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SOCIOLOGIA DEI MEDIA Rapporto comunicazione / società I mezzi di comunicazione, per quello che comunicano, provocano degli effetti sulla società. I media influenzano il mondo e la società in cui viviamo. Infodemia: termine che è stato utilizzato per raccontare l’eccesso di informazione che è entrato in circolo in questo periodo per la pandemia, tutte le informazioni che non riuscivano a far orientare il lettore sulla loro affidabilità, non sapevamo quale fosse veritiera e quale no. L’esistenza dei media quindi genera effetti concreti. Al centro di questi processi ci sono i media e il rapporto tra essi e le azioni che noi svolgiamo quotidianamente : — informarci, — formarci un opinione, noi usiamo i media anche per farci un’idea su quello che ci circonda — produrre e consumare cultura : nel passaggio tra analogico e digitale, con Amazon prime o Netflix siamo passati a consumare cultura sul palinsesto ad un consumare cultura su una logica algoritmica, in sostanza posso vedere quello che voglio, quando voglio. Inoltre, quando andiamo su Netflix abbiamo un’offerta di film e serie diverse da altre persone, perché in base al gusto o alle parole chiave di ciò che abbiamo già visto ci propone un’offerta . Quindi l’offerta di Netflix è diversa per tutte le persone che accedono alla piattaforma. Questo ci fa capire che i media hanno effetti, noi ci stiamo muovendo verso media algoritmici, che ci mostrano un’offerta in base ai nostri consumi pregressi. — agire e mobilitarsi : esso è mediato dall’esistenza dei mass media. Es. Mobilitazione per l’ambiente. Questa mobilitazione esiste perché esistono altri mass media, perchè Greta Thunberg è diventata un personaggio mediale. Quando parliamo di effetti dei media sulla società parliamo di come il sistema dei media di oggi influisce su come ci informiamo, ci mobilitiamo ecc... I media digitali hanno cambiato le carte in tavola, sorpassando le teorie classiche riguardo gli effetti dei media digitali. Nascono dei problemi nuovi: problemi legati alla privacy, costruzione della fiducia all’interno dei media e della società contemporanea. 1) FORMAZIONE DELL’OPINIONE PUBBLICA La formazione dell’opinione pubblica si tratta di uno dei temi più studiati degli anni 80, come oggetto di rapporto tra i mass media e la società, si è parlato di come i media contribuiscono al processo di formazione dell’opinione pubblica. Di quali media stiamo parlando? Noi oggi ci troviamo in un sistema dei media digitalizzati. Ogni anno il CENSIS, importante istituito di ricerca italiana specializzato sulla comunicazione, fa delle indagini quantitative per capire come le persone usano i media, quante persone usano i media e ogni anno rilasciano un rapporto. Non solo il sistema dei media in cui oggi viviamo è dominato dalle piattaforme digitali, ma nell’ultimo anno c’è stato un processo di digitalizzazione a tappe forzate, perché le esigenze comunicative, professionali ecc.. hanno spinto l’Italia e altri paesi del mondo verso la digitalizzazione (causa COVID). Es. Dad, smart working.. Questa spinta verso la digitalizzazione ha investito anche in attività non prettamente scolastiche o professionali, es. la parte riguardante il commercio ha avuto questa spinta verso la digitalizzazione. La distribuzione organizzata (Esselunga, Carrefour ...) ha potenziato i suoi sistemi di e-commerce. Ma anche coloro che non avevano questa modalità di vendita, ha optato per creare nuovi spazi di e-commerce. Quindi questa pressione verso la digitalizzazione ha generato nuove abitudini, anche noi ci apporggiamo al digitale per acquistare e per supportare le attività che dovevamo svolgere. Questo anno e mezzo ha fatto fare un salto in avanti per la diffusione capillare del digitale in tutte le nostre attività. I dati del CENSIS dicono che su 60 milioni di italiani, la 46 milioni, cioè la grande maggioranza, ha una connessione internet. Questa digitalizzazione a tappe forzate ha portato anche conseguenze anche per le prospettive con cui noi guardiamo al digitale. Molti italiani hanno sviluppato l’idea che l’accesso ad internet sia un diritto e quindi non sia un privilegio o un bene dio lusso per pochi. La maggior parte degli italiani (soprattuto giovani) pensano che la connessione internet sia un diritto per tutti, abbiamo sviluppato un opinione pubblica in cui lo stato deve garantire a tutti connessione internet, anche nei luoghi con meno connessione (montagna). L’altro cambiamento che registra il CENSIS è che quasi l’80% degli italiani usa internet per questui alla salute Quasi il 76% lo usa per interagire con la pubblica amministrazione Più del 70% usa internet come strumento di intrattenimento culturale (film, partite...). Più de 70% lo usa per fare acquisti online. Un altro effetto è che c’è una spinta a continuare a migliorare la propria connessione ad internet e chi non l’ha vuole averla. Effetti Non sparisce la cascata ma contemporaneamente si crea altro —> movimenti che nascono dal basso, dal demos o comunque da soggetti che non necessariamente appartengono a quella catena verticale di prima. Loro sono resi visibili dalla rete, perché in un sistema dei media tradizionali devo avere possibilità di accesso attraverso i media e non é così facile, mentre esprimersi all’interno della rete o social è molto più facile ed accessibile. Quindi anche questi movimenti di opinione che vengono dal basso, che nel passato facevano fatica ad uscire allo scoperto, oggi fanno molta meno fatica a rendersi visibili. Spesso poi dalla rete entrano a far parte anche dei media. Es. fridays for future, black lives matter, i movimenti no vax nascono tutti dal basso. Lo sviluppo della comunicazione verso la digitalizzazione porta anche un altro effetto con se, oltre ad aver dato importanza a questi movimenti che vengono dal basso e che emergono per ebollimento. L’altro effetto dello sviluppo dei media digitali è quello per cui accanto ad un opinione pubblica diffusa a livello nazionale o transnazionale, diventano più importanti anche questi gruppi e sottogruppi che sono molto coesi, frammentati, ma sono caratterizzati da un’opinione comune molto forte (es. no vax, gruppo molto coeso e difeso rispetto all’esterno). Questi gruppi si formano molto facilmente grazie alla sviluppo della rete che permette di aggregarsi in gruppi che condividono un’opinione forte e permettono di consolidare questa opinione. Questo rende i gruppi molto coesi tra di loro. Quindi questi gruppi sono molto forti all’interno del mondo digitale rispetto a quanto lo erano prima. Non hanno nemmeno bisogno di diventare oggetto di comunicazione mediale, ma sono forti e coesi al loro interno. Questo effetto del digitale è legato a due caratteristiche : — facile accesso ad una piattaforma di comunicazione. Chi si fa portatore di qualsiasi opinione può avere accesso ad una fonte di comunicazione. Qualsiasi opinione può essere portata alla visibilità pubblica. — la ricchezza di flussi di comunicazione tra persone che possono scambiarsi link ecc.. rende questi gruppi molto forti. Due cose che prima erano molto più difficili. Questo studioso, Quandt, scrive nel 2012, prima dell’ultimo anno e mezzo del Covid, che nelle società contemporanee una grande opinione pubblica condivisa è meno importante di opinioni di piccoli gruppi che però sono molto forti come opinioni. Lui dice che viviamo in una società frammentaria e che sia diventato meno importante avere un’unica grande opinione pubblica condivisa, mentre è diventato più importante poter aderire a delle opinioni che rappresentino “me” in quanto parte di un gruppo, di una cultura ecc.. Questo continua ad essere vero, ma l’osservazione di quello che è successo con il covid fa dire che davanti ad un’emergenza è emersa l’importanza di questa grande opinione condivisa. Quindi questa frammentazione è stata un po’ stoppata. OPINION LEADER Sono tre le grandi teorie che si sono occupate del rapporto tra i media e il processo di formazione dell’opinione pubblica — agenda setting — teoria che fa riferimento alla formazione dell’opinione leader — teoria della spirale del silenzio Queste ultime due sono le teorie fondamentali che sono andate ad esprimere l’importanza di queste figure di smodo tra i media e le persone comuni, che sono gli opinion leader. TEORIA DELLA FORMAZIONE DELL’OPINION LEADER: Si tratta del primo approccio contemporaneo allo studio del rapporto tra media e opinione pubblica. Questo primo approccio fa riferimento al KOL (opinion leader). Se ne occupano due studiosi americani: Paul Lazarsfel & Elihu Katz, che elaborano una teoria che si chiama two step flow of communication (flusso di comunicazione a due stadi), che mettono a fuoco l’importanza nella comunicazione mediale degli opinion leader. Chi sono gli opinion leader? — Il dizionario Sabatini Colletti dice : “chi gode del prestigio o detiene i mezzi per influenzare in modo determinante l’opinione pubblica”. Il dizionario mette a fuoco che alcuni opinion leader (non tutti) sono figure con un potere comunicativo molto forte e quindi sono in grado di influenzare l’opinione pubblica. (Es. in questo periodo tanti medici) Alcuni medici che hanno acquisito un potere comunicativo forte nei media, tanto da renderli in grado di influenzare il processo di formazione dell’opinione pubblica. — Il Business dictionary dice : “sono membri influenti di una comunità, di un gruppo o di una società, a cui gli altri si rivolgono per avere consigli e punti di vista”. Questo dizionario ha meno in mente l’opinion leader mediale che influenza l’opinione pubblica, ma ha in mente l’opinion leader locali, che sono importanti in una certa società e che sono le persone a cui noi ci rivolgiamo per chiedere opinioni o punti di vista. Quindi abbiamo visto che c’è anche una categoria di opinion leader che sono più riconosciute dal basso, sono quello a cui un gruppo chiede un consiglio. Se un intero gruppo fa riferimento a determinati soggetti e va a cercare da loro un consiglio o un suggerimento, questi vengono chiamati opinion leader. Quindi ci sono due aspetti dell’opinion leader : — quello verticale : riconosciuto dal sistema dei media (definizione primo dizionario). — quello orizzontale : persona che una certa comunità riconosce come leader d’opinione. I primi ad usare il termine opinion leader sono : Elihu Katz e Paul Lazarsfeld. Il punto di partenza dello sviluppo della teoria che porta all’identificazione della teoria degli opinion leader è il lavoro fatto tra gli anni 40 e e gli anni 50 di Katz e Lazarsfeld della Two step flow of communication: qui si identifica per la prima volta la figura dell’opinion leader e nasce in un momento in cui l’immaginazione degli effetti sociali dei media era molto semplice. Si pensava che il contenuto veicolato dai media colpisse e influenzasse la mente delle persone. Si trattava di una visione semplificata. Si pensava che la gente davanti alla tv fosse bombardata di contenuti. Si tratta di una visione lineare e semplice. Tutto parte da due ricerche… Dentro questo mondo, Lazarsfeld e Katz, sociologi americani cominciano a studiare e cominciano a porsi una domanda : cercano di capire che cosa influenza le scelte di voto degli americani. Il primo lavoro che fanno, che si colloca verso la seconda metà degli anni 40, viene pubblicato nel libro the people’s choice : si tratta di una ricerca che fanno sul campo, intervistando gli americani. Vogliono capire come i mass media siano in grado di influenzare le scelte di voto dagli americani. Partono dall’idea che ciò che viene detto in tv e in radio sia importante e influenzi le scelte di voto. Sottotitolo : How the voter makes up git mind in a presidential campaign : sono andati in una contea in Ohio e hanno fatto questa ricerca sul campo. Verso la metà degli anni 50 sono andati avanti a studiare come i media influenzano la scelta delle persone, spostandosi dalle scelte di voto alle scelte di consumo. Oltre l’interesse per le scelte politiche, inizia ad esserci l’interesse per le scelte di consumo (consumo culturale come il cinema, la moda, prodotti per la casa) e vanno ad indagare che cosa influenzi le scelte delle donne e vanno ad intervistare a Decatur negli USA le donne per capire che cosa le influenza in queste cose (parentesi precedente). Ci sono due ricerche dalle quali parte il tutto: si tratta di due ricerche fondamentali perché Katz e Lazarsfeld scoprono qualcosa di interessante: 1) dalle indagini, iniziano a scoprire che stampa, radio e tv sono ovviamente importanti perché veicolano dei contenuti che sono utili per formarsi un’opinione e per scegliere che cosa andare a votare. Ma intervistando delle persone, scoprono che esistono discussioni politiche quotidiane che esercita altrettanta influenza. Quindi iniziano a figurarsi un processo in cui i contenuti dei media sono importanti, ma c’è qualcosa che interagisce con il contenuto dei media, che sono queste discussioni politiche quotidiane che sono altrettanto importanti nell’influenzare le scelte di voto. Queste discussioni politiche quotidiane, che si svolgono all’interno delle reti familiari e dei pari (amici, colleghi..) sono importanti perché scoprono che creano una grande omogeneità di opinione all’interno di questi gruppi —> si creano delle posizioni comuni. L’opinione che si formano è fortemente influenzata da con chi si confrontano (quindi non solo dai mass media). Ad un certo punto, loro scrivono all’interno di the people’s choice che quelli che avevano cambiato la loro opinione di voto, erano caratterizzati da un elemento comune: erano partiti in disaccordo con i loro gruppi familiari e di pari e alla fine di tutta la procedura di elaborazione della scelta di voto, questi avevano cambiato idea. Questo conferma che non sono solo i media ad orientare le scelte di voto, ma che hanno un grande peso queste opinioni che si creano all’interno dei gruppi. Questa teoria ha un grande successo perché per l’epoca si tratta di un qualcosa di rivoluzionario, anche perché si pensava che negli anni 40/50 bastasse una grande campagna in radio / stampa per convincere la gente, questa cosa che scardina. Perché non è solo questo che convince le persone, deve passare attraverso il filtro di queste conversazioni quotidiane. Un’altra cosa che fa diventare importante questa teoria, è che loro scoprono che all’interno di questi gruppi ci sono delle persone con più peso, che trascinano gli altri verso alcune posizioni, che loro chiamano opinion leader. Vedono che c’è una cosa che gli accomuna: essere più esposti ai media ed essere più informate (ascoltano più trasmissioni radiofoniche, vedono tv, leggono i giornali..), questo li fa diventare opinion leader. Quindi i media tornano ad essere importanti, ma non perché arrivano direttamente a ciascuno bombardandolo di contenuti e convincendoli, ma perchè chi ha più informazioni che vengono dai media, è un detto più influente all’interno della rete dei pari, ed è capace di orientare la formazione dell’opinione, diventando opinion leader. 