Scarica Appunti di Chimica dei Polimeri - Mappa concettuale completa dell'itero corso e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Chimica dei materiali solo su Docsity! 1) INTRODUZIONE: I materiali polimerici si trovano dappertutto attorno a noi. La difficoltà nel loro studio deriva dal fatto che comprendono varie branche della chimica/scienza, come CHIMICA-FISICA, BIOCHIMICA, CHIMICA ORGANICA E INORGANICA ecc. Il nome comune che si una per indicarli è “plastica”, il polimero più prodotto in assoluto è il POLIETILENE (sigla PE). L’inizio della produzione dei materiali polimerici risale al 1950, arrivando ai giorni nostri con una crescita esponenziale sia della produzione che dell’utilizzo. La domanda in Europa ogni anno è di 50 M tonnellate, ma la produzione è inferiore alla domanda. 43% chimica base e fibre 42% chimica fine e specialistica 15% uso comune 10% vernici e adesivi Altro Filiera produzione: PRODUZIONE -> CONVERTITORI -> PRODOTTI FINALI -> DISTRIBUZIONE/USO Esportazione Semilavorati usando varie fonti Proprietà principali dei materiali polimerici: Leggerezza: hanno bassa densità Deformabilità: basso modulo elastico+ elevata deformazione (non vale per i polimeri più duri) Isolamento termico: bassa conducibilità termica Isolamento elettrico: alta resisitvità Confronto con i metalli: queste proprietà sono spesso contrastanti tra polimeri e metalli! Definizioni: o MONOMERO: unità base di un polimero o POLIMERO: dal greco, significa “ha molte parti” e si forma grazie alla polimerizzazione dei monomeri Monomero PROPILENE; sotto molecola di POLIPROPILENE (sigla PP), il polimero derivante. È comporto da una catena principale e dai gruppi pendenti. La struttura compatta si scrive indicando tra parentesi quadre la molecola del monomero di base con in bassa in numerino n che indica quante volte si ripete il monomero. Un polimero può essere composto da migliaia di monomeri, e può arrivare ad avere una massa molare dell’ordine delle migliaia. Tipologie di polimeri, possono essere fondamentalmente di due tipi: OMOPOLIMERI: composti dallo stesso monomero che si ripete. Un esempio potrebbe essere il POLISTIRENE (sigla PS) COPOLIMERI: composti da due o più monomeri diversi che si combinano in vari modi. Un esempio potrebbe essere il POLI(STIRENE-CO-ACRILONITRILE). Come possono combinarsi le unità dei copolimeri: supponiamo di avere due polimeri, uno A e uno B Statistico: l’ordine è random -> ABBBABABBABABABAABBABABAA Alternato -> ABABABABABABABA A blocchi: AAAABBBAAABBBBBAAABBB Ad innesto o graft: consiste nell’avere catene principali del monomero A e ramificazioni del monomero B Come avviene la polimerizzazione? Ci sono due modalità possibili (vedi paragrafo successivo sulle condizioni di polimerizzabilità): A CATENA: serve un iniziatore, con un radicale, e successivamente si formano composti a catena dovuti a reazioni tra radicali. Avviene molto spesso nei casi in cui ci sono doppi legami, come nei monomeri vinilici o dieni. (omopolimeri). Può essere: IONICA, RADICALICA o di COORDINAZIONE. Esempi: Monomeri vinilici: tipo etilene, propilene o cloruro di vinile, il doppio legame è usato per legare gli altri monomeri per formare il polimero. -> FUNZIONALITA’ REATTIVA è il doppio legame. Monomeri dienici: con 2 doppi legami: i più comuni sono butadiene, isoprene e cloroprene. A STADI: in questo caso non serve un iniziatore perché si tratta di un modo di creare polimeri facendo reagire monomeri diversi, che quindi avendo comportamenti contrastanti danno reazioni in maniera spontanea. Molto spesso si tratta di reazioni di condensazione, ovvero reazioni che favoriscono l’uscita di molecole d’acqua. (copolimeri). Esempi: Gomitoli statistici – caratteristiche: Hanno forma approssimabile ad una sfera -> forma amorfa! Solitamente il diametro ha lunghezza 50 volte inferiore all’effettiva lunghezza della catena polimerica In alcuni casi, come per il polietilene, si possono creare zone regolari approssimabili a strutture cristalline (vedi parte dedicata più avanti). Viene detto statistico perché naturalmente la sua forma si basa su una distribuzione statistica Conformazione delle molecole: ci si concentra sullo studio della regolarità dei gruppi laterali, questo perché le loro caratteristiche influenzano le proprietà dei polimeri. Gruppi laterali – tipologie e caratteristiche: Isomeria di sequenza: testa-coda (RHRHRHRH) oppure testa-testa (RRHHRRHH). Isomeria sterica: vale solo per la sequenza testa-coda, e si fa un’analisi tridimensionale della molecola. Gli atomi di carbonio sono considerati semichirali. Ci sono 3 casi possibili: o Isotattica: i sostituenti R sono tutti dallo stesso lato della catena. o Sindiotattica: i sostituenti R sono da parti opposte della catena. o Atattica: sostituenti senza alcun tipo di regolarità. Isomeria geometrica: doppi legami centri di isomeria, come nel caso di polimeri ottenuti da dieni coniugati. La rotazione attorno al doppio legame implica la sua rottura. Si ha la distinzione quindi tra molecole con isomeria CIS e molecole con isomeria TRANS. Massa molecolare: rappresenta la somma di tutte le masse molecolari dei monomeri che compongono la catena polimerica. Il grado di polimerizzazione è il numero di monomeri facenti parte del polimero. La massa molecolare quindi del polimero sarà: MM = DP*M0 Conseguenze della dimensione molecolare: 1) Somma delle interazioni intermolecolari -> rendono difficile il processo di separazione delle catene principali. Quali sono? Legami a idrogeno (cellulosa), legami dipolo- dipolo(poliestere) e forze di London/dispersione [scritti in ordine di forza decrescente]. L’effetto che ha dal punto di vista delle proprietà è che, con l’aumento del DP i polimeri diventano solidi resistenti e la temperatura Tr di rammollimento cresce. 