono principalmente dipolo-dipolo e formazione di legami ad idrogeno e dunque quanti più polari sono i composti, tanto più verranno trattenuti dalla fase stazionaria. L’analisi termina quando la fase mobile si ferma. 4 4 2 2 32 Chimica Analitica Le concentrazioni di equilibrio rimangono costanti, pur essendo le molecole in continuo passaggio da una fase all'altra. Si tratta di un equilibrio dinamico caratterizzato dalla relazione: . Se ora entrambe le porzioni sono affacciate a nuovi volumi di solvente differente tenendo cioè fissa la posizione della porzione sottostante (fase stazionaria), e spostando quella superiore (fase mobile) in ciascuna coppia ottenuta la sostanza si distribuirà secondo lo stesso rapporto che era stato rispettato nella prima equilibrazione. Ripetendo ora il processo di affacciamento con volumi puliti degli stessi solventi mantenendo sempre fissa la fase stazionaria e spostando la fase mobile in ciascuna coppia ottenuta la sostanza si distribuirà secondo lo stesso rapporto già osservato nella prima equilibrazione. Ripetendo ora più e più volte il processo con volumi freschi di fase stazionaria e fase mobile in ciascuna coppia ottenuta la sostanza si distribuirà secondo il solito rapporto. Dopo molti affiancamenti/equilibrazioni, le distribuzioni che si instaurano mostrano che la sostanza: si sposta seguendo la direzione della fase mobile o si accumula preferenzialmente nelle porzioni centrali. Per questo motivo si genera una curva che ha un massimo nel cromatogramma. Le concentrazioni che si realizzano in ciascuna porzione dipendono ovviamente da quale è la "preferenza" che la sostanza mostra per le due fasi. Nelle diapo successive sono indicate le distribuzioni percentuali nelle porzioni di fasi mobili dopo 5, 10, e 25 spostamenti e relative equilibrazioni per quattro diverse sostanze che presentano rapporti di distribuzione pari a: • 1 (le due fasi sono in equilibrio quando contengono le stesse concentrazioni); • 2,33 (equilibrio con una concentrazione nella f.m. 2,33 volte quella della f.s.); • 4 (equilibrio con una concentrazione nella f.m. 4 volte quella della f.s.); • 9 (equilibrio con una concentrazione nella f.m. 9 volte quella della f.s.). La fase mobile va aggiunta manualmente durante l’analisi fino a quando non è terminata. In strumenti più complessi ci sono sistemi che mi permettono di far passare in modo continuo la fase mobile. I metodi cromatografia ricadono in tre categorie sulla natura fisica della fase mobile: • Liquido • Gas • Fluido supercritico: I fluidi supercritici sono sostanze che si trovano a una temperatura e a una pressione superiore a quella critica le cui proprietà sono in parte simili a quelle di un liquido e in parte simili a quelle di un gas. Si possono distinguere cinque tipi di cromatografia liquida (LC) e due tipi di cromatografia gassosa (GC). Krip = [A]mob /[A]sta 35 Chimica Analitica La separazione cromatografica si attua sfruttando, in modo particolarmente efficiente, la diversa attitudine che ogni molecola o ione possiede nel distribuirsi fra due differenti fasi. Le interazioni che si instaurano tra sostanza e le due fasi (mobile e stazionaria) sono spesso legami chimici secondari, sebbene in certi casi si arriva a meccanismi più complessi come lo scambio ionico. Le differenti tecniche cromatografiche vengono classificate proprio in base a quale è il meccanismo principale della separazione. I meccanismi di separazione cromatografici si basano su: • Adsorbimento: La fase stazionaria è un solido in polvere (gel di silice o allumina); sulla superficie dei granuli si trovano siti attivi (-OH) che possono stabilire legami deboli (reversibili) con le molecole della miscela da separare (ma anche con le molecole d’acqua, disattivandolo). Si parla quindi di cromatografia di adsorbimento, che può essere gas-solido o liquido-solido a seconda della natura della fase mobile. Per sostanze molto polari è preferibile usare gel disattivati, mentre per sostanze con bassa polarità si preferiscono le silici non modificate. Le fasi mobili più usate in ordine di polarità crescente e quindi di potere eluente sono: esano, isottano, cloroformio, acetonitrile, metanolo e acqua. • Ripartizione: la fase stazionaria è un liquido che impregna un solido granulare inerte (gel di silice) o è ad esso chimicamente legato; in questo liquido le molecole da separare sono solubili; la fase stazionaria e la fase mobile devono invece essere immiscibili. Durante l’eluizione le molecole si ripartiscono dinamicamente tra le due fasi secondo la diversa solubilità di ognuna. Si parla quindi di cromatografia di ripartizione, che può