2) Scoperto ciò, provano ad uscire dal mondo della politica. Iniziano a cercare di capire che cosa influenza le scelte di consumo. Consapevoli dell’esistenza della figura dell’opinion leader, vanno a capire che cosa influenza le scelte di consumo delle donne che vivano a Decatur. Il libro che esce da questa ricerca si chiama Personal influence e il sottotitolo fa evidenziare l’approccio “part played by people in the flow of mass communication”. Loro cercano di capire il rapporto tra mass media, persone ed opinion leader. Qui ritrovano un processo molto simile, i media sono ovviamente influenti (recensioni dei film, pubblicità dei prodotti, comunicazione dei magazine), ma questo passa attraverso le discussioni quotidiane della moda, del cinema e degli oggetti d’uso quotidiano. All’interno di cio esistono ancora dei leader. Quello che questa seconda ricerca mette a fuoco è che ci sono leader specifici per diversi temi. Quello che era opinion leader per la politica non è lo stesso per la moda o cinema. Quindi gli opinion leader iniziano ad essere figure focalizzate, che hanno competenze specifiche su alcuni temi. Siamo qui vicini alla dedizione del business dictionary. Perché gli opinion leader sul fashion, la moda ecc.. che si scoprano con la ricerca sono chiaramente persone a cui ci si rivolge per avere consigli su un dato argomento. Quindi, i media c’entrano ma mediati da queste figure degli opinion leader. La teoria del two step flow of communication cerca di sistematizzare ciò che i studiosi hanno capito e cercano di rendere chiaro che cosa succede nel rapporto tra i media e le persone. Elaborano un modello che è sintetizzato qui: L’influenza esercitata dai media passa attraverso il filtro degli opinion leader per arrivare alle proprie reti sociali e quindi alla gran parte del pubblico. Two step flow significa un flow, un flusso che va dai media agli opinion leader e un secondo che è quello che va dagli opinion leader alle loro reti sociali. Questo significa che l’influenza dei media non arriva uguale a tutti. Anche perché non esiste un unico opinion leader, quindi gli stessi contenuti dei media esercitano un influenza diversa su diverse reti sociali a seconda degli opinion leader che li filtra. Si tratta ancora di una rivoluzione negli effetti sociali dei media, che non sono uguali per tutti: stessi contenuti, effetti diversi perché ci sono di mezzo i leader d’opinione. IL MODELLO : Fermandoci all’idea che il leader d’opinione sia l’attore sociale più disponibile all’esposizione ai media, è chiaro che questo leader ha due funzioni importanti, come capito per ideale il modello dai due studiosi: — gatekeeping : fa da filtro e cioè riporta alla sua rete sociale alcuna informazioni a discapito di alte, quelle che secondo lui sono più importanti. — framing : mette le informazioni in racconto, all’interno di una narrazione e cerca di darle un senso. Si tratta del meccanismo della narrazione. Questi opinion leader quindi sono un filtro importante per quanto riguarda il contenuto dei media. Modello: Quello che scrivono Katz e Lazarsfeld nel libro in cui elaborano il two step flow of communication (1955) è che : i contenuti spesso fluiscono dai messaggi mediali, dalla radio agli opinion leader. E poi quest’ultimi portano questo messaggio ad individui che sono meno attivi nella popolazione. Quindi a questo punto si smette di pensare che il pubblico di media sia un gruppo indistinto, ma si pensa che i media siano fatti di reti sociali che comunicano con gli opinion leader. Lazarsfel e Katz vogliono ad un certo punto sistematizzare quelle caratteristiche che fanno diventare le persone opinion leader. Abbiamo visto che l’opinion leader deve avere un uso ricco dei media, capacità di reperire informazioni e quindi essere più informati. Questo però non è sufficiente. I due studiosi sistematizzano queste caratteristiche degli opinion leader, che sono 4 : — LITERACY : Un opinion leader non lo è se non è capace di cercare, fruire più informazioni rispetto agli altri. — COMMITMENT: Sono caratterizzati da una passione, non basta che siano informati, ma devono avere un elevato coinvolgimento e interesse per un argomento (cinema, politica, moda…) — SOCIEVOLEZZA: capacità di trasferimento di informazioni a flussi di individui (gregari) che appartengono allo stesso gruppo sociale. Devono avere perciò reti sociali con cui entrano in rapporto e devono veicolare informazioni agli altri. — LEADERSHIP : riconoscimento, dal basso, parte del gruppo dei pari del possesso di maggiori conoscenze. Deve esserci riconoscimento del suo ruolo, se no resta solo una persona informata e appassionata. Vale lo stesso per gli influencer. L’assunzione di questo ruolo è perciò reciproca! Gli studiosi definiscono due tipi di opinion leader: — VERTICALI: Comunicano principalmente attraverso i media, vengono riconosciuti come leader anche da persone che non sono pari, ma che li conoscono attraverso i media. Es. Esperto che vedo in tv — ORIZZONTALI: quelli che agiscono all’interno delle reti sociali. Essi sono conosciuti solo all’interno della loro comunità di riferimento. Es. Qualcuno che conosco nel mio network che vedo come riferimento. (Amico) Ultima distinzione degli studiosi: — MONOMORFI: gli opinion leader che hanno un campo di riferimento e su altri temi non sono ferrati. — POLIMORFI: esistono opinion leader a cui la gente fa riferimento in modo trasversale. Si tratta di leader politici, che magari riescono ad avere credibilità su tanti temi. Es. In America citano Obama Sono però rari, sono persone carismatiche a cui si fa riferimento per tanti temi. Vediamo che le cose più importanti sono che i due fattori chiave che portano un utente dei social media ad essere percepito come opinion leader sono: — la percezione di originalità del profilo — la percezione di unicità del profilo Poi vi sono anche la dimensione della sintonia ecc, ma questi abbiano il processo per far sì che un utente ne consideri un altro opinion leader. Sull’altro versante, del comportamento dei consumatori follower, mostra che i punti chiave per formare l’opinion leader sono : Quando il profilo incontra dei follower che sono coinvolti, che siano interessati a seguire, ad interagire (commentare..) e segnalare il profilo. Ultimo aspetto che deve scattare per costruire l’opinion leadership è che si crei una sintonia con gli interessi dei follower, che influenza il fatto di seguire o meno i consigli di consumo dell’OL. Questo è uno dei più recenti modelli che sono stati costruiti per spiegare quali sono gli elementi che consentono lo sviluppo di figure di opinion leader e influencer, qui specificamente di Instagram. GLI OPINION LEADER E TWITTER: Una delle piattaforme più studiate per studiare gli opinion leader. Perché Twitter? Ha due importanti caratteristiche: — centralità delle news: all’interno di Twitter circolano diverse informazioni e gli opinion leader diventano all’interno di Twitter dei soggetti che ricondividono contenuti in grado di agire sulla formazione dell’opinione pubblica. I soggetti che fanno da filtro, ovvero gli opinion leader, sulle news che circolano su Twitter, sono in grado di influire sulla formazione dell’opinione pubblica. Si è scoperto che ci sono dei soggetti che fanno da snodo, ovvero a cui arrivano flussi di informazione e che ricondividono tante news.Questi soggetti sono effettivamente opinion leader. — è una piattaforma caratterizzata da una molteplicità di flussi comunicativi e relazioni, perchè alcune modalità (tweet, mention) permettono di far circolare in modo più intenso i contenuti Quindi se l’opinion leader su internet è un soggetto che sa attrarre dei follower e stabilire una relazione di influenza con loro, qui su Twitter l’opinion leader è chi riceve tanti contenuti e li ricondivide. Quindi la figura dell’opinion leader è più legata al meccanismo della ricondivisione. (Cosa che non c’è su Ig). Quindi queste due caratteristiche hanno reso questa piattaforma interessante per chi vuole studiare come gli opinion leader agiscono e sono organizzati nelle piattaforme social. 2 3 COSA SI È CAPITO: Le informazioni circolano in Twitter tramite degli intermediari. Chi si è messo a studiare gli opinion leader su Twitter, ha capito che all’interno del processo di circolazione delle news sono importanti dei soggetti che fanno da intermediari, ricevono tante informazioni e le ritwittano. Oppure vanno a prendere news all’interno delle testate giornalistiche online e le condividono su Twitter. 1) PRIMO STUDIO Effettivamente all’interno di questo saggio del 2011, che si titola “Who says what to whom”, dice questo: su Twitter ci sono persone che sembrano agire come degli opinion leader perché raccolgono informazioni, le filtrano e le condividono con gli altri. Questi nodi sono al centro dei flussi comunicativi di tante persone e sembrano agire avendo un’influenza sulle informazioni su Twitter. Queste persone diventano fonte di molte persone che li seguono su Twitter. Scoperto ciò, che ci sono soggetti che diventano fonti di informazioni per i follower all’interno di Twitter, ci sono stati degli studi per capire le caratteristiche di queste persone. La risposta è stata che la maggior parte di quesì soggetti non sono dei blogger, giornalisti, politici, ma fanno parte di quel gruppo di utenti comuni che c’è su Twitter e che indipendentemente del loro status fuori dalla rete, che gli consente di avere un accesso privilegiato all’informazione, diventano fonte per molte persone all’interno di Twitter. Ma che caratteristiche hanno? Anche su Twitter questi intermediari hanno delle caratteristiche : — sono esposti a più fonti mediali degli altri : seguono più fonti di informazioni rispetto agli altri (hanno nei loro seguiti più fonti). —> literacy — hanno più follower di altri utenti: hanno la capacità di essere presenti all’interno delle reti di tante altre persone —> socievolezza — sono più attivi : commentano, retwittano, sono più attivi all’interno della piattaforma. —> commitment Questo ci da dice che anche su Twitter si forma una rete sociale che chi ha alcune caratteristiche diventa opinion leader. Anche all’interno di una piattaforma come Twitter sono analoghe ai media tradizionali e possiamo ancora fare riferimento a quello che avevano studiato i due studiosi nel secolo scorso (Katz e Lazarsfeld) 2) SECONDO STUDIO: C’è un secondo tipo di studi che ha riguardato il rapporto tra Twitter e gli opinion leader: Ci si chiede quali sono gli strumenti che rendono gli opinion leader tali su Twitter. Quali sono gli indicatori? In un primo momento ci si concentra sulla quantità di follower e si pensa che questo sia la cosa più importante per essere opinion leader. Ma negli stessi anni (2010/2011) quando è stato fatto l’altro studio si inizia a chiedere se la quantità di follower sia l’elemento cruciale per diventare opinion leader. Infatti questo studio si chiama “measuring user influence in Twitter : the million follower fallacy”. Il punto di partenza di questo saggio è che gli utenti con il maggior numero di follower su Twitter, sicuramente sono popolari, però non c’è un rapporto diretto, di conseguenza diretta, tra il numero di follower ed essere influenti all’interno di Twitter. Infatti gli opinion leader non sono solo seguiti, ma re-portati, citati. La domanda è : quali sono gli elementi che definiscono l’influenza su Twitter (quegli elementi che rendono questi soggetti capaci di agire sulla formazione dell’opinione)? — Popolarità : se ho 1 solo follower non posso essere influente. Questa dimensione della socievolezza c’entra comunque, e viene chiamata indegree influence, ovvero la capacità di raggiungere una audience ampia. Si tratta di una condizione necessaria ma non sufficiente. — Condivisione : “retweet influence” : legata alla quantità di condivisioni dei miei post che sono capace di generare. Indica che riesco a produrre contenuto a cui i follower riconoscono un valore, tanto da farsi promotori del mio contenuto. Questa è diciamo la questione di riconoscimento dal basso —> leadership. La retweet influence racconta che i contenuti che vengono condivisi, vengono presi come punto di riferimento. Nell’altra ricerca non era emersa, perché ci si concentrava sulle caratteristiche dell’opinion leader. Es. Twitter ci dice che nei giorni scorsi (manifestazioni, scontri) alcuni profili come Informazione interno, che da informazione di cronaca bianca, è stato uno dei profili più retwittati negli ultimi giorni. Questa capacità di leadership varia per contenuto, momento ecc Questo varia ovviamente anche fuori dalle piattaforme social. — Coinvolgimento : riguarda la socievolezza. Non basta avere tanti follower per avere la caratteristica della socievolezza, perché i follower possono essere anche solo persone che seguono ma che non stabiliscono una relazione. Viene individuata la capacità di essere menzionati nei tweet di altri persone (chiamata mention influence). Significa essere capaci di essere coinvolti nella conversazione di altre persone. Questo è un elemento fondamentale della socievolezza. Più una persona è capace di essere menzionata nelle conversazioni altrui, più la sua socievolezza è efficace. Es. nei questi giorni di elezioni comunali, emerge che tra i soggetti più menzionati c’è stato Carlo Calenda. Tra i canditati sindaco, sui social lui è stato capace di proporre una serie di topic e contenuti che hanno generato tante mentions. 3) TERZO STUDIO: Questo terzo studio riguarda il rapporto tra opinion leader e Twitter. Questo studio punta a individuare diverse tipologie di opinion leader che esistono sulle piattaforme social, in particolare su Twitter. Questo studio nasce in realtà dentro un filone di riflessioni sulle piattaforme digitali che analizza un fenomeno studiato negli anni 10 che è quello della viralitá. Uno dei tanti studi fatti su questo tema è questo “The typic point” di Malcom Gladwell. Egli si concentra sul typic point, che è quello momento in cui il contenuto che circola in rete diventa virale. Lui vuole capire che caratteristiche ha questo momento cruciale in cui un contenuto supera un certo punto di svolta e si diffonde come un incendio. All’interno di questo typic point, che rende questo contenuto virale, c’entrano anche dei soggetti che intercettano questo contenuto. Gladwell torna sull’idea degli opinion leader che sono in grado di far esplodere la viralità dei contenuti A differenza degli altri studiosi che abbiamo visto, Gladwell non ci dice quali sono le caratteristiche in generale degli opinion leader e nemmeno i meccanismi che definiscono l’opinion leadership, ma individua individua 3 tipi di opinion leader che agiscono all’interno della rete: — opinion leader che sono connettori, che sono persone che hanno un’ampia rete di connessioni, ma il suo ruolo si leadership è far stare insieme le persone. Diffondono quindi dei contenuti comunitari e identitari Es. Meme, in chi le persone si riconoscono Si tratta di contenuti identitari. Questa tipologia di opinion leader nelle piattaforme social esiste questa persona con una componente identitaria e che tende a far stare insieme certe persone. — gli esperti : lui dice che alcuni contenuti vengono fatti diventare reali non da connettori (che condividono meme, commenti..) ma esperti che hanno tutte le caratteristiche dell’opinion leader ma sono interessati ad informazioni che servono a fornire delle risposte. Quindi loro vogliono fare diventare virale un contenuto utile. (Es.come funziona il greenpass) Tutti abbiamo sentito parlare di Salvatore Aranzulla, ma non si tratta di un connettore, è un esperto. — I persuasori : quelli che in realtà non sono persone che connettono, non sono esperti ma sono leader carismatici che creano consenso indipendentemente dal fatto di essere esperti. Questi sono caratterizzati da peculiarità personali. Si condividono questi contenuti solo perché sono stati pubblicati da questa persona specifica. Es. Beppe Grillo SPIRALE DEL SILENZIO Prima teoria che si occupa nell’individuazione dell’opinion leader : Two step flow of communication. (Vedi appunti dietro). L’opinione pubblica si forma all’Intersezione tra media e opinion leader. Il passaggio successivo : quello che introduce Elisabeth Noelle-Neuman negli anni 70. Non siamo più negli USA, ma in Germania. Lei riflette sul processo di formazione dell’opinione pubblica, ma oltre ai media e alla comunicazione interpersonale (che erano già stati messi a tema da Katz e Lazarsfeld, perché gli opinion leader agiscono all’interno di processi di comunicazione interpersonale) comincia a mettere a fuoco un terzo aspetto, importante per il processo di formazione dell’opinione pubblica. C’entra : — la manifestazione individuale d’opinione — La percezione del clima d’opinione Come anche Katz e Lazarsfeld anche Elizabeth Noelle-Neuman parte da una domanda. Ad un certo punto, agli inizi degli anni 70, ci sono in Germania delle elezioni politiche e in quelle del 1972 succede che il risultato elettorale è diverso rispetto ai sondaggi (che di solito erano veritieri). Allora la studiosa inizia a chiedersi perché l’opinione dei sondaggi fosse diversa da quella delle votazioni. Evidentemente qualcosa ha interferito. Noi l’abbiamo visto anche qualche anno fa quando in modo inaspettato per quanto racontato dai sondaggi americani, Trump ha vinto le elezioni. Si tratta di un fenomeno che si ripete. Il risultato delle scelte delle persone è contrario a quello che i sondaggi rivelano. Quindi in realtà a patire dalla domanda che si fa la Neuman, nasce una teoria “teoria della spirale del silenzio”, che mette un tassello in più rispetto alla descrizione di come funziona l’opinione pubblica. Per capire il percorso attraverso cui Neuman opera, bisogna capire dall’inizio, dall’idea che lei ha dell’opinione pubblica e i concetti da cui parte. Da cosa parte? Elizabeth Noelle-Neuman è una psicologa sociale, quindi è attenta ai meccanismi psico-sociali. Per prima cosa lei parte dall’idea che il fato che ci sia un’opinione pubblica abbia un’utilità, una funzione. Lei dice che si tratta di una funzione integrativa : ci permette di avere punti di riferimento comuni che rendono più facile vivere in società e vivere in una società coesa. Si tratta di un’idea positiva dell’opinione. La comunità inizia a sviluppare giudizi comuni perché così riusciamo ad essere più coesi ed omogenei. Questo é quello che dice la Neuman “il risultato della nostra valutazione, circa l’opinione dominate influenza il nostro comportamento nella sfera pubblica. ” Si parla di sfera pubblica perché magari io l’opinione ad un familiare o ad un’amica la dico, ma non pubblicamente. Qui si spiegano i sondaggi che falliscono. Probabilmente c’è una parte dell’elettorato che non si trova nell’opinione dominate. E quindi quando chiedono cosa voteranno o dice una cosa diversa o che non lo sa. Questo perché non vuole esporre la sua opinione perché pensa sia l’opinione della minoranza. Nelle elezioni in cui Trump ha vinto succedette questo. Questo è un effetto di spirale : non si sono sentiti si esprimere l’opinione in pubblico perché pensavano di essere una maggioranza non tanto apprezzata Noi siamo caratterizzati di questa capacità di monitorare questa opinione pubblica prevalente, che può valere per tutta una nazione ma anche per un gruppo sociale in cui ci troviamo in quel momento. Quando percepiamo una discrepanza di opinione tra il nostro pensiero e l’opinione pubblica prevalente, non la esprimiamo. Tanto più è tgramfe la discrepanza, tanto più stiamo in silenzio. Quando siamo all’opposto con l’opinione dominante non parliamo. Questo ha più effetti : — effetto individuale : non esprimiamo la nostra opinione quando pensiamo che siamo lontani dal l’opinione pubblica prevalente. — effetto sociale: alla fine parlano solo quelli che pensano di essere vicini e publica prevalente e non si ha percezione delle altre opinioni. —> Si forma una distorsione. Si crea un enfasi che fa perdere di vista l’esistenza delle altre opinioni. Nei casi eclatanti si inverte la proposizione, pensiamo sia prevalente un’opinione, invece non è