Scarica Appunti di Diritto Ecclesiastico e più Appunti in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! DIRITTO ECCLESIASTICO 14\02\2022 Il diritto ecclesiastico è il diritto dello Stato nei confronti del fenomeno religioso, è composto da tutta la legislazione statale che regola il rapporto con le confessioni e gli enti religiosi, regola lo spazio pubblico in cui la religione agisce. È il diritto canonico invece a fare riferimento al diritto della Chiesa, ad una regolamentazione interna, fa riferimento al Codex Iuris Canonici (interamente scritto in latino, lingua ufficiale della religione cattolica) promulgato dalla Chiesa per la prima volta nel 1917. Il cardinale Gasparri di Ussita è l’artefice della prima codificazione canonica del 1917 e dei Patti Lateranensi del 1929, riuscì a scalare tutte le gerarchie ecclesiastiche e diventò anche segretario di Stato della Città del Vaticano (da questa posizione contrattò col regime fascista per i Patti Lateranensi). Nel 1983 il Codex viene cambiato e tradotto anche in italiano e altre lingue. Il Codice di diritto canonico ha un’estensione universale, si applica a tutti gli Stati del mondo che fanno riferimento alla religione cattolica. I canoni (articoli) contenuti nel codice hanno un’applicazione universale, devono essere capaci di superare le frontiere. Al suo interno troviamo tutte le cause di nullità matrimoniale, la regolamentazione sul matrimonio canonico, i rapporti coi laici, tutti ciò che riguarda i beni della Chiesa ecc. Il diritto ecclesiastico tiene conto e regola due ordinamenti che dialogano tra loro (quello statale e quello canonico). La Chiesa preesiste lo Stato quindi lo Stato non può prescindere l’esistenza della Chiesa. Un esempio è l’art.7 della Costituzione, tra i principi fondamentali, che afferma che l’esistenza della Chiesa non ha bisogno di essere legittimata, è sovrana tanto quanto lo Stato, esiste e non ha bisogno di chiedere alcun riconoscimento; le altre confessioni sono ugualmente libere e indipendenti ma non saranno mai sovrane perché hanno bisogno di un riconoscimento. Dopo la presa di Roma nel 1870 e la conseguente unificazione dell’Italia, il pontefice si dichiarò prigioniero politico e si rinchiuse nei Palazzi Vaticani. L’Italia deve trovare una soluzione a questa situazione difficile che si è creata, deve cercare un compromesso con lo Stato cattolico e provano a farlo, nel 1871, con la legge delle guarentigie che prevedeva di attribuire al pontefice le stesse garanzie, le stesse guarentigie garantite al Re. Questa legge non fu mai accettata per due motivi: in un primo momento perché non si dava la proprietà dei palazzi apostolici allo Stato della Chiesa ma se ne dava solo l’utilizzo, in secondo luogo perché era una legge ordinaria quindi la Chiesa aveva paura che in qualsiasi momento sarebbe potuta essere modificata da una legge di rango superiore. Nel 1929 la soluzione è stata trovata da Gasparri trasferendo al Vaticano la proprietà dei palazzi apostolici e sottoscrivendo i Patti Lateranensi. I Patti Lateranensi sono composti da una convenzione finanziaria, da un concordato e dal Trattato del Laterano (è la prima volta in cui si ha la costituzione di uno Stato attraverso un trattato, nasce lo Stato Città del Vaticano tramite un accordo con lo Stato italiano). Il trattato per sua natura non può essere modificato da una delle parti, c’è necessità dell’accordo tra entrambi, in questo modo la Chiesa si sente più sicura. Il cardinale Gasparri in questo modo ha spostato i rapporti con la Chiesa cattolica sul piano del diritto internazionale. Con la convenzione finanziaria viene risolta la questione romana (conflitto tra Santa Sede e Stato italiano per la sovranità su Roma, si promulga la legge delle guarentigie per risolvere la questione nel 1871 ma non viene accettata dal pontefice che emana il non expedit), la Chiesa cattolica accetta la somma che le viene riconosciuta dopo tutti gli scontri e i territori persi (un miliardo di vecchie lire), questo va a darle sollievo anche dal punto di vista economico. Il Patto Gentiloni era un patto tra Gentiloni e Giolitti (primo ministro dell’epoca) per cercare di risolvere il problema del non expedit (invito della Chiesa ai cattolici a non impegnarsi in politica, non votare ecc.), possiamo dire che è stato una prima spinta verso i Patti Lateranensi. 