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appunti diritto ecclesiastico, Dispense di Diritto Ecclesiastico

appunti diritto ecclesiastico per il sostenimento dell'esame con il prof fuccillo

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 08/12/2020

merilisa-battiloro
merilisa-battiloro 🇮🇹

4.8

(4)

9 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica appunti diritto ecclesiastico e più Dispense in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! CAPITOLO 1 : RELIGIONE E COSTITUZIONE  Introduzione Al fenomeno religioso, si riferiscono, in esclusiva ben 4 articoli della Costituzione della Repubblica Italiana, il 7, l’8 il 19 e il 20. Tale disciplina è poi considerata in maniera indiretta dall’art 3, che riflette sul principio di eguaglianza escludendo qualsiasi possibilità di discriminazione per ragioni religiose e dall’art 18, il quale include nel principio di libertà di associazione anche le formazioni sociali di matrice religiosa.  L’articolo 7 della costituzione L’art 1 dello Statuto Albertino del 1848 sanciva che la religione cattolica era la sola religione dello Stato e definiva come tollerate le confessioni di minoranza. Nel 1871, veniva emanata la c.d legge delle guarentigie che rappresentava la soluzione offerta dal Regno d’Italia ai conflitti politici tra Stato e Chiesa, che si riassunsero nella c.d questione romana. Conseguente all’emanazione della legge, fu la caduta dell’antico Stato Pontificio per cui il papa divenne cittadino italiano e tutti gli organismi della Curia Romana caddero sotto la sovranità italiana. La legge delle guarentigie però, non fu mai accettata dalla Santa Sede, sia perché si tratta di una legge unilaterale italiana che non offriva alcuna garanzia alla stessa, sia perché non era stato previsto un formale riconoscimento della sovranità della Chiesa. Una svolta decisiva si è avuta con la sottoscrizione dei Patti Lateranensi l’11 febbraio 1929, unilaterale della legge delle guarentigie: la chiesa veniva considerata come un’istituzione con soggettività giuridica internazionale ( Santa Sede), ed i suoi rapporti con lo stato si svolgevano in un regime di suddivisione delle competenze. Nasceva così, lo stato della Città del Vaticano. I patti lateranensi sono accordi che si articolano in Trattato e Concordato. Il trattato constava di un testo di 27 articoli, di tre allegati relativi al territorio e agli immobili attribuiti allo Stato Città del Vaticano, e del quarto allegato, ossia della convenzione finanziaria. Il concordato invece, era composto da 45 articoli, concedeva privilegi alla Chiesa cattolica in materia di enti, estendeva l’insegnamento della religione nella scuola pubblica e lo poneva a fondamento dell’istruzione, riconosceva la giurisdizione ecclesiastica in materia matrimoniale e prevedeva l’esenzione per gli enti ecclesiastici dal pagamento delle imposte. In tale contesto storico quindi, l’assemblea costituente si trovò ad affrontare la delicata questione dei rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica. Si giunse così all’elaborazione dell’art 7 della cost: 7.1: “ Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. Tale disposizione sottolinea la separazione della Chiesa dallo Stato, attraverso però il riconoscimento dell’identità della stessa distinzione. Ciò rappresenta una scissione tra le rispettive autorità governanti, nonché tra i principi e gli strumenti giuridici adoperati nelle proprie sfere di competenza: per cui, nessuna delle due parti, può interferire nelle materie di esclusiva competenza dell’altra (Indipendenza). Sovranità: Sia la Chiesa che lo Stato hanno un proprio apparato normativo-istituzionale. 7.2: “I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. La Chiesa cattolica e lo Stato utilizzano il concordato come strumento mediante il quale risolvere i conflitti; si tratta di uno strumento giuridico con il quale, attraverso lo scambio di consenso, si tende a regolare le materie di interesse comune, evitando contrasti. Le materie di regolamentazione concordataria, prendono il nome di res mixtae. Il concordato lateranense è stato oggetto di revisione con l’Accordo del 18 febbraio 1984, sottoscritto a Villa Madama. Le leggi di esecuzione* n 810/1929 e n 121/1985, costituiscono gli strumenti mediante i quali i patti lateranensi e l’accordo di villa madama hanno acquistato rilevanza giuridica all’interno dell’ordinamento giuridico italiano. Esse sono annoverate tra le c.d “ fonti atipiche” in quanto dotate di forza passiva rinforzata; godono infatti, di una particolare resistenza all’abrogazione da parte di successive leggi ordinarie a contenuto unilaterale e sono idonee a derogare alle norme della costituzione che non integrino principi supremi dell’ordinamento costituzionale. L’art 13 dell’accordo sancisce che le norme del precedente concordato, non riprodotte nel testo del nuovo accordo, devono ritenersi abrogate. Inoltre il comma 2 dello stesso articolo prevede la possibilità di ampliare l’ambito delle c.d res mixtae mediante ulteriori accordi. La disposizione dell’art 7.2, pone però il problema dell’espressa enunciazione dei patti lateranensi all’interno del testo costituzionale; tale formale richiamo non comporta la costituzionalizzazione dell’accordo medesimo ma, ad essere reso tale, a detta della Corte Costituzionale, è il c.d principio di bilateralità pattizia che si evince dell’art 7.2 e 8.3 cost. Secondo tale principio quindi, lo Stato e la Chiesa cattolica e lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica, potranno effettuare eventuali modifiche agli accordi solo in via bilaterale attraverso ulteriori trattative tra le parti contraenti. A tal proposito infatti, l’art 7.2 cost prevede che “le modificazioni dei patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”; solo in mancanza di tale accordo, sarebbe poi effettuabile la revisione ex art 138 cost. Per tal motivo, non è ancora stato possibile pervenire ad una sottoscrizione di un’intesa con lo Stato e attualmente, i gruppi islamici, vengono riconosciuti come associazioni culturali. 