essere gas- liquido o liquido-liquido a seconda della natura della fase mobile. • Scambio ionico: la fase stazionaria è costituita da un polimero inerte (resine sintetiche) contenente siti attivi ionizzati o ionizzabili (gruppi funzionali acidi o basici), i cui contro-ioni possono essere scambiati con altri ioni aventi carica dello stesso segno. Il meccanismo di separazione è basato sulla competizione per i siti di scambio tra gli ioni presenti nella fase mobile e quelli presenti nel campione. Si parla di cromatografia di scambio ionico (IEC). La cromatografia a scambio ionico è impiegata per la separazione di sostanze ioniche o ionizzabili (amminoacidi, nucleosidi, nucleotidi). • Esclusione dimensionale: la fase stazionaria è un solido poroso o un gel di granulometria definita (acrilammide o sephadex) per cui i campioni vengono separati in base alla dimensione delle loro molecole. Le molecole dell’analita, disciolte nella fase mobile, penetrano nei pori se le loro dimensioni sono compatibili e vi rimangono per un certo tempo; 36 Chimica Analitica le molecole più grandi sono invece escluse dai pori ed escono dalla colonna in tempi brevi (la fase stazionaria si comporta da setaccio, intervallo di PM). Si parla di cromatografia di esclusione dimensionale (SEC): gel permeazione (GPC) per la separazione di sostanze insolubili in acqua o gel filtrazione (GFC) per la separazione di sostanze solubili in acqua. La tecnica è impiegata per la separazione di molecole di grandi dimensioni (peptidi, proteine, polimeri) • Affinità: si utilizzano reazioni di tipo biochimico, reversibili e molto specifiche, in modo che le molecole da separare interagiscano con la fase stazionaria a cui è chimicamente legato un ligando specifico così da ottenere l’eluizione selettiva di alcuni componenti della miscela. Si parla di cromatografia di affinità (AFC). Ligandi tipici sono substrati di reazioni enzimatiche, inibitori, cofattori, recettori, basi di sequenza complementari, ormoni, anticorpi, ecc... La cromatografia di affinità è impiegata nella separazione di molecole di interesse prevalentemente biochimico. Ponendo all'uscita della colonna un rivelatore che misuria concentrazione del soluto nell' eluito (cioè la fase mobile che esce dalla colonna) e riportando il segnale in funzione del tempo si può ottenere un cromatogramma. La posizione dei picchi sull’asse dei tempi, o tempo di ritenzione, serve per identificare componenti del campione.Tanti picchi tanti composti. L’area sottesa dai picchi è proporzionale alla quantità di ogni singolo componente e può essere utilizzata a scopo quantitativo. Il cromatogramma è il risultato della tecnica cromatografica; è il grafico che si ottiene al termine dell’analisi, che descrive l’andamento del segnale del rilevatore in funzione del tempo o del volume di ritenzione a partire dall’istante in cui la miscela viene introdotta all’interno della colonna (t=0). L’introduzione della miscela viene chiamata iniezione. La fase mobile viene scelta in modo tale che non venga rilevata dal rivelatore o comunque che fornisca una risposta costante nel tempo: pertanto, quando a fuoriuscire dalla colonna è soltanto l'eluente, si ottiene una linea di base che può essere considerata lo "zero" del tracciato (picco del solvente, corrispondente al tempo morto). Invece, quando quando a 37 Chimica Analitica Il fattore di selettività di una colonna per due specie A e B è definito come: . La selettività quantifica l’entità della epurazione fra due specie: riguarda la capacità di un sistema cromatografico di distinguere fra due specie componenti ed è dipendente dalla distribuzione relativa delle specie fra fase mobile e stazionaria. è il fattore di ritenzione per la specie B più fortemente trattenuta e è il fattore di ritenzione per la specie A meno fortemente trattenuta: . Il fattore di selettività per due analiti in una colonna fornisce una misura della capacità della colonna di separare i due analiti. Allargamento di banda e efficienza della colonna. L’efficienza di una colonna cromatografica è influenzata dall’entità dell’allargamento di banda (larghezza del picco cromatografico) che si origina nell’attraversamento della colonna da parte di un composto. Nella valutazione quantitativa dell’efficienza di una colonna cromatografica ci sono due termini: • Altezza del piatto • Numero di piatti teorici N I due termini sono messi in relazione da: ; dove è la lunghezza dell’impaccamento della colonna. Piatto teorico: sezione della colonna che consente di realizzare un equilibrio reversibile di ripartizione di un componente fra le fasi. Poiché in cromatografia si ha una