Scarica Appunti Il sentiero dei nidi di Ragno e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! > "Il sentiero dei nidi di Ragno" di Italo Calvino | Analisi del testo “Il sentiero dei nidi di ragno” è il primo romanzo scritto da Italo Calvino. Edita nel 1947, l’opera è ambientata in Liguria all’epoca della seconda guerra mondiale e della nascita della Resistenza partigiana. A prevalere è la narrazione fantastica, in quanto gli eventi descritti vengono narrati attraverso il punto di vista di un bambino, ma, nonostante ciò, il romanzo può ascriversi, assieme alla raccolta “Ultimo viene il corvo”(1949), alla corrente neorealista. Finito di scrivere nel dicembre 1946, viene pubblicato nel 1947 nella collana I Coralli. In una intervista rilasciata al “Messaggero” il 21 febbraio del 1982 lo stesso Calvino ricorda come il romanzo venne scritto di getto e in pochissimo tempo: “Ricordo che scrissi con grande lentezza e incertezza il primo capitolo, poi lo interruppi per alcuni mesi, poi decisi di finirlo e lo portai avanti tutto d’un fiato”. Dopo la prima edizione (stampata in millecinquecento esemplari non numerati) seguì una ristampa identica alla prima (considerata quasi come una seconda edizione) nel 1948: in questo lasso di tempo l’autore riuscì a vendere seimila copie. Alla seconda edizione (in realtà, effettivamente, la terza), sempre edita da Einaudi nella collana Piccola Biblioteca Scientifico-Letteraria (63) nel 1954, vengono apportate correzioni e varianti testuali. Nel 1964 si ha una nuova edizione con una importante prefazione dell’autore. Quest’ultima, pubblicata sempre da Einaudi nella collezione I Coralli, è considerata l’edizione definitiva. I LUOGHI DEL ROMANZO – Il romanzo è ambientato nei comuni montuosi dell’Estremo Ponente ligure, specie la parte collinare di Sanremo (città natale della famiglia dell’autore) dove esiste ancora oggi, nel centro storico detto “la Pigna”, un viottolo chiamato “Carruggiu Lungo”, vicolo stretto ma carrabile: stradicciola tipica dei centri storici liguri. Vengono narrate le azioni che vi si svolgono: le strade sono brulicanti di tedeschi, prima come alleati dell’Italia poi come nemici inferociti dall’armistizio di Cassibile (8 settembre 1943), e lì si svolsero sanguinosissimi combattimenti tra partigiani e nazifascisti. Qui è situata la prima parte del libro, in cui Pin si trova ancora dalla sorella: la locanda degli adulti del vicolo, la casa di Pin, il luogo in cui lavora e le abitazioni di tutti gli altri personaggi del romanzo. Una volta che il protagonista viene incarcerato, la scena si sposta fuori dal “Carruggiu Longu”, per arrivare alla prigione, fino al Distretto del Dritto, insediato tra i boschi delle montagne liguri. Se il paese natale di Pin è sinonimo di consuetudine all’esclusione, ma punto di riferimento per il piccolo, il bosco e il distretto partigiano significherà disorientamento e precarietà. Esiste un ulteriore luogo, di decisiva rilevanza all’interno della trama, ovvero il sentiero dei nidi di ragno, uno spazio quasi surreale, dove la natura è complice di Pin, custode e sicura. Per il protagonista rappresenta l’Arcadia, l’ambiente quasi idilliaco e immaginifico dove Pin esprime unico la sua puerilità. Essendo questo posto conosciuto da Pin soltanto, egli è spinto ad escludere chiunque dal godimento di tal luogo, tranne l’amico vero che il protagonista cerca velatamente per tutto il romanzo. TRAMA – Italia, periodo della Resistenza, dopo l’8 settembre 1943. In un piccolo paese ligure della Riviera di Ponente, Sanremo, tra valli, boschi e luoghi impervi dove la lotta partigiana è più forte, Pin è un bambino di circa dieci anni, orfano di madre e con il padre marinaio irreperibile, abbandonato a