così. La Neuman dice anche che i media c’entrano in questo processo perché i media ci raccontato costantemente quali sono le opinioni dominanti. Alle volte anche in modo distonico di quello che percepiamo di opinione intorno a noi. I media hanno un peso. Se domani i media dicessero che la maggior parte delle persone pensano che il vaccino non va bene, noi non cambieremmo la nostra opinione, ma staremmo zitti, c’è quindi un allineamento dell’opinione dominate, Questo è un effetto a spirale. I media contribuiscono a rappresentare alcune opinione come minoritarie. Assegnano la definizione di opinione minoritaria ad alcune prese di posizione e ci convincono che siamo parte di una nicchia senza importanza e peso. Questo fenomeno la Neuman ce lo descrive come una illusione ottica, che riguarda la questione effettiva della maggioranza. Tutto questo lo si capisce pensando al sistema dei media degli anni 70, in cui vive la Neuman. In cui ci sono tanti media broadcast che sono in grado di proporre con grande convinzione dei modelli di opinione coerente. Quindi, sono in grado di proporre un racconto di opinioni dominanti coerente. In più hanno anche la funzione di fornire argomentazioni utili per sostenere la propria opinione, attraverso la narrazione di personaggi che forniscono esempi di argomentazione. Noi possiamo chiederci se questo ruolo c’è ancora, essendo cambiato in questi anni il ruolo dei media. I media contribuiscono ancora a farci percepire un’opinione come dominante? La risposta è si I media di questi anni, del 2020, continuano una funzione di orientamento. Essi sono in grado di fornire contenuti che vengono messi in circolazione all’interno delle piattaforme digitali. Quindi sono in grado ancora di raccontarci quale è l’opinione dominante del nostro contesto sociale e quindi a determinare un effetto a spirale. La questione che solleva la Neuman è che i media possono anche proporci un’opinione dominante anche se non lo è quantitativamente all’interno di un contesto sociale. E questo genera un effetto di allineamento sociale. LE MINORANZE RUMOROSE: C’è speranza per un’opinione minoritaria di farsi sentire e di diventare un opinione che viene espressa l’interno del contesto sociale? Questa è la domanda che si fa Katz a partire da quello che scrive la Neuman. Katz, dalla Colombia University, dalla quale va a lavorare, dice che effettivamente noi possiamo identificare delle minoranze rumorose, che riescono per alcune caratteristiche che hanno a farsi sentire e quindi riescono ad avere voce all’interno dell’opinione dominiate. Anche se non era ancora un periodo in cui esistevano i media digitali, che danno molta visibilità alle minoranze rumorose, Katz identifica la possibilità di un riemergere delle opinioni minoritarie all’interno del contesto sociale. Lui dice che anche i gruppi minoritari possono generare un effetto a spirale al contrario, configurando nuovi movimenti di opinione. Osservando il contesto sociale degli anni 70, cominciano ad emergere delle posizioni che non sono opinioni della maggioranza, ma che acquistando spazio diventano di rilevanza. Es. movimento ambientalista, che nasce negli anni 70, in un contesto in cui la sensibilità verso l’ambiente non corrisponde all’opinione della maggioranza che è più focalizzato verso il progresso e lo sviluppo dell’industria. Anche osservando dei fenomeni che abbiamo nella quotidianità, vede che i gruppi minoritari non sempre scompaiono dalla percezione della maggioranza delle persone. Ci sono però delle condizioni che permettono di far percorre la spirale del silenzio al contrario da parte di queste opinioni minoritarie, non tutte riescono però. Quali sono le caratteristiche che permettono a questi movimenti di opinioni di essere incisivi all’interno dell’opinione pubblica? Due caratteristiche fondamentali per gli anni 70, che valgono anche oggi vengono evidenziati da Katz: — che questi gruppi minoritari abbiano accesso a tutti i media (Katz pensa a radio, stampa, tv, noi aggiungiamo piattaforme social). Questo però non basta per far sì che un movimento di opinione cresca. — caratteristiche interne che identifica Katz : una grande coerenza, hanno molta più facilità a ritornare visibili all’interno dell’opinione pubblica, quei movimenti di opinione che si focalizzano su un aspetto specifico. Si muovono in difesa o contro qualcosa di molto ben identificato. Questa coerenza si accompagna alla difesa di alcune posizioni. Quindi quei gruppi di opinione che sono focalizzati su un tema preciso e si propongono di difendere una questione di ciò. Es. Black lives metter —> adesso non è più considerabile un’opinione minoritaria. Ma negli USA vi sono ancora opinioni contrastanti. Quindi black lives matter si é fatta sentire all’interno dell’opinione pubblica americana. Come si traducono le caratteristiche a black lives metter? tema : preciso : violenza della polizia é l’aggressività verso gli afroamericani. Si tratta di un tema preciso, che porta questo movimento a difendere e tutelare la vita degli americani, sia neri che bianchi. Es. Movimento NO TAV Anche in questo caso questo movimento presentava queste caratteristiche. Grande coerenza e difesa interna su un tema: non vogliamo questa linea ferroviaria ad alta velocità. Questi movimenti che riescono a riemergere all’interno della sfera pubblica e a farsi sentire hanno queste caratteristiche. Oggi sono anche caratterizzati da hashtag che li qualificano. Questi elementi che li identificano aiutano il movimento ad emergere nella sfera pubblica, perché li rende facilmente riconoscibili. Essere identificati con un claim o con un hashtag é importante quindi, serve per aiutare ad emergere. Rende facile al movimenti ad entrare nell’immaginario della popolazione e esprimono esattamente ciò che viene difeso, l’elemento aggregante del movimento. Quindi esprimono anche quella coerenza e difesa di alcune posizioni che sono cruciali. Rispetto a questa prima definizione, che permettono ad alcuni movimenti di opinione a risalire la spirale del silenzio, oggi abbiamo anche movimenti che aldilà della coerenza, coesione, convinzione con cui si propongono o, riescono ad emergere nella visibilità pubblica grazie al modo con cui si propongono : Noi viviamo in un’epoca in cui le minoranze rumorose non fanno leva su quanto sia convincente la loro proposta, ma la impongono con delle manifestazioni di piazza in cui ciò che conta non è la validità della proposta ma il clamore che si riesce a suscitare. Essendo che é cruciale la visibilità mediatica, é vero che alcuni movimenti riescono ad emergere più per quante performance, manifestazioni fanno piuttosto che per l’importanza del contenuto che vogliono portare. Questo é legato al fatto che i media danno visibilità a quello che é vistoso. Quindi é necessario non solo avere elementi verbali con cui essere identificati (No Tav, Black lives metter) ma anche degli elementi performativi e visivi. A volte è necessario per questi movimenti dotarsi di elementi visivi che li rende vistosi. Es. Quando ci sono state le manifestazioni a Hong Kong gli ombrelloni gialli. La dimensione visiva, riconoscibile diventa importante. Questo perché con l’evolversi dei media, diventa importante come ci si mette in scena. Quindi le minoranze rumorose riescono ad emergere perché hanno una grande abilità di mettersi in scena in modo performativo. I MOVIMENTI AMBIENTALISTI Per capire meglio come funziona questo meccanismo delle minoranze rumorose, facciamo un analisi di un caso: I Movimenti ambientalisti stanno incidendo nella formazione dell’opinione pubblica ma anche nei nostri comportamenti. Essi però, sono nati molto prima del fridays for future di Greta Thunberg. Essi sono nati in un contesto in cui il movimento ambientalista non era per nulla al centro dell’opinione pubblica, ma sono nati in un contesto in cui al centro dell’opinione pubblica c’era lo sviluppo industriale e delle grande imprese, lo sviluppo del nucleare, tutta l’opinione pubblica e l’economia andava in un’alta direzione. Dentro questo clima di opinione, degli anni 70, nasce il primo movimento ambientalista, che è passato da esser un movimento minoritario ad un movimento importante: esso è Greenpeace che nasce nel 1971. Nasce ad opera di poche persone che iniziano a rappresentare la necessità di porre attenzione all’ambiente. Il primo elemento che diventa oggetto di opinione di Greenpeace sono gli esperimenti nucleari. Quindi nel 1971 Greenpeace nasce come una manifestazione contro gli esperimenti nucleari che venivano svolti in Alaska. Utilizzando uno spazio poco abitato, ma molto ricco di flora e fauna, nell’ottica degli anni 70, essendo poco abitato, era adatto per gli esperimenti nucleari, legati alla produzione di armi. Dentro un opinione pubblica che rappresenta questi esperimenti nucleari, ma che è un opinione pubblica che vede lo sviluppo del nucleare e della armi un elemento di crescita, queste 4 persone decidono di fare qualcosa di vistoso per rappresentare un punto di vista diverso che è quella della tutela dell’ambiente e dell’opposizione allo sviluppo delle armi nucleari. Che cosa fanno di vistoso? Prendono una barca, si mettono sopra, portano i giornalisti (media) e vanno in Alaska, cosa che se viene fatta esplodere un’altra bomba, loro sono nel pieno dello spazio delle radiazioni. Quindi questo mette chi gestisce questi esperimenti davanti una scelta : fermo gli esperimenti oppure rischio di uccidere delle persone. Gli esperimenti sono stati fermati per il momento in cui le persone sono state in Alaska. Loro non volevano bloccare il meccanismo degli esperimenti nucleari americani, ma quello che sono riusciti a fare è stato quello di entrare nel cono di attenzione dei media. La prima cosa che hanno ottenuto è stato l’acceso ai media, hanno costruito un qualcosa di molto facile da raccontare da parte dei media (una piccola barca contro gli USA - fa riferimento a Davide piccolo contro il gigante Golia). Questa rilevanza mediatica ha avuto il risultato di far vedere che questo punto di vista esisteva, cioè che esisteva qualcuno che pensava che si dovesse risparmiare l’ambiente dell’Alaska dal nucleare. La notizia si basa su questo gesto eroico degli attivisti che mettono in gioco la loro vita, per portare alla visibilità mediatica il loro punto di vista. L’obiettivo di Greenpeace da qualche anno (dalla metà degli anni 70) è opporsi alla caccia alle balene. Hanno ancora come obiettivo tutelare l’ambiente, ma il topos di questa narrazione che i media hanno riportato è questo. Si tratta di una foto del 1975 e vediamo che il modello narrativo con cui Greenpeace si propone ai media é sempre quello, di Davide contro Golia. Scelgono delle imbarcazioni piccole per andare ad opporsi alle baleniere, perché vogliono che quello che viene raccontato sia questo: noi siamo Davide contro Golia, rappresentiamo l’opinione minoritaria (che poi diventa meno minoritaria) che l’ambiente deve essere preservato anche a discapito dell’economia e siamo degli eroi perché andiamo a rischiare la vita. Anche in questo caso ottengono una grande rilevanza mediatica. I tempi cambiano, questo punto di attenzione alle balene va avanti per una trentina di anni, ma poi evolve e diventa complessivamente la tutela dell’ambiente nel suo complesso e verso la metà degli anni 2000 Greenpeace è diventato un movimento non più così minoritario, ma comunque ha ancora bisogno di farsi sentire ed essere al centro dei media. Così inventa un’altra storia, che però ha la stessa caratteristica delle storie precedenti. Inserire banner su monumenti di rilevanza mondiale : Il cristo di Rio de Janeiro. Qui è cambiato il modello narrativo, non abbiamo più Davide contro Golia, ma abbiamo perso quella dimensione dello scontro visivamente rappresentati tra i piccoli e i giganti e siamo entrati in una logica performativa : conta quanto più sono vistoso nelle cose che faccio, nonostante si perda un po’ di premianza della narrazione. Qui il tema è diventato più ampio e quindi serve un gesto che sia vistoso in se. Quindi si appoggiano alla notorietà dei luoghi, non costruiscono più una narrazione che è legata al tema, ma costruiscono delle performance che siano vistose. Cosa resta? Il gesto eroico, che in questo caso è meno rispetto a prima, ma è il gesto di “rischio la vita per appendere il banner”. Che cosa ci dice rispetto alla spirale del silenzio questo studio del Pew Research Centre? Ci dice che in entrambi i contesti (online e offline) l’elemento determinate che porta gli americani a sentirsi propensi ad esprimere la propria opinione, continua ad essere in sintonia con la propria audience. C’è ancora il meccanismo della spirale del si silenzio: se io mi sento in sintonia con le persone che mi stanno ascoltando, sono molto più propenso ad inserirmi nella conversazione anche in un tema divisivo e ad esprimere la mia opinione. Questo vale anche sui social, perché anche su Facebook quelle volte in cui le persone hanno avuto la sensazione che le persone nel loro network condividevano la stessa opinione sul caso Snowden - NASA, in quei casi li si sentivano 2 volte più propensi ad intervenire nella conversazione, rispetto a quando erano privI di questa conferma. Quindi anche su Facebook hanno detto “Io mi sento di entrare nella conversazione se ho la percezione che le persone e che appartengano alla mia rete la pensino come me”. La difficoltà è il monitoraggio dell’opinione delle persone che ho nella mia rete. Quindi i social media appartengono nel meccanismo della spirale del silenzio. Se i propri follower hanno la nostra stessa opinione, ci si esprime. Se no, no. Gli utenti dei social media dichiarano di avere la percezione di quello che pensa la propria rete e di orientarsi sulla base di quello e decidere se intervenire o no. Ma emerge anche che il tipico utente di Facebook è meno propenso a intervenire su un tema di questo tipo online se non nello spazio fisico. Quindi se gli utenti social dicono di riuscire a monitorare quello che pensa la gente, quando si va ai fatti si vede che c’è una minore propensione di intervenire su temi divisivi sia online che offline. Quindi le piattaforme social riproducono il meccanismo della spirale del silenzio e diventano luoghi in cui si interviene meno volentieri su temi divisivi, soprattuto se non si ha la certezza di essere in sintonia con l’opinione dominante. Non c’è solo questa ricerca del Pew Reseach Centre che cerca di mettere a fuoco che cosa succede all’interno dei social per quanto riguarda la spirale del silenzio, ma ci sono altri saggi : The spiral of silence revisited : è interessante perché mette a fuoco gli strumenti che le persone utilizzano per monitorare l’opinione. — Click speech : gli utenti delle piattaforme social non utilizzano solo i contenuti postati, ma usano i like, le condivisioni, i commenti per capire dove vanno i pensieri della maggioranza. I commenti sono un luogo e lo spazio attraverso cui si monitora quale è l’atteggiamento prevalente all’intero dell’opinione pubblica nelle piattaforme social. Questo genera degli effetti distorsivi più seri di quelli che generavano i media tradizionali. Se io per capire cosa pensa la maggior parte delle persone, vedo quello che dice i media. In questo modo io parlo se sono in sintonia con l’opinione. Questo crea un effetto distorsivo perché potrebbe essere un opinione di una parte parziale della popolazione. Ma se io cerco di capire l’opinione pubblica dominate dai commenti ai post, se sono in sintonia mi esprimo se no no. Questo crea un effetto distorsivo più forte: mi convinco del fatto che la maggior parte delle persone la pensa in un certo modo, però vedo rappresentata solo la minoranza più attiva degli utenti social, quindi non è detto che quella sia l’opinione dominante. L’effetto della spirale del silenzio è innescata da una minoranza particolarmente attiva, che non è detto sia la maggioranza. Quindi è importante che emerga nella ricerca per capire come funziona la spirale del silenzio nelle piattaforme social che like, condivisioni, commenti sono usanti per interpretare l’opinione della maggioranza. The spiral of silence revisited ci dice che chi teme l’isolamento monitora questi indizi costantemente, monitora il click speech per capire quale è l’opinione dominate, espandendosi a questi effetti distorsivi e facendo un opinione che magari è diffusa nelle popolazione ma viene taciuta dal commento di una certa corrente di opinione. ISOLAMENTO: È chiaro che anche online si ripropongono le stesse forma di isolamento che Elisabeth Noelle-Neuman raccontava come paura dell’individuo contemporaneo. Si tratta di forme di isolamento che all’interno dei social media si formano tramite i click speech, e che alle volte diventano forme di isolamento offline, perché è volte le reti sociali online si sovrappongano a quelle offline. Il rischio dell’isolamento c’è, si esprime in modi diversi, ma c’è. Questo saggio dice che ci sono degli elementi che favoriscono questi meccanismi della spirale del silenzio. — Tanto più i temi sono divisibili, tanto più il timore che si inneschi questo isolamento e l’effetto di spirale è significativo. — La percezione di vicinanza dei soggetti verso cui si dovrebbe esprimere un’opinione dissonante è un’altro elemento che fa innescare la spirale del silenzio. Se i commenti, che mi fanno percepire un opinione diversa dalla mia, comprendono persone che sono vicine a me, o persone con cui ho scambi nei social, allora tanto più si innesca la spirale del silenzio, perché si ha paura della ricadute anche offline. Tanto più le