Scarica Appunti Diritto Ecclesiastico e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! Diritto Ecclesiastico Il diritto ecclesiastico si occupa del rapporto tra diritto e religione. Il diritto canonico si occupa della regolamentazione interna della chiesa, poteri dei vescovi, diritti acquisibili al suo interno etc. Il diritto Vaticano è stato introdotto da pochi anni. Il precetto giuridico non potrà mai fondarsi su un precetto religioso. Lo stato è la casa dei credenti e non credenti Basandosi su un precetto religioso si dovrebbe scegliere una religione su cui basare il diritto e vincolare il precetto giuridico. L religione è parte della nostra società. Tale disciplina si basa sul rapporto tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica, e tra Stato e le relative religioni. Stato Città del Vaticano Introduzione: La Città del Vaticano, ufficialmente Stato della Città del Vaticano (in latino: Status Civitatis Vaticanae), chiamata anche semplicemente Vaticano è uno Stato senza sbocco al mare della Penisola italiana, il più piccolo Stato sovrano del mondo sia per popolazione (453 abitanti) che per estensione territoriale (0,44 km²). Come forma di governo è una teocrazia. (La teocrazia (dal greco: potere) è la forma di governo secondo cui la gestione delle attività religiose e quelle governative laiche, coincidono.) La città-Stato, creata il 7 giugno 1929 con i Patti Lateranensi, firmati l'11 febbraio dello stesso anno tra Benito Mussolini e il cardinale segretario di Stato Pietro Gasparri, rispettivamente i rappresentanti del Regno d'Italia e della Santa Sede, è un'enclave nel territorio della Repubblica Italiana, inserita nel tessuto urbano della città di Roma. La lingua ufficiale è l'italiano, mentre il latino è la lingua ufficiale della Santa Sede. Lo Stato batte moneta propria, ma, per effetto dell'unione doganale e monetaria con l'Italia, adotta l'euro, che negli otto tagli delle monete metalliche riportano nella faccia nazionale l'effigie del Papa regnante, ovvero soggetti vaticani, ed emette propri francobolli, utilizzabili per il servizio postale verso tutto il mondo (ma ovviamente solo con spedizione dalle Poste Vaticane). Intervento di Polizia: L'Ispettorato di pubblica sicurezza "Vaticano" è una struttura della Polizia di Stato italiana che si occupa della protezione del Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica durante le sue visite in territorio italiano e della vigilanza di piazza San Pietro d'intesa con le autorità della Santa Sede. Dispone di circa 150 agenti e, in quanto ufficialmente privo di competenza territoriale, è posto alle dipendenze dirette del Dipartimento della pubblica sicurezza. Si occupa dei servizi di protezione e scorta del Papa, del cardinale Segretario di Stato, del decano del Collegio cardinalizio e delle altre personalità, vaticane o straniere, durante i loro spostamenti in territorio italiano. I patti lateranensi: I Patti Lateranensi sono accordi, stipulati l’ 11 febbraio 1929 tra il Regno d’Italia e la Santa Sede e resi esecutivi in Italia con la Legge n. 810 del 27 maggio 1929. La sottoscrizione dei Patti decretò la nascita dello Stato della Città del Vaticano, autonomo e indipendente al pari del Regno d’Italia, risolvendo definitivamente la c.d. “questione romana”, ossia la pregressa rottura delle relazioni tra Stato e Chiesa, regolandone i futuri rapporti. Articolati in tre distinti documenti, Trattato, Convenzione Finanziaria e Concordato (quest’ultimo sottoposto a revisione nel 1984), i Patti Lateranensi disciplinano tuttora i rapporti fra Stato Italiano e Santa Sede. In assenza dei Patti Lateranensi, il rapporto tra il Vaticano e lo Stato Italiano, si sarebbe trattato in ambito internazionale. Chi ha firmato i Patti Lateranensi? I Patti Lateranensi furono sottoscritti dall’allora capo del Governo del Regno d’Italia, Benito Mussolini, e dal Cardinale Pietro Gasparri, in rappresentanza del Pontefice Pio XI. Le firme vennero apposte nel Palazzo di San Giovanni in Laterano, da cui presero appunto il nome. Anche la data di sottoscrizione non fu casuale: l’11 febbraio 1929 ricorreva infatti il settantunesimo anniversario della prima apparizione di Nostra Signora di Lourdes, a conferma dell’apprezzamento della Santa Sede per la conclusione dell’accordo con colui che il Pontefice definì “l’uomo della Provvidenza”. Soluzione questione romana La stipula dei Patti Lateranensi fu diretta conseguenza del contesto socio-politico dell’epoca. La nascita del Regno d’Italia, nel 1861, coincise infatti con l’avvio di una politica eversiva nei confronti del clero, volta a privarlo dell’enorme patrimonio accumulato grazie ai lasciti dei fedeli, in cambio dell’indulgenza plenaria, e ad indebolirlo politicamente. L’avvenuta proclamazione del Regno d’Italia non poteva peraltro prescindere dall’annessione di importanti città quali Venezia, Roma e le province circostanti. Il problema dell’indipendenza del Pontefice e della Santa Sede, meglio noto come “questione romana”, fu risolto militarmente il 20 settembre 1870, con la presa di Roma da parte dell’esercito italiano. L’evento decretò la fine del potere temporale in Italia ed uno strappo lacerante nei rapporti con la Chiesa, che il Governo italiano tentò a lungo di “ricucire” ma senza alcun successo, almeno fino alla firma dei Patti. Nell’Italia del 1929, Stato e Santa Sede erano dunque attori in conflitto, incapaci di dialogo, l’uno in posizione di totale primazia rispetto all’altro. Sul piano politico e sociale si affacciavano poi le prime tensioni, alimentate dalle riforme di epoca giolittiana: il riconoscimento del suffragio universale maschile nel 1915 e la nascita ed il successivo consolidamento del partito popolare e di quello socialista, minarono il delicato equilibrio posto alla base dello “stato borghese”, favorendo il successivo avvento della dittatura. Proprio in questo contesto si realizzò un’inaspettata confluenza tra interessi fino ad allora contrapposti e apparentemente inconciliabili: il neonato partito fascista guardò infatti alla Chiesa come “strumento” di coesione e consenso politico, mentre le gerarchie ecclesiastiche videro nel regime un solido alleato contro il liberalismo e le spinte socialiste in atto. Comune era anche la visione della società, organizzata gerarchicamente in termini autoritari e corporativi, con un ruolo centrale riservato alla famiglia. Il risultato di questa comunanza di interessi fu appunto la sottoscrizione dei Patti, con cui Stato e Chiesa si proposero di risolvere definitivamente la “questione romana”, sia sul piano politico che economico-finanziario, regolando i futuri rapporti reciproci. A seguito della stipula dei Patti nacque lo Stato della Città del Vaticano - entità autonoma, munita di personalità internazionale, sul cui territorio, neutrale ed inviolabile, si esplicava la sovranità esclusiva del Pontefice – e la Santa Sede riconobbe a sua volta il Regno d’Italia, con capitale Roma. Il contenuto dei Patti Lateranensi I Patti constano di tre distinti documenti: il Trattato, volto a risolvere definitivamente la “questione romana”, decretando la nascita dello Stato della Città del Vaticano; Cessando di essere soggette alla sovranità della Santa Sede, le persone menzionate nel comma precedente, ove a termini della legge italiana, indipendentemente dalle circostanze di fatto, sopra previste, non siano da ritenere munite di altra cittadinanza, saranno in Italia considerate senz’altro cittadini italiani. Alle persone stesse, mentre sono soggette alla sovranità della Santa Sede, saranno applicabili nel territorio del Regno d’Italia, anche nelle materie in cui deve essere osservata la legge personale (quando non siano regolate da norme emanate dalla Santa Sede), quelle della legislazione italiana, e ove si tratti di persona che sia da ritenere munita di altra cittadinanza, quelle dello Stato cui essa appartiene. Art. 10 I dignitari della Chiesa e le persone appartenenti alla Corte Pontificia, che verranno indicati in un elenco da concordarsi fra le Alte Parti contraenti, anche quando non fossero cittadini del Vaticano, saranno sempre ed in ogni caso rispetto all’Italia esenti dal servizio militare, dalla giuria e da ogni prestazione di carattere personale. Questa disposizione si applica pure ai funzionari di ruolo dichiarati dalla Santa Sede indispensabili, addetti in modo stabile e con stipendio fisso agli uffici della Santa Sede, nonché ai dicasteri ed agli uffici indicati appresso negli articoli 13, 14, 15 e 16, esistenti fuori della Città del Vaticano. Tali funzionari saranno indicati in altro elenco, da concordarsi come sopra è detto e che annualmente sarà aggiornato dalla Santa Sede. Gli ecclesiastici che, per ragione di ufficio, partecipano fuori della città del Vaticano all’emanazione degli atti