Scarica Appunti e sintesi del manuale Edises 2023 per il concorso a cattedra e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Il nuovo concorso a cattedra Manuale per la prova scritta del concorso scuola Appunti di: Giuliana Bozzi Lo sviluppo sociale e le relazioni di gruppo La psicologia sociale studia l'attività mentale e i comportamenti dei soggetti che agiscono in uno spazio sociale influenzandosi reciprocamente. La famiglia, la scuola e il lavoro sono i tre contesti primari di cui l'individuo fa parte nel corso della vita; l'interazione tra questi sistemi è uno dei cardini dei nuovi presupposti socio-educativi. Urie Bronfenbrenner ritiene che per comprendere lo sviluppo dell'individuo si indispensabile considerare il rapporto che questo stabilisce con il suo "ambiente ecologico". Al centro ci sono i microsistemi (classe, famiglia, gruppo dei pari); l'insieme delle azioni che legano i miscosistemi costituisce il mesosistema (ne è un esempio la scuola). Il mesosistema è a sua volta iscritto nell'ecosistema che si riferisce a situazioni in cui il sogg. non è direttamente coinvolto ma che comunque lo influenzano (la condizione lavorativa dei genitori ad es.). Tutto è abbracciato dal macrosistema che è la situazione culturale complessiva (politiche sociali ed economiche del paese). La famiglia Ogni famiglia è caratterizzata da una certa atmosfera che dipende non solo dai singoli ma anche dalle relazioni tra loro. Esistono regole familiari il cui numero e contenuto è legato al confronto sociale. La famiglia è un ancoraggio affettivo: nell'infanzia il sogg. ha dei valori che ricalcano quelli dei genitori ma una volta cresciuto è possibile che noti una discrepanza tra questi valori e i suoi giudizi propri. PRIMARI: comunemente la famiglia, gruppo dei pari, piccole comunità; SECONDARI: formati sa sogg. non legati da vincoli affettivi sorti per conseguire finalità specifiche (un'associazione ad es.). MODELLO RADIALE: emerge un leader che coordina l'intero gruppo; MODELLO CIRCOLARE: ogni membro del gruppo trasmettendo o ricevendo informazioni ha la stessa possibilità di interazione con gli altri. STRUMENTALE: organizza il gruppo in vista del perseguimento di determinati fini; ESPRESSIVO: riduce la conflittualità e crea solidarietà tra i membri. I gruppi e le interazioni sociali Un gruppo è composto da sogg. interagenti con status e ruoli interrelati sulla base di aspettative condivide riguardanti il rispettivo comportamento; non si tratta dunque di una somma delle parti che lo compongono. Identificarsi col gruppo da un lato fa sorgere relazioni gratificanti ma dall'altro può indurre alcuni a respingere gli estranei. Può capitare che si attribuiscano ad un individuo caratteri tipici del gruppo cui lo si assegna: questo processo si chiama stereotipizzazione. Diverso dal gruppo è l'aggregato cioè un gruppo di persone che si trova casualmente nello stesso posto (su un autobus ad es.). Il gruppo differisce anche dalla categoria, formata da un gruppo di persone che non si sono mai incontrate ma che hanno tratti comuni (età, sesso, razza). I gruppi di dividono in: Come già accennato però i gruppi non devono essere considerati come la somma delle singole parti ma come complesso rapporto di relazioni che si strutturano in due modi: Elemento fondamentale della vita di gruppo è la leadership; nei piccoli gruppi troviamo due tipi di leader: In generale abbiamo tre tipi di leader: VOLONTARIE come i movimenti religiosi, i partiti politici e le associazioni di professionisti; OBBLIGATORIE come le prigioni o la scuola fino a una certa età; UTILITARIE come le imprese commerciali. EDUCAZIONE MULTICULTURALE che usa apprendimenti delle altre culture per produrre accettazione e tolleranza delle stesse; EDUCAZIONE INTERCULTURALE si propone di andare oltre la passiva coesistenza con la creazione di rispetto di, rispetto per, dialogo tra gruppi culturali differenti. rispettare l'identità culturale dello studente offrendo istruzione di qualità culturalmente appropriata e reattiva per tutti; fornisce le conoscenze, atteggiamenti e capacità culturali per raggiungere partecipazione attiva e piena nella società; fornisce conoscenze, attitudini e abilità culturali per acquisire rispetto, comprensione e solidarietà tra individui, gruppi etnici, sociali, culturali e religiosi. Nel paesaggio sociale abbiamo poi i grandi gruppi rivolti intenzionalmente e razionalmente al conseguimento di obiettivi specifici; sono organizzazioni formali che possono essere: Le comunità di pratica Il termine compare per la prima volta negli anni '90 grazie a Wenger per descrivere un sistema auto-organizzato che si sviluppa in campi tematici, comunità e pratica. Una comunità di pratica è composta da un gruppo di persone che condividono un interesse e un codice comune; in questo gruppo è costante il concetto di aiuto. Sono comunità che non possono essere imposte; in una comunità non esiste gerarchia imposta e i ruoli sono assunti sulla base di competenze e bisogni al fine di migliorare la collettività. Sono luoghi in cui si sviluppa apprendimento , in cui la conoscenza è un mezzo per costruire collettivamente (costruttivismo sociale). Uno dei più importanti teorici delle comunità di pratica è Marshall McLuhan: secondo lui viviamo in società che oscillano tra individualismo e divisione dei ruoli, tra globalizzazione e collaborazione. Le comunità di pratica condividono interessi e problematiche, sono insiemi di persone che interagiscono in modo ordinato che si organizzano sia per il miglioramento collettivo che per apprendere. Educazione interculturale Si intende l'individuazione, in un progetto educativo, di un percorso di interazioni tra sogg. che appartengano a diverse culture per favorire il superamento del monoculturalismo. L'educazione interculturale è una risposta educativa alle esigenze sociali multiculturali odierne. Tradizionalmente abbiamo due approcci: L'educazione interculturale si basa su tre principi: La comunicazione e i suoi elementi Elemento fondante della vita sociale è la comunicazione; nella storia questo termine si è modificato dal punto di vista semantico non indicando più tanto l'atto di condividere quanto la trasmissione dei messaggi. Il processo comunicativo si dispiega attraverso una serie di elementi: La comunicazione può essere verticale, quando avviene tra sogg. con diversi livelli di autorità, o orizzontale, quando avviene tra persone allo stesso livello della scala gerarchica. Tutti gli scambi di comunicazione possono essere simmetrici (i due sogg. si pongono allo stesso livello) o complementari (due interlocutori di cui uno è in una situazione di superiorità e l'altro di inferiorità) a seconda se siano basati sull'uguaglianza o sulla differenza. Caratteristiche e funzioni del linguaggio Il linguaggio è una delle manifestazioni dell'attitudine umana a rappresentare oggetti, idee ed eventi mediante suoni, gesti, atteggiamenti, comportamenti e segni che ne costituiscono i sostituti. Affinché l'uomo potesse parlare si è reso necessario lo sviluppo di un apparato fono-articolatorio, di uno sviluppo celebrale tale da padroneggiare la complessità del codice linguistico e la messa a punto del codice linguistico definendo principi e funzionamenti del linguaggio. Il linguaggio si fonda sull'associazione del concetto, il significato, detto anche contenuto semantico, e di schemi di suoni, ovvero il significante o espressione verbale, che danno vita al segno linguistico. Questa sintesi riporta una scaletta con corrispondenza tra periodo di sviluppo e abilità linguistiche acquisite; tuttavia essa non è un tentativo di sistematizzare un processo di sviluppo spesso differente tra un bambino e l'altro. Katherine Nelson ad esempio distingue gli stili di apprendimento del vocabolario in referenziale (sviluppo lessicale più rapido) ed espressivo (sviluppo sintattico più rapido); inoltre distingue anche tra stili cognitivi diversi. Lo sviluppo del linguaggio ha luogo a livello fonologico (del suono), semantico (significato) e pragmatico (di contesto). Il rapporto tra pensiero, linguaggio e interazione sociale La maggior parte delle teorie sul linguaggio infantile si occupa del modo in cui linguaggio, pensiero e interazione sociale interagiscano sulla vita del bambino; alcune sono prevalentemente sociali (Vygotskij, Bruner) altre di stampo cognitivo (Piaget). Per Piaget l'acquisizione del linguaggio è indipendente dallo sviluppo sociale mentre per Vygotskij l'acquisizione del linguaggio condiziona lo sviluppo cognitivo condizionato a sua volta dall'interazione sociale. Sviluppo cognitivo: Piaget ha introdotto la teoria dello sviluppo cognitivo, che enfatizza il concetto di "costruzione attiva" del conoscere. Egli sosteneva che i bambini passano attraverso quattro stadi di sviluppo: sensomotorio, preoperatorio, operazioni concrete e operazioni formali. Linguaggio: Per Piaget, il linguaggio è visto come un riflesso del pensiero. I bambini iniziano con il linguaggio egocentrico (rivolto principalmente a se stessi) e poi passano al linguaggio sociale, che si sviluppa man mano che interagiscono con gli altri. Pensiero: Il pensiero dei bambini evolve attraverso gli stadi di sviluppo. Nello stadio sensomotorio, il pensiero è basato principalmente sull'azione e sulle percezioni. Man mano che avanzano negli stadi successivi, sviluppano la capacità di rappresentare concetti e operare mentalmente. Interazione sociale: Piaget vedeva l'interazione sociale come un fattore importante nello sviluppo, poiché le interazioni con i pari possono influenzare la comprensione del mondo. Tuttavia, l'accento principale è posto sulla costruzione individuale del conoscere. Sviluppo cognitivo: La teoria di Vygotsky si concentra sull'importanza dell'interazione sociale e dell'apprendimento guidato da adulti o coetanei più capaci. Egli introdusse il concetto di "zona di sviluppo prossimale" (ZSP), cioè la distanza tra ciò che un bambino può fare da solo e ciò che può fare con l'aiuto di un adulto. Linguaggio: Vygotsky considerava il linguaggio non solo come riflesso del pensiero, ma anche come strumento di sviluppo cognitivo. Il linguaggio gioca un ruolo cruciale nel mediare il pensiero e nell'organizzazione delle idee. Pensiero: Per Vygotsky, il pensiero non è solo individuale, ma è strettamente collegato all'interazione sociale e all'uso del linguaggio. L'uso del linguaggio diventa una via per sviluppare il pensiero astratto e complesso. Interazione sociale: Vygotsky attribuisce grande importanza all'interazione sociale nell'apprendimento e nello sviluppo. L'apprendimento avviene attraverso discussioni, collaborazioni e interazioni con gli altri, che guidano il bambino verso livelli di sviluppo più elevati. Skinner e il comportamentismo: l'apprendimento del linguaggio non è dissimile da altre forme di apprendimento, non vi è una competenza linguistica innata ma è uno dei comportamenti che si apprendono per l'associazione stimolo-risposta; Chomsky e la teoria innatista: sostiene che alla base dell'acquisizione del linguaggio c'è una competenza innata, la Grammatica Universale, cioè la conoscenza delle regole sottese all'apprendimento della grammatica proprie delle diverse lingue, e il LAD (language acquisition device) dispositivo per l'acquisizione del linguaggio che ci fa acquisire gli aspetti più complessi della lingua madre; Per il primo dunque l'acquisizione del linguaggio non è né necessaria né sufficiente allo sviluppo cognitivo; per il secondo l'acquisizione del linguaggio è il motore primario dello sviluppo svolgendo la funzione di mediazione tra pensiero e vita sociale. Piaget: Vygotsky: Altri modelli psicologici dello sviluppo del linguaggio Teoria neurocostruttivista di Karmiloff-Smith: durante lo sviluppo vi è una progressiva specializzazione delle aree emisferiche e delle funzioni ad esse correlate e che questo processo è determinato dall'interazione tra vincoli biologici ed esperienza; Rogers: propone il modello della comunicazione assertiva che esprime le idee, fa valere il punto di vista e rispetta le idee degli altri. Descrizione oggettiva del comportamento: Descrivere in modo oggettivo e neutrale il comportamento dell'altra persona che ha suscitato una reazione. Espressione dei sentimenti: Esprimere i propri sentimenti in relazione al comportamento descritto. Effetto sulle circostanze: Comunicare l'effetto che il comportamento dell'altra persona ha avuto su di te. I disturbi della comunicazione Possono essere fisici, psicologici, sociali e strumentali. Il rapporto comunicativo può essere ostacolato da distrazione, saturazione, mancanza di canali, esistenza di codici compatibili. Comunicare con gli adolescenti Le difficoltà comunicative si acuiscono nell'adolescenza con la messa in discussione dei modelli acquisiti e la ricerca della propria identità principalmente "per opposizione". Numerosi studi hanno dimostrato come la creazione di un clima socio-affettivo-relazionale favorevole è condizione essenziale per produrre apprendimento significativo; contributo fondamentale in tal senso è il modello di Gordon. Consiste nell'elevazione del rapporto educatore studente attraverso un modello operativo fondato sull'educazione alla pace e relazioni interpersonali collaborative; a differenza dei modelli educativi classici per Gordon l'educazione è un processo autogestito dove l'educatore è un facilitatore (colui che, attraverso empatia sostiene lo sviluppo e la crescita della persona). Per fare ciò deve avere due competenze fondamentali: ascolto attivo e messaggio dell'io. L'ascolto attivo è una pratica di comunicazione in cui si presta totale attenzione a ciò che l'altra persona sta dicendo. Non ci si limita a sentire le parole, ma si cerca di comprendere i sentimenti, le intenzioni e le emozioni che sottendono al messaggio. Questo coinvolge il mantenere il contatto visivo, porre domande di approfondimento, riflettere il contenuto dell'altro e mostrare empatia. L'obiettivo dell'ascolto attivo è stabilire una connessione più profonda e una comprensione reciproca. Il messaggio dell'io è una tecnica comunicativa che esprime i propri sentimenti, pensieri o bisogni in modo assertivo e non accusatorio. Si struttura in tre parti: Per Gordon esistono 12 barriere alla comunicazione che impediscono una vera connessione con l'altro e sono: essere imperativi/ordinare/esigere; avvertire/minacciare; fare la morale/predica; dare soluzioni o consigli non richiesti; cercare di persuadere con argomentazioni logiche; complimentarsi; giudicare/criticare; umiliare/ridicolizzare/prendere in giro; diagnosticare/analizzare i comportamenti; consolare/minimizzare; cambiare argomento/sarcasmo; inquisire/interrogare/mettere in dubbio. Questo modello è utile alla risoluzione costruttiva dei conflitti. le risposte suscitate da stimoli conosciuti sono classificate come rispondenti; le altre risposte, dette operanti, non hanno bisogno di essere messe in relazione con alcun stimolo particolare conosciuto. Il sistema skinneriano può essere considerato come uno sviluppo del connessionismo: infatti il condizionamento operante di Skinner si sviluppa nella direzione dell’apprendimento per selezione e connessione nell’ambito della legge dell’effetto di Thorndike. Ma il condizionamento skinneriano si distacca dalle tradizionali teorie stimolo-risposta distinguendo due differenti classi di stimoli: Sempre di matrice comportamentista è la teoria dell’apprendimento sociale di Bandura non più associato all’esperienza diretta ma all’imitazione di modelli mediante il processo di rinforzo vicariante per cui le conseguenze relative al comportamento del modello hanno lo stesso effetto sull’osservatore. IN SISTESI: fase orale, primi 18 mesi di vita, i primi contatti si sviluppano con la bocca, termina con lo svezzamento; fase anale, dai 18 ai 36 mesi, l’energia libidica è concentrata nella dinamica ritenzione- espulsione delle feci; fase fallica, dai 36 mesi ai 5 anni, in cui l’attenzione si sposta i genitali e alle differenze legate al possesso del pene, è qui che si colloca il complesso di Edipo (desideri incestuosi verso il genitore di sesso opposto e gelosia verso il genitore dello stesso sesso). Per Freud tutto il resto dello sviluppo è condizionato in modo positivo o negativo dal superamento o meno di questo complesso. Per i maschi il superamento del complesso è legato al manifestarsi del complesso di castrazione (timore di essere evirato dal genitore dello stesso sesso prima odiato e ora elevato a modello. L’identificazione col modello è dovuto a quello che Freud considera come il tabù più importante che fonda il genere umano; l’incesto). L’approccio organismico considera l’individuo come organismo attivo, spontaneo e dotato di principi organizzatori intrinseci. I principali esponenti sono Piaget, Vygotskij e Werner. La teoria stadiale di Piaget intende lo sviluppo come un processo che nasce dall’interazione dell’individuo con l’ambiente mentre Vygotskij ritiene che lo sviluppo mentale nasce dall'interiorizzazione delle norme culturali quindi il bambino manifesta un’attività intellettiva fortemente condizionata e legata al contesto. Werner facendo un parallelismo tra psico e fisico descrive lo sviluppo con il principio della crescente organizzazione; si parte cioè da un insieme indifferenziato che si sviluppa attraverso la differenziazione e l’organizzazione gerarchica. Quindi come per il fisico, anche lo sviluppo psicologico procede da una comprensione globale del dato intrapsichico e della realtà ad una comprensione analitica. Interessante è anche la teoria di Bruner che ritiene che lo sviluppo sia legato alle strategie messe in atto dall’individuo per affrontare e padroneggiare una determinata situazione in un determinato contesto; ciò che differenzia i percorsi è il modo in cui le informazioni vengono elaborate. L e modalità di elaborazione congiunte con lo sviluppo sono la rappresentazione esecutiva (azione intesa come modalità di conoscenza manipolativa), rappresentazione iconica (immagine mentale costruita in base alle esperienze per riorganizzare la realtà) e la rappresentazione simbolica (linguaggio per la codifica e decodifica più complessa della realtà). L’approccio psicoanalitico considera l’individuo come un organismo simbolico che attribuisce cioè significato a se stesso e all’ambiente; qui il cambiamento è l’esito di conflitti interni. La teoria di Freud si basa sul susseguirsi di fasi psicosessuali; Erikson unisce alla dimensione psicosessuale quella sociale; Stern pone invece l’accento sull’individuo esaminando i tratti misurabili della personalità e l’interazione di essi per creare il sè. LA TEORIA PSICOANALITICA: FREUD E JUNG Freud muove dal presupposto che alla base delle successive relazioni del bambino vi sia il suo rapporto con la madre. Alla nascita l’individuo ha due istinti fondamentali: quelli libidici, istinti vitali e bisogni fisiologici legati alla sopravvivenza, e quelli aggressivi, che evolveranno successivamente in istinto di morte. Nella prima fase della vita il