Scarica Appunti Diritto Ecclesiastico e più Appunti in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! Capitolo 1 Un credo religioso: -> fornisce risposte sul destino ultimo delle persone che contengono non solo dottrine ma anche precetti morali e regole di comportamento che influenzano l’agire del credente sia nella sfera privata che in quella pubblica -> non è mai una credenza isolata, ma tende a espandersi e coinvolgere più persone che si aggregano L’ordinamento religioso è un ordinamento originale e primario, fondato su fonti indipendenti da quelle di qualsiasi istituzione secolare, in quanto discendenti da una volontà divina rivelata o da un disegno soterologico immanente alla realtà. Mentre l’ordinamento civile, per conciliare le diverse opinioni, adotta compromessi che non corrispondono sempre alle convinzioni delle persone e potrebbe essere percepito da alcuni come un vincolo formale, invece le regole dell’ordinamento religioso, in quanto derivate e coerenti con la dottrina di fede, sono pienamente condivise dai credenti. Gli Stati e le religioni possono reagire diversamente ai conflitti: - Lo Stato può applicare il principio di separazione tra ordine spirituale e temporale, riconoscendo solo l’autorità politica come unica competente a regolare la vita sociale e solo il diritto statale come unico diritto valido e vigente - In altri casi si può registrare sia da parte degli ordinamenti religiosi che da parte degli Stati una tendenza all’adattamento: i primi per opportunità politica o perché corrispondenti ai propri principi ispiratori; i secondi perché non si ritengono competenti a disciplinare determinate materie o, anche se competenti, derogano al diritto comune per permettere alle diverse fedi religiose di potersi espletare. Tali adattamenti possono essere disposti -> in forma unilaterale con leggi dello Stato -> con specifica contrattazione bilaterale con le confessioni religiose -> in base al rapporto privilegiato assunto dallo Stato con determinate confessioni religiose per ragioni storiche, culturali o politico sociali che sono legate a una particolare nazione -> in assenza di cambiamenti o integrazioni del sistema normativo con una tolleranza di situazioni di fatto che non sono pienamente conformi all’ordinamento civile Per armonizzare le diverse istanze si può fare ricorso a vari principi: > principio di sussidiarietà: impone di riconoscere la priorità nell’essere e nell’agire in capo alla persona rispetto rispetto al corpo sociale, con conseguente arretramento dei poteri pubblici rispetto alle libertà degli individui e delle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità > principio di non ingerenza dello Stato nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ordine spirituale Lo Stato democratico, che tende a individuare valori condivisi per realizzare un progetto di comune convivenza per il bene comunitario, si distingue dallo: -> Stato etico, che impone ai consociati la propria visione dei beni -> Stato neutrale, che prescinde dalla considerazione del bene comune, secondo la logica del relativismo culturale Multiculturalismo: coacervo disaggregato di culture Intercultura: individua i valori che sono punti d’incontro tra le diverse culture e sono a fondamento della coesistenza e della cooperazione sociale b) la Riforma protestante= Lutero elabora lai tesi della distinzione tra due regni: - il regno spirituale, in cui è affermato il sacerdozio universale di tutti i fedeli, per cui nel regno spirituale non può ingerire la Chiesa, in quanto consiste nella relazione intima tra Dio e il credente - il regno temporale, dove il potere correttivo e coercitivo verso i peccati umani spetta alle autorità politica temporale, investita da Dio del compito di garantire l’ordine, anche nelle comunità religiose La riforma protestante divise gli Stati sovrani tra: - chi rifiutò la Chiesa cattolica -> In Inghilterra Re Enrico VIII con l’Act of Supremacy dichiara il sovrano inglese come unico Capo Supremo della Anglicana Ecclesia, ossia della Chiesa del Regno di Inghilterra - chi dichiarò la fedeltà alla chiesa cattolica, dando vita al giurisdizionalismo= sistema di relazioni tra la religione e l’autorità politica in cui l’organizzazione locale dell’esperienza religiosa è subordinata al potere del sovrano territoriale -> in Francia prende vita il Gallicanesimo -> in Spagna prende vita il Regalismo, in cui vi è un predominio dei poteri regali sulla Chiesa -> in Germania prende vita il Territorialismo= il regno è strutturato come uno stato federale in cui sovrani dei vari principati esercitano tutti i poteri pubblici, compresi quelli in materia religiosa -> in Austria prende vita il Giuseppinismo= sistema di forte ingerenza e controllo sulla vita interna alla Chiesa Tali regimi di giurisdizionalismo presentano dei caratteri comuni, quali l’attribuzione al sovrano degli iura maiestatica, ossia dei poteri di governo in materia ecclesiastica che si dividono in: - poteri diretti a proteggere l’integrità e unità dottrinale o disciplinare della Chiesa: a] ius protectionis: potere di difesa della dottrina di fede vietando eresie, apostasie o scismi b] ius reformandi: potere di modificare l’organizzazione interna della Chiesa c] ius inspiciendi: potere generale di vigilanza sulle istituzioni ecclesiastiche e sull’amministrazione interna - poteri diretti a preservare l’interesse dello Stato dalle ingerenze della Chiesa: A] ius cavendi: controllo preventivo sugli atti emanati dalle autorità ecclesiastiche B] ius nominandi: potere di intervenire nelle nomine dei funzionari ecclesiastici C] ius domini eminentis: diritto di proprietà eminente su tutto il territorio del regno D] ius appellationis: potere di procedere contro gli atti dell’autorità ecclesiastica ritenuti abusivi Seguirono le guerre di religione tra i sovrani che aderirono a confessioni diverse e che vedevano nella diffusione di altre fedi un attacco alle proprie convinzioni e una minaccia politica. 1555 -> Pace di Augusta -> pace tra il sovrano di Germania e i vari principati, riconoscendo a ciascun sovrano il diritto a scegliere tra religione cattolica e protestante, ma tale libertà non è riconosciuta anche ai sudditi, ai quali è riconosciuto solo lo ius migrandi, cioè di emigrare se non aderiscono al culto ufficiale di stato 1648 -> Pace di Westfalia-> pone fine alla guerra dei 30 anni e afferma il diritto dei sovrani di dettare la religione ufficiale di un territorio, senza subire ingerenze dagli altri Stati, tra la confessione cattolica, protestante e calvinista.è previsto un regime di tolleranza per sudditi che seguono confessione diversa da quella ufficiale ma deve essere necessariamente cattolica, calvinista o protestante XVII-XVIII Secolo -> la libertà di religione è rivendicata come bene umano universale, diritto fondamentale dell’individuo che deve essere rispettato dai poteri sovrani dello Stato e deve essere garantito in modo eguale per tutti. Razionalismo e Costituzionalismo Liberale -> poteri dello Stato non derivano da una autorità superiore religiosa, ma trovano autonoma legittimazione nella sovranità popolare -> il governo temporale è indipendente dall’ordine spirituale ed è esente da qualsiasi principio o norma di matrice religiosa -> a ciascun individuo deve essere garantita la libertà religiosa in situazione di parità e non discriminazione -> Lo Stato resta indifferente rispetto alle scelte religiose dell’individuo e non si qualifica in alcun modo in senso confessionale -> le diverse confessioni religiose sono spogliate di qualsiasi ruolo istituzionale e funzione pubblica, e sono considerate alla stregua di associazioni private, assoggettate alle norme comuni della libertà religiosa Tale sistema separatista è affermato sopratutto dalle due principali rivoluzioni del XVIII Secolo: a) Rivoluzione americana: mentre prima le colonie praticava ciascuna una confessione diversa e la costituzione la regolamentava in modi differenti 1776 -> Dichiarazione di Indipendenza -> sono proclamati i principi di eguaglianza e di titolarità dei diritti inalienabili naturali, ma comunque rimane l’ispirazione religiosa dell’ordinamento Con la confederazione degli USA è preferito, a livello federale, il sistema di separazione per non privilegiare un determinato culto religioso, ma comunque rimane un atteggiamento di favore nei confronti della religione: - la religione non è rilegata a fenomeno privato, ma ha un ruolo ufficiale di rilevanza pubblica - è applicato in modo esteso il principio di sussidiarietà, che riconosce all’autonomia privata ampi spazi di gestione dei servizi di pubblico interesse in numerosi ambiti sociali b) Rivoluzione francese= la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) è ispirata al separatismo liberale, ed essa afferma il principio di uguaglianza e il diritto di libertà religiosa. Dopo Dichiarazione, sono adottate misure repressive verso la Chiesa cattolica: -> provvedimenti diretti a incamerare i patrimoni ecclesiastici per finanziare casse dello Stato -> provvedimenti per la soppressione degli ordini religiosi di natura contemplativa -> disposizioni dirette a reprimere l’autonomia delle istituzioni ecclesiastiche -> i funzionari ecclesiastici dovevano prestare giuramento di fedeltà alla nazione e alla costituzione e, in caso di rifiuto, sono deposti e perseguiti se oppongono resistenza (pena capitale nel periodo del terrore) 1795 -> governo del Direttorio pone fine al regime del terrore e ripristina la libertà religiosa 1801 -> concordato tra Napoleone e papa Pio VII -> primo atto bilaterale consensuale che riveste la forma del patto di diritto internazionale tra le due autorità sovrane di due diversi ordinamenti per regolare questioni di interesse comuni -> Allo Stato sono riconosciuti gli iura maiestatica circa sacra -> Al papato sono riconosciuti vari benefici L’espansione del dominio napoleonico esporta i principi di separatismo liberale e lo strumento del concordato: - nei Paesi in cui è restaurata la religione cattolica come religione ufficiale si estende il pieno godimento dei diritti civili e politici agli appartenenti ad altre confessioni religiose, adottando strumenti di ispirazione giurisdizionalistica, espressione di un potere statale agnostico o indifferente alla fede religiosa. -nei Paesi in cui sono dominanti le religioni cristiane protestanti il separatismo si esprime con l’estensione della libertà di culto alle confessioni religiose diverse da quella ufficiale In epoca moderna il concordato serve a regolare lo statuto e la libertà di azione della comunità ecclesiale nell’ambito della società civile, in rapporto ad alcune materie ritenute di interesse comune. Gli accordi più significativi in Europa della prima metà del XX Secolo furono quelli intercorsi tra i regimi totalitari e la Chiesa cattolica, i quali consideravano la religione uno strumento per poter governare al meglio. In tutti i concordati è riservata alla Chiesa cattolica un trattamento privilegiato, attraverso la previsione di strumenti di sostegno e collaborazione tra lo Stato e la Chiesa attraverso istituti di nuova regolamentazione. Ai concordati si accompagnava una legislazione unilaterale del regime, sia civile che penale, che rafforza la posizione di favore della religione cattolica, costituendo una situazione discriminatoria verso le altre confessioni religiose.Dalla seconda metà del XX Secolo fu necessario rivedere gli accordi stipulati per adeguarli ai nuovi principi di libertà religiosa ed equidistanza dello Stato dalle confessioni religiose Capitolo 3 Nei Paesi europei si possono distinguere 3 principi fondamentali: 1) Principio di salvaguardia della libertà di coscienza e di religione= comporta il rispetto del diritto dell’individuo di aderire o meno a una confessione religiosa, senza che lo Stato possa porre alcuna discriminazione nel godimento dei diritti civili e politici delle persone in base alla propria religione 2) Principio dell’incompetenza dello Stato in merito ai contenuti di fede e agli affari interni delle confessioni religiose= lo Stato deve assumere atteggiamenti di imparzialità ed equidistanza di fronte alle religioni 3) Principio di cooperazione con le religioni quali formazioni sociali in cui si svolge la personalità degli individui e al fine di promuovere la realizzazione delle esigenze spirituali della popolazione Tutti i sistemi giuridici adottati negli Stati europei sono di carattere “misto”, in quanto adottano prevalentemente soluzioni di compromesso tra l’orientamento assimilazionista o quello multireligioso, a seconda della questione trattata e dell’obiettivo prevalente da raggiungere > Sistemi unionisti teocratici: viene meno il principio di distinzione degli ordini, in quanto l’autorità di vertice della Chiesa è anche a capo del governo dello Stato. (ex. Stato della Città del Vaticano e Principato di Andorra) res mixtae > Sistemi delle Chiese di Stato: sistemi che prevedono una religione dominante, la Chiesa nazionale, che ha un’organizzazione pubblica dipendente dalle istituzioni di governo dello Stato. Gli organi di vertice del governo sono formalmente ai vertici anche della Chiesa nazionale. Vi è una differenza di trattamento tra la religione nazionale, strutturata in forme pubbliche con uno statuto giuridico privilegiato, e gli altri culti, considerati come associazioni private. L’organizzazione della Chiesa nazionale è soggetta tuttavia a controlli e ingerenze da parte dei poteri di governo statuali Ex Inghilterra -> il capo della Chiesa di Inghilterra è il monarca, che deve essere di religione protestante e sposato a un non cattolico. ->Il diritto della Chiesa d’Inghilterra è parte integrante del diritto civile: le norme stabilite dal Sinodo generale, una volta approvate dal Parlamento e dal re, hanno lo stesso valore di una legge parlamentare -> il capo di stato nomina i vescovi e gli arcivescovi che devono prestare giuramento di fedeltà al re e non possono dimettersi senza l’autorizzazione del re -> i culti diversi da quello anglicano sono regolati come associazioni private Ex Paesi del Nord come -> la Danimarca -> la Finlandia, che presenta due Chiese di Stato, la Chiesa evangelica luterana e la Chiesa greco ortodossa Ex Islanda -> Chiesa evangelica luterana ha un proprio statuto di diritto pubblico > Sistemi giurisdizionalisti confessionisti: è attribuita una posizione predominante a una determinata confessione religiosa, considerata come religione di Stato, ma l’organizzazione confessionale mantiene una propria autonomia e non dipende dall’apparato di governo Ex Grecia -> la Chiesa Greca Ortodossa ha personalità giuridica di diritto pubblico mentre gli altri culti sono regolati in modo diverso: mentre le comunità ebraiche hanno uno status di ente di diritto pubblico ,gli altri culti sono liberi ma trattati come associazioni private, e per i musulmani della Tracia è riservato un trattamento restrittivo della loro autonomia > Sistemi giurisdizionalisti non confessionisti: non eleggono alcuna confessione