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appunti diritto ecclesiastico, Appunti di Diritto Ecclesiastico

appunti anno accademico 2022/2023 cattedra M-Z, Prof. Toscano

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 02/03/2023

Marti-Perri
Marti-Perri 🇮🇹

4

(7)

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Scarica appunti diritto ecclesiastico e più Appunti in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! 1 DIRITTO ECCLESIASTICO 27/9/22 Definizione di diritto ecclesiastico: Diritto vigente nell’ordinamento dello Stato che assegna rilevanza del fenomeno religioso. Ci muoviamo nel campo dei diritti fondamentali. Caso concreto: Signora che presenta foto in motorizzazione per rinnovo patente a capo coperto. Siamo nel tema di sicurezza pubblica, e le foto servono all’identificazione del soggetto, alla luce di questo il capo coperto non crea problemi di identificazione. Cosa succede se la motorizzazione non accetta le foto per regole in cui si vieta di accettare foto con il capo coperto? Se la signora al posto di un berretto ha un velo → la fattispecie diventa di diritto ecclesiastico. Quindi diritto cost riconosciuto di libertà religiosa. Dal punto di vista della motorizzazione non cambia molto: se nelle regole sono previste eccezioni allora l’impiegato può applicare l’eccezione, in forza della quale la foto della signora a capo coperto può essere accettata per motivi religiosi. → eccezione religiosa. Non è vero quindi che il capo scoperto aiuta all’identificazione della persona, i parametri sono altri. Il test di adeguatezza: è vero che imporre la foto a capo scoperto aiuta a raggiungere l’obiettivo? No. Ipotizziamo che in qualche modo un vantaggio in pubblica sicurezza lo ha, può darsi che un piccolo aumento di sicurezza pubblica lo ha → test di proporzionalità: non basta che un mezzo sia idoneo a raggiungere uno scopo, posso comprimere un interesse solo se ottengo un proporzionato vantaggio dal punto di vista di altri interessi. Se io impedisco di mettere il velo, che è una compressione importante del diritto di libertà religiosa, ottengo un minuscolo miglioramento di sicurezza pubblica. La limitazione è quindi illegittima. 28/9/22 Immaginiamo il caso che le foto in motorizzazione vengono accettate solo a capo scoperto, e non abbiamo l’eccezione per i motivi religiosi abbiamo un problema nel caso in cui qualcuno volesse fare una foto a capo coperto. Se prendiamo il caso della pastafariana e la mettiamo in un ordinamento che ha già fatto un bilanciamento, dove abbiamo un’eccezione dove il capo è coperto per motivazioni religiose, allora possono essere accettate; di conseguenza motivi di mota non sono accettati. Tutte le volte che io ho una normativa di favore per il diritto di libertà di religione può capitare che qualcuno giochi a forzare il sistema. Il pastafarianesimo nasce come pseudoreligiose con l’intento di mettere in crisi il sistema. L’ordinamento ponendo un’eccezione religiosa viene messo in crisi, perché non è in grado di individuare il punto esatto di confine dell’eccezione, chi può goderne e chi no. In Italia oggi il diritto ecclesiastico è rimesso in discussione da una sentenza della corte cost, 52/2016 L’art 8 ci riserva di stipulare accordi con lo Stato con questo gruppo di soggetti identificati come confessione religiosa. Arriva una richiesta da un gruppo che non è sicuramente una confessione religiosa e da qui si innesta il contezioso che porta alla sentenza 52/2016. → qui non c’è niente di diverso dalla questione pastafariana. Arriva un soggetto con una domanda che può sembrare bizzarra vuole mettere in crisi il sistema. La 2 questione è “perché solo le confessioni religiose possono stipulare intese con lo Stato?” “perché solo per eccezioni religiose possono effettuarsi foto con il capo coperto?”. Obiezione di coscienza al servizio militare → nasce come primo caso di obiezione di coscienza disciplinato per legge (oggi ne abbiamo altre 3). Siamo alla fine degli anni ’60, accade che la leva è obbligatoria, non esiste la possibilità di esimersi per i maschi che hanno compiuto la maggiore età → emerge il problema della eccezione religiosa. Quindi esiste una regola generale ed esiste una eccezione a questa regola generale. Se guardiamo la situa alla fine degli anni ’60 i casi in cui la fattispecie è già diventata diritto ecclesiastico, sono 150 individui maschili carcerati perché testimoni di Geova. → con l’aggravante che non era prevista la non impunibilità per condanna già scontata quando uscivano dal carcere, ricevevano di nuovo la comunicazione per la leva militare, si rifiutavano nuovamente e venivano condannati di nuovo con l’aggravante della recidiva. Abbiamo un problema di bilanciamento dei principi cost. La questione viene esaminata dal legislatore, che decide di mettere mano nella prima legge sull’obiezione di coscienza → questa legge costruisce l’eccezione religiosa. Prevedo quindi che possono sottrarsi alla leva e svolgere servizio civile sostitutivo coloro che alleghino motivo religioso; questo è il primo passo dello Stato per dare rilievo al principio di libertà di religione. Questa prima legge non aveva niente a che fare con il diritto di libertà di coscienza. Viene costruito tutto un sistema con commissioni militari per la gestione delle richieste di eccezione religiosa, per valutare a chi poteva essere concessa e a chi no. valutavano una serie di elementi come, per esempio, la coerenza di vita (vai a pregare tutte le settimane? No allora è un pretesto), oppure la qualificabilità in termini di religione, quale era considerata religione oppure no. Lo Stato si è dato una eccezione religiosa senza essere in grado di gestirla. La legge del 98 che sostituisce quella del 72 rinuncia di definire cosa è religione. Siamo su un piano completamente diverso, non tutelo più la religione ma la coscienza, non sto più costruendo dal punto di vista giuridico un’istanza amministrativa, ma ho un vero e proprio diritto soggettivo di accesso con una semplice domanda, in quanto lo Stato non indaga nelle coscienze degli individui. Lo Stato non tutela più la religione ma la coscienza, quindi qualcosa che viene prima della religione. Questo tipo di ragionamento ci porta ad ampliare i casi a tutti i casi di favore per motivi religiosi. Quindi c’è un trattamento differenziato in melius per l’individuo religioso. Questo vale sempre, non solo quando parliamo di eccezioni, lo Stato può decidere di introdurre un trattamento di beneficio in melius rispetto alla religione in 2 modi: 1) eccezione religiosa; 2) trattamenti di sostegno della libertà di religione. C’è una regola generale, nella sua applicazione determina una compressione del diritto di libertà religiosa e lo Stato s i pone il problema di bilanciare questi interessi → conflitti di lealtà (uno è dello Stato e l’altro è religioso) → io sono soggetto a 2 ordinamenti giuridici in senso pieno: sono testimone di Geova e cittadino italiano, quindi 2 sistemi giuridici che prevedono piena adesione e obbedienza; nessun problema se questi prevedono condotte compatibili e non contraddittorie, il problema sorge quando le condotte sono incompatibili. A chi decido si essere fedele? Se è una questione religiosa, spesso questo incide sulla coscienza, quindi seguirò quello religioso. Lo Stato davanti al conflitto di lealtà deve decidere cosa fare, può assumere come punto di partenza che nel caso specifico che gi interessi statati devono prevalere su quelli individuali. Se lo Stato decide di contribuire alla costruzione di luoghi di culto, non ci sono conflitti. Ma con quale criterio lo Stato assegna rilevanza al fenomeno religioso? Il problema è sempre questo. 5 Quando lo Stato si pone in relazione con questi fenomeni, non ha possibilità di dire che quella confessione non esiste, perché esisterà comunque, ma l’unica cosa che può fare è riconoscere la preesistenza di queste organizzazioni e poi regolarsi. Di fronte a questa presa d’atto, lo Stato può assumere atteggiamenti diversi → ai 2 estremi del ventaglio di possibilità abbiamo 2 modelli astratti che si basano su una presa di posizione opposta al riconoscimento dell’ente religioso: 1) L’atteggiamento alla francese è quello di una tendenziale indifferenza rispetto al fenomeno religioso → si intende un modello tendenzialmente indifferente dal punto di vista dello Stato rispetto alla religione. Questo fenomeno non nasce per caso, ma come risultato di una storia peculiare: perché se guardiamo la storia francese troviamo secoli di guerre religiose; quindi, la religione viene percepita come un elemento divisivo non inclusivo. 2) L’approccio all’italiana è diverso, ovviamente perché abbiamo sempre avuto fino ad oggi una omogeneità spiccata della confessione di maggioranza. La tendenza non sarà all’indifferenza, ma a una quanto più possibile rilevanza della religione in campo giuridico. Nell’approccio italiano abbiamo un approccio social democratico con l’elemento religioso. → art 3 c2: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese Questo entra nel patrimonio genetico del sistema ecclesiastico italiano → il diritto italiano discende e muove da principi supremi: uno di questi è la laicità, quindi non indifferenza dello Stato avanti alla religiosa. ➔ Laicità italiana opposta rispetta a quella francese. La repubblica riconosce (quindi come preesistente) i diritti fondamentali (quindi anche la libertà di religione) e ne garantisce l’esercizio (sia in forma individuale che collettiva). Si impegna a rimuovere ad eliminare gli ostacoli a quei diritti. → approccio all’italiana davanti alla religione. Precisazioni terminologiche: Dal punto di vista della qualificazione che lo Stato si dà sul campo religioso dobbiamo distinguere ordinamenti di autoqualifcazione di cui possiamo trovare diverse versioni → possiamo trovare auto qualificazioni da cui posso distinguere: - Stato confessionista - Stato non confessionista (o laico) → questa dicotomia quando guardo dalla prospettiva della provenienza dei valori e quindi delle norme sulle quali l’ordinamento viene costruito a seconda che quei valori vengano da una religione oppure no. Se guardo invece al modo in cui si relazionano tra loro autorità civili e autorità religiose posso distinguere: separatisti e unionisti. ➔ Dal punto di vista della provenienza dei valori: lo Stato confessionista mutua il proprio riferimento da una religione, lo Stato non confessionista lo fa da un punto di vista autonomo, identifica i propri valori di riferimento in modo del tutto indipendente dalle religioni. Parliamo quindi di una tendenza all’identificazione o meno a quella confessione religiosa, per esempio, quando si dichiara cattolico. I valori in questo caso diventano norme, regole e principi. Lo Stato non confessionista non si identifica con nessuna religione perché le riconosce tutte di pari legittimazione e pone le proprie regole senza guardare al diritto religioso. Quindi avrò dei valori che lo Stato si è dato in modo del tutto autonomo e svincolato da quelli religiosi. 6 ➔ Stato teocratico: simile allo Stato confessionista ma diverso, perché lo Stato confessionista copia il diritto confessionale quindi formalmente ho 2 diritti simi tra loro come il matrimonio, disciplinato dal diritto canonico e dal diritto civile che senza farne alcun Rinvio, contempla una seria disposizioni simili a quelle canoni, ma sono comunque 2 corpi giuridici ben distinti senza nessun rinvio. Lo Stato teocratico non lo copia ma rinvia al diritto confessionale → tipo: il matrimonio è disciplinato dal diritto canonico. Qui sto rinviando non sto copiando. In questo caso il diritto religioso diventa diritto dello Stato. ➔ Uno Stato tendenzialmente confessionista o teocratico di solito sarà unionista, mentre uno Stato non confessionista sarà separatista. Tutte queste rimando a modelli astratti, non sono quasi mai realizzabili, ma questo non significa che non posso utilizzarli per leggere la realtà. L’unico Stato teocratico oggi è lo Stato del vaticano → tutto il diritto canonico è anche diritto dello Stato città del vaticano. Auto qualificazioni italiane: 1848 → statuto albertino art 1: il regno di Italia è un regno confessionista in senso cattolico romano. Da un ordinamento che si avuto qualifica in senso cattolico noi considereremmo un coerente atteggiarsi per il resto dell’ordinamento confessionista cattolico. Ma in realtà poi non abbiamo un comportamento coerente. Oggi → ordinamento laico, quindi non confessionista. Ma se il matrimonio di oggi in larga parte ha ancora un impianto come quello canonico è ovvio che quello di oggi è ispirato a quello canonico. Insegnamento della religione cattolica a scuola, insegnanti assunti dallo Stato per questo insegnamento. Uno Stato laico dovrebbe essere separatista, mentre l’Italia è tendenzialmente unionista. ➔ Bisogna essere diffidenti rispetto alle auto qualificazioni. 4/10/22 Breve premessa storica: 1848 → statuto albertino, l’art 1 è l’unica disp che ci interessa. Art. 1. - La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi. Lo statuto albertino non è una cost nel senso formale (non è sovraordinata) e nemmeno sostanziale, ma fa evolvere l’ordinamento verso una costituzione. È una legge che qualifica il regno in senso confessionista cattolico. A questa auto qualificazione non fece da contrappunto una coerente disposizione dello Stato rispetto al fenomeno religioso, anzi sembrò tutto tranne che uno Stato confessionista cattolico. Dal 1955 al 1971 il regno di Sardegna e poi Italia adottarono una serie di provvedimenti che vengono indicati come legislazione eversiva, eversiva dell’asse ecclesiastico (patrimoni ecclesiastici). Per esempio, viene applicata una tassazione del 30% sugli enti morali, quindi anche ecclesiastici, e quindi lo Stato prendeva 1/3 dei loro patrimoni: da uno Stato confessionista ci saremmo aspettati un’eccezione che non ci fu. Lo Stato distingueva gli enti ecclesiastici che avessero cura d’anime, e quelli senza cura d’anime venivano soppressi → decisione unilaterale dello Stato. La motivazione era che era uno Stato “straccione”, quindi aveva bisogno di soldi e li prendeva da chi li aveva già → quindi la chiesa. 7 Insieme a questi abbiamo il Codice civile del 1865 dove nel matrimonio abbiamo una rivoluzione, perché quasi tutti gli stati preunitari rimandavano al diritto canonico, erano stati teocratici. Lo Stato qui decide che non riconosce più effetti civili a nessun matrimonio religioso. Qui non abbiamo nessun tipo di collegamento con il diritto canonico, ma completa separazione. Le informazioni al popolo arrivavano dalla chiesa, attraverso il parroco, ma i vescovi volevano boicottare questo nuovo codice civile, quindi non informavano più i cittadini, e così le persone si sposavano solo in chiesa non sapendo che questo non avesse effetti civili →questo causò gravi conseguenze a livello di successione. Siamo nel 1870 con un’invasione militare nello Stato pontificio → nasce la questione romana: aspetto territoriale e aspetto personale. Dal 20 settembre 1870 smette di esistere uno Stato che fino al 19 settembre aveva piena personalità giuridica di diritto internazionale. Con il 20 settembre la santa sede non ha più personalità giuridica di diritto internazionale perché non ha più territorio. Questione relativa riguardava l’opportunità o meno di riservare o meno un piccolo territorio allo Stato pontificio per conservare personalità giuridica. L’aspetto personale riguardava invece il pontefice, nel senso che la veste del sovrano cambia completamente, perché prima godeva di tutte le prerogative di un capo di Stato, ma dopo il 20 settembre diventa un vescovo come tutti gli altri, un cittadino italiano con qualche prerogativa in più che lo Stato italiano riconosce ai vescovi. Nel 1871 il legislatore prova a risolvere l’aspetto personale con la legge sulle guarentigie pontificie, una serie di garanzie personali per il pontefice così che può avere uno status solo suo diverso da tutti gli altri. → dal punto di vista dello Stato l’aspetto personale può essere considerato risolto. Lo Stato di impegna a versare una determinata somma alle casse della Santa Sede a titolo di ricompensazione onoraria che derivavano dalle entrate dello Stato pontificio che non esistevano più. Il pontefice però rifiutò la legge delle guarentigie e si fece imprigionare, non prendendo un centesimo. Qui abbiamo ovviamente una rottura dei rapporti tra Stato e Santa Sede. La Santa Sede inizia ad agire con gli strumenti giuridici, cioè impedire ai cittadini italiani di partecipare alla vita dello Stato. I cittadini italiani, in quanto per la maggior parte cattolici, se avessero ricevuto delle regole dalla chiesa le avrebbero seguite → “non è opportuno che un buon cattolico partecipi attivamente alla vita dello Stato italiano”. Quindi vuol dire che per esempio non puoi aspirare a qualunque impiego della PA, se lo sei già ci devi rinunciare; non mandi i figli nella scuola pubblica; non paghi le tasse. Un vero e proprio boicottaggio. Ma questo non ebbe nessun seguito perché era evidente che era una reazione papale all’invasione dello Stato pontificio, ma l’invasione è stata vista legittima da parte dello Stato negli occhi degli italiani; nel ’77 cambia dal “non opportuno” a “non lecito”. Ma anche qui si conclude ancora a vantaggio dello Stato. Da qui fino a dopo la Prima guerra mondiale le cose rimangono immutate (1918). 1919 →durante la Prima guerra mondiale i rapporti smisero di essere tesi. E nel 1919 Pio XI ritirò il “non è opportuno”. Così gli italiani che lo rispettavano rincominciarono a partecipare alla politica, e infatti nasce lo stesso anno il partito popolare. 1922 → marcia su Roma. Il Fascismo nasce con una connotazione genetica anticlericale. Dopo la marcia su Roma Mussolini capisce che se vuol fare politica ad un certo livello in Italia ha bisogno dell’appoggio della Chiesa, allora il connotato genetico cambia completamente a cavallo dal ‘22 al ‘23. Lo stesso Mussolini poi celebra anche il matrimonio religioso, per dimostrare pubblicamente la sua adesione alla religione cattolica (aveva fatto solo quello civile). Nel 1923 mussolini capito che deve intercettare l’appoggio delle istituzioni religiose, iniziamo ad avere un vero connessionismo. 10 Siccome Stato e Santa Sede erano consapevoli che la disciplina contenuta nei patti non era esaustiva, insieme alla stipula dei patti lateranensi e alla legge 810 del ’29, abbiamo 2 leggi di applicazione del concordato in relazione a due materie specifiche → queste sono la 847 del ’29 sul matrimonio e l’altra è la 848 del ’29 sulla materia degli enti ecclesiastici. In partica l’art 34 del Concordato del ’29 sul matrimonio era troppo sintetico, e siccome si sta introducendo ex novo una nuova disciplina sul matrimonio, si dà applicazione a questo attraverso la legge 847 che la integra. Leggi di esecuzione e applicazioni sono completamente diverse, nel sistema delle fonti sono in parti completamente diverse. La legge 810 è una legge bilaterale senza ombra di dubbio. Le leggi 847 e 848 non sono leggi bilaterali ma unilaterali, non danno esecuzione a niente, ma sono disposizioni che lo Stato si è dato unilateralmente per dare applicazione a quella disciplina → non risulta una negoziazione con la Chiesa. Legge 847 → nel ’29 il sistema matrimoniale è semplice, l’art 34 regola il matrimonio e la legge 847 contiene la disciplina di dettaglio. L’art 8 dell’accordo dell’84 sostituisce l’art 34 del concordato → mi aspetto quindi che il legislatore metta mano a una nuova legge matrimoniale di applicazione dell’art 8. Questa legge non venne mai fatta, però c’è una nuova legge sugli enti ecclesiastici, quindi la legge 848 viene sostituita dalla legge 222 dell’85. In questo modo ho un’asimmetria. Il primo punto che dobbiamo capire è: la 847 è ancora vigente o no? le fattispecie che determinano la caduta di una fonte nell’ordinamento sono: o viene dichiarata costituzionalmente illegittima, oppure viene abrogata interamente. La legge 847 esiste ancora tranne nelle poche parti che sono state dichiarate cost illegittime. Non posso ovviamente considerare vigenti le singoli disposizioni di questa legge in contrasto con la nuova disciplina sopravvenuta → produce effetti solo nelle parti con disciplina sommaria dell’art 8. Mussolini aveva qualcosa in più rispetto al legislatore ecclesiastico, cioè quando si mise mano ai patti lateranensi, volle mettere mano su una disciplina anche per i non cattolici in modo da regolare tutto. Il governo fascista realizzò, ed è stata l’ultima volta che questo si è verificato in Italia, un disegno organico di politica ecclesiastica; da qui in poi si è gestito tutto un po’ alla giornata. Legge 1159 del ’29, legge sui culti ammessi: legge unilaterale (quindi fuori dal diritto pattizio) e dal punto di vista della collocazione nel sistema delle fonti ha la stessa collocazione delle leggi di applicazione. Questa legge risente della matrice genetica cioè → Siamo nella fase in cui si passa da un connessionismo di facciata ad un connessionismo effettivo. Art 1 l.n 1159/1929: – Sono ammessi nello Stato culti diversi dalla religione cattolica apostolica e romana, purché non professino principi e non seguano riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume. L’art 1 dello statuto albertino sull’ammissione degli altri culti viene ripreso nella legge 1159. Quest’ultima aggiunge che questi culti non professino principi e non seguano riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume. Cosa significa culto ammesso? Come culto ammesso significa: un’org alla quale in vario modo e a qualunque titolo è stata riconosciuta personalità giuridica all’interno dell’ordinamento. Non esistono confessioni riconosciute in quanto tale, ma esistono enti esponenziali di confessione religiose ai quali ai quali viene riconosciuta la personalità giuridica. Culti ammessi significa che gli è stata riconosciuta una qualche forma di legittima esistenza all’interno dell’ordinamento, qualunque forma! Esempio: i testimoni di Geova richiedono il riconoscimento al loro ente esponenziale della personalità giuridica, dopo una determinata procedura le viene riconosciuta e può diventare culto ammesso. Il culto diventa ammesso quando gli viene riconsulta qualunque forma di giuridica all’interno dell’ordinamento. 11 L’art 1 può riconoscere l’ente solo dopo un controllo sulla conformità dei suoi riti all’ordine pubblico e buon costume. Sia i principi che gli enti devono essere rispettosi dell’ordine pubblico e buon costume. Questo significa che questa è una cambiale in bianco firmata all’ordine dell’autorità amministrativa → nessuna confessione religiosa si salva se applico rigidamente l’art 1, perché non c’è nessuna confessione religiosa che rispetta al 100% il buon costume e l’ordino pubblico nell’interezza dei suoi riti e principi. La chiesa cattolica quindi secondo l’art 1 non poterebbe essere considerato culto ammesso. Ma serve a lasciare all’autorità governativa la più ampia discrezionalità amministrativa. L’art 1 è fondamentale per capire l’art 19 Cost. → nella parte relativa al limite: purché i riti non siano contrari al buon costume → non c’è più discrezionalità amministrativa. 6/10/22 Cosa accade nel ’46/’47. Referendum monarchia/repubblica e costituzione dell’Assemblea costituente. Abbiamo 2 blocchi: uno formato di socialisti e comunisti (circa 200 seggi) e l’altro dei cristiani democratici (sempre 200 seggi circa). L’unico spirito che condividevano era lo spirito antifascista. Da qui nasce il bicameralismo perfetto, ogni parola della nostra costituzione è stata scritta dal compromesso dei 2 blocchi, quindi accordo con DC e Socialisti e/o Comunisti. Secondo aspetto: i numeri che sono usciti delle elezioni del 2 giugno del ’46, che ci dicono che l’Italia è spaccata a metà tra DC e centro sinistra comunisti e socialisti; appena finita di scrivere la costituzione si va alle lezioni del parlamento, e si presuppone che il parlamento sia costituito come la costituente. Viene costruito un sistema in cui anche all’opposizione è data grande possibilità di vincere, sistema iper bilanciato, dove a prescindere da chi le vince, anche a chi non le vince viene dato posto. Ultimo aspetto: chi sta scrivendo la Cost non sa cosa sia una Cost, perché ha sempre vissuto in un ordinamento giuridico dove al vertice del sistema c’è la legge. Lo statuto albertino infatti era una legge. Allora noi scriviamo una cost ma non sappiamo cosa succederà davvero nel sistema delle fonti quando la cost sarà in vigore, perché sto aggiungendo un livello verso l’alto. Questo è il motivo per cui stiamo scrivendo la cost, per impedire al prossimo mussolini di scrivere legge razziali. La capacità di innovare e tenere quello che mettiamo nella cost non sappiamo quale sarà. Dobbiamo decidere se la cost è sovraordinata dobbiamo prevedere che una legge sotto ordinata contrastante deve soccombere, ma come? Ci vuole un organo ma chi metto? Deve essere creata la Corte cost, ma come la formo? Ecc. La storia del diritto ecclesiastico italiano imbatte nella corte cost, perché alcuni snodi del diritto ecclesiastico coincidono con alcuni snodi fondamentali della storia della corte cost. La corte cost quando decide su qualunque questione sta decidendo anche per se stessa, cioè decide la sua posizione. La prima sentenza della Corte Cost è del ’56, perché del ’56 se la cost è del 48? perché mancava la legge di attuazione all’art 138 e 139 cost, perché i poteri preesistenti avevano paura di un nuovo organo investito di nuovi poteri. Nel ’53 si dà attuazione alle disposizioni costituzionali e vengono eletti i giudici e così abbiamo la corte cost. La prima sentenza regolava cosa poteva fare la corte e cosa no! Prima ancora del ’56 la cassazione italiana (complesso di giudici che vedeva la legge come fonte suprema e quindi interpreti ultimi della legge) era il primo organo ad avere interesse a depotenziare la corte prima ancora che esistesse, e da anni ha commentando con 2 teorie: 12 1) Distinzione di norme precettive e programmatiche, cioè la cost contiene 2 tipi di norme alcune che hanno precetti precisi e invece altre contenuti programmatici. Le prime possono essere utilizzate come parametro di legittimità cost, le seconde servirebbero solo come vincolo per il legislatore → per es una legge che contrasta con l’art 3 non può essere legittima, perché l’art 3 è programmatica. Mentre una norma regionale che prevede l’esposizione della bandiera bianca rossa e blu può essere dichiarata illegittima perché l’art 12 che prevede la bandiera verde bianca rossa è norma precettiva. 