persone sono vicine a me tanto più questo effetto si genera, perché ci vogliamo tutelare. Oggigiorno... Sempre sul ruolo dei commenti nei social media e dell’importanza che hanno nel monitoraggio dell’opinione pubblica, una ricerca ancora più recente dell’anno scorso ci dice che questo leggere i commenti soprattutto alle notizie che compaiono in rete riguarda almeno la metà delle persone che leggono le notizie. I commenti quindi hanno un impatto nel processo di formazione dell’opinione pubblica. Questo incide su come interpretiamo la notizia. Questo leggere i commenti, aldilà di quale sia l’opinione dominante, ci fa considerare l’articolo lo in modo parziale. Un articolo con commenti negativi porta i lettori a considerare quell’articolo come di parte. Se invece i commenti sono variegati quell’articolo si percepisce come neutro. Noi tendiamo a considerarlo più o meno polarizzato a seconda del tipo di commenti che troviamo sotto di esso. Es. Un articolo che descrive la trama di un film ma sotto al quale leggo commenti negativi o positivi ci fa concepire quell’articolo come positivo o negativo. È un effetto che ha tante declinazioni non solo nella costruzione dell’effetto a spirale. TEORIA DELLA COLTIVAZIONE Essa aggiunge degli aspetti che sono un osservazione più diacronica, guarda alla distanza del rapporto tra i media e contesto sociale e formazione dell’opinione pubblica. Si vede a lungo termine in che modo incidono alla formazione dell’opinione pubblica. Se gli studiosi hanno sempre studiato un esempio preciso, questa teoria vede a tanti momenti diversi che si susseguono e non gli interessa un momento preciso Siamo a fine anni 70 e lo studioso che se ne occupa è Greorg Gerbner che introduce un concetto nuovo : i media contribuiscono al processo di formazione dell’opinione pubblica non solo attraverso l’informazione ma anche attraverso i loro storytelling. Lui propone un allargamento di sguardo : tutte le forme di storytelling che vengono ospitate all’intento dei media contribuiscono alla formazione dell’opinione pubblica, anche quelli che apparentemente non c’entrano. Esempi Storytelling : — The Crown : storytelling che incide nel processo della formazione pubblica rispetto la monarchia inglese. Perché questa serie incide sul processo di formazione dell’opinione pubblica? Essa parla di un’istituzione pubblica, se parlasse di una famiglia qualsiasi non staremmo qui a parlarne e fornisce quadri interpretativi della storia della famiglia, fornisce un quadro interpretativo. Questa espressione è importante per la teoria della coltivazione. Si tratta anche di un’operazione di branding di un’istituzione — Amici di Maria De Filippi: Amici non è solo un talent, ma è anche un luogo dove si definisce come si affronta la sfida, la performance, cosa è accettabile o non nello spazio della competizione. Se andiamo oltre al talent, ci sono elementi che incidono nel processo di formazione dell’opinione pubblica. Anche quali sono i talenti che vanno premiati e quali no, incide sul processo di formazione e dell’opinione pubblica—> es. quali sono i talenti che una società riconosce come migliori di altri. Alle volte questi talent tentano di mettere in scena performance inclusive, cioè di persone che potrebbero essere messe ai margini. Questo perché può incidere sul processo di formazione dell’opinione pubblica. Gerbner allarga lo sguardo, fino a pensare persino che nelle scelte politiche e di voto queste forme di narrazione hanno capacità di incidere nel processo di formazione dell’opinione pubblica. In che senso Gerbner passa di storytelling ? Quello che ci vuole dire è che le storie proposte dai media si riflettono sul nostro modo di vedere e interpretare il mondo e propongono una visione del mondo sempre più omogenea e mainstream. Oltre a guardare in modo più ampio, Gerbner introduce anche un altro concetto chiave : idea della ripetizione, non basta che una volta io raccolto qualcosa all’interno dei media, ma quello che incide nel processo di formazione dell’opinione pubblica è ciò che viene ripetuto con costanza. FUNZIONE BARDICA Questa idea di Gerbner (guardare a tanti tipi di contenuti e alle storie ripetute) lo porta a riconoscere ai media una funzione particolare all’interno del contesto sociale, che lui chiama funzione bardica. Queste storie che i media ci raccontano e ripetono funzionano come nelle società medievali e rinascimentali funzionavano quei bardi che raccontavano le storie della comunità andando in giro tra corti e palazzi. Loro raccontavano le storie che tutti dovevano conoscere. Lo facevano raccontando qualcosa della vita quotidiana trasformandoli in narrazione poetica o narrata, questa è la stessa cosa che fanno i media oggi che ci raccontano eventi storici con fictions. Gerbner riconosce ai media questa funzione bardica : mass media sono lo strumento grazie a cui ci viene raccontata la quotidianità e la storia passata in maniera ludica come il bardo che andava in giro a raccontare canzoni. Due autori, Fiske e Hartley, riprendono questa funzione bardica : ci dicono che i media ci propongono dei modelli, dei quadri interpretativi del mondo che ci circonda, di quali sono i comportamenti adeguati e gli atteggiamenti accettabili sotto forma di storia. Gomorra : esempio di narrazione che incide nel processo di formazione dell’opinione pubblica. Rappresenta un fenomeno rappresentato tante volte, ma con un punto di vista particolare e innovativo. Altri esempi : Narcos Fiske e Hartley vanno avanti dall’Inghilterra a sviluppare la teoria della coltivazione di Gerbner, siamo verso la fine degli anni 70, inizio anni 80, in un’altra decennio in un cui si riflettere alla funzione dei media che incidono nel processo di formazione dell’opinione pubblica. Fiske e Hartley vanno avanti con la funzione bardica e cercano di articolare meglio le funzioni dei media all’interno del contesto sociale. Quello che ne esce è mettere insieme questi aspetti. Loro dicono che in questo raccontarci da parte dei media di quadri interpretativi della realtà, come agiscono i media? — articolare l’interpretazione della realtà: ci forniscono dei modelli di interpretazione della realtà, la devianza sociale è spesso motivata da condizioni di disagio, emarginazione — coinvolgimento del sistema di valori: Inoltre propone un sistema di valori, vi è una distinzione ta che cosa è considerato positivo e cosa negativo all’intento della società : va bene la solidarietà, l’accettazione della diversità, non va bene l’emarginazione ecc.. — spiegare le azioni dei singoli: ci spiegano cosa motiva certe azioni, spiegano i rapporti di causa - effetto all’interno della società. Tutti questi tre aspetti servono a rassicurare la cultura, la società e rassicurarci sul fatto che così va bene, che l’accettazione della diversità va bene ecc.. — Rassicurare lo status e l’identità dei singoli individui : Rassicura una cultura e una società nel fatto che alcune cose vanno bene e altre no. Oppure, può mettere in evidenza elementi critici all’interno del contesto sociale : es. non siamo abbastanza accoglienti nei confronti della disabilità o attenti a problemi che generano la devianza ecc.. D’altra parte quindi vogliono far evolvere la società. Un altro aspetto che mettono a fuoco Fiske e Hartley è che questa rassicurazione non è solo verso la cultura, ma rassicurano anche rispetto i singoli individui, riconfermando alcuni ruoli sociali (legati ai ruoli pubblici : forze dell’ordine, medici ecc.. - ci sono infatti molte serie su queste categorie -). Questo ha la funzione di rassicurare rispetto le prassi e i valori di queste categorie, ma anche la gente stessa nei loro confronti. — Trasmettere un senso di appartenenza culturale : Tutto questo, dicono Fiske e Hartley, genera un senso di appartenenza culturale che è condividere interpretazione della realtà, condividere un sistema di valori, condividere un sistema di causa-effetto, ecc… e tutto questo crea appartenenza. Fiske e Hartley dicono che la formazione dell’opinione pubblica ci serve a trasmettere un senso di appartenenza culturale. Fiske e Hartley e Gerbner lavorano in parallelo a sviluppare tutte le caratteristiche che si riconoscono a questo processo di coltivazione. Accanto a questa teoria di Fiske e Hartley, Gerbner individua temi che sono cruciali in questo processo. Dice che ci sono temi su cui i media generano più facilmente un effetto di coltivazione e dice che sono quelli più legati agli stereotipi. Fa un elenco, i media agiscono di più nel processo di coltivazione quando si trattano questi argomenti : — genere ed età — salute — scienza — famiglia — educazione — politica — religione — violenza Quindi non per tutti gli aspetti i media contribuiscono a alla formazione dell’opinione pubblica nello stesso modo, dice Gerbner. Es. Se io ad esempio vivo in un mondo di terrapiattisti e consumo prodotti di questo tipo allora l’algoritmo mi proporrà solo questo tipo di programmi e quindi continuerò a fruire di questi prodotti, poi mi metterò in contatto con persone che la pensano così e quindi l’effetto di coltivazione sale. A questo punto diventare terrapiattista è una strada aperta, ed è un effetto di coltivazione che mi porta a inserirmi all’interno di quel determinato gruppo di opinione. L’effetto di coltivazione cambia perché diventa personalizzato, si costruisce insieme tra produttori di contenuto e pubblico, ma non cambia la sua importanza e peso nella formazione dell’opinione pubblica. Grazie al fenomeno della risonanza l’effetto di coltivazione si potenzia. C’è un effetto che diventa cruciale, ed è il concetto di selettività. Noi abbiamo detto che l’utilizzo dei media forzata e la personalizzazione aumentano l’effetto di coltivazione. Ma la personalizzazione si basa su un principio di selettività. L’ESPOSIZIONE SELETTIVA NEI MEDIA DIGITALI Si tratta di quello che noi operiamo nei confronti dei media. Noi ci organizziamo sulla base di forme d’esposizione selettiva dei media tradizionali e digitali. Quello che noi facciamo, di esporci selettivamente ai media, è una delle cose che aumentano l’effetto di coltivazione. OVERLOAD INFORMATIVO Rispetto ai consumatori di media del passato noi abbiamo un problema : ci sono troppi contenuti. Non sappiamo gestire la quantità di contenuti. Noi siamo obbligati quindi a realizzare delle forme di contenuti selettivi perché dobbiamo mettere un filtro alla quantità di contenuti che potenzialmente arrivano nei nostri media . Noi organizziamo questa selezione sulla base di due processi : — scegliamo delle piattaforme : (Sky, Netflix, Amazon prime ecc..). Scegliamo delle piattaforme e ci liberiamo allo stesso tempo di altri contenuti che per noi diventano eccessivi. Più si moltiplicano le piattaforme on demand, più ci liberiamo di contenuti che non ci interessano. Facciamo la stessa cosa con i social: usiamo quelle che ci interessano e cancelliamo quelli che non ci interessano. Organizziamo forme di consumo selettivo anche riguardo ai contenuti, a fare ciò siamo aiutati dai processi algoritmici che ci propongono contenuti che ci interessano. (Tipico di Netflix). Quindi anche qui pur avendo selezionato delle piattaforme, noi andiamo a scegliere. Noi scegliamo in un modo che è tendenzialmente conservativo: ripetiamo i consumi che ci sono piaciuti. Tendiamo ad avere consumi conservativi sia per scelta nostra, che per effetto algoritmico delle piattaforme : si parla di stratamentation (parola che mette insieme stratification e segmentation). Si ha una segmentazione e personalizzazione di consumi, ma essi tengono ad essere stratificati (sedimentare contenuti sempre simili). È una segmentazione che stratifica consumi simili. Perché noi in questa selettività tendiamo a ripetere contenuti simili? — Ridurre la dissonanza cognitiva : Perché la dissonanza cognitiva è faticosa, accettiamo un contenuto distonico rispetto a cosa ci piace se siamo fortemente motivati (es. se lo guardano tutti i nostri amici). Oppure se ci viene segnalata una particolare qualità di questo prodotto o se siamo obbligati (con la vecchia modalità di consumo della Tv, perché magari c’è solo quello in serata). Quindi tendiamo a metterci in una situazione ci confort e di cercare contenuti coerenti con come la pensiamo e sottraendoci da quelle che sono le nostre discrepanze. Noi tendiamo a metterci in comfort zone. L’altra cosa che riusciamo a fare è cercare contenuti coerenti con le attitudini del nostro network. Metterci in dissonanza cognitiva con la rete di persone a cui noi apparteniamo è faticoso. Qua si ritorna alla concezione che abbiamo visto nella spirale del silenzio. Le nostre scelte di consumo a volte sono quindi spinte dalla rete sociale in cui siamo inseriti. Quindi la selettività è determinata dalla dissonanza cognitiva rispetto a: ⁃ I nostri gusti ⁃ I nostri network — Cercare sostegno informativo e rendere più articolata la propria idea: Oltre a ridurre la dissonanza cognitiva, noi nel selezionare i contenuti, prediligiamo contenuti che cercano di elaborare meglio quello che pensiamo. Es. Cechiamo un qualcosa sullo sport, perché ci piace l’idea dell’atleta che vuole arrivare all’obiettivo. Facciamo meno fatica a consumare contenuti consonanti con noi, perché lo conosciamo già, non abbiamo lo sforzo cognitivo di capirlo. Quindi il costo di fatica intellettuale è più basso. — Per ridurre il costo di elaborazione di informazioni—> è più semplice elaborare dei contenuti che ci piacciono. Lo sforzo cognitivo è minore. — Per attribuire un giudizio di qualità ai media—> Selezioniamo i contenuti anche perché per noi sono contenuti di qualità e questo ci aiuta a vedere i media come dei mezzi che ci presentano dei contenuti di qualità. E quindi per confortarci rispetto a ciò che i media possono offrirci. — Cercare consonanza con l’audience—> Poi i media sono sempre molto identitari. Cerchiamo consonanza con l’audience, che fruiscono degli stessi prodotti e con cui siamo quindi in sintonia. Inoltre la selettività ha alcuni effetti: solo avere un consumo selettivo ha degli effetti. 1. Evitare il discorso pubblico e politico o le news : Il primo effetto è che io posso espungere dai miei programmi certi tipi di contenuti. Ci sono delle parti di contenuto che io posso rimuovere. Questo espone ulteriormente ad un effetto selettivo perché questo porta a rimuovere determinati contenuti e quindi determinate posizioni e questo aumenta l’effetto di coltivazione. Questi contenuti che tendono a rappresentare anche altre opinioni vengono tolti. 2. Focalizzare il consumo mediale su specifici argomenti : alcuni argomenti diventano molto più rilevanti di altri e quindi si distorce la rappresentazione della realtà a causa della selettività, perché viene privilegiata solo una parte di contenuti e quindi non ho la piena visione di tutti i contenuti mediali. Se vedo solo film sentimentali la dimensione sentimentale si ingigantisce a discapito della dimensione ad esempio del lavoro. 3.Privilegiare alcuni media rispetto ad altri perché più affidabili : Ovviamente porta a selezionare determinato media perché ritenuto più affidabile, altro effetto perché quelli affidabili sono quelli che sono più in sintonia con ciò che penso. 4. Privilegiare contenuti e media vicini alle proprie posizioni culturali e politiche : Ovviamente si privilegiano contenuti e media vicini alle nostre posizioni culturali e politiche. La personalizzazione di per se quindi incrementa il processo di coltivazione. ECHO CHAMBERS: Questo processo di selettività è il punto di partenza di un fenomeno della rete, il fenomeno dell’echo chambers. Attraverso questo processo si selettività ci circondiamo di contenuti che ci confermano nel nostro punto di vista. Quello che succede è che questa conferma costante non viene mai messa in discussione. Queste camere dell’eco in cui noi ci collochiamo, e dove ci collocano i media stessi tendono a non mettere in discussione la nostra idea. Ci costruiamo una zona di comfort, ma nel momento in cui imbocca delle strade divergenti poi non trova più momenti in cui questa strada venga messa in discussione. Si creano delle nicchie di opinioni anche assurde (es. terrapiattisti) che si continuano a confermare. Questo succede anche perché i social media favoriscono la circolazione di tante fonti diverse anche disintermediate e dentro a questa camera dell’eco arrivano fonti affidabili, ma anche fonti che non hanno la competenza tecnica per affermare ciò che dicono. Però arrivano tutte insieme, in un modo difficile da distinguere, perché la fonte originaria di un contenuto che arriva dai social non è sempre riconoscibile, quindi in questi flussi che noi usiamo per formare queste camere dell’eco ci sono fonti che arrivano da diverso statuto (fonti scientifiche, fonti social ecc…). Dentro questo flussi i contenuti / le fonti arrivano si assomigliano tutte. All’intento di queste camere dell’eco noi facciamo fatica a distinguere tra notizie vere / affidabili e false/ non affidabili. Quindi, l’opinione pubblica fa più fatica a strutturarsi, perché la quantità di più ti di vista diversi che circolano nella rete e la loro qualità (sono tutte fonti simili, ma non tutte affidabili) rende difficile la costruzione dell’opinione pubblica. Es. Noi nell’overload informativo abbiamo tante informazioni (affidabili e non), quindi se io cerco terra piatta posso avere sia opinioni false che vere. Avendo a disposizione fonti intermediate che ci arrivano sullo stesso piano, ciò fa si che ognuno possa costruirsi un opinione sulla cosa pubblica diverse. Si perde il confronto tra le singole opinioni per arrivare ad una comune. L’opinione pubblica diventa quindi più frammentata Le echo chambers funzionano quindi molto bene: noi ci collochiamo in delle camere dell’eco che continuano a proporci punti sintonici con il nostro. Esse sono il risultato della nostra comfort zone. Il sistema del funzionamento dei sistemi digitali favorisce le camere dell’eco, perché i media continuano a ripropormi contenuti simili a quelli che io ho già consumato. Es. Se io sono terrapiattista e cerco terra piatta più volte, Google mi farà vedere dei contenuti simili a quelli che ho già consumato e quindi mi sembrerà che i terrapiattisti sono tanti. Stessa cosa che funzionava con la violenza (vedi dietro). Si ha una percezione del peso della rilevanza delle teorie terrapiattiste maggiore rispetto a quello che è la realtà. Stessa cosa succede all’interno dei social, perché gli algoritmi dei feed mi faranno vedere con maggiore frequenza gli argomenti che io commento, a cui metto like ecc e mi ripropongono anche quelle fonti. (Se io metto like o seguo profili terrapiattisti, avrò al top del feed tanti contenuti di quel tipo). I RISCHI - ECHO CHAMBERS 1– Altro effetto dell’esistenza delle echo chambers : favoriscono lo sviluppo di campagne di odio comunicativo verso persone che sono percepite come nemici. Vendono chiamate anche Cybercascade. Perché lo fanno? Perché iniziano a circolare contenuti con questi hashtag, che in una prima fase vengono promossi in modo che vengano visti dal maggior numero di utenti possibili e man mano con i like e i commenti (sia positivi che negativi) cominciano ad essere visibili all’interno dei profili social e cominciano a funzionare come costruzione di un’opinione. Quindi vediamo come le echo chambers intercettano la spirale del silenzio perché questo fa percepire l’opinione come rilevante, anche se magari non lo è realmente. Questo funziona perché funziona con le echo chambers, ma anche con lo stesso algoritmo. 