bambino è totalmente narcisista e mostra affetto per la madre perché è lei che si occupa della soddisfazione dei suoi bisogni. L’istinto libidico tenderà ad investire col tempo diverse zone del corpo dette erogene; si distinguono cosi cinque stadi psicosessuali che sono: fase d latenza. dai 6 agli 11 anni, l’energia libidica si rafforza ma non viene espressa e il bambino si concentra su ricerca, studio e rapporto coi coetanei; fase genitale ultimo stadio in cui le pulsioni sessuali sono orientate verso un partner e finalizzate a costruire la relazione sessuale. la persona considerata come l’aspetto pubblico che ognuno mostra di sé e rispecchia ciò che uno vuole rendere noto di sé agli altri ma non coincide sempre con quello che si è davvero; l’ombra che coincide con gli impulsi istintuali che l’individuo tende a reprimere impersonando tutto ciò che di sé l’individuo , in un certo senso l’evoluzione junghiana dell’Es freudiano; Animus e Anima che sono rispettivamente l’immagine maschile nella donna e quella femminile nell’uomo, ha un funzione compensatoria con la Persona ed è la sua parte inconscia; il Sé è il punto culminante del percorso di realizzazione della propria personalità. Stessa cosa con ruoli scambiati avviene per le femmine per le quali la cosa porterà meno angoscia perché la vagina per lei è una castrazione già avvenuta; questo costituirà quello che per Freud è il problema irrisolvibile della donna ovvero l’invidia del pene. In questo periodo il bambino avrà formato le tre strutture fondamentali della personalità ovvero ES (serbatoio pulsionale presente sin dalla nascita), IO (si forma con la mediazione tra forze aggressivee distruttive dell’Es e il mondo esterno) e SUPER IO (la base del dovere e della moralità); Per Freud ci sono due tipi di processi che regolano le idee: i processi primari liberi dalla logica e quelli secondari che sono razionali e logici. Ad un individuo che matura accade di dover essere sempre più obbligato a dipendere dal processo secondario mentre il processo primario è quello che permette di unire idee apparentemente del tutto separate. Le teorie di Freud hanno avuto molto seguito e molti studiosi sono partiti dalla teoria psicanalitica come Jung che chiama la sua teoria e tecnica psicologia analitica o psicologia del profondo. La vita dell’individuo è un percorso, il processo di individuazione e realizzazione del sé personale a confronto con l’inconscio individuale e collettivo. La psiche ha una parte inconscia, individuale e collettiva, e una conscia; la dinamica tra le due permette all’individuo di affrontare il suo percorso di individuazione. In questo percorso l’individuo si incontra e scontra con delle organizzazioni archetipiche inconsce della propria personalità. Gli archetipi, una sorta di DNA psichico in cui si esprime l’inconscio collettivo, per Jung sono: Erikson e lo sviluppo sociale o apprendimento sociale - Marcia - Fromm Il solo autore che si è occupato dell’intero ciclo vitale dalla nascita alla vecchiaia; la sua teoria “neofreudiana” che attribuisce notevole importanza alla dimensione socio-culturale ridimensionando la componente sessuale (che è un caposaldo per Freud). Il suo interesse si focalizza sulla relazione individuo-ambiente: scopo dell’uomo è la ricerca della sua identità caratterizzata dal bisogno di coerenza dell’io tale da consentire un rapporto con l’ambiente sociale. L’individuo passa nel suo ciclo vitale una serie di tappe caratterizzate da una conquista e un fallimento. Questa situazione si definisce qualità dell’io; le qualità dell’io sono esperite come vissuti (accessibili all’introspezione) come modalità comportamentali (osservabili) e come strutture del mondo interno (quindi inconsce) cioè tra strutture sociali e personali. Gli otto stadi dello sviluppo si ripetono in tutti gli individui anche se appartengono a diverse culture. L’approccio psicoanalitico Per Freud la coscienza morale, il Super Io, è il risultato del complesso edipico e del legame di dipendenza con le figure genitoriali. Klein ritiene che per parlare di coscienza morale non si debba attendere il superamento del complesso di Edipo ma che una comprensione di questa dimensione sia presente già dalla tenera età. Infine Jacobson individua la funzione primaria dell’io ideale che si formerebbe prima del Super Io e concorrerebbe a guidare il bambino nella comprensione di ciò che è giusto e cosa non lo è. I principali contributi pedagogici in tema di sviluppo e apprendimento AGOSTINO Agostino analizza la dinamica esistente tra il maestro e il discepolo, alla luce dell'intervento divino. Il maestro spiega con proprie parole la natura delle cose al discepolo. Il discepolo deve tracciare al suo interno una via che porta alla conoscenza, deve fare spazio al proprio Maestro interiore, il quale, tramite l'illuminazione divina, permette la comprensione delle cose. Quando il discepolo è predisposto ad ascoltare il Maestro interiore, allora è possibile l'apprendimento. L'educatore deve favorire l'apprendimento, non solo con le parole, ma facendo in modo che il discepolo conosca sul campo e in maniera diretta le cose. Inoltre deve favorire la ricerca interiore e la crescita intellettuale del discepolo. COMENIO Egli propone un metodo con il quale attuare l'insegnamento, che contempli anche la costruzione degli obiettivi che si vogliono perseguire con l'educazione. L'ideale pansofico è alla base della concezione pedagogica di Comenio. La Pansofia può essere intesa come una sintesi unitaria delle diverse forme di sapere, le quali devono necessariamente avere una radice comune, identificabile in Dio quale creatore dell'intero universo. Il metodo di insegnamento è proposto nell'opera Didactica Magna. Comenio parla di un metodo che avvicini all'apprendimento gli studenti senza creare in loro idiosincrasia o demotivazione e di una didattica che ponga l'alunno come protagonista del proprio sviluppo. La schola materna è diretta ai bambini di età fino ai 6 anni (il periodo dell'infanzia). In questa scuola, una particolare attenzione è rivolta ai sensi, come modalità di contatto con il mondo circostante, e all'intuizione, come prima occasione di apprendimento del fanciullo. La schola vernacula è concepita per gli alunni dai 6 ai 12 anni (il periodo della puerizia o fanciullezza). Si tratta della scuola dove si impara la lingua nazionale. In essa l'insegnante cura gli aspetti intellettivi legati alla memoria e all'immaginazione, mentre l'alunno inizia a maturare livelli di astrazione che lo conducono ad utilizzare i simboli per rappresentare il mondo circostante, sviluppando capacità simboliche e linguistiche. La schola latina è rivolta agli alunni dai 12 ai 18 anni (il periodo dell'adolescenza). Questa scuola permette un accesso al sapere più dettagliato e approfondito, in quanto in essa si studiano le lingue classiche (greco, ebraico, latino) che rappresentano il maggiore veicolo di conoscenza formale. Allo studio delle lingue si affianca quello delle arti e della fisica (lo studio della natura); il tutto si svolge in una profonda ottica religiosa. L'accademia è frequentata dai ragazzi dai 18 ai 24 anni (il periodo della giovinezza). In questa scuola si approfondiscono campi specifici del sapere e, nel periodo finale, si ha la possibilità di viaggiare per ampliare le proprie conoscenze e i propri orizzonti. LOCKE Per Locke, la conoscenza proviene soprattutto dall'esperienza. Inizialmente, la mente dell'uomo è come una tabula rasa, che viene scritta progressivamente dalle esperienze svolte. Queste a loro volta producono sensazioni che vengono elaborate in idee semplici. Locke afferma che queste idee non sono innate nell'uomo, ma sono frutto di esperienze che vengono compiute fin dal grembo materno. In seguito, l'intelletto associa molte di queste idee per analogia o le separa per differenze, creando idee complesse e più generali; in tal modo si costruisce l'impianto conoscitivo dell'uomo. DE CONDORCET Le caratteristiche del sistema di istruzione da lui teorizzato sono: l'istruzione deve essere universale e accessibile a tutti, comprese le donne e le classi meno abbienti; deve essere gratuita e libera; deve essere efficace e specialistica, legata alle reali esigenze della società produttiva del paese. VICO L'educazione deve essere diretta a tutti, mirando alla piena realizzazione di ogni individuo. Il pensiero di Vico si incentra sulla storia quale prodotto della natura umana: egli vuole codificare un metodo che possa far emergere delle verità dallo studio della storia e che si possa applicare alle scienze umane, cioè a quelle scienze che studiano l'uomo sotto tutte le prospettive. Vico traccia anche un profilo dell'evoluzione del bambino, che è proprio il riflesso del ciclo storico dell'evoluzione dei popoli. Il bambino passa da una fase in cui è legato soprattutto ai sensi come veicolo di conoscenza ad una in cui fa particolare uso dell'intuizione, della fantasia e dell'immaginazione. Solo più tardi, perviene ad una fase in cui raggiunge la piena razionalità ed usa in modo efficace l'intelletto. ROUSSEAU L'educazione ci viene impartita o dalla natura, o dagli uomini, o dalle cose. Quella della natura consiste nello sviluppo interno delle nostre facoltà e dei nostri organi; quella degli uomini ci insegna a fare un certo uso di facoltà e organi così sviluppati; l'acquisto di una nostra personale esperienza mediante gli oggetti da cui riceviamo impressioni è l'educazione delle cose. L'educazione libera sostenuta da Rousseau è basata sulla spontaneità e sul ritorno alla natura dell'uomo. Con Rousseau, la pedagogia assume la configurazione di una scienza autonoma, con un proprio campo di indagine e una serie di strumenti con cui operare. L'Emilio o dell'educazione (1762) è un romanzo didattico diviso in cinque libri, ciascuno dei quali tratta dell'educazione in una fase ben precisa della vita del fanciullo. L'educazione non deve tenere conto di quanto la società stabilisce o dichiara, ma deve essere orientata verso il soggetto che è il protagonista dell'apprendimento. Non è essenziale progettare minuziosamente lezioni o interventi formativi; è più efficace rispettare le tappe dello sviluppo del discente ed accompagnarlo nella sua crescita. Il fanciullo non è un uomo in miniatura, ma ha una sua propria natura, ben diversa da quella dell'adulto. Per tale motivo, la sua mente non si può considerare come quella di un adulto con capacità limitate da fattori di sviluppo e di esperienza, ma come dotata di una struttura del tutto diversa, orientata ai bisogni, alle necessità, agli interessi e all'azione pratica. manifesta quando è finalizzata alla soddisfazione di un bisogno, quando c’è un interesse perciò anche l’apprendimento si determina laddove il bambino sviluppi un interesse o un bisogno), autonomia funzionale (il bambino non è incompleto e imperfetto ma può essere considerato autonomo e perfetto perché adeguato alle circostanze che gli sono proprie), legge dell’individualità (ogni individuo differisce dagli altri per caratteristiche fisiche e psichiche, questo introduce il concetto di educazione individualizzata e personalizzata). Alla luce di tutto questo la scuola attiva propone la centralità dell’alunno, apprendimento personalizzato basato su bisogni e interessi, esperienza, esplorazione, scoperta e gioco. DECROLY Riprende dal funzionalismo e parte dai bisogni del bambino che devono essere soddisfatti dal sistema educativo. Questi bisogni sono divisi in esigenze soggettivo-psicologiche (nutrirsi, difendersi dalle intemperie e dai nemici, lavorare e rilassarsi) legate alle necessità del fanciullo ed esigenze oggettivo-sociali legate alla realtà che lo circonda. Da ciascuno di questi bisogni nasce un interesse perciò è importante impostare la didattica sui centri di interesse intorno a cui sono raggruppate in maniera organica delle nozioni ad esso pertinenti; parla infatti di programma delle idee associate cioè concetti attorno al centro di interesse. La didattica intorno al centro di interesse si articola in tre attività: osservazione (acquisire esperienze e informazioni in modo personale e diretto), associazione (conoscenza indiretta attraverso richiami di cognizioni già acquisite) e espressione (riprodurre ed esprimere quanto appreso). L’ambiente è un altro elemento fondamentale connesso ai bisogni oggettivo-sociali quindi il programma educativo agisce per creare le condizioni di adattamento del fanciullo all’ambiente sociale che abita. DON BOSCO Fautore della pedagogia povera per aiutare i giovani degli ambienti disagiati in quanto tutti devono avere un’istruzione elementare, un’educazione morale e un lavoro per inserirsi in società. Il suo principio educativo era il metodo preventivo (basato su ragione, religione e amorevolezza) cioè formare i giovani per prevenire il disagio morale della società. DON MILANI La sua figura è legata alla scuola di Barbiana i cui ideali erano quelli di costruire una scuola inclusiva, democratica con il fine di far arrivare con un apprendimento personalizzato tutti gli alunni a un livello minimo di istruzione garantendo l’eguaglianza rimuovendo le differenze derivate da censo e condizione sociale. La sua concezione pedagogica è detta del professore- amico e ha utilizzato il metodo del mutuo insegnamento (insegnamento reciproco). MONTESSORI L’esperienza più importante è la Casa dei Bambini nel quartiere di San Lorenzo a Roma; le sue convinzioni pedagogiche derivano dal positivismo (approccio scientifico allo studio del bambino), dal funzionalismo (assecondare i bisogni del bambino) e dalle convinzioni mutuate da Rousseau e Frobel circa l’atteggiamento del maestro nelle attività didattiche. Ha rielaborato queste prospettive collocandole nel quadro dell’attivismo pedagogico: il bambino deve esprimersi e svilupparsi cognitivamente attraverso attività che reputa stimolanti, per cui ha interesse o bisogno; ruolo attivo del discente nelle lezioni; il compito del maestro è osservare e studiare il Art 1 l’educazione permette gradualmente all’individuo di entrare a contatto con le risorse intellettuali e morali che l’umanità ha conquistato diventando depositario del capitale composto dalle conoscenze della civiltà. Il processo educativo è costituito da un aspetto psicologico (permette di determinare bisogni, interessi e potenzialità dei discenti) e uno sociologico (le condizioni sociali del discente e della società in cui vive influenzano attitudini e caratteristiche). Art 2 la scuola è una comunità in cui i mezzi sono destinati a rendere il fanciullo capace di partecipare attivamente alla vita sociale contribuendo al progresso della società; è una scuola-laboratorio. Art 3 i contenuti dell’educazione sono mediati e fusi attraverso le attività sociali del fanciullo dunque il mezzo per educare e il fine a cui tende l’educazione è l’esperienza. Art 4 il metodo educativo deve tenere conto della natura del fanciullo. Art 5 il progresso sociale è garantito innanzitutto dalla scuola e dalla sua azione educativa. bambino per definire i successivi obiettivi da perseguire. Il metodo Montessori inizialmente nasce per ragazzi in difficoltà e pensato per la scuola dell’infanzia ma viene poi esteso a tutti. La scuola dell’infanzia, per preparare alla scuola elementare ponendosi in continuità con essa, deve agire su quattro rami di coltura specifici che sono disegno, aritmetica, scrittura e lettura. Le abilità sviluppate in queste attività sono definite quadriga trionfante delle conquiste intellettuali del bambino. Per sviluppare queste abilità Montessori propone per ciascuna un metodo specifico attraverso graduali difficoltà e il successo si basa sull’interesse , sugli stimoli, sul materiale e sul comportamento del maestro. Aspetti specifici della didattica montessoriana sono l’ambiente ricreato a misura di bambino (in modo che questi possa essere autonomo e completamente attivo) e i materiali (ogni aspetto è scientificamente studiato per motivare e invogliare il bambino a svolgere l’attività). L’organizzazione e le attività ovviamente precedono la figura di un maestro/a che più che insegnare deve svolgere il ruolo di direzione delle attività in modo che siano svolte seguendo le regole prestabilite. Secondo Montessori vi sono delle caratteristiche universali innate (istinto di conservazione, orientamento nell’ambiente, manipolazione dell’ambiente, esattezza, ripetizione, ordine, esplorazione, comunicazione, lavoro, astrazione, auto perfezionamento) intese come comportamenti guida in tutte le fasi dello sviluppo e l’educazione dovrebbe facilitarne l’espressione. La mente assorbente del bambino tende ad assorbire appunto le sensazioni che gli provengono dall’ambiente anche in modo inconsapevole imparando anche in modo non volontario. La realtà per il bambino è inizialmente una nebulosa confusa e indistinta che si definisce ed ordina attraverso le esperienze e la mente assorbente. Il periodo della mente assorbente va da 0 a 3 anni, dai 3 ai 6 anni alle caratteristiche di quest’ultima si affianca la mente cosciente (organizzazione e ordine dei contenuti acquisiti). DEWEY E’ considerato il padre dell’attivismo; declina la sua idea pedagogica legata alle scuole nuove in cinque articoli: La scuola nel preparare alla vita deve essere essa stessa vita. Nell’opera “Democrazia ed educazione” Dewey usa l’espressione “learning by doing”, imparare facendo. L’apprendimento attraverso il fare aiuta ad organizzare la conoscenza e non si può sostituire con le lezioni frontali e l’apprendimento da un testo; ovviamente queste cose si affiancano all’esperienza così che l’apprendimento non sia solo qualcosa di utile a superare un testo ma un bagaglio che risulta utile nella vita reale. Partendo quindi dall’assunto che l’esperienza sia la vera fonte di conoscenza, Dewey traccia le caratteristiche principali del pensiero riflessivo (la modalità di pensiero che ci permette di elaborare la conoscenza) che sono: si tratta di un flusso di idee (non il flusso di coscienza che invece è rappresentato da idee e rappresentazioni non correlate tra loro) poste in modo logico-consequenziale (ma non frutto di fantasia come l’immaginazione) che mira ad un obiettivo (anche flusso di coscienza e immaginazione ne hanno ma è il diletto e lo svago) cioè verificare l’ipotesi senza accettarla in modo acritico (come avviene con le credenze e i pregiudizi che non sono soggette a verifica). La prima fase del pensiero riflessivo è la suggestione (si determina un dubbio, incertezza); poi vi è l’intellettualizzazione (il problema viene inquadrato nelle sue variabili fondamentali). La terza fase è l’ipotesi (una delle suggestioni viene considerata come eventuale soluzione, diventa idea guida o ipotesi risolutiva; poi c’è il ragionamento (elaborazione e codifica di una soluzione in modo analitico partire dall’idea guida). L’ultima fase è il controllo delle ipotesi (azione diretta per verificare la validità della risoluzione elaborata. Tornando alle esperienze, Dewey sostiene che non tutte siano educative. Il punto non