15\02\2022 Oggi abbiamo il sistema concordatario che disciplina i rapporti tra Stato e Chiesa ma nel corso della storia non è sempre stato così. Nei Patti Lateranensi c’era un Concordato che è importante perché qualificava il sistema, con la sottoscrizione dei Patti Lateranensi si è stabilito un principio in base al quale lo Stato e la Chiesa cattolica su talune materie devono concordare preventivamente le disposizioni (es. la materia degli enti ecclesiastici è regolamentata da leggi civili ma se lo Stato vuole intervenire per modificare questa materia deve sentire prima la Chiesa). Negli anni 90 vengono introdotte le Leggi Bassanini che prevedevano l’eliminazione degli obblighi relativi alla richiesta del parere al consiglio di Stato, in qualsiasi procedimento questo fosse previsto (tranne in 2\3 casi circoscritti). La legge 222 del 1985 di attuazione del Concordato contiene all’art.1 una richiesta di parere al consiglio di Stato quindi nasce un problema inter-ordinamentale. L’eliminazione di questi obblighi si può attuare anche rispetto alla legge 222 dell’85 che è una legge di diretta applicazione delle disposizioni concordatarie quindi legata all’ordine internazionale all’interno di cui sono collocati i rapporti tra Stato e Chiesa? Il consiglio di Stato si dichiara incompetente a riguardo in quanto la soluzione deve essere concordata tra Stato italiano e Santa Sede. Esistono altri sistemi diversi dal nostro (che è laico) in cui qualsiasi precetto giuridico deve essere collegato ad un precetto religioso (es. islam). Il consiglio di Stato chiede al Governo di concordare la questione con la Chiesa cattolica. C’è uno scambio di note diplomatiche, come tra soggetti internazionali, in cui il Governo italiano chiede alla Santa Sede se le disposizioni della Bassanini possono trovare applicazione con riferimento al regime degli enti ecclesiastici. La Santa Sede risponde positivamente, era una modifica favorevole anche a loro. Questo è la dimostrazione che il sistema concordatario ha un suo valore nelle applicazioni pratiche. Il Concordato dei Patti Lateranensi viene abrogato nell’84 a causa di grandi cambiamenti. Nel 64\65 inizia il Vaticano secondo e cambia il rapporto con le altre confessioni (si ammette la possibilità di un dialogo inter-religioso), cambia il modo di fare messa (prima in latino, parroco di spalle e spettatore inerme, non partecipe) ecc. Nel sistema immediatamente precedente a quello concordatario c’era il sistema separatista, c’era una netta separazione tra Stato e Chiesa (nella seconda metà dell’800), prima ancora c’era un sistema giurisdizionalista, considerava la Chiesa come un qualsiasi altro soggetto di diritto privato, considerava gli enti della Chiesa come enti di diritto comune. È sulla base di questo che si instaura la legislazione eversiva che va a spogliare i patrimoni di molti enti ecclesiastici o addirittura a sopprimerli (vengono salvati solo gli enti che svolgevano qualche tipo di attività sociale) perché si riteneva che fossero come enti pubblici quindi lo Stato aveva il diritto di intervenire (cosa che oggi assolutamente non si potrebbe fare). Il vero motivo era quello di assicurare al Regno d’Italia i fondi per le guerre d’indipendenza, ma la ragione che veniva usata era proprio quella giuridica. Il sistema ancora precedente era un sistema teocratico, opposto, che fondava qualsiasi potere temporale nel papato, nella sfera ecclesiale (siamo intorno al 300\400), è dall’elemento religioso che tutto poi si sviluppa. Oggi la Chiesa cattolica non è più quella di un tempo, la religione islamica invece inizia a diffondersi e a trovarsi in terre in cui non è più dominante rispetto a tutto il resto, questo rende difficile il dialogo e l’integrazione. Il sistema di relazioni tra le religioni ha dei riflessi anche sulla struttura sociale dello Stato, deve comporre credenti, non credenti e diversamente credenti e in questo la laicità diventa fondamentale. Noi, a differenza della Francia, non abbiamo un articolo della Costituzione che ci parla espressamente di laicità, ci arriviamo per una serie di combinazioni, disposizioni e decisioni. Giorgio La Pira voleva nella Costituzione un richiamo a Dio per indicare il valore che la religione cattolica aveva nella società italiana, Dossetti trovò un modo per frenarlo, la Costituzione è frutto di compromessi tra il blocco cattolico e quello di sinistra ispirato a valori differenti, riesce a convincerlo dicendo che l’importante era che il riferimento a Dio fosse nelle coscienze delle persone, non era necessario che fosse nella Costituzione. Il sistema francese tende ad assimilare, riconosce tutto ai gruppi ma non ai singoli, non riconosce nulla che sia al di fuori di sé. Il sistema italiano, come quello spagnolo, integra, tende a riconoscere sia al gruppo che al Art. 11: gli enti centrali della Chiesa Cattolica (enti assolutamente necessari per il funzionamento della Santa Sede) sono esenti da ogni ingerenza (in campo civile, penale, finanziario, tributario, economico ecc. intervento arbitrario o abusivo in fatti di pertinenza non propria) da parte dello Stato italiano. Viene dal fatto che è impossibile pensare che la Chiesa possa commettere dei reati. 