2) Seconda via che la cassazione seguiva è che tutto quello che precede la cost deve rimanere dov’è, perché se no il rischio è che vado a creare un sacco di lacune intollerabili, se c’è qualcosa di incostituzionale sarà il parlamento che con i tempi suoi andrà a modificare quello che deve essere modificato→ In questa maniera sarebbe Stato un organo fittizio, svuotato di ogni prerogativa. La prima sentenza della corte cost si occupa quindi della corte, svuotando le dottrine della Cassazione: noi corte cost abbiamo sindacato anche quello che preesiste alla Cost, e abbiamo utilizzato come parametro sindacale anche quello che qualcuno etichetta come programmatiche. → sentenza sulla corte innanzi tutto. Il problema dei patti lateranensi è il problema generale: cioè il problema della costituente, con tutte queste incognite, era cerca di capire come coordinare la cost che si stava scrivendo con tutto quello che preesisteva alla cost. Con riferimento ai patti lateranensi la domanda era → la cost ha una certa impostazione, ma i patti lateranensi hanno una impostazione completamente diversa, come ci comportiamo? I costituenti quando si siedono al tavolo hanno davanti 2 testi molto diversi per natura e sono perfettamente consapevoli che tra trattato e concordato i problemi vengono quasi tutti dal concordato. Il trattato contiene quasi sempre norme neutre. L’art 1 e art 11 e art 23 non sono norme neutre. L’art 5 ci dice che il sacerdote apostata non può essere impiegato a contatto con il pubblico. Quindi tizio sacerdote apostata non può fare il concorso alle poste → contrasto diretto con l’art 3 Cost con situazioni di disuguaglianza. Come faccio a salvare l’aspetto politico della vicenda senza compromettere l’aspetto giuridico? In commissione dicono che il trattato si può lasciare com’è ma il concordato di mussolini non può continuare ad esistere con la costituzione. Trattato e concordato sono però una cosa sola non posso regolarli in modo diverso, non posso distinguerle. Art 7 c1: Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. Tutti d’accordo che la nuova Costituzione dovesse contenere una disciplina di più ampia libertà di religione, a tutti senza distinzioni. Allo stesso modo i costituenti che erano tutti d’accordo che i patti lateranensi così com’erano non potevano sopravvivere con la Cost, rispetto ai contenuti concordatari; fatta questa premessa: è evidente che le disposizioni dei due blocchi politici erano molto diverse, uno tira verso l’interesse della chiesa → è un partito cattolico, dall’altra parte abbiamo 2 grossi partiti che invece non hanno questo interesse. È evidente che nonostante la premessa poi gli orientamenti sono diversi, e questi animeranno la discussione sull’art 7 c2. La cost è stata scritta da chi il diritto lo conosceva bene, con ordine non si intende ordinamento. Con ordine intendiamo un complesso di materie. • Stato e chiesa sono nelle materie di propria competenza sovrani. → art 7c1 15 • Art 19 cost →tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume. si applica solo ai riti e quel limite usa come parametro il solo buon costume. L’unica cosa che si può affermare è che certamente appartiene all’ordine esclusivo delle confessioni tutto ciò che consiste nel credo. Appena esco dal credo ed entro nel campo della condotta lo Stato può pretendere che quella fattispecie sia considerata di pertinenza di suo ordine → questo è quello che ha detto la cassazione con la sentenza di radio vaticana. Esempio: nella dottrina che ha voluta dare una tassonomia (sistematica) alle materie che compongono l’ordine delle confessioni religiose, non c’è tutto ciò che ha a che fare le modalità con cui si svolgono gli atti di culto. Il rito è il credo che diventa condotta. È il credo che si fa azione. Allora nemmeno l’azione che affonda in quel credo dovrebbe essere interesse dello Stato. → ma questo non regge perché dipende cosa si fa durante la liturgia. In linea teoria potrebbe essere sensato ma poi dipende perché se io durante la liturgia assumo droga lo Stato non chiude un occhio perché si tratta di un rito religioso. • Caso di parroco escluso dal clero che fa ricorso con diritto del lavoro. Quando mi aggrappo alle divisioni per materie molto spesso scivolo, l’unico passo sicuro che possiamo fare è il contenuto del credo, di cui lo Stato non si interesserà mai. L’art 7 c1, continua tuttavia a sanzionare una tendenziale separazione degli ordini, però solo tendenziale, dalla quale deriva un divieto reciproco per Stato e Chiesa di ingerenza e di contaminazione. Il divieto di ingerenza è divieto di ingerirsi in questioni che appartengono all’ordine dell’altro: non è mai capitato di vedere lo Stato che sconfina nell’ordine delle confessioni religiose, ma più complicato viceversa. Divieto di intromettersi in questioni che appartengono all’ordine dello Stato da parte delle confessioni: se lo Stato ha ascritto una determinata materia al suo ordine, le confessioni dovrebbero astenersi dal fare ingerenza in quelle materie, il problema è che definire ingerenza non è semplice. Quando lo Stato nel 1970 si è dato una legge sul divorzio, ritenendo che la questione non fosse appartenete all’ordine delle confessione ma di suo interesse, le confessioni religiose di conseguenza avrebbero dovuto evitare ingerenze su questa materia, ma la verità è che la parte cattolica chiese il referendum. Non posso dimenticare che la costituzione prevede una disciplina di tutela rafforzata di certe libertà, qui ha esercitato 3 diritti costituzionali: libertà associazione, manifestazione del pensiero e di religione. Quindi non si può pensare che abbia esercitato un’ingerenza illegittima. L’art 7 c1 lo ha scritto lo Stato, la chiesa non è vincolata al 7c1, perché lo ha deciso lo Stato unilateralmente e non vincola le confessioni religiose. Caso recente del disegno di legge zan. Sulla criminalizzazione sulle condotte discriminatorie. Il governo stava chiudendo il disegno di legge che avrebbe portato in parlamento per il voto assembleare. Se la legge passa con questo contenuto sarebbe in contrasto con il concordato → nota verbale dell’assemblea di Stato, richiamando la laicità dello Stato. In sostanza la segreteria di Stato dice che il disegno di legge così com’è impedirebbe la diffusione di contenuti del magistero cattolico e sarebbe in violazione con il concordato. 16 Abbiamo una nota proveniente da un organo riconducibile ad una confessione religiosa che sta provando ad incidere in una vicenda politica in sede parlamentare. Qui da alcuni in dottrina ci si è schierati a sostegno della nota verbale, cioè che avrebbe avuto contrasto con libertà concordatarie e libertà di ordine dello Stato. Ma è essenziale l’aspetto temporale. Per la legge del 1970 è completamente diverso da questo caso. Nel 2021 il nuovo concordato che ha sostituito il concordato del 29, all’art 1 dice: La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese. Non è vero che lo Stato e la Santa Sede riaffermano, lo Stato riafferma, ma la Santa Sede afferma per la prima volta. Quel reciproco dovere di indipendenza e sovranità che prima vincolava solo lo Stato, da quando entra in vigore il concordato dell’84 vincola anche la Chiesa. Qui si può affermare che quella nota verbale integra una violazione palese dell’art 1 del concordato dell’84, perché abbiamo una violazione del rispetto di non ingerenza evidente. Discorso più difficile è quello sul divieto di contaminazione → qui è tutta sensibilità. Abbiamo detto che il 7c1 determina un divieto di reciproca ingerenza e contaminazione, questo va a senso unico: se lo Stato riconosce che tutto ciò che ha che fare con il credo sia esterno al proprio ordine, compone un insieme di materie su cui lui non ha interesse, impedisce che queste in qualche modo filtrino nell’ordinamento dello Stato. Lo Stato quando si dà una legge dovrebbe tendenzialmente mettersi il paraocchi e non vedere ciò che arriva dai contenuti religiosi. Di recente abbiamo un esempio significativo per il caso cappato → tutta la vicenda nasce dall’esistenza del Codice penale che punisce l’aiuto e l’istigazione al suicidio. Se io punisco aiuto e istigazione al suicidio allo stesso modo abbiamo 2 percorsi diversi, e anche dal punto di disvalore completamente diverso → l’obiettivo del codice penale è: proteggo il bene di autodeterminazione, ma con la stessa punizione non sto proteggendo questo bene, ma la vita in quanto sacra. Il problema è Stato riattualizzare l’interesse del bene protetto, qui la corte ha dovuto fare i salti mortali per riattualizzare questo interesse che ha una chiara impronta confessionale. Evidente la questione che si è posta sulla legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita: prima legge che disciplina la fecondazione assistita, al di la dell’obiezione di coscienza, ha avuto un sacco di problemi, perché c’erano commentatori che si scagliavano contro il disegno di legge, perché c’erano alcuni disposti che se li avessi guardati con il paraocchi sulle credenze delle confessioni religiose erano irragionevoli. Prevedeva un obbligo di divieto di produzione di embrioni sopra il numero di 3, quindi massimo 3 embrioni che non potevano essere crioconservati ma tutti impiantati. Alcuni commentatori sostenevano che fosse scritta sotto dettatura della CEI, perché la vita è sacra e questa legge consente al minimo possibile che questa cosa possa farsi. L’embrione non si poteva distruggere perché l’embrione è vita. Non ha mai argomentato nella sua motivazione con il divieto di contaminazione, come si fa a dire dove c’è contaminazione e dove no. la corte cost ha costruito le sue sentenze sull’art 3 sul divieto di discriminazione → perché una coppia può avere accesso ad un certo trattamento ed altre no. (poteva fare accesso chi aveva malattie che potevano trasmettersi geneticamente). Viene dichiara illegittimità costituzionale sull’irragionevolezza sul trattamento differenziato. 12/8/22 Il fatto che gli ordini di Stato e confessioni religiose siano distinti non significa che la stessa cosa debba valere per gli ordinamenti. Cioè il fatto che gli ordini siano distinti non significa che gli ordinamenti di Stato e confessioni religiose non possano essere collegati in qualche modo, io posso ipotizzare di collegare gli ordinamenti mantenendo un principio di distinzioni degli ordini. 17 Il meccanismo che li mette in relazione lo identifichiamo con: rapporti. Quando noi leggiamo nel 7.2 e 8.3 quel “rapporti” non è una locuzione generica, significa rapporti tra ordinamenti, intra ordinamentali. Art 7c2: I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Art 8c3: I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze Ci sono in realtà correnti di dottrina e giuri che utilizzano locuzioni con accezioni diverse, ma l’unico modo per dare una interpretazione esatta e comprensibile di quegli articoli è utilizzare questo lemma in questo modo come: collegamenti inter-ordinamentali. → io ho rapporto tra ordinamento statuale e ordinamenti confessionali in tutti i casi in cui un contenuto giuridico si sposta da un ordinamento all’altro. Produce effetti giudici nell’altro ordinamento. Se io ho un sistema con due ordinamenti separati, non avendo canali di collegamento, non ho diritto ecclesiastico. Il fatto che esistano rapporti non è insito nella natura delle cose, ci siamo lasciati alle spalle quel modello che fa riferimento alle res; se esistono quei canali di collegamento che mettono in collegamento i due ordinamenti, è perché lo Stato ha deciso che esistono! non esistono di per sé come la natura delle cose. È lo Stato che unilateralmente decide, sono tutte decisioni unilaterali dello Stato. Quando lo Stato decide di prevedere dei rapporti, e quindi ammette la possibilità che quei contenuti giuridici diventino rilevanti, lo fa perché questo è funzionale ad una maggiore tutela dei diritti che contribuiscono al pieno sviluppo della persona umana. Tutto il sistema dovrebbe essere funzionalizzato rispetto a quello. È evidente il dato politico giuridico tale per cui lo Stato con le confessioni che hanno un potere negoziale maggiore, hanno una maggiore apertura per questi canali di collegamento. Es. Lo Stato apre un canale di collegamento, in questo canale di comunicazione possono transitare vari elementi giuridici, per quanto riguarda il diritto ecclesiastico le cose che possono interessare sono ad esempio: l.218 ( diritto internazionale privato) è ovvio che noi utilizzeremo meccanismi, modelli di ragionamento che sono i medesimi, perché mi occupo di ordinamenti di uno Stato e confessionale. Sul piano concettuale l’unica vera differenza con il meccanismo internazionale è che il meccanismo dei rapporti inter-ordinamentali tra stati non conosce (come quello che regola rapporti Stato e confessioni) di distinzione degli ordini. Il meccanismo, a parte ciò, è il medesimo, ad esempio: un negozio. Io posso riconoscere effetti giuridici secondo il diritto italiano in un negozio che nasce in un ordinamento straniero stessa cosa nel diritto confessionale. Questo è quello che fa oggi l’art 8, e che faceva il 34 del concordato: Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili. Lo Stato italiano riconosce al sacramento del matrimonio gli effetti civili (nel diritto canonico il matrimonio è negozio e sacramento). Come posso importare un negozio, posso importare anche una sentenza: riconoscimento delle sentenze straniere (art 18). Come ho riconosciuto il negozio, riconosco gli effetti civili di una sentenza. Come posso riconosce le sentenze, posso riconoscere ad esempio (art 65 l. 218) altri provvedimenti. Sul matrimonio riconosciuto agli effetti civili, l’art 34 del concordato prevedeva che si potesse riconoscere la dispensa di consumazione oltre che nullità. Ho importato un negozio di diritto canonico nell’ordinamento statuale, e un giudice di quell’ordinamento pronuncia con sentenza la nullità canonica di quell’ordinamento. In teoria allora come ho riconosciuto il negozio riconosco gli effetti civili sulla sentenza di nullità di quel negozio. 20 per il quale il legislatore unilateralmente introduce una disciplina della cessazione degli effetti civili del matrimonio canonico riconosciuto con gli effetti civili, ma solo per l’ordinamento dello Stato → qui si rompe il parallelismo perfetto; se si cessava di essere marito e moglie per la chiesa cessava anche per lo Stato, ma non viceversa! Nel ’70 lo Stato unilateralmente si dà una disciplina della cessazione degli effetti civili del matrimonio canonico. Se l’art 7 c2 costituzione ci dà un rinvio recettizio alla normativa dei patti del ‘29, quindi ha preso in blocco costituzionalizzandoli tutti i patti del ’29, quindi la legge di esecuzione. Tra tutti i contenuti materiali della l 810 del 29 che dà esecuzione ai patti, e in particolare il concordato, io trovo al comma 1 che lo Stato riconosce gli effetti civili al matrimonio disciplinato dal diritto canonico (anche questo è un rinvio). Questo disciplinato dal diritto canonico può essere inteso a sua volta come un rinvio recettizio a tutta la disciplina canonica che regola il matrimonio, quindi tutti i canoni che regolano la materia matrimoniale. Nella disciplina del matrimonio troviamo il contenuto della indissolubilità del matrimonio. (non ammette possibilità di scioglimento) Nell’art 34 c1 → Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili. Se lo Stato ha recepito in blocco la disciplina canonica del matrimonio comprensiva del requisito dell’indissolubilità del matrimonio successivamente nel 7.2 i costituenti costituzionalizzano l’art 34 c1, tra cui l’indissolubilità, questo significa che passo per 2 rinvii e nel 7c2 c’è un sacco di roba, compreso il fatto che il matrimonio indissolubile è un contenuto di livello costituzionale. In questo caso questo significa che se prevedo una legge sulla cessazione degli effetti civili, questa legge ordinaria contrasta con una norma cost e quindi è incostituzionale → quindi la questione di legittimità posta alla corte costituzionale che poi diede origine alla sentenza 169 del 71 fu posta così: è costituzionalmente illegittima la legge 898 del 70 nella parte in cui prevedeva la possibilità dello scioglimento del matrimonio e cessazione degli effetti civili, per contrasto con art 7c2 cost, nella parte in cui costituzionalizzava l’art 1 della 810 del ’29, nella parte in cui recepiva all’art 34 del concordato la disciplina canonica del matrimonio, che prevede l’indissolubilità come condizione essenziale del negozio? • La corte ne esce negando uno di quei due se (se l’art 34 c1 e se l’art 7c2), nega che l’articolo 34 c1 del concordato integrasse una recezione in blocco della disciplina canonica del matrimonio. In questo modo tutto il ragionamento crolla La corte dice: quella locuzione “disciplinato dal diritto canonico”, non vuol dire che lo Stato recepisce in blocco, ma lo Stato si è impegnato a riconoscere al matrimonio concordatario gli stessi effetti di quello civile, ma rimane comunque libero di regolare il matrimonio civile come vuole; non intende disciplinare quello civile in base a quello canonico. ➔ Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale. Dossetti rispondeva a Calamandrei: se la paura è quella che se con una norma costruita in questo modo qualcuno possa dire che i patti sono stati costituzionalizzati, e quindi per modificarli bisogna ricorrere al procedimento ex art 138, dobbiamo inserire una disposizione successiva nella quale spieghiamo che una modifica dei patti se accettati dalla controparte non richiedono di revisione costituzionale. → questo è il senso della disposizione. Che non significa che se non c’è l’accordo con la controparte posso modificarli ex art 138. La ratio della disposizione è che se c’è accordo con controparte ecclesiastica quell’accordo può essere recepito come legge ordinaria come era stato fatto nel ‘29, ed esclude la necessità del procedimento aggravato. 21 Dall’altra parte rischio di alimentare quello che non voglio, perché una lettura superficiale dell’art7 è che si possono modificare con legge ordinarie se c’è accordo, oppure solo con revisione cost e quindi sono stati costituzionalizzati. L’obiezione definitiva di DC è che dal punto di vista politico un timore di questo tipo potrebbe avere qualche fondamento, dal punto di vista giuridico non ne può avere, perché diceva Dossetti: a nessuno può pensare che una fonte che può essere modificata con legge ordinaria solo con accordo con soggetto extra ordinamentale sia una fonte di livello costituzionale, quindi o la fonte è di livello cost (quindi procedimento ex art 138) oppure non lo è e quindi la modifico con successiva legge ordinaria. Resta una fonte ordinaria ma per arrivare ad averla io introduco nel procedimento standard ordinario di produzione legislativa un passaggio in più, cioè quello del necessario accordo con la controparte. → per questo è una fonte atipica. Se io intendo quel rinvio come recettizio, il risultato è che io ho una norma di produzione giuridica, cioè una norma che incorporando nel testo costituzionale tutti quei contenuti sta producendo diritto; in Assemblea costituente però quello che si dissero è: attenzione noi non stiamo scrivendo una norma di produzione giuridica, questa norma non produce nessun diritto, la 810 resta dove sta a fonte primaria, non la stiamo elevando a rango costituzionale, stiamo solo dicendo come si può modificare la norma giuridica, precisando che si può modificare con un'altra legge ordinaria, quella che stiamo scrivendo è una norma sulla produzione giuridica → la nuova legge di esecuzione sui patti lateranensi. (norma di produzione modifica o innova l’ordinamento giuri; norma sulla produzione identifica la procedura con cui si può produrre diritto). Alla fine nell’interpretazione del 7c2 tutti (dottrina, cassazione ecc) scrissero 7c2 rinvio recettizio a costituzionalizzare in blocco ai patti lateranensi, quindi sono norme cost a tutti gli effetti, l’unica eccezione è che se un domani avremo un nuovo concordato potrà essere reso pubblico con legge ordinaria, prevalgono sulle norme cost in forza del principio di specialità e possono essere utilizzate come parametro di legittimità costituzionale delle disp di legge ordinarie. → tutto quello di cui Calamandrei aveva timore. Quando la corte cos nel ’71 si pronunciò sulla legge di divorzio escluse che l’art 34 contenesse un rinvio recettizio, ma non smentì sul recepimento in blocco dell’art 7c2 perché era meno impegnativo. Questa dottrina della costituzionalizzazione dei patti ex art 7c2 copre la scena fino alla inizio degli anni 70, dottrina maggioritaria e giuri quasi unanime interpretano il 7.2 in questo modo. Alla inizio degli anni 70 con tre sentenze della Corte costituzionale le cose cambiano (30, 31 e 32), la corte dà la sua soluzione al problema del 7.2, e quindi della collocazione costituzionale dei patti lateranensi; tenendo presente che la storia della soluzione della corte coincide con la storia dell’evoluzione delle fonti costituzionali. 