2) Aggrovigliamento molecolare -> dovuti alla rotazione libera attorno ai legami singoli C-C. Le catene dei polimeri, infatti, sono flessibili e formano per l’appunto i gomitoli statistici o zone cristalline. 3) Scala temporale della mobilità delle catene -> ovviamente le macromolecole si muovono più lentamente delle piccole molecole, dato il loro elevato peso e ingombro spaziale. La massa molecolare gioca un ruolo fondamentale nella determinazione delle proprietà dei polimeri, che dipendono da essa. In modo particolare le proprietà meccaniche! Esiste una massa molecolare MM minima definita pari a circa 1000 u.m.a.; il punto critico invece è raggiunto a circa 5000-10.000 u.m.a. La resistenza meccanica AUMENTA con il crescere della massa molecolare. Solo dal valore critico si MM si iniziano a registrare significanti proprietà meccaniche. La massa molecolare utile minima dipende dal tipo di polimero che si ha. Per i polimeri con forze intermolecolari forti (poliammidi e poliesteri) servono MM meno elevate. Per i polimeri con forze intermolecolari deboli (polietilene e polipropilene) invece servono MM più grandi. Anche la lavorabilità del polimero è influenzata dalla massa molecolare: più è elevata e più aumenta la viscosità, perciò la lavorabilità peggiora. Cosa rappresenta la MM? Durante la polimerizzazione non tutti i polimeri non hanno tutti la stessa lunghezza, o meglio lo stesso DP. Non esiste quindi una massa molecolare assoluta, ma si ricava un valore medio -> ottengo una distribuzione della lunghezza delle catene, POLIDISPERSITA’, che è dovuta alla casualità nella formazione dei polimeri. Massa molecolare media: è di tre tipi Media in numero: Media in peso: Media viscosimetrica Xi frazione in NUMERO con massa molare Mi; Wi frazione in PESO con massa molecolare Mi. Spiegazione: nella media in numero si conta il totale delle molecole e si fa per ogni tipo di molecola che persa n il rapporto tra quante pesano n sul peso totale per n. Nella media in peso si calcola il peso totale e si fa per ogni gruppo di molecole che pesano n il rapporto tra n e il peso totale per quante sono le molecole che pesano n. Più nella pratica: suppongo di avere , i piccoli pesano 3 e i grandi 6. La media in numero = (2/5*3+3/5*6); media in peso = (3/24*2+6/24*3). Mw/Mn = q indice di polidispersità. Solitamente il valore di Mw è maggiore, è più sensibile al peso che alle dimensioni. Se q = 1 il sistema si dice MONODISPERSO, se è q > 1 il sistema è POLIDISPERSO. Effetti della polidispersità: Proprietà reologiche: polimeri con massa molecolare non eccessivamente grande hanno una capacità di scorrimento (reologia) elevata. Proprietà meccaniche: se il peso molecolare è alto viene favorita la resistenza alla fessurazione (uso: tubi per fluidi), se il peso molecolare è basso viene facilitata la lavorazione del materiale Come si calcola la MM? Ci sono due possibili vie da prendere per calcolare la massa molecolare dei polimeri: 1) Metodi assoluti: è una misurazione diretta che non necessita calibrazione. a. Metodo basato sulle proprietà colligative (sono le stesse a parità di molalità). Dalla ∏ (p osmotica) = C*R*T/MM b. Metodo basato sulla diffusione della luce: la disomogeneità ottica di un sistema fa si che la luce venga diffusa dalla soluzione. Ogni polimero è un insieme di centri di diffusione della radiazione. L’intensità della luce diffusa è influenzata dalla concentrazione, dalla forma e dalle dimensioni delle macromolecole. Graficamente si nota che la diffusione per le macromolecole non è simmetrica come per le puntiformi. Per definire l’equazione che ci permette di calcolare la massa molecolare di peso si parte dal caso delle molecole puntiformi. Si definisce il rapporto di Rayleigh: La ∆Rθ calcolata usando la concentrazione e la funzione dell’angolo di diffusione θ mi fornisce l’equazione per la Mw: 2) Metodi relativi a. Metodo viscosimetrico b. SEC (cromatografia di esclusione sterica): utilizzata quando è necessario conoscere la distribuzione delle masse molecolari. Esempio: per la filatura dell’ACRILONITRILE la capacità di filatura è influenzata dalla distribuzione della massa molecolare. Lo strumento richiede la calibrazione; la curva di calibrazione dei polimeri è univerasale. Consiste nel separare le molecole MODELLO DEL VOLUME LIBERO: L’ipotesi di base di questo modello è che tra le molecole possa esistere dello spazio libro distribuito uniformemente; questo spazio lo chiamo volume libero, il quale è in continua evoluzione. Il volume V0 occupato da un polimero è dato dalla somma del volume dei moti vibrazionali e dal volume degli elementi strutturali, V0 = Vc + Vv. Il volume libero lo indico con Vf. Il volume totale di un sistema sarà