07\03\2022 Art. 14: L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà del palazzo pontificio di Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e dipendenze, quali ora si trovano già in possesso della Santa Sede medesima, nonché si obbliga a cederle, parimenti in piena proprietà, effettuandone la consegna entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato, la Villa Barberini in Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e dipendenze. Per integrare la proprietà degli immobili siti nel lato nord del Colle Gianicolense appartenenti alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide e ad altri Istituti ecclesiastici e prospicienti verso i palazzi vaticani, lo Stato s’impegna a trasferire alla Santa Sede od agli enti che saranno da Essa indicati gli immobili di proprietà dello Stato o di terzi esistenti in detta zona. Gli immobili appartenenti alla detta Congregazione e ad altri Istituti e quelli da trasferire sono indicati nell’allegata Pianta. L’Italia, infine, trasferisce alla Santa Sede in piena e libera proprietà gli edifici ex-conventuali in Roma annessi alla Basilica dei Santi XII Apostoli ed alle chiese di Sant’Andrea della Valle e di San Carlo ai Catinari, con tutti gli annessi e dipendenze, e da consegnarsi liberi da occupatori entro un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato. Viene trasferita la piena e libera proprietà, libera da eventuali vincoli o condizioni, da ogni elemento che potrebbe impedirne il pieno godimento. Vediamo come nel trattato si fa attenzione a nominare e far riferimento a tutti i palazzi, e per dare ancora conferma si allega una cartina che li illustra tutti. Art. 15: “Gli immobili indicati nell’art. 13 e negli alinea primo e secondo dell’art. 14, nonché i palazzi della Datarìa, della Cancelleria, di Propaganda Fide in Piazza di Spagna, il palazzo del Sant’Offizio ed adiacenze, quello dei Convertendi (ora Congregazione per la Chiesa Orientale) in piazza Scossacavalli, il palazzo del Vicariato (Alleg. II, 6, 7, 8, 10 e 11), e gli altri edifici nei quali la Santa Sede in avvenire crederà di sistemare altri suoi Dicasteri, benché facenti parte del territorio dello Stato italiano, godranno delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri. Le stesse immunità si applicano pure nei riguardi delle altre Chiese, anche fuori di Roma, durante il tempo in cui vengano nelle medesime, senza essere aperte al pubblico, celebrate funzioni con l’intervento del Sommo Pontefice (durante queste celebrazioni si considerano caratterizzate dell’extraterritorialità, es. la polizia non può entrare). Ci sono dei palazzi che non si trovano nel perimetro dello Stato del Vaticano ma che recano un cartello in ottone dove si dichiara che entrando in quel palazzo è come se si entrasse nello Stato del Vaticano. Quindi ci sono una serie di palazzi fuori dai confini dello Stato, che però sono da considerarsi, in quanto extraterritoriali, come parte dello Stato del Vaticano, come se si entrasse in uno Stato estero. Questo è il carattere della extraterritorialità, ha a che fare con questi palazzi. Art. 16: ci introduce nella questione tributaria perché richiama tutti gli immobili nominati negli artt. precedenti, tutti questi edifici non saranno mai assoggettati a vincoli o espropriazioni a causa di pubblica utilità, se non previo accordo con la Santa Sede, altro elemento che salvaguarda la sua sovranità. L’elemento che più ci interessa è che questi palazzi saranno esenti da tributi, sia ordinari che straordinari, nei confronti sia dello Stato che di qualsiasi altro ente (es. le Regioni). Questa questione è particolarmente rilevante, questi palazzi non saranno soggetti ad alcun tipo di tassazione. Tra di essi vi è anche quello dell’Università Gregoriana, però è accaduto che nel 2012\13 il comune di Roma ha inviato all’Università Gregoriana un avviso di pagamento per assoggettarla alle tassazioni sui rifiuti per i tre/cinque anni precedenti, di diverse centinaia di euro (questa entità a causa dell’importante estensione territoriale dell’Università). Si apre un contenzioso perché l’Università Gregoriana solleva la questione riportata nell’art. 16 reclamando la sua esenzione dalle tassazioni. La Commissione Tributaria provinciale accoglie il ricorso dell’Università e rigetta la richiesta del pagamento da parte del Comune. Il Comune di Roma fa ricorso e viene dichiarato nel secondo grado che l’Università deve pagare queste tasse; questa volta l’Università fa ricorso alla Cassazione (da considerare che la materia tributaria non ammette l’applicazione per analogia). Il tributo a cui si fa riferimento è un tributo ordinario, leggendo l’art. 16 viene detto esplicitamente che l’Università è coinvolta nell’esenzione ai tributi, per questo ci viene da dire che l’Università si trova nel giusto, eppure la Cassazione accoglie il ricorso del Comune di Roma. Cerchiamo di capire il perché: sulla base di due motivi, uno di carattere formale e uno di carattere sostanziale. Partendo da quello sostanziale, per i giudici l’Università deve procedere con il pagamento delle tasse sui rifiuti perché essa stessa, svolgendo la sua attività, produce rifiuti quindi, da un punto di vista oggettivo, dovrebbe pagare; ma questo non sarebbe sufficiente a superare anche formalmente l’art. 16. Si supera l’art. 16 considerando che la disposizione nell’art. ha un valore esclusivamente programmatico, ergo siccome la disposizione non è stata riportata con una legge all’interno del nostro Stato allora non può