13/10/22 L’interpretazione dominante fu quella più semplice, cioè quella del rinvio recettizio. Le cose cominciarono a cambiare con le conseguenze che abbiamo visto: se i patti sono stati costituzionalizzati, questo significa che ovviamente è inimmaginabile una questione di illegittimità dei patti, ed inoltre le devo implicare come parametro di questione di legittimità cost. → Questo vincola il legislatore repubblicano. L’altra conseguenza è che essendo di livello cost speciali prevalgono sulle norme cost generali. Questo quadro fino alla fine degli anni 60, ma con l’inizio degli anni 70 le cose cambiano un po’: le cose andavano talmente veloci che si faceva fatica a starci dietro, con lo statuto dei lavoratori, legge sul divorzio ecc ma nel sistema dei poteri dello Stato, l’organo che si fa responsabile in prima linea nel cercare di interpretare l’evoluzione della società è il parlamento. In questo sistema di poteri dello Stato è un sistema a somma zero, il parlamento in quegli anni è in prima linea; quindi, gli altri poteri dello Stato godono una fetta di torta più piccola, mentre quando il potere legislativo si restringe gli altri poteri ne acquistano → la grandezza della torta è sempre la stessa. Quindi il rinnovamento arriva per lo più dal parlamento e la corte cost asseconda questo movimento, alcune volte in modo protagonista. La sentenza della corte cost che dichiara illegittima la disposizione del 22 cp che puniva la propaganda anticoncezionale è del ’71. Per quanto riguarda la materia ecclesiasticistica la chiave è il divorzio. La corte cost opera da una quindicina di anni, e ha cominciato a farsi le spalle più grosse. Nel ’71 abbiamo la soluzione al problema della costituzionalizzazione dei patti, la corte cost dà la sua interpretazione del 7c2. La dà con queste 3 sentenze: 30, 31 e 32 del ’71 che inaugurano un filone della giuri della corte cost sul sistema delle fonti. Nella sentenza n30 ci interessa: dall'art. 7 della Costituzione. È vero che questo articolo non sancisce solo un generico principio pattizio da valere nella disciplina dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica, ma contiene altresì un preciso riferimento al Concordato in vigore e, in relazione al contenuto di questo, ha prodotto diritto; tuttavia, giacché esso riconosce allo Stato e alla Chiesa cattolica una posizione reciproca di indipendenza e di sovranità, non può avere forza di negare i principi supremi dell'ordinamento costituzionale dello Stato. → qui è condensata la soluzione che la corte da sull’interpretazione del 7c2: Individuazione di qualche contenuto cost che vale più degli altri. Se prevedo agli artt 10,11 e 117 dei canali di collegamento con il diritto dell’unione europea, devo immaginare che ci sono dei contenuti che non possono passare, da qui i contro-limiti. I principi supremi che si è inventata nel 71 per il diritto ecclesiastico sono poi gli stessi che vengono utilizzati con i contro-limiti nell’UE. Riferimento ad una fonte di cognizione relativa al concordato vigente, non un rinvio generico ai concordati. E in relazione al contenuto di quel concordato ha prodotto diritto → cioè che è una norma di produzione, quindi il 7c2 è una norma di produzione, non sulla produzione. La corte si discosta da quello che si erano detti i costituenti e sta quindi avallando l’interpretazione dominante, quindi costituzionalizza i patti. Nelle righe successive introduce il suo correttivo alla costituzionalizzazione dei patti: perché ovviamente abbiamo visto le conseguenze di un’applicazione di una dottrina di costituzionalizzazione, allora se voglio evitare quelle conseguenze devo introdurlo → “tuttavia, giacché esso riconosce allo Stato e alla Chiesa cattolica una posizione reciproca di indipendenza e di sovranità, non può avere forza di negare i principi supremi dell'ordinamento costituzionale dello Stato” La corte utilizza il 7c1 per stemperare il 7c2!! Quindi questo 7c2 che introduce in blocco il contenuto materiale dei patti, lo può fare con il limite dei principi supremi. L’ordinamento si può anche aprire ad altri ordinamenti, e questi ordinamenti possono essere quelli dell’UE o della chiesa cattolica, ma aprendo dei canali di collegamento ci deve essere un limite, se no viene compromessa la sovranità dello Stato, e la corte lo ritiene inaccettabile. Quando la corte nel ’71 la conia per la prima volta la categoria di principi supremi non la definisce e non implica quali siano questi principi supremi. Nella sentenza numero 31: questa Corte, con sentenza in pari data n. 30, ha giudicato che la predetta norma (art 7) non preclude il controllo di costituzionalità delle leggi che immisero nell'ordinamento interno le clausole dei Patti lateranensi, potendosene valutare la conformità o meno ai principi supremi dell'ordinamento costituzionale. • Qua è chiaro, la conseguenza tecnica dell’affermazione che esiste un limite dei principi supremi alla recezioni in blocco dei patti lateranensi. I patti lateranensi quindi sono stati costituzionalizzati, ma possono essere oggetto di questione di legittimità quando utilizzo come parametro i principi supremi. Non sto ponendo la questione di legittimità in relazione ad un art cost, ma la sto ponendo in relazione ad un insieme di articoli in cui sintetizzo un principio supremo. Devo trovare qual è il principio supremo che costituisce il filtro, quindi non è più vero che le questioni di legittimità sono escluse, è possibile in base ai principi supremi, ma non so cosa sono i principi supremi e non so quali sono. La corte sta aggiungendo alla 25 Quindi dalla richiesta di nullità di una delle due parti tutto poi procede poi da solo, e non c’è nessuna indicazione letterale di un contenuto del giudice che riconosce. Quando ho una norma che prevede il riconoscimento di qualcosa da parte del giudice, questa norma prevede anche i casi in cui il giudice non riconosce. → il provvedimento straniero può essere riconosciuto a condizione che…. E il giudice deve verificare che siano rispettate le condizioni; tra queste condizioni rientra anche l’ordine pubblico. Qui invece tutte le sentenze ecclesiastiche al di là del loro contenuto vanno riconosciute, senza nessuna verifica! Un procedimento automatico e ufficioso è ovviamente un’anomalia, e la corte di cassazione ragiona dicendo di provare ad immaginare che ci sia qualcosa che contrasta con contenuti cost, allora la corte cost nel ’71 ci ha detto che devo costruire la questione di legittimità sui principi supremi, individuiamo questi principi supremi e se li inventa. → principio di tutela giurisdizionale e principio di inderogabile tutela di ordine pubblico. Sono principi ipersintetici che comprendono tante cose (giudice naturale ecc). Così non è contrario ad una singola disposizione, ma con una serie di contenuti. Contrasto con 2 principi supremi, in forza di questi una norma che prevede il riconoscimento automatico e ufficioso dovrebbe essere considerata illegittima → ipotesi della cassazione. Nel ’75 la cassazione anziché impostare la questione di legittimità sull’art 34, fa tutto questo ragionamento ma l’unica norma che menziona è l’art 17 della legge matrimoniale, che dice sostanzialmente un copia e incolla del 34, però la grossa differenza è che il 17 sta in una legge ordinaria tipica, e il 34 in una legge rinforzata. La cosa più probabile è che le sezioni unite volevano capire che aria tirava alla consulta. E stanno chiedendo alla corte cost di dichiarare per la prima volta illegittimità di una norma della concordataria, e se loro ci danno 2 di picche? Quindi visto che il 17 e il 34 dicono la stessa cosa, il 34 lo lasciamo Tranquillo e prendiamo il 17 e vediamo se la corte ci viene dietro oppure ci dice che la teoria dei principi supremi è stata una svista. Si arriva così alla sentenza 1 del ’77 della corte cost, e la decisione ci dà qualche indicazione in più sulla sistematica, ma soprattutto una indicazione inequivocabile alle sezioni unite: da un certo punto di vista la corte se ne lava le mani, ma dall’altro prende una posizione netta → io ho 2 norme fotocopia, 34 e 17 che sono collocate in posizioni diverse della gerarchia delle fonti, tu sezioni unite hai impostato il sindacato di legittimità solo sul 17 → la corte in un sistema di leale cooperazione avrebbe potuto balzare la teoria dei principi supremi, ma invece non avvalla la teoria della cassazione; abbiamo però un problema di rilevanza perché posso dichiarare illegittima una delle due, ma comunque rimane in vigore l’altra. Perché qualcuno dice che la corte se ne è lavata le mani: quando la corte dichiara illegittimità di una disposizione, può rimettere la questione a sé stessa e dichiarare illegittimità di altre collegate anche se quelle disposizioni non sono menzionate nella rimessione. → se la corte avesse voluto veramente pronunciarsi anche sull’art 34 avrebbe potuto dichiarare contrasto con l’art 17 e anche illegittimità cost del 34 con contrasto con i principi supremi. Questo se la corte avesse voluto pronunciarsi sulla illegittimità del concordato, ma la corte voleva? Siamo nel ’77 da pochi anni comincia a parlarsi della revisione del concordato, e Stato e santa sede stanno effettivamente iniziando a ragionare un nuovo concordato da sostituirsi a quello del ’29. La corte cost non vuole scendere in prima linea, perché in sostanza se lo Stato e la santa sede stanno già discutendo del nuovo concordato, perdo tempo anziché andar dichiarare incostituzionale qualcosa che tra poco non ci sarà più. La corte cost non può più temporeggiare quando le sezioni unite della cassazione fanno una nuova ordinanza di rimessione come la precedente, ma questa volta tira dentro anche il 34 e qui la corte cost non può più tirarsi indietro. → siamo nel 77. La sentenza che chiude la sentenza è la sentenza 18 dell’82, ed il primo e ultimo caso in cui la corte cost dichiara illegittimità di una disp concordataria in senso stretto; perché arriva nell’82? Perché le trattative del nuovo concordato andavano avanti. Agli inizi degli anni 80 il procedimento di revisione si blocca e la corte cost non può più attendere per una serie di ragioni. 18/10/22 Illegittimità cost di un accordo con la chiesa cattolica, è una sentenza molto complessa che si occupa di 2 piani, sentenza n. 18/1982: i punti portati all’attenzione della corte sono l’art 34 del concordato e l’art 17 26 della legge matrimoniale, disciplinano un sistema di riconoscimento degli effetti civili alle sentenze ecclesiastiche di nullità che sembra anomalo per 2 ragioni: ufficioso perché è un sistema che prescinde dalla volontà di parte, cioè l’attore che ha depositato l’atto introduttivo di nullità, da qui si procede in modo ufficioso senza dare alle parti la possibilità di fermarlo; la corte d’appello che riconosce la sentenza non fa nessun sindacato di contenuto sulla sentenza. Entrambe queste cose sono anomale confronto al contesto. La sentenza 18 come era prevedibile sposa al 100% la linea interpretativa delle sezioni unite sui 2 principi supremi. • Diritto alla tutela giurisdizionale Diritto, questo, che la Corte ha già annoverato "fra quelli inviolabili dell'uomo, che la Costituzione garantisce all'art. 2" (sent. n. 98 del 1965), e che non esita ora ad ascrivere tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio. Non può dunque rifiutarsi ingresso alla proposta questione intesa a verificare se con tale principio supremo contrastino le denunciate norme concordatarie, pur assistite da copertura costituzionale. Tutte le volte che la corte cost qualifica principio come supremo lo definisce dando un’enunciazione. La definizione è: l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio. Enunciazione sintetica ma molto precisa. • Tutela dell’ordine pubblico Anche su questo principio la consulta si appiattisce sulla ricostruzione proposta dalle sezioni unite, cioè accetta un principio supremo inderogabile di tutela dell’ordine pubblico che non consente eccezioni. L’ordine pubblico che opera nei rapporti tra gli ordinamenti, che tutela la sovranità dello Stato → ordine pubblico internazionale. Tutte le volte che nel discorso giuridico troviamo ordine pubblico in questa accezione, la definizione è: regole fondamentali poste dalla Costituzione e dalle leggi a base degli istituti giuridici in cui si articola l'ordinamento positivo nel suo perenne adeguarsi all'evoluzione della società. Non è solo nella cost che troviamo i contenuti dell’ordine pubblico, non è principio cost, sono regole e non solo costituzionali. Non posso immaginare l’ordine pubblico come regole pervasive che regolano l’intero ordinamento, o che trovano sempre applicazione nell’ordinamento. Bisogna prendere l’ordinamento e scomporlo in singoli istituti, cercando quali sono le regole fondamentali. Bisogna scomporre l’ordinamento e identifico nell’istituto del matrimonio quali sono le regole fondamentali (per esempio) e nella disciplina italiana del matrimonio nel ’65 trovo una regola inderogabile sul non scioglimento, con unica eccezioni nel diritto canonico per non consumazione. È importante individuare nell’istituto le regole fondamentali, perché nel negozio giuridico la dissoluzione è prevista! Ma nel matrimonio abbiamo l’assoluta indissolubilità → regola fondamentale. → contrasta con l’ordine pubblico matrimoniale italiano Nel ’75 l’ordine pubblico matrimoniale è cambiato, alla regola fondamentale dell’indissolubilità abbiamo un altro pacchetto di regole fondamentali che è l’uguaglianza morale giuridica dei coniugi. Posso avviare la valutazione di conformità con i principi supremi, se c’è contrasto le norme dovranno cedere (art 34 e 17). Tanto l’automaticità quanto ufficiosità sono contrastanti quindi con i principi supremi. 27 3) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 27 maggio 1929, n. 810 (Esecuzione del Trattato, dei quattro allegati annessi, e del Concordato, sottoscritti in Roma, fra la Santa Sede e l'Italia, l'11 febbraio 1929), limitatamente all'esecuzione data all'art. 34, commi quarto, quinto e sesto, del Concordato, e dell'art. 17 della legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del Concordato dell'11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella parte relativa al matrimonio), nella parte in cui le suddette norme prevedono che la Corte d'appello possa rendere esecutivo agli effetti civili il provvedimento ecclesiastico, col quale è accordata la dispensa dal matrimonio rato e non consumato, e ordinare l'annotazione nei registri dello Stato civile a margine dell'atto di matrimonio Quindi da questo momento le cause concernenti la nullità di matrimonio sono riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri ecclesiastici. → togliamo tutti i riferimenti alle dispense. Questo perché sono provvedimenti amm. che vengono assunti da un procedimento amministrativo, dove in quanto tale non viene garantito il contraddittorio sostanziale. Con un provvedimento di dispensa, quindi di scioglimento, amministrativo senza contraddittorio le parti smettono di essere marito e moglie, ma contrasta con il principio supremo di tutela giurisdizionale. Dopo la sentenza 18/82 non si dà più la possibilità di riconoscere le dispense per inconsumazione! Più complicato è il discorso sulle sentenze: non posso escludere la possibilità di riconoscimento, devo mantenere la possibilità che le sentenze siano riconosciute; ma quello che posso fare è mantenere il procedimento di riconoscimento ma non con automaticità e ufficiosità, quindi le ritengo riconosciute solo dopo alcuni controlli, di cui le regole supreme → quindi la corte d’Appello può riconoscere le sentenze di nullità se è stato rispettato il contraddittorio sostanziale (elimino il carattere di ufficiosità, in quanto alle parti si dà possibilità di difendersi in giudizio) e il secondo controllo sui contenuti della sentenza, non devono contrastare con l’ordine pubblico italiano in materia di matrimonio → Quindi ho un sindacato sul contenuto della sentenza. Ci sono casi in cui l’intervento ablativo della Corte Cost comporterebbe una lacuna non tollerabile nell’ordinamento che avrebbe determinato abusi; quindi, la corte procede con un intervento additivo ma come posso legittimare il fatto che la Corte stia producendo norme primarie al posto del legislatore? La corte quando pronuncia sentenze additive le ha potute legittimare con questa motivazione: la corte cost scrive un pezzo di legge al posto del legislatore, ma è l’unica soluzione costituzionalmente possibile, perché anche se fosse il legislatore a farlo potrebbe farlo solo così, quindi non è necessario aspettare il legislatore in questo caso. → a rime obbligate. Quindi qui abbiamo un’additiva dove la corte aggiunge in blocco nell’art 34: dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 27 maggio 1929, n. 810 (legge di esecuzione), limitatamente all'esecuzione data all'art. 34, comma sesto, del Concordato, e dell'art. 17, comma secondo, della legge 27 maggio 1929, n. 847 (legge di applicazione del matrimonio), nella parte in cui le norme suddette non prevedono che alla Corte d'appello, all'atto di rendere esecutiva la sentenza del tribunale ecclesiastico, che pronuncia la nullità del matrimonio, spetta accertare che nel procedimento innanzi ai tribunali ecclesiastici sia stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in giudizio a difesa dei propri diritti, e che la sentenza medesima non contenga disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano ➔ in sostanza dice, la disposizione resta così com’è ma la corte d’appello quando riceve sentenza da riconoscere non le renderà subito esecutive agli effetti civili, ma solo dopo aver verificato che nel procedimento canonico sia stato rispettato il procedimento sostanziale, e che il contenuto della sentenza non contrasti con l’ordine pubblico italiano, in materia matrimoniale. 30 • Lettera C: non viene nominato l’ordine pubblico, ma usa una clausola molto più ampia, cioè quando sono rispettate altre condizioni richieste dalla legislazione (si studia poi nel libro). Fondamentalmente il legislatore sta dicendo al giudice: “Tratta la sentenza canonica, come tratteresti una sentenza straniera” → le condizioni per il riconoscimento della sentenza canonica, sono le stesse che applico per il riconoscimento della sentenza straniera. Quando hanno scritto l’accordo lo hanno scritto in fretta, ma le difficoltà interpretative sono sorte dopo che è Stato pubblicato, quindi hanno aggiunto un protocollo addizionale, per la corretta interpretazione. Oltre all’art 8 abbiamo nel protocollo al punto 4, in riferimento all’art 8 del concordato: b) Con riferimento al punto n. 2, ai fini dell'applicazione degli articoli 796 e 797 del codice italiano di procedura civile. • Rinvio alle norme che regolano il riconoscimento delle sentenze straniere. In quel momento la disciplina interna per il riconoscimento interno delle sentenze straniere sono questi articoli. Se ho dei dubbi il protocollo mi libera dai dubbi, perché ho un riferimento preciso! Per un po’ di anni la questione non è complicata, non mi devo porre il problema del tipo di rinvio, perché le norme rinviate sono sempre quelle, ma il problema del tipo di rinvio me lo pongo nel ’95 perché entra in vigore la legge 218 che disciplina il sistema italiano di diritto internazionale privato e processuale, quindi anche il riconoscimento delle sentenze straniere, nello specifico la nuova disciplina sta nell’art 64 della l.n. 218. Qui ho un problema perché l’art 64 della legge 218 sostituisce il 797 che non esiste più dopo il ’95. Queste due disposizioni sono quasi uguali perché contengono 7 condizioni per il riconoscimento delle sentenze straniere, e quindi anche ecclesiastiche, l’ultima condizione è l’ordine pubblico, non direttamente, ma indirettamente in forza in un rinvio che rimanda alle disposizioni, ma il 797 prevedeva un sistema di riconoscimento previa verifica delle 7 condizioni; l’art 64 della 218 dice che la sentenza è di default automaticamente efficace a meno che non sia violata una di queste 7 condizioni. È rovesciato l’onere processuale. Ma in forza dell’art 8 punto 2 lettere c devo continuare ad applicare il 797 oppure l’art 64 della l.n. 218. Qui devo qualificare il rinvio come recettizio o non recettizio. Se è recettizio ho incorporato la disciplina del 797 e quindi quella resta, in caso contrario ho solo un rinvio altrove, quindi se rimanda al 797 e questo non c’è più e al suo posto c’è l’art 64, allora dovrei applicare il 64. L’art 8 è una fonte concordataria in senso stretto, atipica. Mentre l’art 64 della 218 è tipica ordinaria. Una disposizione ottenuta da una fonte atipica modificata solo con accordo con la controparte, il contenuto materiale di una fonte concordataria si modifica con un’altra fonte concordataria, quindi abbiamo dei rinvii materiali, se no io consentirei che fonti tipiche possano modificare il contenuto materiale delle fonti atipiche. → argomento della cassazione, sulla decisione del rinvio del punto 2 del protocollo. Quindi l’art 797 cpc sopravvive all’abrogazione solo qui, è ultra attivo! Cosa succede dopo ’82: la corte nel ‘71 ha individuato 2 principi, e li ha usati per il loro scopo preciso nell’82, cioè dichiarare illegittimità di una disposizione concordataria. La dogmatica dei principi supremi ora vive una vita sua. Sentenza 1146 dell’88: 3 paragrafi che si occupano di cose diverse: • il primo riguarda i principi supremi come istituti di diritto interno (dentro i confini ordinamentali) • il secondo riguarda la loro applicazione nei rapporti inter-ordinamentali (nei rapporti inter ordinamentali) 31 • il terzo riguarda il meccanismo di regolazione dei rapporti tra organi e Stato La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139 Cost.), quanto i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana. Questa Corte, del resto, ha già riconosciuto in numerose decisioni come i principi supremi dell'ordinamento costituzionale abbiano una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale, sia quando ha ritenuto che anche le disposizioni del Concordato, le quali godono della particolare "copertura costituzionale" fornita dall'art. 7, comma secondo, Cost., non si sottraggono all'accertamento della loro conformità ai "principi supremi dell'ordinamento costituzionale" (v. sentt. nn. 30 del 1971, 12 del 1972, 175 del 1973, 1 del 1977, 18 del 1982), sia quando ha affermato che la legge di esecuzione del Trattato della CEE può essere assoggettata al sindacato di questa Corte "in riferimento ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti inalienabili della persona umana" (v. sentt. nn. 183 del 1973, 170 del 1984). Non si può, pertanto, negare che questa Corte sia competente a giudicare sulla conformità delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali anche nei confronti dei principi supremi dell'ordinamento costituzionale. Se così non fosse, del resto, si perverrebbe all'assurdo di considerare il sistema di garanzie giurisdizionali della Costituzione come difettoso o non effettivo proprio in relazione alle sue norme di più elevato valore. • I principi supremi sono contenuti immodificabili pure da revisione cost. l’unico limite esplicito al potere di revisione cost è l’art 139 della forma repubblicana. I limiti alla revisione non è solo l’art 139, ma ce ne sono anche altri impliciti, e questi contenuti non possono essere modificati nemmeno con il procedimento aggravato disciplinato dall’art 138. Insieme di disp costituzionali in primis art 24 e 111. Ipotizziamo che ci sia una legge di revisione cost che incida sul 24 o 111, questa legge di revisione incontra un limite, in cui non posso superare una soglia che consiste con l’essenza del principio, se supero questa soglia intacco il nucleo essenziale di questo principio, e la legge di revisione diventa illegittima. • Come entrano in gioco i principi supremi nei rapporti di diritto esterno: campi dove la corte ha fatto applicazione dei principi supremi → nelle sentenze elencate nel secondo paragrafo abbiamo la storia dei principi supremi utilizzate nel campo concordatario. L’altro campo è nel diritto comunitario, in cui la corte ci dice che quando troviamo riferimento ai principi fondamentali come contro limite, sono come i principi fondamentali che troviamo nel filone concordatario. • Se io consento che il parlamento con le forme aggravate ex art 138 e con l’unico limite ex art 139, cambi a suo piacimento la forma di Stato o di governo, avrei un sistema di garanzie difettoso in relazione ai principi supremi, e se voglio fare in modo che questo sistema non sia difettoso devo immaginare un giudizio di legittimità cost delle leggi cost o delle leggi di revisione cost. Immaginiamo un sistema come lo immaginavo i costituenti, cioè alle fonti primarie sovrappongo la costituzione, unica fonte sopra, il potere costituente si esaurisce con l’entrata in vigore della cost. e abbiamo solo poteri costituiti. Tra i poteri costituiti c’è il potere di revisione cost di cui è titolare il 32 parlamento. Questo potere incontra un limite posto dai costituenti che è quello dell’art 139 (forma repubblicana) in questo sistema è inimmaginabile che io posta instaurare un giudizio di legittimità sulle leggi di revisione cost. Il meccanismo della corte invece è un meccanismo diverso, perché nel 71 la corte si inventa questi principi supremi, quindi ancora sopra le fonti costituzionali. Io nell’88 posso immaginare una fonte situata a livello delle fonti cost, e la posso immaginare come leggi di revisioni cost o anche come legge cost; a questo punto devo immaginare che una fonte situata a livello di costituzionale può essere in contrasto solo con i principi supremi. Tutto questo non creerebbe problemi se i principi fossero scritti chiaro e tondo nella cost ed enunciati nel loro contenuto essenziale; invece, la corte cost dice che i principi supremi sono anche quelli che pur non essendo espressamente menzionati appartengono all’essenza dei valori supremi → ma chi interpreta e definisce l’essenza dei principi supremi che vanno a costituire i principi supremi? La Corte cost. Bisogna quindi immaginare un procedimento di revisione, avente ad oggetto una legge cost, impostato utilizzano il parametro del principio sconosciuto che la corte distilla da una serie di disposizioni cost identificandolo come supremo e definendolo. Nell’89 individua il principio di laicità ci stiamo un po’ muovendo nel mondo del Fanta diritto. Qualcuno ha ipotizzato che i principi supremi tutelano le minoranze. Nel sistema disegnato dai costituenti avevano un sistema chiaro dove il parlamento fa una legge, la corte cost la giudica illegittima, ma il parlamento la vuole fortemente quindi ottiene una maggioranza in cui azione un procedimento ex art 138 → quindi in uno scontro tra poteri l’ultima parola spetta al parlamento nelle forme del 138. In questo sistema non funziona così perché aggiungo un passaggio in più con i principi supremi dove la corte si inventa dei principi supremi non sono solo quelli, ma possono essere “aggiunti” al bisogno. Se aggiungo che la costituzione può essere interpretata, ma l’unico soggetto che può farlo è la corte costituzionale, e può dichiarare illegittime leggi di revisione cost secondo principi supremi non ben definiti, quindi si assegna un potere → nella sostanza è la resurrezione di un potere costituente. È una rivoluzione dal punti di vista delle fonti. Tutto questo che fino all’88 sembrava solo teorico, perché avevamo solo 2 principi supremi che rispecchiano la costituzione, ma nell’89 si individua il principio supremo di laicità. Se io guardo la categoria dei principi supremi posso concludere che anche se in dottrina c’è qualcuno che non è d’accordo di questa ricostruzione molto formale del sistema e quindi ritiene che il sistema sia ancora quello senza i principi supremi, la corte ha espressamente ipotizzato giudizio di legittimità costituzionale di una legge di revisione cost non posso utilizzare qualcosa allo stesso livello costituzionale devo avere come parametro qualcosa sopra, quindi principi supremi. Se noi sposiamo questa teoria, queste non sono fonti allo stesso livello, ma ho un criterio gerarchico, e lo applico con tutte le sue implicazioni. Nella giuri cost dei principi supremi abbiamo: • Primo punto → formano una gerarchia formale, e i principi sono fonti super costituzionali in senso formale • Secondo punto → sentenza n 1146 coincidono con i limiti di modificabilità della costituzione, quindi la cost può essere modificata nella misura in cui non viene intaccato il nucleo essenziale dei valori supremi. Non sono scritti nella cost, l’unico principio espresso è la forma repubblicana. La giuri della corte cost ha 2 fasi: ascendente e discendente → ascendente la corte cost per ciascun principio, dall’insieme delle disposizioni cost, sintetizza un principio supremo e viene collocato poi a livello superiore. Il principio di laicità della sentenza 203 dell’89 non è scritto nella cost, ma lo sintetizza da più art e la corte lo mette in un livello superiore. 