a religione di Stato e subordinano l’organizzazione religiosa alla normativa e ai controlli dello Stato, limitandone l’autonomia Ex Svizzera -> la disciplina dei rapporti religiosi è data da una serie di leggi unilaterali dello Stato. Le confessioni religione sono dotate di personalità giuridica di diritto pubblico e godono di finanziamenti. Ex Turchia -> ordinamento giuridico prevede controlli e restrizioni per quei gruppi o associazioni che si propongano come finalità quella di fondare l’ordine sociale su regole religiose. Le confessioni religiose per svolgere la loro attività devono costituirsi in enti di diritto pubblico e tollerare le ingerenze dello Stato. > Sistemi separatisti: non concedono alcun riconoscimento ufficiale ad alcuna religione, ma garantiscono a tutti i culti la libertà di organizzarsi autonomamente e una uniformità di trattamento come soggetti privati Ex Francia -> la legge di separazione (1905) -> nessun culto riceve una consacrazione legale, i culti cessano di essere istituzioni pubbliche e rientrano nell’ambito degli enti regolati dal diritto privato, non ricevendo alcuna retribuzione o sovvenzione pubblica. Ex Paesi Bassi: sebbene sia sancito dalla Costituzione il principio di separazione, esso è mitigato dal principio di cooperazione con le religioni: lo Stato eroga finanziamenti a favore delle istituzioni confessionali che perseguono fini sociali e contribuisce parzialmente alle spese di mantenimento e ristrutturazione degli edifici di culto. Ex Irlanda -> V Emendamento -> le confessioni religiose hanno una condizione giuridica tendenzialmente egualitaria e il loro statuto è quello di associazioni private prive di personalità giuridica Ex Belgio -> il principio di imparzialità è attenuato dalla normativa ordinaria che prevede un regime differenziato tra le religioni che abbiano ottenuto per legge la qualifica di “culti riconosciuti” e quelli che restano “non riconosciuti” sono tuttavia ripristinati alcuni iura maiestatica, quali: - ius esclusivae -> lo Stato ha potere di veto sulla nomina di persone non gradite negli uffici di vescovo diocesano o di parroco - ius nominandi - ius cavendi -> imposizione del giuramento di fedeltà allo Stato da parte di vescovi e divieto di svolgere attività politica da parte degli ecclesiastici e religiosi La stipulazione dei Patti Lateranensi aveva fatto venire meno il principio di parità, ma comunque era conservato il principio di libertà, per cui tutte le confessioni acattoliche si adoperarono per vedersi garantite anche per loro alcune prerogative - l. 1159/1929 -> per essere ammessi nello Stato , i culti acattolici non devono professare principi o eseguire riti “contrari all’ordine pubblico e al buon costume”, prevedendo l’obbligo di notificare al governo la nomina dei ministri di culto e solo i ministri approvati possono compiere atti con efficacia civile 1946 -> Italia diventa una Repubblica italiana 1948 -> emanazione Costituzione italiana, che statuisce i principi fondamentali dello Stato democratico sociale, quali: - principio della libertà di coscienza e religione - principio di sussidiarietà -> i poteri pubblici arretrano nell’ambito dell’organizzazione dei servizi sociali e lasciano ai singoli o agli enti collettivi la legittima autonomia nel perseguire i propri interessi - principio di cooperazione -> lo Stato riconosce valore sociale agli interessi religiosi e collabora per garantire la loro soddisfazione anche nell’ambito di strutture pubbliche > Art. 2= nell’ambito dei diritti inviolabili si comprendono i diritti relativi all’identità religiosa > Art. 3= garantisce l’eguaglianza: -> formale= pari trattamento delle persone a prescindere dell’appartenenza o meno a una fede religiosa -> sostanziale= lo Stato deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che non permettono il pieno sviluppo della persona nella sua dimensione religiosa > Art. 19= riconoscimento della libertà religiosa e divieto di discriminazione in base alla religione > Art. 20= impedisce allo Stato di disporre nei confronti degli enti ecclesiastici provvedimenti discriminatori, per cui se lo Stato dispone delle limitazioni o delle restrizioni, lo deve fare in condizione di parità con le altre persone giuridiche > Art. 7 è frutto del compromesso tra chi non voleva mettere in discussione la conciliazione con la Chiesa Cattolica realizzata con i Patti Lateranensi e chi invece sottolineava la loro incompatibilità con i nuovi principi fondamentali dell’ordinamento. La proposta di Dossetti riconosceva la natura originaria dell’ordinamento della Chiesa e faceva discutere il rinvio ai Patti Lateranensi inseriti nel secondo comma. Dossetti, distinguendo tra norme materiali, che disciplinano un rapporto, e norme strumentali, che regola il procedimento con cui produrre nuove norme giuridiche, specificò come l’Art. 7, II comma fosse una norma strumentale, ossia una norma che non inserisce il contenuto dei Patti nel testo costituzionale, ma introduce un unico precetto procedurale, ossia che un eventuale modifica dei Patti devono essere prodotte tramite accordo bilaterale. "Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.” > Art 8= Inizialmente si voleva collocare la disposizione come ultimo comma dell’Art. 7 ma molti ritennero inadeguato collocare la disposizione nello stesso articolo dedicato alla Chiesa Cattolica, data la diversità di situazione giuridica. Per quanto riguarda la formulazione, non si ritenne giusta la formulazione “eguali di fronte alla legge” in quanto non esiste un’uniformità della strutturazione interna dei diversi culti. "Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.” Is non costtuasnalzacune del ontemuto dei Pattinna del mitod patticio - s untese quisati norme a conteruto costillzomalmente wincolator 1962-1965 -> Concilio ecumenico Vaticano II -> la Chiesa abbandona ogni rivendicazione di qualsiasi forma di potestà diretta e indiretta nelle questioni di governo temporale e riserva a se stessa la sola autorità spirituale 1970 -> è emanata la legge sul divorzio (l. 898/1970) che prevede la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario in determinate circostanze. iniziano ad essere poste dinnanzi alla Corte Costituzionale questioni di legittimità costituzionale di molte delle norme contenute all’interno dei Patti Lateranensi, fino a giungere agli Accordi di Villa Madama (1984), che furono recepiti dalla l. 121/1985 di ratifica ed esecuzione, e a un Protocollo addizionale contenente le norme di modifica in materia di enti e di beni ecclesiastici e di sostentamento del clero, recepiti da l. 206/1985. i due principi fondamentali degli Accordi di Villa Madama sono: 1) la distinzione degli ordini= si prevede una maggiore separazione delle sfere di competenza e si garantisce l’autonomia della Chiesa nell’ambito dell’organizzazione interna e dell’esercizio del ministero spirituale 2) la collaborazione reciproca: si riconosce la rilevanza pubblica dell’istituzione ecclesiastica e della sua funzione di perseguire le esigenze religiose delle persone, per cui si prevedono forme diverse di sostegno pubblico alle attività della Chiesa e di riconoscimento di effetti civili agli atti ecclesiastici. gli Accordi di Villa Madama sono definiti gli “Accordi di libertà” sotto un triplice significato: I) libertà dello Stato dalla qualificazione confessionale e dalla preferenza discriminatoria nei confronti di una determinata religione, sancendo così il principio di equidistanza II) libertà della Chiesa di non sottostare alle ingerenze pubbliche nel campo proprio dell’ordine spirituale III) libertà delle persone di non subire imposizioni o condizionamenti nell’orientamento religioso Capitolo 5 LE FONTI DEL DIRITTO IN MATERIA DI CONVIVENZA DELLE RELIGIONI 1) La costituzione del 1948 contiene - alcune norme che riguardano direttamente la disciplina del fenomeno religioso - altre norme richiamano espressamente la religione o i rapporti con le confessioni religiose al fine di indicare criteri materiali che operano come limite alla discriminazione o come ambito di competenza riservato alla legislazione esclusiva dello Stato - altre norme stabiliscono enunciazioni generali che si applicano in forma indiretta anche alle questioni religiose > Art. 2 e 19= principio di tutela del diritto inviolabile della libertà di coscienza e religione > Art. 8, c. 1 = principio della pari libertà delle confessioni religiose > Art. 7.1 e 8.1= principio di equidistanza dello Stato da tutte le confessioni religiose e principio di distinzione degli ordini, con sfere di competenza indipendenti tra lo Stato e le confessioni religiose > Art. 7.1 e 8.2= principio di autonomia istituzionale delle confessioni religiose > Art. 7.2 e 8.3= principio della bilateralità pattizia come metodo di produzione giuridica delle norme che regolano i rapporti con le confessioni religiose 2) La giurisprudenza della Corte costituzionale ha individuato dei principi supremi che hanno un valore sovraordinato nel sistema delle fonti costituzionali. Essi sono i limiti assoluti al potere di revisione costituzionale e valori irrinunciabili da parte dell’ordinamento. Essi costituiscono i parametri di legittimità materiale delle leggi di natura formalmente costituzionale e di altre fonti superiori alle leggi ordinarie. Costituiscono limiti sostanziali invalicabili anche per le norme di derivazione pattizia ex Art.7.2 cost. - Principio di laicità -> Sent. Corte cost. 1/1989 -> è desunto in via ermeneutica sulla base di una analisi sistematica degli art.2,3,7,8,19,20 cost. -> Sent. Corte cost. 440/1995 e 508/2000 -> al principio di laicità sono ricondotti il principio di pari libertà delle confessioni religiose e il dovere di equidistanza e imparzialità -> Sent. Corte cost. -> il principio di laicità risulta caratterizzato nell’essenziale dal principio di distinzione degli ordini tra lo Stato e le confessioni religiose Nell’epoca repubblicana, il principio di laicità si sostanzia in corollari complementari: - neutralità, ossia equidistanza e imparzialità dell’autorità politica in materia religiosa - garanzia del diritto di libertà religiosa in forma egualitaria per tutti - riconoscimento dell’autonomia delle confessioni religiose e della loro funzione sociale - possibilità di regolare rapporti con lo stato in modo pattizio - forme di collaborazione delle confessioni religiose nell’espletamento di servizi sociali e forme di sostegno dello Stato alle strutture religiose 3) Tra le leggi ordinarie si distinguono: > Fonti generiche: quelle che non riguardano in modo specifico le questioni religiose ma competono norme che direttamente o indirettamente toccano aspetti del fenomeno religioso > Fonti specifiche: quelle che disciplinano in modo diretto e preciso temi attinenti all’esercizio della libertà religiosa e alla condizione giuridica degli appartenenti alle confessioni religiose 4) leggi regionali -> sebbene i rapporti tra la repubblica e le confessioni religiose sono di competenza esclusiva dello stato (art. 117.4 cost.), ciò non preclude di adottare norme specifiche su ambiti settoriali di espressione della libertà religiosa, sia dei singoli che delle organizzazioni religiose 5) fonti di derivazione bilaterale sono fonti speciali del sistema italiano che attuano il principio costituzionale di ricorrere al metodo pattizio, che si ricollega ad altri principi quali: - principio di distinzione degli ordini di competenza, che prevede di rispettare l’autonomia e indipendenza delle religioni negli interna corporis e nella sfera di attività loro propria (art. 7.1 e 8.2) - di cooperazione, che riconosce la possibilità di una collaborazione tra Stato e confessioni nelle res mixtae - di uguaglianza sostanziale (art. 3.2 cost.) Secondo il principio pattizio, le norme che regolano i rapporti con le confessioni religiose non sono definite in forma unilaterale dallo Stato, ma sono formate convenzionalmente attraverso accordi bilaterali con le confessioni religiose che si pongono come presupposto di legittimità costituzionale delle leggi ordinarie che lo recepiscono. Le fonti di derivazione bilaterale sono dunque le leggi ordinarie che fanno entrare in vigore come norme dell’ordinamento italiano le disposizioni contenute negli accordi bilaterali con le confessioni. Quelle che attualmente regolano i rapporti con la Chiesa cattolica nell’ordinamento italiano sono: - la legge di autorizzazione alla ratifica e di esecuzione del Trattato (l. 810/1929) - la legge di attuazione alla ratifica e di esecuzione degli Accordi di Villa Madama (l. 121/1985 e l. 206/1985) - l’Art 7, comma 2 è stato oggetto di varie interpretazioni: -> un primo orientamento sostenne che il richiamo ai Patti Lateranensi avesse prodotto una “costituzionalizzazione” dei Patti, ossia che le singole norme materiali del patto avessero acquistato il valore di norme costituzionali, non più quindi abrogabili o modificabili da legge ordinaria, inoltre, in virtù del principio lex specialis deroga generali non potevano neppure essere oggetto del sindacato di legittimità costituzionale -> l’orientamento opposto sostenne che ad essere costituzionalizzato fosse stato il principio concordatario o pattizio, divenendo l’accordo bilaterale la forma obbligatoria di produzione giuridica delle norme che disciplinano i rapporti tra Stato e Chiesa -> Sent. Corte cost. 30/1971= le norme pattizie sono state dotate di una forza giuridica speciale per cui sono subordinate solo ai principi supremi dell’ordinamento, per cui non possono essere oggetto di referendum abrogativo ex art.75 cost. Tale interpretazione crea però dei punti critici circa la non definizione dei principi supremi e dunque circa la discrezionalità della Corte costituzionale, sia circa quali norme ricadessero sotto la tutela costituzionale, tra le leggi di autorizzazione alla ratifica e quelle di attuazione. Dopo gli Accordi di Villa Madama la questione della copertura costituzionale è estesa alle loro leggi di esecuzione -> secondo alcuni, avendo i nuovi accordi stravolto radicalmente le norme dei Patti del 1929, non possono essere considerate coperte dalla tutela costituzionale dell’Art. 7 in quanto esso fa esplicito riferimento ai soli Patti Lateranensi -> secondo altri si può ritenere che i nuovi accordi siano comunque coperti dalla tutela costituzionale facendo riferimento ad altri principi formali e sostanziali, applicando in maniera analogica l’art. 8.3 o l’art.10 cost. che garantisce costituzionalmente il principio “pacta sunt servanda” attribuendo garanzia a tutti gli accordi internazionali resi esecutivi nell’ordinamento italiano Capitolo 6 Le confessioni religiose rappresentano quelle formazioni sociali che si fondano e aggregano intorno a un determinato credo religioso. Definendo tali formazioni sociali “confessioni religiose”, la Costituzione ha riconosciuto ad esse una posizione giuridica qualificata rispetto ad altre formazioni sociali. Tale posizione giuridica, riconosciuta dall’Art. 8 cost. è qualificata sia dalle formazioni