della Santa Sede, non sono soggetti per cagione di essi a nessun impedimento, investigazione o molestia da parte delle autorità italiane. Ogni persona straniera investita di ufficio ecclesiastico in Roma gode delle garanzie personali competenti ai cittadini italiani in virtù delle leggi del Regno. Art. 11 Gli enti centrali della Chiesa Cattolica sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano (salvo le disposizioni delle leggi italiane concernenti gli acquisti dei corpi morali), nonché dalla conversione nei riguardi dei beni immobili. Art. 12 L’Italia riconosce alla Santa Sede il diritto di legazione attivo e passivo secondo le regole generali del diritto internazionale. Gli inviati dei Governi esteri presso la Santa Sede continuano a godere nel Regno di tutte le prerogative ed immunità, che spettano agli agenti diplomatici secondo il diritto internazionale, e le loro sedi potranno continuare a rimanere nel territorio Italiano godendo delle immunità loro dovute a norma del diritto internazionale, anche se i loro Stati non abbiano rapporti diplomatici con l’Italia. Resta inteso che l’Italia si impegna a lasciare sempre ed in ogni caso libera la corrispondenza da tutti gli Stati, compresi i belligeranti, alla Santa Sede e viceversa, nonché il libero accesso dei Vescovi di tutto il mondo alla Sede Apostolica. Le Alte Parti contraenti si impegnano a stabilire fra loro normali rapporti diplomatici, mediante accreditamento di un Ambasciatore italiano presso la Santa Sede e di un Nunzio pontificio presso l’Italia, il quale sarà il Decano del Corpo Diplomatico, a termini del diritto consuetudinario riconosciuto dal Congresso di Vienna con atto del 9 giugno 1815. Per effetto della riconosciuta sovranità e senza pregiudizio di quanto è disposto nel successivo art. 19, i diplomatici della Santa Sede ed i corrieri spediti in nome del Sommo Pontefice godono nel territorio italiano, anche in tempo di guerra, dello stesso trattamento dovuto ai diplomatici ed ai corrieri di gabinetto degli altri Governi esteri, secondo le norme del diritto internazionale. Art. 13 L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà delle Basiliche patriarcali di San Giovanni in Laterano, di Santa Maria Maggiore e di San Paolo, cogli edifici annessi (Alleg. II, 1, 2 e 3). Lo Stato trasferisce alla Santa Sede la libera gestione ed amministrazione della detta Basilica di San Paolo e dell’annesso Monastero, versando altresì alla Santa Sede i capitali corrispondenti alle somme stanziate annualmente nel bilancio del Ministero della Pubblica Istruzione per la detta Basilica. Resta del pari inteso che la Santa Sede è libera proprietaria del dipendente edificio di S. Callisto presso S. Maria in Trastevere (Alleg. II, 9). Art. 14 L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà del palazzo pontificio di Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e dipendenze (Alleg. II, 4), quali ora si trovano già in possesso della Santa Sede medesima, nonché si obbliga a cederLe, parimenti in piena proprietà, effettuandone la consegna entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato, la Villa Barberini in Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e dipendenze (Alleg. II, 5). Per integrare la proprietà degli immobili siti nel lato nord del Colle Gianicolense appartenenti alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide e ad altri Istituti ecclesiastici e prospicienti verso i palazzi vaticani, lo Stato s’impegna a trasferire alla Santa Sede od agli enti che saranno da Essa indicati gli immobili di proprietà dello Stato o di terzi esistenti in detta zona. Gli immobili appartenenti alla detta Congregazione e ad altri Istituti e quelli da trasferire sono indicati nell’allegata Pianta (Alleg. II, 12). L’Italia, infine, trasferisce alla Santa Sede in piena e libera proprietà gli edifici ex-conventuali in Roma annessi alla Basilica dei Santi XII Apostoli ed alle chiese di Sant’Andrea della Valle e di San Carlo ai Catinari, con tutti gli annessi e dipendenze (Alleg. III, 3, 4 e 5), e da consegnarsi liberi da occupatori entro un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato. Art. 15 Gli immobili indicati nell’art. 13 e negli alinea primo e secondo dell’art. 14, nonché i palazzi della Datarìa, della Cancelleria, di Propaganda Fide in Piazza di Spagna, il palazzo del Sant’Offizio ed adiacenze, quello dei Convertendi (ora Congregazione per la Chiesa Orientale) in piazza Scossacavalli, il palazzo del Vicariato (Alleg. II, 6, 7, 8, 10 e 11), e gli altri edifici nei quali la Santa Sede in avvenire crederà di sistemare altri suoi Dicasteri, benché facenti parte del territorio dello Stato italiano, godranno delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri. Le stesse immunità si applicano pure nei riguardi delle altre Chiese, anche fuori di Roma, durante il tempo in cui vengano nelle medesime, senza essere aperte al pubblico, celebrate funzioni coll’intervento del Sommo Pontefice. Art. 16 Gli immobili indicati nei tre articoli precedenti, nonché quelli adibiti a sedi dei seguenti istituti pontifici: Università Gregoriana, Istituto Biblico, Orientale, Archeologico, Seminario Russo, Collegio Lombardo, i due palazzi di Sant’Apollinare e la Casa degli esercizi per il Clero di San Giovanni e Paolo (Alleg. III, 1, 1 bis, 2, 6, 7, 8), non saranno mai assoggettati a vincoli o ad espropriazioni per causa di pubblica utilità, se non previo accordo con la Santa Sede, e saranno esenti da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente. È in facoltà della Santa Sede di dare a tutti i suddetti immobili, indicati nel presente articolo e nei tre articoli precedenti, l’assetto che creda, senza bisogno di autorizzazioni o consensi da parte di autorità governative, provinciali o comunali italiane, le quali possono all’uopo fare sicuro assegnamento sulle nobili tradizioni artistiche che vanta la Chiesa Cattolica. Art. 17 Le retribuzioni, di qualsiasi natura, dovute dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, anche non stabili, saranno nel territorio italiano esenti, a decorrere dal 1° gennaio 1929, da qualsiasi tributo tanto verso lo Stato quanto verso ogni altro ente. Art. 18 I tesori d’arte e di scienza esistenti nella Città del Vaticano e nel Palazzo Lateranense rimarranno visibili agli studiosi ed ai visitatori, pur essendo riservata alla Santa Sede piena libertà di regolare l’accesso del pubblico. Art. 19 I diplomatici e gli inviati della Santa Sede, i diplomatici e gli inviati dei Governi esteri presso la Santa Sede e i dignitari della Chiesa provenienti dall’estero diretti alla Città del Vaticano e muniti di passaporti degli Stati di provenienza, vistati dai rappresentanti pontifici all’estero, potranno senz’altra formalità accedere alla medesima attraverso il territorio italiano. Altrettanto dicasi per le suddette persone, le quali munite cli regolare passaporto pontificio si recheranno dalla Città del Vaticano all’estero. Art. 20 Le merci provenienti dall’estero e dirette alla Città del Vaticano, o, fuori della medesima, ad istituzioni od uffici della Santa Sede, saranno sempre ammesse da qualunque punto del confine italiano ed in qualunque porto del Regno al transito per il territorio italiano con piena esenzione dai diritti doganali e daziari. Art. 21 Tutti i Cardinali godono in Italia degli onori dovuti ai Principi del sangue; quelli residenti in Roma, anche fuori della Città del Vaticano, sono a tutti gli effetti cittadini della medesima. Durante la vacanza della Sede Pontificia, l’Italia provvede in modo speciale a che non sia ostacolato il libero transito ed accesso dei Cardinali attraverso il territorio italiano al Vaticano, e che non si ponga impedimento o limitazione alla libertà personale dei medesimi. Cura, inoltre, l’Italia che nel suo territorio all’intorno della Città del Vaticano non vengano commessi atti, che comunque possano turbare le adunanze del Conclave. Le dette norme valgono anche per i Conclavi che si tenessero fuori della Città del Vaticano, nonché per i Concilii presieduti dal Sommo Pontefice o dai suoi Legati e nei riguardi dei Vescovi chiamati a parteciparvi. Art. 22 A richiesta della Santa Sede e per delegazione che potrà essere data dalla medesima o nei singoli casi o in modo permanente, l’Italia provvederà nel suo territorio alla punizione dei delitti che venissero commessi nella Città del Vaticano, salvo quando l’autore del delitto si sia rifugiato nel territorio italiano, nel qual caso si procederà senz’altro contro di lui a norma delle leggi italiane. La Santa Sede consegnerà allo Stato italiano le persone, che si fossero rifugiate nella Città del Vaticano, imputate di atti, commessi nel territorio italiano, che siano ritenuti delittuosi dalle leggi di ambedue gli Stati. Analogamente si provvederà per