35 Il concordato non è tecnicamente di diritto internazionale, e riguarda la condizione giuridica di quella specifica confessione religiosa in Italia. Quando nel 1919 si ragionava sulla questione romana, nessuno aveva mai pensato che questa si potesse risolvere con un trattato e concordato, il concordato era lontanissimo, ma solo sul trattato. Dopo qualche anno, si comincia a parlare di concordato perché la chiesa si rende conto che con mussolini può farlo, con dei privilegi del cattolicesimo in Italia. Non c’è nessuna necessarietà di complemento del concordato rispetto il trattato. Alcune disposizioni del concordato: all’art 5 dove i sacerdoti apostati o irretiti da censura non possono lavorare in uffici e impieghi a contatto con il pubblico. L’art 12: durante la messa verrà cantata una preghiera per la prosperità al Re d’Italia → Stato e chiesa sono una cosa sola. art 19: non si possono nominare vescovi antifascisti art 20: giuramento con cui vescovi prendono servizio dove prendono un impegno a non far nulla che possa essere d’ostacolo al governo italiano • Art 34 sul matrimonio • Art 36 insegnamento della religione cattolica Questo accordo tra Stato e chiesa esprime nel modo più chiaro il connessionismo di Stato, lo Stato era già confessionista nel 1848, ma era solo di facciata, con il 1929 il connessionismo diventa effettivo. Maggiore è in grado si sovrapposizione di identificazione e maggiore è il livello di concessioni fatte a doppio senso. La laicità, il non connessionismo, sono strumenti di protezione non solo dello Stato, ma soprattutto delle organizzazioni religiose da parte dello Stato. Arriviamo al diritto vigente: quindi il trattato non destava tante problematiche, ma il concordato sì, perché nel nuovo sistema cost non potevi detenere questa fonte di cognizione. A livello delle dichiarazioni tutti si dissero che i patti lateranensi non possono sopravvivere alla nuova cost, incompatibile con il patrimonio genetico della cost che stiamo scrivendo → il concordato è fascista e noi stiamo scrivendo una cost anti fascista. Per ragioni di opportunità politica inseriamo un riferimento esplicito, e tanto i patti verranno cambiati con accordo bilaterale. DC e comunisti votarono il testo del 7c2 e il concordato rimane lì fino all’84. Si parla di revisione concordataria negli anni ’70 → la prima bozza di revisione redatta da una commissione mista Italia vaticano è del ’76. Questo è un primo documento dopo quasi 30 anni si inizia a parlare di revisione concordataria. Dal ’76 e per qualche anno si succedono una serie di bozze, e questo sembra confermare che il processo si sta avviando. (un anno dopo che la corte di cassazione a sezioni unite ha impostato una questione di legittimità su una norma del concordato, il concordato sta vacillando sul piano giuridico). A queste prime bozze fa seguito una fase di stasi, e la corte cost sta perdendo tempo, sa che ci sono una serie di bozze che si susseguono una con l’altra, quindi chi me lo fa fare di dichiarare illegittimo un concordato che tra poco non ci sarà più? Ma poi alla fine degli anni ’70 si ferma tutto, abbiamo la legge sull’aborto che spacca compitamente i rapporti tra Italia e santa sede in malo modo; oltre alla legge sull’aborto si sente di caso IOR, dei soldi che girano dalle casse dello Stato alla chiesa. La corte cost nell’82 non può più temporeggiare e nell’83 per la prima volta viene nominato un membro non DC per formare il governo. Questo mette già prima di formare il governo la revisione concordataria nella sua agenda, vuole un concordato nuovo e subito → fatto talmente di fretta che nell’84 viene fatto ma non benissimo, e viene per questo allegato il protocollo che aiuta la sua interpretazione. Modifica e sostituisce il concordato del ’29, il nuovo sistema delle fonti è 121 dell’85 nella parte in cui da esecuzione al nuovo concordato; 810 del 29 dove da esecuzione al trattato; cosa accade delle leggi di 36 applicazione? Erano 2 leggi unilaterali (non sono fonti in senso stretto) tipiche, 847 in materia matrimoniale (applicazione al 34), e 848 (beni ecclesiastici). Nell’84 ci aspetteremmo 2 nuove leggi di applicazioni, ma abbiamo solo quella sugli enti e sui beni, e quella del matrimonio non viene toccata. La 848 invece è stata sostituita dalla 222 dell’85 perché esce lo scandalo dello IOR nell’83. Il concordato del ’29 integrato dalla 848 prevedeva un sistema di sostentamento del clero a carico dello Stato che funzionava così: Don Gino parroco di parrocchia di san lazzaro, ufficio ecclesiastico che ha un patrimonio (beni immobili), don Gino da questo patrimonio ricava un reddito; con questo reddito garantisco il sostentamento patrimoniale di don Gino. Lo Stato e santa sede decidevano di comune accordo di quanto fosse la cifra congrua per la persona fisica, e da questa caso per caso se il reddito di don Gino fosse stato sotto la cifra congrua, la differenza la metteva lo Stato → sostentamento di congrua. Ma nel caso in cui fosse avanzato qualcosa, allora se lo teneva la chiesa. Sistema disciplinato dalla legge 848 del ’29 → costruito sull’istituto del diritto canonico del beneficio. Il nuovo codice canoni dell’83 però non ha più l’istituto del beneficio, quindi la 848 viene sostituita perché non esiste più il sostentamento del clero, manca il presupposto di diritto canonico, quindi bisogna inventarsi qualcosa di nuovo che prescinda il sistema beneficiario → quindi viene inventato l’8x1000 che nasce nell’84 che costituisce il sistema dell’848 e viene disciplinato nella 222 dell’85. La ragione per cui abbiamo una nuova legge sui beni è questa → del ’29 abbiamo 810 concernente il trattato, il 847, e quella sui culti ammessi. La legge 221 dell’85 di esecuzione del concordato, la nuova legge degli enti sui beni del 222 dell’85. 25/10/22 Accordo di villa madama: locuzione per chiamarlo neutro. Meno neutro sono nuovo concordato, o accordo di revisione concordataria → sembrano sinonimi ma invece sottintende una certa soluzione rispetto che un'altra. La questione è aperta perché la corte non ha ancora dato la sua soluzione. Accordo che apporta le modificazioni è quindi un accordo di modificazioni: questo concetto è un concetto al quale che chi lo ha stilato ci teneva molto. All’art 13 dell’accordo: 1. Le disposizioni precedenti costituiscono modificazioni del Concordato lateranense accettate dalle due Parti ed entreranno in vigore alla data dello scambio degli strumenti di ratifica. Perché insistono molto sul fatto che apporti modificazioni → per sottolineare che non è un nuovo concordato, ma è quello di prima modificato. Se io lo chiamo accordo di modificazioni resta in vita il vecchio concordato modificato in qualche parte e quindi sopravvive la copertura cost dalla quale deriva la doppia atipicità. In questo modo io sto chiaramente indirizzando la soluzione di quel problema verso la nuova copertura, gode ancora della copertura ex art 7c2 Cost. Se invece la chiamo “nuova disciplina” sembra più naturale chiedersi se esiste ancora quella copertura costituzionale. Questa evidente indicazione del relatore dell’accordo è smentita subito dopo nell’art 13 c1: le disposizioni del Concordato stesso non riprodotte nel presente testo sono abrogate. → il vecchio concordato quindi non esiste più ed è Stato integralmente sostituito da quello nuovo. Proprio perché non esiste più la copertura cost doppiamente atipica, ma singola. Questo problema teorico non ha ancora una soluzione, la corte ancora non ha dato una soluzione. Effetti giuridici dell’art 1 ci sono, non è una norma simbolica. 37 Art 1: La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani Si sovrappone all’art 7c1 • Nell’art 1 concordato ho un accordo dove entrambe le parti si sono impegnate a rispettare. • Nella cost ho un vincolo unilaterale. L’art 3 invece, per esempio, è una norma simbolica → 1. La circoscrizione delle diocesi e delle parrocchie è liberamente determinata dall'autorità ecclesiastica. La Santa Sede si impegna a non includere alcuna parte del territorio italiano in una diocesi la cui sede vescovile si trovi nel territorio di altro Stato. 2. La nomina dei titolari di uffici ecclesiastici è liberamente effettuata dall'autorità ecclesiastica. Quest'ultima dà comunicazione alle competenti autorità civili della nomina degli Arcivescovi e Vescovi diocesani, dei Coadiutori, degli Abati e Prelati con giurisdizione territoriale, cosi come dei Parroci e dei titolari degli altri uffici ecclesiastici rilevanti per l'ordinamento dello Stato. Non ha niente a che fare con il concordato dove c’era un potere di veto della nomina. Se io ho una norma, per esempio, che dice che l’insegnante di religione cattolica non può insegnare nelle scuole pubbliche se non munito del nullaosta del vescovo diocesano, io ho bisogno di sapere chi è il vescovo che deve rilasciare la firma → per questo ho bisogno dell’art 3 che prevede una semplice comunicazione sulle persone che rendono applicabili le norme che prevedono la qualifica di vescovo. Perché nell’84 la 847 non è stata toccata mentre la 848 si, perché il meccanismo precedente fondata sui sostentamenti non era più applicabile, quindi erano costretti, se volevano tenere in vita un meccanismo di sostentamento statale, a sostituire la 848. Nominano una commissione paritetica che formula il nuovo sistema di norme che disciplinano l’intera materia. Abbiamo un caso particolare nel sistema delle fonti. Questo nuovo meccanismo nasce con la 222 e poi verrà esteso ad altre confessioni religiose con singole intese. L’8x1000 nasce con la legge 222, e se dopo stipulo un’intesa con gli ebrei la prima cosa che ovviamente dicono è che vogliono lo stesso meccanismo di sostentamento anche loro. Ma le intese devono essere singole. La legge è composta di punti concordati, commissione paritetica che ha negoziato punto per punto, ha stilato un testo, condiviso da Italia e santa sede, e quindi fino a qui potremmo pensare che si tratti di una legge bilaterale → invece questo testo è formalmente testo di una legge che è bilaterale ma non abbiamo una norma di esecuzione; quando ho una norma bilaterale ho sempre una norma di esecuzione, di adattamento, e fonti invece come questa che sono state condivise punto a punto tra le parti, ma che poi nel nostro ordinamento sono fonti unilaterali. È importante però capire se sono leggi unilaterali (posso modificarle come voglio) o se sono bilaterali (accordo bilaterale x modifica). • La risposta la abbiamo con la sua collocazione come la 848 e 487 → unilaterali Ogni volta che devo esaminare una disciplina dell’accordo devo verificare nel protocollo addizionale se ci sono disposizioni inerenti a quell’articolo. La disciplina neo-concordataria del matrimonio è l’art 8 integrato dal punto 4 del protocollo addizionale. Allora noi sappiamo che il concordato non c’è più, perché abbiamo un nuovo concordato dove se non viene riprodotto quello che non c’era nel vecchio concordato non esiste più. Ma il confessionismo di Stato che fine ha fatto? Questo si trova nel trattato non nel concordato. Dottrina e giurisprudenza erano divise sul punto di confessionismo di Stato: c’era chi diceva che l’Italia aveva cessato di essere confessionista il 1 gennaio del ’48 perché il confessionismo era incompatibile con l’intero impianto costituzionale, questa idea si è rafforzata dal ’71 in avanti con i principi supremi; dall’altra parte c’era chi sosteneva che l’art 1 del 40 Io sono funzionario della presidenza del consiglio dei ministri e sul mio tavolo arriva la richiesta dell’avvio di trattative di stipule di intesa: per un po’ posso disinteressarmi del problema della qualificazione, poi però iniziano ad arrivare movimenti meno simili a chi aveva in mente chi ha scritto la disposizione (islam, cristianesimo ecc) però poi quando arrivano i buddisti ho una situazione diversa. Allora questa richiesta di avvio delle trattative che mi arriva dall’unione degli atei mi pongo il problema o straccio la richiesta e basta? Oppure sono giudice penale, e davanti a me ho una condotta contraria all’art 403 cp, ma se io non so cos’è una confessione religiosa non so se il reato è integrato. Ma se mi trovo ad un pastafariano in teoria questo non dovrebbe integrare la condotta quindi? 26/10/22 L’insegnamento della religione cattolica nelle fonti di cognizione quindi concordato del ’29 e dell’84 → il termine scuola media aveva un significato diverso rispetto ad oggi. Fino all’ultima riforma della scuola scuole medie era distinto tra medie superiori e medie inferiori. Nel concordato del ’29 per scuole medie si intendevano sia scuole medie che scuole superiori. Il primo problema in cui inciampiamo nell’art 8 è la nozione di confessione religiosa → abbiamo fonti di cognizioni che impiegano questa nozione. La definizione di confessione religiosa è difficile ma necessario. Se lo Stato ha deciso unilateralmente di organizzare una disciplina favorevole per il fenomeno religioso, utilizzato la nozione di confessione religiosa noi dobbiamo trovarne un significato. Come si sono approcciati gli interpreti nella sua definizione: in dottrina ognuno ha detto la sua, non abbiamo una definizione normativa, e nemmeno qualcosa di simile, quindi quello che è Stato detto in dottrina è solo pura dottrina, e non ha senso starci più di tanto. Le posizioni si muovono tra 2 estremi, ad un estremo abbiamo chi ha sostenuto che è impossibile dare la definizione di confessione religiosa, e l’unico criterio utilizzabile è quello dell’auto qualificazione, pericolose quando a quella qualificazione il diritto aggancia dei benefici e vantaggi → chi sostiene questo poi procede dicendo che bisogna sgombrare il campo da questa disciplina di vantaggio per le confessioni religiose, perché a quel punto allo Stato non interessa più se ti auto qualifichi confessione; dall’altro lato abbiamo dei suggerimenti di paradigmi di confessione anche molto rigidi, costruiti sulle grandi religioni monoteiste: il problema è che verrebbero escluse le religioni che non si avvicinano alle grandi religioni occidentali. In mezzo a questi 2 estremi tante sfumature. Un dato significativo invece lo abbiamo dalla giurisprudenza. → corte cost e corte di cassazione. La corte cost non ha dato una sua definizione di confessione religiosa, e non l’ha voluta dare perché irrigidire la disciplina giuridica su una definizione di confessione religiosa sarebbe stato eccessivo. La definizione poi deve essere unica all’interno dell’ordinamento, specialmente se arriva dalla corte cost, e non può essere modellata. Se parto dal presupposto che sicuramente è confessione religiosa la religione cattolica tendenzialmente mi paragono a questa nella definizione di confessione religiosa. → i costituenti utilizzavano come paradigma le grandi religioni monoteiste. Il vecchio pretesto per giustificare il concordato era che l’accordo era politicamente opportuno per entrambe le parti, era uno strumento di governo di mussolini, che poteva essere comodo anche per la chiesa. Ma quando i costituenti hanno scritto la cost, hanno mantenuto una copertura cost ai patti del ’29, e il pretesto con cui hanno rilegittimato la copertura era quella della materie miste. È anche vero che come paradigma ho un paradigma iper rigido, cioè chiesa cattolica e concordato e da un punto di vista dell’opportunità politica, se leggo l’art 8c3 con le logiche dell’opportunità politica tenderei a tenere più stretta la nozione di confessione religiosa, cioè preferirei un numero ristretti di soggetti che possono fare accordi con lo Stato. 41 Se noi analizziamo l’art 403 cp, sanziono un comportamento offensivo verso una confessione religiosa → se il bene protetto è il sentimento religioso ed individuale → qui dovrei adottare una nozione più larga in modo da tutelare il sentimento religioso di tutti, non c’è più il paradigma cattolico. Visto che la nozione di confessione religiosa viene impiegata in tante materie, forse è meglio non avere una definizione unica per tutte le materie, ed è meglio lasciar usare definizioni diverse. La corte cost: indici rivelatori dell’esistenza di una confessione religiosa → secondo la corte cost possiamo ragionevolmente concludere nel senso che siamo in presenza di una confessione religiosa quando ci imbattiamo in questi elementi (questo lo dice il prof non la corte cost). Questi elementi sono: 1) preesistenza di un’intesa stipulata ai senti dell’art 8c3 Cost, quindi se un soggetto collettivo ha stipulato un intesa ai sensi dell’art 8c3, possiamo ragionevolmente concludere che siamo in presenza di una confessione religiosa; 2) precedenti riconoscimenti pubblici, quindi se un soggetto collettivo è Stato soggetto di riconoscimento possiamo ragionevolmente concludere che… tipico è il caso del riconoscimento degli enti esponenziali; tra i requisiti di riconoscimento ente deve avere collegamento organico con una confessione religiosa, stabilito dalla legge 222, il procedimento è amministrativo davanti il ministero dell’interno, e possiamo concludere che se un ente ha ottenuto riconoscimento interno allora quell’organizzazione è religiosa; 3) esistenza di uno statuto che ne esprima i caratteri, statuto come insieme di norme di organizzazione, di funzionamento, come diritto confessionale, in sostanza la sua logica è che se dietro le persone che formano l’org c’è un articolato sistema giuridico, probabilmente siamo di fronte una vera confessione religiosa e non gente a caso; comune considerazione, quello che si ritiene comunemente confessione religiosa (non auto qualificazione ma etero qualificazione). La corte nel ’93 quando ha indicato questi 4 punti, voleva comunicare che non si possono accettare gli esiti irragionevoli di una auto qualificazione. Ma comunque non sono requisisti da intendere a senso stretto, anche perché c’è qualcosa che non funziona, vediamoli: in ogni caso vanno visti in maniera disgiuntivo perché io concluda che quella è una confessione religiosa. 1) Intesa → una organizzazione è confessionale se ha un’intesa con lo Stato: se io sono Presidente Consiglio dei ministri con la domanda sul tavolo sull’inizio delle trattative con un gruppo, mi devo chiedere innanzi tutto se questi sono confessione religiosa, perché non hanno un’intesa perché la stanno chiedendo, ma se la stanno stipulando ancora non hanno un’intesa. 2) Se sono invece ministro dell’interno, e mi vedo arrivare sulla scrivania la domanda di riconoscimento come ente con fini religiosi e di culto, devo decidere se accogliere la domanda o no, e nei requisiti generali, e tra i requisiti ho che l’ente esprima un collegamento organico con una confessione religiosa. Ma se io ente non ho il riconoscimento come faccio ad avere un collegamento organico quando sto ancora richiedendo il riconoscimento? 3) Statuto che ne esprima il carattere: le confessioni religiose sono in piena libertà circa la condizione di darsi uno statuto o no → art 8c2 cost. Quindi se prevedo che debbano avere uno statuto questo andrebbe contro l’art 8 Cost. 4) Comune considerazione: riservo implicitamente le confessioni che non conosce nessuno un trattamento deteriore solo perché non le conosce nessuno. Questo trattamento si può mettere giù dicendo che sto applicando una logica maggioritaria in una materia dove dovrebbe applicarsi una logica contro maggioritaria. Devo considerarli in maniera disgiuntiva, non posso considerarli in maniera congiunta per la qualificazione di organizzazione religiosa. → non posso considerarli tutti necessari, se voglio posso considerare che ce ne sia almeno 1. 42 La cassazione ha espresso il concetto per cui posso concludere caso per caso se siamo davanti una confessione religiosa anche senza nessuno dei 4 indici tracciati dalla corte cost. Non si può escludere che una organizzazione non sia confessione religiosa perché non ci sono i 4 indici. La cassazione poi ha indicato che non posso negare che il soggetto sia confessionale se non crede in un elemento trascendente, ha escluso che sia necessario che il patrimonio dogmatico sia originale, e quindi in sostanza ha portato le lancette dell’orologio indietro di una decina d’anni, perché questi sforzi di dottrina non hanno portato ad una soluzione ampiamente condivisa. L’elemento trascendente oggi non funziona più, funzionava quando si prendeva come paradigma la religione cattolica → il buddismo l’elemento trascendente non lo ha. A questo punto siamo di nuovo al punto di partenza. Quanto ha ancora senso oggi impazzire sulla nozione di confessione religiosa? Il problema che noi abbiamo oggi è che abbiamo un impianto di diritto ecclesiastico che disciplina un sistema evidentemente di favore nei confronti dell’elemento religioso e che nel disegnare questa disciplina di vantaggio impiega parecchio la nozione di confessione religiosa. E abbiamo visto che se io mi sforzo a definirla trovo più problemi di quelli che posso risolvere. Se questo è lo stato di fatto, e lo è, le direzioni a cui posso guardare per superare questo stallo sono 2: 1) Abbandonare la nozione di confessione religiosa → si può fare? Certo. Art 403 cp: Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone. Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1000 a euro 5000. Nel momento in cui lo Stato disciplina il fenomeno religioso può farlo passando dall’aspetto istituzionale della religione (dall’alto), o a livello individuale (dal basso). → quindi passo dall’alto dalla chiesa, oppure passo dal basso dalle persone cattoliche. Lo Stato qui ha deciso di disciplinare passando per i profili istituzionali perché utilizza la nozione di confessione religiosa, quando poteva riferirsi solo alla libertà religiosa individuale. Se noi ci spostiamo all’art 17 TFUE: 1. L'Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le chiese e le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri in virtù del diritto nazionale. 2. L'Unione rispetta ugualmente lo status di cui godono, in virtù del diritto nazionale, le organizzazioni filosofiche e non confessionali. Non usa il concetto di confessione religiosa, che esiste comunque in ambito comunitario, quindi avrebbero potuto utilizzarlo. Hanno sottoposto alla stessa disciplina chiese, associazioni, comunità religiose, organizzazioni filosofiche e non confessionali. Quindi anche se ho una rilevanza del momento istituzionale, perde rilevanza definire cosa sia chiesa, perché tanto la stessa disciplina la hanno anche le organizzazioni filosofiche → la qualificazione perde rilevanza. Questo è un esempio di come disciplinare un fenomeno religioso senza infilarsi nel vicolo cieco di definizione di confessione religiosa. Art 19 CEDU: 1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; la matrice è la libertà di pensiero → non ci interessa definire la religione, passo dagli individui per disciplinare anche le istituzioni. 