sequenza continua di stati di equilibrio e non vi è possibilità di realizzare una singola separazione, N ha un significato puramente matematico. Più elevato è il numero di piatti teorici, più grande è la probabilità di una separazione (migliore è la capacità di separazione della colonna). N è proporzionale alla lunghezza della colonna. Il numero dei piatti si determina: , dove è la larghezza del picco alla base e si misura in min. Se ho una buona efficienza cromatografica avrò un picco stretto. Effetto della velocità di flusso della fase mobile. • L’entità dell'allargamento di banda dipende dal tempo in cui la fase mobile resta in contatto con la fase stazionaria, che a sua volta dipende dalla velocità di flusso. • Tutti gli studi relativi all’efficienza di una colonna sono generalmente effettuati attraverso la determinazione di H in funzione della velocità della fase mobile TEORIA DELL’ALLARGAMENTO DI BANDA Studi teorici degli anni 50 hanno portato all’equazione di Van Deemter: ; dove: altezza del piatto; velocità della fase mobile; effetto dei percorsi multipli; coefficiente di diffusione; coefficiente di trasferimento di massa. α α = kB /kA kB kA α = (tR)B − tM (tR)A − tM N = L /H L N = 16 (tR /W )2 W H = A + B /v + CV H = v = A = B = C = 40 Chimica Analitica Mette in relazione l’altezza del piatto teorico (quindi l’efficienza) con la velocità della fase mobile. La risoluzione di una colonna ci dice quanto sono lontane due bande in relazione alle loro ampiezze: . La risoluzione fornisce una misura quantitativa dell’abilità della colonna nel separare due analiti. Contiene sia selettività sia efficienza. Anche in questo cado B è il soluto che eluisce dopo e A quello che eluisce prima. Il primo termine è la selettività, il secondo la capacità e il terzo l’efficienza. La risoluzione è una funzione di tre fattori. Curva A: risoluzione scarsa per scarsa efficienza e scarsa selettività. Curva B: buona risoluzione dovuta a buona efficienza e buona selettività. Curva C: buona risoluzione dovuta a buona selettività, ma efficienza non troppo elevata. Curva D: risoluzione scarsa dovuta ad una basso selettività. Una buona risoluzione può derivare sia da una buona efficienza (picchi molto stretti, elevato numero di piatti teorici) sia da una buona differenziazione del comportamento dei soluti (selettività). Migliorare efficienza: lasciare i tempi invariati e dividere i picchi. Migliorare la selettività: lasciare l’ampiezza e il primo picco invariato e spostare il secondo picco più a destra. Tecniche di ottimizzazione della risoluzione • Il primo fattore dipende dall’efficienza della colonna in termini di . • Il secondo fattore è il quoziente che contiene a, è un termine di selettività che dipende dalle proprietà dei due soluti. • La terza componente è il termine del fattore di ritenzione che è il quoziente con che dipende sia dalle proprietà del soluto che della colonna. Dove la risoluzione è più alta i picchi sono più riconoscibili. RS RS = 2[(tR)B − (tR)A] WA + WB Rs = ( α − 1 α )( k k + 1 ) N 4 RS N kB 41 Chimica Analitica Tecniche di ottimizzazione: variazione dell’altezza del piatto • L’aumento di N può essere realizzato attraverso una riduzione di H o un aumento di L. • I metodi per rendere minima l’altezza del piatto prendono in considerazione: la riduzione della dimensione delle particelle dell’impaccamento, il diametro della colonna, lo spessore del film di fase stazionaria. • Ottimizzazione del flusso di fase mobile. Tecniche di ottimizzazione: variazione del fattore di ritenzione • Generalmente il modo più facile per migliorare la risoluzione è quello di ottimizzare k. • Per fasi mobili gassose k può essere migliorato attraverso variazioni di temperature. • Per fasi mobili liquide, variazioni nella composizione del solvente permettono variazioni di k atte ad ottenere migliori separazioni. Tecniche di ottimizzazione: variazione del fattore di selettività • L’ottimizzazione di k e l’aumento di N non sono sufficienti a dare una soddisfacente separazione se è prossimo all’unità. • Si possono avere diverse opzioni: i) variazione della composizione della fase mobile; ii) variazione della temperatura della colonna; iii) variazione nel tipo di fase stazionaria; iv) modifica specifica della fase stazionaria. EFFETTO DEI PERCORSI MULTIPLI Le inevitabili differenze di dimensioni delle particelle solide che costituiscono la fase stazionaria fanno procedere le molecole della sostanza in analisi secondo strade diverse. Nel loro moto casuale, alcune molecole arriveranno prima, altre dopo, con il risultato globale di far allargare la banda in uscita dalla colonna. L’effetto