avere applicazione diretta nel nostro ordinamento. I giudici della Corte di Cassazione non hanno affermato l’impossibilità per l’Università Gregoriana di beneficiare dell’esenzione, ma hanno detto che possono beneficiarne solo quando vi è una disposizione che lo prevede. Questo vuol dire che il rapporto tra Stato e Chiesa cattolica va rivisto, almeno dal punto di vista tributario, non esiste una normativa che tenga conto in maniera espressa e formale delle questioni relative agli enti ecclesiastici; il risultato è anche una certa precarietà dal punto di vista di quelle che sono le garanzie e procedure dei responsabili di questi enti, ci sono alcune responsabilità che ricadrebbero direttamente sui responsabili degli enti, infatti, per esempio, la tassa comunale sui rifiuti è stata pagata infine dalla Chiesa gregoriana e non dallo Stato Vaticano. In questi casi la responsabilità ricadrebbe sui singoli enti, ecco perché c’è bisogno dal punto di vista tributario di una nuova regolamentazione. Un altro problema è la regolamentazione di attività diverse all’interno di questi spazi, per es. se all’interno degli edifici di culto vengono svolte altre attività non di culto, come nell’Università Gregoriana si svolgeva un’attività didattica, i profitti di queste attività ulteriori sono soggetti a tassazione o no? Quei proventi delle attività ulteriori, svolte in modo non occasionale, devono essere assoggettati a tassazione, non si può invocare un regime di specialità perché si tratta di attività diverse. Ovviamente siccome si tratta di attività svolte dagli enti ecclesiastici, i quali non sono considerati enti commerciali dal punto di vista tributario, a loro si applica un’ aliquota ires (?) ridotta al 50%, che si giustifica perché in ogni caso queste attività vengono svolte in un contesto in cui questi enti vengono qualificati come enti che non hanno come fine ultimo ed esclusivo quello dello svolgimento di attività lucrative ma hanno delle proprie finalità istituzionali. I proventi devono essere utilizzati per finanziare il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali, la normativa chiede che ci siano due tipi di contabilità, una che riporti in maniera esclusiva le attività commerciali, e una che riporti in maniera esclusiva le attività istituzionali. Quindi bisogna separare le contabilità, in modo che l’amministrazione finanziaria possa verificare con immediatezza se questi proventi dell’attività diversa siano stati utilizzati per fini diversi da quelli delle finalità istituzionali. Cosa accade se non c’è questa distinzione oppure se c’è stato una ripartizione diretta o indiretta dei proventi tra gli enti? L’ente non viene considerato più come ente ecclesiastico ma viene considerato come una società ordinaria, assoggettato quindi alla disciplina della società, dall’anno in cui perde la qualifica di ente ecclesiastico. L’onere della prova spetta sempre all’amministrazione finanziaria, che deve provare che questi fondi sono stati utilizzati non per necessità istituzionali ma per altro. SEMINARIO 11/03/2022: La storia della cristianità Il cristianesimo ha un impatto sul diritto, orientato verso un diritto naturale. Secondo i libri di storia e di filosofia, la Chiesa ha compiuto una quantità enorme di schifezze, ma le cose stanno davvero così? Noi siamo figli di 2 secoli di una storia fortemente influenzata da positivismo e Marx, nonché dal nichilismo. Leggendo i totalitarismi, la storia del passato rimane molto viva. Mussolini scrive nel 1904 che Dio non esiste, perché l’uomo medievale era pieno di superstizione per colpa della Chiesa. Il pensiero scientifico cancellerà il cristianesimo dalla faccia della Terra. La modernità e il progresso cancelleranno secoli di ingiustizia. Hitler riteneva ebraismo e cristianesimo portatori di intolleranza e inciviltà, perché il cristianesimo ha sempre lottato contro il progresso. L’Italia di primo Novecento è divisa tra Filippo Tommaso Marinetti e una sinistra estremamente materialista. La componente cristiana era minore. Noi siamo abituati a un’esaltazione del pensiero antico, dopodiché la storiografia parla degli anni successivi, quelli del Medioevo, come un lungo periodo buio. Partiamo da Platone, nella Repubblica dà una visione tipica del mondo greco, parla tranquillamente di eugenetica (bambini disabili di cui liberarsi). Nel mondo antico, il bambino non è un soggetto di diritto, il pater familias romano ha potere di vita e di morte su quello. L’abbandono di bambini non voluti era molto frequente e finivano per divenire schiavi. Il bambino non ha alcuna dignità, accade ancora oggi nel mondo cinese e indiano (sterminio di bambine). Con il cristianesimo, il bambino viene riconsiderato: i primi cristiani ribadiscono il fatto che i bambini non vanno abbandonati o resi schiavi. Il cristianesimo ha cambiato completamente la concezione del bambino. L’orfanotrofio è creazione cristiana. Il nazionalsocialismo guardava con favore a Sparta e proponeva l’eutanasia contro disabili e bambini deboli. Eichmann