45 Ne sono usciti perché Cappi e Di Ronchi, entrambi della DC, ma in correnti della DC diverse, ottengono in via informale l’avallo di comunisti e socialisti sul compromesso: egualmente liberi. Questa proposta è nata nei corridoi. Il problema di capire cosa significhi l’art 8c1 lo abbiamo, e gli atti dei costituenti non ci danno abbastanza informazioni. Loro probabilmente la hanno intesa come norma simbolica, innocua. Qui però un significato bisogna attribuirglielo. Il primo passaggio del ragionamento che possiamo fare è mettere a confronto del 8c1 e 3c1 Art 3 Cost: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. • La legge li tratta in modo uguale, senza distinzioni di sesso, razza lingua etc. Questo può significare che però se la legge prevede un sussidio di maternità lo deve dare anche agli uomini se non fa distinzioni tra donne e uomini. Il principio di uguaglianza di per sé quindi è una follia, in maniera non ragionevole → quindi al principio di uguaglianza si accompagna sempre un contro principio di ragionevolezza che rende applicabile senza paradossi anche quello di uguaglianza. Il principio di uguaglianza di per sé, quindi, non regge e deve essere sempre accompagnato dal contro principio di ragionevolezza. L’art 3 non impone trattamenti uguali, però prima dell’introduzione del correttivo è stesso trattamento per tutti. Laddove quindi sia ragionevole il trattamento è differenziato → a volte abbiamo problemi a capire cosa sia ragionevole e cosa no: è ragionevole che i bambini non abbiano diritto di voto per esempio; ma in altri casi ho difficoltà tipo la disciplina dell’accesso allo status coniugale in base all’orientamento sessuale. Fecondazione assistita, la cui legge è stata smantellata dalla corte cost, sulla base dell’irragionevolezza del trattamento differenziato. Art 8c1 cambia già il primo passaggio del ragionamento, noi non abbiamo nemmeno l’idea iniziale che le confessioni religiose debbano essere trattate allo stesso modo, perché l’art 8 non dice che sono uguali. →L’art 8c1 non prevede quindi un trattamento uguale delle confessioni religiose. La condizione di default è che le confessioni vengano trattate in modo diverso, parto già dalla premessa al primo comma dell’art 8 che le confessioni vengano trattate in modo diverso. Parto già con il presupposto all’interno della norma che le confessioni vengono trattate in maniera diversa, e all’art 7 ho una palese disciplina diversa per la Chiesa. All’interno dell’8 le intese delle singole confessioni sono ovviamente diverse tra loro, tanto che abbiamo singolari atti che regolano i rapporti con loro. Se c’è qualcosa su cui possiamo andare sereni sull’interpretazione dell’8 è che si voleva lasciare alle spalle: culti ammessi, confessionismo di Stato. Tutte le confessioni religiose sono in qualche modo messe tutte sullo stesso piano. Questo però vuol dire ancora poco. La seconda cosa è che i costituenti hanno scritto l’art 8 con la consapevolezza e volontà che le confessioni fossero trattate in modo diverso con il limite è che dalla differenza di trattamento legittima, non discenda una diversa misura di libertà. Questo vuol dire egualmente libere → stessa misura di libertà. Le posso trattare in modo diverso ma le misure di libertà devono essere uguali per tutte. 2/11/2022 Se io scrivo la cost con i patti lateranensi in vigore non posso scrivere che le confessioni sono trattate allo stesso modo, perché la chiesa ha i patti lateranensi ma le altre confessioni no. L’uguaglianza non passa per il campo visivo dei costituenti, ma si soffermano nel principio di uguali libertà: tutte possono e devono 46 essere trattate in modo diverso → qui entra in gioco la ragionevolezza dell’art 3, perché le confessioni sono tutte diverse e sarebbe irragionevole trattarle allo stesso modo. La misura complessiva di libertà che scaturisce dal trattamento differenziato delle confessioni deve essere lo stesso per tutte. Trattamenti diversi ma uguali misure di libertà. • Essendo le confessioni tutte diverse saranno trattate in modo diverso. (premessa) Se noi incrociamo una disciplina che differenzia tra confessioni non si accende un segnale d’allarme come quello attivato alla violazione dell’art 3, perché l’art 8 dà per scontato che le confessioni vengono trattate in modo diverso. Il segnale d’allarme si accende quando dal trattamento differenziato scaturiscono diverse misure di libertà. Qui dovrebbe accendersi un segnale che ci fa venire il dubbio che siamo in presenza della violazione dell’8c1. È diverso il modo in cui noi arriviamo alla questione, ma il problema è lo stesso, cioè quando ragioniamo di violazione o meno dell’art 3 la domanda finale sulla quale ci soffermiamo è: se la differenza di trattamento è o meno ragionevole. Qui all’8c1 la domanda che ci facciamo se in conseguenza al differente trattamento è se deriva una diversa misura di libertà. → qui le risposte sono molto differenziate. Il fatto che nelle scuole pubbliche viene insegnata una determinata confessione è sintomo di diversa misura di libertà? Il fatto che alcune confessioni si avvalgono dell’8x1000 e altre no, per le prime abbiamo maggiore libertà? Per alcuni si e altri no. Abbiamo confessioni religiose che hanno tantissimi luogo di culto rispetto ad altri, questo determina una diversa misura di libertà → alcune sono libere di esercitare il culto in pubblico e altre no. Quindi se ho un sistema di diritto ecclesiastico attraverso il quale alcune hanno luoghi di culto e altri no, posso concludere che da questo punto di vista c’è un problema di rispetto dell’8c1 → perché oggettivamente le confessioni non egualmente libere. Il problema principale dell’interpretazione dell’art 8c1 che riguarda la nozione di libertà, e questo problema principale dell’art 8 diventa uno dei problemi principale anche per l’interpretazione del principio di laicità, essendo uno degli art utilizzati per l’elaborazione del principio. La questione che riguarda l’art 8 è che quando noi diciamo egualmente libere, stiamo utilizzando la nozione di libertà, ma non esiste nozione di libertà perché libertà significa tante cose, e a seconda del suo significato, l’interpretazione dell’art 8c1 cambia totalmente. Nell’800 il senso di libertà di religione era che lo Stato non frapponesse ostacoli, oppure impedisse che altri enti frapponessero ostacoli; mentre noi siamo abituati alla libertà socialdemocratica, cioè all’art 3c2 → lo Stato mi aiuta a esercitare la mia libertà religiosa, eliminando gli ostacoli di ordine economico e sociale, se non ho i mezzi lo Stato mi aiuta, se non ho fondi per poter esercitare l’esercizio di culto lo Stato deve intervenire. Alla luce di queste 2 nozioni, se le sostituisco nell’8c1, ho 2 risolutati diversi. → nel primo caso: tutte le confessioni religiose hanno diritto ugualmente alla loro esistenza (qui basta pochissimo per soddisfarlo); se mi muovo nell’estremo opposto, come nella libertà socialdemocratica, io ho un risultato completamente diverso, perché lo Stato si deve impegnare a soddisfare nella stessa misura le libertà delle confessioni religiose. → tutte le confessioni religiose devono avere gli stessi diritti e libertà, che non significa stesso trattamento. Esempio: norma che riconosce agli individui appartenenti a qualsiasi confessione il diritto ad avere il riposo settimanale la domenica. 47 • Apparentemente l’art 3 è soddisfatto per quel che riguarda la libertà formale, ma irragionevole perché tratta allo stesso modo situazioni diverse, ed è contro l’art 8c1 perché quel diritto riguarda solo qualcuno non tutti gli individui. Immaginiamo: una legge dello Stato dove, salvo le esigenze dell’organizzazione del lavoro, tutti i lavoratori hanno diritto al riposo settimanale che coincide con il precetto religioso. • Qui abbiamo una norma statale che garantisce a tutti lo stesso diritto, ma ognuno lo esercita in modo diverso e la misura finale di cui godono il cattolico, l’ebreo e il mussulmano è la stessa. Questo significa diverso trattamento con soddisfazione completa dell’art 8c1. Quello che noi oggi vediamo dall’applicazione dell’8c1 è un’interpretazione che potremmo dire a geometria variabile, cioè a seconda delle esigenze politiche del caso di specie la nozione di libertà è a volte una e a volte un’altra. Ci sono sentenze in cui si impiega la nozione della libertà costantiniana e altre dove si utilizza la nozione di libertà social democratica. Se il precetto è che tutte le confessioni devono godere degli stessi diritti e libertà, con la più ampia possibile interpretazione dell’art 8c1, e se interpreto in questo modo diventa una clausola della confessione più favorita, cioè se il precetto è che tutte le confessioni devono godere degli stessi diritti e libertà, le conseguenze sono abbastanza facili da dedurre perché prendono di quali diritti di cui godono queste confessioni, faccio un elenco e posso stilare un elenco dei diritti e libertà delle confessioni di chi ha più diritti e di chi ne ha meno. Se il risultato finale è che tutti devono avere gli stessi diritti e facendo questa classifica vedo che hanno diritti e libertà diversi, le soluzioni sono 2: • equiparo verso l’alto, quindi a tutte quelle che non hanno gli stessi diritti a quella privilegiata, riconosco gli stessi diritti di quest’ultima; • oppure equiparo verso il basso, cioè tolgo diritti a chi li ha già, in modo che abbiano tutti gli stessi diritti. L’8x1000 è un problema gigante! Perché anche qui dipende come intendiamo libertà: io ho 12 confessioni religiose che si dividono l’8x1000, ma restano fuori in molti. Se io interpreto quella libertà in maniera ottocentesca non ho problematiche con l’8c1, perché ai testimoni di Genova non impedisce di praticare il proprio culto ecc. Se invece la intendo in senso social democratico, il fatto di avere un certo gruzzo incide sulla libertà → la chiesa cattolica prende 1 milione l’anno! Il trattamento è diverso, quindi è ragionevole o meno che sia diverso? Ammesso che sia ragionevole, ma è rispettato il principio di stesse libertà? Nelle sentenze riguardanti l’esposizione del crocifisso in aula, quando l’Italia fa ricorso, abbiamo chiara esemplificazione di come in questo contesto posso far prendere alla nozione di libertà tutte le forme che voglio → in quell’atto, gli avvocati dello Stato, hanno usato 2 nozioni di libertà diverse: Per le confessioni di minoranza la libertà è ottocentesca, mentre per le altre parliamo di libertà social democratica. → a nessuno viene proibito di pregare, associarsi ecc, quindi il fatto che venga esposto il crocifisso non vuol dire che non viene rispettato la libertà di culto, perché lo Stato non impedisce a nessuno di esercitare il proprio culo. Nello stesso atto c’è scritto che l’Italia espone il crocifisso per soddisfare le esigenze di chi esercita il culo cattolico. Allora ne esce che per le confessioni di minoranza libertà significa che lo Stato non le ostacola, mentre per le confessioni di maggioranza libertà vuol dire che si può chiedere che nei luoghi pubblici venga esposto il proprio simbolo. Il problema dell’8c1 è come io intendo la nozione di libertà → di conseguenza anche poi nel principio di laicità, perché viene desunto anche dall’art 8c1 e art 19. Ad oggi il tema è: abbiamo un’interpretazione dell’8c1 che la fa diventare una norma di geometria variabile. 50 Il significato è quindi che le confessioni hanno diritto di organizzarsi secondo i loro diritti, in quanto non contrastino con l’ordinamento italiano. Questo quindi è un limite! Dobbiamo analizzare la portata del limite che potrebbe prestarsi a interpretazioni diverse. Potrebbe essere un limite sia ex ante che ex post, e poi potrebbe essere un limite che opera sui principi e/o sulle norme di comportamento. → se faccio l’esempio con il diritto canonico, devo immaginare che il diritto canonico non deve contrastare con l’ordinamento italiano, li metto a paragone → questa è una valutazione ex ante! Se le cose funzionano così cosa accade se trovo un contrasto, ci sono conseguenze? Oppure opero ex post, quindi non faccio una valutazione di compatibilità tra i diritti, ma aspetto che il diritto confessionale sia applicato, e nel momento in cui viene applicata allora faccio una valutazione di compatibilità con l’ordinamento giuridico dello Stato, e quindi la valutazione non è più in astratto ma in concreto. Sono due soluzioni molto diverse. Da un secondo punto di vista il limite di contrasto può operare su diversi contenuti → il sindacato dello Stato può operare sui principi, oppure sulle norme di comportamento. Su che tipo di contenuti confessionali e giuridici. La parola chiave è “organizzarsi”, è ovvio che il limite può operare solo sulle norme di organizzazione, non su tutto il diritto canonico. Il sindacato opera solo sulle norme suscettibili di determinare condotte, comportamenti; resta fuori dal sindacato dallo Stato tutto quello che non determina condotte come semplici fatti giuridici. Se così è il sindacato non può essere ex ante ma ex post. Quindi non su tutte le norme statutarie opera il limite dell’8c2, resta fuori tutto ciò che ha a che fare con il credo, il dogma, privo di riscontri comportamentali. L’art 19 si lascia alle spalle ogni sindacato da parte dello Stato sui principi, ma solo sui riti, quindi sui comportamenti. Anche l’art 7c1 l’unico limite sugli ordini dello Stato è il sindacato del credo. Alla luce di questi art, 7, 8 e 19 sono perfettamente coerenti sul sindacato dei comportamenti. Il limite del non contrasto riferito solo alle norme del comportamento, mentre dal punto di vista del credo lo Stato non svolgerà mai alcun sindacato su questo diritto, anche perché questo sindacato è impedito dal 7c1. L’art 8c2 si indica comunemente come riserva di statuto, cioè le confessioni sono libere di darsi il diritto che vogliono, e lo Stato non potrà, cioè è impedito cost a qualsiasi intervento che tende ad ingerirsi con il diritto della confessione. Sentenza 43/1988 Abbiamo un regio decreto del ‘31 che disciplina con atto dello Stato, i requisiti di accesso alla carica di consigliere ad una comunità ebraica, quindi di un ente esponenziale di una confessione religiosa. Era uno statuto delle comunità ebraiche posto dallo Stato. La questione arriva alla corte cost, e la corte d’appello di Firenze pone la questione proprio in riferimento all’8c2. La Corte dichiara l’illegittimità dell’atto, ed è Stato quasi tutto smantellato, perché il fatto stesso che lo Stato disciplini unilateralmente una confessione religiosa è incostituzionale perché in violazione dell’8c2. Se questa norma fosse stata bilaterale sarebbe stata legittima costituzionalmente. Qui il divieto 8c2 è sorretto anche dal divieto del 7c1 → autonomia istituzionale, che esclude ogni possibilità di ingerenza dello Stato nell'emanazione delle disposizioni statutarie delle confessioni religiose La corte cost, dice che quando l’8c2 si riferisce all’ordinamento italiano, bisogna far riferimento ai principi cost, non con ogni contenuto dell’ordinamento giuridico italiano; devo costruire un filtro che faccia passare 51 qualcosa, ma non tutto: è l’ordine pubblico → quando lo Stato si mette in relazione con altri ordinamenti parte con una disposizione al collegamento, ma anche nei confronti degli ordinamenti con cui ha maggiore disponibilità, ha sempre un filtro, e questo filtro è sempre l’ordine pubblico. In sostanza questa locuzione di ordinamento giuridico italiano non può essere intesa come tutti i contenuti, ma solo i principi, quindi contenuti dell’orine pubblico, cioè contenuti a cui lo Stato non rinuncia nemmeno quando si mette in rapporto con altri ordinamenti. Questo contrasto però quando lo valuto, l’esistenza o meno con un conflitto lo valuto ex ante o ex post, cioè quando ancora non è stata applicata, o quando è stata applicata e quindi è diventata condotta? Lo Stato dell’esistenza delle disposizione statutarie si deve disinteressare, può essere prevista qualunque cosa, e lo Stato non deve avere alcun interesse nel modificare questi diritti secondo l’art 8c2. Il controllo è ex post quando questi diritti diventano condotta, qui lo Stato matura un interesse. Se in applicazione di quella norma confessionale la condotta si sta per compiere lo Stato interviene per impedirla se questa contrastante. lo Stato consente una pena riserva di statuto, e il sindacato sarà solo Ex post, resta da capire quali sono le conseguenze di un eventuale contrasto ex post di diritto confessionale e lo Stato. Lo Stato non può costringere a cambiare una norma confessionale contrastante → nel momento in cui quella disposizione diventa condotta, si realizza il comportamento, lo Stato vede che c’è un precetto confessionale che contrasta con l’ordine pubblico, ma anche qui non cambia il fatto che il precetto sia contrastato e anche qui non posso obbligare a cambiare il precetto. Allora cosa può fare lo Stato? Lo Stato può solo disinteressarsi alla norma confessionale e applicare la norma statale. Anche solo un tentativo di incidere sul diritto confessionale è in violazione ex 8c2. Ma se io non posso reagire sulla norma, la reazione dall’ordinamento statale può essere solo sui soggetti che hanno tenuto una certa condotta in ottemperanza al precetto confessionale, e l’unica cosa che posso fare sui soggetti è trattarli come se il precetto confessionale non esistesse, e valuterei la sua condotta come se l’avesse compita una qualsiasi persona senza nessuna motivazione religiosa. → irrilevanza degli statuti confessionali nella parte in cui contrastano con l’ordinamento statale. La sanzione in caso di contrasto non può che essere quella dell’irrilevanza del diritto confessionale nella sola parte in cui produce effetti contrastanti con l’ordine pubblico italiano. Mutilazione genitali femminili → c’è nel diritto penale. Tipico caso di reato religiosamente motivato: una condotta che all’interno di una certa cultura è considerata lecita, all’interno dell’ordinamento penale italiano è sanzionato. Il filone dei reati culturalmente motivati o religiosamente motivati, è molto ampio e ci siamo già inciampati all’inizio del corso con l’eccezione religiosa. • Casi tipici sono legati al consumo di cannabis, la quantità lecita è apportata rispetto alla quantità di THC contenuto in una certa massa di materiale → quindi seppur se in possesso di una cera qtà, la quantità di THC sta dentro le tabelle consentite peril consumo personale, e fuori dal quale è sanzionato come spaccio. I rastafariani però dicono che per loro quella quantità in cui è sanzionata come spaccio, per loro è solo uso personale, ma per la giurisprudenza italiana è irrilevante. • Questione dei testimoni di Geova sulle emotrasfusioni → i problemi in tribunale sono che i testimoni di Geova rifiutano le emotrasfusioni, questo di per se non sarebbe un problema se parliamo di un soggetto maggiorenne capace di decidere, e i medici devono rispettare la mia volontà di trattamento medico, anche salva vita. Discorso diverso vale quando sono in gioco le posizioni giuridiche di soggetti minori, nei casi in cui i genitori non fanno ciò che dovrebbero per evitare il rischio di evitare emotrasfusioni al figlio. Quindi non portano i figli in ospedale e i minori in alcuni casi muoiono, scatta qui il procedimento penale sull’art 40 cp, ovviamente il genitore ha 52 l’obbligo giuridico di impedire il decesso del figlio, e il genitore che non porta il figlio in ospedale per evitare la trasfusione è anche omicidio doloso. Stesso discorso sui testimoni di Geova era sull’obbligo di leva militare. • Stesso discorso sul farmacista che non tengono a banco la pillola del giorno dopo. Il caso del farmacista obbligato ad avere sempre a disposizione quel farmaco se non lo ha perché obiettore di coscienza si configura una fattispecie di interruzione di pubblico esercizio. In tutti i casi in cui qualcuno tiene una condotta vietata dall’ordinamento dello Stato con una motivazione religiosa siamo nel campo di applicazione dell’8c2, perché non esiste l’obiezione di coscienza fuori dai casi previsti dallo Stato, anche perché c’è l’8c2 che impedisce che l’eccezione produca effetti. 9/11/22 Caso di nulla osta degli insegnanti di religione cattolica: gli insegnanti di religione cattolica possono insegnare nelle scuole cattoliche, solo se hanno requisiti di idoneità, e se sono muniti del cosiddetto nulla osta vescovile. → questo è quello che è previsto anche per i docenti della Cattolica. Il vescovo su quale base concede o non concede il gradimento? Sulla base di requisiti canonistici, cioè applica il diritto canonico per la concessione. Quindi la normativa italiana che prevede il requisito del nulla osta, ma il nulla osta viene rilasciato su basi canonistiche, di conseguenza il diritto canonico produce effetti sull’ordinamento italiano. Verifica che quella persona è eccellente per dottrina e testimonianza di vita cristiana. Il vescovo valuta che non ci sia nulla degli insegnamenti di questo individuo che faccia dubitare sull’ortodossia, e poi la testimonianza di vita deve essere coerente con la professione → tipico il caso dei divorziati a cui non viene rilasciato. Valutati questi presupposti il vescovo rilascia il gradimento. Il contenzioso giudiziario non si innesca quando si tratta il rilascio del gradimento, perché c’è nulla da fare contro il vescovo che non lo ha rilasciato; lo Stato non considera che ci sia una posizione giuridica meritevole di tutela in capo al soggetto a cui non è Stato rilasciato il nulla osta. Discorso diverso per gli insegnanti di religione, o docenti della cattolica, a cui è Stato già rilasciato il gradimento, e hanno insegnato per parecchi anni, a cui è Stato successivamente revocato. → lui ha maturato una certa aspettativa meritevole di attenzione anche da parte dell’ordinamento statale. L’amministrazione scolastica non ha potere di decidere di tenere conto della revoca oppure no → revocato il rapporto deve cessare, abbiamo una risoluzione del negozio. Il provvedimento del TAR che si occupa della risoluzione non può essere impugnato, perché non è un provvedimento di discrezionalità, il provvedimento prende solo atto della revoca del vescovo → quindi no non posso impugnare. C’è un problema, perché il giudice dello Stato ha competenza di applicare il diritto canonico, ma non di interpretarlo → meccanismo simile quello dei rapporti tra ordinamenti stranieri. Il giudice è tenuto a saper applicare i criteri di collegamento, ma non è obbligato a sapere il diritto straniero applicabile in quella fattispecie. Nel diritto canonico abbiamo la distinzione degli ordini, abbiamo quindi una incompatibilità se il giudice dello Stato si sovrappone alla valutazione del vescovo. L’unico profilo che le giurisprudenze hanno ritenuto contestabile è quello della delegata tutela giurisdizionale, cioè se io dopo 10 anni che insegno religione cattolica nelle scuole pubbliche, mi viene revocato il gradimento non posso più anche volendo di essere parte di quel rapporto negoziale. Il provvedimento vescovile che fa cessare, insieme alla risoluzione ex lege, il rapporto, è un provvedimento discrezionale del quale io non ho avuto assolutamente prontezza. Qui non posso impugnare davanti al giudice dello Stato per andare a discutere quanto io sia eccellente sulla vita privata, però ho un problema 55 Il principio di bilateralità, quindi, discende da 2 premesse necessarie → dal combinato disposto dell’art 3 insieme al 19, e dal 7c1 scaturisce il principio di bilateralità pattizia. Abbiamo a che fare con fonti diverse, perché nel 7c2 abbiamo leggi di esecuzioni e 8c3 leggi di approvazioni → sono entrambe leggi atipiche, perché si distinguono per qualcosa rispetto al tipo a cui appartengono. I profili di atipicità sono duplici per quanto riguarda le leggi di esecuzione degli accordi della chiesa, e un profilo per le leggi di applicazione delle intese. 10/11/22 I 4 passaggi sulla stipula sono tutti step iper-problematici! Passaggio numero 1: avvio delle trattative da parte della connessione religiosa, la domanda viene indirizzata alla presidenza del Consiglio dei ministri. Una volta in cui perviene la domanda di un soggetto che si auto qualifica confessione religiosa, anche se la realtà è più complicata, domanda di avvio alle trattiva, qui il governo è in qualche modo obbligato? Cioè possiamo immaginare che a certe condizioni, c’è un soggetto richiedente che in qualche modo è titolare di una posizione giuridica soggettiva, dove l’altra parte ha l’obbligo; oppure abbiamo una parte senza posizione giuridica collettiva, dove il governo non ha l’obbligo. Questo è un punto delicato, va capita la questione, e la sentenza 52 del 2016 arriva qui. Quindi esiste in certe condizioni una posizione giuridica sostanziale in capo alla confessione richiedente che ha ad oggetto il semplice avvio delle trattative? Passaggio numero 2: analizzare i contenuti e stipulare. A determinate condizioni la confessione religiosa che sta negoziando ha diritto alla stipula? O questa ipotesi non si può mai configurare, quindi non sorge mai un diritto alla stipula, o comunque all’intesa. Ci sono dei casi in cui il governo non può dire no? Passaggio numero 3: ipotizziamo che fin qui è andato tutto liscio e siamo arrivati alla stipula e l’intesa è stata firmata → è conclusa la fase governativa del procedimento, ma devo aprire la fase parlamentare, perché l’intesa non conta nulla se non ha una legge di approvazione. La confessione che ha stipulato, non è una confessione che ha un’aspettativa, ma in capo alla confessione che ha stipulato possiamo immaginare una posizione tutelabile se non viene approvato il disegno di legge di approvazione? Passaggio numero 4: legge di approvazione stipulata, ma dobbiamo chiederci che tipo di riserva di legge sia quella dell’art 8 c3. Questa è una legge in senso formale, ma la riserva di legge è in assemblea oppure no, e quindi si può aggirare con una discussione e delibera in commissione (prima commissione permanente affari cost). Da qui derivano conseguenze significative. La sentenza 52 nei passaggi 3 e 4 non c’entra nulla. Qui abbiamo un grosso problema, abbiamo un corto circuito dovuto al fatto che tutto quello che diremo ora è stato messo a fuoco e sistemato in un disegno cost coerente dalla dottrina e giurisprudenza a posteriori, cioè quando le intese esistevano già. Le intese erano state stipulate senza che nessuno sapesse cosa fossero e a cosa servissero. Siamo in tensioni tra ciò che è, e ciò che dovrebbe essere secondo un impianto cost che è stato ricostruito a posteriori. Ci sono le possibilità giuri di riallineare ciò che è rispetto a ciò che avrebbe dovuto essere? 