è collezionare esperienze e accumularne ma proporne di significative (devono essere frutto delle precedenti secondo il principio di continuità, hanno valore se accrescono le abilità e le conoscenze secondo il principio di crescita o crescenza e sono frutto dell’interazione di fattori esterni oggettivi e interni soggettivi). COUSINET Convinto sostenitore dell’attivismo pedagogico sostiene che l’educazione tradizionale impedisce l’individualizzazione (non propone un apprendimento differenziato) e non favorisce la socialità (ostacola comunicazione e cooperazione tra studenti). Il gruppo permette di raggiungere entrambi gli obiettivi. COMPORTAMENTISMO L’individuo è un organismo docile e plasmabile, l’apprendimento avviene attraverso stimoli che vengono dall’ambiente al quale il soggetto fornisce delle risposte. Ciò che avviene nella mente e che determina una risposta a un dato stimolo non è oggetto dell’attenzione dei comportamentisti. PAVLOV Analizzando il comportamento di alcuni cani egli nota che alla presenza di cibo (stimolo incondizionato) questi producono un maggiore quantitativo di saliva (risposta incondizionata). Non si può dire che questo comportamento sia realmente appreso; poniamo che il cibo al cane sia dato sempre da un ricercatore col camice bianco che in questa fase è uno stimolo neutro. Dopo che la somministrazione di cibo è avvenuta più volte contestualmente alla presenza del camice bianco senza cibo, il cane inizia a produrre bava. Ora il camice, che è diventato uno stimolo condizionato, produce una risposta condizionata o riflessa. Stimolo e risposta condizionati sono importanti perché rappresentano il vero apprendimento perché il cane ha imparato che quando vede un camice bianco gli verrà dato del cibo. Nell’ambito degli studi sul riflesso condizionato si evidenziano anche: l’estinzione (scomparsa della risposta condizionata se lo stimolo condizionato non accompagna quello incondizionato); il recupero spontaneo (il riapparire adulto che funge da modello e che picchia la bambola BoBo dicendo frasi violente e non violente; il secondo gruppo è in condizioni analoghe ma osserva un modello non aggressivo che gioca con le costruzioni; il terzo gruppo viene lasciato giocare senza alcun modello. Da ciò emerge che: il gruppo che ha osservato il modello aggressivo sarà più aggressivo degli altri due; i maschi sono più aggressivi delle femmine dal punto di vista fisico mentre al punto di vista verbale il livello di aggressività è identico; quando un bambino osserva il modello aggressivo dello stesso sesso tende ad essere più aggressivo ma il fenomeno è più evidente nei maschi; anche un modello positivo tende ad essere ripetuto ma con tono minore. Questo esperimento apre le porte al concetto di apprendimento osservativo o vicario che avviene osservando un modello. Ovviamente un opportuno rinforzo vicario dato dal modello che svolge l’azione influenza il futuro comportamento di chi osserva. Bandura chiama questa procedura modeling (diverso da shaping) cioè osservare un modello di comportamento (parliamo di osservazione fisica diretta, descrizione verbale di un comportamento o rappresentazione simbolica) e confermarsi ad esso. L’apprendimento osservativo o modeling è suddiviso in: processi di attenzione, ritenzione (per essere ricordato da impresso nella memoria), esecuzione (non è detto che un processo fissato venga eseguito senza errori) e processi motivazionali e di rinforzo (il sogg. pur avendo il processo in memoria ed essendo in grado di eseguirlo sceglie di non farlo ma se gli si prospetta un rinforzo positivo il processo può essere svolto). In seguito a queste osservazioni Bandura delinea la teoria dell’apprendimento sociale: non si apprende solo mediante prove ed errori ma anche attraverso l’osservazione di un modello di comportamento; insieme al rinforzo diretto viene considerato un rinforzo anticipato per migliorare l’attenzione di chi osserva e un rinforzo vicario descritto prima e un auto-rinforzo che proviene dai processi interni dell’individuo; non solo l’ambiente influenza il comportamento ma anche quest'ultimo può influenzare l’ambiente circostante. BLOOM La sua tassonomia degli obiettivi cognitivi e la procedura di apprendimento da lui codificata nota come Mastery Learning (strategia di insegnamento personalizzato con cui tutti possono apprendere purché l’insegnante realizzi una programmazione adeguata) hanno riscosso notevole successo nel mondo dell’istruzione; Bloom afferma che è possibile determinare situazioni di apprendimento nelle quali fino al 90% degli studenti siano in grado di padroneggiare ciò che viene insegnato ed è compito degli studiosi individuare i mezzi per raggiungere questo risultato. Il sistema di istruzione deve essere impostato per sviluppare talenti nella maggioranza degli alunni facendo in modo che questi possano apprendere capacità e concetti ritenuti essenziali incrementando la capacità di apprendere lungo l’arco della vita. Bloom parte dalle problematiche relative all’apprendimento e alla valutazione: innanzitutto il successo e il fallimento di un alunno non dipende dal confronto con uno standard ma dal confronto col gruppo di apprendenti, in secondo luogo solo una minima parte degli studenti può raggiungere risultati eccellenti, ossia la padronanza o mastery della disciplina. Non tutti gli studenti sono uguali ma ciascuno ha attitudini diverse ma sarebbe possibile portare la maggior parte degli studenti ad un livello di padronanza se si attuassero strategie di insegnamento- apprendimento con feedback personalizzato e costante come avviene nel Mastery Learning. L’attitudine è l’ammontare di tempo necessario per apprendere un contenuto semplice o complesso; quindi si può raggiungere la padronanza di una disciplina concedendo allo studente un tempo adeguato alla sua attitudine. Quindi come ridurre la quantità di tempo richiesta da uno studente più “lento”? Sicuramente in modo e tempi ragionevoli. La qualità dell’istruzione è il livello con cui presentazione, spiegazione e organizzazione degli elementi di apprendimento si avvicinano alla condizione ottimale per lo studente. L’abilità nel comprendere l’istruzione è l’abilità dell’apprendente di capire la natura del compito assegnato e come fare per svolgerlo. Questa abilità si può esaltare con i gruppi di studio, tutor, libri di testo, schede esercitative, software di istruzione programmata, materiale audiovisivo e giochi educativi e dipende dunque dalle scelte didattiche. La perseveranza è il tempo che il discente è disposto a spendere per apprendere ed è un parametro cruciale perché non è la stessa per ogni persona e per la stessa per ciascun argomento. Il tempo a disposizione è l’ultima variabile critica del Mastery Learning ed è il tempo messo a disposizione per presentare, spiegare e comprendere un argomento. Una strategia di mastery learning mira dunque a definire metodologie e strumenti per ridurre il tempo che serve allo studente ad apprendere e definire le modalità per determinare il tempo necessario per ciascun alunno per apprendere. I punti essenziali di questa strategia sono le precondizioni (insegnamento-apprendimento e valutazione finale non sono la stessa cosa e affinché la valutazione sia chiara docente e studente devono avere chiari i criteri per stabilire quando un apprendimento è stato conseguito), le procedure operative (frammentare una disciplina in unità di apprendimento) e i risultati (cognitivi e affettivi). Le modalità di apprendimento vengono suddivise in tre aree o domini: il dominio cognitivo riguarda le attività intellettuali e logiche (conoscenza, comprensione, applicazione, analisi, sintesi, valutazione); il dominio affettivo riguarda interessi, desideri e attitudini (ricettività, risposta, valutazione, caratterizzazione, organizzazione); il dominio psicomotorio (movimenti riflessi, fondamentali di base, abilità percettive, qualità fisiche, movimenti di padronanza e competenza e comunicazione non verbale). COGNITIVISMO Si sviluppa parallelamente agli studi comportamentisti; sono accumunati dallo studio della mente e dei suoi processi ma qui si parla di metacognizione per intendere il processo attraverso cui si è consapevoli di ciò che si conosce e questa consapevolezza si riflette sulle attività cognitive. LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT Prima di iniziare occorre definire la differenza tra sensazione e percezione; la prima rappresenta ciò che viene avvertito dagli organi di senso, la seconda è un processo cognitivo i base che permette di elaborare le sensazioni e consente all’organismo di muoversi in modo adeguato nell’ambiente circostante. L’empirismo si basa sul fatto che la conoscenza avvenga tramite l’esperienza; all’empirismo in ambito psicologico corrisponde l’associazionismo per cui la conoscenza avviene mediante esperienza, mediante una serie di associazioni di sensazioni. Il termine Gestalt significa forma e si riferisce a una correte psicologica che dall’empirismo mutua l’idea che la conoscenza avvenga tramite esperienza mentre critica il comportamentismo per la modalità di apprendimento per prove ed errori ritenendo che sia un fenomeno intuitivo globale. Risolvere i problemi può presentare degli ostacoli ovvero la fissità (alcuni elementi del problema sono resistenti alla trasformazione e appaiono immutabili); la fissità funzionale (tendenza ad impiegare elementi del problema in modo comune laddove la soluzione del problema richiede che vengano impiegati in modo insolito); meccanicizzazione del pensiero (ripetere la stessa strategia attuata con successo in situazioni analoghe anche se la situazione prevede strategie diverse e più economiche); la direzione (persistere in una strategia improduttiva) e il principio di pregnanza (tendiamo a organizzare il campo di un problema con principi percettivi che possono chiudere il processo di soluzione). I fondatori e maggiori esponenti della Gestalt sono Koffa, Kohler e Wertheimer. KOHLER Lo schema di base dei suoi esperimenti sulle scimmie antropomorfe è: costruire una situazione in cui le scimmie sono in presenza di cibo non direttamente accessibile e devono trovare un modo per arrivarci. Una banana viene appesa al soffitto di una gabbia nella quale ci sono anche tre cassette di legno di diversa grandezza: dapprima sembrano muoversi con una dinamica di prove ed errori poi riflettono e all’improvviso una scimmia combina gli oggetti (impilare le cassette ad esempio) per ottenere il suo scopo. Il fenomeno per cui un problema diventa improvvisamente comprensibile e risolvibile è detto insight (intuizione). WERTHEIMER Il suo lavoro sul movimento stroboscopico ha contribuito alla nascita della psicologia della Gestalt e i suoi studi sulla percezione hanno tentato di descrivere il processo cognitivo; infine l’idea di pensiero produttivo ha stimolato la psicopedagogia del XX sec. Il movimento stroboscopico L’evidenza sperimentale del movimento stroboscopico viene chiamata fenomeno di Phi: su un muro scuro proietta velocemente due luci identiche a distanza minima; quello che viene percepito è un’unica luce in movimento e si tratta dunque di un movimento stroboscopico o apparente. La percezione e il rapporto tra il tutto e le parti Dall’esperimento sul fenomeno di Phi deduce che la rappresentazione dell’immagine in movimento non sarebbe stata percepita se non vi fosse una naturale attitudine a elaborare il fenomeno nella sua totalità. Nella percezione la rappresentazione globale prevale sui singoli elementi costitutivi; ciò che conta è la forma, la rappresentazione complessiva. IL TUTTO PRECEDE LE PARTI. Insight e pensiero produttivo Quali sono i meccanismi cognitivi che ci permettono di affrontare e risolvere situazioni mai affrontate o situazioni che si siano già verificate ma in modo più efficace? Per pensiero produttivo si intende l’attività mentale che produce nuova conoscenza nell’individuo. Si contrappone al pensiero ri-produttivo che meccanicamente ci porta ad affrontare situazioni già affrontate p nuove con le stesse vecchie soluzioni. PIAGET La sua teoria dello sviluppo cognitivo attraverso sei stadi parte dal suo approccio teorico ovvero il pensiero di Kant circa la conoscenza delle cose. Noi conosciamo le cose solo attraverso le categoria che potremmo paragonare a schemi e strutture adoperate dalla nostra Parte dagli esperimenti sull’insight di Kohler: prima dello sviluppo del linguaggio l’uso che i bambini fanno degli strumenti è simile a quello delle scimmie di Kohler ma con l’aggiunta del linguaggio l’atteggiamento caotico e confuso difronte a un compito da svolgere o a un problema da risolvere svanisce gradualmente. Il parlare del bambino sembra quasi una necessità, come se avesse un ruolo fondamentale nel permettergli di svolgere un compito e, quanto più è difficile il compito, tanto più il bambino parlerà. Un fenomeno simile era già stato osservato da Piaget parlando di linguaggio egocentrico ma Vygotskij vuole osservare il fenomeno da una prospettiva diversa dando al linguaggio egocentrico un valore cognitivo rilevante: sappiamo che gli adulti ragionano mediante il loro linguaggio interiore; ebbene il linguaggio egocentrico è la manifestazione di questo linguaggio interiore che si palesa con un linguaggio esteriore. Il linguaggi aggiunge alle capacità del bambino la moltiplicazione degli stimoli e la funzione auto-regolativa (rende il bambino più riflessivo, meno impulsivo e spontaneo; con il linguaggio controlla gli oggetti che adopera è il proprio comportamento). Quando il bambino non è in grado di risolvere la situazione si rivolge all’altro attraverso il linguaggio sociale: non è una semplice richiesta di aiuto incondizionato ma viene delineata la strategia che si pensava di utilizzare senza però essere in grado di attuarla. Linguaggio egocentrico e sociale sono due caratteristiche interdipendenti e strettamente correlate e il linguaggio assume progressivamente una funzionalità diversa nello svolgimento del compito (prima è una specie di commento poi diventa uno strumento programmatorio delle azioni). Nella risoluzione di un problema o nello svolgimento di un compito l’essere umano a differenza dell’animale può disporre di due tipi di funzioni psichiche: inferiori (queste funzioni permettono di usare un arnese con le mani per svolgere un compito e sono il risultato di un’evoluzione biologica della specie) e superiori (permettono di svolgere compiti e attività più complesse e sono un riflesso non solo dell’evoluzione biologica ma anche dello sviluppo storico, culturale e sociale). Simboli e linguaggio sono strumenti culturali e sociali con i quali l’uomo cerca di potenziare le proprie funzioni psichiche naturali così come attrezzi e macchine, che sono strumenti di altro genere, potenziano le capacità naturali di svolgere compiti di carattere fisico. Come si formano i concetti nel bambino? La prima fase è quella del sincretismo o dei mucchi in cui colleziona oggetti a caso per prove ed errori, colleziona oggetti prossimi che ricadono nel suo campo visuale, colleziona oggetti secondo preferenze personali. La parola qui è quasi priva di senso o ne ha uno talmente esteso che non viene ben afferrato. La seconda fase è quella dei complessi ossia aggregazioni di oggetti (per associazioni, collezione, per catene, per diffusione) che hanno una certa logica ma senza cogliere il significato vero e proprio del compito. Il significato della parola inizia a prendere forma in un’entità che non è ancora concetto ma che viene definita appunto complesso, uno pseudo-concetto. Il concetto ha bisogno di un ulteriore livello di astrazione del compito. Esistono due tipi di concetti quelli scientifici e quelli spontanei in particolare i primi sono i concetti formali distaccati dall’esperienza del bambino e organizzati in un sistema coerente con relazioni che li collegano (ad es il concetto di temperatura); i secondi provengono dall’esperienza quotidiana, non sono organizzati in un sistema coerente di conoscenza e non godono di relazioni puntuali e stringenti che li collegano (un esempio è il concetto di caldo/freddo o quello di fratello). Il concetto spontaneo nasce da un’osservazione empirica e diretta di un oggetto, da un fenomeno o da una situazione reale di cui il bambino maturando e sviluppandosi diventa consapevole e lo trasforma in un concetto appunto con il quale riesce a lavorare in astratto. Il concetto scientifico invece viene introdotto in modo indiretto mediato da linguaggio, scrittura e immagini; si parte dalla consapevolezza del concetto muovendolo dall’astratto alla cosa reale, empirica, verificabile. Il legame tra i due è individuato dalla zona di sviluppo prossimale: quando il livello di maturazione di un concetto spontaneo è nella zona di sviluppo prossimale, il bambino dovrà essere guidato dal maestro in un’attività che riconduca questo concetto verso una sistemazione organica verso un concetto che abbia le caratteristiche della scientificità. Vygotskij propone un nuovo approccio in cui sviluppo e istruzione sono correlati (non coincidono) e si tratta della zona di sviluppo prossimale. Oltre al livello di sviluppo attuale infatti va posta attenzione nella zona di sviluppo prossimale, ossia l’insieme di concetti che il bambino è in grado di comprendere nell’immediato se adeguatamente indirizzato o quelle azioni che, con uno sforzo ragionevolmente limitato, può riuscire a compiere. Secondo l’autore è la distanza tra il livello reale di sviluppo e il livello di sviluppo potenziale. La zona di sviluppo prossimale rappresenta quella dinamica positiva in cui l’istruzione precede lo sviluppo, in pratica l’istruzione nella zona di sviluppo prossimale precede o causa lo sviluppo. Dal punto di vista strettamente pedagogico, nota che l’attività da svolgere in classe deve essere presente nella zona di sviluppo prossimale (cioè attività che favoriscano il suo sviluppo) e che, per lo svolgimento di queste attività poco al di sopra del suo livello di sviluppo, il bambino sia guidato in modo discreto dal maestro oppure collabori con altri bambini, magari imitandoli. Altro punto di interesse è il gioco e la sua importanza per lo sviluppo mentale perché sebbene riproduca situazioni di vita reale, non sia un’attività analoga alla vita reale perché le regole nella vita sono eterodirette mentre nel gioco sono autoassegnate e si effettua un cambio di rapporto tra oggetto e significato e tra azione e significato. Ma il gioco determina una zona di sviluppo prossimale molto vasta perché il bambino agisce con modalità al di sopra della sua età e con dinamiche più complesse di quelle della sua vita reale. BRUNER Considera la cultura come il fattore principale per dar forma alla mente che si sviluppa grazie alla capacità di operare con i concetti, strumenti dell’uomo per interagire con la realtà rappresentandola e comprendendola. In tal senso è importante il pensiero narrativo che consente alla persona di produrre rappresentazioni di se stessa e del proprio essere in relazione con il mondo anche per