e altri avevano partecipato a quel programma di eliminazione e serviva a cancellare secoli di tradizione giudaico-cristiano per cui non si può uccidere, le mele marce vanno eliminate e il cristianesimo li protegge perché è la religione dei poveri. Mancava il concetto di amore verso gli infermi. La figura della Madonna cambia totalmente la concezione di donna. Santa Fabiola fonda il primo ospedale occidentale, appartiene alla gens Fabia, ha avuto matrimoni sfortunati alle spalle e si trova ad ereditare i beni del padre. Le donne erano figure deboli nella storia romana, che subivano il ripudio e tradimento. Con il cristianesimo, la concezione cambia (sia donna che uomo ricevono stessi sacramenti). La fede deve farsi cultura, la storia che ci viene insegnata risente di un certo tipo di pensiero. 14\03\2022 Art. 17: Le retribuzioni, di qualsiasi natura, dovute dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, anche non stabili, saranno nel territorio italiano esenti, a decorrere dal 1° gennaio 1929, da qualsiasi tributo tanto verso lo Stato quanto verso ogni altro ente. Art. 18: I tesori d’arte e di scienza esistenti nella Città del Vaticano e nel Palazzo Lateranense rimarranno visibili agli studiosi ed ai visitatori, pur essendo riservata alla Santa Sede piena libertà di regolare l’accesso del pubblico. Di questi fanno parte ad es. i Musei Vaticani. Art. 19: I diplomatici e gli inviati della Santa Sede, i diplomatici e gli inviati dei Governi esteri presso la Santa Sede e i dignitari della Chiesa provenienti dall’estero diretti alla Città del Vaticano e muniti di passaporti degli Stati di provenienza, vistati dai rappresentanti pontifici all’estero, potranno senz’altra formalità fino al momento in cui riuscirà a soddisfare le aspettative e le domande del mercato, la clientela, esattamente come una società di capitali nel mercato economico. Anche i fini sono differenti, quello dell’attività commerciale è di distribuire l’utile tra i soci invece, quando si parla di associazioni che operano nel mercato sociale, la finalità è la distribuzione di servizi per aiutare persone in difficoltà. L’economia sociale si è affermata molto durante il periodo pandemico, l’economia sociale sostiene e aiuta le strutture pubbliche che in quel momento versavano in situazioni difficili, di grave carenza dal punto di vista del personale. L’economia sociale ha necessariamente un’organizzazione imprenditoriale, ci troviamo di fronte a operatori che ormai gestiscono questi soggetti di terzo settore come se fossero delle imprese vere e proprie, con la stessa logica. Questi enti possono ricevere dei finanziamenti pubblici ma non possono fare unicamente affidamento su questi altrimenti, nel momento in cui vengono meno, verrà meno anche la stessa associazione. L’ente no profit, pur dovendo operare come qualsiasi imprenditore, ha divieto di distribuzione degli utili; è necessaria una chiarezza di fondo per fare in modo che sia verificata la destinazione totale ed esclusiva dei proventi ottenuti verso tutte quelle che sono le finalità istituzionali. Un ente no profit di terzo settore potrebbe sempre decidere di diventare un ente commerciale for profit per poi usare i profitti a favore della finalità sociale e solidaristica, delle attività istituzionali o per l’acquisto di beni di carattere strumentale (es. un’ambulanza, apparecchiatura medica, nuovo personale ecc.). La mancanza di distribuzione degli utili si riesce a dimostrare, prima di tutto attraverso un passaggio economico finanziario, e con le scritture contabili. Alla fine degli anni ‘90 il legislatore aveva dato vita a tante normative speciali per ogni singolo ente del terzo settore, non c’era una normativa completa e unitaria. Il Codice del Terzo Settore (decreto legislativo 117\2017) è la raccolta organizzata delle norme che riguardano il terzo settore, è composta da sezioni ognuna dedicata alle varie associazioni, quelle di volontariato, di promozione sociale ecc. In realtà neanche questa è una soluzione, nonostante siano state eliminate le varie normative di riferimento sopravvivono le specialità, le diversità tra le varie sezioni, non esiste ancora una figura unitaria di terzo settore. Da questo potrebbe nascere un conflitto tra le varie sezioni. Anche la presenza di un codice ad oggi non sarebbe più idonea, il concetto di codice è nato in una realtà immobile, tra la fine dell’ 800 e l’inizio del 900. Negli ultimi 30 anni ci sono stati però mutamenti radicali, quindi un codice oggi è una scelta superata e questo è evidente soprattutto dal fatto che il Codice del Terzo Settore, dal 2017, è stato riformato 5 volte. Un codice non riesce a gestire le odierne e repentine modifiche sociali ed economiche ma sappiamo che il diritto segue inevitabilmente i mutamenti quindi questa continua rincorsa è dovuta semplicemente ad un legislatore che non riesce a cogliere quella che è la visione complessiva del fenomeno che va a regolamentare e gli obbiettivi che si vogliono raggiungere, le numerose modifiche che si