2– Le echo chambers sono molto divisive per quanto riguarda la socialità / la vita sociale. Perché quando si è chiusi in questa camera dell’eco in cui ci si convince che la propria opinione sia condivisa da tutti, il dialogo con chi esprime opinioni diverse diventa difficile, questo perché esse non si vedono all’interno dell’echo chambers mentre a volte vengono viste come assurde, perché al di fuori della nostra camera dell’eco. Es. Terrapiattisti - una volta che io mi sono segregato in questa camera dove mi si conferma questa teoria della terra piatta e vedo mille post su questo argomento, ad un certo punto l’opinione di chi pensa il contrario (che la terra sia tonda) mi sembra assurda. Questa mancanza di dialogo ha delle forme di espressioni conflittuali, io mi scontro con chi ha l’opinione diversa dalla mia. Spesso chi è chiuso in queste camere dell’eco ha forme di manifestazione anche aggressiva della sua opinione e genera un effetto sul dibattito pubblico e su quello che le istituzioni pubbliche fanno, perché siccome questi soggetti sono capaci di esprimersi in modo violento nelle loro manifestazioni, spesso chi è responsabile delle istituzioni cerca un dialogo con questi gruppi, per evitare il conflitto, e facendo ciò ne muta le forme comunicative —> lo scontro è conflittuale. Questo c’entra con le minoranze rumorose, perché questi sono gruppi molto coesi che vogliono difendere il loro punto si vista e quindi, come per le minoranze rumorose, è facile che riescano ad emergere e farsi sentire. Cosa generano? Nel dibattito pubblico e nella sfera pubblica generano contrapposizioni e polarizzazioni quindi l’opinione pubblica è non solo frammentata, ma anche polarizzata (c’è questo scontro). Le domeniche di relazione tra i gruppi diventano quindi molto polarizzate e conflittuali. Uno studioso della contemporaneità, Cass Sunstein , dice che stiamo correndo un rischio ovvero che ci diventi sempre più difficile incontrare punti di vista che non sono quelli che abbiamo scelto di seguire. Quindi lo sforzo che dobbiamo fare è che le persone si imbattano all’interno dei loro consumi mediali di opinioni diverse dalla propria. FILTER BUBBLE Tutti questi fenomeni che abbiamo descritto hanno due lati : — costruire camere dell’eco che ci ripetono la nostra opinione continuamente — il meccanismo dei media digitali che ci propone delle cose sempre simili che abbiamo scelto —> questo si chiama filter bubble. Sul filter bubble e sulle echo chambers ci sono tantissime ricerche, alcune confermano la loro esistenza ed altre pongono dei limiti. Alcune ricerche hanno dimostrato come funzionano questi filter bubble. Una ricerca fatta in Inghilterra si è chiesta : se noi prendiamo un numero alto di utenti di piattaforme social e di diverso orientamento (conservatori e liberali) proviamo a vedere che cosa determina il fatto che loro vedono notizie diverse sul loro feed. Allora cercano di capire che cosa determinava la diversa esposizione alle social news all’interno di questo gruppo. Perché vedono news differenti? Hanno confermato che questo effetto di filter bubble esiste ed è motivato da una serie di attività. 1- Tipologia di amici : la tipologia di amici che avevano determinava un’esposizione diversa alle social news. In base a come è costruire la mia rete social, vedo notizie diverse. 2- I tipi di news condivisi : i tipi di notizie che io condivido, perché poi l’algoritmo me le ripropone. Se io faccio sharing su Facebook, se io condivido qualcosa, contribuisce a modellare le news che dicevo. Se condivido certe notizie, riceverò sopratutto quel tipo di notizie 3- la modalità di interazione con il feed : — la frequenza di connessione — l’interazione con specifici amici — quando spesso seguo dei link — quanto metto like o seguo profili Tutto ciò contribuisce la filter bubble, che è determinata da tre elementi : — modalità di funzionamento degli algoritmi — che tipo di rete sociale ho connessa — quali sono le mie pratiche quotidiane di uso dei social media 2) ruoli dell’essere (distinzione uomini/ donne), che comprende sia la sia la messa in scena nello spazio pubblico dell’essere donna o uomo, ma anche in ambito di backstage (riservato al mondo maschile e al mondo femminile). Tradizionalmente ci si organizzava così rispetto ai generi: ci sono degli spazi di messa in scena e degli spazi che sono riservati ad un backstage di genere dove si costruisce una parte del proprio essere uomini o donne. Quindi l’idea che esistano spazi di backstage riservati a uno o all’altro genere, dice Meyrowitz, ci servono per raccontare che cosa è il ruolo maschile e il ruolo femminile. Es. Spogliatoio di una squadra femminile —> sono spazi molto semplici che non sono accessibili allo sguardo dell’altro genere e sono dei luoghi in cui si condividono delle forme di backstage di preparazione della propria messa in scena come genere. Questa distinzione è una distinzione importante, serve a costruire l’identità dei ruoli dell’essere. Cosa fa la Tv? Ha spostato chi condivide l’informazione con chi. La tv mettendoli in scena in modo ampio e articolato, ha aperto questi spazi allo sguardo dell’altro genere e quindi ha cambiato chi condivide il backstage con chi (reality, hanno esposto la parte del backstage di genere allo sguardo altrui). Quindi questo rende questi spazi più trasparenti. Ha cambiato processi di dinamiche della formazione dei ruoli femminili e maschili, che sono diventati con confini permeabili. Il backstage dell’essere è diventavo visibile in modo trasversale. 3) Ruoli dell’autorità (ruoli legati a posizioni istituzionali). Anche in questo caso siamo davanti ad una questione di spostamento del confine, dice Meyrowitz. Quale è il confine? Il confine della visibilità del backstage del ruolo dell’autorità. Noi siamo abituati a vedere rappresentati personaggi che ricoprono ruoli di autorità anche in situazioni di backstage (politico che va al mare o in bici ecc…). Per i ruoli dell’autorità per molto tempo, anche quando esisteva il mezzo televisivo, il backstage non rientrava nella messa in scena I media hanno anche esibito tutta una serie di informazioni e conoscenze che sono tipiche di questi ruoli: questa visibilità sul backstage è anche la visibilità sulle competenze. Es. 50’anni fa o avevo studiato medicina o ascoltavo il medico, non avevo una via di mezzo. Questa “via di mezzo” si è costruita attraverso un’esposizione attraverso i media delle competenze mediche (con le serie medical). Quindi si iniziano a raccontare i processi di diagnosi e cura e quindi ha messo a disposizione una serie di competenze agli spettatori. Prima non si raccontava il processo di diagnosi con i medical. Inizia, si inizia quindi a mettere in vista il backstage la vita del medico e questo ha determinato due cose: — rivalutazione dell’immaginario di un ruolo, perché avendo acceso la backstage si è scoperto che alle volte la diagnosi è incerta e quindi ha contribuito ad una rielaborazione sociale del ruolo — ha messo a disposizione delle persone delle competenze pseudo-tecniche alle quali prima nona vegano accesso ed erano puro backstage. Lo sviluppo della rete ha fatto un passo ulteriore, noi abbiamo una visibilità alle competenze amplificata. La nostra concezione di questo tipo di ruolo è cambiata : conosciamo un immenso backstage del ruolo del medico. Meyrowitz dice che questo comporta: — una diminuzione della percezione di status, che in una società è dato da quanto quel ruolo dista da me in termini di competenze. Se io immagino di saperne tanto quanto il medico la diminuzione di status è significativa. — diminuzione della percezione di autorità. La televisione ha funzionato da esposizione di backstage di tutte le figure istituzionali. Es. Momento di backstage della campagna elettorale di Obama del 2008: si tratta di un backstage costruito. Ma tanta è la necessità di raccontare il backstage che diventa necessario costruirlo in modo che sia rappresentabile. I media ci mettono in questa posizione, ci fanno guardare da questo punto di vista laterale con cui non vediamo solo la scena, ma anche il backstage di questi tre ruoli (dell’essere, del divenire e dell’autorità). Meyrowitz dice che quello che era il retroscena è diventato un profondo retroscena, ci sono ancora dei segmenti che non sono visibili, ma sono messi ancora più indietro. Es. Spazi dei reality in cui lo spazio pubblico viene messo in scena, viene messo in scena il backstage e c’é questo piccolo spazio di retroscena che non viene messo in scena e non è visibile. Lo sguardo che abbiamo sul mondo che ci circonda è cambiato. Cambia ancora quando ci troviamo in un sistema di media diverso. Meyrowitz pensa che la Tv sia il medium centrale. Però sviluppo di internet fa anche altro : ci costringe a riconfigurare i modi nuovi le situazioni sociali, perché l’uso dei dispositivi mobili sono in parte delocalizzati (non legati ad uno spazio di retroscena, ma possono infilare situazioni comunicative di backstage dentro spazi pubblici. Es. Una persona che lavora con il computer in uno spazio pubblico. Questo ci costringe a decidere noi quale situazione comunicativa privilegiamo, perché non è più un elemento esterno che definisce se siamo nella scena o nel backstage, ma siamo noi che dobbiamo decidere la situazione comunicativa che stiamo vivendo e decidere cosa privilegiamo. Es. Posso privilegiare lo spazio di backstage allo spazio pubblico: rispondo ad una telefonata privata in treno. Questa situazione mi obbliga a decidere che spazio sto vivendo in quel momento. Devo decidere quale spazio scegliere se : Pubblico: rispondo alla telefonata e rimando la conversazione Backstage : rispondo e decido di ritagliare una bolla di backstage anche se sono nello spazio pubblico. Quello che c’è di nuovo è questo: ci chiedono di prendere delle decisioni su dove sono e cosa sto facendo, inserendo uno spazio in un altro e slegandoci da quelle che sarebbero le caratteristiche dello spazio fisico che ci circonda. Quindi se con la tv noi veniamo potati a guardare qualcosa entrare in uno spazio di backstage ecc lo sviluppo dei media digitali ci mette in una condizione in cui noi possiamo rifunzionalizzare gli spazi in base alla nostra esigenza comunicativa del momento. Lo spazio pubblico può diventare spazio privato ecc. noi siamo chiamati a rifunzionare gli spazi e le situazioni comunicative. Quando arrivano poi le piattaforme digitali che sono l’altro grande salto nello sviluppo delle teorie del rapporto tra media e società. Si comincia, anche con l’arrivo del PC, a confrontarsi con altre piattaforme. Ci si chiede come queste piattaforme impattano sulle persone e sul rapporto tra le persone e la conoscenza. COMUNICAZIONE DIGITALE E SOCIETÀ Quali sono gli effetti sulla società dello sviluppo delle tecnologie digitali? Abbiamo una serie di autori che studiano gli effetti che lo sviluppo delle tecnologie digitali hanno sulla società. Se pensiamo agli effetti che le nuove tecnologie hanno avuto sulla società cosa ci viene in mente? Sicuramente sia effetti positivi che effetti negativi. NETWORK SOCIETY: C’è uno studioso portoghese che negli anni 80 ha cominciato a studiare quello che lui ha chiamato “la network society”. Negli anni 80 qualcosa nel sistema mediale anche solo televisivo era cambiato, quindi la rete arriva su un panorama abbastanza diverso da quello di massa degli anni 50/60/70. Abbiamo un sistema mediale che grazie alla pluralizzazione dei canali e alla diversificazione del pubblico è diventato meno massificato, ci sono già dei dispositivi mobili, il consumismo si personalizza, ci sono già dei dispositivi mobili: videoregistratori, walkman… Si comincia a capire che si andava in una direzione diversa rispetto alla tv nel salotto. Dentro questo contesto che già sta cambiando si innesta la rete, la comunicazione digitale. Questa evoluzione verso la personalizzazione, la mobilità, avviene in sintonia e sinergia con lo sviluppo dei media di rete, quindi di internet. Ad un certo punto nel 1989 arriva il web, i pc si erano già diffusi e quindi si evolve il contesto mediale. Osservando ciò, Manuel Castells, sociologo portoghese, comica a studiare quello che lui chiama la Network society. Egli scrive 3 libri importanti perché fondano la sociologia dei media digitali : — the Information Age — the rise of the network society — l’era dell’’individualismo Cosa dice Castells in questa trilogia che scrive verso la fine degli anni 90? —> Egli dice che lo sviluppo di internet sta cambiando diversi aspetti della società, non solo il fatto che possiamo interagire con i siti web. Egli vedeva già che il modello di rete sarebbe stato il modello della tecnologia e degli scambi che avrebbe caratterizzato il mondo da qui a qualche decennio. Fonda questo nome network society per dire che internet, essendo che è fatto come una rete, è il modello su cui si basano gli scambi comunicativi, le tecnologie e lo scambio della culture. Cosa c’è di nuovo? Una funzione strutturale importante; perché prima del modello di rete c’era il modello broadcast. Fino a che non arriva il web nel 1989 noi conosciamo solo un modello di media, broadcast —> da uno a molti, da pochi centri di produzione e distribuzione a tantissimi destinatari. Quello che dice Castells è che questo diventerà dominante. Egli diceva che al modello comunicativo broadcast, si sostituirà quello a rete (da molti a molti) —> La seconda cosa che dice Castells è che questo passaggio dai modelli broadcast ai modelli di rete avrà un impatto economico, perché alcuni modelli economici prevalenti si basavano molto sull’’appoggiarsi a dei mezzi di comunicazione broadcast. Quello che vede Castells è questa connessione tra il modello di internet e gli assetti economici che cambieranno. Per esempio come tanti piccoli centri di produzione per pubblici di nicchia. Noi viviamo in un mondo a cavallo tra le produzioni di massa e quelle di nicchia. —> La terza cosa che dice e che lui inizia a vedere alla fine degli anni 90 è che : Questo modello di rete avrebbe sostenuto nuove forme di mobilitazione sociale e culturale, avrebbe favorito l’affermazione di movimenti culturali che sono portatori di valori sociali (ambientalismo, difesa dei diritti umani). DEFINIZIONE : In un altro libro, the end of millenium, Castells definisce la Network Society. Secondo lui noi in questo contesto di rete ci muoviamo in modo trasversale tra ambiente reale e ambiente virtuale, che non sono cose contrapposte. Castells dice che non vi è opposizione ma che noi li attraversiamo entrambi. Quindi la Network society è : internet che ha un impatto sulla società perché propone alla società una infrastruttura nuova che è fatta a forma di rete (e non più a forma di megafono) e che avrà un impatto sull’economia perché avrà una nuova forma e perché introdurrà degli elementi come la goblalita e la centralità dell’informazione che avrà un peso economico importante e produce una cultura che si forma tra integrazione tra dimensione reale e virtuale. PUNTI SALIENTI DELLA NETWORK SOCIETY : Dopo aver dato la definizione mette a fuoco alcuni punti della network society: — l’informazione è centrale nella nuova società formata dopo la nascita di internet perché l’informazione diventa un motore dell’economia. Es. Il mondo finanziario di oggi che si basa sul fatto che c’è un’impresa che guadagna e ha bisogno dei soldi, vende agli azionisti e in base a questo cresce. Ad un certo punto questo mondo finanziario viaggia anche su un altro binario, ovvero la circolazione delle informazioni di queste imprese, quindi conta che l’impresa funzioni, ma anche le informazioni che circolano su questa