sociale ex art.2 cost. sia dalle associazioni private ex art.18 cost. Rispetto alle altre formazioni sociali, le confessioni religiose si caratterizzano per il loro fine di realizzare i bisogni degli individui attinenti alla sfera spirituale, distinguendosi così dai sindacati (art. 39 cost.) e dai partiti politici (art.49 cost.). Tuttavia nessun testo normativo in Italia o in altri Paesi europei forniscono una definizione di chi siano i soggetti sociali che possano essere identificati come confessioni religiose, per cui solo le confessioni religiose possono identificare se stesse come organizzazioni di natura religiosa. Lo Stato non ha alcuna competenza a giudicare nel merito la originaria concezione di religione di una determinata confessione. Occorre necessario fissare dei criteri oggettivi e ragionevoli per verificare la congruenza estrinseca con la funzione sociale riconosciuta dall’ordinamento giuridico alle confessioni religiose. Tali parametri devono essere conformi al principio di equidistanza e imparzialità dello Stato= parametri devono essere sufficientemente ampi da comprendere qualsiasi manifestazione organizzata delle religioni, risultando inadeguato il modello giudaico-cristiano, o altri criteri particolari quali quello quantitativo, temporale (durata presenza della religione nel territorio), sociologico o politico. Secondo la dottrina tali criteri sarebbe da individuare negli elementi basilari che accomunano tutte le confessioni religiose, quali: - riferimenti a dimensione ulteriore e superiore all’esistenza umana - struttura comunitaria più o meno organizzata - svolgimento di pratiche rituali -previsione di norme di condotta che condizionano la vita degli aderenti -> Sent. Corte cost. 346/2002-> l’autoqualificazione è un presupposto necessario ma non sufficiente per riconoscere una confessione religiosa, essendo necessari elementi oggettivi, quali l’aver stipulato un’intesa con lo Stato, precedenti riconoscimenti pubblici, l’analisi dello statuto o la comune considerazione Chiesa Cattolica è un ordinamento giuridico primario e originario, ente sovrano indipendente da qualsiasi ordinamento. È un’organizzazione confessionale a dimensione universale, che si trova strutturata in organizzazioni locali radicate nei territori dei singoli Stati. La Chiesa Cattolica opera attraverso la Santa Sede, il supremo organo di governo della Chiesa Cattolica, anch’esso soggetto di diritto internazionale distinto dalla Chiesa Cattolica e dallo Stato della Città del Vaticano= Stato territoriale che assicura la sovranità e l’indipendenza della Chiesa, che costituisce un altro soggetto di diritto internazionale con personalità giuridica. Nei rapporti con lo Stato italiano occorre tenere distinta: - Chiesa Cattolica come soggetto di diritto internazionale -> indipendente dallo Stato italiano - Chiesa Cattolica come istituzione organizzata localmente sul territorio dello Stato -> Art. 7, comma I cost. In questo caso emerge il principio di distinzioni degli ordini: -> lo Stato riconosce la propria incompetenza nella sfera materiale di pertinenza della Chiesa, per cui non può sindacare né regolare con disposizioni dell’ordinamento civile gli interna corporis. Per cui il giudice italiano deve dichiarare la carenza di giurisdizione di fronte a una situazione regolata dal diritto canonico e che resta all’interno di tale ordinamento -> la Chiesa non deve ingerirsi nella sfera materiale di competenza dello Stato. Le norme di diritto canonico non hanno alcuna rilevanza giuridica se non con espresso richiamo o rinvio dell’ordinamento civile. Per tutto ciò che attiene alla competenza dello Stato, i soggetti ecclesiali sono subordinati al suo ordinamento giuridico Numerose sono le res mixtae: situazioni e questioni che sono rilevanti sia per la Chiesa che per lo Stato e per queste risulta necessario ricorrere allo strumento bilaterale ex Art.7, comma II cost. La competenza delle competenze, ossia a chi debba essere riconosciuta la potestà di decidere in merito a un conflitto, è riconosciuta dagli Accordi di Villa Madama a una procedura amichevole che investe una commissione paritetica. Il principio di distinzione degli ordini comporta l’esistenza di una molteplicità di ordinamenti, i cui rapporti non si fondano su un principio di gerarchia, in quanto tra loro indipendenti, ma sul principio di competenza, ossia sulla distinzione sulle rispettive sfere di azione per materia e per funzione. Lo Stato tuttavia conserva un potere di controllo a tutela dei principi inderogabili della convivenza civile che si pongono come confini invalicabili anche nei confronti di ordinamenti esterni. Tale potere di vigilanza e repressione è rivolto sopratutto verso quegli atti idonei a produrre effetti diretti o indiretti che acquistano rilevanza nell’ordinamento statale in quanto costituiscono una violazione di principi inderogabili. Nonostante ciò lo Stato non può sindacare nel merito gli atti confessionali, né può emanare provvedimenti che incidano direttamente sull’atto, ma solo applicare le sanzioni giuridiche previste per quella violazione. Le altre confessioni religiose sono riconosciute dall’Art.8, comma II cost. che riconosce il diritto di organizzarsi autonomamente secondo le regole dettate dal proprio ordinamento interno. Esse tuttavia non sono riconosciute soggetti di diritto internazionale, per cui i rapporti con lo Stato si svolgono sul piano dell’ordinamento giuridico interno non internazionale. Le norme delle altre confessioni religiose devono essere conformi alle norme dell’ordinamento giuridico italiano. Confessioni di fatto= le confessioni religiose non sono obbligata ad assumere uno specifico strumento formale per regolarsi, essendo libere anche di non darsi un organizzazione il sindacato dello Stato può riguardare le forme dell’organizzazione istituzionale, ma non gli aspetti pertinenti alla sfera spirituale. Il giudice deve dichiarare la carenza di giurisdizione nelle controversie avente ad oggetto provvedimenti assunti dall’autorità confessionale nei confronti dei suoi aderenti. Art. 19 cost. sancisce come unico limite alle disposizioni delle confessioni religiose la non contrarietà al buon costume, da accertarsi nel concreto, in rapporto alle manifestazioni effettivamente poste in essere. Art. 8, comma I cost.= stabilisce il principio della eguale libertà delle confessioni religiose, che combina due principi fondamentali: - principio di equidistanza dello Stato di fronte alle religioni= lo Stato deve mantenere un’atteggiamento di imparzialità verso le confessioni religiose, senza stabilire in capo all’una o all’altra privilegi ingiustificati - principio del rispetto dell’autodeterminazione delle confessioni religiose= le confessioni religiose rivendicano un “diritto alla diversità” ossia di avere un trattamento giuridico che corrisponda al loro modo di essere e agire. La diversità di trattamento può ritenersi legittima nella misura in cui corrisponda a una effettiva diversità sostanziale nelle condizioni delle confessioni religiose e tale differenziazione sia proporzionata agli specifici profili di diversità tra le confessioni religiose -> Corte cost. 329/1997: è ritenuta contraria al principio di uguale libertà ogni discriminazione basata sul criterio quantitativo e sociologico -> Corte cost. 195/1993 e 346/2002: in materia di edilizia di culto, è ritenuta illegittimo prevedere come requisito obbligatorio per accedere ai contributi regionali l’aver stipulato un intesa, sia perché ex art.8 le confessioni hanno la libertà o meno di stipularle, configurandosi come un diritto e non un obbligo, sia perché un’intesa non può essere una condizione idonea per agevolare l’esercizio del diritto di libertà religiosa -> Corte cost.52/2016: la stipulazione di un’intesa non costituisce una condizione per godere dei diritti fondamentali di eguale libertà garantiti dalla Costituzione, e dunque risulta vietato discriminare il trattamento dei culti sulla base di questo requisito. - Capitolo 7 Lo Stato della Città del Vaticano è stato costituito nel 1929 con il Trattato Lateranense per porre fine alla questione romana -> non è una prosecuzione dello Stato pontificio del 1870, ma è un nuovo soggetto di diritto internazionale, distinto dalla Chiesa Cattolica e dalla Santa Sede -> condivide con la Chiesa cattolica l’organizzazione di governo al vertice, che è la Santa Sede, cioè, per quanto concerne il governo della Città del Vaticano, la persona del romano pontefice -> è uno Stato-mezzo, ossia non ha fini propri, ma è strumentale agli interessi della santa Sede, di cui deve garantire l’indipendenza e la sovranità -> è uno Stato patrimoniale, in quanto la Santa Sede è titolare del diritto di proprietà sull’intero Stato -> è uno Stato enclave, avendo un territorio assai esiguo e interamente circoscritto dal territorio italiano. La piazza di San Pietro è definita un “confine aperto” in quanto, sebbene sia di proprietà della Città del Vaticano, si può accedere liberamente senza alcun tipo di controllo. Per questo è soggetta a disposizioni particolari per lo svolgimento dei servizi di pubblica sicurezza. -> La cittadinanza è riconosciuta in ragione del rapporto di servizio con lo Stato. Si distinguono: > cittadini de iure= coloro che posseggono la cittadinanza in virtù della loro carica o servizio > cittadini a richiesta= coloro che risiedono in Città del Vaticano in quanto autorizzati a risiedere, estendendo la cittadinanza anche al coniuge e ai figli del cittadino vaticano autorizzati a risiedere con lui L’autorizzazione a risiedere è concessa dal Romano pontefice o dal Cardinale Presidente del Governatorio. La cittadinanza vaticana si perde quando cessano le condizioni per la sua attribuzione, acquisendo in via automatica quella italiana. -> è uno Stato neutralizzato, ossia non può intervenire nelle competizioni temporali tra gli Stati e nelle conferenze internazionali su tali conflitti se non per una missione di pace richiesta dai contendenti -> la principale fonte del diritto è il diritto canonico, ossia l’ordinamento della Chiesa cattolica, e le leggi fondamentali emanate per la Città del Vaticano dalle autorità legislative. Il diritto canonico deve conformarsi alle norme di diritto internazionale generale e a quelle di derivazione pattizia purché conforme all’ordinamento canonico. In via suppletiva si fa rinvio materiale o recettizio all’ordinamento italiano non contrario al diritto divino e ai principi fondamentali di quello canonico, ai Patti lateranensi e ai successivi accordi. -> riguardo la valuta, la Città del Vaticano fa ricorso all’euro -> la forma di governo è la monarchia assoluta elettiva: il papa è il sovrano e concentra a sé tutti i poteri di governo. In caso di vacanza della sede pontificia, i cardinali che non abbiano compiuto 80 anni spetta di eleggere il nuovo pontefice nell’adunanza del Conclave. Il pontefice delega alcune delle sue funzioni: - esecutive e direttive del governo dello Stato al Cardinale segretario di Stato e alla Segreteria di Stato - legislative alla Ponteficia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, in particolare al Cardinale Presidente, che dispone del corpo di vigilanza della Gendarmeria di Stato e per la sicurezza e polizia può richiedere l’assistenza della Guardia Svizzera -> riguardo ai rapporti giudiziari, i reati commessi in territorio Vaticano sono di competenza della giurisdizione vaticana, ma la Santa sede ha la facoltà di richiedere all’Italia di provvedere alle punizione dei delitti. - Per definire la competenza della giurisdizione italiana è necessaria una delega della Santa sede o quando l’autore del delitto si sia rifugiato nel territorio italiano. - Nel caso in cui l’autore del delitto compiuto in Italia si sia rifugiato in territorio Vaticano, il Trattato prevede una procedura semplificata di estradizione attiva a favore dell’Italia. L’estradizione è concessa se il delitto è previsto da entrambi gli ordinamenti - nel caso in cui l’autore si sia rifugiato in uno degli immobili pontefici che possiedono l’extraterritorialità, la santa Sede ha comunque l’obbligo di consegnarlo alle autorità italiane regola organni scostetu ceorahi barnsdhere ordenamento gurdicodello Stato del Valicanoefondato su6 leggiorganiche-Il, lggrfondomentale stemmae segellouggeuals discuplorsale fortdel dradto II ) desciplinc la cuttachuncanaca Is or inamentod arrominustrativo EI ordumamente economico. commercalee professionale IIl ordune Bubblesa L’8X1000 L’8×1000 è la percentuale dell’imposta fissa sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) che è possibile destinare allo Stato o ad una confessione religiosa attraverso la dichiarazione dei redditi. Le somme raccolte attraverso l’otto per mille dovranno essere utilizzate dai beneficiari (Stato o confessioni religiose) per le finalità definite dalla legge. Questa misura nasce a seguito del Concordato con la Chiesa Cattolica e delle Intese con le altre confessioni religiose. La legge di attuazione 222/1985 prevede che i cittadini contribuenti possano scegliere di destinare l’8 per mille della propria IRPEF allo Stato o alla Chiesa Cattolica. Le quote non espresse sono ripartite secondo le preferenze assegnate. Successivamente all’emanazione della legge di attuazione 222/1985 (che prevede che i cittadini contribuenti possano scegliere di destinare l’8 per mille della propria IRPEF allo Stato o alla Chiesa Cattolica), altre confessioni con riconoscimento della personalità giuridica pubblica hanno stipulato un’intesa con lo Stato, potendo così accedere all’opzione dell’8 per mille. L’intesa, atto avente forza di legge ordinaria, dispone anche la modalità di destinazione delle somme. Qualunque cittadino contribuente può assegnare l’8 per mille a uno dei soggetti beneficiari compilando il modulo 730-1 da consegnare insieme alla dichiarazione dei redditi, se tenuti a farla, o singolarmente. In questo secondo caso si può consegnare il modulo in busta chiusa presso un ufficio postale (in questo caso gratuitamente) o una struttura abilitata (CAF, commercialista). Per indicare l’opzione è sufficiente apporre la propria firma sotto il riquadro con la denominazione del beneficiario. A partire dalla dichiarazione dei redditi relativa all’anno fiscale 2019 i cittadini contribuenti che optano per l’8 per mille a gestione statale potranno scegliere la finalità a cui destinare la preferenza tra gli ambiti previsti dalla legge, quindi fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali, edilizia scolastica. Attualmente il contribuente può destinare il proprio 8 per mille allo Stato, alla Chiesa Cattolica o a una delle dodici confessioni religiose aventi un’Intesa con lo Stato. Ognuna di queste realtà può utilizzare i fondi ricevuti, tramite preferenza o tramite riparto delle quote non assegnate, per le finalità definite dalla legge. Ogni confessione sul proprio sito web solitamente descrive come concretamente sono stati utilizzati i fondi percentuale irpEf > Diritto alla riservatezza