susseguono e gli inutili interventi parziali sono un’espressione di questa disattenzione. I nuovi codici di oggi (es. Codice del Terzo Settore o Codice Tributario) non possono stare al passo con i rapidi sviluppi di questi settori. SEMINARIO 04\04\2022: Circolazione di beni culturali L’argomento assume importanza sia per l’arte antica sia per l’arte moderna. Il mercato dell’arte ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni e questo implica delle problematiche giuridiche (problemi di autenticità, problemi fiscali e tributari). L’opera d’arte, secondo l’accezione più comune, è un prodotto realizzato mediante l’applicazione di idee, pensieri e tecniche per finalità artistiche, possono essere qualificate in molti modi, di tipo materiale (visive, figurative, quadri, sculture) o di natura immateriale (rappresentazioni teatrali, balletti, opere performative che possono essere riprodotte dall’artista innumerevoli volte). Bene culturale all’art. 2 del Codice dei Beni culturali: cose mobili o immobili che presentano un interesse storico, artistico, archeologico ecc. Classificazione degli artisti: 2 macro-aree cioè quella degli autori (scrittori, cantanti e musicisti) e maestri d’arte (pittori, scultori e artisti in genere), la differenza è dettata anche dalle caratteristiche dell’opera d’arte che essi realizzano. Quelle degli autori sono riproducibili illimitatamente mentre quelle dei maestri d’arte sono realizzate direttamente dall’artista in via personale e sono tendenzialmente uniche, non ci sono repliche esattamente sovrapponibili. Le forme contrattuali usate per la circolazione di opere d’arte a seconda dell’artista: per gli autori contratto di licenza con cui si cedono diritto patrimoniali per un determinato periodo di tempo mentre per i maestri c’è un range più ampio di possibilità contrattuali come contratto di committenza, contratto in conto deposito e contratto di compravendita (il più importante, la forma più utilizzata per il trasferimento e la circolazione di opere d’arte). L’art. 109 sulla legge sul diritto d’autore (legge 633\1941) prevede che in caso di compravendita di un’opera di un autore non si cedono direttamente anche i diritti riguardanti la stessa e dunque, in caso di riproduzione, ci si riferisce a all’artista e non all’acquirente dell’opera. L’opera d’arte, quella del maestro d’arte, è unica quindi l’autenticità dell’opera assume un profilo assolutamente prevalente e permette alla stessa di assumere un valore. Autenticità nella concezione comune significa verità, è autentico ciò che proviene dall’autore che l’ha realizzata, è il concetto che garantisce il vincolo materiale dell’opera col proprio autore, viene attestata da un certificato di autenticità. La normativa prevede che chiunque opera nel settore dell’arte è obbligato a consegnare all’acquirente la documentazione che attesta l’autenticità dell’opera, nell’ipotesi in cui questa documentazione non sia disponibile l’intermediario dovrà consegnare una sua dichiarazione in cui attesta l’autenticità dell’opera stessa, solitamente accompagnata da una foto, apposta sul retro di questa. L’indagine dell’autenticità di un’opera è più complicata di quello che può sembrare, corrisponde alla verifica di un accadimento storico passato, non segue criteri rigorosamente scientifici e procedure standardizzate, le modalità sono affidate alle scelte del soggetto a cui è affidata l’indagine di autenticità, sono affidate all’esperto d’arte che se ne occupa (le sue valutazioni sono basate su dati controvertibili, un altro critico potrebbe pensarla in modo diverso). Oltre alla verifica della provenienza il criterio fondamentale è l’occhio dell’esperto: valutazione soggettiva e personale che l’esperto effettua sull’opera, nessuna indagine di tipo scientifico. Si tratta di un parere che è connaturato all’incertezza di una soggettiva valutazione dell’esperto. Il parere dell’esperto non potrà ma essere oggetto di coercizione perché tutelato dall’art. 21 Costituzione, è considerato come l’espressione di un pensiero soggettivo e personale. Quindi autenticità: convinzione di autenticità che ha l’esperto in un particolare periodo storico, questo potrà anche rivalutare più in là il suo pensiero. Il potere di autenticazione è un potere diffuso che compete all’artista, agli esperti d’arte e agli intermediari dell’opera d’arte e ai soggetti previsti dall’art. 23 della legge sui diritti d’autore: ascendenti, discendenti e fratelli e sorelle successivamente al decesso dell’artista. Il parere di queste persone ha lo stesso valore, non esiste una gerarchia per cui ciò che viene detto da una determinata persona può far prova in tribunale. L’autorevolezza del soggetto che esprime il parere sull’opera d’arte garantisce attendibilità al parere stesso, esistono dei soggetti di riferimento per ogni singolo autore a cui gli operatori dell’arte si rivolgono per avere la garanzia di un parere il più possibile autorevole. C’è una contrapposizione tra prassi di mercato e lacune del nostro ordinamento