dato quindi da: Vtot = Vc + Vv + Vf Più si diminuisce la temperatura e più il volume libero diminuisce, raggiunto il Tg il volume libero resta costante e assume un certo valore indicato con Vfg. Il volume libero si può dimostrare che è calcolabile tramite la seguente equazione. Il coefficiente alfa f rappresenta il coefficiente di dilatazione termica, presente anche nel grafico sopra. TRANSIZIONE VETROSA – interpretazione con volume libero: questa fase può essere individuata come una variazione del volume specifico dovuta ad una variazione del volume libero. Lo stato vetroso è uno stato a volume libero costante. Il brusco aumento della viscosità è dovuto alla diminuzione del volume libero quando si passa da liquido semiraffreddato a solido amorfo. Questa transizione è di natura cinetica! Come misurare la Tg? -> CALORIMETRIA A SCANSIONE DIFFERENZIALE DSC È una fornace con riscaldamento controllato. Si usa un materiale con Cp noto come riferimento. Si calcola la differenza di T calcolando la differenza tra il Cp del riferimento e il Cp del campione. Graficamente il punto massimo di flesso corrisponde a Tg. Cosa influenza il valore della temperatura di transizione vetrosa: [Parametri esterni; parametri interni] Ingombro delle molecole la fanno aumentare Flessibilità della catena: più la catena è flessibile e più la Tg è piccola Forze di interazione catena: più sono ingombranti e più la temperatura è alta MM: è direttamente proporzionale alla Tg, questa caratteristica non è lineare ma è più evidente a bassi pesi molecolari. A MM grandi si raggiunge un asintoto. Con l’equazione di Fox-Flory si osserva l’equazione della dipendenza: Miscele: ci sono vari casi possibili, dipende da come sono tra loro i polimeri coinvolti nella miscela. Se sono incompatibili si osservano die Tg diverse; se sono compatibili si osserva una Tg che è una combinazione lineare delle due. L’equazione di Fox mostra come calcolarla: Per risultati più prossimi alla realtà si usano equazioni più complete! Densità di reticolazione: direttamente proporzionale a Tg, l’equazione di Fox-Lashaek: Plastificante: si aggiungono per ridurre la Tg, si incastrano tra le parti del polimero riducendo l’intensità di interazioni molecolari. Aumenta la mobilità delle catene: 3) LO STATO CRISTALLINO DEI POLIMERI: Con stato cristallino si intende una forma solida che presenta un certo ordine tridimensionale a grande distanza. Si può individuare una cella elementare che si ripete molte volte per generare la struttura stessa. Nei polimeri la cristallizzazione non è assoluta ma è presente solo in determinate zone della catena. Ci sono dei criteri di regolarità da rispettare (devono essere presenti tutti contemporaneamente): Regolarità di costituzione: è necessario concatenamento invariato Regolarità di configurazione: il polimero deve essere stereoregolare (isotattico, sindiotattico) Regolarità di conformazione allo stato cristallino: gli angoli di rotazione interna devono acquisire valori ben definiti PRIMO MODELLO: Micella frangiata; le piccole regioni cristalline si chiamano cristalliti o micelle. Questo modello viene considerato superato. OSSERVAZIONI SPERIMENTALI: Presenza di lamelle sottili; ottenute da soluzioni diluite. Le lamelle sono molto sottili ma abbastanza distese, sovrapposte l’una all’altra. SECONDO MODELLO: Lamelle cristalline – catena ripiegata. Le lamelle sono generate da un ripiegamento su sé stessa della catena del polimero. Queste lamelle vengono definite cristalliti. Queste lamelle/cristalliti vengono legate tra loro attraverso parti amorfe del polimero. L’ordine delle lamelle nella parte amorfa non è casuale, molto spesso si posizionano in un modo preciso, organizzandosi in strutture di ordine superiore. Sferuliti: cristallizzazione dal fuso (mai completa). Hanno forma prevalentemente sferica. Un esempio è il POLIETILENE, con cella elementare ortorombica. La percentuale di materiale che cristallizza è determinabile attraverso le proprietà estensive sia della fase amorfa che della cristallina: P = Pc + Pa. Il grado di cristallinità è dato da: x=Pc/Pc0 Questo modello ovviamente non prende in considerazione eventuali parti ordinate della fase amorfa ed eventuali difetti nella fase cristallina. Tecniche strumentali per la determinazione del gdc: 1) Misure calorimetriche: quando un cristallo fonde assume una certa quantità di calore latente di fusione che dipende dalla quantità della parte cristallina. Strumento: il DSC. o Eterogenea: i germi cristallini sono costituiti da materiali diversi da quelli che stanno cristallizzando, cominciano a crescere contemporaneamente appena la temperatura scende sotto la Tf. Tutti gli sferuliti hanno uguale dimensione. Accrescimento o Nucleazione secondaria o Sviluppo dei nuclei Velocità di cristallizzazione e temperatura: l’andamento della velocità è a campana. La temperatura critica Tc è correlata alla velocità di raffreddamento. Queste due variabili sono inversamente proporzionali. La struttura chimica delle molecole influenza la velocità di cristallizzazione. Per esempio, la presenza di atomi di ossigeno aumenta la flessibilità della molecola e quindi diminuisce la Tf. I sostituenti ingombranti invece la aumentano. RIASSUNTO CRISTALLIZZAZIONE SFERULITI: Outline dello stato solido: le proprietà dei polimeri sono influenzate dallo stato di aggregazione. Le proprietà meccaniche ad una data temperatura dipenderanno da: Massa molecolare, Tg, Tm, Grado di cristallinità, ramificazioni, eventuale reticolazione e sua estensione (grado di reticolazione). 