dei percorsi multipli è l’unico effetto che non dipende dalla velocità del flusso. . α A = 2λdp 42 Chimica Analitica GAS CROMATOGRAFIA Si individuano due tipi di gas cromatografia: • Cromatografia gas-liquido (GLC) - La cromatografia gas-liquido trova largo uso in tutti I campi scientifici, dove generalmente si usa il termine abbreviato di gas cromatografia. • Cromatografia gas-solido (GSC) - La cromatografia gas-solido si basa sull’uso di una fase stazionaria solida. In questo caso si può verificare una ritenzione semipermanente di molecole La cromatografia gas-liquido si basa sulla ripartizione degli analiti tra una fase mobile gassosa e una fase stazionaria liquida immobilizzata sulla superficie di un solido inerte impaccato o sulle pareti di un tubo di un capillare. Il gas di trasporto che costituisce la fase mobile chiamo gas di traporto deve essere chimicamente inerte. L’elio è il gas più comune come fase mobile ma sono usati anche argon, azoto e idrogeno. Questi gas sono disponibili in bombole pressurizzate. Per il controllo della velocità di flusso del gas sono necessari regolatori di pressione, manometri e flussimetri. SISTEMA DI INTRODUZIONE DEL CAMPIONE Per una buona efficienza della colonna occorre che il campione sia di dimensioni adatte e venga introdotto dotto forma di «tappo di vapore». Un’introduzione lenta e sovradimensionata causa infatti allargamenti di banda e scarsa risoluzione. Microsiringhe graduate sono usate per iniettare campioni liquidi attraverso un diaframma, o setto di gomma o di silicone, nella camera riscaldata posta in testa alla colonna. La camera viene generalmente mantenuta ad una temperatura di circa 50 gradi oltre il punto di ebollizione del componente meno volatile nel campione. La dimensione del campione varia da pochi decimi del microlitro a 20 L. Le colonne capillari richiedono campioni più piccoli di un fattore 100 o più. In questo caso spesso si utilizza un sistema di ripartizione che suddivide il campione iniettato tale da inviarne in colonna una piccola frazione. μ 45 Chimica Analitica COLONNA In colonna avviene la separazione. In GC si incontrano due 2 tipi di colonne: • Colonne capillari: fase stazionaria è un film di liquido che ricopre l'interno di un tubo capillare. • Colonne impaccate: materiale di impaccamento ricoperto con uno strato sottile di fase stazionaria. Vista dall’alto di una sezione di colonna a destra una colonna impaccata, mentre quella capillare a sinistra. Le colonne hanno lunghezza variabile da meno di 2 m fino a 60 m o più. Sono costruite in acciaio inossidabile, vetro, silice fusa o teflon. Per poterle sistemare nei forni termostatati viene data loro la forma di avvolgimento di diametro variabile da 10 a 30 cm. Le colonne impaccate sono costituite da un supporto solido caratterizzato da particelle sferiche di piccola dimensione, uniformi, meccanicamente resistenti. Materiale inerte ad alte temperatura. L’efficienza aumenta al diminuire del diametro delle particelle ma si ha aumento di pressione. Il vantaggio di quello capillari è che essendo vuote al centro la fase mobile passa molto più facilmente. La fase stazionaria viene depositata sotto forma di film sottilissimo (0.1-5 m) sulla parete interna di un capillare con diametro 0.1-0.75 mm e lungo da 15 a 100 m. Lo spessore del film ha influenza sulla capacità di ritenzione. Le proprietà ideali delle fasi stazionarie liquide sono: bassa volatilità, stabilità termica, inerzia chimica e caratteristiche solventi. La fase mobile percorre il canale lasciato libero dalla fase stazionaria. μ 46 Chimica Analitica • La temperatura è una variabile importante che deve essere controllata entro pochi decimi di grado. • Pertanto la colonna è alloggiata all'interno di un forno termostatato. • La temperatura ottimale della colonna dipende dal punto di ebollizione del campione e dal grado di separazione richiesto. Posso lavorare in: • Isoterma: temperatura costante rispetto al tempo di analisi. • Programma di temperatura: con un gradiente di temperatura, cioè una temperatura che varia nel tempo. La programmata di temperatura si impiega per campioni i cui componenti sono caratterizzati da un ampio intervallo di punti di ebollizione. Effetto della temperatura su i gas cromatori: a) isoterma a 45 C; b) isoterma a 145 C; c) programmata di temperatura da 30 C a 180 C. SISTEMI DI RIVELAZIONE Caratteristiche: • Adeguata sensibilità • Buona stabilità e riproducibilità • Risposta lineare alla concentrazione del soluto • Intervallo di temperatura esteso da T ambiente a 400 gradi • Tempo di risposta breve ed indipendente dalla velocità di flusso • Alta