raccontarle agli altri attraverso la narrazione. La narrazione è uno dei meccanismi psicologici più importanti in quanto risponderebbe al bisogno di ricostruire la realtà dandole un significato specifico a livello temporale e culturale. Le proprietà principali della narrazione sono : sequenzialità (eventi disposti in un processo temporale che può produrre soste, salti improvvisi in avanti e indietro); particolarità e concretezza (tratta di avvenimenti e questioni specifiche riguardanti i protagonisti); intenzionalità (i protagonisti compiono azioni mossi da scopi, hanno opinioni e stati d’animo); opacità referenziale (la narrazione ha un valore non in quanto si riferisce a un oggetto definito e concretamente esistente ma in quanto rappresentazione); componibilità ermeneutica (gli eventi possono essere compresi unicamente in rapporto al contesto che li contiene); violazione della canonicità (nella narrazione c’è una fase normale in cui tutto si svolge secondo le attese poi appare un punto di rottura che fa deviare il corso delle azioni affrontato contemporaneamente la canonicità e l’eccezionalità); composizione pentadica (una narrazione ben formata è composta da attore, azione, scopo, scena e strumento); incertezza (si svolge secondo un livello di realtà incerto) e infine appartenenza a un genere (può essere inserita nel suo genere). I primi studi di Bruner sono rivolti alla psicologia cognitiva che studia processi mentali quali la percezione, l’apprendimento, la memoria, l’attenzione e il linguaggio. Egli aderisce alla corrente del New Look on perception che intende i processi mentali come attivi nei quali concorrono dei bisogni, motivazioni e stati emotivi del sogg. I meccanismi percettivi non possono ridursi alla mera interazione stimolo-risposta ma esistono delle modalità con cui la mente percepisce variabili e influenzate da fattori motivazionali, esperienze e aspettative. Per Bruner la percezione è determinata da fattori autoctoni (rappresentati dalle proprietà del sistema nervoso di carattere fisico, chimico e medico) e fattori comportamentali (funzioni adattive dell’organismo quali l’apprendimento, la motivazione, i bisogni sociali e le attitudini, sono di carattere sociale e vi sono dietro meccanismi psicologici). Quello che viene percepito è una mediazione operata tra questi fattori. Per formulare la sua teoria dello sviluppo cognitivo parte da Piaget e Vygotskij: dal primo acquisisce il carattere scientifico della ricerca psicologica e dal secondo la considerazione dei fattori storici, sociali e culturali nella percezione e quindi nello sviluppo. Delinea quindi lo sviluppo cognitivo mediante il concetto di rappresentazione: ne esistono di tre tipi esecutiva (le prime ad emergere, i bambini comprendono gli oggetti in termini di azioni che possono svolgere con loro), iconica (ad esempio un’immagine che ritrae una persona conosciuta o un dipinto famoso; non sono identiche alla realtà ma conservano informazioni sulla configurazione dell’oggetto rappresentato) e simbolica (sono codificate sulla base di linguaggio, simboli e segni e non necessitano di somiglianza con la realtà che identificano introducendo un livello di astrazione progressivo). Venendo in contatto con oggetti, eventi, azioni ed esseri viventi, l’essere umano accumula informazioni su di loro associandoli: questo processo vinee detto categorizzazione per creare categorie che sono collezioni di oggetti che hanno caratteristiche o attributi ricorrenti comuni mentre gli attributi irrilevanti non contribuiscono alla classificazione. I concetti sono rappresentazioni mentali astratte delle categorie. La categorizzazione è necessaria per immagazzinare informazioni, trattarle e ragionare. Per Bruner occorre apprendere ciò che può essere utile per il futuro; un apprendimento può rivelarsi utile in futuro se è un’abilità specifica applicabile a compiti simili (transfert specifico) o se è un principio, idea fondante capace di far maturare un’attitudine generale (transfert non specifico). Così individua un aspetto comune alle discipline ossia la struttura cioè un nucleo di idee chiave, conoscenze fondanti alla base della comprensione dei molteplici aspetti della disciplina: perciò il suo pensiero viene definito strutturalismo. Saper padroneggiare le idee fondamentali facilita la comprensione e permette lo sviluppo delle attitudini. L’insegnamento della struttura attraverso la progressiva scoperta presenta vantaggi di comprensione generale della disciplina, è più facile recuperare le conoscenze in memoria, le idee possono essere riutilizzate in diversi contesti e permette una migliore connessione tra gli apprendimenti di base e quelli specialistici. Ritenendo che gli aspetti fondamentali di un certa disciplina possono essere insegnati a chiunque purché siano messi in una certa forma, elabora il costruttivismo ermeneutico in questo caso non si crede all’esistenza di una realtà esterna indipendente e oggettiva e la conoscenza è frutto della mediazione del linguaggio e dell’interazione tra diversi osservatori, in questo senso il linguaggio ha un significato relativo al sogg. che lo usa. Kelly nel suo caso si parla di costruttivismo personale in quanto afferma che l’approccio alla costruzione della realtà è guidato in primis dalle funzioni psicologiche del singolo individuo. Ha formulato la teoria del costrutti personali (ogni persona sviluppa una serie di costrutti personali, cioè categorie mentali utilizzate per interpretare ed organizzare le esperienze e le informazioni, che sono unici per ciascun individuo e influenzano la sua percezione del mondo e il suo comportamento). Ciascun uomo però deve essere consapevole che possa esistere una descrizione alternativa e questa posizione è chiamata alternativismo costruttivo. Il lavoro quotidiano dell’uomo-scienziato mira a realizzare costruzioni del mondo per anticipare eventi e fenomeni che in esso si verificano; ciascuno può mettere a confronto le sue costruzioni con quelle degli altri anche se non tutte hanno la stessa validità predittiva; Von Glaserfeld che ha formulato la teoria del costruttivismo radicale (il significato e la conoscenza sono costruiti individualmente attraverso l'interazione con l'ambiente e possiamo conoscere solo ciò che le nostre menti costruiscono) che non afferma di voler trovare una realtà ontologica ma propone un modello ipotetico di realtà che si rileva utile. Analizzando le implicazioni del costruttivismo nel campo dell’educazione distingue tra addestramento (pone l’attenzione su cosa è utile saper fare) e apprendimento (mette in rilievo che è importante comprendere a fondo i concetti con cui veniamo in contatto): il primo è da considerarsi come l’acquisizione di abilità mentre il secondo si riferisce alla costruzione attiva di una rete di concetti validi cioè la costruzione di una conoscenza. ; Maturana e Varela che respingono l’idea di poter ragionare su una realtà indipendente dall’osservatore (il costruttivismo ermeneutico di Maturana e Varela enfatizza il ruolo centrale dell'interpretazione e del linguaggio nella creazione della nostra comprensione del mondo, sottolineando che la realtà è una costruzione soggettiva piuttosto che una verità oggettiva) infatti per definire un essere vivente occorre partire dal concetto di sistema come entità costruita da alcune parti in relazione tra loro che permettono di vederlo come un’unità organizzata. Ma un sistema vivente per essere tale ha un’organizzazione delle sue componenti che viene detta autopoietica (significa letteralmente auto-creazione). Partendo dall’evoluzione della specie di Darwin formula la modalità con cui l’essere vivente apprende: l’evoluzione coinvolge tanto gli organismi quanto l’ambiente che si adattano reciprocamente tra loro: questo concetto è chiamato accoppiamento strutturale e per loro le risposte adattive all’ambiente conducono ad un processo di apprendimento. Bisogna distinguere due livelli di apprendimento uno di carattere autogenetico (si riferisce allo sviluppo di ogni singolo essere vivente) e no di carattere filogenetico (si riferisce alle caratteristiche tipiche e capacità innate comuni a tutti gli organismi di una stessa specie) quindi ciascuno di noi è frutto dell’apprendimento personale e di quello degli antenati membri della sua specie. Un concetto fondamentale del suo costruttivismo è quello di multiverso che implica l’esistenza di molteplici realtà definite delle esperienze di innumerevoli osservatori ciascuno dei quali legge la realtà in modo a lui utile; dunque la conoscenza è una costruzione fatta dall’uomo e utile per attuare i processi di adattamento all’ambiente esterno; In queste correnti si possono collocare: Watzlawick ricordato per la sua Pragmatica della comunicazione umana (in breve, questa teoria afferma che la comunicazione umana è un processo complesso e che il significato viene costruito attraverso l'interazione tra le persone. Watzlawick ha evidenziato l'importanza della comunicazione non verbale, dei messaggi meta-comunicativi e delle regole implicite nella comprensione reciproca). computare non fa riferimento a operazioni numeriche ma all’operazione di riflettere, contemplare, osservare; l’articolo indeterminativo “una” lascia sbigottiti perché ci si aspetterebbe l’articolo determinativo in quanto la realtà è unica; qui ci troviamo davanti la possibilità di riconoscere e osservare diverse realtà che si distinguono in base all’osservatore; per il termine realtà in quest’ottica non viene data una definizione specifica. le regole osservate in passato si devono osservare anche in futuro precludendo così ogni forma di evoluzione individuale e sociale; dato un set di cause e un set di effetti procedere in modo scientifico significa concentrarsi su uno degli effetti fino a restringere il campo individuando la causa che lo determina quindi l’attenzione è messa sul principio di causa efficiente ma in questo modo si finisce col ragionare sulla base di un rapporto diretto causa-effetto perdendo di vista la causa finale. LA CIBERNETICA I concetti di base sono l’omeostato (sistema naturale o artificiale inserito in un ambiente ma ben distinguibile da esso, in grado di auto-organizzarsi e mantenere costante la sua organizzazione distintiva attraverso diversi comportamenti in risposta agli stimoli che riceve dall’ambiente) e il feedback (informazione che il sistema riceve indietro dopo aver attuato il comportamento adoperato per apprendere i risultati del comportamento e attuare comportamenti più efficaci in futuro). Nell’ambito del costruttivismo di distingue tra cibernetica di primo ordine (studia i sistemi in sé senza confonderli con l’osservatore) e di secondo ordine (studia i sistemi considerando anche il ruolo che l’osservatore assume nello studiarli e descriverli). VON FOERSTER Fisico austriaco che ha contribuito, collocandosi nella corrente del costruttivismo radicale, nell’ambito della cibernetica e del costruttivismo. Cognizione vuol dire computare una realtà: ogni termine merita osservazioni specifiche: Pertanto la cognizione non è la descrizione di una realtà esterna che esiste in modo indipendente ma è un ciclo ricorsivo di computazioni, elaborazioni successive alle sensazioni iniziali, che fa l’osservatore. Molti tendono a confondere il processo (serie di azioni coordinate in un algoritmo) con il prodotto (ossia un bene). La conoscenza è il processo che integra esperienze passate e presenti allo scopo di formulare nuove attività sia di carattere interno (pensieri e desideri) sia esterno (linguaggio e movimento). Progressivamente il linguaggio smette di essere il mezzo per esprimere percezioni ed esperienze e diventa il mezzo per acquisire strutture e idee confezionate da altri. Alla base dell’insegnamento vi sono due pilastri che sono applicazioni errate del metodo scientifico: Tutto ciò è riconducibile al problema della banalizzazione del processo di insegnamento- l’attacco al concetto “bancario” dell’educazione, in cui lo studente è visto come un conto vuoto da riempire (educazione depositaria); avversione per la dicotomia docente-studente suggerendo che vada inserita una profonda reciprocità perché non c’è insegnamento senza apprendimento ed evoca il concetto della do-discenza. né istruire né educare perché i bambini non hanno bisogno di insegnamenti ma di amore e comprensione, non gli va imposta educazione o istruzione perché ostacolerebbe la sua spontaneità; libertà e accettazione permettere al bambino di vivere la sua vita. apprendimento e si sofferma sulle usuali pratiche didattiche attingendo ai suoi studi di cibernetica. Una macchina è un’entità astratta in grado di svolgere delle funzioni: riceve input, elabora e fornisce un output. Una macchina banale è caratterizzata da una relazione uno a uno tra input e output, tra stimolo e risposta (posso predisporre che la macchina ad uno stimolo A risponda sempre B). Una macchina non banale è caratterizzata invece da una relazione diversa tra input e output; per lo stesso stimolo A la macchina non risponde sempre B ma la risposta che fornisce è frutto delle risposte date in precedenza. Questi sono sistemi non prevedibili. Le macchine costruite dall’uomo sono sempre macchine banali ma questo processo di banalizzazione può essere nocivo se applicato all’uomo come nel caso del sistema di istruzione. Il problema del sistema di istruzione si basa su quelle che chiama domante illegittime cioè domande di cui si conosce già la risposta quindi il docente si aspetta dall’allievo una pura e semplice riproduzione di un sapere già conosciuto. Queste domande non aggiungono ma tramandano il sapere passato nel futuro. Le domande legittime, di cui non si conosce la risposta o non si è in grado di determinare se una risposta sia possibile, pongono lo studente in un atteggiamento di ricerca stimolandone il potenziale creativo. LA PEDAGOGIA CONTEMPORANEA FREIRE E’ uno dei fondatori della pedagogia critica ed è ricordato per aver introdotto il concetto di problem posing nel processo-progetto educativo. Il problem posing è l’individuazione e concettualizzazione di un problema attraverso la riflessione su una situazione sfidante per sottolineare ed evidenziare le capacità di pensiero critico dell’alunno. E’ noto anche per: NEILL La sua concezione educativa si fonda su due concetti: BAUMAN Ha inteso spiegare la postmodernità con le metafore di modernità liquida (Bauman ha coniato il termine "modernità liquida" per descrivere l'epoca contemporanea, in cui le strutture sociali sono diventate fluide, instabili e precarie. Le relazioni, il lavoro e le identità sono diventati più flessibili e soggetti a cambiamenti rapidi. Questo crea un senso di incertezza e precarietà, ma anche una maggiore libertà individuale e opportunità di autorealizzazione) e solida (periodi storici in cui le Definire e misurare l’intelligenza Non esiste una definizione univoca di intelligenza, scrive Galimberti, perché ogni definizione risente dell’orientamento di pensiero in cui è formulata. Tuttavia possiamo dividere le definizioni in tre gruppi: di tipo generale (intelligenza come capacità di adattarsi all’ambiente) di tipo specifico (intelligenza come capacità di risolvere un problema) e di tipo operativo (non danno una definizione e una misura dell’intelligenza nel suo complesso ma si concentrano su alcuni suoi aspetti osservandoli con test che definiscono il comportamento intelligente in merito al particolare aspetto osservato). STRUTTURA DEL CERVELLO L’intelligenza ha sede nel cervello, detto anche encefalo, costituito da oltre cento miliardi di neuroni e più migliaia di cellule gliali di sostegno. Ogni neurone ha collegamenti diretti in media con altri diecimila neuroni attraverso strutture specifiche dette sinapsi. I neuroni e le cellule gliali cono organizzate in gruppi a livello crescente di complessità: dai nuclei, ai circuiti fino ad arrivare agli emisferi cerebrali. Queste aree sono in comunicazione tra loro attraverso fibre nervose e compongono l’architettura complessiva del cervello, che con il midollo spinale costituisce il nostro sistema nervoso centrale, in cui si distinguono strutture cerebrali inferiori (circuiti del tronco cerebrale, talamo, ipotalamo e ipofisi, cervelletto) centrali (comprendono le regioni limbiche di cui fanno parte amigdala, lobo temporale mediale e ippocampo) e superiori (costituiscono la corteccia cerebrale o neocorteccia). L’individuo pur essendo il prodotto di una serie di influenze familiari, ambientali e sociali conserva la propria unicità; conoscere l’entità delle diversità tra gli esseri umani e valutarle può essere utile. Per studiare le differenze soggettive si uno test attitudinali (test di intelligenza derivati dalle scale di Binet-Simon poi rivisti con l’introduzione del concetto di quoziente d’intelligenza) e di profitto. Guilford ha ampliato il concetto di intelligenza al di là del quoziente intellettivo diversificando una produzione convergente (soluzione logica per formulazione dell’unica possibile risposta corretta) da una produzione divergente (pensiero creativo). Negli studi sull’intelligenza prevalgono un approccio piscometrico (test di misura dell’intelligenza e osservazione delle capacità dimostrate), cognitivo (ricostruisce i processi mentali che sottendono alle prestazioni) e funzionale (intelligenza come strumento adattivo attribuendo importanza ad abilità cognitive, motive e sociali). IL QUOZIENTE EMOTIVO, I TEST DI REUVEN BAR-ON E ALTRI Ha messo a punto un test per valutare l’intelligenza emotiva (EQ-i test); il quoziente emotivo va valutato tenendo in considerazione cinque aree: intrapersonale (autoconsapevolezza emotiva e capacità di esprimere ciò che siamo), interpersonale (consapevolezza sociale e capacità di relazione), gestione dello stress (capacità di tollerare lo stress e controllare gli impulsi), adattabilità (capacità di gestire il cambiamento e di confrontare pensieri e sentimenti con la realtà), umore generale (capacità di auto-motivazione). Altri test per misurare l’intelligenza emotiva sono il READING THE MIND IN THE EYES TEST, che valuta la capacità di riconoscere e comprendere lo stato mentale degli altri, e la SCALA DI ABILITA’ MSCEIT che consente di valutare come le persone svolgono compiti e risolvono problemi emotivi. MISURARE L’INTELLIGENZA CREATIVA Williams è l’autore del test della creatività e pensiero divergente (TCD) che attraverso l’analisi di 4 fattori cognitivo-divergenti del pensiero creativo e 4 fattori emotivo-divergenti della personalità creativa stila un profilo della craetività Watzlawick è autore del test dei nove punti neri (congiungere 9 punti neri su un foglio con quattro linee rette senza staccare la penna) per testare l’intelligenza creativa. La scala di valori (teoretico, economico, estetico, sociale, politico e religioso) di Allport, Vernor e Lindzey viene usata per scoprire se gli individui creativi siano o meno diversi da quelli che non lo sono. Per la valutazione psicometrica della creatività Amabile ha sviluppato il metodo noto come Consensual