4) PROPRIETA’ MECCANICHE DEI POLIMERI: Queste proprietà sono importanti da conoscere per un materiale per motivi di sicurezza, in particolare per prevedere i cedimenti. I cedimenti sono variazioni del materiale che inducono a perdite delle sue proprietà. Per evitare questo problema si fanno dei test appositi per testare le varie proprietà meccaniche fondamentali. CEDIMENTO: possiamo riassumere questo concetto considerando due tipi di cedimento. Deformazione: succede a un materiale che subisce una trazione, di fronte alla quale si può comportare in maniera elastica se non si rompe, o in maniera plastica. o Indipendente dal tempo Elastica: deformazione che una volta cessata la sollecitazione non è più presente Plastica: la deformazione permane anche dopo la sollecitazione. Le prove usate sono prove di trazione e si misura l’allungamento del campione. In particolare, si registra quanta forza sia necessaria a far avere al materiale un comportamento plastico. Si costruiscono con il materiale in questione dei campioni detti a “osso di cane”, con due estremità spesse e la parte centrale sottile, su quest’ultima si esegue l’osservazione. Analizziamo alcuni tipi di solidi e le considerazioni fisiche da fare. Solidi elastici: Deformazione elongazionale: definisco due variabili, lo sforzo σ=F*A0 e una deformazione ε=∆l/l0. Definisco E modulo elastico di Young, che è dato dal rapporto tra σ e ε. Deformazione di taglio: definisco uno sforzo di taglio τ=F/A0 e una deformazione di taglio γ=δ/l0=tanθ. Definisco G modulo di rigidità di taglio, che è dato dal rapporto tra τ e γ. Rapporto di Poisson: (detto anche coefficiente di contrazione trasversale) è una delle due proprietà che descrive l'elasticità di un solido elastico. Rappresenta il grado in cui il campione di un materiale si restringe o si dilata trasversalmente in presenza di una sollecitazione monodirezionale longitudinale. Si indica con la lettera greca ν. Dipende dalla temperatura. Deformazione in compressione: lo sforzo è fato dalla pressione, p=F/A0, invece la deformazione di compressione sarà ε=∆l/l0. La variabile a cui si fa riferimento spesso è il modulo di rigidità di volume K Deformazione a torsione: la variabile fondamentale è il momento torcente M=C*φ, dal quale si ricava il modulo della torsione C: I solidi reali però non seguono con precisione gli andamenti dei solidi sopra citati. Nei solidi reali, infatti, l’elasticità viene definita non lineare. La zona di deformazione reversibile non è lineare, non vale quindi la legge di Hooke e bisogna introdurre altri moduli a cui fare riferimento -> modulo tangente e modulo secante. La pendenza della curva definisce il modulo elastico del materiale reale. Nella realtà molto spesso capita che rimuovendo la sollecitazione il materiale non ritorni del tutto alla sua forma di partenza. Liquidi viscosi: in questo caso si ha un comportamento di tipo plastico. Si definisce uno sforzo di taglio τ=F/A0 e una deformazione di taglio γ=δ/l0. La velocità di deformazione e l’equazione di Newton che esprime lo sforzo della deformazione in questo caso sono: I fluidi che obbediscono a questa legge vengono detti fluidi Newtoniani, che hanno una deformazione di taglio lineare, la viscosità è FUNZIONE della rapporto istantaneo tra il carico registrato e la deformazione applicata: E(t)=σ(t)/ε0. Prove di CREEP: si applica uno sforzo costante σ0 e si osserva l’evoluzione della deformazione nel tempo ε(t). Il materiale ha una deformazione crescente nel tempo, dovuta a tre componenti: Una volta rimosso lo sforzo vengono recuperate le εE e εVE(t), invece le εV(t) rimangono permanenti. 5) SINTESI DEI POLIMERI: Classificazione secondo Carothers delle reazioni di polimerizzazione: (AMBIGUA) Di addizione: singole addizioni di unità monometriche alla catena principale, non si ha quindi formazione di sottoprodotti a MM bassa. Di condensazione: i monomeri reagiscono con formazione di sottoprodotti, l’unità strutturale del polimero ha struttura e composizione diversa dal monomero. La classificazione più valida considerata è questa: Differenza fondamentale tra polimerizzazione a stadi e a catena: quella a stadi è tipica di molecole già attivate per la loro natura reattiva; quella a catena necessita un iniziatore per attivare le molecole che sono stabili o poco reattive. Alla fine della polimerizzazione i polimeri formati a stadi hanno ancora delle parti attivate, gli altri con dei terminatori diventano inattive. Requisiti polarizzabilità: Funzionalità dei monomeri: definisce il NUMERO di legami chimici che il monomero può formare nella reazione; deve essere pari almeno a 2 (bifunzionalità) Aspetti cinetici e termodinamici: Dal punto di vista termodinamico, per far si che una polimerizzazione avvenga serve che il ∆G del processo sia < 0. Nel caso della polimerizzazione l’entalpia è sempre favorevole e l’entropia è sempre sfavorevole; ciò significa che la polarizzazione avviene sono quando la T<Tceiling (che