le persone imputate di delitti, che si fossero rifugiate negli immobili dichiarati immuni nell’art. 15, a meno che i preposti ai detti immobili preferiscano invitare gli agenti italiani ad entrarvi per arrestarle. Art. 23 Per l’esecuzione nel Regno delle sentenze emanate dai tribunali della Città del Vaticano si applicheranno le norme del diritto internazionale. Avranno invece senz’altro piena efficacia giuridica, anche a tutti gli effetti civili, in Italia le sentenze ed i provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche ed ufficialmente comunicati alle autorità civili, circa persone ecclesiastiche o religiose e concernenti materie spirituali o disciplinari. Gli studenti di teologia, quelli degli ultimi due anni di propedeutica alla teologia avviati al sacerdozio ed i novizi degli istituti religiosi possono, a loro richiesta, rinviare, di anno in anno, fino al ventesimosesto anno di età l’adempimento degli obblighi del servizio militare. I chierici ordinati in sacris ed i religiosi, che hanno emesso i voti, sono esenti dal servizio militare, salvo il caso di mobilitazione generale. In tale caso, i sacerdoti passano nelle forze armate dello Stato, ma è loro conservato l’abito ecclesiastico, affinché esercitino fra le truppe il sacro ministero sotto la giurisdizione ecclesiastica dell’Ordinario militare ai sensi dell’art. 14. Gli altri chierici o religiosi sono di preferenza destinati ai servizi sanitari. Tuttavia, anche se siasi disposta la mobilitazione generale, sono dispensati dal presentarsi alla chiamata i sacerdoti con cura di anime. Si considerano tali gli Ordinari, i parroci, i vice parroci o coadiutori, i vicari ed i sacerdoti stabilmente preposti a rettorie di chiese aperte al culto. Art. 4 Gli ecclesiastici ed i religiosi sono esenti dall’ufficio di giurato. Art. 5 Nessun ecclesiastico può essere assunto o rimanere in un impiego od ufficio dello Stato italiano o di enti pubblici dipendenti dal medesimo senza il nulla osta dell’Ordinario diocesano. La revoca del nulla osta priva l’ecclesiastico della capacità di continuare ad esercitare l’impiego o l’ufficio assunto. In ogni caso i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico. Art. 6 Gli stipendi e gli altri assegni, di cui godono gli ecclesiastici in ragione del loro ufficio, sono esenti da pignorabilità nella stessa misura in cui lo sono gli stipendi e gli assegni degl’impiegati dello Stato. Art. 7 Gli ecclesiastici non possono essere richiesti da magistrati o da altra autorità a dare informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del sacro ministero. Art. 8 Nel caso di deferimento al magistrato penale di un ecclesiastico o di un religioso per delitto, il Procuratore del Re deve informarne immediatamente l’Ordinario della diocesi, nel cui territorio egli esercita giurisdizione; e deve sollecitamente trasmettere di ufficio al medesimo la decisione istruttoria e, ove abbia luogo, la sentenza terminativa del giudizio tanto in primo grado quanto in appello. In caso di arresto, l’ecclesiastico o il religioso è trattato col riguardo dovuto al suo stato ed al suo grado gerarchico. Nel caso di condanna di un ecclesiastico o di un religioso, la pena è scontata possibilmente in locali separati da quelli destinati ai laici, a meno che l’Ordinario competente non abbia ridotto il condannato allo stato laicale. Art. 9 Di regola, gli edifici aperti al culto sono esenti da requisizioni od occupazioni. Occorrendo per gravi necessità pubbliche occupare un edificio aperto al culto, l’autorità che procede all’occupazione deve prendere previamente accordi con l’Ordinario, a meno che ragioni di assoluta urgenza a ciò si oppongano. In tale ipotesi, l’autorità procedente deve informare immediatamente il medesimo. Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non può entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica. Art. 10 Non si potrà per qualsiasi causa procedere alla demolizione di edifici aperti al culto, se non previo accordo colla competente autorità ecclesiastica. Art. 11 Lo Stato riconosce i giorni festivi stabiliti dalla Chiesa, che sono i seguenti: Tutte le domeniche; Il primo giorno dell’anno; Il giorno dell’Epifania (6 gennaio); Il giorno della festa di S. Giuseppe (19 marzo); Il giorno dell’Ascensione; Il giorno del Corpus Domini; Il giorno della festa dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo (29 giugno); Il giorno dell’Assunzione della B. V. Maria ( 15 agosto); Il giorno di Ognissanti (1° novembre); Il giorno della festa dell’Immacolata Concezione (8 dicembre); Il giorno di Natale (25 dicembre). Art. 12 Nelle domeniche e nelle feste di precetto, nelle chiese in cui officia un Capitolo, il celebrante la Messa Conventuale canterà, secondo le norme della sacra liturgia, una preghiera per la prosperità del Re d’Italia e dello Stato italiano. Art. 13 Il Governo italiano comunica alla Santa Sede la tabella organica del personale ecclesiastico di ruolo adibito al servizio dell’assistenza spirituale presso le forze militari dello Stato appena essa sia stata approvata nei modi di legge. La designazione degli ecclesiastici, cui è commessa l’alta direzione del servizio di assistenza spirituale (Ordinario militare, vicario ed ispettori), è fatta confidenzialmente dalla Santa Sede al Governo italiano. Qualora il Governo italiano abbia ragioni da opporre alla fatta designazione, ne darà comunicazione alla Santa Sede, la quale procederà ad altra designazione. L’Ordinario militare sarà rivestito della dignità arcivescovile. La nomina dei cappellani militari è fatta dalla competente autorità dello Stato italiano su designazione dell’Ordinario militare. Art. 14 Le truppe italiane di aria, di terra e di mare godono, nei riguardi dei doveri religiosi, dei privilegi e delle esenzioni consentite dal diritto canonico. I cappellani militari hanno, riguardo alle dette truppe, competenze parrocchiali. Essi esercitano il sacro ministero sotto la giurisdizione dell’Ordinario militare, assistito dalla propria Curia. L’Ordinario militare ha giurisdizione anche sul personale religioso, maschile e femminile, addetto agli ospedali militari. Art. 15 L’Arcivescovo ordinario militare è preposto al Capitolo della chiesa del Pantheon in Roma, costituendo con esso il clero, cui è affidato il servizio religioso di detta Basilica. Tale clero è autorizzato a provvedere a tutte le funzioni religiose, anche fuori di Roma, che in conformità alle regole canoniche siano richieste dallo Stato o dalla Reale Casa. La Santa Sede consente a conferire a tutti i canonici componenti il capitolo del Pantheon la dignità di protonotari ad instar, durante munere. La nomina di ciascuno di essi sarà fatta dal Cardinale Vicario di Roma dietro presentazione da parte di Sua Maestà il Re d’Italia, previa confidenziale indicazione del presentando. La S. Sede si riserva di trasferire ad altra chiesa la Diaconia. Art. 16 Le Alte Parti contraenti procederanno d’accordo, a mezzo di commissioni miste, ad una revisione della circoscrizione delle diocesi, allo scopo di renderla possibilmente rispondente a quella delle province dello Stato. Resta inteso che la Santa Sede erigerà la diocesi di Zara; che nessuna parte del territorio soggetto alla sovranità del Regno d’Italia dipenderà da un Vescovo, la cui sede si trovi in territorio soggetto alla sovranità di altro Stato; e che nessuna diocesi del Regno comprenderà zone di territorio soggette alla sovranità di altro Stato. Lo stesso principio sarà osservato per tutte le parrocchie esistenti o da costituirsi in territori vicini ai confini dello Stato. Le modificazioni che, dopo l’assetto innanzi accennato si dovessero in avvenire arrecare alle circoscrizioni delle diocesi, saranno disposte dalla Santa Sede previi accordi col Governo italiano ed in osservanza delle direttive su espresse, salvo le piccole rettifiche di territorio richieste dal bene delle anime. Art. 17 La riduzione delle diocesi che risulterà dall’applicazione dell’articolo precedente, sarà attuata via via che le diocesi medesime si renderanno vacanti. Resta inteso che la riduzione non importerà soppressione dei titoli delle diocesi né dei capitoli, che saranno conservati, pur raggruppandosi le diocesi in modo che i capoluoghi delle medesime corrispondano a quelli delle province. Le riduzioni suddette lasceranno salve tutte le attuali risorse economiche delle diocesi e degli altri enti ecclesiastici esistenti nelle medesime, compresi gli assegni ora corrisposti dallo Stato italiano. Art. 18 Dovendosi, per disposizione dell’autorità ecclesiastica, raggruppare in via provvisoria o definitiva più parrocchie, sia affidandole ad un solo parroco assistito da uno o più vice-parroci, sia riunendo in un solo presbiterio più sacerdoti, lo Stato manterrà inalterato il trattamento economico dovuto