Assessment Technique (CAT). CATTELL: INTELLIGENZA FLUIDA E CRISTALLIZZATA L’intelligenza fluida segue l’andamento della crescita biologica e è la capacità di pensare logicamente e risolvere problemi in situazioni nuove indipendentemente dalle conoscenza acquisite quindi di adattarsi affrontando nuove situazioni in modo flessibile senza che l’apprendimento precedente sia un aiuto determinante. L’intelligenza cristallizzata è influenzata da fattori esperienziali e ambientali può essere intesa come l’insieme di abilità, strategie e conoscenze che rappresentano il livello di sviluppo cognitivo raggiunto da una persona lungo la sua storia di apprendimento. SPEARMAN E L’INTELLIGENZA BIFATTORIALE Apre il campo all’analisi fattoriale dell’intelligenza che mira a ridurre un vasto insieme di variabili osservate a delle categorie generali, i fattori, in questo caso che possano spiegare la correlazione positiva esistente tra test diversi. Per spiegare ciò ipotizza che la correlazione dipenda dall’interazione di due tipi di abilità: generale riconducibile a un fattore generale (fattore g) e specifica riconducibile a un fattore specifico (fattore s). Il fattore g riflette quella capacità mentale generale per cui le persone non sono intelligenti solo in ambiti specifici ma globalmente formulando così la teoria bifattoriale dell’intelligenza. Il fattore g interviene in ogni prestazione, diversamente il fattore s è specifico in quanto si specializza in diverse abilità (motoria, verbale, numerica o spaziale) intervenendo in specifici compiti cognitivi. Mentre il fattore g è innato, il fattore s è il risultato dell’apprendimento. THURNSTONE E L’INTELLIGENZA MULIFATTORIALE Si è posto, come Spearman, l’obiettivo di conoscere con l’analisi fattoriale la struttura dell’intelligenza. Ha superato la teoria bifattoriale sostenendo che non può essere l’intelligenza generale a influenzare il risultato che il sogg. ottiene nei test; questo risultato è influenzato da abilità primarie che sono: abilità numerica (fattore N), comprensione verbale (fattore V), fluidità verbale (fattore W), memoria meccanica o associativa (fattore M), ragionamento (fattore R), velocità percettiva (fattore P), visualizzazione spaziale (fattore S). Nel considerare l’inutilità del fattore dell’intelligenza generale e di altri fattori specifici introduce la teoria multifattoriale. STERNBERG E LA TEORIA TRIARCHICA L’intelligenza si esprime attraverso tre modalità: analitica (o componenziale comprende la capacità di analizzare suddividendo in parti, di valutare, confrontare, esprimere giudici), creativa (o contestuale legata all’intuizione si realizza nella capacità di inventare, scoprire, immaginare, ipotizzare), pratica (o esperienziale comprende la capacità di usar strumenti, applicare procedure, realizzare progetti). Comporta l’adozione di un punto di vista costruttivistico perché considera l’apprendimento come un processo attivo di costruzione della conoscenza da pare del sogg. nello stile che lo caratterizza. Dalle intelligenze multiple all’intelligenza emotiva Un‘emozione è un processo psicologico articolato in una serie di cambiamenti, promossa da un evento scatenante causato da modificazioni dell’ambiente interno o esterno. Convenzionalmente si distinguono le emozioni primarie (di base o fondamentali quali la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura, il disgusto e la sorpresa) innate e universali e le emozioni secondarie che sono combinazioni di quelle di base e sono influenzate dall’ambiente (senso di colpa, vergogna, invidia, imbarazzo, timidezza). Le reazioni emotive sono generate dal sistema nervoso, in particolare il paleoencefalo, mentre le attività mentali complesse sono svolte dalla corteccia cerebrale. Sono la conseguenza di squilibri nell’appraisal, l’operazione di costante monitoraggio dell’individuo e dell’ambiente per valutare la conciliabilità tra contesti e fini del sogg, e sono accompagnate da elementi di comportamento per affrontare le situazioni risolvendo o eludendo i problemi che presentano. Molti schemi evento-emozione sono universali ma esistono anche emozioni etniche, legate cioè alle esperienze vissute in particolare da alcuni popoli. Nel processo emotivo si verificano vari fenomeni fisiologici, rilevabili e misurabili ad es. il monitoraggio della pressione, la frequenza cardiaca, ritmo della respirazione, elettroencefalogramma, elettrocardiogramma, diametro pupillare, movimenti oculari. Esistono configurazioni tipiche o pattern fisiologici delle emozioni; si verificano però anche cambiamenti nella sfera del comportamento come reazioni espressive, tendenze (spinte interiori del sogg capaci di promuovere l’azione caratterizzate dalla precedenza di controllo cioè il, loro essere imperative) e comportamenti specifici. Un’emozione non è un fenomeno irrazionale anzi comporta un’attività razionale: l’appraisal è una valutazione complessiva dell’evento che scatena le reazioni individuali e si compie un’operazione di pianificazione (decidere che strategie seguire per riprendere il controllo sull’ambiente) di coping (rifinitura che si riferisce all’attuazione dei piani) e di monitoraggio. Per spiegare la natura delle emozioni e le leggi che le regolano molti studiosi hanno elaborato diverse teorie tutti consapevoli che il mondo emotivo è complesso e coinvolge tempo, funzioni psicofisiche, cognitive, ambientali e culturali. McLAREN KOHUT elementi cognitivi e affettivi che sono le componenti della risposta empatica (perspective taking, abilità di adottare il punto di vista dell’altro, e fantasia, immaginare situanti fittizie, che sono le componenti cognitive; considerazione empatica, tendenza a sperimentare compassione e preoccupazione verso l’altro, e disagio personale, consapevolezza dei propri stati i ansia, che sono le componenti affettive); Individua sei livelli essenziali dell’empatia: contagio emotivo, accuratezza empatica, regolazione emotiva, cambio di prospettiva, preoccupazione per gli altri, coinvolgimento emotivo; Se il bambino cresce con figure genitoriali in grado di ascoltarlo e comprenderlo il suo SE’ troverà nella rispota emotiva della madre e del padre confera empatca che gli permetterà di svilupparsi in maniera naturale. SROUFE Il suo sguardo sulle emozioni si pone in una prospettiva evolutiva perché consente una visione dinamica. I quattro assunti chiave nello studio dei processi emozionali sono: c’è ordine nello sviluppo, l’emozione è legata all’evoluzione in altre dimensioni dello sviluppo, le dimensioni principali dello sviluppo emozionale sono parte della stessa unità e l’adeguatezza di una descrizione evolutiva dipende dall’unificazione. Partendo da ciò, affronta l’esplorazione del dispiegarsi delle emozioni sviluppando la sua riflessione intorno ad alcuni aspetti ovvero in che modo le emozioni di base specifiche emergono, i precursori da cui le emozioni di base si sviluppano, parallelismi tra emozioni di base, cambiamenti nelle condizioni che producono reazioni emozionali, influenza tra emozione e cognizione, regolazione emozionale e differenze individuali, aspetti sociali dello sviluppo, autocontrollo emozionale. Sintetizzando al massimo, noi nasciamo con un corredo emozionale indifferenziato che si diversifica in emozioni progressivamente nel corso dello sviluppo coerentemente alla dimensione cognitiva e sociale per portare allo sviluppo delle emozioni fondamentali. Per gli otto stadi dello sviluppo emotivo consulta https://blog.edises.it/wp-content/uploads/2023/06/Tabella-degli-otto-stadi-dello-sviluppo- emotivo-di-Sroufe.pdf IZARD La teoria differenziale sostiene che fin dalla nascita l’individuo possiede un corredo emotivo costituito fa emozioni fondamentali (rabbia, tristezza, gioia, sorpresa, disgusto, disprezzo)ciascuna delle quali ha valore adattivo. L’emozione non è solo la risposta ad uno stimolo ma un’organizzazione innata che concorre a motivare un comportamento. Le prime emozioni hanno la funzione di soddisfare bisogni primari e si sviluppano procedendo dall’espressione sensorio-affettiva alle emozioni sociali. SIEGEL Gli studiosi concordano sul fatto che le emozioni hanno il compito di regolari i processi psicologici e i comportamenti sociali e interpersonali, che ne esistano alcune di base o fondamentali proprie a tutti gli esseri umani. Si tende però ad usare le definizioni di emozioni primarie e emozioni di base o fondamentali come sinonimi anche se hanno delle differenze concettuali. A chiarire questo aspetto è Siegel: le emozioni primarie sono emozioni iniziali e poco definite che talvolta ci fanno sentire incapaci di identificarle mentre altre volte riusciamo a attivare un’ulteriore valutazione attraverso la quale differenziarle e sono quelle che costituiscono le emozioni di base o fondamentali. DIMENSIONI EMOTIVE NELLA RELAZIONE EDUCATIVA E DIDATTICA Data l’importanza delle emozioni nello sviluppo cognitivo la relazione educativa non può che essere orientata anche alla valorizzazione dell’intelligenza emotiva: per far ciò il docente dovrà riconoscere ed eliminare gli ostacoli (mutamenti sociali, scarto generazionale, conflitto status- ruolo, insicurezza psicologica, interferenze emotive, stile comunicativo) alla realizzazione di un buon rapporto con gli alunni. Quindi ogni educatore dovrebbe possedere un’attitudine fondamentale cioè la disponibilità pedagogica che consente di sostenere gli alunni come persone con eguali diritti e differenti bisogni. GARDNER E LE INTELLIGENZE MULTIPLE La sua teoria si propone di individuare selettivamente intelligenze che affondino le loro radici nella biologia e facciano riferimento a operazioni neuronali centrali identificabili. Partendo dalla critica ai test del QI, inadeguati a evidenziare forme molteplici di intelligenza, sostiene che la visione di un’intelligenza unica vada sostituita con l’ipotesi della presenza di intelligenze multiple legate a diversi ambiti della conoscenza e a diverse abilità specifiche. Se esistono diversi tipi di intelligenza, Gardner si pone il problema di formulare una definizione dell’intelligenza stessa: è un’abilità con cui risolvere un problema o con cui realizzare un prodotto che ha valore in uno o più contesti culturali. Questa definizione apre le porte all’individuazione delle sue tante forme, nove per la precisione, che sono: intelligenza linguistica, logico-matematica, musicale, spaziale, cinestetica, interpersonale, intrapersonale, naturalistica, filosofico-esistenziale. Le nove intelligenze rappresentano per Gardner la definizione stessa di homo sapiens: ciascun uomo è la sintesi di un dosaggio unico ed esclusivo di queste intelligenze. GOLEMAN E L’INTELLIGENZA EMOTIVA L’intelligenza emotiva può essere sviluppata e Goleman individua le caratteristiche fondamentali che, a suo avviso, un’intelligenza emotiva ben sviluppata dovrebbe avere: consapevolezza di sé (autoconsapevolezza), dominio di sé (autocontrollo), motivazione, empatia (abilità di saper leggere e comprendere le emozioni altri; propone una differenza tra tre tipi di empatia: cognitiva (comprendere come gli altri vedono il mondo e che ne pensano) emotiva (Ci permette di provare in tempo reale le emozioni degli altri) preoccupazione empatica (si basa sugli antichi circuiti dei mammiferi relativi alla cura degli altri e allevamento della prole e favorisce queste qualità. La capacità empatica perché ci permette di mettere in atto comportamenti cooperativi e prosociali) e abilità sociale. Sviluppare la competenza emotiva è un obiettivo che la società non può e non deve ignorare per questo nasce l’idea di mettere a punto dei percorsi di apprendimento socio-emotivo detti SEL (social emotional learning) e CASEL (collaborative for academic, social and emotional learning). Secondo il CASEL esistono cinque diverse dimensioni che il SEL può promuovere e sono: autoconsapevolezza, autoregolazione, prendere decisioni responsabilmente, gestire le relazioni sociali e consapevolezza sociale. Socializzazione e aggressività in età scolare L’aggressività è una pulsione sana e funzionale a bisogni di crescita del bambino; secondo Winnicott è un impulso naturale che va incanalato nella giusta direzione perché se mal gestita l’aggressività può diventare distruttiva per sé e per gli altri. Per incanalare l’aggressività è importante riconoscerla dentro di sé dando un nome e un significato alle azioni messe in atto trasformandole in emozioni, poi in sentimenti, infine in intenzioni. La canalizzazione e l’espressione degli impulsi aggressivi è tra i compiti evolutivi che necessitano del sostegno genitoriale; proprio ad alcuni stili educativi (troppo permissivo, con un clima educativo incoerente, disinteresse per il bambino, mancanza di empatia) infatti è correlata una maggiore incidenza di comportamenti aggressivi nei bambini. Quando si parla di aggressività va distinta l’aggressività strumentale (volta ad ottenere qualcosa) dalle condotte ostili (volte ad arrecare danno). E’ importante distinguere anche tra aggressività reattiva (condotte in risposta a una provocazione intesa come minaccia) dall’aggressività proattiva (non espressa come risposta a uno stimolo). L’aggressività è energia che, se presente in eccesso o mal gestita, ha buone probabilità di diventare “patologica” favorendo la strutturazione di particolari disturbi come l’iperattività (con o senza deficit di attenzione, è caratterizzata dall’aumento dell’attività motoria, irrequietezza e difficoltà di concentrazione, influisce negativamente sul rendimento scolastico e di conseguenza sulla motivazione e sull’autostima) o i comportamenti oppositivo-provocatori (atteggiamento aggressivo-distruttivo, disubbidienza, ostilità verso le figure autoritarie) che, se mancasse un’intervento adeguato, potrebbero dare luogo a comportamenti antisociali quali vandalismo, abuso di sostanze e bullismo. Per contenere l’aggressività è fondamentale la capacità di accettare e gestire le frustrazioni che scaturiscono da un conflitto emozionale irrisolto . Nonostante la complessità delle risposte individuali alle situazioni frustranti, alcuni di questi comportamenti per la frequenza con cui compaiono sono stati isolati e definiti meccanismi di difesa ed hanno in comune la caratteristica dell’autoinganno (si manifesta con la negazione e il mascheramento). Attraverso la razionalizzazione si attribuiscono a azioni impulsive ragioni logiche legittimando la condotta sulla base di motivazioni desiderabili: forme particolari di razionalizzazione sono la proiezione (nascondere a se stessi una motivazione palesando in maniera evidente il suo opposto) e la dissociazione (è un meccanismo di difesa che coinvolge una separazione o una disconnessione tra pensieri, sentimenti o esperienze al fine di evitare il disagio o il conflitto) individuabile nei movimenti coatti (gesti che il sogg. si sente costretto a ripetere continuamente senza alcuna partecipazione emotiva) e nella teorizzazione eccessiva (pensare/parlare di una cosa diventa un sostituto dell’azione). Quando l’impulso che non si vuole riconoscere viene negato completamente scatta la rimozione, in cui l’individuo non è consapevole delle pulsioni represse. Nella sostituzione invece scopi inaccettabili vengono sostituiti da altri socialmente approvate e attività destinate al fallimento vengono sostituite da attività produttive; in questo meccanismo si distinguono due forme ovvero la sublimazione (spinte ostili esistenti nell’individuo trovano Creatività e pensiero divergente La creatività è la capacità di esprimere intuizioni (insight) dinanzi a a situazioni nuove o impreviste e si manifesta come l’abilità di trovare soluzioni efficaci rispetto a problemi da risolvere. E’ una caratteristica multidimensionale che si avvale di un approccio multilogico dunque risulta difficile definirla in modo univoco e universalmente riconoscibile. In quanto complessa proprietà mentale, la creatività non può essere associata a un singolo gene né a un piccolo insieme di geni sinergici, non è possibile localizzarla in una specifica regione cerebrale quindi non è una funzione specifica del nostro cervello ma è conseguenza del suo modo di funzionare. Nell’ambito dello studio della creatività un processo viene definito produttivo, laterale o divergente ed è proprio quest’ultimo che caratterizza di più il profilo dei sogg. creativi. GUILFORD Guilford ha elaborato un modello multifattoriale e creativo dell’intelligenza individuando tre categorie intellettive comprendenti ognuna un certo numero di abilità che sono: operazioni mentali (cognizione, ipotesi, memoria, capacità di scelta e verifica, produzione del pensiero convergente , soprattutto, divergente), prodotti (o organizzazioni dell’informazione che si costituiscono in unità, classi, relazioni, sistemi, trasformazioni, implicazioni) e contenuti ideativi (la rappresentazione dell’informazione cioè il modo in cui l’info viene presentata all’individuo che svolge il compito e sono schemi, simboli, forme semantiche, schemi comportamentali). Di particolare interesse in questa struttura è la distinzione che fa tra pensiero convergente e divergente nell’ambito delle operazioni mentali: se nell’affrontare un problema il pensiero convergente si orienta in direzione lineare verso l’unica soluzione possibile; il pensiero divergente produce più idee e soluzione scegliendo quella più adatta all’obiettivo con evidenti effetti di originalità e innovazione. Se la creatività è una fondamentale facoltà cognitiva occorre che il sistema scolastico non tralasci questo aspetto anche se sembra che l’inclinazione al pensiero divergente e all’autonomia non siano valutate positivamente. La didattica tradizionale valorizza una sorta di conformazione ma lo studente non va visto come un individuo che fornisce risposte a domande ma come individuo che rielabora gli stimoli ricevuti per elaborare risposte personali. DE BONO E’ il creatore del concetto di pensiero laterale: se si affronta un problema con il metodo razionale di pensiero si ottengono risultati corretti ma limitati dalla rigidità dei modelli logici tradizionali; se si chiede una soluzione veramente diversa e innovativa occorre abbandonare il pensiero verticale, basato sulle deduzioni logiche, per entrare nella lateralità del pensiero creativo. MEDNICK Nella sua teoria associativa del pensiero creativo sostiene che il pensiero creativo è un processo attraverso cui elementi disparati si uniscono in nuove combinazioni per elaborare una nuova proposta utile all’individuo e alla società. L’individuo può produrre soluzioni creative attraverso tre processi: serendipity (associazione tra concetti avvenuta in modo casuale che produce un risultato nuovo rispetto all’usuale), similarity (somiglianza, associazioni di elementi simili), mediation (riflessione sugli elementi). WALLAS- ROSSMANN- EINDHOVEN- VINACKE- OSBORN-JOHNSON Si deve la lui la descrizione più nota del processo creativo suddivisa in 4 fasi: preparazione (l’individuo raccoglie i dati, pensa in modo libero, cerca e ascolta suggerimenti), incubazione (cova le sue