azienda. Inizialmente queste informazioni si scambiavano tramite telefonate, mentre adesso le informazioni arrivano tramite computer connessi che si scambiano informazioni sull’andamento delle borse e sui criteri per fare investimenti (vengono chiamati network). — Techno-socialità : una socialità che si appoggia in modo sempre più significativo sulle tecnologie. Siamo davanti ad una evoluzione della società techno-sociale. — Network logic : Castells dice che ogni sistema di relazioni è dominato dal sistema della rete. — cambiamento : Si tratta di una società dinamica, che evolve costantemente perché la rete evolve. — convergenza : le tecnologie convergono in un unico sistema integrato verso la rete. Es. Il calcio abitualmente fruito attraverso i media per il primo anno non è più ospite di canali broadcast. Quest’anno per la prima volta i diritti per la trasmissione delle partite di calcio sono stati comprati da DAZN, quindi servizio di streaming. Castells guarda l’impatto della rete sul sistema economico e sociale in modo molto ampio, più ampio di Meyrowitz. Si intuisce che questo mondo della rete porta una trasformazione destinata a lasciare una traccia importante, non solo nel sistema dei media, ma in tutta la società. EFFETTI DEL MODELLO DI RETE : Castells identifica anche gli effetti di questa predominanza di modelli di rete : —> effetti sui pubblici e sulla società : questo si riferisce alla frammentazione. Si tratta si una società più frammentata nell’offerta ma sopratutto frammentata nel consumo, la rete costruisce nicchie di mercato / di consumo e di prodotti sempre più personalizzati. Questo genera una frammentazione culturale, noi consumiamo prodotti che sono sempre meno di massa, ma sono di nicchia e li cerchiamo sempre più adatti a noi come individui e quindi ci riorganizziamo attorno a piccolo di gruppi che condividono tipologie e prodotti di consumo. Ci sono ancora dei film che hanno visto tutti, ma il nucleo forte del consumo, dice Castells, diventa caratterizzato da piccoli gruppi di fan. —> è una forma di produzione culturale che ha l’io al centro e che lui mette online e decide a cui rivolgerla, inoltre lui contribuisce alla selezione di ciò che riceve (quali storie guardare, quali post guardare..). Quindi al centro c’è l’individuo che è il perno di questa attività di produzione : la produce, la distribuisce e la consuma. —> tutto questo avviene in un modello comunicativo che è quello da molti a molti, non uno a molti. Quindi questo flusso è molto ricco e articolato, ciascun nodo della rete si occupa della produzione e distribuzione culturale. L’elemento caratterizzante di questa mass-self communication è : —> la nuova posizione nella comunicazione che le persone hanno assunto. Nella connettive society grazie alle piattaforme social gli individui hanno una nuova posizione nella comunicazione. —> i singoli non sono solo ricettori, ma anche produttori di contenuti. —> Questi contenuti permettono di raccontarsi, presentarsi ed essere esposto a commenti. Di questa nuova posizione nella comunicazione noi ne siamo consapevoli, come anche di avere un nuovo ruolo nella comunicazione nella società. Possiamo intervenire in ciò che ci accade attorno. Inoltre, in questo lavoro di produzione culturale la narrazione del quotidiano è il flusso portante. Questo nuovo senso di posizione nella comunicazione è passato attraverso il processo di narrazione del quotidiano. Il primo tema su cui ci siamo esercitati su questo lavoro di produzione culturale è stato il racconto della nostra vita quotidiana. Questo ha un effetto non solo su scala individuale ma anche su quella globale. Nella connective society non esiste un qualcosa che non sia comunicabile in modo istantaneo, ma prima di tutto i vissuti quotidiani tendono a trovare uno spazio sempre più importante all’interno di questa narrazione che tendiamo a costruirci. Quindi se Meyrowitz ci diceva che negli anni 80 la televisione ha spostato il confine tra ribalta e retroscena mettendo in scena molte parti del backstage; nella connective society questo confine resta spostato molto verso la visibilità, sono visibili al pubblico molte parti della nostra vita quotidiana ed essa ha acquisito cittadinanza all’interno dello spazio pubblico. Effetto negativo : Collasso dei contesti —> Quindi bisogna stare attenti al collasso dei contesti, questa visibilità della nostra vita quotidiana potrebbe arrivare a chi non dovrebbe arrivare. Il collasso dei contesti è un effetto dell’uso delle piattaforme social che è stato descritto nel 2008 circa da alcuni studiosi dei social media, si tratta di quelle situazioni in cui noi non governiamo i destinatari della nostra comunicazione. Non sappiamo a chi potrebbe arrivare il nostro post e questi post arrivano anche a persone a cui non vorremmo arrivassero. Quali sono le occasioni del collasso dei contesti relative a whatsapp? Foto profilo / Stati di wp che pubblico in relazione alle persone che hanno il mio numero. Tecnologie a supporto : Ci sono degli aspetti delle tecnologie che sostengono la connective society che supportano questi fenomeni. —> Sono le tecnologie che consentono la produzione dei contenuti : dispositivi mobili e strumenti che essi mettono a disposizione (videocamera, possibilità di fare le foto e i video). Quindi la diffusione delle tecnologie di produzione. —> Tecnologie di disintermediazione : rendono capaci di creare contenuti e di entrare in connessione con istituzioni e personaggi pubblici con cui prima non si poteva entrare in connessione e questo ci porta ad essere protagonisti del discorso pubblico. Quindi la connective society è caratterizzata dalla culture della connessione che è supportata dal fatto che le piattaforme social sono le piattaforme su cui poggia la connective society. PLATFORM SOCIETY : Oggi ci troviamo davanti ad una evoluzione tecnologica che richiede la focalizzazione su un altro punto : la centralità che le piattaforme hanno acquisito nella nostra vita quotidiana, tutte le risorse che usiamo per sopportare la nostra attività (Facebook, Amazon, Airbnb…). La focalizzazione dell’attenzione degli studiosi ha iniziato a sposarsi dal solo internet e dai soldi social verso tutta questa architettura che caratterizza la contemporaneità. José van Dijck che è l’autrice del libro “Platform society” riflette su quali sono le infrastrutture che oggi caratterizzano la società. Con questo volume è arrivata ad affermare che l’elemento che caratterizza la società contemporanea è la presenza di questa infrastruttura di piattaforme su cui noi poggiano la nostra vita quotidiana. Cosa intende quando parla di piattaforme? Una piattaforma è un’architettura digitale programmabile, progettata per organizzare interazioni tra utenti (non è per forza un social, intende magari anche Amazon ecc); non solo utilizzatori finali, ma anche imprese commerciali e istituzioni pubbliche. Sono strutture su cui noi appoggiano la nostra vita quotidiana. L’altro elemento che José van Dijck mette in chiaro e in luce è che ci si appoggia su in sistema di piattaforme che non sono separate le une dalle altre: noi quindi abbiamo a disposizione un insieme di risorse che non possono fare a meno l’una delle risorse dell’altra. Quindi noi ormai modelliamo buona parte delle nostre pratiche quotidiane su queste piattaforme che però sono governate da alcuni meccanismi. Quali sono i meccanismi che caratterizzano le piattaforme e che influenzano la nostra vita quotidiana? Questa infrastruttura di piattaforme ci fornisce delle opportunità che influenzano il modo con cui noi facciamo le cose nella nostra vita. Che cosa ha in mente ? Quando da queste definizioni? LE BIG 5 Ci sono delle piattaforme su cui poggia la nostra società e poggiano anche le altre piattaforme e sono quelle ormai definite le Big 5 o FAMGA, dalle iniziali delle 5 piattaforme : Facebook, Apple, Microsoft, Google, Amazon. Queste 5 sono le 5 grandi piattaforme su cui poggia la platform society e su cui poggia buona parte della nostra vita quotidiana. Una prima funzione che serve a mediare la nostra vita quotidiana e che le piattaforme usano per mediarla è: — fare da gatekeeper dei contenuti : fare da filtro rispetto alle informazioni. Oggi il grosso gatekeeping di contenuti che arrivano fino ad oggi è fatto dalle piattaforme . I criteri che usa google per inserire un contenuto all’interno dei risultati di una nostra ricerca è un’attività di gatekeeping. Piattaforme di settore : Altre tipe di piattaforme : le piattaforme di settore Esse sono altrettanto importanti perché noi non usiamo sempre “la Apple TV”, ma Netflix. Molto spesso usiamo Airbnb, esse sono incorporate nell’eco sistema complessivo ma agiscono all’interno di settori specifici (viaggi, alloggi, medicina, spostamento…). Esse non sono mai completamente autonome perché spesso dipendono dalle big 5. Es. Tutti i servizi di localizzazione su una mappa di Airbnb dipendono da Google maps. Questa piattaforma di settore dipende da una delle big 5 per fornire il suo servizio. Quindi esse dipendono dalle big 5 per fornire i loco contenuti. LE BIG 5: Al cuore del sistema delle big 5 c’é GOOGLE, che è la colonna portante del sistema delle big 5. Google fornisce molte risorse chiave per tutto l’ecosistema. Es. — più importante gatekeeper delle ricerche online , quindi funge da morire di ricerca (Google search) — browser (Google chrome) — app store (Google play) — sistema operativo (Android) — servizi di pagamento (Android Pay, Google Wallet) — programmazione pubblicitaria (AdSense) — sito di video sharing (YouTube) — sistema di informazione geospaziale (Google Earth) — sistema di videoconferenze (Google Meet) — sistema di cloud (Google drive). Accanto a Google che è il cuore dell’ecosistema delle piattaforme c’è FACEBOOK. Non è solo un social network. —> Essa è una piattaforma che supporta l’80% di servizi di social network del mondo —> insieme a Google, Facebook gestisce il 60% della pubblicità online fatta nel mondo —> uno dei principali collettori di dati degli utenti, per due estensioni che Facebook utilizza nella raccolta di dati : •servizi di identificazione online (accesso con Facebook) perché? Ogni volta che uso Facebook per accedere ad un altro sito, gli permette di raccogliere dati su questa attività. Si tratta di un’informazione in più. —> raccoglie dati sul controllo sul traffico dati mobile degli individui (App) In ascesa c’è AMAZON. Perché in ascesa? Amazon sta puntando a diventare una piattaforma di non sola intermediazione commerciale ma anche di intermediazione per la distribuzione di contenuti, poi di elaborare un suo sistema di pagamento ed è la piattaforma più in ascesa. —> È una rete digitale di vendita —> è un leader si mercato nel campo dei server per il cloud, moltissimi dei servizi che poggiano sul cloud, poggiano su quello di Amazon. Questo ha mosso Amazon a creare la sua offerta di library di contenuti. Questa capacità di gestire servizi di cloud l’ha anche APPLE. —> leader della produzione di hardware (iPad, iPhone, Mac…) —> gestore del secondo App Store per grandezza (dopo Google play). —> servizi di cloud e streaming (Apple Tv, cessione di servizi di cloud e streaming ad altre piattaforme di settore) —> tracciamento di acquisti con Apple Pay —> Accedi con Apple ( per la capacità di tracciamento, raccoglie dati e li mette a disposizione degli utenti). Infine, abbiamo MICROSOFT —> monopolio nella produzione di software —> ha comprato un social network (LinkedIn) —> cede servizi di cloud (Microsoft Azure) —> offerta di piattaforme per il gioco —> ha un motore di ricerca —> piattaforma di comunicazione : Skype José van Dijck vuole dire che la maggior parte delle nostre attività quotidiane poggiano sui servizi che forniscono queste big 5. Forniscono infrastrutture anche alle piattaforme più innovative : —> Spotify si appoggia a Google cloud —> Netflix ad Amazon web service —> Games agli App Store —> Le applicazioni pubbliche alle infrastrutture private (IO, Immuni…) PIATTAFORME DI SETTORE : Come si collocano all’interno di questo mondo? Sviluppiamo un’offerta propria e poggiano il resto sulle big 5. Hanno ruolo di CONNETTORI tra utenti e fornitori : dove non arrivano le big 5 (essendo settori particolari, esempio trasporto, salute ecc..), c’è la piattaforma di settore che prende i servizi dalle big 5 e li porta nella sua app. Quali sono questi utenti e fornitori tra cui le piattaforme di settore creano una connessione? Sono di due tipi: —> Alle volte le piattaforme di settore creano una connessione tra giù utenti e i micro imprenditori. (Uber, Airbnb..) Ci sono soggetti che non sono imprenditori (come nel caso di queste app), ma che sono micro - imprenditori, persone comuni che avviano queste piccole attività imprenditoriali rispetto a cui le piattaforme di settore fanno da connettori. Senza le piattaforme di settore questi micro- imprenditori non riuscirebbero a raggiungere loro utenti. Es. Google possiede il 20% delle azioni di Uber —> Le piattaforme fanno da connettori tra gli utenti e le imprese complementari tradizionali che sono impresi tradizionali che per raggiungere gli urenti si poggiano alle piattaforme Es. Mondo del food - Deliveroo. C’é un ristorante (impresa complementare tradizionale) e una piattaforma complementare che è un app che mette in contatto con i clienti le imprese complementari tradizionali. Anche Booking funziona così : è una piattaforma che poggia su servizi forniti dalle big 5 e crea una connessione tra le imprese complementari tradizionali (alberghi) e i propri fornitori. Le piattaforme di settore funzionano in due modi —> creano un mercato nuovo mettendo in connessione persone comuni che si inventano una minima attività imprenditoriale con i loro clienti —> supportano i mercati esistenti mettendo in connessione delle imprese tradizionali complementari con i loro utenti Il tutto poggiandosi dai servizi forniti dalle big 5 e spesso anche con l’intervento a sostegno economico da parte dalle big 5. Questo è il mondo che osserva José van Dijck per dire che l’elemento che caratterizza la società contemporanea è la presenza non solo dei social, ma delle piattaforme che con le loro logiche finiscono per influenzare il modo con cui noi svolgiamo delle attività. ELEMENTI COSTITUTIVI ED EFFETTI SOCIALI DELLE PIATTAFORME : José van Dijck nel libro identifica alcuni elementi costitutivi che sono i tratti comuni a queste piattaforme, essi sono il punto di partenza di quello che sono gli effetti sociali. ELEMENTI COSTITUTIVI : —> I DATI: queste piattaforme si basano sulla raccolta di grandi quantità di dati relativi ai contenuti e ai comportamenti degli utenti e questa quantità rappresenta il loro capitale. Si parla anche di date capitalism o capitalismo dei dati perché all’interno del funzionamento delle piattaforme il vero capitale che si può spendere e che costituisce un elemento di scambio non è tanto il denaro, ma sono i dati. Date capitalism significa che tanti più dati una piattaforma sa raccoglierle più riesce a spendere questi dati nella sua relazione con altri soggetti (imprese) ed è in grado di guadagnare denaro e potere all’interno delle piattaforme scambiando i dati. — A quali partiti sono affiliati , perché magari hanno messo like a un post — i soggetti più sensibili a certi tipi di campagna (per mirare il messaggio politico a questi soggetti) — hanno raccolto i temi più efficaci per i singoli, lavorando sui loro profili psicometrici. Tutto questo avviene prima del 2016, durante la campagna elettorale di Trump vengono inviati ai cittadini statunitensi messaggi di propaganda elettorale calibrati sui loro profili psicometrici così da essere più persuasivi. Questo è certo ed è l’elemento da cui emerge la questione problematica dal punto di vista della privacy e dell’uso di questi dati in maniera non lecita. Usare tratti psicologici per farmi arrivare messaggi per convincermi a livello politico è al limite della manipolazione. Ma problema non è nemmeno questo, quale è il problema? Il problema che ha permesso di sollevare la questione dal punto di vista legale non è il fatto che Facebook sia stato usato come una piattaforma di comunicazione politica, in quanto lo è. illegale. Anche l’uso dei dati a fini elettorali non è inusuale né illegale, purché, ovviamente, i dati siano stati raccolti legalmente. Il problema é che in questo caso i dati sono stati raccolti senza la consapevolezza degli utenti, soprattutto quelli degli amici e amici di amici; senza che gli utenti che hanno prestato il consenso si rendessero conto di quante informazioni stavano cedendo e come lo stavano facendo; gli scopi per cui i dati sono stati raccolti non erano stati dichiarati. Questa mancanza di trasparenza e di cessione di scopi per cui i dati sono stati raccolti, è la ragione per cui questo evento è stato chiamato scandalo. Cosa c’entra Facebook? — c’entra perché dopo il 2013, risulta che sia stato a conoscenza del fatto che questi dati raccolti sulla loro piattaforma fossero stati ceduti e usati alla fine della campagna elettorale. Infatti nel 2016 ne ha chiesto la cancellazione senza verificare che la cancellazione fosse stata realmente avvenuta. — E non ha informato gli utenti dell’uso illegittimo dei dati di cui era a conoscenza, perché effettivamente Facebook ha bisogno di quelli che sviluppano giochi / test ecc che vengono usati all’intero della piattaforma. Limitare o avvisare gli utenti che questo può essere lo strumento con cui vengono raccolti illegalmente dati significava rendere diffidenti gli utenti di Facebook su tutto ciò, che per Facebook