a dette parrocchie. Art. 19 La scelta degli Arcivescovi e Vescovi appartiene alla Santa Sede. Prima di procedere alla nomina di un Arcivescovo o di un Vescovo diocesano o di un coadiutore cum iure successionis, la Santa Sede comunicherà il nome della persona prescelta al Governo italiano per assicurarsi che il medesimo non abbia ragioni di carattere politico da sollevare contro la nomina. Le pratiche relative si svolgeranno con la maggiore possibile sollecitudine e con ogni riservatezza, in modo che sia mantenuto il segreto sulla persona prescelta, finché non avvenga la nomina della medesima. Art. 20 I Vescovi, prima di prendere possesso della loro diocesi, prestano nelle mani del Capo dello Stato un giuramento di fedeltà secondo la formula seguente: «Davanti a Dio e sui Santi Vangeli, io giuro e prometto, siccome si conviene ad un Vescovo, fedeltà allo Stato italiano. Io giuro e prometto di rispettare e di far rispettare dal mio clero il Re ed il Governo stabilito secondo le leggi costituzionali dello Stato. Io giuro e prometto inoltre che non parteciperò ad alcun accordo né assisterò ad alcun consiglio che possa recar danno allo Stato italiano ed all’ordine pubblico e che non permetterò al mio clero simili partecipazioni. Preoccupandomi del bene e dell’interesse dello Stato italiano, cercherò di evitare ogni danno che possa minacciarlo ». Art. 21 La provvista dei benefìci ecclesiastici appartiene all’autorità ecclesiastica. f) Gli atti compiuti finora da enti ecclesiastici o religiosi senza l’osservanza delle leggi civili potranno essere riconosciuti e regolarizzati dallo Stato italiano, su domanda dell’Ordinario da presentarsi entro tre anni dall’entrata in vigore del presente Concordato. g) Lo Stato italiano rinunzia ai privilegi di esenzione giurisdizionale ecclesiastica del clero palatino in tutta Italia (salvo per quello addetto alle chiese della Santa Sindone di Torino, di Superga, del Sudario di Roma ed alle cappelle annesse ai palazzi di dimora dei Sovrani e dei Principi Reali), rientrando tutte le nomine e provviste di benefìci ed uffici sotto le norme degli articoli precedenti. Un’apposita commissione provvederà all’assegnazione ad ogni basilica o chiesa palatina di una congrua dotazione con i criteri indicati per i beni dei santuari nell’art. 27. h) Ferme restando le agevolazioni tributarie già stabilite a favore degli enti ecclesiastici dalle leggi italiane fin qui vigenti, il fine di culto o di religione è, a tutti gli effetti tributari, equiparato ai fini di beneficenza e di istruzione. È abolita la tassa straordinaria del trenta per cento imposta con l’articolo 18 della legge 15 agosto 1867 n. 3848; la quota di concorso di cui agli articoli 31 della legge 7 luglio 1866 n. 3036 e 20 della legge 15 agosto 1867 n. 3848; nonché la tassa sul passaggio di usufrutto dei beni costituenti la dotazione dei benefìci ed altri enti ecclesiastici, stabilita dall’art. 1° del R. D. 30 dicembre 1923 n. 3270, rimanendo esclusa anche per l’avvenire l’istituzione di qualsiasi tributo speciale a carico dei beni della Chiesa. Non saranno applicate ai ministri del culto per l’esercizio del ministero sacerdotale l’imposta sulle professioni e la tassa di patente, istituite con il R. D. 18 novembre 1923 n. 2538 in luogo della soppressa tassa di esercizio e rivendita, né qualsiasi altro tributo del genere. i) L’uso dell’abito ecclesiastico o religioso da parte di secolari o da parte di ecclesiastici e di religiosi, ai quali sia stato interdetto con provvedimento definitivo della competente autorità ecclesiastica, che dovrà a questo fine essere ufficialmente comunicato al Governo italiano, è vietato e punito colle stesse sanzioni e pene, colle quali è vietato e punito l’uso abusivo della divisa militare. Art. 30 La gestione ordinaria e straordinaria dei beni appartenenti a qualsiasi istituto ecclesiastico od associazione religiosa ha luogo sotto la vigilanza ed il controllo delle competenti autorità della Chiesa, escluso ogni intervento da parte dello Stato italiano, e senza obbligo di assoggettare a conversione i beni immobili. Lo Stato italiano riconosce agli istituti ecclesiastici ed alle associazioni religiose la capacità di acquistare beni, salve le disposizioni delle leggi civili concernenti gli acquisti dai corpi morali. Lo Stato italiano, finché con nuovi accordi non sarà stabilito diversamente, continuerà a supplire alle deficienze dei redditi dei benefìci ecclesiastici con assegni da corrispondere in misura non inferiore al valore reale di quella stabilita dalle leggi attualmente in vigore: in considerazione di ciò, la gestione patrimoniale di detti benefìci, per quanto concerne gli atti e contratti eccedenti la semplice amministrazione, avrà luogo con intervento da parte dello Stato italiano, ed in caso di vacanza la consegna dei beni sarà fatta colla presenza di un rappresentante del Governo, redigendosi analogo verbale. Non sono soggetti all’intervento suddetto le mense vescovili delle diocesi suburbicarie ed i patrimoni dei capitoli e delle parrocchie di Roma e delle dette diocesi. Agli effetti del supplemento di congrua, l’ammontare dei redditi, che su dette mense e patrimoni sono corrisposti ai beneficiati, risulterà da una dichiarazione resa annualmente sotto la propria responsabilità dal Vescovo suburbicario per le diocesi e dal Cardinale Vicario per la città di Roma. Art. 31 L’erezione di nuovi enti ecclesiastici od associazioni religiose sarà fatta dall’autorità ecclesiastica secondo le norme del diritto canonico: il loro riconoscimento agli effetti civili sarà fatto dalle autorità civili. Art. 32 I riconoscimenti e le autorizzazioni previste nelle disposizioni del presente Concordato e del Trattato avranno luogo con le norme stabilite dalle leggi civili, che dovranno essere poste in armonia con le disposizioni del Concordato medesimo e del Trattato. Art. 33 È riservata alla Santa Sede la disponibilità delle catacombe esistenti nel suolo di Roma e delle altre parti del territorio del Regno con l’onere conseguente della custodia, della manutenzione e della conservazione. Essa può quindi, con l’osservanza delle leggi dello Stato e con salvezza degli eventuali diritti di terzi, procedere alle occorrenti escavazioni ed al trasferimento dei corpi santi. Art. 34 Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili. Le pubblicazioni del matrimonio come sopra saranno effettuate, oltre che nella chiesa parrocchiale, anche nella casa comunale. Subito dopo la celebrazione il parroco spiegherà ai coniugi gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti ed i doveri dei coniugi, e redigerà l’atto di matrimonio, del quale entro cinque giorni trasmetterà copia integrale al Comune, affinché venga trascritto nei registri dello stato civile. Le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato sono riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri ecclesiastici. I provvedimenti e le sentenze relative, quando siano divenute definitive, saranno portate al Supremo Tribunale della Segnatura, il quale controllerà se siano state rispettate le norme del diritto canonico relative alla competenza del giudice, alla citazione ed alla legittima rappresentanza o contumacia delle parti. I detti provvedimenti e sentenze definitive coi relativi decreti del Supremo Tribunale della Segnatura saranno trasmessi alla Corte di Appello dello Stato competente per territorio, la quale, con ordinanze emesse in Camera di Consiglio, li renderà esecutivi agli effetti civili ed ordinerà che siano annotati nei registri dello stato civile a margine dell’atto di matrimonio. Quanto alle cause di separazione personale, la Santa Sede consente che siano giudicate dall’autorità giudiziaria civile. Art. 35 Per le scuole di istruzione media tenute da enti ecclesiastici o religiosi rimane fermo l’istituto dell’esame di Stato ad effettiva parità di condizioni per candidati di istituti governativi e candidati di dette scuole. Art. 36 L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato. Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti o religiosi, approvati dall’autorità ecclesiastica, e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall’Ordinario diocesano. La revoca del certificato da parte dell’Ordinario priva senz’altro l’insegnante della capacità di insegnare. Pel detto insegnamento religioso nelle scuole pubbliche non saranno adottati che i libri di testo approvati dall’autorità ecclesiastica. Art. 37 I dirigenti delle associazioni statali per l’educazione fisica, per l’istruzione premilitare, degli Avanguardisti e dei Balilla, per rendere possibile l’istruzione e l’assistenza religiosa della gioventù loro affidata, disporranno gli orari in modo da non impedire nelle domeniche e nelle feste di precetto l’adempimento dei doveri religiosi. Altrettanto disporranno i dirigenti delle scuole pubbliche nelle eventuali adunate degli alunni nei detti giorni festivi. Art. 38 Le nomine dei Professori dell’Università Cattolica del S. Cuore e del dipendente Istituto di Magistero Maria Immacolata sono subordinate al nulla osta da parte della Santa Sede, diretto ad assicurare che non vi sia alcunché da eccepire dal punto di vista morale e religioso. Art. 39 Le Università, i Seminari maggiori e minori, sia diocesani sia interdiocesani sia regionali, le accademie, i collegi e gli altri istituti cattolici per la formazione e la cultura degli ecclesiastici continueranno a dipendere unicamente dalla Santa Sede, senza alcuna ingerenza delle autorità scolastiche del Regno. Art. 40 Le lauree in sacra teologia date dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede saranno riconosciute dallo Stato italiano. Saranno parimenti riconosciuti i diplomi che si conseguono nelle scuole di paleografia, archivistica e diplomatica documentaria erette presso la biblioteca e l’archivio nella Città del Vaticano. Art. 41 L’Italia autorizza l’uso nel Regno e nelle sue colonie delle onorificenze cavalleresche pontificie mediante registrazione del breve di nomina, da farsi su presentazione del breve stesso e domanda scritta dell’interessato. Art. 42 L’Italia ammetterà il riconoscimento, mediante Decreto Reale, dei titoli nobiliari conferiti dai Sommi Pontefici anche dopo il 1870 e di quelli che saranno conferiti in avvenire. Saranno stabiliti casi nei quali il detto riconoscimento non è soggetto in Italia al pagamento di tassa. Art. 43 Lo Stato italiano riconosce le organizzazioni dipendenti dall’Azione Cattolica Italiana, in quanto esse, siccome la Santa Sede ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico e sotto l’immediata dipendenza della gerarchia della Chiesa per la diffusione e l’attuazione dei principî cattolici. La Santa Sede prende occasione dalla stipulazione del presente Concordato per rinnovare a tutti gli ecclesiastici e religiosi d’Italia il divieto di iscriversi e militare in qualsiasi partito politico. Art. 44 Se in avvenire sorgesse qualche difficoltà sulla interpretazione del presente Concordato, la Santa Sede e l’Italia procederanno di comune intelligenza ad una amichevole soluzione. Art. 45 Il presente Concordato entrerà in vigore allo scambio delle ratifiche, contemporaneamente al Trattato, stipulato fra le stesse Alte Parti, che elimina la «questione romana ». Con l’entrata in vigore del presente Concordato, cesseranno di applicarsi in Italia le disposizioni dei Concordati decaduti degli ex-stati italiani. Le leggi austriache, le leggi, i regolamenti, le ordinanze e contribuenti possano scegliere di destinare l’8x 1000 della propria IRPEF allo Stato o alla Chiesa Cattolica. Le quote non espresse sono ripartite secondo le preferenze assegnate. L'8 per mille nasce nel 1985 come sostituto della "congrua" che lo Stato italiano versava alla Chiesa come risarcimento per i beni confiscati e per il sostentamento dei preti. Come destinare l’8x 1000? Qualunque cittadino contribuente può assegnare l’8 x 1000 a uno dei soggetti beneficiari compilando il modulo 730-1 da consegnare insieme alla dichiarazione dei redditi, se tenuti a farla, o singolarmente. In questo secondo caso si può consegnare il modulo in busta chiusa presso un ufficio postale (in questo caso gratuitamente) o una struttura abilitata (CAF, commercialista). Per indicare l’opzione è sufficiente apporre la propria firma sotto il riquadro con la denominazione del beneficiario. A partire dalla dichiarazione dei redditi relativa all’anno fiscale 2019i cittadini contribuenti che optano per l’ 8 x 1000 a gestione statale potranno scegliere la finalità a cui destinare la preferenza tra gli ambiti previsti dalla legge, quindi fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali, edilizia scolastica. L’8x 1000 non sostituisce il 5x 1000 e il 2x 1000. Chi lo riceve? Attualmente il contribuente può destinare il proprio 8x 1000 allo Stato, alla Chiesa Cattolica o a una delle dodici confessioni religiose aventi un’Intesa con lo Stato. Ognuna di queste realtà può utilizzare i fondi ricevuti, tramite preferenza o tramite riparto delle quote non assegnate, per le finalità definite dalla legge. Ogni confessione sul proprio sito web solitamente descrive come concretamente sono stati utilizzati i fondi. L’8x 1000, 5x 1000 e 2x 1000 Differenza: l’8 per mille deve essere donato allo Stato o ad un’istituzione religiosa, il 5 per mille a enti di volontariato, ricerca o di interesse sociale, il 2 per mille in favore di un partito politico. 2x 1000 Il contributo, che dal 2014 non è più obbligatorio, si può devolvere nelle seguenti modalità: Compilando la scheda del 2x 1000 presente nel 730 e indicando il codice del partito a cui vogliamo devolvere la somma; Per chi invece non deve compilare la dichiarazione dei redditi si dovrà scaricare un modello apposito sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Dopo aver compilato il modulo si dovrà portare la scheda, messa in una busta sigillata, al sostituto dell’imposta, ad un Caf o ad un ufficio postale; Tutta la procedura si può svolgere anche su Internet, direttamente dal sito dell’Agenzia delle Entrate, compilando tutta la modulistica direttamente online. Il modo di compilazione è molto semplice in tutti e tre i casi. Troverete due riquadri, nel primo si dovranno inserire i propri dati (nome, cognome, indirizzo, codice fiscale e così via). Nel secondo riquadro si dovranno inserire i dati del partito a cui devolvere il 2x 1000. Non dovrete far altro che compilare la sezione del partito scelto per il contributo e devolvere la vostra parte di quota Irpef. 5x 1000 Il 5x 1000, così come l’8x 1000, è invece un contributo obbligatorio, che il lavoratore deve versare obbligatoriamente ad un’associazione. Il contributo serve al finanziamento di attività di sperimentazione e ricerca, sia sanitaria che universitaria, o per finanziare associazioni no profit. Anche in questo caso la devoluzione del 5x 1000 andrà fatta attraverso il modello 730/2020 e, in genere, con la dichiarazione dei redditi. Nel modulo si potrà scegliere quale ente o istituto di ricerca (tra quelli accreditati) riceveranno il vostro contributo. Ciò che serve per fare la donazione è il modulo del 730/2020 è il codice fiscale del beneficiario, che è possibile ricercare accedendo all’elenco dei destinatari del 5x 1000 Irpef 2020. Enti religiosi di Terzo settore tra attività commerciali e istituzionali Enti ecclesiastici civilmente riconosciuti Categoria giuridica propria nell’ordinamento statuale e non dell’ordinamento canonico. E’ attribuita dallo Stato in stretta relazione con l’attività realmente esercitata dall’ente, che deve perseguire fini di religione o di culto. Comprende tutti gli enti che hanno un qualche legame organico con la Chiesa cattolica. Sono enti organicamente inseriti nell’organizzazione gerarchica della Chiesa e aventi una struttura dettata dal diritto canonico. I requisiti di carattere generale per il riconoscimento 1. Costituzione o approvazione dell’ente da parte della competente autorità ecclesiastica 2. L’assenso da parte dell’autorità ecclesiastica alla richiesta di riconoscimento 3. La sede in Italia 4. La presenza di un fine di religione o di culto costitutivo ed essenziale Approvazione dell’autorità ecclesiastica Requisito di carattere soggettivo, su cui si basa la stessa possibilità di esistenza dell’ente ecclesiastico nell’ordinamento statuale. Il nostro sistema non può recepire al suo interno enti che non facciano parte della struttura della Chiesa. L’autorità ecclesiastica competente a rilasciare l’assenso è la stessa che ha legittimamente eretto e conferito la personalità giuridica all’ente o lo ha approvato nell’ordinamento canonico. Santa Sede: competente ad erigere persone giuridiche di qualsiasi natura Conferenza Episcopale: competente ad erigere in persona giuridica le associazioni pubbliche di fedeli di rilevanza nazionale nonché a conferire la personalità giuridica canonica alle associazioni private Vescovo diocesano: competente ad erigere persone giuridiche di qualsiasi natura nell’ambito della propria giurisdizione, salvo eventuali competenze della Santa Sede Superiori maggiori: degli istituti religiosi di diritto pontificio, ad erigere le province e le case religiose del loro istituto. L’esistenza del provvedimento canonico di approvazione, rappresenta la prova inequivocabile di un preciso collegamento strutturale organico e funzionale con la confessione di appartenenza. Nessun ente può essere considerato ecclesiastico dallo Stato qualora non lo sia anche per la Chiesa. (Articolo 1, legge 222/1985, prevede la possibilità di riconoscere come persone giuridiche civili, solo gli enti costituiti o approvati