giuridico, ne consegue un effetto: gli effetti della vendita non potranno mai dirsi cristallizzati, se un nuovo esperto di riferimento esprimerà un parere diverso e contrastante rispetto a quello che è stata espresso al momento della compravendita la transazione potrà essere impugnata e l’acquirente potrà chiedere annullamento della compravendita per errore essenziale sulle qualità della cosa (anche a distanza di 20\30 anni). Questo comporta la restituzione dell’opera a fronte della restituzione del prezzo. Questo si contrappone all’esigenza di certezza del diritto e di stabilità delle situazioni giuridiche. Va individuata una soluzione alternativa che garantisca definitività agli effetti del negozio giuridico. Si può quindi pensare di poter individuare una vendita di un’opera d’arte poi risultata non autentica non come vizio del consenso del contraente che credeva giustamente di stare comprando un’opera autentica e ha versato il prezzo corrispondente del bene ma come aliud pro alio : non è vizio del consenso ma risoluzione del contratto per inadempimento, ho versato un prezzo ma non ho ottenuto il bene che avevamo pattuito, prescrizione decennale, decorsi dieci anni la transazione potrà definirsi definitiva. Occorre necessariamente una regolamentazione positiva delle transazioni e delle modalità di regolamentazione delle transazioni al fine di individuare tale soluzione come unica possibile al fine di indicare il decennio come termine entro il quale le transazioni non potranno più essere messe in discussione. Si dà definitività alle situazioni giuridiche soggettive. L’annullamento del primo di tanti trasferimenti avrebbe conseguenze anche sui successivi passaggi dell’opera. Queste incertezza e transitorietà devono essere superate. All’estero si può dire che c’è l’assenza di una disciplina organica organizzata anche a livello internazionale, queste disomogeneità pongono barriere alle transazioni di natura internazionale. All’estero ci sono dei termini prescrizionali dimezzati rispetto a quelli italiani. Per ipotizzare una circolazione internazionale occorre verificare in che modo è concepito il parere dell’esperto anche all’estero. Su questo punto c’è una simmetria sia col sistema giuridico francese che con quello americano. Il parere dell’esperto è sempre considerata un’opinione personale che è tutelata a livello costituzionale come accade nell’ordinamento italiano (è considerato un’obbligazione di mezzi in Francia, che implica una diligenza nell’effettuazione dell’indagine ma non un risultato certo). Secondo importanti sentenze delle corti americane l’attività dell’esperto non segue standard oggettivi, è rimessa all’esperto la valutazione delle modalità e dei criteri da utilizzare per giungere a un’attribuzione o meno dell’autenticità all’opera. Sia nella common law che nella civil law quindi questa materia è regolata circa nello stesso modo. Vanno contrastate le bad practice da cui deve necessariamente derivare una responsabilità del soggetto agente, contrattuale o extracontrattuale. Le procedure dovranno essere condivise da tutti gli operatori del settore. Negli USA questa problematica ha determinato alcune importanti fondazioni a sospendere le proprie valutazioni di autenticità, perché i costi di risarcimento superava i rischi che la Fondazione voleva assumersi. L’esperto non vuole pronunciarsi per tutelare il proprio artista: un famoso storico dell’arte di New York ha proposto istanza per deresponsabilizzare critici d’arte. Tassazione del reddito prodotto dalla compravendita di opere d’arte: non è prevista una normativa specifica, si fa riferimento al Testo Unico delle Imposte di Reddito. Ciò che si rileva è la condotta del soggetto agente, del venditore che esercita professionalmente e abitualmente questa attività, anche se non in forma di attività d’impresa, che sarà soggetto a tassazione come un imprenditore. Se chi vende è considerato uno speculatore occasionale invece il reddito prodotto dalle opere d’arte viene ricompreso nei redditi diversi. Nell’ipotesi in cui la vendita sia stata effettuata da un collezionista privata, sarà un’operazione esente e non sarà soggetta a tassazione. Questa ha aperto un piccolo spazio usato talvolta anche in maniera illegittima. Per quanto riguarda dazio doganale, no dazio nell’ambito UE, se extraeuropeo imposta indiretta doganale che in Italia è 10%, mentre in altri Paesi europei più bassi (Inghilterra 5%, Germania 7%). Si auspica armonizzazione perché agevola determinati Paesi. Ci sono vari modi di attribuire autenticità ad un’opera: talvolta è presente una firma, nell’arte antica però, gli autori non firmavano, la firma l’opera stessa, il conoscitore sapeva che l’opera era di quell’artista, altre volta una data (nell’arte moderna si dà molta importanza al periodo in cui queste è stata realizzata e non solo al nome di chi l’ha fatto) o una caratteristica che permetta di riconoscere a chi appartiene o quando è stata realizzata come un certo stile di pennellate o determinati tipi di colori ecc. 