è importate. Quindi Facebook vuole difendere il proprio Business anche a discapito della comunicazione corretta con i propri utenti. La questione che si solleva rispetto a Facebook è questa: non c’è stata nessuna vigilanza dei dati raccolti attraverso questa piattaforma è questo ha portato ad una crisi. Come gestisce la crisi facebook? In diversi step Step 1 : Zuckerberg si è assume la responsabilità per l’accaduto e ha affermato che ha corretto i termini sui terms of services. Step 2: quando sono stati raccolti dati nel 2013 i terms of services consentivano di fare ciò che è stato fatto, quindi non c’è stato nulla di illegale, tranne il fatto che i dati sono stati ceduti quando già non si potevano cedere senza il consenso e sono sono stati usati per altri scopi. questa è la prima posizione che Facebook tiene. Come se dicesse “Una volta che mi avete dato il vostro consenso non vi potete lamentare”. Un conto però è dare il consenso per la piattaforma è un altro conto è il fatto che la piattaforma ceda i dati per altri scopi. Step 3: Dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, Facebook mette a disposizione una pagina dove controllare se le proprie informazioni erano state condivise con Cambridge Analytica. Inoltre, Facebook mette a disposizione degli strumenti per monitorare quali app accedono al proprio profilo e raccolgono dati sul nostro profilo Facebook, segnalando direttamente agli utenti italiani coinvolti che i loro dati sono usati da Cambridge Analytica. Quindi apre possibilità di tutela e di trasparenza per gli utenti coinvolti. Step 4: Altri due meccanismi si attivano: —> Ci si domanda se Facebook debba tutelare i propri utenti e Zuckerberg dice di no, in quanto Facebook è una tech company e non una media company, che non producono loro i contenuti e per questo sono parzialmente responsabili (oggi la situazione è cambiata; perché Facebook si prende la responsabilità dei contenuti che circolano). —> entra in vigore il GDPR: un sistema di tutela e controllo dei dati raccolti sulle singole persone che navigano in rete, che devono essere tracciati, deve essere ricostruibile che dati sono stati raccolti sulle singole persone e uso ne è stato fatto. Inoltre, deve dare ai singoli la possibilità in ogni momento di cancellare i dati, e quindi ciò genera una serie di autorizzazioni e controlli che noi oggi abbiamo. Oggi, il GDPR vale per i dati raccolti sui cittadini europei anche da aziende americane e vale anche in altri paesi extraeuropei. Negli USA è stato recepito con più difficoltà, ma Facebook si sta lentamente abituando a questo controllo centralizzato. Ecco perché oggi ci viene chiesta l’autorizzazione al trattamento dei dati. Ritorniamo agli elementi costitutivi delle piattaforme: —> GLI ALGORITMI: Loro sono la grande logica su cui si basa il funzionamento delle piattaforme. Abbiamo delle piattaforme che sulla base di logiche proprie orientano le nostre pratiche comunicative e i nostri consumi. Gli algoritmi sono utilizzati per rendere utile la mole di dati raccolta, finalizzandola alla distribuzione di contenuti e anche all’attività pubblicitaria, quindi all’attività commerciale di relazione tra le piattaforme. Gli algoritmi sono degli insiemi di istruzioni che permettono di trasformare alcuni dati raccolti in termini di input da parte degli utenti, in output. Es. gerarchia dei risultati che mi compaiono su google quando ho digitato la mia domanda di ricerca: Esistono una serie di dati che funzionano come input (per esempio numero di link alla pagina, descrittori della pagina…) e che si trasformano in un output (rilevanza della pagina web nella ricerca). Gli algoritmi mettono insieme queste due cose. Questo fa capire come le logiche su cui sono impostati gli algoritmi hanno un effetto sui contenuti che vediamo, sui criteri che rendono un contenuto più importante di un altro. Emerge in modo chiaro che la popolarità : tanto più un link è popolare ed è stato cliccato più volte, tanto più comparirà all’inizio dei risultati di una ricerca. Questi algoritmi non sono spesso trasparenti, perché sono considerati quasi dei segreti industriali, è quasi impossibile conoscere l’algoritmo di google o di Instagram. Quindi alcune cose le sappiamo, ma ci sono degli aspetti di questi algoritmi che sono considerati segreti e non sono resi comprensibili. Anche perché la non trasparenza serve a tutelare il livello di efficienza che l’algoritmo di google ha raggiunto (serve per tutelare il Business). —> LE INTERFACCE: Esse sono importanti perché orientano il nostro modo di usare le piattaforme, orientano il modo in cui ci connettiamo e abbiamo accesso ai contenuti quindi favoriscono alcuni comportamenti da parte nostra piuttosto che altri. Sono anche lo strumento con cui le piattaforme ci suggeriscono alcuni comportamenti a discapito di altri. Es. Su Instagram la posizione del comando di aggiungere contenuti è stata spostata in una zona più centrale, questo perché l’azione di creare contenuti deve essere molto facile ed evidence, in quanto fondamentale. Le tre azioni fondamentali che ci vengono suggerite da Instagram sono : aggiungi contenuti, metti like e invia messaggi in direct. Quindi le tre azioni fondamentali di Instagram vengono raccontate nel posizionamento dell’interfaccia. Il secondo ordine di cose che possiamo fare è: stare nella pagina principale, andare a cercare contenuti, vedere reels, fare shopping e controllare il nostro profilo. Queste sono opzioni sono un po’ più complicate rispetto alle prime ma comunque importanti. Il search ci permette di intrattenerci e cercare nuovi contenuti. I reels sono messi al centro nel momento in cui Instagram ha cercato di entrare in competizione con tiktok. Prima del successo di tik tok questo non c’era. Il terzo elemento che ci viene messo in evidenza è lo shopping: questa icona è la terza attività che siamo chiamati a svolgere, la terza icona su cui Instagram sta puntando. In questo senso vale il discorso che esse orientano la produzione, la connessione e l’accesso ai contenuti. La produzione —> è basta sui primi tre aspetti: aggiungi, metti like e manda messaggi L’accesso ai contenuti è focalizzato sulla triade —> vai a cercare contenuti così io lo traccio e te lo ripropongo, usa i reels, fai shopping. Quindi il nostro accesso ai contenuti è orientato dall’interfaccia. Questo processo attraverso cui si definiscono le posizioni di queste icone non è un processo deciso unilateralmente ma è un processo collaborativo: perché se i reels non li guardasse nessuno, l’icona sparirebbe. Le interface quindi indirizzano i nostri processi di azione verso una piattaforma. —> STATUS PROPRIETARIO : Ogni piattaforma ha un suo stato giuridico economico: — Luogo : Sono legalmente situate in un luogo, rispondono a delle leggi legate al luogo in cui hanno sede — Proprietà : Sono proprietà di qualcuno a cui devono rendere conto in termini di Business. (Facebook è una SPA e deve rendere conto ai suoi azionisti). — Scopo: Ogni piattaforma ha un suo scopo, nella maggior parte dei casi si tratta di uno scopo di lucro, non sono no-profit, non agiscono per beneficienza. Hanno un obiettivo di business. Es. Facebook Proprietà : degli stakeholders che hanno investito molto, ma soprattutto degli azionisti Scopo: scopo di lucro Luogo: legalmente situata negli USA e quindi rende conto alle normative degli USA. Es. Airbnb - piattaforme di settore : Proprietà : di una azienda statunitense, di una serie di azionisti tra cui diversi “venture capitalist” cioè azionisti che investono sullo sviluppo di una azienda. Quindi Airbnb deve rendere conto ai propri azionisti e ai venture capitalist. Scopo: Airbnb ha uno scoop di lucro. Luogo: fa riferimento ai sistemi di regolamentazione americani rispetto alle transazioni economiche e alla tassazione. —> MODELLO DI BUSINESS: ogni piattaforma per esistere sul mercato deve averlo, alcune piattaforme social sono fallite senza di esso. Quindi ogni società ha un modello economico su cui si regge, nella maggior parte dei casi questo modello economico è basato su quella che viene definita come una connessione iper-profilata tra utenti, dati, contenuti e pubblicità. Es. Facebook : quando nasce c’è un grande conflitto tra Zuckerberg e quello che l’aveva ideato con lui perché Zuckerberg vuole puntare su un modello di Business , mentre l’altro no. Quello che porta avanti la storia di Facebook è questa intuizione che Zuckerberg ha fin dall’inizio di dare una dimensione economica alla piattaforma. La prima dimensione economica che si da è quella della pubblicità sulla piattaforma : Siamo ancora a i primordi, quando Facebook viene usata dagli studenti di Harvard. (2005) La prima cosa che si fa è creare spazi di comunicazione pubblicitaria nella piattaforme, facendo comparire dei banner all’interno di Facebook delle aziende. Il valore che Facebook da a questa possibilità è quello di avere un target preciso, lui offre a studenti di Harvard ed altre Univeristà prestigio. Qualche anno dopo Zuckerberg ha un’alta idea: si inventa un sistema che si chiama Beacon. Lui dice che si può fare un accordo con le aziende che fanno pubblicità su Facebook per cui mettiamo in comune dei dati. Le aziende che hanno un sito web mettono in comune con Facebook i dati di navigazione sul loro sito e così Facebook può far comparire dei messaggi che comunicano che per esempio l’utente X è andato sul sito dell’azienda Y. Es. tizio oggi ha visitato il sito di y In questo modo Facebook fa pubblicità all’azienda sua partner però partendo dai dati di navigazione che questa le fornisce. Questa è stata un’idea geniale. Per la prima volta ci si inventa di usare i dati raccolti dai siti e da Facebook per creare una comunicazione pubblicitaria nuova. Facebook fa comparire questi messaggi che fanno conto di percorsi di navigazione degli utenti sui siti delle aziende. Le aziende in cambio dei dati hanno pubblica mirata. Facebook viene anche pagato per fare questo, si tratta di un accordo commerciale. Quale è il problema che nasce all’interno di questo modello Beacon? Il problema è la privacy, questi messaggi che compaiono e che dicono che un certo utente ha navigato in un certo sito, sono stati pubblicati senza il consenso dell’utente. Non viene chiesta alcuna autorizzazione e quindi ad un certo punto vengono sollevati problemi relativi alla privacy dei dati degli utenti. Il modello Beacon viene chiuso ma da lì si sviluppa il modello di Business principale di queste piattaforme che capiscono che possono usare le informazioni che hanno sui loro utenti insieme alle informazioni che le aziende hanno, permettono di fornire alle aziende delle comunicazioni pubblicitarie precise, che non comprendono solo i banner, ma anche i mi piace. Quando metto like ad una pagina, do l’autorizzazione di comunicarlo a terzi. Non viene più comunicato che io son andato sulla pagina, ma semplicemente che ho messo like. Tutto sta all’interno di Facebook per questo non c’è problema di privacy. Questo modello di Business è basato sullo scambio di dati e sull’offerta di pubblicità profilati. Quindi questo modello di comunicazione pubblicitaria si basa sul fatto che da un lato si è incoraggiata la cessione di informazioni personali in cambio di servizi utili agli utenti e che sulla base di ciò si creano capitali di dati su cui si costruisce il modello di Business. Tu mi i dati e io ti offro una piattaforma social e così si costruisce un capitale di informazione su cui si vendono questo tipo di pubblicità profilate. Inoltre, Van Dijck ci dice : — in questa raccolta di dati su di noi, l’attenzione rispetto alle singole persone che ingrigiscono sui social, è la collezione di gusti e consumi, quello che ci interessa è questo. È l’elemento su cui siamo maggiormente portati ad esprimerci (espressione di gusti e apprezzamento di consumi). Es. metto like su un capo d’abbigliamento ecc… Siamo incentivati a esprimere i nostri gusti. — la rete di contatti è anche finalizzata ad ottenere vantaggi di visibilità, popolarità e autopromozione. Siamo incoraggiati a ricercare ampie reti di followers, tanto like ecc perché la logica della popolarità regge questo sistema. — le informazioni sono ampie, ma mai complete, ambigue e fraiàntendibili. TRASFORMAZIONE FACEBOOK IN META: Zuckerberg ha annunciato che Facebook non si chiamerà più così, ma Meta. Questa parola fa riferimento a quello che sarà lo sviluppo futuro della sua azienda, ovvero il meta-verso. Questa è un’altra parola che viene usata per dire “la realtà virtuale”. Siamo davanti ad un fenomeno interessante di rebranding di un’azienda che gestisce l’80% delle comunicazioni social nel mondo. Facebook non è più solo Facebook (ha anche whatsapp, Instagram..) e quindi aveva bisogno di un riposizionamemto. Quindi ha scelto un nome che riposizionava l’azienda anche nell’immaginario. Dentro Meta c’è : whatsapp, Instagram, Messanger e Ocolus (che produce sistemi di realtà virtuale). Come l’ha presentata questa idea di costruzione di un sistema di realtà virtuale? L’ha definito come : “il metaverso è un insieme di spazi virtuali da creare ed esplorare con altre persone, che non si trovano nel tuo stesso spazio fisico “ Si tratta del modello social network incrementato della sezione visiva e della condivisione dello spazio. Per annunciare META, Zuckerberg usa come testimonial Kaby Lame. Aspetti importanti: — immersione : posso entrare all’interno delle immagini, muovermi in uno spazio virtuale — posso incontrare altre persone in luoghi diversi senza muovermi da casa — il target è molto giovane. Kaby Lame ne è la prova. Si tratta di un’evoluzione per cercare di intercettare qualcosa di nuovo ad un target giovane. Abbandona il nome della piattaforma più “anziana” per fare una proposta immersiva, dinamica e presentata ad un target giovane, che è quello che oggi META raggiunge difficilmente perché il target giovane viene ragionato su altre piattaforme. Questa idea di Zuckerberg è un’idea che alcuni reputano non particolarmente nuova, perché della realtà virtuale si parla fin dagli anni 80. Sono sistemi che hanno avuto parabole di grande proposta e poi di fallimento. Quali sono state queste parabole? Questa idea del metaverso alloggia su due linee di sviluppo attive nell’azienda META: — acquisizione e investimento di Oculus — sviluppo e finanziamento di Horizon Workrooms, piattaforma prodotta da META e finalizzata all’utilizzo professionale. Questi sono i buchi che aveva la vecchia Facebook : — Il target più giovane che oggi viaggia sopratutto su tik tok — app legate al mondo del lavoro, perché è stato superato da Google e Microsoft, che hanno creato spazio di lavoro collaborativo a distanza che il gruppo di Zuckerberg non ha fatto. Le due linee di sviluppo che caratterizzano META come nuova impresa sono quelle che vanno a coprire quelle aree che sono state penalizzate: Lo sviluppo di un’offerta nuova per un target giovane e lo sviluppo di app per il mondo del lavoro. La parola Metaverso che Zuckerberg ha ripreso appartiene alla letteratura fantascientifica degli anni 90, è stata usata per la prima volta nel 1992 nel libro di fantascienza : Snow Crash di Neal Stephenson, che è un libro che parla di mondi futuri dove le persone possono agire in una realtà parallela ricostruita al computer e per la prima volta chiama questa Metaverso. Quindi fa riferimento ad un immaginario che non esiste e che collega a questo decennio delle origini degli sviluppi della realtà virtuale questa idea. Quel metaverso che Zuckerberg si immagina ha iniziato ad esistere come possibile applicazione addirittura alla fine degli anni 80, quando si è creato questo dispositivo chiamato Dataglove ed era guanto con fibre che tracciavano e ricostruivano il movimento della mano che poteva essere usata per agire oltre lo schermo e per agire in uno spazio creato all’interno del computer. Le applicazioni di esso erano legati a settori specifici, come per l’addestramento di piloti della NASA, dove questo visore che utile perché cosi chi doveva viaggiare nello spazio poteva sperimentare in anteprima le condizioni di assenza di gravità e movimenti che avrebbe dovuto fare all’interno dello spazio. Questo immaginario legato alla realtà virtuale non finisce con gli anni 80 ma cresce. Il primo mondo in cui viene applicato al di fuori dei piloti è quello del gaming, che è un’industria redditizia con tanti fondi ed è per questo avanti nello sviluppo a livello tecnologico. Anche negli anni 90 l’universo del gaming prova a utilizzare queste tecnologie nuove. Si tratta di strumenti non ancora utilizzabili a casa, ma sono interfacce di grandi sale giochi, che propongono queste strutture di Cybergaming. Si sviluppano dei visori che sono immersivi, l’idea è che questi sistemi di realtà virtuale ci facciano isolare dal mondo reale per immergerci in un altro mondo. Anni 2000 gaming Enhanced reality (realtà aumentata): Poi succede che alla fine degli anni 90 c’è una battuta d’arresto perché la qualità degli ambienti tridimensionali non ha ancora raggiunto quella dimensione estetica che hanno adesso alcuni giochi, ma è uno spazio tridimensionale con una grafica semplice e non troppo realistica e quindi le applicazioni tendono a rallentare. La realtà aumentata fa riferimento al mettere da parte la totalmente immersione all’interno dell’ambiente virtuale, ma si lavora invece ad un’altro tipo di interazione tra spazio reale e virtuale, che lascia inalterata la mia presenza nello spazio reale, ma mi consente comunque di agire oltre lo schermo. Es. È il modello della Wii —> piattaforme di gioco per cui non