8.3: “I rapporti tra le confessioni religiose diverse dalla cattolica con lo Stato sono regolate sulla base di intese con le relative rappresentanze”. Le rappresentanze religiose sono definite come una tipica forma di coordinamento paritario tra soggetti posti sullo stesso piano, al fine di codeterminare il contenuto dell’atto sottoposto ad intesa attraverso una negoziazione diretta volta a superare le divergenze originarie. Le leggi emanate sulla base di tali intese sono “fonti atipiche”, in maniera particolare, con riguardo al procedimento di approvazione per queste seguito, oppure “fonti rinforzate”, se si considera che per modificarle o abrogarle non è sufficiente una semplice legge ordinaria ma ne occorrerà una adottata sempre previa intesa con le confessioni religiose. Per quanto attiene alla fase di conclusione dell’intesa, dopo la firma del presidente del consiglio e del rappresentante della confessione religiosa, l’intesa viene trasmessa al parlamento per la sua approvazione con legge*. Il parlamento non ha facoltà di apportare emendamenti(da ciò si desume il principio di bilateralità pattizia), in quanto, ogni emendamento unilateralmente apportato determinerebbe una mancata corrispondenza tra la legge di approvazione dell’intesa e l’intesa stessa. Circa il procedimento di conclusione di un’intesa, è la rappresentanza della confessione interessata a gestire le trattative, mentre per lo Stato, è , almeno in prima battuta il presidente del consiglio dei ministri a disciplinare la materia. Le confessioni interessate, devono presentare istanza presso il presidente del consiglio dei ministri, il quale, affida l’incarico di condurre le trattative al sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri. Le richieste di intesa però, vengono precedentemente sottoposte al parere del ministero dell’interno. In seguito alla preparazione di una bozza, vi è la conclusione delle trattative; l’intesa è siglata dal sottosegretario e dal rappresentante della confessione religiosa ed è poi sottoposta all’esame del consiglio dei ministri, il quale potrebbe anche negare la conclusione dell’intesa. In merito è da segnalare il caso dell’UAAR( Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti), la quale ha inoltrato ripetutamente richieste al Governo italiano perché venissero avviate le trattative per la stipula di un’intesa. Tale richiesta, è stata sottoposta al diniego del consiglio dei ministri, ritenendo che la professione di ateismo non possa essere regolata in modo analogo alle confessioni religiose, definite esclusivamente come un atto di fede rivolto al divino e vissuto tra più persone, tramite una particolare struttura istituzionale. Sul punto è successivamente intervenuto il Consiglio di Stato, secondo il quale, la decisione di negare l’avvio delle trattative volte alla stipulazione dell’intesa non poteva effettuarsi sulla base della singola decisione del governo, in quanto, la capacità di ogni confessione che lo richieda di stipulare un’intesa, costituisce corollario immediato del principio di eguale libertà religiosa di cui l’art 8.1 cost. L’iter giudiziario è poi continuato in seguito all’impugnazione della questione da parte del consiglio dei ministri, di fronte alla Corte di Cassazione. Essa rifacendosi al principio di laicità dello stato, ha dato conferma e rimarcato la posizione del consiglio di stato. Riassumendo quindi, la questione giuridica sostanziale risiede nel fatto che, secondo il consiglio dei ministri, la possibilità prevista dall’ex art 8.3 cost, di addivenire ad una regolamentazione bilaterale dei rapporti mediante la conclusione di intese è espressamente riservata alle confessioni religiose diverse dalla cattolica, ragion per cui, la norma costituzionale non è estendibile per analogia a situazioni non riconducibili a quella fattispecie, come nel caso in esame, tenuto anche conto del fatto che la stessa UAAR si autodefinisce, nello statuto, come organizzazione filosofica non confessionale. *legge di approvazione: valevole solo per le intese, in quanto queste sono patti INTERNI tra lo Stato e la confessione richiedente (non valevoli a livello internazionale). La legge di approvazione è una fonte atipica, cioè con forza passiva rinforzata come le leggi di esecuzione; essa non può essere sospesa, modificata, derogata, abrogata se non in esecuzione di nuove intese tra lo Stato e confessione interessata ( ossia con una nuova legge di approvazione). La legge di approvazione, prima dell’approvazione della stessa intesa ha valore di MERO ACCORDO.