11\04\2022 Artt. 7 e 8 della Costituzione: luogo dove vengono composti i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica. Sono collocati tra i principi fondamentali immodificabili. Art. 7: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. La sovranità è un elemento richiamato in tutti i documenti, si delle politiche sociali ma spesso è lento e appesantito, ha carenza di risorse; questi settori che dovrebbero essere interessati dall’intervento statale vengono meglio gestiti dal terzo settore, dal privato sociale (es. problemi legati all’immigrazione, alle dipendenze, alla violenza ecc.). Gli enti del terzo settore gestiscono meglio queste situazioni perché sono ben radicati nel territorio e hanno un modo di agire più snello e più veloce (alleggerito da formalità burocratiche). Nel 2017 il legislatore interviene e emana una serie di decreti legislativi che si pongono in attuazione della legge delega 106 del 2016. Il più importante è il d.lgs. 117\2017, ovvero il Codice del Terzo settore, con l’obiettivo di unificare tutte le normative all’interno di un unico Codice. Sentenza 52 del 2022 della Corte Costituzionale: dice che il Codice dà uniformità ma non omologazione, si fanno sopravvivere le varie differenze all’interno del Codice. Negli anni successivi vengono emanati già dei decreti correttivi e integrativi di questo Codice + una serie di decreti che hanno dato attuazione agli articoli del Codice stesso. È una riforma non ancora del tutto attuata, per tutta la parte che riguarda le agevolazioni fiscali e tributarie si sta ancora aspettando l’approvazione della Commissione europea, sono passati diversi anni e non è ancora arrivata. Ci possono essere degli utili ma questi vanno reinvestiti nell’ente stesso, per incrementare e potenziare le proprie attività istituzionali, non può dividere gli utili tra soci e fondatori. Deve svolgere in via prevalente attività d’interesse generale (come attività istituzionale e principale, attività civiche e solidaristiche che sono indicate all’interno del Codice stesso, ci sono moltissime tipologie (26)) all’art. 5 del Codice e deve svolgerle con modalità non commerciale, gli eventuali corrispettivi non devono superare i costi effettivi (art. 79). Come fa l’ente a sopravvivere? A volte attraverso donazioni, finanziamenti oppure ai sensi dell’art.6 può svolgere anche attività diverse che sono attività commerciali per avere una fonte di entrata, devono essere però secondarie (i ricavi non devono superare il 30% delle entrate complessive o al 66% dei costi complessivi, se non rispetta questi limiti l’organo che si occupa del bilancio deve fare una dichiarazione all’ufficio del registro unico nazionale territorialmente competente e entro un anno l’ente deve rientrare nelle percentuali giuste altrimenti esce dalla qualifica di ente del terzo settore, con cancellazione dal registro degli enti del terzo settore, o diventa ente for profit) e strumentali e avere un minimo di connessione con l’attività principale. Queste attività commerciali secondarie hanno una tassazione agevolata, che si calcola in percentuale sui ricavi, e inoltre si riduce anche l’aliquota IRES del 12%. Presenti anche agevolazioni fiscali, esenzione anche dall’IMU, direttamente per gli enti. Dall’altro lato ci sono una serie di agevolazioni per chi investe, persona fisica o giuridica, a livello IRPEF o IRES, detrazioni su queste tassazioni per chi fa donazioni in denaro o in natura su ETS. ETS grazie a questa riforma comincia a trovarsi in una prospettiva nuova perché inizia a trovarsi in una situazione nella quale necessita di avere una mentalità economica, si deve far conoscere bene sul mercato, con pubblicità e marketing sociale, strumenti che spesso scarseggiano negli ETS più piccoli. L’ente ecclesiastico all’interno di queste riforma come si inserisce? L’ente ecclesiastico può diventare ente del terzo settore, perché si rispecchia in queste attività tipiche degli ETS. L’ente ecclesiastico deve costituire una sorta di ramo, ramo ETS, in questo ramo autonomo si applicano tutte le disposizioni dell’ETS appena viste, ovviamente non è obbligatorio ma ne ha la facoltà. Per costituirlo: bisogna porre in essere un regolamento in forma di atto pubblico dove vengono recepite le disposizioni del Codice del Terzo Settore, costituire un patrimonio destinato svincolato dal patrimonio dell’ente, questo patrimonio lo utilizzerà per finanziare l’attività che vuole porre in essere, e infine deve tenere separate le scritture contabili. È importante sia la separazione del patrimonio sia delle scritture contabili (questa seconda era già richiesta dall’art. 144 comma 2 TUIR), questo per tutelare i creditori dell’ente, fare in modo che le attività dell’ente nell’esercizio del culto sia separata dall’attività del terzo settore posta in essere dall’ente ecclesiastico. Per costituire il ramo è necessaria l’autorizzazione canonica in quanto operazione di straordinaria amministrazione. 10\05\2022 Zurich Insurance Group, leader nel settore assicurativo.