dall’autorità ecclesiastica) Fine di religione e di culto Il fine di religione e di culto deve essere: Costitutivo ed essenziale Esclusivo o prevalente Articolo 16, lett. a) legge 222/85: “attività dirette all’esercizio del culto, alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana”. La sede in Italia Elemento di carattere oggettivo. Elemento imprescindibile per la connotazione delle figure dell’ente ecclesiastico cattolico civilmente riconosciuto. Lo Stato preferisce attribuire la personalità giuridica solo ad enti aventi sede nel territorio nazionale. Iter di riconoscimento Costituzione del diritto canonico Presentazione della domanda al Ministero dell’Interno, tramite la Prefettura Riconoscimento della personalità giuridica civile, con decreto ministeriale Iscrizione dell’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto nel Registro delle Persone Giuridiche tenuto dall’Ufficio Territoriale del Governo • d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106 • d.lgs. 20 luglio 2018, n. 95, Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, ai sensi dell’articolo 1, comma 7, della legge 6 giugno 2016, n. 106 • d.lgs. 3 agosto 2018, n. 105, Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante: «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106» Gli enti di Terzo settore – Articolo 4 Codice Sono enti del Terzo settore: le organizzazioni di volontariato; le associazioni di promozione sociale; gli enti filantropici; le imprese sociali, incluse le cooperative sociali; le reti associative; le società di mutuo soccorso; le associazioni, riconosciute e non riconosciute; le fondazioni; gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore. Attività di interesse generale – Articolo 5, Codice di Terzo settore Devono essere svolte in via esclusiva o principale, per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Ventisei tipologie (sanità, educazione e formazione, ambiente, cultura, turismo, solidarietà, lavoro, sport, diritti...). Tali attività di interesse generale si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi; inoltre i ricavi non devono superare di oltre il 5 per cento i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e per non oltre due periodi d'imposta consecutivi (art. 79, Codice Terzo settore) Attività diverse – Articolo 6, Codice Terzo settore Gli enti del Terzo settore possono esercitare attività diverse da quelle di interesse generale a condizione che: • l'atto costitutivo o lo statuto lo consentano • siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale • rispettino criteri e limiti definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali • e tenendo conto dell'insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività in rapporto all'insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale. A queste attività si applica l’art. 80, Codice Terzo settore Regime forfetario degli enti del Terzo‐ Regime forfetario degli enti del Terzo settore non commerciali (IRES) Gli enti ecclesiastici – Articolo 4, comma 3 Codice Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del Codice di Terzo settore si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di interesse generale, a condizione che: • 1) gli enti si iscrivano al RUNTS • 2) per lo svolgimento delle attività di interesse generale adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che recepisca le norme del presente Codice e sia depositato nel Registro unico nazionale del Terzo settore. 3) Per lo svolgimento di tali attività costituiscano un patrimonio destinato 4) e devono essere tenute separatamente le scritture contabili L’ente ecclesiastico NON può costituirsi ex se come ETS ma può creare un «ramo ETS» e applicare le disposizioni del Codice di Terzo settore limitatamente alle attività di interesse generale effettivamente svolte • Art. 15 della L. 222/85: Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti possono svolgere attività diverse da quelle di religione o di culto, alle condizioni previste dall’articolo 7, n. 3, secondo comma, dell’accordo del 18 febbraio 1984” • L’ente ecclesiastico può esercitare attività diverse da quelle di religione e culto e può decidere di svolgerle assumendo (solo parzialmente) la veste di ente di Terzo settore. • NB: per gli enti religiosi l’«ingresso» nel Terzo settore (comprendendo anche le imprese sociali) rimane sempre una possibilità e mai un obbligo. La nuova normativa si applica, non automaticamente ma sulla base di una scelta libera dell’ente, soggetta per gli enti della Chiesa alle prescritte autorizzazioni canoniche. • «La qualifica ONLUS non viene attribuita all’ente ecclesiastico in quanto tale, ma in funzione di determinate attività che in linea di massima (...) non sono istituzionali. Le clausole riguardano soltanto il ramo ONLUS dell’ente e devono essere assunte con formale determinazione dell’organo deliberativo, debitamente autorizzato dall’autorità ecclesiastica a cui l’ente è soggetto : con essa vengono determinate le norme regolamentari relative all’attività di utilità sociale effettivamente svolta» (CEI, ISTRUZIONE IN MATERIA AMMINISTRATIVA – 2005) • l’istituzione di un ramo dell’ente ecclesiastico per lo svolgimento delle attività di Terzo settore è un atto che eccede per valore, complessità, modalità e tempi di esecuzione i fini e il modo dell’ordinaria amministrazione, e pertanto va considerato come atto di straordinaria amministrazione, soggetto ad validitatem per gli enti che siano persone giuridiche pubbliche‐ Regime forfetario degli enti del Terzo nell’ordinamento canonico alla licenza scritta dell’ordinario ai sensi del can. 1281 ‐ Regime forfetario degli enti del Terzo L’ente “religioso” civilmente riconosciuto Legge 6 giugno 2016, n. 106, cit., art. 4, comma 1, lett. d) – si stabilisce la necessità di «adottare una disciplina differenziata che tenga conto delle peculiarità della compagine e della struttura associativa nonchè della disciplina relativa agli enti delle confessioni religiose che hanno stipulato patti o intese con lo Stato» • la previsione dell’applicazione della normativa in materia di ETS, alle sole «confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato» avrebbe potuto profilare una questione di legittimità costituzionale (Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale, 31 maggio 2017, numero Affare 00927/2017) • nel sistema costituzionale, le intese non sono una condizione imposta dai pubblici poteri allo scopo di consentire alle confessioni religiose di usufruire della libertà di organizzazione e di azione, o di giovarsi dell’applicazione delle norme, loro destinate, nei diversi settori dell’ordinamento. A prescindere dalla stipulazione di intese, l’eguale libertà di organizzazione e di azione è garantita a tutte le confessioni come stabilito dai primi due commi dell’articolo 8 Cost. e dall’articolo 19 Cost., che tutela l’esercizio della libertà religiosa anche in forma associata (Corte Cost., sentenza n. 43 del 1988. Adozione del Regolamento Il Regolamento permette di circoscrivere le attività che saranno disciplinate dalle norme del CTS e di assoggettarne la loro gestione alle regole ivi contenute. Ci si riferisce, per esempio: Al divieto di distribuire utili, avanzi e riserve;‐ Regime forfetario degli enti del Terzo All’obbligo di destinare gli utili, gli avanzi e le riserve alle attività di interesse generale.‐ Regime forfetario degli enti del Terzo Devoluzione del patrimonio‐ Regime forfetario degli enti del Terzo (....) ‐ Regime forfetario degli enti del Terzo Il Regolamento deve avere la forma dell’atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve essere depositato presso il RUNTS. Il patrimonio destinato a costituzione di un patrimonio destinato permette di delimitare i beni che dovranno essere utilizzati esclusivamente per le attività di interesse generale. Questo risulta essere assolutamente necessario e funzionale dato che la normativa richiede l’osservanza del principio della non lucratività soggettiva Tuttavia, se per la generalità degli enti del terzo settore la costituzione del patrimonio destinato risulta essere una possibilità, per gli enti ecclesiastici si presenta come un obbligo, creando quindi una forma di aggravamento dettata dalla specialità confessionale/religiosa dell’ente, ponendolo in una posizione più pesante rispetto agli altri enti di Terzo settore. Questa previsione soddisfa elementari esigenze di certezza e trasparenza sui beni coinvolti nell’esercizio di attività secolari esigenze riferibili: ai ‐ Regime forfetario degli enti del Terzo creditori dell’ente, interessati a soddisfare i diritti maturati intorno al ramo secolare ‐ Regime forfetario degli enti del Terzo allo stesso ente confessionale, a sua volta interessato a non pregiudicare il patrimonio destinato allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, di religione o di culto A forme di tutela in ipotesi ‐ Regime forfetario degli enti del Terzo procedure esecutive o concorsuali Gli amministratori di tali enti devono dunque circoscrivere con attenzione il “patrimonio destinato”, nel quale andranno necessariamente inclusi: tutti i beni mobili (denaro, titoli) e immobili il complesso dei rapporti giuridici facenti capo alle attività di rilevanza sociale a garanzia dei creditori Senza però pregiudicare quei beni e cespiti patrimoniali essenziali per la sopravvivenza e la missione dell’ente e le esigenze di sostentamento dei suoi membri (“patrimonio stabile” can.