non deve essere alta perché darebbe più peso al termine entropico). Dal punto di vista cinetico ci sono tre aspetti da considerare: Metodi attivazione dei monomeri: può avvenire sia per mezzo di iniziatori (si consuma) che per mezzo di catalizzatori (non si consuma). Reazioni secondarie: possono avere un’influenza determinabile sul polimero finale. Esempi: reazioni che portano a scissione di catena (ad alte T), reazione di depolimerizzazione (a T prossime alla Tceiling), reazioni di ciclizzazione (formazione di oligomeri ciclici), reazioni di ramificazione e/o reticolazione, reazioni di modifica o scomparsa dei centri attivi. Fenomeni diffusi: governano la possibilità di incontro delle specie reattive; più aumenta la MM più diminuisce la diffusione. POLIMERIZZAZIONE A CATENA: Polimerizzazioni tipiche di molecole insature o cicliche, mediante iniziatori radicalici o ionici. Il meccanismo è schematizzato da 4 fasi principali: decomposizione iniziale, inizio, propagazione, terminazione. A seconda del tipo di iniziatore che si utilizza si possono distinguere le tipologie di meccanismo. A. Radicaliche: molto usato a livello industriale, poco selettive e non richiedono elevata purezza. Vediamo le varie fasi: 1) Decomposizione dell’iniziatore: lo si fa diventare sottoforma radicalica. Tipologie di iniziatori: Organici (termici): contengono un legame termicamente labile. Redox: coppie ox/red spesso solubili in acqua Fotochimici: attivati da radiazioni UV e indipendenti da T. 2) Inizio: se esistono due processi di iniziazione prevale sempre quello favorito dalla cinetica. Questa fase del processo è veloce! 3) Propagazione: nel caso delle pol. radicaliche non si ottengono polimeri con struttura regolare, sono presenti difetti di catena sia costituzionali che configurazionali. Presenti molte ramificazioni di diversa lunghezza. Fase più lenta del processo. 4) Terminazione: scomparsa dei radicali e formazione del polimero finale. Avviene in un processo casuale del processo di crescita. Possono avvenire in due modi. Per accoppiamento di due radicali che formano una molecola con gusci completi. Per disproporzione: si riforma una molecola del monomero (processo inverso alla iniziazione). B. Cationiche: i monomeri sono spesso vinilici con sostituenti elettrondonatori in grado di stabilizzare il catione (isobutile, THF). Gli iniziatori più usati sono acidi di Lewis + cocatalizzatori. I solventi usati sono idrocarburi. 1) Inizio: avviene la dissociazione dell’acido e la protonazione dei monomeri. 2) Propagazione: monomeri carichi reagiscono con monomeri neutri per addizione al doppio legame. La propagazione è favorita da solventi molto ionizzanti. 3) Terminazione: avvengono per trasferimento di catena o in presenza di specie basiche e/o nucleofile. L’iniziatore viene rigenerato. C. Anioniche: i monomeri da usare sono quelli con sostituenti elettronattrattori che stabilizzano gli anioni (esteri, ammidi). Gli iniziatori sono basi, trasferitori di elettroni e ammine. Solventi idrocarburi. All’aumentare della densità di carica del catione aumenta la propagazione del polimero. 1) Inizio: le specie neutre ionizzano 2) Propagazione: la velocità è più elevata delle polimerizzazioni radicaliche, ma la concentrazione di specie anioniche efficienti è di 4:7. 3) Terminazione: con solventi protici si può avere il trasferimento di catena dal solvente. Perché sono importanti: per la stereoselettività, formazione di distribuzioni strette di pesi molecolari, sono più facilmente controllabili delle cationiche, le quali reagiscono più velocemente. Si formano dei SISTEMI VIVENTI. Copolimeri a blocchi: ci sono 5 gruppi di polimeri ottenibili con questo meccanismo (ordine reattività decrescente): più il DP. Il DP dipende dalla competizione tra la fase di iniziazione e la fase di terminazione. Se aumento la concentrazione degli iniziatori la DP diminuisce perché invece d avere la tendenza a generare catene lunghe si generano tante catene di accrescimento! POLIMERIZZAZIONE A STADI: Avviene per monomeri bifunzionali o polifunzionali. Prevede reazioni tra catene che danno prodotti finiti ma attivi. Le reazioni sono principalmente di addizione o condensazione e i siti attivi dei monomeri devono avere comportamenti complementari Questo meccanismo è quello che porta alla formazione di RESINE FENOLICHE. Si parte da un fenolo e un aldeine. Se la catalisi è acida si ottengono le novolacche, che sono polimeri termoplastici. Se la catalisi è basica si ottengono resoli, polimeri termoindurenti con doppia catena. Il grado di avanzamento di una reazione è dato da: p=gruppi scomparsi/gruppi iniziali, in formula p=(c0-c)/c0. Si intendono i gruppi funzionali! Questa variabile è misurabile sperimentalmente. Il DP invece è uguale a DP=n° molecole monomero/n° molecole polimero= c0/(c0-c0p)=1/1-p. La massa molecolare dei polimeri ottenuti con questo processo cresce linearmente con passare del tempo, tranne per l’ultimo stadio che invece ha una crescita esponenziale perché si ha maggiore probabilità di attaccare tra loro molecole di grandi dimensioni. Per ottenere MM grandi bisogna fare in modo che il processo giunga al termine, e che quindi ci sia conversione completa. Questo avviene in condizioni di bilanciamento