sulle proprie convinzioni religiose: è un diritto compreso nel diritto alla protezione dei dati sensibili sancito dall’Art.9 Regolamento (EU) sulla Privacy. Per poter trattare tali dati il titolare del trattamento necessita del consenso esplicito dell’interessato e l’autorizzazione da parte del Garante della privacy. Sono previste eccezioni per le confessioni religiosi per il trattamento dei dati dei suoi aderenti soltanto nella fase iniziale del trattamento e a condizione che: - sia specificata la finalità del trattamento dei dati; - i dati non siano diffusi all'esterno - siano fornite garanzie sulla correttezza del trattamento - dimensione esterna: libertà di manifestare il proprio credo religioso tramite condotte concrete. Tale dimensione può essere limitata dai limiti imposti dalla convivenza civile. > libertà di proselitismo: in epoca fascista, l’Art.113 TULPS sottoponeva all’autorizzazione delle autorità di pubblica sicurezza la distribuzione e affissione di testi scritti. -> Sent. Corte cost. 1/1956: illegittimità costituzionale dell’Art.113 TULPS -> Kokkinakis VS Grecia, 1993: delinea la figura illecita del proselitismo abusivo, consistente nell’offerta di vantaggi materiali o morali, nell’esercizio di pressioni, violenza o “lavaggi del cervello” La libertà di proselitismo è assicurata anche alle confessioni areligiose o antireligiose, come ha affermato la Corte di Cassazione nel caso dell’affissione di manifesti dell’UAAR, ponendo come unico limite la sensibilità religiosa altrui. > libertà di culto: necessita di edifici in cui esercitare la propria confessione individualmente e collettivamente (Sent. Corte cost. 59/1958). - Sent. Corte cost. 195/1993 e 346/2002 hanno stabilito che l’attribuzione di risorse derivanti dagli oneri di urbanizzazione per la costruzione di edifici di culto non può essere riservata a una determinata confessione in virtù del principio di laicità dello Stato. La costruzione di edifici di culto o il mutamento di un’edificio in “attrezzatura religiosa” è rimessa alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni ex Art.117.3 cost. Riguardo alle “leggi antimoschee”, la l.r. 2/2015 è stata oggetto di due pronunce: 1) Sent. Corte cost. 63/2016: la norma è parzialmente illegittima nella parte in cui subordina la costruzione di edifici di culto a due condizioni: 1] il parere obbligatorio della giunta regionale basato sulla presenza territoriale dei fedeli e sugli statuti degli enti delle confessioni religiose diverse dalla cattolica 2] l’installazione di sistemi di video sorveglianza 2) sent. Corte cost. 254/2019: la norma è incostituzionale nella parte in cui richiede l’approvazione del piano comunale delle attrezzature religiose in Italia il limite esplicito alla libertà religiosa è la non contrarietà al buon costume intesa come pudore sessuale, concetto datato e relativamente storico, per cui si deve operare un bilanciamento tra i diversi valori tutelati dalla costituzione. A livello europeo, l’Art.9 par.2 CEDU, stabilisce che si debbano rispettare 3 condizioni: 1) limiti devono essere stabiliti con norme di carattere generale 2) restrizioni abbiano come fine la tutela di un interesse pubblico di valore pari alla libertà religiosa 3)la compressione della libertà religiosa deve essere limitata nella misura necessaria Resta fermo il principio del margine di apprezzamento discrezionale dei singoli Stati, svolgendo la Corte EDU un ruolo sussidiario di controllo sulla corretta applicazione dell’Art. 9, par.2 CEDU s questa parste e chhegekturmar I descrecomsubutsc dek comune hellone nel quanalo dell ' entervento Obiezione di coscienza: il rifiuto dell’individuo, per motivi di coscienza, di assoggettarsi a una condotta che in principio sarebbe giuridicamente esigibile. Essa è sottoposta a limiti generali: - Principio di eguaglianza, nella dimensione del principio di ragionevolezza, ex Art.3 cost. - La fedeltà alla Repubblica ex Art.54 cost. - I doveri di solidarietà politica, economica e sociale ex Art.2 cost. e a limiti specifici: - il buon andamento della P.A. ex Art. 97 cost. - il diritto alla salute ex Art.32 cost. - il diritto all’autodeterminazione ex Art. 13 cost. L’obiezione di coscienza può essere: > contra legem: il fatto, qualificato come illecito dall’ordinamento, dell’infrazione della norma legale da parte dell’obiettore - obiezione fiscale: consiste nel rifiuto di versare la quota di imposta che dovrebbero corrispondere alla spesa pubblica per finanziare attività contrarie alla coscienza del contribuente. Tale obiezione va contro l’obbligo di solidarietà politica ed economica oltre che al principio di fedeltà alla Repubblica. Tale obiezione non si configura però nella fattispecie penale dell’evasione fiscale in quanto l’obiettore non occulta il proprio reddito né rende dichiarazioni mendaci, per cui sarà attuata un’esecuzione forzata. - obiezione all’assolvimento di funzioni pubbliche obbligatorie: si verifica rispetto all’assunzione dell’ufficio di giudice popolare nella Corte d’Assise, e il rifiuto costituisce una violazione del dovere costituzionale di adempimento delle funzioni pubbliche affidate ai cittadini (art. 54.2 cost.) nonché il reato di rifiuto di uffici legalmente dovuti > secundum legem: persistenza di determinati comportamenti individuali contrari alla legge hanno portato il legislatore ad accettarli come leciti e legittimi - obiezione di coscienza al servizio militare: inizialmente agli obiettori era riservato un trattamento peggiore rispetto a chi aderiva al servizio militare: il servizio sostitutivo durava più a lungo; era previsto un’accertamento caso per caso dei motivi; erano sottoposti alla giurisdizione dei tribunali militari e gli obiettori totali erano sanzionati più gravemente. Tale impostazione è stata rovesciata, per cui si può essere esclusi dall’obiezione in circostanze tassativamente previste dalla legge - obiezione di coscienza al giuramento = si distinguono due fattispecie: -> rifiuto a giurare secondo una formula religiosa: la corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme del c.p.c. e c.p.p. nella parte in cui non includeva l’inciso “se credente”, consentendo così all’obbligato di giurare secondo le proprie convinzioni. -> rifiuto del giuramento in sé: Buscarini VS Rep. San Marino (1999) la CEDU ha qualificato l’obbligo per i giudici di prestare giuramento sul Vangelo come violazione dell’Art.9 CEDU La tutela del sentimento religioso in Europa • Gli orientamenti della Corte europea del diritto dell’uomo: bilanciamento tra libertà di espressione e tutela del sentimento religioso, tenuto conto delle specificità dei singoli Paesi (Otto Preminger Institut c. Austria, 20 settembre 1994) à Ammissibilità di misure limitative della libertà di espressione (Wingrove c. Regno Unito, 25 novembre 1996; I.A. c. Turchia, 13 dicembre 2005; E.S. v. Austria, 25 ottobre 2018). Le espressioni usate tuttavia non devono essere gratuitamente offensive e contribuiscono al dibattito nella società democratica (Giniewski c. Francia, 31 gennaio 2006; Aydin Tatlav c. Turchia, 2 agosto 2006; Sekmadienis Ltd c. Lituania, 30 gennaio 2018). Il recente caso Bouton c. Francia (13 ottobre 2022) • Raccomandazione del Consiglio d’Europa: non incriminare la blasfemia (Blasphemy, religious insults and hate speech against persons on grounds of their religion n. 1805/2007) à La proposta di introduzione del reato di «diffamazione delle religioni» (cfr. risoluzione Defamations of religion del Consiglio ONU per i diritti umani, 2009) • La strage di Charlie Hebdo (Francia, 2015): esercizio legittimo della libertà di espressione? • Una vicenda emblematica: Asia Bibi e la blasphemy law in vigore in Pakistan I «reati culturalmente motivati» •I c.d. reati culturalmente motivati: comportamento di un soggetto appartenente ad un gruppo culturale di minoranza, considerato un reato nell’ordinamento giuridico del Paese ospitante, ma accettato e incoraggiato dal gruppo culturale di appartenenza dell’autore •Eventuale configurabilità della c.d. esimente culturale (cultural defense): «L’esercizio di un diritto … esclude la punibilità» (art. 51 c.p.), come il diritto di libertà religiosa (art. 19 Cost.) •Necessità di un bilanciamento (multiculturalismo compatibile) " Limiti esterni al diritto di libertà religiosa se una condotta lede diritti o beni sovraordinati (es. diritto alla vita, diritto alla salute, sicurezza pubblica, ecc.) •Approccio al tema: politiche «integrazioniste» e politiche «assimilazioniste» (in Italia vige un sistema «misto») " intervento del legislatore e soprattutto della giurisprudenza Le mutilazioni genitali femminili •Pratica (culturale) più volte condannata in sede internazionale (es. Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011 per la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica): rimozione o danno agli organi genitali femminili per ragioni di carattere non terapeutico •Legge 9 gennaio 2006, n. 7 (Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile) -> “Misure di prevenzione (es. campagne informative, formazione di personale sanitario, istituzione di un numero verde) -> “Misure di contrasto. Introduzione art. 583 bis c.p.: 1. Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo. /2. Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità. /3. La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro. /4. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia. recat i mntilazione di orgarnigemitali fermonnuche B a scopo non terapentrco -> “Pene accessorie: decadenza esercizio potestà genitoriale (art. 602 bis c.p., introdotto dalla Legge 15 luglio 2009, n. 94)” •Inapplicabilità del consenso dell’avente diritto (art. 50 c.p.): divieto di atti di disposizione del proprio corpo (art. 5 c.c.) e tutela del diritto alla salute (art. 32 Cost.) ma configurabilità dell’ignorantia legis in materia penale (art. 5 c.p.) •Applicazione giurisprudenziale dell’art. 583-bis c.p.: -> ”Tribunale di Verona, sentenza del 14 aprile 2010. Il Tribunale considera illecita la pratica della c.d. aruè diffusa presso l’etnia nigeriana degli Edobini, ma dispone la sospensione condizionale della pena in ragione della motivazione culturale / Tribunale di Venezia, sentenza 23 novembre 2012, n. 1485. Il fatto non costituisce reato, in quanto manca il dolo specifico (finalità di menomare le funzioni sessuali) da parte di chi ha agito per ragioni «simboliche»; inoltre l’intervento è del tutto inidoneo a manifestare la finalità tipizzata nella norma penale; possibile rilevanza dell’ignoranza inevitabile e dunque scusabile della legge penale (attenuazione del dovere di diligenza) -> “Tribunale di Torino, sentenza 8 novembre 2018, n. 1626 (confermata in appello). Caso riguardante due egiziane all’epoca dei fatti minorenni. Esclusione dell’ignoranza inevitabile della legge penale (obbligo di conoscenza della legislazione italiana e assenza di valore cogente della norma culturale invocata). / Cassazione, sentenza 14 ottobre 2021, n. 37422 (inammissibilità del ricorso). Si sottolinea «l’esigenza di valorizzare – in linea con l’art. 3 Cost. – il principio della centralità della persona umana, in grado di armonizzare le culture individuali rispondenti a tradizioni diverse, e di consentire quindi l’instaurazione di una società civile multietnica». Inoltre, si ribadisce il «’dovere di informazione’ […] per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia» La circoncisione rituale •Liceità della pratica (documento del Comitato nazionale di Bioetica del 25 settembre 1998) •Intesa con l’Unione delle Comunità ebraiche italiane (Legge 8 marzo 1989, n. 101): si ribadisce il diritto di esercitare in pubblico o in privato i «riti» (art. 2, c. 1), mentre le attività di religione e di culto si svolgono a norma dello Statuto dell’ebraismo italiano o degli statuti degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti senza ingerenze da parte dello Stato, di Regioni ed enti locali (art. 25, c. 1 " cfr. art. 8, c. 2 Cost.) " legittimità del brith milah («patto del taglio») praticato dal padre o dal mohèl •Cassazione, sentenza 24 novembre 2011, n. 43646: legittimità della circoncisione rituale ebraica, ma può configurarsi il reato di lesioni, che può essere «scriminato» dal consenso dell’avente diritto (il genitore: art. 50 c.p.) ma solo se «non determina una apprezzabile lesione permanente e non mostra segni di negligenza, imprudenza o imperizia»; quanto alla circoncisione pratica per ragioni culturali e etniche (non religiose), può configurarsi il reato di esercizio abusivo della professione medica (art. 348 c.p.) ma può sussistere l’ignorantia legis (art. 5 c.p.). Altri casi di «reati culturalmente motivati». Gli indirizzi giurisprudenziali «assimilazionisti» della Cassazione •Maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) " Cassazione, sentenza 30 marzo 2012, n. 12089. Non può configurarsi né la scriminante (art. 51 c.p.) né l’ignoranza della legge (art. 5 c.p.) quando il reo ponga in essere condotte che violano palesemente i diritti inviolabili ed essenziali della persona •Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 74 D.P.R.9 ottobre 1990, n. 309) " Cassazione, sentenza 5 dicembre 2005, n. 44227: non può operare la causa di giustificazione dell’esercizio del diritto di praticare il proprio culto (art. 19 Cost.) quando si appartiene ad una comunità religiosa che fa uso di bevande (come la ayahuasca, il «vino dell’anima) nelle quali è presente una o più sostanze stupefacenti o psicotrope (ma si veda anche Cassazione, sentenza 3 giugno 2008, n. 28720 in merito alla rilevanza del fattore religioso ai fini della configurabilità del reato di illecita detenzione a fini di spaccio di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990, quando il consumo di sostanze stupefacenti è previsto dalla religione di appartenenza, in specie quella «rastafariana») s e cupplacsatce Cesimente cubtueraleel 'ignorcuntaan leges noné ' applicabile Lignorantaleges I simboli religiosi nello spazio pubblico. Il kirpan indossato dai fedeli sikh I simboli della religione sikh (c.d. «5 K»): 1) Kesh: divieto di tagliare capelli, barba e peli del corpo, quali simboli di forza vitale, di virilità, coraggio e saggezza; 2) Kangha: pettine di legno che raccoglie i capelli sotto il turbante, quale simbolo di pulizia; 3) Kachera: pantaloni serrati alle ginocchia, quale simbolo di disponibilità costante al combattimento; 4) Kara: braccialetto di metallo, quale simbolo di umiltà e di appartenenza al divino; 5) Kirpan: pugnale, di solito a lama curva, quale simbolo di coraggio e di resistenza al male. •Reato di porto ingiustificato di armi o di oggetti atti ad offendere (art. 4, c. 2 della Legge 18 aprile 1975, n. 110): «Senza giustificato motivo, non possono portarsi, al di fuori della propria abitazione … strumenti da punta o da taglio atti ad offendere … nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo o di luogo, per l’offesa della persona» •Tribunale di Cremona, sentenza del 19 febbraio 