‐ Regime forfetario degli enti del Terzo 1292, CIC ), che dovranno essere sottratti a ogni forma di utilizzo nelle attività di rilevanza sociale anche al fine di evitare la loro sottoposizione a procedure esecutive Patrimonio stabile individua tale nozione nell’insieme dei «beni legittimamente assegnati» alla‐ Regime forfetario degli enti del Terzo ‐ Regime forfetario degli enti del Terzo persona giuridica come dote permanente siano essi beni strumentali o beni redditizi per‐ Regime forfetario degli enti del Terzo ‐ Regime forfetario degli enti del Terzo agevolare il conseguimento dei fini istituzionali e garantirne l’autosufficienza economica» Per gli istituti religiosi / ‐ Regime forfetario degli enti del Terzo patrimonio stabile è costituito da tutti i beni immobili e mobili che per legittima assegnazione sono destinati a garantire la sicurezza economica dell’ente. Al di là del dato formale, rappresentato dal patrimonio destinato come circoscritto nei documenti contabili, conterà infatti davanti al giudice civile, e soprattutto davanti al fisco, il dato reale del loro effettivo utilizzo e dell’eventuale affidamento suscitato nei terzi. • l’ente ecclesiastico dovrà evitare divergenze tra il dato formale del “patrimonio destinato” come indicato nel regolamento depositato nel registro unico nazionale, e quello reale risultante dall’effettivo utilizzo del bene per non suscitare eventuali aspettative dei terzi. La Curia risulta articolata in Dicasteri, giuridicamente pari tra loro: la Segreteria di Stato, le Congregazioni, i Tribunali, i Pontifici Consigli e gli Uffici. Stato Città del Vaticano, “garanzia reale” a favore della Santa Sede La “questione romana” (sorta nel 1870 con l’annessione di Roma al Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia): assicurare alla Santa Sede un regime di assoluta immunità da qualsivoglia potere esterno. Lo Stato Città del Vaticano è sorto con il Trattato Lateranense, stipulato tra la Santa Sede e l’Italia in data 11 febbraio 1929 e ratificato il 7 giugno 1929. Per: Assicurare alla Santa Sede l’assoluta e visibile indipendenza Per garantirle una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale Per assicurare alla Santa Sede in modo stabile una condizione di fatto e di diritto la quale le garantisca l’assoluta indipendenza per l’adempimento della Sua alta missione nel mondo. Si è ravvisata la necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano, riconoscendo sulla medesima alla Santa Sede la piena proprietà e l’esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana. Caratteri dello stato Città del Vaticano: Territorio Copre una superficie di 0,44 Km 2 ed è circoscritto in parte dalle mura e si estende sulla Piazza di San Pietro, sino ad una fascia di travertino che congiunge al suolo le estremità esterne del colonnato, segnando il confine dello Stato al limite della piazza. Deve essere distinto dagli immobili che godono della extraterritorialità. Il particolare regime di Piazza San Pietro “La piazza di San Pietro, pur facendo parte della Città del Vaticano, continuerà ad essere normalmente aperta al pubblico e soggetta ai poteri di polizia delle autorità italiane; le quali si arrestano ai piedi della scalinata della Basilica, sebbene questa continui ad essere destinata al culto pubblico, e si asterranno perciò dal montare ed accedere alla detta Basilica, salvo che siano invitate ad intervenire dall’autorità competente” Quando la Santa Sede, in vista di particolari funzioni, credesse di sottrarre temporaneamente la piazza di San Pietro al libero transito del pubblico, le autorità italiane, a meno che non fossero invitate dall’autorità competente a rimanere, si ritireranno al di là delle linee esterne del colonnato berniniano e del loro prolungamento. (Articolo 3 del Trattato) Cittadini dello Stato Città del Vaticano Hanno cittadinanza vaticana (Articolo 1 Legge sulla cittadinanza): I Cardinali; Coloro che risiedono stabilmente nella Città del Vaticano per ragioni di dignità, carica, ufficio o impiego, quando tale residenza sia prescritta per legge o per regolamento, oppure sia autorizzata dal Sommo Pontefice; Coloro che, anche indipendentemente alle condizioni precedenti, siano autorizzati dal Sommo Pontefice a risiedere nella Città Stato del Vaticano con concessione o con conservazione della cittadinanza, per ragioni da apprezzarsi sovranamente; Il coniuge o i figli di un cittadino che, a seguito di autorizzazione, risiedono con lui nella Città del Vaticano. Qualificazioni dello Stato Città del Vaticano Forma di Stato: Stato teocratico ierocratico Forma di governo: Monarchia elettiva e assoluta Tipo di Stato: Stato patrimoniale Legge Fondamentale 22 febbraio 2001 Il Sommo Pontefice ha la pienezza dei poteri: 1. Legislativo (esercitato dalla Pontificia Commissione) 2. Esecutivo (esercitato dal Presidente della Pontificia Commissione, che in tale veste assume il nome di Presidente del Governatorato, coadiuvato dal Segretario Generale) 3. Giudiziario (esercitato da: giudice unico, Tribunale, Corte d’Appello, Corte di Cassazione) Stato Città del Vaticano e ordinamento canonico Tra loro sussiste una stretta connessione sul: 1. Piano normativo: il diritto canonico integra le fonti del diritto vaticano; 2. Piano strutturale: in più casi gli organi della Santa Sede costituiscono al contempo organo dello Stato Città del Vaticano (es. Pontificia Commissione, Segreteria di Stato) 3. Piano funzionale: la finalità dello Stato Città del Vaticano è di “assicurare alla santa Sede l’assoluta e visibile indipendenza e garantirle una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale” Considerazioni conclusive Lo Stato Città del Vaticano è entità diversa dalla Santa Sede Alla Santa Sede spetta la sovranità sullo Stato Città del Vaticano La Santa Sede ha sottoscritto i Patti Lateranensi sulla base di un’indiscussa pregressa personalità giuridica di diritto internazionale (per cui occorre distinguere e non confondere i concetti di Santa Sede e Stato Città del Vaticano) Non c’è nessuna continuità tra lo Stato Pontificio e lo Stato Città del Vaticano che non trae vita da un preesistente organismo statuale. Diritto penale vaticano: il reato di riciclaggio e autoriciclaggio Introduzione Riciclaggio: complesso di operazioni volte a riutilizzare e reinvestire i proventi economici di attività illecite: Inquinamento dei mercati; Condizionamento delle transazioni commerciali attraverso afflussi di liquidità, che alterano gli assetti finanziari e danneggiano le economie legali; In origine, circoscritto ai proventi dei reati connessi agli stupefacenti, poi si sviluppa una definizione molto più ampia, fondata su una vasta gamma di reati-base. Fasi del reato La fattispecie di riciclaggio di sviluppa attraverso tre procedimenti fondamentali: 1. L’introduzione del denaro accumulato nel sistema finanziario (fase di collocamento o placement stage) 2. Serie di trasformazioni o trasferimenti nel tempo e nello spazio del denaro accumulato (fase di stratificazione o layering stage), procedendo al totale occultamento dell’origine e delle tracce contabili del denaro “sporco”, destinato ad essere trasferito in Paesi aventi normative antiriciclaggio deboli o inesistenti (Paesi off-shore, attualmente inseriti nelle black list) 3. Rientro dei capitali “ripuliti” nel circuito finanziario legale (itegration stage); quest’ultimo passaggio tende a svilupparsi maggiormente negli Stati che presentano condizioni economiche e mercati finanziari stabili. Codice penale Vaticano: Legge CXXVII del 2010 Articolo 3 – Introduzione nel Codice penale vaticano dell’articolo 421 bis, rubricato Riciclaggio Delitti contro la proprietà La (prima) formulazione non appare chiara e viene riformata nel 2012 Legge CLXVI; 24 aprile 2012 Articolo 3, nuova formulazione (più chiara e puntuale) dell’articolo 421 bis Codice penale Vaticano – Riciclaggio e autoriciclaggio Autoriciclaggio: l’autore del reato di riciclaggio è anche autore del reato presupposto (comma 3: il riciclaggio sussiste anche quando l’autore è lo stesso del reato presupposto) Articolo 421 bis Codice penale Vaticano 1.Chiunque: sostituisce, converte o trasferisce denaro contante, beni o altre risorse economiche, sapendo che essi provengono da un reato presupposto o dal concorso in un reato presupposto, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita degli stessi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attivtà criminale a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni; occulta o dissimula la reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà di denaro contante, beni o altre risorse economiche, o dei diritti sugli stessi, sapendo che essi provengono da un reato presupposto o dal concorso ad un reato presupposto; acquista, possiede, detiene o utilizza denaro contante, beni o altre risorse economiche, sapendo, al momento della loro ricezione, che essi provengono da un reato presupposto o dal concorso ad un reato presupposto; è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.000 ad euro 15.000. 