se stesso e in perenne ricerca di amicizie tra gli adulti del vicolo dove vive, e dell’osteria che frequenta dove viene preso in giro da tutti: Pin è canzonato a causa delle relazioni sessuali che la sorella prostituta, la Nera di Carrugio Lungo, intrattiene con i militari tedeschi, e provocato dagli adulti a provare la sua fedeltà, Pin sottrae a Frick, un marinaio tedesco amante della donna, la pistola di servizio, una P38, e la sotterra in campagna, nel luogo, sconosciuto a tutti, in cui è solito rifugiarsi, dove i ragni fanno il nido. Il furto sarà poi causa del suo arresto e dell’internamento in prigione. Qui entra a contatto con la durezza della vita di carcerato e con la violenza perpetrata da uomini su altri uomini. In prigione incontra Pietromagro, il ciabattino di cui era garzone, ma specialmente Lupo Rosso, un giovane e coraggioso partigiano, che in prigione subiva interrogatori e violenze da parte dei fascisti. Lupo Rosso aiuta Pin ad evadere dal carcere, ma una volta fuori, per cause indipendenti dalla sua volontà, abbandona Pin a se stesso, a girovagare nel bosco da solo, finché non incontra Cugino, un partigiano solitario alto, grosso e dall’aria mite. Questi lo condurrà sulle montagne, al gruppo segreto di militanti partigiani a cui appartiene, il Distretto del Dritto. Qui conosce personaggi dalla dubbia eroicità, caratterizzati dai più comuni difetti umani: Dritto il comandante, Pelle, Carabiniere, Mancino il cuciniere, Giglia la moglie di Mancino, Zena il lungo detto Berretta-di-Legno o Labbra di Bue e così si sistema presso di loro. Una sera, Dritto appicca inavvertitamente il fuoco all’accampamento, costringendo i compagni partigiani a fuggire e ad insediarsi in un vecchio casolare dal tetto sfondato. Un litigio col capo brigata irrita Pelle a tal punto da spingerlo al tradimento dei suoi compagni: parte per il villaggio e rivela ai tedeschi l’insediamento partigiano. Presto la Resistenza provvede a freddarlo. Il giorno appiglio che lo terrà legato al mondo degli adulti, quando questi lo tradiscono, ma, nonostante ciò, l’unico amico che troverà entro la fine della storia, è Cugino cui Pin mostrerà il Sentiero dei nidi di ragno; questo avviene non certo perché questi sia il grande amico che Pin desiderava, ma poiché non gli resta nessun altro al mondo. GUERRA – Altro filone importante è sicuramente quello della guerra. Il romanzo è ambientato nella parte vecchia di Sanremo, città natale dell’autore alla quale è molto legato, durante la seconda guerra mondiale. L’episodio della seconda guerra mondiale, cruda realtà del Novecento, è molto sentito da Calvino ed in parte autobiografico, poiché lo stesso scrittore partecipò al conflitto mondiale insieme al fratello nella seconda divisione d’assalto che operava sulle Alpi Marittime. La morte di Duca poi, presente nel libro, rappresenta forse gli amici che Calvino ha perso, come Felice Cascione. L’esperienza della guerra partigiana risulta quindi decisiva per la sua formazione umana, prima ancora che politica. Il periodo partigiano è cronologicamente breve, ma, sotto ogni altro riguardo, straordinariamente intenso, e come scrisse lo stesso Calvino a Eugenio Scalfari il 6 Giugno 1945: “…la mia vita in quest’ultimo anno è stata un susseguirsi di peripezie, sono passato attraverso un’ inenarrabile serie di pericoli e di disagi; ho conosciuto la galera e la fuga, sono stato più volte sull’orlo della morte. Ma sono contento di tutto quello che ho fatto, del capitale di esperienze che ho accumulato, anzi avrei voluto pure di più”. In questa cruda tematica ci si può imbattere nella seconda parte della storia, quando Pin capita nella guarnigione del “Dritto”, comandante dei partigiani. Qui vengono descritti