idee), illuminazione (intuizione improvvisa, qualcosa tra un’impressione e una soluzione), verifica (l’intuizione viene formulata in termini di argomentazione formale per verificarne la consistenza). Partendo da questa classificazione Rossmann parla di sette stadi (osservazione di un bisogno, analisi del bisogno, rassegna delle ino disponibili, formulaz. probabili soluzioni, analisi critica, invenzione, sperimentazione) mentre Eindhoven e Vinacke ritengono necessario inserire diverse fasi per descrivere l’attività degli artisti e le differenze tra sogg. esperti o meno. Osborn torna al numero sette individuando preparazione, analisi, ideazione, incubazione, nuova sintesi, valutazione; infine Johnson sostiene che tutto possa essere ridotto a preparazione, produzione e giudizio. JAOUI Ideatore del metodo PAPSA che sistematizza le tappe del processo creativo basandosi su 5 fasi: percezione, analisi, produzione, selezione e applicazione. AMABILE Ha sviluppato il metodo CAT (Consensual Assessment Technique) per la valutazione psicometrica della creatività che consiste nel chiedere al partecipante di creare un oggetto affinché venga valutato individualmente da un gruppo di giudici. Sostiene che quando gli individui sono impegnati in lavori che amano e sono valorizzati e riconosciuti in quelle attività allora la creatività viene fuori in tutta la sua esuberanza. La componente creativa è la risultante dell’interazione tra abilità nel contesto d’azione, competenze di pensiero creativo e motivazione intrinseca. GENTILE La creatività è la capacità di esprimere ciò che si è mediante il pensare, l’agire e l’intuire. L’intuizione creativa è fondamentale perché permette di migliorare la comprensione delle situazioni problematiche, ipotizzare e trovare soluzioni alternative, originale e innovative; è un’esigenza inderogabile dell’attuale società. ARIETI La creatività si origina dalla dialettica tra convergenza e divergenza per confluire in una “sintesi magica”. Opera una distinzione tra creatività ordinaria (capacità che può migliorare la vita della persona rendendola più piena e soddisfacente) e creatività straordinaria (da vita a creazioni di altissimo valore in grado di concorrere allo sviluppo umano e al progresso della società). RODARI La creatività è la capacità di manipolare la realtà; è una continua dialettica tra dissociazione ricombinazione, un sinonimo di pensiero divergente che trova applicazione nella tecnica del binomio fantastico (secondo cui avvicinare due parole insolite e apparentemente estranee permette lo sviluppo di abbinamenti creativi con cui raccontare storie inusitate e originali). MUNARI Il segno è libero, irriverente, anticonvenzionale; accostando forme a parole scatena l’immaginazione sotto forma di gioco e giocare con le cose ci aiuta a conoscerle meglio. La creatività si forma e si trasforma continuamente e va stimolata offrendo al bambino strumenti adeguati e finalizzati ad attivare il pensiero divergente come il laboratorio (luogo in cui attuare possibilità di ricerca di tutte le soluzioni possibili). MALAGUZZI Malaguzzi fa coincidere la creatività con l’apprendimento per scoperta. L’originalità del suo pensiero riguarda la genesi del pensiero creativo in stretto legame con l’apprendimento: ogni atto di apprendimento è anche un atto creativo dunque è necessario predisporre un ambiente rassicurante in cui il bambino possa indagare, sperimentare, esprimersi e sbagliare. RENZULLI Ha sviluppato con Reis un sistema per lo sviluppo del talento di tutti gli studenti noto con la sigla SEM (the schoolwide enrichment model). Si pone l’obiettivo di promuovere abilità logiche, pratiche e creatività partendo dalla valutazione del potenziale di ciascuno da attuare secondo il modello dei tre anelli “un mix di talento, creatività e motivazione”. MENCARELLI Definisce la creatività come uno stato di interfunzionalità: è una caratteristica generale della personalità ed emerge in ogni suo tratto permettendo all’individuo di attuarsi psichicamente in continuo rinnovamento. Per questo va sollecitata in tutti gli alunni in modo che la loro autorealizzazione possa avere senso compito. In questa prospettiva la creatività è un vero e proprio diritto personale, una profonda esigenza sociale che coinvolge tutto il potenziale umano. DEMETRIO Esiste un nesso molto forte tra scrittura e creatività che sta nella trasformazione: creatività come trasformazione dell’esistente e opposizione a chi non vuole assolutamente trasformare l’esistente, da qui la sua natura sociale e politica. KOESTLER Non esiste persona senza creatività; occorre orientare la mente nella ricerca di una molteplicità di punti di vista che consentano nuove interpretazioni della realtà spesso inaspettatamente risolutive. Questo orizzonte di ricerca determina la distinzione tra pensiero verticale e pensiero laterale (che segue la logica dell’intuizione creativa). RUNCO Dedica ampio spazio al concetto di flessibilità che ritiene l’elemento più importante della creatività stessa perché rende possibile trovare soluzioni nuove e guardare le cose da un punto di Stili di apprendimento, mediazione didattica e strategie innovative Nella letteratura pedagogica, l’osservazione è uno strumento di ricerca qualitativo in grado di evidenziare il ruolo positivo degli elementi di complessità e discontinuità che giocano nelle situazioni di apprendimento. E’ possibile distingue tra osservazione diretta (non prevede l’uso di strumenti specifici che diano la possibilità di visione differita dell’attività, si divide in diretta partecipata e non partecipata); osservazione indiretta (uso di strumenti per una visione differita dell’attività); osservazione distaccata (rivolta alla rilevazione del comportamento); osservazione mirata o intenzionale (permette di cogliere in modo specifico e mirato un spetto della vita del sogg.) e osservazione guidata (permettte di cogliere l’evoluzione del sogg.). In ambito educativo, il metodo di osservazione per eccellenza è quello partecipante i cui strumenti principi sono la personalità dell’osservatore e l’uso di strumenti quali diario, schede e/o griglie di osservazione, audio-video registrazioni, questionari, interviste, test. Le osservazioni vanno raccolte, registrate, interpretate, discusse. METODO-METODOLOGIA-TECNICA-PRTICHE DIDATTICHE-CURRICOLO In ambito educativo si intende per metodo l’insieme strutturato di procedure che definiscono il modo di operare in classe e trovano giustificazione in specifiche teorie dell’apprendimento. Per metodologia si intende lo studio dei metodi oppure un insieme strutturato di procedure didattiche; per alcuni il metodo sarebbe il metodo specifico di implementare l’apprendimento e la metodologia sarebbe un insieme più complesso di procedure didattiche che si rifanno a principi filosofici, modelli educativi e teorie fondanti specifiche. La tecnica è il modo di procedere per giungere alla realizzazione di un prodotto, saper fare per raggiungere uno scopo. Le pratiche didattiche sono le procedure didattiche concrete messe in atto dagli insegnanti che sono il risultato di competenze acquisite teoricamente, dello scambio comunicativo condiviso con gli altri insegnati e della propria capacità intuitiva di calibrare la teoria alle esigenze concrete deli alunni. Il termine curricolo significa percorso di apprendimento flessibile e programmato. DALLA DIDATTICA DEGLI ANNI ‘50 ALLE NUOVE PROSPETTIVE DELLA DIDATTICA COSTRUTTIVISTA Negli anni ‘50 l’innovazione didattica ispirata all’attivismo deweyano inizia a vacillare, la svolta che si viene a determinare porta a una nuova didattica di taglio oggettivistico che dominerà in occidente fino agli anni ‘80 quando subentra la didattica costruttivista. La didattica che nasce negli anni ‘50 è basata sull’organizzazione curriculare scientifico- razionale, lezioni sequenziali, valutazione oggettiva degli apprendimenti, l’intelligenza è unica e il suo apice è il pensiero logico-deduttivo. E’ una didattica che nasce dall’idea neopositivistica che la conoscenza è rispecchiamento della realtà, è formalizzabile, si può la conoscenza è prodotto di una costruzione attiva del sogg; la conoscenza ha carattere situato cioè è condizionata da una componente soggettiva ancorata al contesto; la conoscenza si svolge attraverso forme di collaborazione e negoziazione sociale. articolare in sotto-conoscenze ed è implementabile in una macchina. Questa idea si consolida nel tempo e negli anni ‘70 il personal computer è visto come un possibile sostituto dell’insegnante; tuttavia nel corso degli anni ‘80 questa didattica oggettivistica inizia a vacillare e il nuovo filone che trova spazio è il costruttivismo che affonda le sue radici nella fenomenologia di Husserl e nel pensiero di Nietzsche e Freud e che riprende alcune idee dell’attivismo deweyano immettendo nella didattica le TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione). Questa appaiono come strumenti che favoriscono lo scambio comunicativo e delle informazioni e che in parte modificano i processi di apprendimento. Il costruttivismo si basa su tre cardini: La ricerca didattica si focalizza sui sogg. dell’apprendimento, sul team di soggetti che insegna, sui processi di insegnamento-apprendimento, sulle modalità attraverso cui avviene l’apprendimento, sull’ambiente di apprendimento, sui sussidi didattici, sui contesti in cui avviene la formazione e sulle indicazioni normative nazionali e sovranazionali. E’ un ambito molto vasto! Questo significa che l’elaborazione di un determinato modello didattico è il risultato degli esiti della ricerca in campo psico-pedagogico, delle modalità di organizzazione e azione della scuola in un certo paese, del confronto tra modelli formativi dei vari paesi, tra i diversi contesti formativi di una stessa società (formali, informali, non formali). Tra i vari metodi di investigazione [che sono la ricerca teorica (usa letteratura esistente sull’argomento), la ricerca empirica (osserva le metodologie esistenti in atto), la ricerca- intervento (elabora nuove strategie e le mette in atto), la ricerca partecipata (condivide con la comunità scientifica i risultati ottenuti), la ricerca sperimentale (mette in atto strategie rimodulate per testarne l’efficacia) e la ricerca-azione (rimodula strategie sulla base dei risultati)] la ricerca-azione è il modello più congeniale al campo della didattica. Nata negli anni ‘60 in Inghilterra e accolta in Italia negli anni ‘80, è una forma di indagine critica e autoriflessiva sulla pratica che parte da un problema allo scopo di costruire forme di conoscenza contestualizzate e finalizzate a produrre cambiamenti con le pratiche formative. L’obiettivo del sistema educativo, alla luce delle teorie pedagogiche, dovrebbe essere la trasmissione di contenuti, valori, competenze e abilità: la nuova didattica non abbandona del tutto la tradizionale in quanto contenuti e valori restano imprescindibili; ad essi però vanno aggiunte le competenze. STRATEGIE DIDATTICHE PER L’APPRENDIMENTO L’apprendimento è il processo psichico che consente una modificazione durevole del comportamento per effetto dell’esperienza. Si è soliti distingue l’apprendimento associativo, fondato sulla relazione stimolo-risposta, dall’apprendimento cognitivo (ce ne sono due tipi nel primo il sogg. acquisisce contenuti mentali e l’esperienza non modifica il comportamento, il secondo è l’insight o intuito) che coinvolge la percezione, l’intelligenza, i processi cognitivi propri dell’uomo. Per comprendere quali siano le strategie da applicare occorre conoscere gli stile cognitivo e lo stile di apprendimento. NON SONO LA STESSA COSA: lo stile cognitivo è una modalità prevalente di elaborazione delle informazioni, una tendenza a utilizzare determinate strategie e ha ricadute su tutti i processi cognitivi tra cui ovviamente anche l’apprendimento. Sa per riconoscere lo stile cognitivo dello studente è fondamentale per comprendere quale sia il suo stile di apprendimento. Stenberg propone una classificazione degli stili cognitivi: Un’altra classificazione tra le più note è quella di Miller: Didattica per concetti in cui si progettano percorsi interdisciplinari partendo dalla rappresentazione di un tema centrale e i sotto-argomenti connessi con la costruzione di mappe concettuali allo scopo di far acquisire all’allievo la capacità di trasformare idee spontanee in concetti sistematici. Didattica metacognitiva che sostiene che l’obiettivo primario di ogni percorso formativo sia l’acquisizione della abilità metacognitive in termini di consapevolezza dei processi cognitivi e controllo nell’esecuzione dei compiti mentali, in sostanza imparare ad imparare. Didattica dell’errore che si fonda sul riconoscimento del valore positivo e potenzialmente fecondo dell’errore. Didattica orientativa è un’impostazione di insegnamento che mira a favorire le scelte autonome degli alunni, a far maturare la consapevolezza delle proprie inclinazioni affettive, percorsi possibili e probabili prospettive. Didattica speciale che si fonda sull’urgenza di rendere le proposte didattiche flessibili, varie e calibrate sui bisogni di ciascun individuo all’interno del gruppo classe. Didattica multimediale che si occupa in generale del ruolo delle nuove tecnolgie nei Strettamente collegato alla riflessione sull’apprendimento e sui diversi stili è il tema della motivazione ad apprendere. Il concetto di motivazione ha molte classificazioni e interpretazioni che differiscono tra loro ma si può generalmente distinguere tra motivazione estrinseca, che deriva da fattori esterni come lodi, complimenti o paura di una punizione, e motivazione intrinseca, che proviene da un bisogno interiore. Altra distinzione è tra motivazione diretta che mira ad oggetti immediatamente fruibili e piacevoli, e indiretta, quando spinge a perseguire obiettivi non immediatamente piacevoli ma che permette d raggiungerne altri che lo sono. A dedicare una specifica attenzione allo studio della motivazione e dei bisogni che la sottendono è Maslow che costruisce una piramide dei bisogni fondamentali: Una volta definita questa scala Maslow precisa che non vada intesa rigidamente. Comprendere i bisogni di una persona è il primo passo per comprendere cosa offrirgli in risposta e come farlo, con quali stimoli e in che modo guidarla nell’apprendimento (che non è quello che si manifesta come mutamento del comportamento ma come mutamento dello sviluppo personale, come moto verso l’autorealizzazione. LE PRINCIPALI METODOLOGIE DIDATTICHE IN USO OGGI Didattica laboratoriale che vede il laboratorio come luogo fisico e mentale che pone il sogg. al centro dell’apprendimento. Didattica per competenze sposta il focus dallo sviluppo dei saperi, intesi come conoscenze e abilità, ponendosi l’obiettivo di una formazione globale dell’individuo in tutte le sue dimensioni che coinvolgono il sapere, il saper fare e il saper essere. cooperative learning o apprendimento cooperativo è un insieme di tecniche di conduzione della classe grazie alle quali gli alunni lavorano in piccoli gruppi (da 2 a 6) per le attività di apprendimento e ricevono valutazioni in base ai risultati peer education/peer collaboration/peer tutoring è il modello di apprendimento tra pari o persone appartenenti al medesimo gruppo brainstorming ideato da Osborn è finalizzato alla produzione di idee nuove per risolvere in modo creativo un problema, si basa sul principio secondo cui le idee si concatenano per analogia o in libere associazioni e che le idee degli altri stimolano le proprie produzioni creative problem solving metodologia finalizzata la favorire un approccio di ricerca , a potenziare il pensiero critico e il ragionamento e si realizza presentando un argomento non nella sua interezza ma come questione da risolvere role play tecnica trasversale finalizzata a potenziare la comunicazione in tutte le sue caratterizzazioni, l’immedesimazione e l’educazione emotiva circle time come la precedente è recuperata dalla psicologia ma a differenza del role play qui la parola viene data a tutti nello scorrere circolare da una persona all’altre allo scopo di favorire educazione emotiva e coesione del gruppo classe lezione frontale dialogata si sviluppa nell’alternanza tra questioni e risposte sostenuta con appositi supporti come presentazioni multimediali , mappe concettuali, glossari, griglie, diagrammi e grafici mastery learning metodo di insegnamento individualizzato che permette agli alunni di assumersi la responsabilità del proprio apprendimento puntando allo sviluppo di abilità metacognitive service learning unisce il service (cittadinanza, azioni solidali, volontariato) al learning (apprendimento significativo)compiere azioni concrete solidali nei confronti della comunità lezione partecipata centrata sull’alunno e le sue esigenze formative e richiede all’insegnante di preparare una progettazione flessibile, prevede che il docente sia sempre pronto a rispondere a domande e modificare leggermente il percorso programmato per soddisfare la richiesta di spiegazioni su un tema collaterale rispetto al tema centrale della lezione processi formativi e nei cambiamenti di strategie e strumenti didattici resi necessari dal loro sviluppo. LE NUOVE METODOLOGIE DIDATTICHE La didattica dell’ultimo ventennio individua nuove metodologie al fine di superare i limiti della lezione frontale; si diversificano sulla base delle discipline di studio e sono caratterizzate da un approccio più complesso, ma pongono al centro la persona e l’idea di formazione come lifelong learning. Alcuni esempi di tecniche e metodologie didattiche innovative sono: community of learners modo di organizzare la classe per sensibilizzare ogni soggetto al fine di fargli acquisisre sempre maggiore autonomia jigsaw sviluppata da Aronson negli ani ‘70 consiste nel dividere la classe in gruppi e dare a ciascun membro di ciascun gruppo solo una parte dei dati necessaria a svolgere l’intero compito e, proprio come ogni tessera del puzzle è essenziale per completare il quadro, così il suo intervento diventa fondamentale per la comprensione e il completamento del compio assegnato reciprocal teaching imparare dagli altri membri di un gruppo di lavoro tramite la richiesta di spiegazioni team teaching due docenti collaborano tra loro nel realizzare la didattica per un gruppo di alunni abbastanza ampio, di solito si affianca all’apprednimento cooperativo ricerca-azione interazione costante e pari dignità tra docente e alunno business game giochi di ruolo caratterizzati dal contesto simulato, i giocatori si confrontano su problematiche manageriali metodologia EAS apprendimento situato introdotto da Rivoltella articolato in fase preparatoria, operatoria e ristrutturativa attuando il capovolgimento della lezione frontale in quanto in ogni fase vengono individuate le azioni del docente e degli studenti riconducendole a una determinata logica didattica tinkering usata in particolare per le materie STEM è una forma di apprendimento informale in cui in gruppo e mediante attività proposte in