stechiometrico: Per semplificare il modello cinetico della polimerizzazione a stadi, si applica il principio di eguale reattività, che prevede di considerare che la reattività di un substrato, quindi la velocità con cui reagisce, sia indipendente dalla lunghezza della catena a cui è legato. In questo caso si ha una cinetica del primo ordine. Per arrivare allo stadio finale in teoria basterebbe prolungare i tempi di reazione. Nella pratica si usano invece catalizzatori perché si formano sempre molte reazioni secondarie indesiderate. Si cerca di far raggiungere a sistema una sorta di equilibrio tra specie (serve rimuovere tutti i sottoprodotti). CONFRONTO POLIMERIZZAZIONE A CATEVA vs POLIMERIZZAZIONE A STADI: 1) Conversione a polimero: per la PC avviene in maniera lineare, per la PS prima lineare poi esponenziale, perché alla fine si uniscono molecole più grosse. 2) Grado di polimerizzazione: per la PS cresce in maniera lineare, per la PC cresce prima in maniera lineare, poi esponenzialmente. 8) PROCESSI DI POLIMERIZZAZIONE: Il tipo di processo è influenzato dalla natura chimico-fisica del monomero di partenza e da molti altri fattori. Fase omogenea o Massa: è il metodo concettualmente più semplice perché nell’ambiente di reazione abbiamo solo monomeri + iniziatore. La reattività del monomero non deve essere troppo elevata per poter avere un controllo sulla reazione; la viscosità non deve essere troppo elevata, in questo modo è possibile miscelare bene la soluzione, si può smaltire il calore interno ed eliminare i sottoprodotti con facilità. Più va avanti la reazione più aumenta la viscosità. Questo processo è adatto per la sintesi a stadi e ha il vantaggio di generare polimeri duri come POLISTIRENE. Svantaggio: si rischia di perdere il controllo della reazione e non smaltire calore della reazione. Nel caso della polimerizzazione di catena (non si arriva a conversione completa) ci sono due possibili svantaggi che aumentano la distribuzione della massa molecolare: Difficoltà smaltimento calore: diminuzione massa molecolare. Effetto gelo: aumenta la massa molecolare. Con il procedere della reazione e la diminuzione della [M] ci si aspetta una diminuzione della velocità, invece essa aumenta grazie al fenomeno della AUTOALIMENTAZIONE, dovuto all’aumento della viscosità che accelera il processo. o Soluzione: processo usato nei laboratori e poco industrialmente. Si opera in presenza di un solvente, che rende quindi facile smaltire il calore di reazione. Svantaggio: la velocità della polimerizzazione non è molto alta e c’è bisogno di purificare il polimero dal solvente, che a sua volta va smaltito. Il polimero può sia essere solubile che insolubile (nell’ultimo caso precipita come solido). Fase eterogenea o Sospensione: questa tecnica prevede la dispersione del monomero in acqua in piccole gocce. La dispersione è mantenuta con un efficace sistema agitatore. L’iniziatore insolubile nell’acqua è sciolto nel monomero. Ciascuna goccia si comporta come se fosse un piccolo reattore di massa. Il vantaggio è che si ottengono parti di polimero a grande MM con metodi facilmente smaltibili. Svantaggio: servono additivi e agitazione potente. o Emulsione: si usano agenti emulsionanti come acidi grassi + i loro sali. L’iniziatore è solubile in acqua e vengono generate parti molto piccole di polimero (dimensioni di pochi nanometri). Il vantaggio è la facilità di smaltimento del calore di reazione e la velocità con cui si formano i polimeri. Svantaggi: il prodotto è difficile da separare con precisione dalla soluzione, risulta impuro ed è un processo non adatto a tutti i monomeri. Serve un tensioattivo! Fase 1: formazione delle micelle che iniziano a convertirsi in polimero. Fase 2: brusco aumento della tensione superficiale, le particelle di polimero iniziano a svilupparsi. Fase 3: tutto il monomero è consumato e la polimerizzazione inizia a rallentare fino alla conclusione. o Interfacciale: si usano due solventi immiscibili per sciogliere 2 M diversi; il polimero si forma all’interfaccia! Facile smaltimento e basse temperature. 10) INDUSTRIA CHIMICA E POLIMERI:7 È composta dai polimeri termoplastici, termoindurenti ed elastomeri. Vedremo queste tre categorie nel dettaglio nell’ordine scritto. Non è una classificazione scientifica, ma industriale. TERMOPLASTICI: Molecole: hanno macromolecole tutte distinte le une dalle altre, sono quindi separabili per esempio con l’aumento della temperatura oppure con dei solventi (vale anche per le macromolecole aggrovigliate). pannelli di EPS, usando il vapore per espanderle in un contenitore di forma precisa con una certa pressione. Va fatto uscire il pentano sostituito da aria. Ha ottime proprietà isolanti. NYLON: è un prodotto di una policondensazione (reazione che procede per stadi di equilibrio) e non addizione. È una famiglia di polimeri in cui tutti hanno in comune il gruppo ammidico. Il nome è comune, quello chimico sarebbe POLIAMMIDE. L’inventore è Carothers nella Seconda guerra mondiale per costruire i paracadute. Questo materiale può sostituire molto bene la seta, ha anche più proprietà meccaniche. Ci sono tra le catene delle forze intermolecolari molto forti -> legami a idrogeno localizzati; grazie a questo, le poliammidi sono polimeri