i timori e e le paure di ciascun milite, come questi si preparano prima della battaglia, l’allegria e la serenità che Pin sa trasmettere. Prima di ogni scontro, tra gli uomini del “Dritto” è sempre presente la tensione, inevitabile visto che si sta partendo per una battaglia, che potrebbe non vederli tornare più. I partigiani, ogni volta che manca poco alla battaglia, se la prendono con il cuoco, visto che è abituato a portarsi dietro un piccolo falco, di nome Babeuf, che loro considerano la causa della loro disgrazia. Calvino , tramite Babeuf, sdrammatizza ancora una volta la realtà alleggerendola con ironia. ADOLESCENZA – Una tematica importante è sicuramente quella dell’adolescenza. Pin si sente grande, pensa di esserlo diventato prima del tempo ed è proprio il continuo cercare di essere adulto che porta Pin ad essere diffidente verso tutti quelli che lo circondano, poiché, nonostante l’aria scanzonata e baldanzosa che caratterizza la giovinezza, Pin è timido e riservato e appena si sente tradito tronca ogni rapporto. Il romanzo, a mio avviso potrebbe essere considerato un ottimo documento semi-reale che dimostra in ogni tempo la necessità di tutelare l’infanzia. Il diritto all’infanzia viene indirettamente difeso in queste pagine e viene narrata una verità che ancora oggi esiste. Sono note a tutti le vicende dei ragazzi-soldato che ogni giorno combattono contro un nemico che non conoscono, con delle armi più grandi loro, e certamente anche loro, come il nostro piccolo Pin, hanno il loro sentiero di nidi di ragno, la loro infanzia, da difendere. CALVINO E IL TESTO – Calvino racconta che scrisse il primo capitolo con lentezza, rimase a lungo fermo, poi il resto del romando di getto. Insieme a “Ultimo viene il corvo” del 1949 è uno dei romanzi neoralisti dell’autore nato a Cuba nel 1923 e morto a Siena nel 1985. Autore fondamentale della seconda metà del Novecento, non sono mai mancati in lui impegno politico e civile, ha attraversato in maniera originale neorealismo e post moderno. OILPROJECT Tradizionalmente Il sentiero dei nidi di ragno viene considerato un romanzo neorealista; e a ragione. L’anno d’uscita (il 1947), l’ambientazione partigiana e l’esperienza personale dell’autore a monte della storia raccontata sono caratteri che testimoniano un’indubbia appartenenza ad una famiglia letteraria. Come Calvino stesso riconobbe, nella celebre Prefazione del 1964 alla nuova edizione del romanzo, lui come tanti suoi coetanei avvertiva la responsabilità che un evento d’importanza storica come la guerra affidava all’uomo di lettere, protagonista e allo stesso tempo interprete di quegli avvenimenti. Tuttavia l’immagine della Resistenza che emerge dalla storia di Pin e della scalcagnata brigata del Dritto non è certo quella eroica e vincente che si è soliti associare alle narrazioni neorealiste, che spesso erano incentrate su una rappresentazione stereotipata ed edulcorante dei drammatici avvenimenti che avevano scandito la “guerra civile” combattuta tra partigiani e nazifascisti tra il 1943 e il 1945. Il romanzo di Calvino si colloca infatti in quella schiera di opere che, tra la fine della Seconda guerra mondiale e la metà degli anni Cinquanta, s’incaricarono di raccontare la storia recente mostrandone le contraddizioni, gli errori, i risvolti più problematici. Per fare questo, Calvino decide di affrontare il tema «di scorcio», e non di petto. Rinunciando all’afflato epico del Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio (pubblicato postumo nel 1968), così come all’indole tormentata e riflessiva della Luna e i falò di Cesare Pavese (ultimo romanzo dello scrittore piemontese, edito nel 1949), Il sentiero dei nidi di ragno racconta una storia della Resistenza