2009. Sussiste il «giustificato motivo» che legittima il porto del coltello, volto ad esprimere la propria fede religiosa (art. 19 Cost.) •Tribunale di Vicenza, decreto di archiviazione del 23 gennaio 2009. Anche in questo caso si attesta l’esistenza del «giustificato motivo … dato dalla professione di un culto religioso», il quale non può essere invocato solamente se il kirpan fosse un’arma «bianca», ossia uno strumento naturalmente destinato all’offesa (art. 699 c.p.) •Cassazione, sentenza 14 giugno 2016, n. 24739. Si stabilisce che il «giustificato motivo» debba essere suscettibile di immediata verifica e non deducibile a posteriori; inoltre, il «motivo religioso» trova un «limite invalicabile […] nella pacifica convivenza e nel rispetto delle norme a tutela della sicurezza pubblica»: in particolare, le esigenze che inducono a portare il coltello al di fuori dell’abitazione devono corrispondere «a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell’oggetto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento, alla normale funzione dell’oggetto» •Cassazione, sentenza 16 giugno 2016, n. 25163. Si precisa che la manifestazione di pratiche religiose non può contrastare con i valori fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano (art. 8, c. 2 Cost.), come la sicurezza pubblica e l’incolumità della persona •Cassazione, sentenza 15 maggio 2017, n. 24084. Si afferma che l’immigrato ha il diritto a non abbandonare la propria cultura di origine (art. 2 Cost.), ma l’integrazione implica il «rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica del Paese ospitante»: non si possono riconoscere «arcipelaghi culturali confliggenti», in quanto l’immigrato ha l’obbligo «di conformare i proprio valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi», nei quali sono tutelati la pacifica convivenza e la sicurezza, compendiati nella nozione di «ordine pubblico» (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 24 marzo 2016, n. 63) •Opportunità di individuare soluzioni di «accomodamento» ragionevoli: l’adozione di alcuni accorgimenti (come in Canada); la proposta di fabbricazione di kirpan con lega malleabile, ecc. è stata tuttavia respinta dal Jathedar dell’Akal Takhal, suprema autorità religiosa del sikhismo •La necessità di conciliare il diritto di libertà religiosa con le esigenze di sicurezza sia pubblica sia individuale (es. obbligo di indossare il casco protettivo: Corte EDU, X c. Regno Unito, 12 luglio 1978) z nl giusteficato motawo atal portoaliuom sora bianca deve essere dimostrabile ermomnedssnt comente .3 huberta celegghosse trova uon proprischermite nekla skureaza preebbolisse -> CEDU -> Hamidovic VS Bosnia-Erzegovina = una norma che preveda sanzioni per i testimoni che rifiutino di deporre a capo scoperto viola l’Art. 9 CEDU se il rifiuto è giustificato da una motivazione religiosa. Sulle parti o sui testimoni non incombe alcun obbligo di neutralità. > Obbligo di sottoporsi a controlli di polizia per chi indossa abbigliamento religioso in un luogo pubblico è inderogabile per la tutela della pubblica sicurezza e proporzionato al fine perseguito. > Il casco obbligatorio per la guida dei motocicli entra spesso in conflitto con le religioni che prevedono voluminosi turbanti come l’induismo e il taoismo. In questi casi la tutela dell’integrità fisica della persona è prevalente alla libertà religiosa, come anche nei luoghi di lavoro riguardo alla attrezzatura obbligatoria prevista dai codici di sicurezza sul lavoro. > Accessori religiosi con caratteristiche tali da risultare possibilmente offensivi - Kirpan= pugnale degli aderenti alla comunità sikh che devono portare all’altezza della vita come simbolo di lotta contro il male. -> nel 2016 la Cassazione italiana ha affermato che il porto del kirpan da parte di un sikh in un luogo pubblico costituisce violazione dell’Art.4 l.110/1975 in quanto la libertà religiosa trova un limite nella pacifica convivenza e nel rispetto delle norme a tutela della sicurezza pubblica. -> nel contesto europeo ci sono più ordinamenti in cui la valenza religiosa del Kirpan ha prevalso sulle potenzialità offensive Capitolo 11 Bioetica: studio sistematico della dimensione morale delle scienze della vita e della cura della salute. Studia i limiti di liceità e illiceità degli interventi dell’uomo sulla vita umana e non umana resi possibili dal progresso scientifico e tecnologico in ambito medico. Sono rilevanti 2 profili per il diritto ecclesiastico nell’ambito bioetico: 1) il principio di laicità di Stato, che imporrebbe la creazione di una bioetica pubblica non influenzata da alcuna convinzione etico religiosa in particolare ma che fondi una tavola di valori giuridici condivisi da tutta la società; 2) la libertà di coscienza, ossia la necessità di assicurare a tutti i soggetti interessati la facoltà di agire in conformità alla propria coscienza, risultando l’obiezione di coscienza uno strumento fondamentale in ambito bioetico in Italia nell’ambito bioetico ci sono dei principi fondamentali: - principio della dignità umana - principio dell’inviolabilità della vita - diritto alla salute -> Art.32 cost. -> è inclusa la salute psicofisica dell’individuo e la libertà di scelta di cura, ma anche l’interesse della collettività alla salute che può giustificare una compressione della libertà di scelta dell’individuo. Nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizione di legge, nei limiti del rispetto della persona umana - principio di autodeterminazione della persona -> Art.2+Art.13+Art.32 cost. -> diritto incoercibile del paziente al consenso informato rispetto al trattamento sanitario cui si sottopone Anche a livello europeo sono presenti principi fondanti la materia della bioetica - diritto alla vita -> Art.2 CEDU: obbligo positivo in capo agli Stati di proteggere la vita dei suoi soggetti - diritto all’integrità psicofisica e all’autodeterminazione -> Art. 8 CEDU -> persona adulta può rifiutare un trattamento medico anche se il rifiuto ha un esito fatale A livello internazionale uno dei principali documenti in materia è la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e della biomedicina (1997) il cui Art.1 sancisce il diritto alla vita e all’integrità psico-fisica, oltre che il diritto dell’uomo di autodeterminarsi. > Obiezione all’aborto: in Italia l’aborto è considerata una extrema ratio, in quanto il bene perseguito dall’ordinamento sono i valori della vita umana nascente e della sua maternità ( Art.1-2 l.194/1978) s nel regos munato suno previste degliesoneri Art 9 l. 194/1978: diritto all’obiezione del personale sanitario ed esercente attività ausiliarie, obiezione che deve essere dichiarata entro 1 mese dal conseguimento dell’abilitazione o dall’assunzione senza l’indicazione dei motivi all’ente tenuto a fornire i servizi di interruzione della gravidanza. L’obiezione può essere revocata in qualsiasi momento. Tale obiezione esonera il personale dalle procedure e dalle attività dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, ma anche la fase di consultazione, certificazione e autorizzazione che si svolge nei consultori. - TAR Puglia -> l’obiezione riguardi solo l’atto materiale dell’interruzione della gravidanza, non anche l’assistenza psicologica, di informazione e consulenza e dalle altre funzioni che esulano dall’iter abortivo. - TAR Lazio-> Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenute in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure e interventi previsti dall’Art.7. La Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale. in Italia l’alto numero degli obiettori limita fortemente i diritti di autodeterminazione del paziente. Sono state proposte varie soluzioni: - ricorso al personale di altre strutture sanitarie e incentivazione dello svolgimento di prestazioni aggiuntive di tipo libero professionale al di fuori dell’orario di lavoro contrattuale da parte dei medici non obiettori, costo del servizio totalmente a carico del SSN -> discriminazione dei non obiettori che si ritrovano a lavorare di più rispetto agli obiettori -> per evitare obiezioni “di comodo” si potrebbe prevedere un servizio sostitutivo a titolo gratuito in attività di prevenzione dell’aborto - nei concorsi nelle strutture pubbliche si potrebbe prevedere la clausola di non obiezione all’aborto per poter partecipare -> clausola sarebbe discriminatoria in base alle convinzioni etico-religiose - TAR Puglia: riserva di posti del 50% ai non obiettori e l’altro 50% agli obiettori > Obiezione all’aborto farmaceutico - RU 486 è un farmaco specificamente abortivo, per cui la sua somministrazione da parte del medico è ricoperta dal diritto all’obiezione ex Art.9 l.194/1978, ma non è inclusa l’assistenza generica o dovuta a complicazioni in seguito all’assunzione della RU 486 - nel caso dei contraccettivi d’emergenza, essi sono propriamente abortivi a seconda del momento dell’assunzione da parte del paziente, per cui il giudice amministrativo ha escluso il diritto di obiezione alla prescrizione medica di tale tipo di farmaco > Obiezione del farmacista -> in favore al riconoscimento di tale diritto per il farmacista ci sono 2 motivi: 1) il riconoscimento del diritto di obiezione non costituisce un’eccezione, ma la regola, per cui è possibile estenderlo ai farmacisti in via analogica 2) l’obiezione è un diritto costituzionalmente garantito, per cui non sarebbe necessaria l’interpositio legislatoris. Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha riconosciuto il diritto di obiezione al farmacista, purché la donna possa comunque ottenere la realizzazione della propria richiesta farmacologica. > Obiezione del giudice tutelare che ex Art.12 è chiamato ad autorizzare l’aborto di minorenne qualora sussista il dissenso dei genitori o quando è sconsigliata la consultazione -> La Corte cost. ha escluso il diritto di obiezione in quanto il provvedimento non è decisorio ma attributivo della facoltà di decidere, unicamente integrativo della volontà della minorenne > Obiezione di coscienza all’intervento di procreazione assistita (Art. 16 l. 40/2004). La Corte cost. Si è pronunciata varie volte su tale legge, dichiarando l’illegittimità costituzionale: - Art.14, c.2 nella parte in cui vieta sempre e comunque, senza riguardo alla fattispecie concreta, la creazione di un numero di embrioni superiori a 3 con l’obbligo di un unico contestuale impianto - Art.14, c.1, derogando così al divieto di crioconservazione - Art.14, c.3 dove non prevede che il trasferimento degli embrioni sia effettuato senza pregiudizio della salute della donna - nella parte della legge che esclude che possano accedere alla PMA le coppie portatrici di gravi malattie geneticamente trasmissibili e anche è illegittima la condotta selettiva del personale medico che decide di non trasferire gli embrioni dopo aver scoperto che l’utero è affetto da malattie geneticamente trasmissibili. - è illegittimo il divieto alla fecondazione eterologa in quanto comprime in modo sproporzionato il diritto alla genitorialità p legge sull accessorall abcorto > obiezione alla sperimentazione animale ( l.413/1993): l’obiezione deve essere dichiarata alla presentazione della domanda di assunzione o di partecipazione al concorso o prima dell’inizio delle lezioni nel caso delle università. Il lavoratore ha diritto a ricoprire una mansione diversa ma mantenendo la stessa qualifica e trattamento economico, mentre allo studente si rende facoltativa la frequenza alle esercitazioni in laboratorio dove è prevista la sperimentazione animale. Ci sono alcuni casi di obiezione contra legem > Obiezione ai trattamenti sanitari obbligatorio ex Art.32.2 cost. quali la vaccinazione obbligatoria > Obiezione all’eutanasia: il diritto all’autodeterminazione del paziente fa sorgere l’obbligo giuridico del medico di interrompere la somministrazione dei mezzi terapeutici. Se l’interruzione richiede l’intervento dell’equipe medica gli operatori sanitari hanno il diritto di astenersi dalle condotte fatto salvo il diritto del paziente di ottenere altrimenti la realizzazione della sua richiesta Capitolo 12 La libertà religiosa nei rapporti di lavoro emerge sotto un duplice aspetto: - la libertà religiosa del lavoratore, intesa sia come libertà di manifestare le proprie convinzioni religiose/ ideologiche senza che ciò leda il godimento dei diritti spettanti a ogni lavoratore sia come libertà di manifestare le proprie convinzioni religiose e filosofiche senza che l’attività lavorativa costituisca un ostacolo - la libertà religiosa del datore di lavoro, ossia come libertà del datore di organizzare l’attività produttiva in conformità alle proprie convinzioni religiose /ideologiche Nell’ordinamento italiano vige il principio di irrilevanza delle convinzioni religiose del lavoratore, che determina in capo ai datori di lavoro una serie di obblighi: - divieto di indagare sulla fede religiosa del lavoratore - divieto di trattare un lavoratore in modo diverso per motivi esclusivamente attinenti alle proprie convinzioni religiose - divieto di ogni licenziamento determinato dalle convinzioni religiose del lavoratore - divieto di prescrizioni limitative delle facoltà promananti dal diritto di libertà religiosa del lavoratore Art.19 TFUE e Direttiva 2000/78/CE stabiliscono in ambito comunitario un principio generale di non discriminazione in base alle convinzioni religiose o ideologiche Art 36, c.3 cost. -> diritto al riposo settimanale del lavoratore che il legislatore ha fatto coincidere con la domenica Art. 6 degli Accordi di Villa Madama: ha riconosciuto come festività civili tutte le domeniche e le festività religiose determinate d’intesa tra le parti, facendo dunque coincidere il calendario civile con il solo calendario cattolico. Occorre dunque distinguere tra: - confessioni che hanno concluso un’intesa con lo Stato italiano -> le relative intese riconoscono il diritto al riposo lavorativo settimanale in giorni diversi dalla domenica e in corrispondenza delle festività religiose indicate nell’intesa, senza pregiudicare però i servizi pubblici essenziali - confessioni che non hanno un intesa con lo Stato italiano -> unica tutela è l’Art.6 l. 339/1958 che però riguarda i soli lavoratori domestici Vi sono varie pronunce della CEDU su tale tematica: -> Vivien Paris VS Consiglio delle Comunità europee (1976)= se un candidato comunica tempestivamente all’autorità che ha il potere di nomina che, per ragioni di indole religiosa, non potrà presentarsi agli esami di una certa data, l’autorità dovrà tenerne conto e cercare di non fissare in quelle date l’esame. -> Cresco Investigation GmbH VS Markus Achatzi (2019)= Una normativa che prevede il Venerdì Santo come giorno festivo per talune chiese cristiane, con diritto di indennità complementare per le prestazioni svolte in tale giorno, costituisce una discriminazione diretta, tale per cui il datore ha l’obbligo di accordare tali condizioni anche agli altri lavoratori. > Obiezione di coscienza professionale: il rifiuto del lavoratore di adempiere determinate mansioni affidategli dal datore in quanto contrarie a un precetto religioso o ad un imperativo etico cui il lavoratore aderisce -> in aziende dalla produzione già diversificata -> il datore deve utilizzare il lavoratore obiettore in modo da consentire lo svolgimento dell’attività lavorativa senza senza arrecare un pregiudizio alla sua dignità -> lavoro alle dipendenze della P.A. .