56 La ratio delle intese: troviamo una soluzione che consenta di soddisfare 2 esigenze: una deriva dalla lettura combinata dell’art 3c1 e 8c1 → uguale libertà delle confessioni religiose e uguaglianza degli individui; dall’altra 8c3 e 7c2 → per mezzo di accordi bilaterali diversi tra di loro. L’unica soluzione è quella che gira intorno alla nozione di specificità degli interessi confessionali da tutelare attraverso intese e concordati. → Devo arrivare ad un risultato di confessioni religiose trattate in modo diverso, in modo ragionevole, e la misura finale di libertà deve essere la stessa. La dottrina dalla metà degli anni 70 ci dice che le prime richieste delle trattative sono arrivate subito dopo l’entrata in vigore della Cost, a tutte le richieste si è data la stessa risposta: prima si rifà il concordato e poi si avranno le intese. All’inizio la risposta era in buona fede perché c’era una convinzione che il concordato sarebbe stato riformato da lì a breve, poi ci sono voluti 40 anni. All’inizio degli anni 70 dove sembra che qualcosa si stesse sbloccando sul concordato, allora anche in dottrina cominciano a ragionare seriamente anche sulle intese: il primo libro sulle intese è del 74, da cui usciva che il perno di tutto il discorso deve essere la specificità degli interessi confessionali → quindi interessi specifici di una data confessione religiosa. Questa dogmatica della specificità è stata ripresa dalla giurisprudenza cost. Sentenza 346 del 2002: il punto dolente è una legge regionale lombarda che copiava un’altra legge abruzzese sull’edilizia di culto, già stata dichiara incostituzionale nel ’93, che riservava i contributi regionali per gli edifici di culto, alle sole confessioni religiose che avessero l’intesa. Quindi ho una fonte unilaterale (legge regionale), che allestisce un quadro di sostegno effettivo per alcuni soggetti selezionati, i quali dispongono già di un’intesa stipulata ai sensi dell’art 8c3. Qua c’è qualcosa che non va in ragione dell’art 8c1: una legge dello stato o regionale che riconosce un diritto solo alle confessioni che hanno un’intesa non è incompatibile con il sistema dell’art 8? La risposta della corte cost: Le intese di cui all'art. 8, terzo comma, sono infatti lo strumento previsto dalla Costituzione per la regolazione dei rapporti delle confessioni religiose con lo Stato per gli aspetti che si collegano alle specificità delle singole confessioni o che richiedono deroghe al diritto comune: non sono e non possono essere, invece, una condizione imposta dai poteri pubblici alle confessioni per usufruire della libertà di organizzazione e di azione, loro garantita dal primo e dal secondo comma dello stesso art. 8, né per usufruire di norme di favore riguardanti le confessioni religiose. ➔ cioè negli accordi devono essere inserite norme che si collegano alle specificità di quella confessione. La corte aggiunge poi un inciso che sporca questa impostazione: lo stato e la regione se decidono di inventare una forma di sostegno per la libertà di religione non possono riservarla solo alle confessioni che hanno un’intesa! Lo scopo dell’intesa non è creare una élite. Aggiungerei un privilegio al privilegio. Vale dunque in proposito il divieto di discriminazione, sancito in generale dall'art. 3 della Costituzione e ribadito, per quanto qui interessa, dall'art. 8, primo comma. Ne risulterebbe, in caso contrario, violata anche l'eguaglianza dei singoli nel godimento effettivo della libertà di culto, di cui l'eguale libertà delle confessioni di organizzarsi e di operare rappresenta la proiezione necessaria sul piano comunitario, e sulla quale esercita una evidente, ancorché indiretta influenza la possibilità delle diverse confessioni di accedere a benefici economici come quelli previsti dalla legge in esame. ➔ La libertà delle confessioni è la proiezione necessaria sul piano comunitario delle libertà individuali; quindi anche la libertà delle confessioni va intesa dal basso, cioè le confessioni religiose sono considerate con rilevanza nella misura in cui sono idonei alla soddisfazioni di bisogni individuali. 57 Qui la corte dice una cosa chiarissima: le intese servono a tutelare interessi specifici di quella confessione religiosa. Come faccio a tutelare interessi specifici salvaguardando uguali libertà? Es: il giorno di riposo settimanale coincide la domenica, una norma dello stato compatibilmente con le esigenze datoriali prevede che il giorno di riposo possa coincidere con il giorno specifico previsto dalla propria confessione religiosa. Questa è una norma generale dello stato, di tutela della libertà di religione, in modo aspecifico. Su quel pezzo non specificato si può integrare con le intese delle specifiche confessioni religiose, con le specifiche festività. Qua costruiamo un meccanismo che nasce da una disposizione dello stato, ma si tutelano interessi specifici per esempio degli ebrei, con l’intesa. Un sistema del genere soddisfa tutte le esigenze. → le discipline particolari sono diverse, ma alla fine ho la stessa misura di libertà per tutti. Altro esempio si può fare sulle vite carcerarie, il detenuto può avere diritto ad un’alimentazione coerente con quelle richieste dalla confessione religiosa? Ho un’intesa, per esempio, con gli ebrei dove si considera dieta adatta quella che non contiene x e y. Questi due esempi funzionano se io ho la premessa di diritto comune, dove intese e concordati si appoggiano. Se volessimo ridurre all’essenza ho il riconoscimento della posizione giuridica soggettiva dal diritto comune, è la legge dello stato che riconosce quel diritto: cioè una dieta conforme alle confessioni religiose. È la legge dello stato che riconosce questo diritto, ma sono poi le intese che disciplinano le concrete modalità! Il passaggio in cui il diritto non c’è, al fatto che quel diritto può essere esercitato, in modo diverso per tutte le confessioni è dato dal diritto comune, dal diritto dello stato. ➔ Modello all’italiana. La cosa divertente è che tutti gli stati che applicano il modello all’italiana hanno una legge generale per le confessioni religiose, tranne l’Italia. Quindi questo funziona se ho una piattaforma di diritto comune efficace. Se io ho questo diritto comune che riconosce tanti diritti espressivi della libertà di religione, posso articolarli per mezzo di accordi e intese → quindi differenti accordi uguali libertà. Se io però non ho la piattaforma su cosa li innesto? Su un bel niente. I diritti li riconosco direttamente con l’accordo e con l’intesa, però in questo modo io ho questi diritti solo per coloro che hanno intese e accordi. Nel momento in cui vedo un’esigenza religiosa, non posso affrontarla solo nel modo specifico di solo quella confessione religiosa. Per esempio servizio militare: se io ho un accordo con i testimoni di Geova, a cui permetto solo a loro l’eccezione, non posso dire che le confessioni hanno libertà uguali, e quindi questo non funziona costituzionalmente! Allora di fronte all’esigenza di confessioni religiose, lo stato si deve chiedere: posso rinunciare al contro interesse per tutelare la libertà di religione? Se si faccio una legge che valga per tutti → riconosce un diritto che prima non c’era innesto i diritti specifici confessionali per mezzo di accordi. Servizio militare: la legge del 72 ha ribilanciati gli interessi. Alla fine degli anni 60 ci si accorge di avere tantissimi testimoni di Geova nelle carceri italiane. Quindi immagino un’intesa solo con loro di una deroga di diritto comune, ma non funziona. Allora nel 72 si ribilanciano gli interessi, in cui la regola di base è quella, 60 Dalla legge 222/85 che disciplina l’8x1000, tutte le intese stipulate dopo questa legge hanno al loro interno l’8x1000. Quindi per partecipare all’8x1000 ho bisogno necessariamente dell’intesa, non ci sono altre vie. Abbiamo quindi 13 intese identiche, salve alcune differenze di poco conto, e quindi il vero passo avanti è l’8x1000 all’interno delle intese. Quando è stato sostituito il sostentamento del clero, si cercava di garantire che la chiesa cattolica riuscisse ad arrivare alla somma che riceveva già per il sostentamento del clero, quindi si fanno sei calcoli per cui l’8x1000 dell’IRPEF doveva essere leggermente sopra la somma in questione. Lo stato quindi rinuncia all’8x1000 dell’IRPEF per la destinazione alla chiesa con il meccanismo originario. Ma poi con l’aumento del PIL, nel giro di pochi anni era diventato un fiume di denaro! Quando hanno immaginato il sistema, nessuno aveva immaginato un tetto, e quindi quando sono stati introdotti il 5x1000 e il 2x1000 hanno previsto un tetto massimo. Io so che UNICO, 730 e 740 prevedono la destinazione dell’8x1000, e la scelta possono rimanere in bianco. Le scelte non espresse sono maggiori delle scelte espresse. L’8x1000 è anomalo anche dal punto di vista sulle scelte in bianco, perché è previsto che la somma delle scelte non espresse, viene ripartita in proporzione delle scelte espresse. In sostanza quello che viene ripartito non è più la percentuale delle scelte espresse, ma di più. Non si può scrivere nella legge 222 che le scelte non espresse va alla chiesa, ma ho bisogno di una legge più neutra che regola la ripartizione delle scelte non espresse in proporzione alle scelte espresse → qui abbiamo un problema perché abbiamo una minoranza che decide della sorte delle non scelte della maggioranza. Abbiamo un problema di diseguaglianza sostanziale → discriminazioni indiretta: discriminazione prodotta senza indicazione specifica del destinatario, ma che nel concreto produce effetti pregiudizievoli nei confronti di determinati soggetti. Legge antivelo: leggi neutre prevedendo che salvo alcune cause di giustificazioni previste tassativamente il divieto del capo coperto nei luoghi pubblici, ma nella legge francese non c’è l’eccezione della religione. → è ovvio che colpisce le donne mussulmane. Stessa cosa con la destinazione delle scelte non espresse, se io conosco la premessa fattuale, per cui la maggior parte delle scelte sono destinate alla chiesa cattolica, è una discriminazione indiretta in quanto so già che la maggior parte di quella somma è destinata alla chiesa. Un altro problema dell’8x1000 è: questo meccanismo costringe al contribuente a dichiarare la propria appartenenza religiosa → ma io non sono obbligato a mettere la firma (possono anche non metterla o metterla per lo stato). → attenzione però non è chiesto di destinare l’8x1000 alla propria confessione, ma è chiesto di destinare l’8x1000 alla confessione a cui desideri destinare, perché consideri che possa utilizzare quella destinazione in maniera ottimale rispetto alla tua idea: non per la confessione a cui tu credi. Se quindi sei un ateo militante, non vuoi evolvere un centesimo alle confessioni religiose, l’unica opzione che hai è quello di evolvere l’8x1000 è ai valdesi, perché è l’unica confessione che dice esplicitamente che l’8x1000 non viene utilizzato per attività religiose, a differenza di quando lo destiniamo allo Stato in cui viene comunque destinato ad attività religiose. Questo sistema è incontrollabile sotto le questione di legittimità. Se la corte cost ritiene illegittimo che l’8x1000 è ripartito solo tra chiesa cattolica e qualche confessione religiosa → dovrei dichiarare illegittimità cost per ogni intesa e la legge 222. Quello che è stato proposto alla corte è quello di dichiarare illegittima cost la legge 222 nella parte in cui prevede la destinazione alla chiesa e alle sole confessioni con intesa, e non anche ad altre confessioni sprovviste di intesa. La corte cost ha dichiarato di inammissibilità della 61 questione perché manca un modello univoco per tutte le confessioni → quindi non posso estenderlo con sentenza di illegittima cost. Siamo in un vicolo cieco! Ipotesi di soluzione: Lo stato negozia con tutte le confessioni che hanno intese, facendo una norma unilaterale reintroducendo l’8x1000 da zero, ripartendo da basi diverse. → in questo modo l’8x1000 in qualche modo rappresenta un certo tipo di approccio da parte dello stato. In questo sistema scaturisce un quadro che è tutt’altro che uguali libertà, perché ho una piramide → a diverse confessioni si applicano diverse fonti, ma il problema lo abbiamo perché queste diverse fonti determinano diverse misure di libertà: ho una confessione iper privilegiata rispetto a tutte le altre (chiesa), al secondo posto abbiamo le confessioni con intesa approvata con legge, al penultimo gradino abbiamo tutte le confessioni (culti ammessi) e tutti gli islam che sono regolati da una legge vecchia che ha quasi 100 anni, all’ultimo gradino ci sono i culti che non sono nemmeno ammessi (organizzazioni che per lo stato non esistono nemmeno). È evidente che è un sistema molto diverso da quello che abbiamo disegnato in teoria → cioè uguali misure di libertà diverse intese. Nella pratica abbiamo intese fotocopie e diverse libertà. In un meccanismo anti democratico: la logica maggioritaria è una logica che in un sistema democratico non si può applicare, ma in una sistema democratico bisognerebbe attuare una logica anti democratica, perché i diritti fondamentali bisogna applicarli a tutti, a prescindere dalla maggioranza. Noi abbiamo quindi la confessione delle chiesa cattolica che ha già più privilegi, noi ci sommiamo ulteriori benefici economici. Sentenza 52/2016 Corte cost → non è un giudizio incidentale, ma per conflitto di attribuzioni tra poteri dello stato: tra potere esecutivo e potere giudiziario. La corte di cassazione ha esercitato un’attribuzione che non le competeva, e la corte cost annulla la sentenza della corte di cassazione. Il giudice relatore studia la controversia, matura una certa convinzione che propone ai 15 giudici, ma la maggioranza dei giudici opta per una soluzione diversa. Se viene sostituito è perché si è rifiutato di scrivere una sentenza così lontana dalla sua convinzione. 16/11/22 Siamo agli inizi degli anni 2000, e tutto si innesca alla domanda di avvio delle trattative per la stipula dell’intesa degli atei (c’è già un’intesa con i buddisti, ma non ha ancora legge di approvazione) La domanda viene negata perché atei non sono confessione religiosa. → 2003. L’unione degli atei impugna il diniego. Il TAR non rigetta il ricorso nel merito, il quale poteva esaminare il ricorso nel merito, concludendo in un senso o nell’altro → cioè art 8c3 prevede un istituto per le confessioni religiose, tu unione atei non sei confessione, quindi rigetto il ricorso nel merito, perché solo chi è confessione religiosa ha quel diritto. La soluzione del TAR è invece completamente diversa, perché non esamina le questioni di merito, ma si ferma ai requisiti di ammissibilità, rispondendo che non c’è giurisdizione, perché l’atto con cui il governo rifiuta le trattative è un atto politico, e davanti nessun giudice dello stato c’è giurisdizione, è un atto politico. → atto sottratto ad ogni sindacato giurisdizione, perché non hanno a che fare con situazioni giuridiche soggettive. Ma se ho un interesse di mero fatto e viene violato da un atto amministrativo, non posso reagire contro l’atto amministrativo. Non c’è azione contro gli interessi di mero fatto. Un atto amministrativo che incide solo su interessi di mero fatto è un atto in senso stretto politico, non giustiziabile. 62 Atto politico → Atto che seleziona una possibilità tra tante senza incidere su posizioni giuridiche tutelate dal diritto. Il TAR quindi rigetta il ricorso perché l’atto con il quale il governo decidere di rigettare la domanda di inizio alle trattative è un atto politico, e non c’è giudice che possa sindacare il contenuto. Il TAR dice che è il governo che si siede al tavolo che decide se vuole o se non vuole, è un atto politico. Nel 2000 con l’intesa buddista nessuno si è fatto troppe domande sulla qualificazione dell’unione buddista come confessione religiosa, il governo ha voluto stipulare l’intesa e basta. Quindi al tavolo il governo si siede o meno, in base all’interesse che il governo ha di sedersi al tavolo. Il consiglio di stato del 2011 torna al passaggio precedente che sembrava essere passaggio implicito del provvedimento di rifiuto della domanda di inizio di trattative, perché se tu chiedi di iniziare le trattative bisogna quantomeno qualificarti come confessione religiosa o meno, se lo sei devo sedermi al tavolo. Questo atto amministrativo muove dal presupposto dalla qualificazione del soggetto, quindi la risposta può essere solo: non mi siedo al tavolo perché tu non sei confessione religiosa → è importante la motivazione. Se il governo ha risposto “con te no perché no” l’atto è illegittimo per carenza di motivazione. Mentre se il governo risponde “con te no perché non sei confessione” il giudice amministrativo può dire “no quella è confessione religiosa quindi devi sederti al tavolo” → discrezionalità tecnica sull’applicazione in concreto su tutto quello che ha a che fare con la locuzione confessione religiosa. Quindi il consiglio di stato si sta occupando del primo momento, quello in cui il governo si siede al tavolo per l’inizio delle trattative, ma comunque anche se si siede al tavolo non è detto che l’intesa si stipuli. Sedersi al tavolo di per sé non è stipulare. Quindi anche ammesso che a certe condizioni il governo sia costretto a sedersi al tavolo, poi ci sono altri obblighi? Se questi mi propongono un certo testo di intesa sono vincolato? Questi sono temi che il consiglio di stato lascia fuori, perché si concentra sul primo momento, cioè obbliga il governo a certe condizioni di sedersi al tavolo. Quindi abbiamo un diritto di avvio delle trattative, all’unica condizione che il soggetto richiedente sia confessione religiosa. Contro la decisione del consiglio di stato propone ricorso il presidente del consiglio davanti alla cassazione, con gli argomenti utilizzati dal tar, definendo quello come atto politico, e che non posso far valere davanti a nessun giudice italiano. Qui abbiamo un’anomalia del diritto di ecclesiastico, perché cassazione dice le stesse cose del consiglio di stato (di solito non sono d’accordo), ampliando e consolidando la decisione. La logica seguita dalla cassazione: il sistema cost imporrebbe una uguale misura di libertà a prescindere che abbiamo o meno l’intesa. È vero che l’art 8 garantisce uguale libertà, ma è anche vero che le intese si sono naturalmente uniformate a modelli standardizzati. La logica quindi è che se hai già concesso a 13 soggetti confessionali si stipulare intese che sono una la fotocopia dell’altra, con quale argomenti puoi negare al 14esi soggetto una 14 intesa fotocopia? L’unico argomento che puoi utilizzare è “con te no perché non sei confessione religiosa”. Quindi ne consegue che il governo ha un obbligo giuridico di avviare le trattative per il solo fatto che il soggetto richiedente è qualificabile come confessione religiosa → mi disinteresso dei contenuti della negoziazione. Se poi mi chiedono delle cose strampalate e l’intesa non la stipulo. In ogni caso per l’unione degli atei non si sta mettendo bene, perché gli unici che hanno un interesse meritevole di tutela a vedere attivate le trattative sono le sole confessioni religiose. 65 argomento di decisione; le intese sono accordi di tutela di specificità, il fatto che siano tutt’altro deve essere irrilevante ai fini della decisione. L’obiettivo che si vuole raggiungere è: avere o non avere l’intesa non incide sul concetto di libertà. È una sentenza che fornisce una soluzione comunque opinabile, perché le intese sono comunque fotocopia che serve solo per avere dei soldi, è una soluzione sbagliata per il risultato concreto a cui si arriva. Ciò che la Costituzione ha inteso evitare è l’introduzione unilaterale di una speciale e derogatoria regolazione dei rapporti tra lo Stato e la singola confessione religiosa, sul presupposto che la stessa unilateralità possa essere fonte di discriminazione: per questa fondamentale ragione, gli specifici rapporti tra lo Stato e ciascuna singola confessione devono essere retti da una legge «sulla base di intese» ➔ Ci possono essere dei rapporti, e questi devono essere regolabili in via bilaterale (conseguenza diretta della distinzione degli ordini). Lo stato non può porre una disciplina unilateralmente. È essenziale sottolineare, nel solco della giurisprudenza di questa Corte, che, nel sistema costituzionale, le intese non sono una condizione imposta dai pubblici poteri allo scopo di consentire alle confessioni religiose di usufruire della libertà di organizzazione e di azione, o di giovarsi dell’applicazione delle norme, loro destinate, nei diversi settori dell’ordinamento. A prescindere dalla stipulazione di intese, l’eguale libertà di organizzazione e di azione è garantita a tutte le confessioni dai primi due commi dell’art. 8 Cost. (sentenza n. 43 del 1988 → riserva di statuto in contrasto con l’ordine pubblico) e dall’art. 19 Cost, che tutela l’esercizio della libertà religiosa anche in forma associata. La giurisprudenza di questa Corte è anzi costante nell’affermare che il legislatore non può operare discriminazioni tra confessioni religiose in base alla sola circostanza che esse abbiano o non abbiano regolato i loro rapporti con lo Stato tramite accordi o intese (sentenze n. 346 del 2002 e n. 195 del 1993). → 195 era sulla legge della regione Abruzzo che riservava alle confessioni con intesa i contributi regionali per l’edilizia di culto; sentenza 346 per la stessa legge lombarda. ➔ Se la regione decide di implementare il meccanismo positivo per le confessioni religiose, per esempio per mezzo di concessioni pubbliche, non può riservare questo meccanismo alle confessioni con intesa, perché l’intesa ha altre finalità. se stato o regione decidono di concedere benefici devono concederli a tutte, perché tutte hanno stesso livello di libertà. Allo stato attuale del diritto positivo, non risultano perciò corretti alcuni assunti dai quali muovono sia la sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione che ha dato origine al presente conflitto, sia il soggetto interveniente. Non può affermarsi, infatti, che la mancata stipulazione di un’intesa sia, di per sé, incompatibile con la garanzia di eguaglianza tra le confessioni religiose diverse da quella cattolica, tutelata dall’art. 8, primo comma, Cost. ➔ Questo è il punto in cui la sentenza parte per la tangente e qui quasi tutti gli ecclesiasticisti si sono messi le mani nei capelli. Non è incompatibile di per sé solo se ragioniamo sulla teoria, ma se guardiano come le cose sono andate dall’84 in poi, la mancata stipulazione dell’intesa è incompatibile con la garanzia di eguale libertà, perché chi ha l’intesa è più libero degli altri. (Quando abbiamo parlato della bilateralità abbiamo detto che è un principio, non è un metodo; un metodo non mi vincola, ma un principio si. Dire che la bilateralità è un metodo vuol dire depotenzializzarlo enormemente). Nel nostro ordinamento non esiste una legislazione generale e complessiva sul fenomeno religioso, alla 66 cui applicazione possano aspirare solo le confessioni che stipulano un accordo con lo Stato. Peraltro, la necessità di una tale pervasiva disciplina legislativa non è affatto imposta dalla Costituzione, che tutela al massimo grado la libertà religiosa. E sicuramente la Costituzione impedisce che il legislatore, in vista dell’applicabilità di una determinata normativa attinente alla libertà di culto, discrimini tra associazioni religiose, a seconda che abbiano o meno stipulato un’intesa. ➔ Qua non è molto chiaro cosa intendano. Con riferimento agli ordinamenti che, invece, subordinano l’accesso alla disciplina prevista per le associazioni religiose ad un riconoscimento pubblico, o a quelli ove si riscontra, comunque, un più dettagliato assetto normativo in tema di associazioni e confessioni religiose, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha potuto identificare casi nei quali un’applicazione discriminatoria della normativa comporta una violazione degli artt. 9 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. Nel nostro ordinamento, invece, caratterizzato dal principio di laicità e, quindi, di imparzialità ed equidistanza rispetto a ciascuna confessione religiosa (sentenze n. 508 del 2000 e n. 329 del 1997), non è in sé stessa la stipulazione dell’intesa a consentire la realizzazione dell’eguaglianza tra le confessioni: quest’ultima risulta invece complessivamente tutelata dagli artt. 3 e 8, primo e secondo comma, Cost., dall’art. 19 Cost., ove è garantito il diritto di tutti di professare liberamente la propria fede religiosa, in forma individuale o associata, nonché dall’art. 20 Cost.. ➔ La giuri della corte europea nel 2010 contro la Croazia ha detto che gli stati membri del consiglio d’Europa, che hanno firmato la convenzione, devono rispettare la libertà di religione (art 9) e divieto di discriminazione (14); il fatto che si qualifichino laici o confessionisti alla corte non interessa, perché l’importante che siano tutelati il principio di libertà di coscienza di religione e il diritto di non discriminazione. Questi 46 stato restano liberi di intrattenere rapporti con org religiose anche per mezzo di negozi, ma il fatto che l’accordo esista o meno non significa che è stata violata la libertà di religione. Però se lo Stato implementa un meccanismo tale per cui dall’aver stipulato quegli accordi deriva un salto di grado nel livello di tutela, allora il discorso cambia. Ci deve essere un atto avente forza di legge che precisi con esattezza quali sono i requisiti che il soggetto deve avere per stipulare l’accordo, e il soggetto confessionale deve sapere quale requisiti deve avere, così se l’accordo gli viene rifiutato può intentare ricorso. Una volta che la legge definisce i requisiti deve essere applicata allo stesso modo per tutti. Questa è una cosa diversa da quello che prevede la nostre Corte Cost. sulla sentenza della corte EDU. Per queste ragioni, non è corretto sostenere che l’art. 8, terzo comma, Cost. sia disposizione procedurale meramente servente dei – e perciò indissolubilmente legata ai – primi due commi, e quindi alla realizzazione dei principi di eguaglianza e pluralismo in materia religiosa in essi sanciti. Il terzo comma, invece, ha l’autonomo significato di permettere l’estensione del “metodo bilaterale” alla materia dei rapporti tra Stato e confessioni non cattoliche, ove il riferimento a tale metodo evoca l’incontro della volontà delle due parti già sulla scelta di avviare le trattative. ➔ qui la corte cost sta sganciando l’8c3 dall’8c1, anziché leggerlo insieme e vedere in che modo le intese servono a garantire uguale libertà, sta creando un filtro tra i 2 commi e li sta leggendo separatamente, che è l’opposto di quello che abbiamo fatto noi. Sganciare significa dire: nel nostro ordinamento laico, imparziale sono già garantite tutte le istanze primarie della libertà di religione (art 3, 8c1, 19 e 20) è un meccanismo che se anche non ci fossero gli accordi garantirebbe già al massimo grado tutte queste istanze. Poi gli accordi ci possono essere. Avere l’accordo non incide sulla misura di libertà che è già garantita. 