forma di gioco o sfida gli alunni vengono incoraggiati a sperimentare e stimolati sviluppare la propria attitudine alla risoluzione di problemi. valutazione iniziale o ex ante è la fase di raccolta info e dati che avviene prima dell’inizio del percorso didattico e suole anche definirsi valutazione diagnostica (analisi della situazione di partenza individuale e collettiva), valutazione dei prerequisiti d’ingresso (test volto a valutare il possesso da parte dell’allievo di competenze e conoscenze necessarie al processo insegnamento-apprendimento) o valutazione analogica (si sforza di individuare eventuali difficoltà che potrebbero insorgere nel processo di insegnamento-apprendimento; valutazione in itinere o on going definita comunemente valutazione continua o di processo nella misura in cui accompagna quotidianamente la realizzazione dell’intervento; valutazione finale o ex post che si ha a conclusione di un intervento allo scopo di rilevare i fattori di successo o fallimento, è detta anche discreta o puntuale. La valutazione in ambito scolastico Una delle classificazioni valutative è quella che riguarda le sue fasi temporali: La valutazione ha molteplici funzioni: serve al docente per capire come regolare le didattiche, agli studenti per capire a che punto sono arrivati, alle famiglie per avere consapevolezza degli obiettivi raggiunti dai figli e alla scuola per proporre correttivi e integrazioni. Queste funzioni vanno considerate in un quadro complessivo di rinnovamento dei sistemi scolastici e sono riconducibili a tre livelli principali di valutazione cioè micro (a livello classe dai singoli docenti delle singole discipline) meso (attuata dall’insieme dei docenti delle diverse classi di un istituto) e macro valutazione (riferita al sistema nazionale). obiettivi, analisi del contesto, degli input e sul processo di sviluppo dell’azione educativa; modello UTO ( Utterance-Time-Observer) di Cronbach sviluppato per esaminare come l'osservatore (insegnante o valutatore) può rilevare e interpretare le risposte degli studenti durante il processo di apprendimento. Il modello sottolinea tre fattori principali: utterance o esternazione (gli studenti esprimono le loro idee e risposte in vari modi, come attraverso il parlato, la scrittura o altre forme di comunicazione), time o tempo (importante perché gli studenti possono rispondere in momenti diversi, e le loro risposte possono evolversi nel tempo) e observer o osservatore (insegnante o il valutatore deve interpretare e dare significato alle esternazioni degli studenti nel contesto dell'apprendimento); discrepancy evaluation (valutazione della discrepanza) di Provus si concentra sull'analisi delle differenze tra ciò che è stato pianificato o previsto in un programma educativo e ciò che è stato effettivamente raggiunto o realizzato durante o dopo l'implementazione del programma; contenance e responsive evaluation di Stake è un modello idiografico con carattere olistico, sistemico ed ermeneutico; la valutazione della "contenance" si concentra sull'analisi e sulla comprensione delle caratteristiche intrinseche di un programma o di un intervento. Si tratta di capire cosa c'è all'interno del programma, quali sono gli elementi chiave, le componenti e le caratteristiche. La valutazione "responsive" si concentra sulla risposta del programma alle esigenze e alle sfide che emergono durante l'implementazione. Questo tipo di valutazione è orientato all'adattamento e cerca di determinare se il programma è in grado di rispondere in modo flessibile e efficace ai cambiamenti o alle situazioni impreviste; goal-free evaluation di Scriven ovvero valutazione libera da obiettivi in cui il valutatore cerca di comprendere sviluppo ed evoluzione del progetto educativo e dei risultati conseguiti senza farsi condizionare troppo dagli obiettivi di partenza; connoisseurship evaluation di Eisner che si concentra sulla prospettiva dell'esperto o del conoscitore. In questa valutazione, un esperto nel campo specifico utilizza la propria esperienza, comprensione e intuizione per valutare un programma o un'attività educativa; valutazione formativa di Calonghi e Hadij si concentra sull'identificazione tempestiva delle lacune e delle sfide degli studenti per apportare correzioni e miglioramenti immediati; valutazione alternativa o autentica di Wiggins l’espressione viene inizialmente proposta per indicare una valutazione che è volta ad accertare non ciò che lo studente sa ma ciò che sa fare con ciò che sa. Ribadisce l’importanza di mettere l’alunno al dentro dell’esperienza didattico-educativa; la didattica che fa capo a questo modello è quella che procede per problemi reali; valutazione riflessiva si fonda sul concetto di riflessività dell’agire valutativo; è Perla che ci fa capire cosa dobbiamo intendere per valutazione riflessiva che corrisponde a un processo interno di monitoraggio del percorso formativo del sogg. nel quale in divenire è reso oggetto sistematico di riflessione. Modelli di valutazione riflessiva sono l’autovalutazione degli apprendimenti (in cui l’insegnante ha un ruolo di regia e sostegno tecnico e trova spazio nella peer education, nel cooperative learning e nell’insegnamento reciproco), l’autovalutazione dell’insegnamento (come via di promozione dello sviluppo professionale attraverso l’acquisizne del punto di vista dell’osservatore a posteriori) e l’autovalutazione le prove tradizionali non garantiscono precisione valutativa ma possono essere utilizzate a condizione che vengano stabiliti dei criteri-guida e che vengano costruite griglie valutative; le prove strutturate o oggettive consentono di predeterminare l’esattezza delle risposte rispetto al momento della somministrazione non lasciano alcuna ambiguità interpretativa in quanto l’oggettività della prova sta nel fatto che il punteggio attribuibile rimane identico al variare del correttore e sono di cinque tipi quesiti vero-falso, scelta multipla, completamento, corrispondenza e riordinamento; le prove semistrutturate sono a metà tra le precedenti perché presentano stimoli chiusi e risposte aperte limitate da vincoli prescrittivi che permettono di stabilire con precisione i criteri di correzione e sono domande strutturate, saggi brevi, riassunti, rapporti di ricerca, colloqui strutturati-libero-semistrutturato e riflessione parlata. bias di conferma radicato nei sogg. che hanno bisogno di essere d’accordo con gli atri (valuto negativamente un alunno perché anche gli altri colleghi lo fanno); bias di genere tendenza di alterare la valutazione in base al sesso; fallacia di Gabler tendenza a dare rilevanza al passato condizionando i giudizi nel presente quindi chi è sempre stato valutato positivamente sarà ancora valutato positivamente e il contrario ovviamente; bias dello status-quo distorsione valutativa dovuta alla resistenza al cambiamento; bias della somiglianza tendenza del docente con forte autostima a sopravvalutare allievi con caratteristiche analoghe alle sue; bias della negatività difetto dovuto all’attenzione verso gli elementi negativi cui si da maggior peso rispetto ai successi raggiunti; bias della prioiezione cioè proiettare sugli altri le proprie convinzione; bias dell’indulgenza che porta i docenti che si ritengono comprensivi a valutazioni elastiche, al contrario i docenti poco flessibili generano l’effetto severità cioè svalutazione delle prestazioni; effetto di contrasto è quel bias che si presenta quando un docente valuta un alunno sottoposto a verifica dopo una prestazione brillante di un altro compagno; effetto alone si ha quando il docente tende a trasferire il giudizio in altri contesti non inerenti; effetto stereotipia è la situazione in cui l’opinione dell’insegnante su un allievo, in relazione alla sua appartenenza socio-culturale o a certi tratti di personalità ad esempio, risulta difficilmente modificabile e influenza la valutazione sull’apprendimento; errore di tendenza centrale è il bias che consiste nell’ostinazione a utilizzare sono la prte centrale della griglia di valutazione (solo voti da 3 a 8). delle scuole. Le prove di verifica e di valutazione delle conoscenze degli allievi sono diverse e cambiano in base al compito proposto: Esistono però una serie di fattori che producono una distorsione della valutazione che occorre conoscere per evitarli: con l’espressione bias valutativi ci si riferisce infatti proprio a quegli errori di giudizio dovuti a dinamiche psicologiche che si instaurano nel contesto in cui i docente opera. I più frequenti sono: Occorre evitare sia atteggiamenti sconfortanti che generano l’effetto Pigmalione, cioè la convinzione di essere un’incapace, sia ingiustificati feedback positivi che abbassano la soglia di attenzione . La progettazione del curricolo La scuola italiana ha sempre conosciuto i “programmi” cioè le prescrizioni ministeriali sui contenti e le metodologie di insegnamento; superata l’emanazione gerarchica di questi ultimi, grazie all’autonomia (intesa come garanzia del successo formativo, come capacità di progettazione curriculare, come capacità di integrare il curricolo col territorio e come capacità di delineare percorsi di apprendimento) scolastica e al dialogo con famiglie, studenti, istituzioni e formazioni sociali sul territorio, ora invece di parla di “indicazioni”. L’autonomia delle singole scuole si sostanzia nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) che è il documento che costituisce l’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche esplicitando progettazione curriculare, extracurriculare, organizzativa ed educativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia (DPR 275/1999). In breve dal Ministero vengono fissati quegli obiettivi (formativi e di apprendimento) da raggiungere alla fine di ogni percorso formativo che garantiscono omogeneità dei risultati; le discipline e le attività che verranno svolte durante il percorso formativo costituiscono il curricolo e solo questa parte o quota del curricolo è comune a tutte le scuole a livello nazionale. La parte o quota del curricolo spettante alle singole istituzioni scolastiche viene definita quota dell’autonomia (determinata dalle richieste di alunni e famiglie, dalle istante rilevate sul territorio e provenienti dagli enti locali, dalle osservazioni dei docenti, dai bisogni di individualizzazione degli alunni disabili, dalla necessità di fornire orientamento nei percorsi formativi). In tutti i casi si devono garantire gli obiettivi formativi generali indicati nel Profilo Educativo, Culturale e Professionale (PECUP) dello studente in uscita dal percorso di studi. Se gli obiettivi formativi e di apprendimento sono fissati dal Ministero e restano imprescindibili, alla scuola resta il compito di tracciare il percorso che condurrà lo studente al raggiungimento degli stessi; di conseguenza l’autonomia si traduce anche nella facoltà di creare i percorsi di apprendimento ritenuti più efficaci. ASSI CULTURALI E COMPETENZE CHIAVE L’obiettivo al termine dell’obbligo s’istruzione è il conseguimento delle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente: queste competenze sono sia strettamente disciplinari che trasversali. Vi sono infatti quattro assi culturali strategici (asse dei linguaggi: padronanza della lingua italiana, utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunicativi e operativi, utilizzare gli strumenti per la fruizione del patrimonio artistico e letterario, utilizzare e produrre testi multimediali; asse matematico: tecniche e procedure del calcolo aritmetico e algebrico, confronto e analisi figure geometriche, individuare strategie per risolvere problemi, analisi e interpretazione dati per sviluppare ragionamenti; asse scientifico-tecnologico: osservare e descrivere e analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni della realtà naturale e artificiale, consapevolezza dei limiti e potenzialità delle tecnologie; asse storico-sociale: comprendere il cambiamento e la diversità dei tempi storici, saper collocare la propria esperienza personale in un sistema di regole fondato sulla costituzione, riconoscere caratteristiche del sistema socio-economico per orientarsi nel tessuto produttivo) e sette competenze chiave per la cittadinanza attiva (imparare ad imparare, progettare, comunicare, collaborare e partecipare, risolvere problemi, individuare collegamenti e relazioni, acquisire e la didattica per competenze caratterizzata da compito e lavoro di gruppo (l competenza si sviluppa mediante lo svolgimento di un compito assegnato a un gruppo), apprendimento significativo (la competenza matura solo quando abilità e conoscenze sono acquisite a livello profondo, significativo di padronanza), ambiente di apprendimento (per permettere allo studente di associare significati alle proprie conoscenze e abilità è necessario che il docente determini un ambiente di apprendimento che non è solo un luogo fisico ma insieme di relazioni e interazioni positive), didattica laboratoriale (inteso non come luogo ma come approccio alla conoscenza) e collegamenti tra discipline; la pedagogia del progetto cioè un modo di approcciare l’attività didattica basato sui progetti (intesi come compiti che si possono delineare come risoluzioni di problemi o realizzazione di prodotti caratterizzati anche dal lavoro di gruppo per far maturare competenze sociali e relazionali); la già citata didattica laboratoriale è uno dei punti chiave perché tutte le discipline possono essene oggetto, è incentrata sullo studente che è più coinvolto da un punto di vista emotivo, contestualizza il sapere astratto, prevede un uso consapevole delle nuove tecnologie e rimanda a molteplici approcci pedagogici (learning by doing di Dewey, attivismo e apprednimento per scoperta di Bruner). La molteplicità dei percorsi di istruzione secondaria e la varietà dei percorsi di istruzione e formazione professionale sono concepite nell’ottica di fornire ampia possibilità di formazione che vada incontro a stili di apprendimento e attitudini di tutti gli studenti: nessuno resti escluso (si riferisce al carattere di inclusione che deve rappresentare la scuola, a tal fine si possono prevedere percorsi individualizzati), ognuno venga valorizzato (racchiude il carattere di personalizzazione che dall’introduzione dell’autonomia ha delineato i propri tratti al fine di mettere in evidenza potenzialità e caratteristiche attraverso il percorso più congeniale e obiettivi che maggiormente realizzano attitudini e capacità). Mentre le Indicazioni Nazionali per i Licei non propongono alcuna specifica metodologia didattica per gli studenti, le Linee Guida individuano strade preferenziali su cui delineare la prassi didattica; nello specifico: Nelle Indicazioni le discipline sono considerate l’asse portante dell’apprendimento lasciando gli aspetti trasversali alla progettazione specifica dei docenti, nelle linee Guida sono esplicitamente trattati alcuni aspetti trasversali della didattica in particolare l’insegnamento di cittadinanza e Costituzione e di unitarietà del sapere scientifico - tecnologico in riferimento a quei concetti e processi che si possono riscontrare in tutte le scienze naturali nonostante le diverse discipline). La legge del 13 luglio 2015 n°107 detta “Buona Scuola” prevede la revisione dei percorsi di istruzione professionale attuata poi dopo l’emanazione del D.Lgs 61/2017 che prevede ce i percorsi i istruzione professionale vengano organizzati in 11 indirizzi strutturati in primo biennio e successivo triennio; gli insegnamenti vengono raggruppati in assi culturali per gli insegnamenti di indirizzo nel primo biennio e per gli insegnamenti di istruzione generale nel triennio. Quindi il PECUP viene integrato con dei profili in uscita associati a specifici risultati di apprendimento declinati in termini di competenze, abilità e conoscenze. Nelle Linee Guida emerge forte il concetto di personalizzazione degli apprendimenti che si realizza attraverso il PFI (Progetto Formativo Individuale) con la finalità di rispondere alle esigenze formative dell’alunno, valorizzare le sue potenzialità, recuperare eventuali carenze attraverso metodologie e strategie didattiche, azioni di orientamento e esperienze laboratoriali. E’ uno strumento creato per e dallo studente (cioè strumento didattico che usa per esercitare la propria scelta educativa e responsabilità personale). Apprendimento e tecnologie digitali Qui ci occuperemo delle nuove tecnologie che hanno una particolare vocazione didattica perché la loro diffusione ha modificato molti aspetti della vita quotidiana e della società e sono state accolte dal sistema educativo. Un primo passo importante è stato quello di dotare le scuole di laboratori di informatica e multimediali ma questa presenza non ha operato la vera e propria rivoluzione metodologico- didattica attesa. Infatti perché ciò potesse compiersi era necessario che e nuove tecnologie si spostassero dal laboratorio all’aula; ciò è avvenuto grazie alla LIM che predispone la classe ad una didattica partecipata, collaborativa ed esperienziale/laboratoriale. Un learning management system è una piattaforma a scopo didattico che consente l’interazione tra docenti e studenti in un ambiente didattico costruttivista (gli studenti devono costruire la propria conoscenza mediante confronto e dialogo) perché prevede di interagire con i contenuti (learning objects: unità di contenuto completa dal punto di vista didattico centrata su un obiettivo di apprendimento che si propone di insegnare un concetto ben focalizzato; è pensato per l’autoapprendimento in un contesto di e-learning e formazione a distanza) per costruire i propri percorsi di apprendimento e con gli atri studenti. Ciò viene fatto tramite forum di discussione, wiki, blog, chat, videoconferenze, strumenti e repository di condivisione materiali. L’ingresso della LIM nelle aule prevede un ripensamento di prospettiva del concetto di learning object perché deve essere uno strumento di apprendimento flessibile, deve presentare unità di contenuto che si possano arricchire e modificare; non è più un oggetto di autoapprendimento rigido e chiuso ma un insieme di stimoli e spunti da fornire. Si tratta della migrazione dal Learning object al Digital Asset (intesi come unità di informazione che possono essere singolarmente usata come superficie per scrivere, per mostrare una presentazione preparata che il docente illustra e commenta; questo uso non è dissimile dall’uso tradizionale della lavagna di ardesia; il docente non adopera solo il testo nella lezione ma inserisce immagini, filmati, risorse web che accompagna con osservazioni svolge sempre il ruolo centrale e l’alunno assume ancora un atteggiamento ricettivo; tuttavia le info giungono attraverso varie modalità di comunicazione e ciò favorisce comprensione e attenzione; il passo successivo per l’innovazione è associare i LO coinvolgendo attivamente lo studente nelle attività svolte con tali oggetti di apprendimento; il passo finale per l’uso più avanzato della LIM è l’attività didattica fondata sui digital