-> se il diritto non è concesso dalla legge, non può essere esercitato. Capitolo 13 Nell’ambito dell’istruzione e dell’educazione vengono in rilievo: - la libertà di coscienza e religione del discente - la libertà religiosa dei genitori, in particolare nella dimensione dell’autodeterminazione dei genitori circa il patrimonio assiologico che si intende trasmettere ai figli, declinandosi così nella libertà educativa dei genitori L’Art. 2 del I Protocollo addizionale alla CEDU impone allo Stato un divieto di indottrinamento - la libertà religiosa dei docenti, rinvenibile non solo nell’Art. 19 cost. ma anche nel principio del carattere libero dell’insegnamento ex Art. 33, c.1 cost. In epoca liberale l’insegnamento della religione cattolica era solo obbligatorio nelle scuole elementari. Con la legge Coppino e successivi regolamenti si rese facoltativa sia l’istruzione dell’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche primarie da parte dei comuni, sia la relativa frequenza da parte degli alunni. Con la riforma Gentile (1923) rintrodusse l’insegnamento della religione nella scuola elementare, anche nella forma dell’insegnamento diffuso, mentre il Concordato (1929) estese l’obbligo di insegnamento della religione cattolica anche alle scuole secondarie in un quadro di legislatio auctoritatis, ossia come simbolo di unione del popolo sotto l’autorità fascista. Oggi la materia è regolamentata da: > Art. 9 l.121/1985 (legge di esecuzione degli Accordi di Villa Madama 1984): la repubblica, riconoscendo il valore storico culturale della fede cattolica, continuerà ad assicurare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie. Ma è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersene o meno dell’insegnamento, scelta che deve essere fatta all’atto di iscrizione e che non deve provocare alcun trattamento discriminatorio nella formazione delle classi, nella durata dell’orario scolastico e nella collocazione dell’insegnamento nell’orario. -> d.p.r. 175/2012-> la scelta deve essere effettuata dal genitore, dallo studente maggiorenne o minorenne delle scuole superiori di secondo grado, all’atto di iscrizione, e la scelta dura per tutti gli anni successivi, fermo il diritto di scegliere anno per anno. La Corte costituzionale si è pronunciata in 3 occasioni sulla legittimità dell’Art 9 l.121/1985: - Sent. 203/1989: fu sollevata la questione di legittimità con riferimento alla circolare del Ministro dell’Istruzione che prevedeva per gli studenti non avvalentesi l’obbligo di frequenza di materie alternative, trasformando l’insegnamento della religione da materia facoltativa ad alternativa, posto al di fuori dell’orario scolastico, in quanto in contrasto con l’Art.19, 3 e 2 cost. La corte afferma che lo Stato è obbligato dagli Accordi del 1929 a garantire nelle scuole l’insegnamento della religione, ma tale obbligo non vale anche per i genitori e gli studenti, i quali, se decidono di non avvalersene, l’alternativa è uno stato di “non obbligo”, dunque non un’obbligazione alternativa ma l’esercizio di un diritto costituzionale non derogabile. - Sent. 13/1991: fu sollevata la questione di legittimità con riguardo alla collocazione dell’insegnamento della religione nel novero delle ore obbligatorie, comportando per i non avvalentesi l’obbligo di rimanere a scuola e la riduzione del numero di ore disponibili per la normale attività didattica. La Corte rigetta la questione spiegando che lo “stato di non obbligo” vale a separare il momento dell’interrogazione della coscienza sulla scelta di libertà della o dalla religione, da quello delle libere richieste individuali alla organizzazione scolastica. - Sent. 290/1992: fu sollevata questione di legittimità con riguardo alla collocazione dell’insegnamento della religione in ore intercalari, così costringendo i minori non avvalentesi di rimanere nell’istituto e rendendo difficile per i genitori l’alternativa dell’allontanamento temporaneo dall’edificio. La Corte rigetta la domanda sottolineando che la questione non riguarda il giudice di costituzionalità, bensì il giudice amministrativo in quanto la materia concerne l’organizzazione interna alla scuola. > la disciplina concordata dallo Stato con le altre confessioni religiose prevede la possibilità delle confessioni interessate a rispondere ad eventuali richieste da parte di alunni/famiglie/organi scolastici in ordine allo studio di una dottrina religiosa diversa da quella cattolica, ma i relativi oneri finanziari sono a carico delle confessioni religiose interessate. Alcune intese permettono assenze giustificate agli alunni nel giorno di sabato, effettuate a richiesta dei genitori/alunni maggiorenni > N. 5 Protocollo addizionale: definisce i soggetti che impartiscono tale insegnamento e rimette alla Conferenza Episcopale Italiana il compito di valutare i programmi proposti. L’insegnamento della religione deve essere rispettato al pari delle altre materie. > l.186/2003: l’accesso al ruolo di docente di religione avviene per concorso, per esame e per titoli da parte dei candidati che devono essere muniti del riconoscimento di idoneità rilasciato dal diocesano competente per territorio, e possono partecipare solo ai concorsi indetti dal territorio della diocesi che ha rilasciato l’idoneità. La risoluzione del rapporto di lavoro si può avere anche per revoca dell’idoneità da parte della diocesi se riscontra una “grave carenza della retta dottrina professata” dal docente o “un comportamento pubblico contrastante con la morale cattolica”. Il docente con contratto di lavoro a tempo indeterminato a cui sia stata revocata l’idoneità ha diritto alla mobilità professionale nel comparto del personale della scuola, subordinatamente al possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento richiesto. > Presenza di simboli religiosi nello spazio scolastico Nell’ordinamento italiano l’affissione del crocefisso nelle scuole pubbliche è prevista da norme risalenti, e il mantenimento del crocefisso è stato giustificato dal Consiglio di Stato con l’universalità simbolica del crocefisso. TAR Veneto: solleva questione di legittimità in riferimento agli Artt. 2,3,7,8,19 e 20 cost. degli Artt. 159 e 190 TU Istruzione che prevedevano la presenza del crocefisso tra gli arredi obbligatori nelle aule. La Corte Cost: -> dal punto di vista procedurale, la domanda non era fondata in quanto non faceva riferimento a disposizioni di legge ma a regolamenti, sui quali non è possibile invocare un sindacato di legittimità -> nel merito, la croce va considerato come simbolo religioso del cristianesimo non nella sua totalità, ma nella misura in cui i suoi valori sono divenuti principi fondanti della Repubblica. La laicità è relativa alla specifica organizzazione istituzionale di ciascuno Stato, e quindi è essenzialmente storica. Il crocefisso può assumere diversi significati in base al luogo in cui si trova. Nelle aule di scuola, manterrà il proprio significato religioso per i credenti, ma per i non credenti sarà simbolo dei valori civili fondanti il nostro Paese. La CEDU, nel caso Lautsi VS Italia (2009), ha ritenuto che il crocefisso violasse l’art. 9 CEDU e l’art. 2 I Protocollo addizionale CEDU, in quanto lo Stato si deve astenere da qualsiasi forma di indottrinamento, e il crocefisso, sebbene possa assumere diversi significati, quello religioso rimane quello predominante, contrastando con la libertà religiosa dei genitori degli alunni e con il principio di neutralità confessionale nell’esercizio della funzione pubblica. Investita del ricorso da parte del Governo italiano, la CEDU ha ribaltato il suo giudizio, riconoscendo il margine di apprezzamento di ciascuno Stato nel bilanciamento tra la sua funzione educativa e il diritto dei genitori di educare e istruire i propri figli. > La celebrazione di riti religiosi a scuola Art-113 TU Istruzione ammette la celebrazione di atti di culto purché al di fuori dell’orario scolastico e senza che gli alunni non avvalentesi possano essere obbligati ad assistervi. Riguardo al rito cattolico di benedizione pasquale dei luoghi in cui si vive e lavora, ci sono 2 orientamenti: - riprendendo il principio di laicità, l’atto di culto è ammesso se e in quanto fatto culturale portatore di valori non in contrasto con i principi e le regole fondate dell’ordinamento e della convivenza civile - riprendendo il principio di non discriminazione religiosa ex Art. 20 cost. e il compito di riconoscimento e valorizzazione delle diversità delle istituzioni scolastiche, la celebrazione di riti è ammessa purché non pregiudichi l’ordinato svolgimento delle attività didattiche, purché la partecipazione sia libera e facoltativa, e il rito non contenga elementi di intolleranza verso chi pratica confessioni diverse. Capitolo 14 Nei Paesi europei è prevalso il sistema monistico dell’ordinamento civile della famiglia, per il quale si afferma la competenza solo dello Stato a disciplinare il matrimonio e i rapporti di famiglia, mettendo in rilievo il problema di quale spazio sia riconosciuto all’autodeterminazione religiosa nel sistema familiare sotto due aspetti: - autonomia della singola persona a conformare la propria vita familiare ai precetti religiosi in cui si rispecchia - autonomia della confessione religiosa che chiede che i propri fedeli possano vivere i rapporti familiari secondo i precetti religiosi, e che agli atti compiuti siano riconosciuti effetti civili. Prima degli anni Settanta era prevalente un modello di famiglia basato sul matrimonio legittimo, a struttura patriarcale e basato sulla preminenza dell’interesse della famiglia in quanto istituzione di rilevanza sociale e pubblica rispetto alla sua dimensione intima e individuale. -> l. 898/1970 -> introduce il divorzio -> l.171/1975 -> revisione della disciplina familiare del c.c. La costituzione e lo svolgimento della vita familiare sono riconosciuti quali diritti fondamentali della persona, affermandosi il modello privatistico di autonomia coniugale, in base al quale i coniugi possono decidere liberamente il momento della costituzione del matrimonio, la durata del vincolo e i rapporti personali e patrimoniali, costituendo come unico vincolo la regola dell’accordo e il principio di uguaglianza tra uomo e donna. Per quanto riguarda la filiazione: -> riguardo la scelta di avere figli, l’ordinamento non esercita alcuna ingerenza -> riguardo i rapporti tra genitori e figli, essi sono regolati da norme imperative inderogabili il cui rispetto è assicurato dai controlli dell’autorità giudiziaria e da un sistema di assistenza sociale Art. 315 c.c. -> tutti i figli hanno il medesimo status giuridico -> uguaglianza tra figli legittimi e figli naturali Art. 315-bis c.c. -> potestà genitoriale è funzionale ai doveri di “mantenere, educare, istruire e assistere moralmente i figli” Art. 30 cost. -> diritto e dovere di mantenere, educare, istruire i figli secondo le proprie convinzioni e sistema di valori, senza sottostare ad indirizzi imposti dall’autorità pubblica Dunque le relazioni familiari sono: -> relazioni personali, a carattere affettivo-solidaristico -> relazioni di fatto, basate sull’esistenza di stretti legami affettivi -> garantite in connessione alla tutela dei diritti individuali di ciascun membro della famiglia -> risente della impostazione solidaristica tesa a proteggere più i diritti delle persone in famiglia piuttosto che a valorizzare la struttura giuridica della famiglia Ci sono diversi tipi di fattispecie problematiche di esercizio della libertà religiosa nelle relazioni familiari: 1) Pretesa al riconoscimento di un potere di autodeterminazione individuale nella gestione concreta dei rapporti familiari: occorre valutare la compatibilità del diritto di autodeterminazione personale con la dimensione solidale e comunitaria dei rapporti familiari 2) Pretesa al riconoscimento di un modello di famiglia o di norme particolari diverse dall’ordinamento giuridico civile: occorre accertare la compatibilità del diritto di autodeterminazione individuale con i principi di ordine pubblico alla base dell’ordinamento civile 3) Pretesa al riconoscimento di un potere di autodeterminazione sia nei confronti dell’ordinamento civile sia dell’altro coniuge > Libertà religiosa del coniuge: il coniuge è libero di professare una fede religiosa e di mutare il proprio credo in seguito al matrimonio. La conversione postuma non costituisce di per sé violazione dei doveri coniugali e dunque non può essere considerato come causa di addebito alla separazione, ma piuttosto una causa indiretta, qualora la conversione porti il coniuge convertito ad assumere concetti e pratiche pregiudizievoli ai doveri coniugali ex Art. 143 e 147 c.c. e rendere difficile o impossibile la convivenza con il coniuge e la prole, assumendo i comportamenti religiosamente orientati il ruolo di causa di separazione e non la conversione. IL MATRIMONIO Nei Paesi europei prevale un impostazione monistica, affermando la sola competenza dell’ordinamento civile a regolare il matrimonio, per cui le norme confessionali possono acquisire effetti civili solo con un rinvio positivo del diritto dello Stato e non possono avere effetto automatico ma devono essere oggetto di uno esplicito atto di volontà dei nubendi. Si registrano orientamenti diversi negli ordinamenti giuridici europei: - gli ordinamenti ispirati al separatismo, considerano il matrimonio celebrato nella sola forma religiosa come del tutto irrilevante, per cui i nubendi dovranno effettuare una doppia celebrazione e costituire due unioni, quella religiosa e quella civile - gli ordinamenti che prevedono la possibilità di riconoscere effetti civili ai matrimoni religiosi prevedono due possibili sistemi: 1) ai credenti si riconosce il diritto di scegliere tra diverse forme di celebrazione dell’atto di matrimonio, non però di scegliere un diverso regime di regolamentazione dell’istituto, perché lo Stato prevede un unico regime regolato dalle norme civili 2) il matrimonio è riconosciuto quale res spirituali, per cui lo Stato resta competente a regolare esclusivamente gli effetti civili che si producono nel suo ordinamento a seguito della trascrizione dell’atto di matrimonio nei registri di Stato civile. L’ordinamento giuridico italiano prevede 3 modelli di disciplina del matrimonio: I) matrimonio civile: la costituzione e gli effetti sono regolati dal c.c. II) matrimonio concordatario per i cattolici: è previsto dall’Art.34 del Concordato Laternanense che riconosce al sacramento del matrimonio effetti civili. Il sistema del matrimonio concordatario è basato su 2 pilastri: 1) il riconoscimento della giurisdizione