2. Il riciclaggio sussiste qualunque sia il valore del denaro contante, dei beni o delle risorse economiche che provengono dal reato presupposto, anche qualora non vi sia stata la condanna per tale reato. 3. Il riciclaggio sussiste anche quando l’autore è lo stesso del reato presupposto. 4. Il riciclaggio sussiste anche quando il delitto da cui provengono il denaro contante, i beni o le risorse economiche è stato commesso in un altro Stato. 5. Nei casi di condanna, il giudice dispone la confisca: • a) del prodotto, diretto o indiretto, del riciclaggio, inclusi tutti i mezzi utilizzati o che si intendevano utilizzare a tal fine; • b) del profitto o altro beneficio derivanti, direttamente o indirettamente, dai proventi dal delitto antecedente al riciclaggio. 7 giugno 1929, prime sei Leggi dello SCV (PIO XI) L. n. I – Legge Fondamentale della Città del Vaticano L. n. II – Legge sulle fonti L. n. III – Legge sulla cittadinanza e il soggiorno L. n. IV – Legge sull’ordinamento amministrativo L. n. V – Legge sull’ordinamento economico, commerciale e professionale L. n. VI – Legge di pubblica sicurezza Le riforme dal 2000 ad oggi Necessità di “dare forma sistematica ed organica ai mutamenti introdotti in fasi successive nell’ordinamento giuridico dello SCV” “Rendere lo SCV sempre meglio rispondente alle finalità istituzionali dello stesso, che esiste a conveniente garanzia della libertà della Sede Apostolica e come mezzo per assicurare l’indipendenza reale e visibile del Romano Pontefice nell’esercizio della Sua missione nel mondo’ (Preambolo della Legge fondamentale del 26 novembre 2000) Nuova Legge Fondamentale La L.F. del 26 novembre del 2000, abroga e sostituisce integralmente la L. n. I del 1929 Articolo 1 Il Sommo Pontefice, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario Articolo 2 La rappresentanza dello Stato nei rapporti con gli Stati esteri e con altri soggetti di diritto internazionale per le relazioni diplomatiche e per la conclusione dei trattati, è riservata al Sommo Pontefice, che esercita per mezzo della Segreteria di Stato. Articolo 3 Il potere legislativo, salvi i casi che il Sommo Pontefice intenda riservare a Se stesso o ad altre istanze, esercitato da una Commissione composta da Cardinale Presidente e da altri Cardinali, tutti nominati dal Sommo Pontefice per un quinquennio. Nuova Legge sulle Fonti Legge sulle fonti del diritto dello SCV, 1° ottobre 2008, n. LXXI, entrata in vigore il 1° gennaio 2009 Sostituisce e abroga la L. n. II del 1929 Articolo 1 (Fonti principali del diritto) 1.L’ordinamento giuridico riconosce nell’ordinamento canonico la prima fonte normativa e il primo criterio di riferimento interpretativo 2.Sono fonti principali del diritto l legge fondamentale e le leggi promulgate per lo Stato della Città del Vaticano dal Sommo Pontefice, dalla Pontificia Commissione o da altre autorità alle quali Egli abbia conferito l’esercizio del potere legislativo. 3.Quanto disposto circa le leggi riguarda anche i decreti, i regolamenti e ogni altra disposizione normativa legittimamente emanati 4.L’ordinamento giuridico vaticano si conforma alle norme di diritto internazionale generale e a quelle derivanti da trattati e altri accordi di cui la Santa Sede è parte, salvo prescritto al n.1 Diritto canonico Il Diritto canonico vige ed è immediatamente applicabile nello SCV – è diritto vigente L’ordinamento canonico è da considerare anche come prima fonte interpretativa dell’ordinamento giuridico dello SCV Unione organica e indissolubile tra Santa Sede e SCV/ tra diritto della Chiesa e diritto dello SCV E’ un rinvio dinamico: L’intero ordinamento canonico nella sua effettiva vigenza è automaticamente parte del diritto vaticano applicabile Articolo 3 (Recezione della legislazione italiana) 1.Nelle materie alle quali non provvedono le fonti indicate nell’articolo 1, si osservano, in via suppletiva e previo recepimento da parte della competente autorità vaticana, le leggi e gli altri atti normativi emanati nello Stato Italiano. 2.Il recepimento è disposto purché i medesimi non risultino contrari ai precetti di diritti divino, né ai principi generali del diritto canonico, nonché alle norme dei Patti Lateranensi e successivi Accordi e sempre che, in relazione allo stato di fatto esistente nella Città del Vaticano, risultino ivi applicabili. Leggi italiane applicabili: a) In via suppletiva (quando non provvedono le altre fonti) b) Previa recezione della competente autorità vaticana (a differenza della formulazione del 1929, non sono automaticamente applicabili) c) Rinvio statico: il testo normativo viene “cristallizzato” al momento del recepimento dell’ordinamento vaticano – sono irrilevanti le modifiche che intervengono alla legge da parte del legislatore italiano Purché i medesimi non risultino contrari ai precetti di diritto divino, né ai principi generali del diritto canonico. Diritto Divino: Norme manifestate nella Rivelazione divina, ricavabili dall’Antico e Nuovo testamento Vige a prescindere dal legislatore umano E’ immodificabile, ma può essere oggetto di approfondimenti da parte del Magistero della Chiesa Diritto canonico Il diritto proprio della Chiesa cattolica (no delimitazione territoriale) e diritto vigente nello SCV come fonte principale I Codici vigenti nello SCV Codice di procedura civile Articolo 13, legge n. II del 1929: “Nello SCV si osserva il Codice di procedura Civile del Regno di Italia” 1946 – Lo Stato Città del Vaticano, promulgato con il Motu Proprio di Pio XII Con la Legge, del 1° maggio 1946 ed entrato in vigore il successivo 1° novembre Codice civile Legge sulle fonti del diritto, 7 giugno 1929, n. II – Articolo 10: “Si osserva nella Città del Vaticano il vigente Codice civile del Regno di Italia (1865), insieme con le leggi che lo hanno modificato od integrato (…)” Nuova Legge sulle fonti del diritto, 1° ottobre 2008, n. LXXI – Articolo 4: “Si osserva il Codice civile italiano del 16 marzo 1942 con le leggi che lo hanno modificato fino all’entrata in vigore della presente legge” Codice penale Legge sulle fonti del diritto, 7 giugno 1929, n.II – Articolo 4: ”Si osserva nello SCV il Codice Penale del Regno di Italia…” Nuova Legge sulle fonti del diritto, 1° ottobre 2008, n. LXXI – Articolo 7: “Fino a che non si provveda a nuova definizione del sistema penale, si osserva, sotto le riserve specificate nell’articolo 3, il Codice penale italiano recepito con al legge 7 giugno 1929, n. II, come modificato ed integrato dalle leggi vaticane” (Codice penale italiano Zanardelli del 30 giugno 1889) Codice di procedure penale Legge sulle fonti del diritto, 7 giugno 1929, n. II – Articolo 7: “Si osserva nello SCV il Codice di procedura penale del Regno di Italia…” Nuova Legge sulle fonti del diritto, 1° ottobre 2008, n. LXXI – Articolo 8: “Sino a che non si provveda a nuova disciplina del rito, si osserva, sotto le riserve specifiche nell’articolo 3, il Codice di procedura penale italiano recepito con la legge 7 giugno 1929, n. II, come modificato ed integrato dalle leggi vaticane”. (Codice di procedura penale italiano del 27 febbraio 1913) Codici vigenti nello SCV (in sintesi) Codice civile – vige il Codice civile italiano del 1942 Codice di procedura civile – ha un proprio Codice di procedura civile (1946) Codice penale – vige il Codice penale italiano Zanardelli (1889) Codice di procedura penale – vige il Codice di procedura penale italiano del 27 febbraio 1913 Modifiche recenti Legge n. VIII: NORME COMPLEMENTARI IN MATERIA PENALE – 11 luglio 2013 (Delitti contro l’umanità, contro i minori; delitti in materia di terrorismo...) Legge N. IX: LEGGE RECANTE MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE – 11 luglio 2013 (estradizione, confisca, giusto processo e presunzione di innocenza...) Art. 421 bis cod. pen. – Reato di riciclaggio e autoriciclaggio, introdotto dalla legge 127 del 2010, modificata dalle Legge n. 166 del 2012