asset. modificate e assemblate a piacimento con la finalità di dare forma, di volta in volta, a unità di apprendimento personalizzate frutto di lavoro di ricerca e costruzione della conoscenza). Negli ultimi anni si è portata all’attenzione la questione su come usare le tecnologie per rendere aperta e libera la diffusione della conoscenza; in questo contesto si inizia a parlare di Risorse Educative Aperte (in inglese Open Educational Resources - OER) dove per risorse educative intendiamo intendiamo materiali e contenuti didattici, programmi e strumenti per l’apprendimento-insegnamento e repository di LO e/o Digital Asset mentre l’aggettivo aperte indica che l’uso della risorsa non comporta alcun costo. La LIM può essere usata in modo tradizionale o innovativo (si ricordi che intendiamo per didattica tradizionale quella improntata sul passaggio di contenuti e abilità dal docente al discente attraverso testo, linguaggio scritto e parlato di tipo sequenziale in cui l’alunno è in situazione passiva; per didattica innovativa intendiamo quella orientata alla maturazione di competenze, abilità e conoscenze presentate con tutti i canali comunicativi in percorsi di apprendimento reticolari e impostata in modo che l’alunno partecipi attivamente): Negli ultimi anni vi è stata anche una progressiva migrazione dal libro cartaceo al libro misto o digitale; i libri di testo, in qualsiasi formato, devono avere delle caratteristiche: criteri pedagogici (riguardano il contenuto concettuale che deve essere pertinente, rigoroso e aggiornato ed espresso con efficacia e qualità in tutte le forme di linguaggio fornendo diversificazione e personalizzazione dell’attività didattica ed educativa); caratteristiche tecniche (grandezza del carattere per leggibilità, numero di pagine, caratteristiche della copertina, limite del peso, tipo di carta, qualità delle immagini, formato del volume per contenere il costo) e caratteristiche tecnologiche (formato digitale tra i più diffusi sul mercato, leggibile con software facilmente reperibili, compatibile a più dispositivi, deve essere scaricabile, interattivo con link esterni e collegamenti interni, contenuti continuamente aggiornati). In passato spesso i docenti affiancavano al libro di testo altri contenuti di apprendimento integrativi (CAI) come audiovisivi, poster didattici che on fanno leva solo sul testo scritto o lo usano in sinergia con immagini e diagrammi; quando questi contenuti sono in formato digitale si parla di contenuti digitali integrativi (CDI) forniti a completamento del libro, acquistati a parte, rintracciati gratuitamente, prodotti dal lavoro individuale o collaborativo dei docenti caratterizzati da modularità (autoconsistenza di contenuti, organico, coerente, completo), molecolarità (sufficientemente esaurienti da non dover essere associati ad altro), riutilizzabilità, riadattabilità, reperibilità, personalizzazione, strumenti interattivi e simulazioni, atti favorire l’interazione collaborativa e interconnessi con la rete. mentre l’index fa riferimento al modello bio-psico-sociale interpretando le difficoltà anche come risultato dell’interazione tra sogg. e contesto (modificando il contesto si possono ridurre le difficoltà). Questo significa che le difficoltà di apprendimento non sono più insite solo nel sogg. ma anche derivanti dal contesto cui appartiene per questo si parla di ostacoli e non di deficit, difficoltà o disturbi (termini che indicano limiti innati al contrario di ostacolo che è qualcosa che si pone fuori dal sogg. cioè nel contesto). Non si parla più di bisogni ma di diritti o, per meglio dire, del bisogno di vedersi assicurati i diritti di crescere, imparare, essere amati e ben accettati; è compito della comunità educante fare in modo che si abbiano i mezzi per assicurare a tutti i diritti riconosciuti a livello internazionale. LEGGI CHE FAVORISCONO L’INCLUSIVITA’ anagrafica tipo di disturbo attività didattiche individualizzate attività didattiche personalizzate strumenti compensativi misure dispensative verifica e valutazione personalizzate accompagna l’alunno per tutta la carriera scolastica viene integrato in caso di nuove e sopravvenute condizioni di funzionamento della persona ha validità annuale permette di programmare interventi e sostegni si redige in base al profilo di funzionamento che ha accorpano diagnosi funzionale e profilo dinamico funzionale L’attivazione di percorsi didattici individualizzati e personalizzati prevede la stesura di PDP (piano didattico personalizzato) che dovrà contenere almeno le seguenti voci articolato per le discipline coinvolte nel disturbo: Strumento indispensabile per la programmazione individualizzata è il PEI (piano educativo individualizzato) elaborato dal GLO (gruppo di lavoro operativo per l’inclusione) e consente di individuare al meglio attività e obiettivi da perseguire promuovendo azioni che sostengano l’autonomia e stimolino la fiducia nelle proprie capacità. Il PEI: Nell’ottica di attivare reti fra scuole e fra scuole e servizi sul territorio per attuare pienamente l’inclusione degli alunni con BES, gli USR in accordo con il Ministero istituiscono i CTS (centri territoriali di supporto) composti dal dirigente scolastico e almeno tre docenti curriculari e di sostegno, da un rappresentate USR, da un operatore sanitario e da docenti specializzati. relazione simbiotica disfunzionale che nasce dalla svalutazione del sogg, immagine distorta La relazione educativa in contesti scolastici inclusivi La relazione educativa è la comunicazione tra due o più sogg. che si realizza con atteggiamento di ascolto reciproco all’interno della qualcuno dei due è la guida che conduce l’altro verso un comportamento corretto e positivo. Oggi la relazione educativa e l’apprendimento vengono trattati secondo due direttive fondamentali ovvero quella scientifica (il rapporto tra alunno e insegnate è considerato nelle sue componenti quantitative e causali) e quella morale e ontologica (il rapporto tra alunno e insegnate è considerato nelle sue componenti qualitative ed etiche). La relazione educativa è una relazione asimmetrica orientata all’apprendimento verso il quale l’educatore conduce l’apprendente; l’asimmetria è sostanziale (si riferisce alla differenza di conoscenza e competenza tra insegnante e studente) e formale (riguarda la struttura gerarchica della relazione educativa). Una relazione educativa sana è una relazione nella quale il potere è lo strumento/mezzo che l’insegnate possiede per guidare verso l’apprendimento; una relazione non sana il focus è la perpetrazione del potere da parte del docente e non individuare bisogni formativi degli apprendenti e strategie attraverso cui soddisfarli. Ogni relazione interpersonale, dunque anche quella educativa, si sviluppa attraverso la familiarizzazione cui segue il momento in cui insegnate e gruppo classe stabiliscono una dinamica relazionale più o meno rigida; questo è un vantaggio quando la relazione instaurata è positiva ma è un problema quando il pattern (schema comportamentale) è negativo. Il punto è che non si insegna per mostrare le proprie competenze ma per accompagnare gli apprendenti nello sviluppo delle loro competenze. L’insegnante è il vettore che orienta con il suo esempio il comportamento del gruppo classe. Per Rogers la relazione educativa necessita di autenticità (l’apertura dell’apprendente verso l’insegnate dipende dal fatto che quest’ultimo manifesti un comportamento comprensivo autentico, cosante nel tempo coerente), considerazione positiva incondizionata (pur non lesinando rimproveri quando necessari il docente deve sempre manifestare la sua fiducia nella capacità degli studenti di agire bene) e comprensione empatica (saper usare strumenti della comunicazione verbale e non verbale per mettersi nei panni dell’altro). L’insegnate deve mirare all’esercizio di comportamenti assertivi; vuol dire far valere con fermezza (non prepotenza o autoritarismo ma autorevolezza) e proprie idee, nell’azione educativa obiettivi formativi e di apprendimento realistici. Le linee generali che definiscono la relazione educativa sono valide anche per la relazione educativa con alunni svantaggiati, con BES certificati richiedenti la presenza dell’insegnante di sostegno. Ciò che cambia è la necessità di ricorrere a una relazione diadica privilegiata perché soltanto un incontro ravvicinato può favorire l’apertura dei sogg. con difficoltà di varia origine. Il docente di sostegno è facilitatore in primis della conoscenza di sé, poi della conoscenza degli altri e dell’apprendimento di obiettivi specifici. Esistono vari esempi di relazioni educative disfunzionali individuate dall’analisi transazionale elaborata da Berne che sono: 1990
CM 22/7/1990,
n. 205
Primo documento sull’educazione interculturale:
La scuola dell'obbligo e gli alunni stranieri.
L'educazione interculturale.
Si afferma il principio del coinvolgimento degli alunni
italiani in un rapporto interattivo con gli alunni
stranieri/immigrati, in funzione del reciproco
arricchimento. La circolare introduce per la prima
volta il concetto di educazione interculturale, intesa
come la forma più alta e globale di prevenzione e
contrasto del razzismo e di ogni forma di intolleranza
(“L'educazione interculturale avvalora il significato di
democrazia, considerato che la diversità culturale va
| pensata quale risorsa positiva per i complessi processi
di crescita della società e delle persone”)
1994
CM 2/3/1994,
n. 73
La dimensione interculturale nelle discipline: //
dialogo interculturale e la convivenza democratica.
Colloca l’Italia nella ’dimensione’europea
dell’insegnamento nel quadro dell’educazione
interculturale, con riferimento al trattato di Maastricht
e ai documenti della Comunità Europea e del
Consiglio d'Europa. Un intervento molto ricco che
agisce anche sulle discipline e sui programmi rivisti
alla luce della dimensione interculturale. Si fa
riferimento anche all’utilità di biblioteche e scaffali
multiculturali nelle scuole e nelle biblioteche
pubbliche, all’editoria per ragazzi, all'importanza di
strumenti didattici adeguati, come i libri bilingui e
plurilingui
1998-1999
legge n. 40 del
6 marzo 1998
D.Lgs n. 268 del
Leggi sull’immigrazione
La prima evidenzia il valore formativo delle differenze
linguistiche e culturali.
Il secondo pone particolare attenzione sull’effettivo
25 luglio 1998
DPR n. 394 del
31 agosto 1999
esercizio del diritto allo studio, sugli aspetti
organizzativi della scuola, sull’insegnamento
dell’italiano come seconda lingua, sul mantenimento
della lingua e della cultura di origine, sulla formazione
dei docenti e sull’integrazione sociale.
Tali principi sono garantiti nei confronti di tutti i
minori stranieri, indipendentemente dalla loro
posizione giuridica, così come espressamente previsto
dal decreto del Presidente della Repubblica del 31
agosto 1999, n. 394. Si legge che l'iscrizione
scolastica può avvenire in qualunque momento
dell’anno e che spetta al collegio dei docenti formulare
proposte per la ripartizione degli alunni stranieri nelle
classi, evitando la costituzione di sezioni in cui la loro
presenza sia predominante, e definire, in relazione ai
livelli di competenza dei singoli alunni, il necessario
adattamento dei programmi di insegnamento. Inoltre,
per sostenere l’azione dei docenti, si affida al
Ministero dell'Istruzione il compito di dettare
disposizio!
per l'attuazione di progetti di
aggiornamento e di formazione, nazionali e locali, sui
temi dell’educazione interculturale
2000
Commissione nazionale
intercultura
L'educazione è interculturale
La Commissione nazionale per l’educazione
interculturale, istituita nel 1997 presso il Ministero,
elabora un documento con l’obiettivo di presentare
l'educazione interculturale come “normalità
dell'educazione” nelle società globali, e come
dimensione diffusa e trasversale nella scuola del nostro
tempo. Si tratta di uno sviluppo del tema, di un
accento nuovo
2001
CM n. 155/2001
Assegna alle scuole con una percentuale di alunni
stranieri e nomadi superiore al 10% degli iscritti fondi
aggiuntivi per retribuire le attività di insegnamento.
L’impegno viene confermato anche negli anni
successivi, fino al 2008
2006
CM n. 24, del
1 marzo 2006
Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli
alunni stranieri
Delinea un quadro riassuntivo di indicazioni per
l’organizzazione di misure volte all'inserimento degli
alunni stranieri. Il documento ha soprattutto finalità
pratiche, l’offerta di
operativo, ricavato dalle buone pratiche nate nel
contesto dei singoli istituti, da estendere a tutto il
sistema scolastico. Il documento contiene un deciso
un comune denominatore
invito alle scuole a lavorare in rete, a costruire intese e
patti con il territorio per un’equa distribuzione degli
alunni stranieri nelle scuole del territorio stesso
2007
Documento
dell’Osservatorio nazionale
per degli
alunni per
l’integrazione
stranieri ©
l’educazione interculturale
La via italiana per la scuola interculturale e
l’integrazione degli alunni stranieri
Riunisce in modo programmatico le due dimensioni
irrinunciabili: quella dell’intercultura, che coinvolge
tutti gli alunni e tutte le discipline, e quella
dell’“integrazione”, ovvero dell'insieme di misure e
azioni specifiche per l’accoglienza e gli apprendimenti
linguistici, in particolare degli alunni di recente
immigrazione. Il documento pone al centro dell’azione
quattro principi generali: l’universalismo; la scuola
comune; la centralità della persona in relazione con
l’altro; l’intercultura. Il documento individua, inoltre,
le azioni che caratterizzano il modello d’integrazione
interculturale italiano che può essere sostenuto se tali
azioni sono accompagnate da cure, risorse, dispositivi
normativi, consapevolezza politica: pratiche di
accoglienza e di inserimento nella scuola; italiano
come seconda lingua; valorizzazione del
plurilinguismo; relazione con le famiglie straniere e
Apprendimento permanente e competenze chiave Il 23 e 24 marzo 2000 si tiene a Lisbona il Consiglio dei capi di stato e di governo che si pone come obiettivo strategico per l’UE quello di “diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. Per far ciò, viene fissata la Strategia di Lisbona finalizzata a promuovere la società dell’informazione, della ricerca e lo sviluppo, avviare una riforma strutturale dell’economia per garantire competitività e innovazione; incoraggiare un modello economico che investa sulle risorse umane e sostenere le prospettive di crescita favorevoli di un contesto economico sano. Nel Consiglio Europeo di Stoccolma del 2001, la strategia di Lisbona viene definita nel dettaglio; vengono formulati tre obiettivi strategici (aumentare la qualità e l’efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione nell’Unione europea; facilitare l’accesso ai sistemi di istruzione e di formazione; aprire i sistemi di istruzione e formazione al mondo esterno) declinati in 13 obiettivi concreti (migliorare istruzione e formazione di insegnanti e formatori, sviluppare da realizzare entro il 2010. rendere realtà l’apprendimento permanete e la mobilità migliorare qualità ed efficacia di istruzione e formazione promuovere equità, coesione sociale e cittadinanza attiva incoraggiare creatività e innovazione Nel 2010 la strategia di Lisbona viene rilanciata con il programma Europa 2020; i vertici europei prendono atto che gran parte dei progressi ottenuti dall’attuazione della strategia sono stati vanificati dalla crisi finanziaria e vengono fissati nuovi obiettivi strategici per il 2020. In particolare nell’ambito dell’istruzione e della formazione viene varato il programma ET 2020 (education and training 2020) e gli obiettivi da raggiungere sono: Nel programma si parla spesso di apprendimento permanente (lifelong learning) con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo della Comunità quale società basata sulla conoscenza come da direttive della Strategia di Lisbona promuovendo scambi, cooperazione, mobilità tra sistemi di istruzione e formazione nel rispetto della diversità culturale e linguistica. L’apprendimento permanente è definito come “qualsiasi attività di apprendimento avviata in qualsiasi momento della vita volta a migliorare conoscenze, capacità e competenze in una prospettiva personale, civica, sociale ed occupazionale”. L’apprendimento permanente favorisce l’autorealizzazione, promuove la cittadinanza attiva, sostiene l’inclusione sociale e incoraggia l’occupazione; per tali motivi è stato favorito con ulteriori atti normativi. Nel 2000 a Tokyo si tiene la quarta assemblea generale relativa al programma per la definizione di indicatori per l’educazione organizzata dall’OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Il resoconto dell’assemblea include l’articolo “Definition and selection of key competencies” in cui si delinea il concetto di competenza chiave. Le competenza chiave sono un combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto essenziali per la società della conoscenza; sono di primaria importanza per innovazione, produzione e competitività; sono tutte interdipendenti e ogni volta si pone l’accento su pensiero critico, creatività, problem solving, valutazione del rischio, presa di decisioni e gestione costruttiva delle emozioni. Se sono rilevanti e utili in una determinata comunità, allora le competenze sono legate al contesto in cui vengono definite; tuttavia si possono delineare aspetti rilevanti, generali e attratti, che definiscono le competenze chiave: promuovono e incoraggiano lo sviluppo della libertà e dell’autonomia individuale, permettono di andare oltre la soddisfazione dei bisogni individuali elementari e basilari per riuscire a gestire dinamiche di gruppo, comprendere il punto di vista altrui e interagendo positivamente con gli altri, non sono incompatibili con la diversità sociale e individuale bensì fanno emergere le specifiche potenzialità condividendo e rispettando le diversità, superando i pregiudizi. L’assunzione di una vera competenza chiave presuppone: agire autonomo e riflessivo, uso interattivo degli strumenti, inserirsi e operare in gruppi socialmente eterogenei. Ogni competenza chiave è caratterizzata da multifunzionalità, trasversalità, complessità mentale di ordine superiore e multidimensionalità. Il 16 dicembre 2006 Parlamento Europeo e Consiglio dell’UE emanano una Raccomandazione relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente che vengono aggiornate con la Raccomandazione del 22 maggio 2018. La raccomandazione del 2018 elenca otto competenze chiave: fnTAa3
LE 8 COMPETENZE CHIAVE PER L'APPRENDIMENTO PERMANENTE
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Project Humber: 527149-LLP-1-2012-1-IT-GRUNDTVIG-GMP
Agreement Number: 2012-4192/001-001
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Learning
INTRA
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NI presente progetto è fnanzlana con il sostegno della Conmissiane europea L'avtne é il salo responsabile di questa
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