ecclesiastica sul matrimonio per cui: -> si riserva ai tribunali ecclesiastici la competenza a giudicare le cause di nullità del matrimonio, mentre ai dicasteri ecclesiastici la competenza sulle cause di dispensa del matrimonio rato o non consumato -> si riconosce efficacia civile alle sentenze dei tribunali e dicasteri ecclesiastici sulle loro materie 2) il riconoscimento di effetti civili al matrimonio sorto nell’ordinamento canonico Con la legge introduttiva del divorzio l. 898/1970: -> viene meno il riconoscimento integrale dell’istituto sostanziale del matrimonio canonico in quanto viene meno il principio di indissolubilità del matrimonio -> si stabilisce una diarchia tra Stato e Chiesa: alla Chiesa spetta la disciplina del matrimonio-atto, ossia del momento della costituzione del matrimonio, mentre allo Stato spetta la disciplina del matrimonio-rapporto, cioè le conseguenze che il matrimonio produce nell’ordinamento civile -> sentenza della Corte cost. 1° marzo 1971, n. 32: ha esteso i limiti di trascrizione del matrimonio canonico, affermando l’illegittimità della l. 847/1929 nella parte in cui non prevede l’impugnabilità della trascrizione nel caso in cui uno dei coniugi sia stato incapace di intendere e di volere, e nel caso uno dei coniugi sia minorenne -> sentenza della Corte cost. 2 febbraio 1982, nn. 16 e 18: ha affermato l’illegittimità della l.847/1929 nella parte in cui non prevede che la Corte di appello, nel procedimento che attribuisce effetti civili alle sentenze ecclesiastiche, possa accertare: - che sia stato garantito il diritto ad agire e a resistere in giudizio - che la sentenza non contenga disposizioni contrarie all’ordine pubblico italiano -> sent. n. 18 del 1982: ha riconosciuto l’illegittimità delle norme che prevedono il riconoscimento di effetti civili alle dispense del matrimonio rato e non consumato. La trascrizione del matrimonio concordatario, regolato art. 8 dell’Accordo di revisione del 1984 (legge 25 marzo 1985, n. 121), è subordinata a una serie di adempimenti: I] richiesta delle pubblicazioni civili devono essere fatte da entrambi i nubendi. Delle pubblicazioni se ne occupa l’ufficiale di stato civile con l’affissione nella casa comunale per 8 gg consecutivi. Alla trascrizione possono essere opposti solo gli impedimenti previsti dall’Accordo (età, impotenza, precedente vincolo matrimoniale, la sacra ordinazione, il ratto, il coniugicidio, la parentela e l’affinità, la pubblica onestà e la parentela legale) Itrascacori canoniches verificat el nulla osta alla celebracione secondoil drulto camomi II] Dopo 3 gg dal compimento delle pubblicazioni, una volta accertato che vi sia alcun impedimento alla trascrizione, rilascia il nulla osta alla celebrazione, che garantisce ai nubendi che il matrimonio sarà trascritto anche se successivamente l’ufficiale venisse a conoscenza dell’esistenza di eventuali impedimenti. III] lettura degli Artt. 143, 144 e 147 c.c. da parte del ministro di culto che presiede il rito nunziale IV] redazione dell’atto di matrimonio “in doppio originale”: il ministro celebrante deve redigere due atti originali che saranno entrambi sottoscritti dai coniugi, dai due testimoni e dal celebrante. I due atti avranno natura di atto pubblico. V] il parrocco della chiesa in cui si è svolto il matrimonio entro 5 gg dalla celebrazione deve inviare 1 dei due atti originali all’ufficiale di stato civile del comune in cui è stato celebrato il matrimonio insieme a una richiesta di trascrizione. L’ufficiale di Stato dovrà poi trascrivere l’atto nei registri civili entro 24 h. mentre il ritardo dell’ufficiale non produce effetti civili, il ritardo del parroco comporta l’impossibilità di trasmettere l’atto di matrimonio. La trascrizione tempestiva (cioè effettuata nei tempi previsti dalla legge) ha efficacia costitutiva (ex tunc) e retroattiva alla celebrazione del matrimonio. Matrimoni canonici non previsti dall’Accordo: segreto, coram solis testibus, per procura, degli stranieri in Italia, celebrato all’estero La trascrizione è tuttavia ammessa quando, secondo la legge civile, l’azione di nullità o di annullamento non potrebbe essere più proposta Trascrizione tardiva: modalità di trascrizione del matrimonio che può essere eseguita sia se il parroco non ha trasmesso gli atti di matrimonio entro 5gg dalla celebrazione, sia quando il matrimonio non era sin dall’origine destinato a produrre effetti civili (in questo caso si tratta di trascrizione ritardata). Tale trascrizione deve essere richiesta direttamente dai coniugi o 1 solo, purché l’altro ne sia a conoscenza e non si opponga, all’ufficiale di stato civile, il quale dovrà accertare l’inesistenza di impedimenti e che i coniugi abbiano mantenuto ininterrottamente lo stato libero. La trascrizione tardiva ha efficacia costitutiva e retroattiva, ma non produce effetti verso terzi. III) matrimonio religioso per gli altri culti: la Art. 7 ss. l. 1159/1929 ha esteso ai culti diversi da quello cattolico la possibilità di contrarre in forma religiosa un matrimonio valido agli effetti civili, prevedendo la medesima procedura di quello concordatario ma con delle differenze: -> il rinvio alle norme confessionali è limitato solo al rito di celebrazione del matrimonio -> possono ottenere effetti civili solo i matrimoni celebrati da un ministro di culto approvato dal Ministero dell’Interno, che abbia la cittadinanza italiana e sappia l’italiano -> il ministro di culto deve ricevere alla presenza dei due testimoni la dichiarazione direttamente dai nubendi di voler divenire marito e moglie, senza apporre condizioni o termini -> non si può ricorrere alla trascrizione tardiva Per le confessioni religiose che hanno stipulato un’intesa con lo Stato italiano sono previste altre condizioni: -> il ministro di culto non deve essere approvato dal Ministro degli Interni ma solo che abbia la cittadinanza italiana. La disciplina del rito è rimessa interamente all’ordinamento religioso -> la lettura degli artt. 143,144 e 147 c.c.è fatta davanti all’ufficiale di stato civile > rilevanza della giurisdizione ecclesiastica sul matrimonio -> In Portogallo la riserva di giurisdizione è ancora in vigore -> A Malta si prevede la possibilità del concorso di giurisdizioni, con la prevalenza di quella ecclesiastica se la questione è posta innanzi a entrambi i fori -> In Spagna e Italia il silenzio della norma pattizia ha portato la giurisdizione nazionale ad ammettere il concorso di giurisdizione: - chi sostiene il venir meno della riserva si basa sull’Art. 13 degli Accordi di Villa Madama, dove si dice che le disposizioni del concordato non riprodotte nell’Accordo sono da ritenere abrogate (Cass. civ., sez. un., 13 febbraio 1993, n. 1824) - la Corte cost. sostiene invece il contrario: la giurisdizione esclusiva ecclesiastica appare come una conseguenza necessaria della disciplina, che attribuisce al diritto canonico la disciplina della costituzione del matrimonio, sia come conseguenza del principio di laicità dello Stato e di distinzione degli ordini. la questione più delicata riguarda il diritto applicabile nel giudizio sulla validità del matrimonio esperito davanti al giudice civile: sembra prevalere l’applicazione del diritto canonico, sia perché il matrimonio civile e quello concordatario risultano essere due istituti non sovrapponibili, sia per la tutela della libertà religiosa di chi ha scelto il matrimonio concordatario per regolare il proprio connubio. delbaciwne Kzi basano anche sull 'ARTS. 2 Protocollo Adducionale s dohubaadre sentence ecclosiastechud n rullatc os ART YGE -797C. P.E.? Septenze Straniere > provvedimenti oggetto di riconoscimento -> In Portogallo e in Spagna è riconosciuta efficacia civile sia delle sentenze di nullità del matrimonio sia delle dispense di matrimonio rato e non consumato -> A Malta possono essere riconosciute sia dispense pontificie super rato quanto le sentenze dei tribunali pro nullitate e pro validate matrimonii -> In Italia, con la riforma del 1984, possono essere riconosciute solo le sentenze di nullità di matrimonio e non le dispense pontificie super rato. >procedimento di delibazione delle sentenze ecclesiastiche -> In Spagna è richiesta conformità provvedimento ecclesiastico al diritto di Stato, mentre il c.c. rimanda alle norme sull’efficacia delle sentenze straniere -> A Malta si deve accertare l’inesistenza di sentenze contrarie di tribunali civili passate in giudicato -> In Portogallo si deve accertare la non contrarietà delle sentenze ecclesiastiche con i principi di ordine pubblico internazionale -> In Italia il procedimento è equiparato a quello di delibazione delle sentenze straniere regolato dagli art. 796 e 797 c.p.c. Sebbene queste norme siano state abrogate con la l. 218/1995 che riconosce efficacia automatica alle sentenze straniere, la Cassazione ritiene che il rinvio agli art. 796 e 797 c.p.c. sia un rinvio materiale e non formale, per cui il testo di questi articoli continua a sopravvivere nei rapporti con la giurisdizione ecclesiastica. Il procedimento di delibazione delle sentenze ecclesiastiche ( art. 8, n. 2, dell’Accordo e dal punto 4, lett. b), del Protocollo addizionale) è iniziato su domanda: - presentata da entrambi i coniugi -> attraverso ricorso e procedimento camerale - presentata da 1 dei coniugi -> attraverso atto di citazione e procedimento ordinario La sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità, e divenuta esecutiva a norma del diritto canonico (can. 1684 c.i.c.), deve essere trasmessa alla Corte d’appello unitamente al decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo, cioè il decreto del tribunale della Segnatura Apostolica, attestante il rispetto delle norme di diritto canonico. La Corte d’appello accerta: > che il giudice ecclesiastico era il giudice competente a conoscere della causa in quanto matrimonio celebrato in conformità dell’art. 8 della l. 25 marzo 1985, n. 121 > che nel procedimento davanti ai Tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano > che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere: art. 796-797 cpc : -> che la sentenza delibanda non sia contraria ad altra sentenza italiana -> che non sia pendente davanti al giudice italiano altro giudizio fra le medesime parti e avente il medesimo oggetto -> che la sentenza non sia contraria all’ordine pubblico-> come interpretare la nozione di ordine pubblico? - Corte costituzionale: l’insieme delle regole fondamentali poste dalla costituzione e dalle leggi a base degli istituti giuridici in cui si articola l’ordinamento positivo nel suo adeguarsi all’evoluzione della società - Cassazione: -> prima ha ritenuto di configurare un “ordine pubblico concordatario”= rispondente alle regole particolari vigenti nei rapporti tra Stato e Chiesa -> poi ha ritenuto di fare riferimento a un “ordine pubblico internazionale”, che ha un contenuto più ristretto di quello interno -> Sent. Cass. Sez. Un. 4700/1988= il concetto di ordine pubblico internazionale deve essere applicato in maniera più attenuata per la “maggiore responsabilità” verso l’ordinamento canonico, per cui non rilevano le difformità tra ordinamento canonico e civile, ma solo le divergenze che comportano la violazione dei principi di ordine pubblico, inteso come quello interno, ossia gli elementi essenziali della regolamentazione dell’istituto in Italia La Sent. Cass. Sez. Un. 4700/1988 distingue tra: - incompatibilità assoluta= fatti alla base della disciplina applicata nella sentenza canonica non sono assimilabili a quelle che potrebbero avere effetti analoghi in Italia -> impedisce delibazione - incompatibilità relativa= non impediscono la delibazione - Ministri di culto Ogni confessione religiosa presenta dei soggetti investiti di funzioni istituzionali particolari, che fruiscono di una speciale condizione giuridica all’interno della confessione e che svolgono, di conseguenza, un ruolo speciale anche nell’ambiente sociale esterno. L’ordinamento civile ha sempre dedicato molta attenzione a questi soggetti confessionali riconoscendo loro, attraverso la legislazione unilaterale e mediante disposizioni pattizie, determinati diritti e prerogative, o prevedendo per essi specifiche incompatibilità con doveri o funzioni pubbliche o sociali. La qualifica più generale presa in considerazione dall’ordinamento dello Stato è quella di ministro del culto, con la quale ci si riferisce ai ministri di qualsivoglia confessione che abbiano una potestà spirituale, di magistero o di giurisdizione, su una porzione di fedeli, o comunque di appartenenti al culto. La qualificazione di ministro del culto è civilistica, e presuppone la certificazione in senso conforme della rispettiva confessione religiosa. > Sacerdote= soggetti che, per l’ordinamento canonico, hanno ricevuto l’ordine sacro, e che in quanto tali sono anche ministri del culto. > Religioso= quanti, siano o meno sacerdoti, fanno vita in comune nell’ambito di un Istituto religioso con professione di voti pubblici di povertà, castità e obbedienza. > Ecclesiastici= comprende i sacerdoti e coloro che tra i religiosi siano anche ordinati in sacris. L’ordinamento civile non recepisce lo status giuridico confessionale, non riconosce cioè automaticamente quei diritti e doveri che competono loro all’interno della confessione di appartenenza. Il segreto confessionale Nella Chiesa cattolica esiste l’obbligo assoluto del sacerdote al segreto confessionale, di ciò che ha saputo nell’amministrare il sacramento della confessione, ma esso non viene preso in considerazione autonomamente dall’ordinamento civile, bensì come parte di un più vasto diritto-dovere a mantenere il segreto. - Il rapporto di fiducia e di confidenza può stabilirsi tra fedele e ministro del culto per tutto ciò che attiene la sfera propriamente spirituale, la dimensione morale, quei rapporti personali e familiari per i quali il ministro può essere utile consigliere. - Ci sono, poi, soggetti confessionali sovraordinati che, per la funzione che svolgono, sono a conoscenza di questioni riservate riguardanti l’organizzazione ecclesiastica, o la vita e l’operato di altri ministri di culto. - Infine i ministri di culto sono per il solito depositari e custodi di documenti che contengono notizie, informazioni, dati, relativi ai fedeli, o ad altri ministri. Le disposizioni che tutelano il segreto ministeriale intendono assicurare una duplice garanzia: a) nei confronti dell’espletamento del ministero religioso che non potrebbe dispiegarsi pienamente se non garantito nella riservatezza dei propri contenuti; b) nei confronti di coloro che si rivolgono al ministro del culto in base ad un rapporto fiduciario tipico e caratteristico delle confessioni religiose La tutela giuridica è di carattere generale, e riguarda i ministri di tutte le confessioni i cui statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. La protezione del segreto si estende a quanto il ministro del culto ha appreso nell’esercizio del proprio ministero. Non è necessario che chi ha