semicristallini. L’acqua ha possibilità di penetrare nel polimero. I tipi possibili di nylon sono 6,6; 6,10 o 6. Più aumentano i gruppi ammidici aumentano la temperatura di fusione e le proprietà meccaniche aumentano. Sintesi: si parte dal benzene che può subire varie trasformazioni, per arrivare all’acido adipico, il quale reagendo con l’esametilendiammina formano il Nylon 6,6. Il poliepsiloncapolattame, cioè il Nylon 6, non viene sintetizzato come tutti gli altri ma con poliaddizione per apertura di anello! Applicazioni: tubature auto per il combustibile P, fibre e tessuti, corde, campo biomedicale, ecc. POLIETILENTEREFTALATO: materiale usato principalmente per fibre sintetiche. È un poliestere con un gruppo aromatico nella catena. Sintesi: è una policondensazione con catalizzatore il triossido di antimonio. Applicazioni: bottiglie, imballaggi, maglie dette “pail”, ecc. POLITETRAFLUOROETILENE: conosciuto con il nome di “teflon”. Non sono presenti atomi di idrogeno, solo carbonio e fluoro. La presenza del fluoro scherma la catena di carboni e fa si che ci siano proprietà meccaniche superiori e inerzia chimica repellente per le molecole di grasso. Sono quindi molecole molto polari. Ha molta resistenza termica. Sintesi: viene fatta in sospensione o emulsione, uguale al PVC. Applicazione: padelle antiaderenti. TRASFORMAZIONI DEI POLIMERI TERMOPLASTICI: sono varie e molto importanti: 1) Prima di eseguire una qualunque trasformazione di un polimero, è necessario ridurlo allo stato fuso di fluido viscoso; questo comporta superare la temperatura di transizione vetrosa o di fusione nel caso dei cristalli. Le temperature sono varie e molto alte. Lo strumento utilizzato per fluidificare i polimeri è detta ESTRUSORE: cilindro riscaldato con vite coclea o senza fine e con un volume sempre più stretto per il polimero (aumenta la compressione), suddivisa in 3 parte. Prima parte: sezione di alimentazione, in cui i granuli di polimero entrano nel cilindro. Seconda parte: fusione dei granuli di polimero con T e p crescenti. Terza parte: i volumi sono calibrati per regolare la portata di polimero fuso che esce dall’ugello, sottoforma di “spaghetto”. Additivi: detti anche cariche, si aggiungono in questa fase (tipo colori). 2) Una volta fuso il polimero può essere modellato della forma necessaria per la sua applicazione: questo viene fatto con lo STAMPAGGIO AD INIEZIONE. Ci sono varie fasi necessarie per arrivare all’oggetto finale: a. Tramite l’estrusore si fanno sciogliere i granuli del polimero, il fluido viscoso tramite la vite rotante viene caricato nello stampo fino a riempirlo b. Avviene la compattazione nello stampo c. Si lascia raffreddare il polimero per la solidificazione d. Si estrae l’oggetto desiderato allo stampo e si ripete il processo 3) Se invece si vogliono ottenere i film, si deve usare il metodo della TUBULAR BLOWN MOLDING, che consiste nel far passare dall’estrusore il polimero fluido in un cilindro trapassato da un mini-tubo dal quale si fa entrare aria compressa. Il polimero uscendo dal cilindro formerà una bolla al suo interno che lo rende molto sottile. Con una serie di rulli si ottiene il rotolo del polimero in questione. 4) Campo importantissimo dei polimeri sono le FIBRE, le quali possono essere ottenute solo da polimeri cristallini, per motivi di proprietà meccaniche. Le proprietà meccaniche sono orientate lungo l’asse di stiro della fibra. Ci sono tre possibili modi in cui è possibile ottenerle: Filatura del fuso/MELT SPINNING: più recente. Dall’estrusore si fa passare il materiale fuso attraverso dei fori. I fili che escono vengono stirati, producendo la fibra per cristallizzazione del materiale. La velocità con cui viene stirato non deve essere troppo elevata. Seguono le operazioni di finissaggio, in cui vengono per esempio colorate le fibre. Filatura dell’umido/DRY SPINNING: primo metodo usato nella storia. Si parte da una soluzione molto viscosa di un polimero e viene fatta passare attraverso i soliti fori. La formazione delle fibre avviene per evaporazione del solvente, che fa precipitare il polimero che forma i suoi cristalli (sempre sotto stiro). Il sistema deve essere chiuso. Esempi: fibre di acetato e fibre alchiliche. Filatura umida/WET SPINNING: metodo poco utilizzato, di solito usato con derivati dalla cellulosa. La precipitazione del polimero avviene in un altro solvente in cui il polimero non è solubile. La stiratura + cristallizzazione avviene in un secondo momento. Bottiglie: possono essere fatte in due modi. Estrusione-soffiaggio: dall’estrusore viene fatta uscire una grande quantità di polimero fuso, con dell’aria si crea la cavità interna; un solo passaggio. Iniezione-soffiaggio: usato per il PET, che è più fluido degli altri polimeri; si usano più passaggi, prima il polimero si inserisce nello stampo il materiale e poi si espande per compressione con aria compressa. TERMOINDURENTI: Molecole: le catene sono talmente intricate da essere impossibili da separare; si crea quindi una macromolecola unica molto complessa. Questa particolarità fa si che non esistano vie per fondere il materiale o per solubilizzarlo. Sono polimeri tipicamente reticolati, con nodi in quantità elevata -> materiali molto duri. Generalità: sono reticoli