67 Quindi chi legge la sentenza pensa, che la ricostruzione funziona, ma le cose non stanno così: i concordati sono già accordi di privilegi, e le intese seguono la strada dei concordati. Per cui avere l’intesa ti inserisce in un novero di soggetti che sono più liberi degli altri. Nell’ultimo peridio, dove abbiamo il metodo bilaterale, con un accezione un po’ diversa, perché qui la sensazione è che la corte stia applicando alla bilateralità un paradigma negoziale puro → fa parte del sistema che due soggetti quando devono mettersi d’accordo su qualcosa arrivino ad un risultato conforme alla volontà delle parti. La corte sembra che stia andando nella direzione negoziale civilistico puro, quindi le parti possono negoziare, non negoziare ecc quindi così il governo può fare quello che vuole. Ma è vero che il paradigma civilistico proprio le parti possono essere sempre libere? Ci sono casi nei quali l’autonomia negoziale delle parti è vincolata da norme imperative, ma qui mi trovo davanti a norme imperative? Si abbiamo l’imbarazzo della scelta, perché abbiamo ben 13 intese fotocopia, e abbiamo un principio di uguaglianza, come faccio a dire di no al 14esimo?! Ci sono dei casi in cui un soggetto di una possibile parte del negozio è costretta a stipulare? Si nel caso di monopolio, perché se gli lascio la libertà di decidere qualcuno avrà accesso e qualcuno no, e se il monopolio ha contenuti di servizio pubblico allora c’è un obbligo del monopolista. La posizione giuridica avente ad oggetto il momento in cui mi siedo al tavolo è solo del governo, quindi è un approccio monopolistico → non parliamo di servizio pubblico essenziale, ma siamo molto vicini. Questo approccio che è civilistico funziona solo fino ad un certo punto. Diversa potrebbe essere la conclusione, anche in ordine alla questione posta dal presente conflitto, se il legislatore decidesse, nella sua discrezionalità, di introdurre una compiuta regolazione del procedimento di stipulazione delle intese, recante anche parametri oggettivi, idonei a guidare il Governo nella scelta dell’interlocutore. Se ciò accadesse, il rispetto di tali vincoli costituirebbe un requisito di legittimità e di validità delle scelte governative, sindacabile nelle sedi appropriate (sentenza n. 81 del 2012). ➔ Qua la corte dice che a questa conclusione (cioè le parti sono completamente libere) perché non c’è una legge che stabilisce chi può fare le intese e chi no. Legge che il parlamento resta libero di non fare per la sua discrezionalità. Le prime sentenze sulla tutela penale del sentimento religioso sono degli anni 50/60 dove la corte si limitava a dire che dove si legge religione di stato è ovvio che non esiste più la religione si stato, ma della Chiesa Cattolica. Passano gli anni e la corte comincia a cambiare atteggiamento nei confronti del legislatore, e fa salda la disciplina però comincia ad inserire delle comunicazioni al parlamento incitandolo al cambiamento perché ormai troppo vecchia, cambia la ratio e cambiano i valori. Dal ’95 e 2005 la corte smantella quegli art del Codice penale a suo piacimento. Quindi quando la corte vuole mandare un messaggio al legislatore lo fa. Nella sentenza cappato, la corte dice al legislatore che la disciplina così com’è è incostituzionale, ma di do un anno di tempo per cambiare la disciplina. Il legislatore non fa un bel niente, e 3 giorni dopo la scadenza la corte dichiara l’illegittimità. Quindi è chiaro come in questa sentenza la corte non obbliga il parlamento a provvedere alla disciplina. 5.2 soluzione → La decisione del presente conflitto richiede preliminarmente di stabilire se nel nostro ordinamento sia configurabile una pretesa giustiziabile all’avvio delle trattative – preordinate alla conclusione di 70 Per il Governo, l’individuazione dei soggetti che possono essere ammessi alle trattative, e il successivo effettivo avvio di queste, sono determinazioni importanti, nelle quali sono già impegnate la sua discrezionalità politica, e la responsabilità che normalmente ne deriva in una forma di governo parlamentare. ➔ Qua si fa riferimento del Governo che può essere sottoposto al Parlamento della sfiducia. Qui sembra che ci sia già uno strumento giuridico per sanzionare il governo, ed è quello della sfiducia, quindi se il governo rifiuta di avviare le trattative con un soggetto che ne ha diritto, il parlamento può sfiduciare il governo. Vi è qui, in particolare, la necessità di ben considerare la serie di motivi e vicende, che la realtà mutevole e imprevedibile dei rapporti politici interni ed internazionali offre copiosa, i quali possono indurre il Governo a ritenere non opportuno concedere all’associazione, che lo richiede, l’avvio delle trattative. ➔ Se io stipulo l’intesa con una associazione islamica, che a sua volta finanza una componente combattente inciampo sull’opportunità. A fronte di tale estrema varietà di situazioni, che per definizione non si presta a tipizzazioni, al Governo spetta una discrezionalità ampia, il cui unico limite è rintracciabile nei principi costituzionali, e che potrebbe indurlo a non concedere nemmeno quell’implicito effetto di “legittimazione” in fatto che l’associazione potrebbe ottenere dal solo avvio delle trattative. Scelte del genere, per le ragioni che le motivano, non possono costituire oggetto di sindacato da parte del giudice. ➔ È evidente che chi ha stipulato l’intesa ottiene in qualche modo legittimazione in fatto, e non in diritto. Questa è una legittimazione che con il diritto non c’entra. Il governo deve essere lasciato libero di modulare questa legittimazione. Non ci sono dei principi cost che vincolano la discrezionalità del governo? Si invece, il primo fra tutto è il principio di bilateralità. Ma qui la coerenza interna della sentenza funziona perché la bilateralità è stata depotenziata, infatti viene definita “metodo”, come tale non è più vincolante perché “metodo” è un’opzione. Questa Corte ha già affermato che, in una situazione normativa in cui la stipulazione delle intese è rimessa non solo alla iniziativa delle confessioni interessate, ma anche al consenso del Governo, quest’ultimo «non è vincolato oggi a norme specifiche per quanto riguarda l’obbligo, su richiesta della confessione, di negoziare e di stipulare l’intesa» (sentenza n. 346 del 2002). Ciò dev’essere in questa sede confermato, considerando altresì che lo schema procedurale, unicamente ricavabile dalla prassi fin qui seguita nella stipulazione d’intese, non può dare origine a vincoli giustiziabili. ➔ La corte ribadisce che non c’è una legge procedurale per le intese, fino adesso tutta questa materia è stata regolata dalla prassi. Negando l’avvio alle trattative, il Governo non sfuggirebbe, tuttavia, ad ogni imputazione di responsabilità. L’art. 2, comma 3, lettera l), della legge n. 400 del 1988 sottopone alla deliberazione dell’intero Consiglio dei ministri «gli atti concernenti i rapporti previsti dall’articolo 8 della Costituzione». E poiché tra questi atti è sicuramente ricompresa la deliberazione di diniego di avvio delle trattative, è giocoforza riconoscere che anche di tale decisione il Governo risponde di fronte al Parlamento, con le modalità attraverso le quali la responsabilità politica dell’esecutivo è attivabile in una forma di governo parlamentare. ➔ Quello che prima sembrava solo un accenno ora è specificato: l’unico modo per far valere l’incoerenza rispetto al sistema del Governo è richiamarlo davanti alla propria responsabilità davanti al parlamento. In alcuni casi possa essere presentata al parlamento una mozione di sfiducia 71 perché ha rifiutato di avviare le trattative con una confessione religiosa, oppure ha stipulato l’intesa con una confessione per cui era inopportuno. In un sistema come il nostro però è illusorio pensare che il parlamento sfiduci il governo, ora come ora, per tutta una serie di ragioni. Dire che esiste questa forma per far valere la resp del governo vuol dire che non c’è modo di far valere la resp del governo. In definitiva, un insieme complesso di ragioni, apprezzabili su piani diversi, inducono a giudicare non fondata la tesi esposta nella sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione e negli scritti difensivi dell’interveniente. Tutte queste ragioni, invece, convergono nel far ritenere che, alla luce di un ragionevole bilanciamento dei diversi interessi protetti dagli artt. 8 e 95 Cost., non sia configurabile – in capo ad una associazione che ne faccia richiesta, allegando la propria natura di confessione religiosa – una pretesa giustiziabile all’avvio delle trattative ex art. 8, terzo comma, Cost. Dal disconoscimento dell’esistenza di tale pretesa, discende l’accoglimento del ricorso per conflitto, nei termini che verranno di seguito precisati. ➔ Qua siamo alla soluzione: il governo è libero non vincolato di avviare le trattative con qualsivoglia soggetto, in base alla valutazione di pura opportunità, quindi esercita la sua discrezionalità politica. È irrilevante come qualifico qua il soggetto, perché il fatto che sia confessione o meno è irrilevante. Questa conclusione è coerente con la storia del contenzioso, perché alla corte cost ci siamo arrivati con le 2 sentenze sulla qualificazione del soggetto, per cui se è confessione sono obbligato ad avviare le trattative oppure no. E davanti questa soluzione della cassazione questa è stata impugnata lo stesso, perché volevano ottenere la non rilevanza della qualificazione del soggetto. Punto 5.3 Spetta, dunque, al Consiglio dei ministri valutare l’opportunità di avviare trattative con una determinata associazione, al fine di addivenire, in esito ad esse, alla elaborazione bilaterale di una speciale disciplina dei reciproci rapporti. Di tale decisione – e, in particolare, per quel che in questa sede interessa, della decisione di non avviare le trattative – il Governo può essere chiamato a rispondere politicamente di fronte al Parlamento, ma non in sede giudiziaria. Non spettava perciò alla Corte di cassazione, sezioni unite civili, affermare la sindacabilità di tale decisione ad opera dei giudici comuni ➔ Interesse di mero fatto, fatto valere dal parlamento, non da un giudice. Va, tuttavia, precisato che – così come la valutazione riservata al Governo è strettamente riferita e confinata all’oggetto di cui si controverte nel presente conflitto, cioè alla decisione se avviare le trattative in parola – allo stesso modo l’atto di diniego di cui si ragiona non può produrre, nell’ordinamento giuridico, effetti ulteriori rispetto a quelli cui è preordinato. ➔ l’atto di diniego di avvio alle trattative non può produrre alcun effetto se non quello di non avviare le trattative. Tale atto – nella misura e per la parte in cui si fondi sul presupposto che l’interlocutore non sia una confessione religiosa, come avvenuto nel caso da cui origina il presente conflitto – non determina ulteriori conseguenze negative, diverse dal mancato avvio del negoziato, sulla sfera giuridica dell’associazione richiedente, in virtù dei principi espressi agli artt. 3, 8, 19 e 20 Cost. ➔ qui rientra in gioco il momento della qualificazione che io avevo già abbandonato. Ma la qualificazione nell’atto allora non dovrebbe esserci se noi ci basiamo sulla discrezionalità politica sull’opportunità. Però sembra qua sottintendere che nell’atto c’è una qualificazione, nonostante su quello che abbiamo letto fino ad adesso la qualificazione non c’è e non ci deve essere. La maggior parte della dottrina ha scritto che è meglio non richiamare in causa la qualificazione. 72 In altri termini l’atto con il quale il governo rifiuta di avviare le trattative non prende in considerazione la natura del soggetto che ha fatto la domanda, e quindi non può produrre alcun effetto in un altro procedimento in cui la natura del soggetto rilevi. Il bilanciamento quindi lo si è andato a prendere dove il bilanciamento non serviva. È solo apparente. Perché le conseguenze non c’erano, perché la qualificazione non c’è. Quindi a rigore in quell’atto non dovremmo trovare nemmeno una parola sul concetto di confessione religiosa. Nell’atto dovrebbe esserci scritto: il governo non ritiene opportuni iniziare le trattative. Così non può produrre effetto da nessun’altra parte. Le confessioni religiose, a prescindere dalla circostanza che abbiano concluso un’intesa, sono destinatarie di una serie complessa di regole, in vari settori. E la giurisprudenza di questa Corte afferma che, in assenza di una legge che definisca la nozione di “confessione religiosa”, e non essendo sufficiente l’auto-qualificazione, «la natura di confessione potrà risultare anche da precedenti riconoscimenti pubblici, dallo statuto che ne esprima chiaramente i caratteri, o comunque dalla comune considerazione», dai criteri che, nell’esperienza giuridica, vengono utilizzati per distinguere le confessioni religiose da altre organizzazioni sociali (sentenza n. 195 del 1993; in termini analoghi, sentenza n. 467 del 1992). In questo contesto, l’atto governativo di diniego all’avvio delle trattative, nella parte in cui nega la qualifica di “confessione religiosa” all’associazione richiedente, non può avere efficacia esterna al procedimento di cui all’art. 8, terzo comma, Cost., e non può pregiudicare ad altri fini la sfera giuridica dell’associazione stessa. ➔ Il governo rifiuta le trattativa per opportunità, ma nell’atto di diniego scrive che le trattative non si avviano perché il soggetto non è confessione religiosa, ma il soggetto è stato riconosciuto dal ministro dell’interno. Abbiamo un soggetto che a seconda della materia su cui ci si sta occupando è o non è confessione religiosa? Questa cosa non può funzionare. Questa idea dell’atto che motivi la qualificazione, ma sulla base di quest’anno la sua qualificazione non può essere fatta valere in altre materie sarebbe traducibile con: in alcune materie si e altre no → non funziona. Un eventuale atto lesivo, adottato in contesti ovviamente distinti rispetto a quello ora in questione, potrà essere oggetto di controllo giudiziario, nelle forme processuali consentite dall’ordinamento, allo scopo di sindacare la mancata qualificazione di confessione religiosa che pretendesse di fondarsi sull’atto governativo. ➔ Qui però ci dice che se il ministro dell’interno rifiuta la qualificazione, ma se nelle trattative è stato qualificato come confessione religiosa quest’ultimo in questo caso può essere fatto valere. Quest’ultima è scelta nella quale hanno peso decisivo delicati apprezzamenti di opportunità, che gli artt. 8, terzo comma, e 95 Cost. attribuiscono alla responsabilità del Governo. In quest’ambito circoscritto, e solo in esso, appartiene dunque al Consiglio dei ministri discrezionalità politica, sotto il sempre possibile controllo del Parlamento, cui non può sovrapporsi il sindacato del giudice. ➔ Quest’ultima parte cerca di bilanciare l’effetto richiamando in causa la tutela giurisdizionale. Cioè accedere o non accedere alle intese fa una differenza enorme. Quindi non è accedere a specifiche modalità di esecuzione di diritti, ma a nuovi diritti → 8x1000. Se il sistema di disuguaglianza passa per la stipulazione delle intese, il meccanismo è proprio quello dell’accesso alle intese. E se questo meccanismo funziona sulla valutazione di opportunità vuol dire che sto creando una zona franca del sindacato del giudice enorme → quindi il governo sa che è sovrano assoluto, sciolto da ogni vincolo giuridico, in maniera di accesso alle intese e quindi in materia di selezione. 75 inviolabili, compresa la libertà di religione. Questi centri sono gestiti da soggetti privati, e capita regolarmente che alcune posizioni giuridiche delle persone vengano ignorati, tipico il caso dei luoghi di culto, quindi richiesta di allestimento di luoghi di culto. Abbiamo avuto una serie di sentenza sia di procedimenti cautelari, per costringere nell’immediato il soggetto privato di allestire quel luogo che può essere usato come luogo multi culto; dopo il risultato immediato posso far valere pretese risarcitorie, quindi persone che sono state nell’impossibilità materiale di accedere in questi luoghi, possono accedere all’azione risarcitoria. ➔ Insegnamento della disciplina cattolica: a certe condizioni l’insegnamento della religione cattolica è compatibile con l’impianto cost → nessuna discriminazione di chi si avvale dell’insegnamento e di chi non si avvale, ma soprattutto chi decide di non avvalersi sia posto in una condizione di non obbligo. A quella sentenza dell’89 da un seguito con una serie di circolari dove diceva che chi non si avvale può stare in classe e fare studio assistito, fare qualunque altra cosa di suo gradimento, ma non può allontanarsi dalla scuola. Nuova sentenza del ’91, che recupera il discorso della 203 dove dice che non obbligo, vuol dire non obbligo, quindi non posso introdurre un divieto di uscire da scuola. Dopo la sentenza del ’91 la condizione degli studenti non avvalenti è stata gestita comunque dai singoli presidi, e ci sono una serie di singole sentenze contro i provvedimenti delle singole amministrazioni scolastiche dove imponevano di rimanere a scuole, con richiesta risarcitoria. 24/11/22 L’art 19 indica 3 diritti, che fanno capo ad un unico diritto matrice che è il diritto di religione: professione di fede, propaganda religiosa, esercizio del culto. Bisogna capire se questa elencazione è tassativa o esemplificativa, e questa ha conseguenze importanti: se è tassativa dobbiamo ciascuno degli elementi dell’elencazione, quindi cosa si intende per fede, religione ecc; ma questi problemi non li abbiamo perché giuri e dottrina unanimi hanno concluso che questa elencazione è esemplificativa e non tassativa. È quindi pacifico da sempre. L’unica matrice comune a questi 3 diritti è la religione. In questa matrice possiamo combinare qualunque disposizione che riconosca posizioni tutelate dal diritto. Quindi noi possiamo declinarla nel modo in cui vogliamo. Dal punto di vista della lettura evolutiva è la copertura delle libertà negative e delle libertà altre, quindi convinzioni non religiose: tipo ateismo. L’art 19 oltre alle libertà positive, tuteli anche le libertà negative → alla libertà di professare la fede, è associata la libertà di non farlo? Questo non era ovvio fino a qualche decennio fa. Se io sono costretto a scuola a compiere un atto con significato religioso, come pregare, andare a messa, allora è dubbia la libertà religiosa negativa. Il punto della libertà religiosa negativa era trascurato fino a qualche decennio fa, ovviamente con il passare del tempo la questione inizia ad essere affrontata in modo diverso, e il punto di svolta è la 117/79 Corte cost. si era arrivati davanti la corte perché un testimone non voleva prestare giuramento con questa formula. La formula art 351 cpc era un atto a contenuto religioso; quindi, siamo nel pieno campo della libertà negativa, perché viene imposto il compimento di un atto con chiaramente un significato religioso. Sul fatto che si tratti di un atto con più contenuti, è sicuramente un atto imposto a contenuto religioso, e il rifiuto è sanzionato penalmente. Quindi la corte cost affronta per la prima volta il tema della libertà negativa, anche se 20 anni prima aveva già trattato la questione del giuramento con tutt’altra decisione. Nel merito la questione è fondata. Allorché questa Corte la risolse in senso negativo con la sentenza n. 58 del 1960, un punto fondamentale della motivazione verteva sulla natura del giuramento: 76 affermandosi che "nel sistema adottato dal legislatore italiano, il giuramento non ha quel carattere prevalente di religiosità che si vorrebbe ad esso attribuire". Il contesto sociale nel ’60 è completamente diverso rispetto al ’79. Nel 60 la motivazione che la corte aveva utilizzato per rigettare la questione di legittimità è stato che il contenuto religioso è secondario, quindi l’imposizione di quell’atto è in minima parte religioso, ha per lo più altri contenuti. Qui la corte invece fa un cambio di rotta netto, la corte non prova nemmeno ad accomodate la sua soluzione con i precedenti e cambia orientamento: non importa soffermarsi sulla prevalenza (o sulla residualità) del carattere religioso della formula e, di riflesso, del giuramento: è sufficiente prendere atto che, in una sua parte, la formula ha significato religioso. ➔ C’è un contenuto religioso che viene imposto. La sentenza n. 58 del 1960 partiva inoltre dalla premessa che "la situazione del non credente fosse fuori della previsione dell'art. 449" e dello stesso art. 19 Cost., giacché "l'ateismo comincia dove finisce la vita religiosa". Ma l'opinione prevalente fa ormai rientrare la tutela della c.d. libertà di coscienza dei non credenti in quella della più ampia libertà in materia religiosa assicurata dall'art. 19, il quale garantirebbe altresì (analogamente a quanto avviene per altre libertà: ad es. gli articoli 18 e 21 Cost.) la corrispondente libertà "negativa". Ma anche chi ricomprende la libertà di opinione religiosa del non credente in quella di manifestazione del pensiero garantita dall'art. 21 Cost. (norma parimenti richiamata come parametro di giudizio nell'ordinanza del pretore di Torino) perviene poi alle stesse conclusioni pratiche, e cioè che il nostro ordinamento costituzionale esclude ogni differenziazione di tutela della libera esplicazione sia della fede religiosa sia dell'ateismo, non assumendo rilievo le caratteristiche proprie di quest'ultimo sul piano teorico. ➔ Qui la corte sovrappone la libertà negativa con la libertà di ateismo. Ma la corte fa questa confusione perché la fattispecie nasce dal rifiuto di un ateo, il quale davanti al giudice aveva detto che non voleva recitare la formula perché ateo, ma alla stessa soluzione ci saremmo potuti arrivare anche se lo avesso detto un Cattolico, perché anche un cattolico può essere libero di recitare o meno un contenuto religioso o meno → come se fosse stato obbligato ad andare a messa quando non ci vuole andare. Quindi fino al ’79 c’era una separazione netta tra convinzioni religiose, perché era libertà di religione; le libertà ateistiche erano tutelate dall’art 21, che consiste nella libertà di pensiero, ma con limiti ben diversi. La parte evidenziata azzurro è un bel pasticcio a livello teorico. La parte gialla è la parte importante della sentenza. Si chiude la sentenza con la sentenza si dichiara illegittimità cost dell’art 251 aggiungendo “se credente”. Il giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza religiosa se credente e morale del giuramento e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti, e legge la formula «consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio se credente e agli uomini, giurate di dire la verità, null'altro che la verità». Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: «lo giuro». ➔ Qui mi sto impegnando solo se sono credente, per cui se non sono credente non mi costerebbe nulla, perché io non mi sto assumendo la responsabilità davanti a Dio. Poi nel 1995 la Corte cost dichiara illegittimo ancora l’art 251 acne se sono state apportate modifiche. Dove viene detto che bisogna eliminare tutti i riferimenti religiosi. 