affidabilità e facilità d'uso • Similarità di risposta nei confronti di tutti i soluti • Non essere distruttivo del campione In un rivelatore a ionizzazione di fiamma (FID, Flame Ionization Detector) il gas di trasporto in uscita dalla colonna viene mescolato a idrogeno, e ossigeno (o aria). Nella fiamma, quando una sostanza viene eluita, i vapori combusti vengono caricati elettricamente producendo ioni che vengono raccolti sulla superficie del rilevatore producendo una corrente elettrica che, amplificata, rappresenta il segnale del rilevatore. Nonostante il suo essere cieco a tutte le sostanze che non bruciano (ad esempio, l'acqua), il FID è uno dei rilevatori più diffusi perché molto robusto (il suo limite di rivelabilità resta basso anche dopo molte ore di lavoro). Rivelatore più versatile e più utilizzato; si basa sulla combustione dei composti. ∘ ∘ ∘ ∘ 47 Chimica Analitica • Contenitori di fase mobile • Sistema di flusso della fase mobile (pompe) • Sistema di iniezione • Colonna • Rilevatore • Sistema di elaborazione dei dati CONTENITORI Uno o più contenitori di vetro contengono il solvente. • Eluizione isocratica: eluizione condotta utilizzando come fase mobile un solo solvente o una miscela del solvente di composizione costante. La composizione della fase mobile rimane la stessa per tutta l’analisi. • Eluizione a gradiente: utilizzati due (o talora anche più) sistemi solventi, la cui polarità differisce in modo significativo. Il rapporto tra i due solventi è fatto variare in maniera preprogrammata durante la separazione, talora in modo continuo e talora attraverso una serie di stadi. L'eluizione a gradiente può migliorare l'efficienza di separazione, proprio come una programmazione di temperatura può essere di aiuto in gas cromatografia. La composizione della fase mobile cambia con il procedere dell’analisi. SISTEMI DI POMPAGGIO I requisiti di un sistema di pompe per cromatografia liquida includono: (1) capacità di generare pressioni fino a 6000 psi, (2) un flusso costante, (3) velocità di flusso che varino da 0,1 a 10 mL/ min, (4) riproducibilità di flusso maggiore o uguale allo 0,5%, (5) resistenza alla corrosione da parte di diversi solventi. • Pompa reciprocante: consiste di una piccola camera cilindrica che viene riempita e svuotata dal movimento alternato di un pistone. Questo sistema di pompaggio produce un flusso pulsato, che deve essere successivamente smorzato per evitare la presenza di rumore sulla linea di base del cromatogramma. 50 Chimica Analitica - Vantaggi: costi moderati, 10000 psi, serbatoi esterni e meccanica semplice. - Svantaggi: pulsazioni e manutenzione di guarnizioni e valvole. • Pompa a doppia testa reciprocante: accoppiamento a 180° di due pompe a pistone comandate dalla stessa camma, in modo da ridurre al minimo il flusso pulsato (flusso smorzato). Le valvole a flusso unidirezionale consentono il caricamento delle camere del solvente e il loro svuotamento in modo alternato, in modo da ottenere un flusso di solvente quasi costante. Il flusso è continuo perché quando uno si riempie, l’altro si svuota e viceversa. • Pompa a siringa: producono una erogazione priva di impulsi, il cui flusso è facilmente controllato; esse hanno come svantaggio una relativamente bassa capacità (~250 mL) e non sono convenienti quando si debbano variare i solventi. Inoltre hanno il limite di poter pompare solo un volume costante di solvente. SISTEMA DI INIEZIONE DEL CAMPIONE 51 Chimica Analitica Il metodo di gran lunga più utilizzato per l'introduzione del campione in cromatografia liquida si basa sull'uso di un campionatore (loop). Questi dispositivi sono spesso una parte integrante di alcuni sistemi per cromatografia liquida e sono intercambiabili in funzione della grandezza del campione in un intervallo da 1 a 100 μL o più. Molti strumenti per HPLC contengono un autocampionatore con un sistema di iniezione automatico in grado di iniettare in continuo volumi variabili. COLONNA Le colonne per HPLC sono generalmente costituite da tubi di acciaio inossidabile. In commercio vi sono centinaia di colonne per HPLC con differenti grandezze e impaccamenti. Il costo di una colonna di media grandezza e per applicazioni non speciali varia da 200 a più di 500 $, mentre colonne speciali, come quelle chirali, possono costare più di 1000 $. In HPLC sono usate due tipi di precolonne: una posta tra la riserva della fase mobile e l'iniettore chiamata colonna scavenger, l'altra, chiamata colonna di guardia, è posizionata tra l'iniettore e la colonna analitica. La prima è usata per il condizionamento della fase mobile in quanto il solvente dissolve parzialmente