tridimensionale covalente molto grandi. Sono insolubili, non è possibile separare le catene. Non sono molto diffusi, ma sono molto importanti. Esempi: pneumatici, componenti elettronici, vernici, adesivi, ecc. Modalità di reticolazione: Sistemi autoreattivi: grazie ad una iniziale attivazione (T, catalisi o UV) le molecole interagiscono tra loro per formare la struttura finale. Gruppi reciprocam. attivi. Uso di un agente reticolante. Monomeri con funzionalità maggiore di 2: per esempio usando i trioli. Questo approccio si usa nella polimerizzazione per stadi di equilibrio. La reticolazione non è un valore assoluto, esiste un grado di reticolazione, più è grande più aumenta il numero di nodi. Inoltre, la temperatura di transizione vetrosa è dipendente dal grado di reticolazione; direttamente proporzionale. Si definisce una frazione di GEL, che è il polimero reticolato, e una fase SOL, che è la frazione ancora solubile. SOL si può rimuovere filtrando. RESINE FENOLICHE: sono materiali molto importanti e insostituibili. La sua principale proprietà è un buon isolamento elettrico + resistenza meccanica. Sono colorate a differenza degli altri polimeri. Sintesi: si ottengono per reazione del fenolo con la formaldeide. (vedi polimerizzazione a stadi) Applicazioni: usate per i cellulari, impianti frenanti e pannelli mds (multistrato, fatto da fogli di carta compressi + resolo). nero fumo, oppure per modificare la durezza densità ecc., barite o carbonato di calcio. 2. Miscelazione: viene fatta con un processo discontinuo e si miscelano tutti i componenti sopra elencati. Per esempio il mescolatore Bambury. Può durare diversi minuti. 3. Formatura: si ottiene il polimero termoindurente. Se il manufatto è ottenibile tagliandolo da una lastra, si procede con la calandratura, in cui si producono dei film usando calore; è possibile incorporare elementi rinforzanti. Se invece non si ha la possibilità di estrarre il materiale da una lastra si usa stampaggio a compressione o trasferimento. 4. Vulcanizzazione. COME VIENE FATTO UNO PNEUMATICO? GOMME TERMOPLASTICHE/TERMOELASTOMERI: è il caso del SBS, stirene- butadiene-stirene. A temperatura ambiente sono incompatibili, il materiale è bifasico. Complessivamente si ha comportamento elastico. I nodi non sono chimici ma fisici. Uno dei due ha temperatura di transizione vetrosa inferiore alla T°, perciò il copolimero è alternato da strutture HARD e strutture SOFT. 12) IL FUTURO DEI POLIMERI – RICICLO E BIOPOLIMERI: La quantità di polimeri prodotta fino a questo punto storico è estremamente grande -> 8.300.000.000 tonnellate, contando che la densità è bassa si tratta di un volume enorme. Una piccolissima parte di questi polimeri è stata riciclata, mentre grande parte è stata dispersa nell’ambiente! L’unione europea ha fatto nel 2018 un piano chiamato “A European Strategy for Plastics in a Circular Economy”, con il quale si cerca entro il 2030 di sostituire completamente tutti i materiali polimerici di primo uso con quelli da fonti rinnovabili. In questo momento solo il 6% del materiale raccolto viene davvero riutilizzato, questo perché la qualità del materiale riciclato è inferiore. Quando si raccolgono i materiali plastici ai fini del riciclo, prima di essere lavorati necessitano di un particolare trattamento, fondamentale: Selezione: eliminazione di tutte le sostanze estranee e suddivisione per tipologia dei polimeri. Riduzione pezzatura: frammentazione dei pezzi di polimero. Lavaggio/Essicamento Densificazione/Estrusione Classificazione del riciclo: PRIMARIO: si parte da scarti di polimero mai utilizzato che vengono rimessi dell’estrusore e riutilizzati allo stesso fine nelle fabbriche. SECONDARIO: o Post-industriale: gli scarti che non posso essere fusi nuovamente allo stesso scopo vengono comunque raccolti per altri impieghi. o Post-consumo: tutta la categoria degli imballaggi riciclabili; limiti -> rifiuti eterogenei, presenza di contaminanti e degradazione dei materiali. TERZIARIO: rappresenta il riciclo chimico, che prevede l’estrazione di alcune sostanze chimiche recuperabili dai materiali riciclati. QUATERNARIO: è il recupero energetico per combustione dei materiali riciclati. BIOPOLIMERI: possono essere raggruppati in due categorie differenti. Biodegradabili: fa riferimento al particolare comportamento del polimero a fine vita. Si decompongono completamente ad anidride carbonica, metano, acqua e biomassa in tempi non troppo lunghi; grazie anche all’azione di microorganismi viventi. I biopolimeri compostabili sono una sottocategoria che richiede particolari condizioni, come degradarsi entro tre mesi nelle condizioni di T e p del compostaggio. Step della biodegradazione: Depolimerizzazione: si passa a monomeri e oligomeri tramite idrolisi e ossidazione; fatto da enzimi prodotti dai microorganismi. Demineralizzazione: monomeri e oligomeri sono convertiti a biomassa, minerali, acqua e gas (CO2 e CH4). L’enzima che fa questo lavoro si chiama LIPASI. Biobased: fa riferimento alla composizione del polimero, che è prodotto a partire da fonti rinnovabili. Non sono necessariamente biodegradabili. Un esempio è il Nylon 6,6 fatto usando l’acido adipico dalla biomassa. Alcuni polimeri possono anche essere sintetizzati a partire dalla CO2.