77 Il giudice istruttore avverte il testimone di dire la verità e delle conseguenze penali delle dichiarazioni false e reticenti e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: «consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza» ➔ Qui sparisce ufficialmente ogni riferimento religioso. Torniamo alla sentenza 117/79: fino al 79 il titolo dell’art 19 era libertà di religione, comprensiva di tutte le libertà di religione. Dopo il 79 cambia tutto, perché le caratteristiche teoriche dell’ateistiche non rilevano sul combinarsi dal 21, ma dal 19 → quindi il titolo dell’art 19 non può più essere libertà di religione. Quindi il nuovo titolo diventa libertà di coscienza. Quello che la corte fa non è un’operazione di interpretazione estensiva, perché i limiti estremi coincidono con il significato letterale. Questa non è altro che un’applicazione analogica, perché ateismo e religione rientrano nella libertà di coscienza → uguale ratio. L’art 19 che è posto a tutela della libertà di religione lo applico alla libertà di ateismo, perché il sistema impone per ratio che l’ateismo sia tutelato come la libertà di religione. Abbiamo una spinta della corte cost in chiave di lettura evolutiva enorme → questa sentenza da molti non fu accolta con grande entusiasmo. Questa sentenza però arriva a questa conclusione sovrapponendo 2 cose che dobbiamo tenere distinte. Questa sentenza è più di quello che poteva, essere, perché poteva essere semplicemente inerente alla libertà negativa senza menzionare l’ateismo. A ogni libertà di, corrisponde libertà di non. Tirando in ballo l’ateismo prende in considerazione la libertà positiva dell’ateismo → dire che l’ateismo copre della stessa copertura cost della libertà di religione, significa che io non mi sto occupando solo delle libertà negative, ma anche a pieno titolo di libertà positive, tipo libertà della propaganda ateistica. Il punto è che dopo questa sentenza si sono veramente evolute in questa direzione? Evidentemente no, perché se gli atei fanno ancora tutte queste battaglie dopo 40anni. La propaganda ateistica di Genova sugli autobus è stata rimossa dopo 1 giorno, perché non conforme al codice della disciplina commerciale. Art 10: la pubblicità non deve offendere condizioni religiose. Se la pubblicità offende le condizioni religiose le compagne possono essere ritirate, e se c’è stata offesa c’è risarcimento del danno. Se noi vediamo questo episodio, e lo mettiamo a confronto con quello che è successo nel ’79 qualcosa non quadra. Nello stesso momento, sempre nel 2009, la stessa campagna la stessa pubblicità veniva intentato procedimento penale, per offesa alle confessioni religiose attraverso vilipendio. Quindi mentre a Genova la questione si è chiusa senza nessun tipo di procedimento, in alter zone di Italia si sono intentati procedimenti, anche se non hanno avuto esito. Nessuno però fa il ben che minimo riferimento li c’è un diritto tutelato dall’art 19 Cost, anche se la propaganda ateistica è tutelata dallo stesso art, come se la sentenza 117/79 Corte cost non ci fosse. I giudici che hanno archiviato i procedimento penale hanno messo la questione sulla mancanza di dolo, ma nessuno ha fatto riferimento alla tutela ex art 19 Cost. Ma quindi a distanza di 40 anni cosa ci resta di quella sentenza? Se noi guardiamo l’impatto che quella sentenza ha avuto, ci rendiamo conto che l’impatto è stato zero. Se noi ragionassimo in termini di politica istituzionale delle corti, questa se fosse stata una sentenza pienamente consapevole, sarebbe una di quelle sentenze che restano buttate lì. Ma questa non è una sentenza consapevole; perché dopo 43 anni non resta quasi nulla? Perché se prendiamo gli art da cui viene 80 è illegittima la disciplina che limita la libertà dell’insegnante della cattolica? Nel senso che se l’insegnante si disallinea da una certa tendenza religiosa rischia la revoca del gradimento. Quello che va a bilanciamento sono 2 libertà, cioè libertà di religione di Cordero e dall’altra parte la libertà religiosa dell’università cattolica che pretende un insegnamento allineato alla tendenza dell’università. La corte cost ha valutato il conflitto mettendo a bilanciamento la libertà dell’ente e la libertà del prestatore, e ha dato la prevalenza alla libertà dell’ente, e la corte cost rigetta la quesitone di legittimità. Ha fatto un bilanciamento in concreto: se io giudico che la questione sia fondata, e quindi costringo la cattolica tenersi Cordero a prescindere da quello che dice in aula, con insoddisfazione completa dell’ente (l’università è stata fondata su un principio confessionale); se però vedo in caso di specie e rigetto la questione, succede che da una parte ho soddisfazione completa della Cattolica, dall’altro no ho insoddisfazione concreta, perché Cordero rimane comunque professore, e le probabilità per cui non insegnerà da nessuna parte è impossibile, quindi non ho una completa compromissione dei suoi interessi. Tutti i bilanciamenti funzionano allo stesso modo, si fa un bilanciamento in concreto. • Altri limiti li possiamo trovare per esempio con la comminazione dell’art 19 con le altre libertà: per esempio con art 17 (libertà di associarsi) e art 19 (per fini religiosi). In tutte queste ipotesi abbiamo comunque i limiti delle relative disposizioni → anche qui abbiamo un elenco molto lungo di limiti che nell’art 19 non ci sono, ma sono previsti negli altri diritti che si combinano con l’art 19. Quindi le riunioni nei luoghi pubblici può avvenire con previa comunicazione all’autorità pubblica. I diritti previsti dal 19 trovano limiti in tutti i bilanciamenti con tutti gli interessi meritevoli di tutela → interessi omogenei o eterogenei. Limiti dei diritti che si legano con la libertà di religione. L’art 8c2: in tutti i casi in cui la libertà di religione viene esercitata in base agli stati che contrastano con l’ordinamento giuridico italiano viene limitata, perché lo statuto in quella sua parte diviene irrilevante (come le trasfusioni per i figli minori dei testimoni di Geova). Il tema della libertà di religione è quello dell’accezione che utilizzo per questo termine, e questo problema ce lo trasciniamo dietro quando ragioniamo sulla laicità dello stato. Il grosso problema di interpretazione del 19 è un problema ereditato dal principio sintetico di laicità. Quando la corte nell’89 sintetizza il principio di laicità lo fa attraverso anche l’art 19. Quando si ragiona della libertà di maggioranza si tende a dare un significato più ampio, quando invece si ragiona sulla libertà delle minoranze si tende a dare un significato più ristretto. L’art 19 se lo combino con l’art 3 c2, questo assume l’accezione di diritto di pretendere qualcosa dallo stato. Se invece lo combino anche con il 3c1 otterrei la quadra del sistema, cioè diritto di pretendere solo a condizione che si tratti di ostacoli di fatto che limitano la libertà. Qui il meccanismo dovrebbe essere quello di prendere atto che esistono disuguaglianze di fatto, colmare quelle disuguaglianze con meccanismi compensativi, fino a quando non ci sono più. Ora 1. ART 20 Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività. Questa è una disposizione storica, qualcuno ancora adesso dice che l’art 20 non serve a nulla, che non ha una sua portata autonoma. 81 I soggetti sono in sostanza tutti gli enti che hanno un qualche legame con confessioni religiose e organizzazioni religiose. → se li immaginiamo alla confessione religiosa della chiesa li chiamiamo enti ecclesiastici, se no enti di culto, ma sono comunque la stessa cosa. Questo art impedisce che questa categoria di soggetti sia discriminata rispetto a tutti gli enti che non siano enti con fini religiosi e di culto → quindi questi enti non possono essere soggetti a limitazioni legislative o di gravami fiscali rispetto agli enti che non siano religiosi. Nella seconda metà dell’800, con le imposte straordinarie sugli enti ecclesiastici ecc. Quindi divieto di discriminazione degli enti ecclesiastici, non ha una portata autonoma, perché ho già l’art 3 che impedisce le stesse cose; dal momento in cui l’art 3 lo intendo applicabile non solo agli individui, ma anche agli enti, allora questo diventa un principio di uguaglianza e quindi principio di non discriminazione degli enti, anche al fine religioso. → dovrei concludere che l’art 20 è una norma inutile e non è altro di una specificazione dell’art 3 applicata al campo deli enti religiosi, che ha una sua origine storica. Qualcuno ha provato a ritagliare una portata autonoma all’art 20, dicendo che porrebbe un divieto di discriminazione tra gli enti ecclesiastici. L’ultima strada che è rimasta per dare a questa disp portata autonoma è: se noi guardiamo l’art 3 c1 vediamo che impedisce le discriminazioni sia verso l’alto che verso il basso, impone un trattamento uguale dei soggetti. Se guardiamo l’art 20 la scelta letterale di cost è che impedisci non trattamenti diversi, ma gravami in peius, quindi a senso unico. Non impedisce gli enti ecclesiastici siano trattai meglio degli enti non ecclesiastici. Quindi sbarra la strada a discriminazioni in peius ma non in melius. → questa potrebbe essere intesa come portata autonoma del 20. Quindi tutti i trattamenti di favore trovano giustificazioni a livello cost, nell’art 20, che impedisce trattamenti in peius ma non in melius; ragione per cui l’ente ha l’ambizione ad essere riconosciuto come ente ecclesiastico. 30/11/22 Il principio di laicità è di matrice giurisprudenziale e il legislatore non ha mai utilizzato questo principio, se non in una norma del 2007 secondaria. Questo è un dato significato se lo confrontiamo con altri ordinamenti; nel consiglio d’Europa 2 stati nella Cost si sono auto qualificati laici (Francia e Turchia). Quello italiano è un sistema che fino all’89 nessuno diceva che lo fosse, mentre nell’89 la Corte cost lo utilizza per qualificare il sistema. La fattispecie che porta alla sentenza 203 dell’89 è l’art 9 dell’accordo dell’84: 2. La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All'atto dell'iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell'autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione. Il vecchio art 36 del concordato del ’29 che disciplinava la stessa materia, in un testo del tutto confessionista, riconosceva alla dottrina cristiana nella forma cattolica, il ruolo di “fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica”; era una premessa coerente con il sistema. Non è possibile quindi 82 un’istruzione pubblica che non si fondi sulla dottrina cattolica, quindi tutta conformata ai principi del cattolicesimo. È evidente che se voglio riproporre l’insegnamento nell’accordo dell’84, la premessa non può rimanere che la dottrina è fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica, quindi devo trovare una nuova motivazione per giustificare anche nel nuovo accordo l’insegnamento di un istituto che aveva senso con il confessionismo, visto che nell’accordo c’è esplicito abbandono al confessionismo di stato. Il ragionamento all’art 9 c2 è quello di costruire la previsione che venisse mantenuto l’insegnamento su 2 premesse: viene riconosciuto il valore della cultura religiosa (non cattolica, ma religiosa generica); tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano. Sulla base di queste 2 premesse, insegno la dottrina cristiana come se fosse cultura generale. Ovviamente se io voglio anche solo immaginare che questo riciclaggio concettuale passi il vaglio di cost devo prendere delle precauzioni: “nel quadro delle finalità della scuola” → fine dello sviluppo del pensiero critico; con piena facoltatività di avvalersi o non avvalersi. Quindi l’insegnamento ha ad oggetto la dottrina cattolica, ma deve essere impartito nel quadro delle finalità della scuola, e può essere frequentato in scelta di piena facoltatività. Si fa riferimento alla libertà di coscienza esplicito! Chi ha scritto l’accordo che l’istituto dell’insegnamento cattolico sarebbe finito presto davanti la corte cost, e le precauzione che hanno preso, è come se avessero proposto delle argomentazioni utili alla corte cost. Appena entra in vigore l’accordo si va davanti la corte cost, molte associazioni trovavano inaccettabile che venisse riproposto l’insegnamento della religione cattolica. Molti studenti che non si avvalevano dell’insegnamento di religione cattolica si trovavano in una situazione di svantaggio. Gli artt. 2, 3, 19 indicati come parametri Cost, dal pretore di Firenze che rimette gli atti alla Corte cost. Lui propone una questione di illegittimità cost che riguarda l’art 9 del Concordato dell’84, ma la corte cost nel 71 che ipotizza una questione di legittimità dei patti lateranensi deve individuare un contrasto con i principi supremi, in caso contrario la questione è inammissibile. Ma il pretore di Firenze non indica il parametro nella forma di un principio supremo, ma indica questi 3 artt Cost. Questi significa che il pretore di Firenze ha ritenuto che il nuovo concordato non goda della doppia atipicità del concordato del ’29. → L’accordo dell’84 in quanto non essendo oggetto di un preciso riferimento dall’art 7c2 non gode di doppia atipicità. Ma la corte cost non voleva esprimersi sulla doppia atipicità del concordato dell’84, quindi inventa un nuovo principio supremo. Se io mi limito ad utilizzare gli artt. 2, 3 e 19 allora sto dicendo chiaramente che il concordato dell’84 questo non ha doppia atipicità; oppure uso un principio supremo, così qualcuno potrebbe pensare che sia necessario, ma io non sto dicendo che fosse necessario, lo uso senza dire il perché, in modo tale da non esprimermi sulla doppia atipicità del concordato. La corte cost ai 3 artt. Aggiunge gli artt. 7, 8, e 20. La piena libertà di coscienza la valuto in funzione della condizione in cui si trova lo studente che non sia avvale, non solo nella condizione in cui is trova nel momento in cui sta facendo la scelta → le circolari mettevano gli studenti che non si avvalevano nell’obbligo di fare altre attività didattiche alternative. Erano qui di obbligati a fare qualcosa in sostituzione dell’insegnamento della religione cattolica. Quindi non erano in piena facoltatività, ma erano nell’obbligo alternativo: come servizio militare e servizio civile. Piena facoltatività l’abbiamo solo se sei messo in una condizione di fatto e di diritto non svantaggiata rispetto a chi scelte di avvalersi. L’art 9 non è incostituzionale, ma il modo in cui questo art 9 viene applicato mette gli studenti non avvalenti in una situazione di non piena facoltatività, perché questi studenti sono obbligati a fare un’attività alternativa. 85 corresse tra l'una e l'altro lo schema logico dell'obbligazione alternativa, quando dinanzi all'insegnamento di religione cattolica si è chiamati ad esercitare un diritto di libertà costituzionale non degradabile, nella sua serietà e impegnatività di coscienza, ad opzione tra equivalenti discipline scolastiche. Lo Stato è obbligato, in forza dell'Accordo con la Santa Sede, ad assicurare l'insegnamento di religione cattolica. Per gli studenti e per le loro famiglie esso è facoltativo: solo l'esercizio del diritto di avvalersene crea l'obbligo scolastico di frequentarlo. Per quanti decidano di non avvalersene l'alternativa è uno stato di non-obbligo. La previsione infatti di altro insegnamento obbligatorio verrebbe a costituire condizionamento per quella interrogazione della coscienza, che deve essere conservata attenta al suo unico oggetto: l'esercizio della libertà costituzionale di religione. ➔ Il contro bilanciamento consiste nel non obbligo di scelta di un’attività alternativa. Le istanze delle associazioni di genitori e comunità scolastiche che avevano spinto l’attivazione di una corte è soddisfatta. Dopo questa sentenza il ministero emanò delle circolari, che sostituiva quella precedente, dove si prevedeva che le possibilità date per lo studente che non si avvaleva, altre attività o nessuna attività, salvo l’obbligo di rimanere a scuola. Nuova sente za della corte Cost che si vede reinvestita della questione, dove ripete che se lo stato deve essere quello di non obbligo, non si può obbligare lo studente a rimanere a scuola. Da questo momento (sentenza 13/91) abbiamo la piena facoltatività. 1/12/22 Il principio di laicità può significare tante cose, e la corte li ha chiamati riflessi del principio di laicità. Si tratta di assegnare i principi di sintesi dei contenuti specifici che vanno a riempire il significato. All’interno di questo principio di sintesi posso indicare dei sotto elementi. Si tratta dei contenuti che la corte ha agganciato come se fossero dei corollari. • distinzione dell’ordine dello Stato dall’ordine delle confessioni religiose • dovere di equidistanza e imparzialità da parte dello Stato • irrilevanza del dato sociologico nella disciplina del fenomeno religioso • irrilevanza del dato quantitativo nella disciplina del fenomeno religioso • specificità del diritto pattizio (artt. 7 e 8 Cost.: concordati e intese) • divieto di ogni discriminazione fondata sulla religione • dovere di tutelare le minoranze religiose Questi elementi non sono necessariamente in sintonia, ma possono andare in tensione. Questo è il problema della laicità italiana Se noi prendiamo la laicità turca o francese hanno un principio maggioritario, non hanno questo bisogno di continuo bilanciamento → totale indifferenza (francese) e tendenziale indifferenza (Turchia). È un principio complessissimo, ed è difficile da gestire per questo motivo. Italia è uno stato confessionista fino al ’48, con la Cost l’ordinamento si lascia il confessionismo di stato alle spalle. Con la storica sentenza 203/89 l’ordinamento italiano raggiunge la laicità. Sulla sentenza 203 si possono fare una serie di considerazioni con approccio critico. Finocchiaro scrisse fuoco e fiamme su questa sentenza, con il suo primo saggio intitolato “l’Italia non è uno stato laico”: la corte cost ha fatto una cosa etimologicamente scorretta, perché ha preso una parola che ha sempre significato altro, ma solo qui in Italia significa l’opposto. Altro argomento era che se noi prendiamo una 86 parola che ha sempre significato altro e le diamo un significato nuovo, ma questo significato è complesso e contraddittorio, stiamo creando un danno sulla certezza del diritto. → lo scrive nel 1990. Cosa ne è stato del principio di laicità dall’89? 1) La sentenza 203 lo impiega (il principio) per orientare qualcosa? Produce qualche effetto significativo? Effetti no. riarticola in modo più rielaborato e schematico gli argomenti dell’art 09 accordo 84 che erano sono abbozzati. È una sentenza di rigetto, non orienta nulla. 2) Crea un principio supremo perché non crearlo avrebbe significato per implicito che l’art 9 non fosse coperto ex art 7c2 Cost. 3) Esiste almeno un’occasione in cui la corte ha impiegato il principio supremo di laicità come principio necessario per il parametro di legittimità? No. il principio di laicità come principio supremo necessario non è mai stato impiegato dalla corte. In diritto ecclesiastico avrebbe potuto essere utilizzato come principio necessario min 27 Potrebbe essere stato impiegato come controlimite che operano nei rapporti internazionali, ma nemmeno qui mai. quello che ci dobbiamo dire che è il principio di laicità ad oggi è inutile, perché non è mai stato impiegato come principio necessario, a differenza degli altri 2. In quali occasioni allora è stato impiegato anche se non necessario nella giuri costituzionale? La giuri qui ha impiegato parecchio il principio di laicità; siamo nell’ambito dei procedimenti in cui non avrei bisogno di un principio supremo per sindacare la legittimità cost. Art 402, 403, 404, 405, 406 cp → abbiamo una serie di sentenze della corte cost che smantellano tutta questa parte del codice penale e lo fanno impiegando a piene mani il principio di laicità. L’art 402 sul vilipendio della religione dello stato Poi 2 disposizioni dirette sempre contro la religione di stato, sono reati di opinione Art 405 sempre contro la religione di stato materiale L’art 406 è una norma di chiusura dove le condotte previste dagli artt. Precedenti sono punite anche contro religioni altre, ma la pena è diminuita di un terzo. Art 724 cp → sulla bestemmia punita solo se contro la religione di stato (contravvenzione). Su questo sistemo la corte cost all’inizio della sua storia aveva lasciato correre, giustificando questo meccanismo differenziato su basi sociologici o quantitativi. → religione professata dalla maggior parte dei cittadini. Alla metà degli ani 60, in queste sentenze la corte incomincia a mandare messaggi al legislatore. Nel 95 la corte inizia a fare a pezzi tutto questo impianto, lo fa in alcuni casi in modo discutibile, perché per esempio nella prima sentenza che dichiara l’illegittimità cost dell’art 724, ampliando la fattispecie penale, cioè eliminando la condotta solo verso quella religione, ma ampliando a tutte le religioni violando il principio di legalità in materia penale. 5 anni dopo quando una questione identica arriva davanti la corte con l’art 402, e pronuncia non sentenza ablativa, ma di illegittimità cost ed espelle l’art dal codice penale. Negli stessi anni la corte agisce anche sull’art 403/4/5 diminuisce le pene come quella dei culti ammessi dell’art 406. Il principio quindi è utilizzato al massimo qui. 87 Il sistema dell’8x1000 è un sistema altamente discriminatorio, ed è previsto in normative che non sono cost protette, e che possono essere dichiarate illegittime senza utilizzare i principi supremi, ma la corte non se ne è mai occupata. Abbiamo una sensazione di un approccio della corte cost è un po’ schizofrenico. Ma perché? Rimoli: Laddove la singola decisione adottata impiegando il principio di laicità avrebbe potuto incidere sugli interessi concreti delle confessioni con intesa, la corte ha sempre utilizzato un atteggiamento elusivo, quasi privilegiato. Il filone di giurisprudenze sull’esposizione dei crocifissi nei luoghi pubblici: corte di cassazione 2000→ sentenza è rimasta un po’ isolata, qui il principio di laicità è stato utilizzato al massimo in cassazione. Caso montagnana: scrutatore in seggio elettorale, dove nell’aula scolastica era esposto il crocifisso; montagnana si rifiuta di svolgere il suo lavoro allegando la foto del crocifisso. Gli viene risposto che nel luogo preciso dove svolgerà lui i suoi compiti non ci sarà il crocifisso, ma lui si rifiuta lo stesso motivando: non mi rifiuto di fare il presidente di seggio perché in quel seggio c’è il crocifisso, ma assumo ruolo di pubblico ufficiale in una PA che non è laica. Si va davanti giudice penale, per capire se sussistesse o meno giustificato motivo, ma condannano montagnana e si arriva in cassazione del 2000 con la conseguenza che il crocifisso non dovrebbe essere esposto in nessun seggio elettorale. 11 anni dopo davanti la cassazione va una fattispecie molto simile di un giudice di stato che si rifiuta di tenere udienza davanti un crocifisso, gli viene fornita un’aula senza crocifisso, si rifiutano lo stesso, ma la cassazione non assolve e condanna. Consiglio di stato anno 2006 → contenzioso partito nella scuola del veneto con l’impugnazione di un atto amministrativo, dove viene chiesto di rimuovere le aule scolastiche dove fanno lezione i suoi figli, ma la sua richiesta viene respinta. Il TAR veneto non sa come muoversi, allora rinvia gli atti alla corte cost argomentando dicendo che gli atti amministrativi sono integranti del testo unico della scuola che è una legge, dove la questione viene di nuovo rimessa davanti al TAR. Il TAR dichiara legittimo il provvedimento e Lautsi impugna e si va davanti al consiglio di stato. Arriviamo alla legittimità dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, e dovrebbe essere esposto come simbolo della laicità dello stato. Viene quindi utilizzato un principio per adottare 2 soluzioni opposte. Corte EDU, nel caso Lautsi, si esprime sul principio di laicità all’italiana: si esprime 2 volte nel 2009 dando ragione alla Lautsi, ma poi nel 2011 viene riesaminato il caso e Lautsi esce soccombente dal contenzioso europeo. La corte prende atto che le 2 massime giuri interne impiegando il principio per 2 conclusione opposte, e in questo dissidio la Corte Cost non si è pronunciata: sta dicendo se voi non sapete cosa vuol dire la vostra laicità, tanto meno ve lo posso dire io. 2/12/22 La CEDU ha utilizzato il principio di laicità di Francia e Turchia ma mai il nostro. Davanti la Turchia e Francia che si difendevano con il principio di laicità, la corte EDU ha sempre dato ragione agli stati, impiegando i principi di laicità nazionali. Nel caso dell’itali abbiamo una situazione diversa, il principio di laicità italiano davanti la corte europea è arrivato da parte del Ricorrente non da parte dello Stato, come invece è successo con Francia e Turchia. Un’altra chiave di lettura potrebbe essere, il principio di laicità all’italiana non ha trovato cittadinanza perché il principio di laicità all’italiana la corte non è riuscita a descriverlo. Se questa è la prova del 9 di tenuta del principio è un collaudo andato non proprio a buon fine, perché il principio di laicità è già impraticabile quando esco dai confini giuridici dell’ordinamento. Se sulla base dello stesso principio posso arrivare a soluzioni opposte, allora una domanda che mi devo porre è se non sia il principio stesso a non avere qualche debolezza intrinseca a produrre questi effetti. Quindi se voglio