l'impaccamento silicico. In questo modo la fase mobile è saturata con acido silicico prima del suo ingresso nella colonna analitica. Ciò minimizza le perdite di fase stazionaria dalla colonna analitica. La colonna di guardia invece è una colonna di piccole dimensioni impaccata con una fase stazionaria simile a quella della colonna analitica. Il compito della colonna di guardia è quello di rimuovere preventivamente impurezze come composti altamente ritenuti e materiale particolato presenti nel campione. Essa viene sostituita regolarmente. Entrambe le precolonne concorrono a preservare la colonna analitica nel tempo. In HPLC la temperatura del forno non è cosi importante, serve solo a garantire la riproducibilità dell’analisi; in modo che io possa riprodurre l’analisi sempre alla stessa temperatura. La termostatazione della colonna aumenta la riproducibilità dei tempi di ritenzione e delle aree dei picchi. Il riscaldamento della colonna comporta: 1. Diminuzione della viscosità-abbassamento della pressione. 2. Maggiore simmetria del picco e desorbimenti più veloci. 3. Generalmente diminuzione della selettività. Due tipi di impaccamenti sono usati in HPLC: particelle pellicolari e porose. Micro particelle porose composte da silice, allumina, resine sintetiche a base di polistirenedivinilbenzene o a scambio ionico. Le particelle di silice sono rivestite con sottili film organici, che sono chimicamente o fisicamente legati alla superficie. La fase stazionaria più comune è costituita da particelle microporose di silice ad elevata purezza, permeabili al solvente e con elevata area superficiale (alcune centinaia di m /g). Questa fase stazionaria viene generalmente impiegata per cromatografia di adsorbimento. Più comunemente, si realizza la cromatografia di ripartizione impiegando fasi stazionarie legate, ossia fissate covalentemente alla superficie della silice. La C18 (indicata anche con ODS) è la fase stazionaria più utilizzata in HPLC. 2 52 Chimica Analitica LABORATORIO 1 Dosaggio di polifenoli totali all’interno di un campione incognito. Materiale: • spettrofotometro; • pipette automatiche da tarate da 100 -1000 L e da 20-200 L; • soluzione acquosa di carbonato di sodio Na CO al 20% (w/v); • soluzione madre di acido gallico 1 mg/mL; • reattivo di Folin-Ciocalteu. Metodo: I polifenoli totali di un campione alimentare, in ambiente alcalino, riducono la miscela di acido fosfotungstico e di acido fosfomolibdico, costituente il reattivo di Folin-Ciocalteu, in una miscela di ossidi di tungsteno e di molibdeno avente una colorazione blu proporzionale al contenuto fenolico totale che viene espresso come g/L di equivalenti di acido gallico (GAE). La procedura analitica sfrutta il potere riducente dei polifenoli in ambiente basico nei confronti del reattivo di Folin-Ciocalteu, generando cromofori in soluzione, facilmente individuabili mediante tecniche spettrofotometriche nel visibile a causa del massimo di assorbimento intorno a 750 nm (colore blu assunto dalla soluzione campione). Successivamente si procede costruendo la curva di calibrazione utilizzando una soluzione di acido gallico a diverse concentrazioni, alcalinizzato con carbonato a cui viene aggiunto il reattivo di Folin-Ciocalteu. Saggio indiretto: andando a misurare l’assorbanza delle soluzioni in cui verrà fatta avvenire la reazione non si avrà una misura diretta della quantità dei polifenoli ossidati, quindi presenti nel campione, ma degli ossidi di molibdeno e tungsteno formati a seguito della reazione e proporzionali al quantitativo dei polifenoli presenti. Procedimento: A partire da un soluzione madre di acido gallico 1 mg/mL (1000 g/mL) si preparano 5 soluzioni di lavoro a concentrazione differente di acido gallico prelevando diversi volumi di soluzione madre e aggiungendo ad ognuna acqua fino ad un volume finale di 1 mL, secondo i valori riportati in tabella: μ μ 2 3 μ Bianco / 1000 25 25 975 50 50 950 60 60 940 75 75 925 100 100 900 Concentrazioni di acido gallico ( g/mL)μ Volume di soluzione madre di acido gallico ( L)μ Volume di acqua ( L)μ 55 Chimica Analitica Da ognuna di queste soluzioni standard si prelevano 300 L di soluzione e si mettono in una vial e si aggiungono 1.3 mL di acqua; a ogni soluzione standard si aggiunge poi 100 L di reattivo di Folin-Ciocalteu. Si svolge lo stesso procedimento anche per il campione a concentrazione incognita. Si prelevano 300 L di soluzione del campione incognito e si mettono in una vial, a cui si aggiungono 1.3 mL di acqua e successivamente 100 L di reattivo di Folin-Ciocalteu. Le soluzioni si lasciano per 8 minuti al buio e poi si aggiungono 300 L di