confidato degli elementi riservati sia un fedele della confessione cui appartiene il ministro. Ciò che conta è che sussista un preciso nesso di causalità tra l’informazione pervenuta e l’esercizio del ministero. La tutela del segreto non è limitata al profilo per così dire soggettivo, ma si estende a quegli atti o documenti che siano in possesso dei ministri del culto e che siano coperti dal segreto. Compete all’autorità giudiziaria valutare della fondatezza della dichiarazione e, in caso contrario, disporre comunque per il sequestro della documentazione. - - Incompatibilità dei ministri di culto La legislazione unilaterale statale fa ancora riferimento ai ministri di culto e agli ecclesiastici prevedendone l’incompatibilità con determinati uffici o funzioni civili. -> Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale, nel territorio nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri di culto che hanno giurisdizione e cura d’anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci. La legge ha inteso impedire che l’influenza sociale dei soggetti indicati possa essere utilizzata per ottenere più agevolmente l’elezione, o che nell’esercizio delle funzioni di sindaco il ministro di culto possa essere condizionato da autorità religiose superiori, o da interessi connessi alla sua appartenenza confessionale. -> la legge esclude che i ministri di culto e i religiosi di ogni ordine e congregazione possano essere giudici popolari nelle Corti d’Assise. Si ritiene che ministri del culto e religiosi possano essere condizionati nel valutare certi comportamenti dalle proprie convinzioni morali. -> la legge esclude che gli ecclesiastici e i ministri del culto di qualunque confessione religiosa possano esercitare le funzioni di giudice di pace, o possano essere nominati giudici onorari aggregati. -> i ministri di culto non possono assumere l’ufficio di notaio: si vuole evitare che il notaio-ministro di culto favorisca, magari indirettamente, gli interessi patrimoniali della confessione di appartenenza influenzando i cittadini quando si accingono a formalizzare determinati atti -> i ministri di culto non possono assumere l’ufficio di esattore delle tasse: sussiste una qualche intima contraddizione tra la funzione esattoriale e la natura dell’ufficio ministeriale -> Non sussiste più, invece, l’incompatibilità per i ministri di culto per l’esercizio della professione di avvocato e procuratore legale. A livello penalistico, occorre tenere presente che tra le aggravanti comuni di un reato figura - quella di aver commesso il fatto contro una persona rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato (art. 61, n. 10, c.p.), - è considerata aggravante comune l’aver commesso il fatto con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministri di un culto (art. 61, n. 9). L’articolo 498 del codice penale punisce chi indossa abusivamente l’abito ecclesiastico, intendendo con ciò tutelare la fede pubblica, cioè quella fiducia che i privati ripongono in linea di massima nella veste ecclesiastica. L’ordinamento giuridico fa riferimento ai ministri di culto di una o più confessioni religiose per molteplici funzioni, come quella di celebrante dei matrimoni religioni aventi effetti civili, o di avente diritto a svolgere assistenza religiosa nelle c.d. strutture obbliganti. Il ministro del culto cattolico, - in quanto parroco, è rappresentante della relativa parrocchia, e porta la responsabilità dei relativi immobili, compreso l’edificio di culto; - in quanto rettore, è responsabile e custode della chiesa che gli viene affidata; - i vescovi, in quanto ordinari del luogo, oltre ad essere rappresentanti dell’ente diocesi, e responsabili della relativa chiesa cattedrale, assolvono ad una pluralità di compiti e funzioni di natura gerarchica -3 reato contro minuistro de culto s reato complunto son abuson della propriaposianon dimonistoo shaculto I religiosi cattolici sono coloro che fanno vita in comune dopo aver emesso i voti pubblici di povertà, castità e obbedienza. Questi voti non hanno rilevanza civile. L’impedimentum votis per chi abbia emesso voto perpetuo di castità è del tutto irrilevante quando il religioso intenda contrarre matrimonio civile. Altrettanto, nessuna rilevanza civile è riconosciuta all’obbligo di obbedienza dovuta ai superiori. Quando l’attività del religioso viene prestata all’interno dell’Istituto di appartenenza, per finalità istituzionali dello stesso Istituto, non soltanto il religioso non riceve alcuna retribuzione, ma l’Istituto non considera comunque tali rapporti come rapporti di lavoro, né sulla loro base provvede ad alcuna forma di contribuzione previdenziale. - Secondo una prima impostazione teorica, sussiste un rapporto di lavoro subordinato ogniqualvolta l’Istituto «svolga un’attività che sia rilevante per l’ordinamento dello Stato», che abbia cioè carattere economico ed extraecclesiastico. In questo caso, opererebbe il principio previsto dall’articolo 5 della legge 222/1985 secondo il quale le attività diverse da quelle di religione e di culto sono soggette alle leggi civili che le disciplinano - Secondo un’altra interpretazione, la relazione speciale che unisce il religioso all’ente di appartenenza è tale da legittimare e giustificare la rinuncia alla retribuzione per tutto il periodo di appartenenza del singolo all’ente. Quando, però, questa relazione speciale si interrompa, il rapporto di lavoro che sostanzialmente si è protratto nel tempo torna ad avere valore civile facendo sorgere il diritto all’indennità di fine rapporto Strutture e attività delle confessioni religiose La peculiarità delle confessioni religiose emerge anche dalle strutture attraverso le quali agiscono nell’ordinamento e dalle attività che esse svolgono nella società civile. Queste specificità pongono allo Stato il problema di quale accoglienza dare alle strutture e attività confessionali nel proprio ordinamento, se recepirle nella loro configurazione confessionale originaria, e consentire forti eccezioni al diritto comune, o farle rientrare negli schemi puramente civilistici, forzando o snaturando la specificità religiosa, oppure dettando regole particolari applicabili soltanto a queste realtà confessionali. Il Concordato del 1929, che, oltre a consentire nuovamente il riconoscimento degli ordini e corporazioni religiose, afferma un principio generale per il quale lo Stato in linea di massima riconosce gli enti ecclesiastici così come nascono e sono configurati nell’ordinamento canonico. Gli enti ecclesiastici possono svolgere attività diverse da quelle di religione o di culto, ma tali attività sono assoggettate alle leggi dello Stato previste per le medesime attività. In questo modo: - le attività di istruzione soggiacciono alle leggi statali che sul punto si sono mantenute rigorose come lo erano state nel regime separatista - non viene meno il quasi-monopolio pubblico dell’assistenza - è confermato il sistema delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza: Gli enti ecclesiastici possono svolgere attività assistenziali assai ridotte, ma queste attività ricadono sotto le leggi civili che le governavano. - è confermato il meccanismo della autorizzazione agli acquisti, che impone a ciascun ente ecclesiastico l’obbligo di sottoporsi a un iter burocratico di verifica di ciascun acquisto per quanto di modica entità. Gli Accordi di Villa Madama del 1984 riconfermano i principi ereditati dall’ottocento, anche per la conformità all’articolo 33, terzo comma, della Costituzione riconosce il diritto di enti e privati di istituire scuole ed istituti di educazione, ma con l’aggiunta del senza oneri per lo Stato. La legislazione degli ultimi anni: -ha cancellato l’autorizzazione agli acquisti per gli enti privati, di qualsiasi natura e strutturazione - ha abolito l’obbligatorietà del parere del Consiglio di Stato per il riconoscimento degli stessi enti - ha cambiato e facilitato le procedure per l’iscrizione degli enti in appositi registri - ha fatto venire meno il quasi-monopolio dell’assistenza pubblica - ha intaccato il principio del senza oneri per lo Stato riferito all’istruzione privata, sia a livello di legislazione statale che di legislazione regionale. Requisiti specifici l nuovo Concordato e la legge 222/1985 delineano la tipologia essenziale (cioè non tassativa) degli enti, e prevedono per alcuni di questi dei requisiti specifici A) Santa Sede B) Conferenza Episcopale Italiana C) Diocesi e parrocchie: si sostituiscono ai benefici ecclesiastici diocesani e parrocchiali, ai quali lo Stato riconosceva in precedenza la personalità giuridica. D) Chiese: gli edifici destinati al culto pubblico possono essere riconosciuti come enti ecclesiastici purché in possesso di tre requisiti specifici 1) che la chiesa sia aperta al culto pubblico, cioè che sia regolarmente officiata e che ad essa possa accedere la generalità dei fedeli senza limiti predeterminati. 2) che la chiesa sia provvista dei mezzi sufficienti per la manutenzione e per la ufficiatura. É necessaria una proporzionalità tra i mezzi disponibili e i fini da perseguire. 3) che le chiese non possono ottenere la personalità giuridica civile se sono annesse ad altro ente ecclesiastico: perché possa parlarsi di chiesa annessa non è sufficiente che vi sia vicinanza o contiguità tra l’edificio di culto ed un ente ecclesiastico. Conta invece il rapporto di integrazione o subordinazione funzionale che unisca la chiesa ad un altro ente. E) Istituti religiosi, Società di vita apostolica: istituto religioso è la denominazione canonistica attuale per indicare realtà associative variamente strutturate, ma caratterizzate tutte dalla vita in comune dei membri dell’Istituto e dalla professione dei voti di povertà, castità, obbedienza. Tra i requisiti specifici richiesti agli Istituti religiosi è quello della sede principale in Italia; in caso contrario, possono essere riconosciute le province italiane purché la loro attività sia limitata al territorio dello Stato o a territori di missione. La legge 222/1985 consente il riconoscimento anche degli Istituti religiosi di diritto diocesano, che sono stati eretti o approvati dall’ordinario di una diocesi. La legge richiede agli Istituti religiosi di diritto diocesano: 1) che ottengano l’assenso della Santa Sede specificamente rilasciato in vista del riconoscimento civile; 2) che forniscano in sede di domanda di riconoscimento opportune garanzie di stabilità A determinate condizioni sono riconosciute le Società di vita apostolica che si differenziano dagli istituti religiosi per il fatto che i loro membri non fanno i voti di povertà, castità e obbedienza. Essi conducono la vita in comune secondo un proprio stile. Il riconoscimento civile è subordinato a quei requisiti che ne garantiscano finalità e consolidamento, e che possono così riassumersi: I) perseguimento di un fine di religione o di culto; II) possesso di tutti i requisiti specifici richiesti per gli Istituti religiosi di diritto pontificio; III) assenso della Santa Sede che approvi la domanda di riconoscimento e implicitamente certifichi la solidità dell’ente; IV) documentazione che dimostri il carattere non locale della Società, tra cui anche una relazione sulla diffusione dell’ente e delle sue attività. F) Fondazioni di culto: Tali enti, la cui base fondatizia consiste in una massa patrimoniale destinata al perseguimento di un fine di culto, hanno un ampio orizzonte operativo. I requisiti specifici per il riconoscimento delle fondazioni di culto sono: a) la sufficienza dei mezzi per il raggiungimento dei fini; b) la rispondenza alle esigenze religiose della popolazione G) Associazioni pubbliche e private dei fedeli. Nel primo caso siamo di fronte a dei veri enti ecclesiastici, in quanto le associazioni pubbliche impegnano l’istituzione ecclesiastica e sono collegate strettamente con la gerarchia cattolica. Ai fini del riconoscimento esse devono essere munite dell’assenso della Santa Sede e non devono avere carattere locale. Diversa la condizione giuridica delle associazioni pubbliche che non possono, o non vogliono, ottenere il predetto riconoscimento, e delle associazioni private dei fedeli. A queste, l’ordinamento consente di chiedere il riconoscimento come persone giuridiche private mantenendo una certa rilevanza civile del proprio carattere ecclesiastico. Condizione giuridica degli enti ecclesiastici, dal riconoscimento all’estinzione. Una volta ottenuto il riconoscimento, gli enti confessionali assumono la qualifica di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Il primo adempimento che deve essere assolto è quello dell’iscrizione nel registro delle persone giuridiche. Gli enti ecclesiastici devono comunque far risultare nel registro le norme di funzionamento e quali sono i reali poteri dei rispettivi organi di rappresentanza. Circa la condizione giuridica cui sono soggetti, dopo il riconoscimento, gli enti ecclesiastici occorre distinguere: - le attività di religione e di culto, nei confronti delle quali è pienamente operante il principio di autonomia dell’ente e di non ingerenza delle autorità pubbliche - le attività diverse da quelle di religione o di culto per le quali tornano ad essere pienamente efficaci le norme e le disposizioni dell’ordinamento relative alle specifiche attività. La gestione ordinaria e gli atti di straordinaria amministrazione degli enti ecclesiastici si svolgono sotto il controllo delle rispettive autorità confessionali e senza ingerenza da parte dello Stato Ogniqualvolta gli enti gestiscono attività che ai sensi della legislazione pattizia non possono essere considerate attività di religione o di culto, essi tornano ad essere, nell’esercizio di queste attività, soggetti privati del tutto eguali a coloro che svolgono le medesime attività nell’ordinamento Principio conservativo= Per la legislazione pattizia, gli enti confessionali riconosciuti devono mantenere nel tempo una sostanziale continuità di fini e di modi d’essere, e meglio ancora non possono discostarsi sensibilmente da quei caratteri strutturali che ne hanno consentito e legittimato il riconoscimento. 1) un ente confessionale riconosciuto può subire una modificazione rispetto alla struttura e all’assetto originari, ma quando tale modificazione è rilevante occorre un nuovo riconoscimento in sede civile che verifichi la congruità delle nuove condizioni di vita alla legislazione speciale sugli enti. 2) la revoca del riconoscimento civile, si riferisce a quei mutamenti così profondi e radicali che finiscono col trasformare un ente ecclesiastico in una fictio iuris, senza più substrato sostanziale. L’ipotesi della revoca del riconoscimento civile deve ritenersi seriamente patologica, nel senso che l’intervento dello Stato sta a significare che qualcosa non ha funzionato nell’ordinamento confessionale di cui l’ente fa parte. Diverse, e fisiologiche, sono le ipotesi di soppressione o estinzione dell’ente ecclesiastico, per le quali si procede sulla base di provvedimenti dell’autorità ecclesiastica.