attraverso gli occhi di un bambino. Quella di Pin, protagonista del romanzo, è una prospettiva abbassata e straniante, che presenta cioè un mondo cui siamo quotidianamente abituati sotto una lente che lo deforma, e ne sottolinea così aspetti inediti ed originali. Lo sguardo di Pin sulle cose è quello di chi non conosce il mondo, non ne ha ancora fatto esperienza e non può quindi riconoscerne tutti i significati sottintesi. Pin prende alla lettera tutto quello che vede e gli viene raccontato: è così che le vicende degli adulti intorno a lui appaiono a chi legge sotto una nuova luce. Attraverso questa prospettiva allucinata, affascinata dai colori e dagli inaspettati fenomeni che la natura disvela, la realtà acquista una dimensione fiabesca, quasi astratta, in notevole dissonanza rispetto agli avvenimenti tragici che riporta. Quando osserva e non comprende i problematici rapporti tra gli adulti - gli amori e le gelosie, ma anche i tradimenti e le violenze efferate - l’occhio di Pin si dimostra tanto acuto quanto ingenuo. Privo di qualsiasi sovrastruttura concettuale o ideologica, il suo sguardo traduce quei comportamenti nei termini della sua coscienza di bambino, rivelandone così un impensabile carattere infantile. Allo stesso tempo, però, si dimostra anche involontariamente spietato nel marcare le debolezze, le meschinità e le contraddizioni di un’umanità partigiana che appare come un perfetto contro-modello rispetto a quel che ha tramandato la Storia. A bilanciare la prospettiva di Pin, interviene - in quel nono capitolo del Sentiero dei nidi di ragno che più di un commentatore ha considerato didascalico e spurio - il comandante Kim, giovane studente di medicina e “responsabile” dell’eterogenea composizione del distaccamento del Dritto. È lui a portare nel romanzo un punto di vista “politico” e a rappresentare le posizioni di Calvino di fronte all’esperienza della guerra e alle sue ripercussioni sulla società. Nelle sue parole, intrise di razionalità e umanistica fiducia, anche la vicenda di quella scalcagnata brigata partigiana acquista un significato positivo: nella prospettiva lunga di un corso storico giusto e progressivo, la guerra combattuta dagli uomini che la società relega ai margini, sui quali nessun pensiero rivoluzionario potrà mai attecchire, ha un valore indiscutibile perché avviene dalla parte giusta, dalla parte che la Storia premierà: Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta al riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni 1. Il sentiero dei nidi di ragno si presenta allora come il romanzo di un intellettuale che nell’esperienza partigiana ha maturato una notevole consapevolezza politica e che vuole sfruttare le strategie retoriche e narrative per dar vita a un racconto problematico e coinvolgente. Così Calvino, da un lato prova a guardare i fatti appena accaduti da una prospettiva inusuale, che permetta di rivelare contraddizioni e miserie, ma anche eroismi e umanità di una vicenda storica troppo spesso ridotta ai minimi termini della retorica celebrativa. Allo stesso tempo, però, come rivelerà nella già citata Prefazione, confidente nelle possibilità che la Liberazione apre al futuro di libertà e democrazia, egli orienta la narrazione verso un complesso ma indiscutibile ottimismo, proprio di chi crede nel progresso della Storia, che saprà riscattare le sofferenze di ognuno e assegnare a tutti il proprio ruolo nella costruzione della società. Una posizione, questa, che Calvino ridiscuterà nel corso degli anni, anche in virtù di un rapporto sempre più complicato con quel depositario politico dell’ideologia marxista in Italia che era il PCI (fino all’abbandono del partito stesso nel 1957, dopo i fatti di Ungheria).