carbonato di sodio. Si agitano le soluzioni e si lasciano al buio. Dopo 30 minuti si misura l’assorbanza di ciascuna soluzione con l'utilizzo dello spettrofotometro a doppio raggio alla di 765 nm. Le misure vengono ripetute due volte per limitare gli errori strumentali. I valori di assorbanza ottenuti sono: La curva di calibrazione si costruisce riportando in ascisse la concentrazione e in ordinata l’assorbanza. Utilizzando la curva di calibrazione si ricava la concentrazione di polifenoli nel campione (si esprime come g/mL di equivalenti di acido gallico). Nota l’assorbanza, si risale alla concentrazione di polifenoli totali. I valori di assorbanza del campione incognito sono: 0.39941 e 0.40329. Posso fare la media aritmetica dei due valori e trovare il valore di assorbanza medio del campione incognito: A = 0.40135 Riportando questo valore nel grafico, mediante l’intercetta trovo la concentrazione del campione incognito. Dall’ equazione della retta y = 0.013x - 0.2423, sapendo che y rappresenta, in questo caso, l’assorbanza del campione A = 0.013x - 0.2423, trovo che: 0.40135 = 0.013x - 0.2423 x = (0.40135 + 0.2423)/0.013 = 49.51 La concentrazione di polifenoli totale è di 49.51 g/mL. μ μ μ μ μ λ Assorbanza 25 0.06441 25 0.06593 50 0.42162 50 0.41809 60 0.53703 60 0.53864 75 0.74258 75 0.74687 100 1.03511 100 1.03801 Concentrazione ( g/mL)μ μ μ 56 Chimica Analitica Nel caso in cui si voglia effettuare un’analisi quantitativa assoluta dell’analita di interesse, ossia si voglia ricavare la concentrazione dell’analita presente nel campione, è SEMPRE NECESSARIO, costruire una curva di calibrazione. Per costruire la curva di calibrazione che useremo per quantificare il nostro analita è necessario analizzare con il metodo selezionato per l’analisi del nostro campione (Saggio di Folin), delle soluzioni a concentrazione nota di una molecola standard che potrà essere o la molecola standard del nostro analita specifico che stiamo analizzando, se presente in commercio, o una molecola standard appartenente alla stessa famiglia del nostro analita di interesse acido gallico (composto fenolico). → 57 Chimica Analitica Ordine eluizione: C16:0, C16:1, C17, C17:1 e C18:0 Risultati Analisi qualitativa - L’identificazione dei picchi dei FAMEs viene effettuata tramite comparazione dei rispettivi tempi di ritenzione con quelli di standard di singoli acidi grassi puri, analizzati alle stesse condizioni, o confrontandoli con cromatogrammi di lipidi già caratterizzati in letteratura. Quindi confronto dei tempi di ritenzione degli esteri metilici degli acidi grassi separati mediante l'analisi, con i tempi di ritenzione di molecole standard dei medesimi esteri metilici di acidi grassi presenti nell'olio, analizzati a parità di metodo e condizioni Analisi semi-quantitativa - La quantificazione relativa dei FAMEs si calcola in seguito ad integrazione delle aree dei picchi, dalla formula: ; in modo da ottenere la percentuale di un dato acido grasso rispetto al totale. Le aree dei picchi le ottengo integrando. Per l’analisi quantitativa assoluta serve la curva di calibrazione. Se avessi voluto effettuare un analisi quantitativa totale, avrei dovuto fare la curva di calibrazione che mi da la relazione tra il segnale di uscita della tecnica selezionata e la concentrazione dell’analita. LABORATORIO 3 Analisi mix di acidi clorogenici mediante sistema HPLC-PDA Scopo Analizzare una miscela di acidi clorogenici, composti fenolici caratterizzanti il caffè, mediante cromatografia liquida ad alte prestazioni accoppiata a spettrofotometria Uv/Vis. L'acido clorogenico (chimicamente noto anche con il nome di acido 3-caffeilchinico) è un polifenolo diffusissimo nei vegetali, in particolare nel caffè verde. È l'estere che si ottiene dalla combinazione dell'acido caffeico con l'acido (L)-chinico. Separare soluzione di acidi clorogenici fatta in laboratorio. Il campione è un mix standard di: acido 3-caffeilchinico, acido 5- caffeilchinico, acido 4-caffeilchinico, Acido 4-O-feruloilchinico, acido 3-O-feruloilchinico, acido 1.4-dicaffeilchinico, acido 3.5-dicaffeilchinico Principio del metodo Si tratta di una tecnica cromatografica che permette di sperare duo o più composti presenti in un solvete sfruttando l’equilibrio di affinità tra una fase stazionaria posta all’interno della colonna cromatografica e una "fase mobile" che fluisce attraverso essa. Una sostanza più affine alla fase stazionaria rispetto alla fase mobile impiega un tempo maggiore a percorrere la colonna cromatografica (tempo di ritenzione), rispetto ad una sostanza con bassa affinità per la fase stazionaria ed alta per la fase mobile. Ci sono 2 pompe perché i solventi sono due. % Analita = Area del picco del singolo analita Somma delle aree dei picchi degli analiti identificati ⋅ 100 60 Chimica Analitica Ottimizzazione dei metodi di analisi Prima di poter effettuare l’analisi è necessario ottimizzare il metodo e scegliere le specifiche che permettano la migliore separazione degli analiti presenti nella mix. • Fase mobile; • Fase stazionaria; • Velocità di flusso; • Grandiente di eluzione. Metodo ottimizzato Fase di lavaggio: quando utilizzo 100%B. Si chiama fase di lavaggio perché può succedere che gli analiti più apolari non eluiscano durante il gradiente, quindi lavo ciò che mi potrebbe sporcare la fase stazionaria perché più affine ad essa. HCOOH aceto nitrile polare ma meno polare dell’acqua. I primi 3 picchi corrispondo a quelli più polari mentre gli ultimi 3 quelli meno. Primo acido chetogenico picco 1: significa che il primo acido chetogenico è più affine alla fase mobile che a quella stazionaria. Dal cromatogramma non posso capire ad occhio qual’è quello più abbondante. Ho 6 picchi, prendo le singole molecole standard- faccio l’analisi e mi segno il tempo di ritenzione delle singole molecole standard. Confrontando i tempi delle singoli molecole standard con la cromatografia riesco a capire il picco a che molecola corrisponde. Per fare l’analisi quantitativa utilizzo una soluzione con 1 singolo a concentrazione nota e dopo l’analisi calcolo l’area del picco. 61 Chimica Analitica CROMATOGRAFIA IN COLONNA La Figura mostra come due componenti A e B di un campione possano essere risolti in colonna mediante eluizione su colonna impaccata. L’eluizione è un processo nel quale i soluti sono fatti passare attraverso una fase stazionaria dal movimento di una fase mobile. La fase mobile che esce dalla colonna è chiamata eluato. La colonna consiste in un tubo di piccolo diametro impaccato con un solido inerte finemente suddiviso che sulla sua superficie sostiene la fase stazionaria. La fase mobile occupa gli spazi vuoti tra le particelle del materiale impaccato. Inizialmente, una soluzione del campione contenente una miscela di A e B nella fase mobile viene introdotta al tempo t0 in testa alla colonna come plug (tappo) stretto. In questo caso, i due componenti si distribuiscono tra la fase mobile e la fase stazionaria. L'eluizione viene quindi effettuata forzando, mediante l'aggiunta di fase mobile fresca, i componenti del campione ad attraversare la colonna. Con la prima aggiunta di fase mobile fresca, l’ eluente, la porzione di campione contenuta nella fase mobile scende lungo la colonna, dove avviene una ulteriore ripartizione tra la fase mobile e la fase stazionaria (tempo t1). Simultaneamente ha luogo la ripartizione tra la fase mobile fresca e la fase stazionaria nella posizione iniziale del campione originario. Un eluente è un solvente usato per trasportare i componenti di una miscela attraverso la fase stazionaria. Ulteriori aggiunte di solvente trascinano le molecole del soluto lungo la colonna in una serie continua di trasferimenti tra le due fasi. Poiché il movimento del soluto può avvenire solo nella fase mobile, la velocità media con cui il soluto migra dipende dalla frazione di tempo che esso trascorre in questa fase. Questa frazione è piccola per soluti che sono fortemente trattenuti dalla fase stazionaria (ad esempio il componente B) e grande quando invece il soluto ha maggiori probabilità di essere trattenuto nella fase mobile (componente A). Idealmente, le differenze di velocità risultanti fanno sì che i componenti di una miscela si separino in bande, o zone, lungo la colonna. Il processo di isolamento delle specie separate è quindi realizzato facendo passare attraverso la colonna una quantità sufficiente di fase mobile, in modo che le singole bande escano (ossia siano eluite) dalla colonna, dove possono essere raccolte e rivelate (tempi t3 e t4). Se durante l'eluizione si pone all'uscita della colonna un rivelatore in grado di rispondere alla concentrazione del soluto e il suo segnale è riportato in funzione del tempo (o del volume di fase mobile addizionata), si ottengono una serie di picchi. Questo grafico, chiamato cromatogramma, è utile sia per l'analisi qualitativa che per quella quantitativa. La posizione dei picchi sull'asse dei tempi può essere utile per l'identificazione dei componenti del campione; le aree comprese sotto i picchi forniscono una misura quantitativa del contenuto di ciascuna specie. Un cromatogramma è un grafico che mostra una proprietà che è funzione della concentrazione del soluto in funzione del tempo di eluizione o del volume di eluizione. 62