sono isolato da mondo reale, mi muovo nel mio spazio fisico ma con interfacce che permettono di allungare il mio movimento anche nello spazio virtuale. Non c’è il concetto di avatar che rappresenta il soggetto, ma sono io che mi muovo nello spazio virtuale. Si tratta di relazioni 1:1 tra me e lo spazio virtuale, non ci sono folle di persone che si incontrano. Quindi abbiamo una linea di sviluppo a cui fa riferimento Zuckerberg che è questa : prolungare il movimento del mio corpo da uno spazio reale a virtuale e quando parla di metaverso fa riferimento a questo. Nello stesso momento, notiamo che nei video che abbiamo visto di Meta, l’accento è messo anche sulla socialità. Questa dimensione della socialità che si lega a questa dimensione della realtà virtuale viene da un altro esperimento / aspetto che caratterizza questa storia dei tentativi di immersione all’intento dei mondi creati dal computer : non è una tecnologia immersiva ma è un ambiente virtuale multi - utente. È stato sviluppato a partire dal 2003 (parallelo ai sistemi di realtà allargata). Nel 2000 si è fermato il sogno della realtà virtuale immersiva perché ancora non si riescono a sviluppare ambienti di qualità e si cerca di creare un ambiente virtuale multi - utente : spazio tridimensionale nel computer con qui mi posso muovere attraverso un avatar perché perché la tecnologia immersiva non consente una qualità di resa dell’ambiente successivamente alta. Nasce Second Life : non è un gioco, ma un ambiente sociale, le persone entrano per fare delle cose che fanno anche nella vita reale (come con metaverso). Esso è il primo ambiente multimediale (nel 2007 11 milioni di utenti). Second Life non nasce con l’intento di essere un gioco ma di essere un ambiente di socialità infatti nella piattaforma accadono cose simili a quelle che accadono negli spazi reali (spazi di eventi, shopping per l’avatar, parrucchiere per avatar, bar…). Tutto questo implica che ci siano degli scambi economici e di fatto questo è il primo luogo in cui si sviluppa una moneta digitale, ancora prima dei bit coins. All’interno di second Life viene coniata una moneta chiamata Linden Dollar, funziona che io con i soldi reali compro un pacchetto di Linden dollar per usarli in second Life per usufruire dei servizi proposti. Es. Molte università creano dei loro ambienti all’interno di second Life (Es. Uni Torino acquista un suo spazio all’interno di second life, anche per erogare corsi o conferenze). Cosa succede dopo? La parabola di Second Life é un po’ calata perché sono arrivati i social network, questa socialità virtuale impegnativa di second Life cala. Con i social network non ho l’avatar, ma faccio le stesse cose (scambio contenuti, incontro persone, seguo chi mi interessa…). Questo ha un po’ ridotto l’interesse di second Life, che è andata avanti ancora un po’, ma ha lasciato spazio ai social network. Hanno cercato di rilanciarla con la pandemia, ma il successo è stato relativo, perché continuano ad esistere le piattaforme social e poi perché se ci si vuole incontrare a distanza si possono usare le piattaforme di video call. Anni 10’ del 2000: Dopo la parabola di Second Life, è ritornata all’attenzione la realtà virtuale immersiva perché passati 10 anni, la capacità di realizzare ambianti tridimensionali a livello immersivi è crescita e anche la capacità della resa degli ambienti in cui ci possiamo immergere e più alta, la qualità è alta. Ee. Al giorno d’oggi in cui possiamo trovare ciò: I musei, i cinema, la ricostruzione in 3D degli ambienti storici. Sempre negli anni 10 è cresciuta anche la sperimentazione sugli enhanced reality che non è solo la Wii, ma ci sono stati tentativi come i Google glass, che sono modi per portare all’intento della vita quotidiana l’esperienza degli e enhanced reality (l’esperienza della sovrapposizione delle informazioni che vengono dal mondo digitale con lo spazio reale). Per esempio attraverso i Google glass, potevamo vedere il meteo, le mappe come se fosse nello spazio reale. Oppure usarli come strumento di relaizzazione di immagini fotografiche ecc… Questo ha sollevato problemi di privacy perché non si capisce quando registi / faccio foto. L’altro problema è legato alla fatica visiva causata dall’utilizzo di essi, perché fanno male alla vista. Quindi il problema di questa enhanced reality è che manca un qualcosa che ci faccia dire di fare fatica per avere il risultato, cioè non si sa se ne valga la pena. Tutto il mondo a cui fa riferimento il metaverso di Zuckerberg è il mix tra il sogno della realtà virtuale immerseiva (vivere oltre lo schermo con la nostra fisicità e non necessariamente con un avatar) e il sogno di un ambiente virtuale multi - utente (che avvenga quindi in un ambiente sociale). Per ora Zuckerberg ha investito su oculus, tipo di tecnologia immersiva e da questo mix, sfruttando il fatto che lui ha le piattaforme per supportare una socialità multi - utente, (ha i socia) e quindi potrebbe realizzare ciò. Dobbiamo vedere se si tratta di un investimento serio. I MECCANISMI DELLE PIATTAFORME : • Datificazione • Mercificazione • Selezione —> DATIFICAZIONE : Cosa intende José van Dijck? Intende che grazie alle piattaforme che sostengono la maggior parte delle attività della nostra vita quotidiana ci sono aspetti del mondo e aspetti dei nostri comportamenti nel mondo che vengono trasformati in dati. • geolocalizzazione : Abbiamo accennato al fatto che la nostra posizione nello spazio fisico viene trasformata in dati e viene usata dalle piattaforme come un elemento per profilarci. Tutto questo non è possibile prima dello sviluppo della platform society. • Pagamenti : Le nostre forme di pagamento sono un dato che lascia traccia, ma l’avvento delle forme di pagamento da mobile fa si che i nostri dati vadano ad alimentare i database delle piattaforme. Es. Se pago con la carta di credito la relazione è tra, me il pos e la banca, ma quando uso le piattaforme di pagamento da mobile (Apple Pay, Google pay..) entra in gioco un terzo soggetto, che è quello che eroga il pagamento. Il primo step è che si estende la quantità di informazioni sul nostro agire nel mondo che sono trasformabili in dati. Questi dati sono usati dalle piattaforme che li usano i per le tecniche di analisi predittiva, quindi per prevedere i nostri comportamenti futuri e farci arrivare servizi o pubblicità in modo coerente con quello che si aspettano siano le nostre esigenze. Tutta questa raccolta di dati ha come primo obiettivo di sviluppare tecniche di previsione del futuro, dei nostri futuri comportamenti per distribuire sia i contenuti che la pubblicità. Quando si parla di tecniche di analisi predittiva si fa riferimento a precise operazioni di marketing, analisi che usano dati, algoritmi statistici e tecniche di elaborazione automatica dei dati che permettono di identificare con precisione la probabilità di avvenimenti futuri sulla base di dati storici: questo è un meccanismo che diventa dominante nelle attività delle piattaforme e anche nella nostra cultura. Un’attività che le piattaforme svolgono costantemente e che orienta le loro pratiche sono queste tecniche di analisi predittiva, sulla base dei loro dati, puntano ad anticipare quelli che possono essere i nostri comportamenti futuri. Questo è il modello dominante di comportamento delle piattaforme che è un modello legato al marketing. Questo è un modo di relazionarsi con le persone che vivono all’interno della società che è diventato dominante. Quindi il nostro “storico” dei comportamenti dei consumi sono la base su cui io vengo identificato e raggiunti da servizi ecc.. Quindi quello che vuole dire José Van Dijck è che viviamo in una platform society che è dominata dalla logica di marketing. Tutto questo bisogno di datificazione, impone un altro processo, perché questi comportamenti per diventare dati devono essere standardizzati e quindi riconducibili a delle categorie per far sì che si possano comparare e organizzare in un database. Le piattaforme tengono ad offrici dei modelli di comportamento standardizzati che sono funzionali a attribuire ogni nostro comportamento all’interno della piattaforma ad una categoria cosicché la categoria lo riporta in un database e permette di rielaborarlo con gli altri dati. I grandi comportamenti standardizzati delle big 5 sono: • richieste di amicizia • Like • Condivisioni • Reazioni • Suggerimenti Sono tutti comportamenti etichettati in modo che siano standardizzati. In questo modo l’espressione del fatto che qualcosa ci piaccia è standardizzata. Si sono poi diversificate per rendere più facilmente etichettabile il like che esprimeva cose diverse e quindi non era più etichettato in modo sufficientemente corretto. Sono tutte forme che hanno come obiettivo datificare i nostri comportamenti. • Possiamo essere anche volontariamente attivi perché quando diventiamo consapevoli di come funzionano i meccanismi delle piattaforme li possiamo guidarli secondo il nostro interesse. Perché possiamo essere soggetti che condizionano la visibilità online di alcuni contenuti (con i like, commenti ecc..). Tutto ruota intorno a questi fattori : noi utenti formiamo gli input, in termini di like, commenti.. e gli algoritmi sulla base di logiche prefissate gli elaborano e ci restituisce alcuni contenuti, e il ciclo riinizia. Questo meccanismo ha dei margini di IMPREVEDIBILITÀ: La funzione degli algoritmici non è totalmente prevedibile perché gli algoritmi agiscono in combinazione con le azioni degli utenti. Posso prevedere la scaletta del tg di domani, perché ci sono dei criteri secondo cui vengono scelte le notizie e quindi posso facilmente immaginare alla scaletta del tg di domani, ma possono più difficilmente immaginare quale sarà l’ordine e la gerarchia di notizie che compariranno nei feed degli utenti sulle piattaforme social, perché qui c’è anche da tenere in conto il comportamento degli utenti, che non posso prevedere in modo immediato. Quindi la funzione della piattaforma è più incerta nei suoi esiti. Da lì ha cominciato a nascere l’esigenza di riuscire ad orientarla. Il risultato della selezione algoritmica (quello che comparirà più frequentemente nel feed degli utenti) è difficile da prevedere ma ci sono tante istituzioni e azione che hanno interesse al fatto che alcune informazioni restino visibili. Quindi da questa difficile prevedibilità iniziano a nascere quelle che sono le operazioni di guida della visibilità dei contenuti all’interno della rete e quindi operazioni di gruppo e di rete finalizzate a promuovere la visibilità. Cosa sono le operazioni di rete? Gruppi di persone significative che agiscono da motori degli algoritmi (commentano e mettono tanti like) per far sì che notizie restino in alto nel processo di selezione algoritmica. TRASPARENZA? Inoltre, questo funzionamento dei media algoritmici non sempre è trasparente, tanto che qualcuno usa l’immagine della black box che non sappiamo come funziona e che fa da filtro dei nostri input e output che abbiamo. Apparentemente il processo di selezione è trasparente e guidato dal basso, ma solo apparentemente. Tra il mio cercare e trovare tutto quello che cerco sulla rete c’è questa scatola nera di cui conosciamo il funzionamento in ingresso (like, commenti..) e in uscita (ho preciso contenuti come risultato) ma non conosciamo bene le logiche interne, quello che succede in mezzo. Es. Google —> protegge il funzionamento dei propri meccanismi di ricerca, ci dice solo alcune cose come : la logica della popolarità e la logica di quello che abbiamo già scelto (ci ripropone quello che ci piace e che scegliamo), ma c’è una parte non trasparente. Si creano questi effetti, frutto di logiche algoritmiche che in parte conosciamo e in parte no. I processi di selezione elaborati dalle piattaforme hanno quindi questo problema di ridotta trasparenza. Nello spiegare questi processi José van Dijk identifica 3 tipologie privilegiate di selezione algoritmica : • Personalizzazione • Reputazione e trend • Moderazione —> PERSONALIZZAZIONE : Sono i meccanismi di cui abbiamo parlato : • analisi predittive basate sulle nostre scelte precedenti che generano offerte coerenti con quello che abbiamo fatto fino ad ora, l’analisi predittiva è quindi finalizzata alla personalizzazione. Es. Netflix: se prendiamo a come viene articolata l’offerta di Netflix capiamo bene il meccanismo di personalizzazione. • All’intento delle piattaforme social questo meccanismo di personalizzazione si basa anche su un’osservazione di quello che accade intorno a noi ( quello che gli altri che ci stanno intorno scelgono) e non solo sulle nostre scelte. Quindi si tiene conto anche di ciò che la nostra rete sociale ha scelto. Si basa su quello che hanno scelto le persone che noi seguiamo e su quello che viene rappresentato all’interno delle pagine e dei gruppi di cui facciamo parte. Quindi queste analisi predittive non sono individuali. Questo sistema viene usato anche come sistema di testing, si prende un gruppo e si inizia a mostrare un contenuto e si valuta quanto questa rete interagisce e secondo quello che sono le reazioni, il contenuto viene proposto ulteriormente, cioè se può essere proposto ad altri. Es. Facebook : —> DI REPUTAZIONE E DI TREND : Significa che nel funzionamento degli algoritmi delle piattaforme si tiene conto anche delle reazione che complessivamente gli utenti delle piattaforme hanno. Nell’elaborare l’offerta si tiene conto, si privilegiano i contenuti che sono dei trend tra gli utenti delle piattaforme. Su Instagram non abbiamo visibilità dei trend in topics, ma la piattaforma ne ha visibilità. In alcune piattaforme questo è : • reso visibile (Twitter) • mentre in altre no (Instagram). Nel processo di selezione algoritmica si tiene quindi conto dei trend in topics, di quello che piace alla maggior parte degli utenti. Es. periodo in cui c’erano in tutte le piattaforme i video fatti su una canzone “Jerusalema”. Quindi indipendentemente dalle nostre azioni entrano in gioco questi meccanismi : • trend in topics • Contenuti che risultano avere una buona reputazione e quindi contenuti che hanno molti commenti e visibilità in poco tempo. È il criterio di buona reputazione che viene usata (quantità commenti e like) Questo genera : • una pressione a commentare e recensire i prodotti • L’effetto che porta a privilegiare i contenuti divisivi. Es. Testate giornalistiche sui social : postavano contenuti divisivi - contenuti che accendono il dibattito tra favorevoli e contrari. Perché? Perché in questo modo generava un flusso significativo di commenti e questo faceva salire in visibilità i post pubblicati dalla testata giornalistica. Es. Quotidiano Repubblica • Il click-baiting : postare delle notizie curiose senza dare l’informazione competa nel titolo e nel testo in modo da generare tanti click per andare a leggere questa notizia. È un sistema per far salire di visibilità i post. Un’altra operazione non completamente divisiva come quella di Repubblica, ma che genera views : Valentina Ferragni che ha fatto l’operazione. Ormai tante istituzioni usano questi aspetti tipici della selezione algoritmica per promuovere i propri contenuti. Quello che agisce all’intero delle piattaforme è che questa “buona reputazione” diventa uno strumento di attribuzione di fiducia ai contenuti. Quelli che hanno tanto seguito e tanti reactions, commenti e recensioni vengono valorizzati. La quantità di reazione è un valore positivo. Es. Trip Advisor. Questa idea della quantità della reazione delle persone fa reputazione. Quindi quanto più si genera reazione, più si è affidabili. Questo vale anche per i siti di e-commerce. —> MODERAZIONE : chiamata moderazione perché riguarda il ruolo attivo che le piattaforme si assumono per la soluzione dei contenuti. Aldilà dei meccanismi descritti fino ad ora che sono automatizzati, c’è un processo in cui le piattaforme assumono un ruolo attivo e definiscono dei contenuti che non sono adatti e li rimuovono. Ci sono dei contenuti che le piattaforme tolgono attivamente dal loro flusso perché non adatti. Ogni piattaforma definisce i suoi criteri di accettabilità dei contenuti e privilegia alcuni criteri che sono definiti come insiemi di valori che ogni piattaforma si da. Es. Facebook : punta su questi due criteri • Sicurezza • Autenticità 1) Sicurezza : Eliminando questi post Facebook si pone l’obiettivo di rendere la piattaforma un luogo sicuro dalle minacce e per garantire il diritto di libertà di espressione. 2) Autenticità : non è l’eliminazione delle fake news ma è la rappresentazione non fuorviante della propria identità e delle proprie attività. Quindi Facebook vuole eliminare pagine che dichiarano il falso. Non si parla di fake news, ma di autenticità della presentazione di se. Non sono però solo questi i valori di Facebook. Ci sono degli altri pilastri che guidano questo processo di moderazione che la piattaforma esercita sui contenuti e fanno riferimento a delle aree precise si comportamento. In questo confine non c’è una questione cruciale : cosa manca qui? Non si dice nulla sulla verità, sulle fake news. Sul concetto di verità le piattaforme non prendono posizione perché è difficile, riconoscere la verità è complicato. Ad un certo punto, quando vi fu il problema delle notizie sul Covid, le piattaforme hanno dovuto prendere posizione rispetto alla verità è ciascuna piattaforma ha fatto le sue scelte. La scelta di Facebook è stata quella di lavorare da moderatore e quindi continuare a costruire quello che stava avviando, ovvero un insieme di giornalisti volti a cancellare i profili di persone che diffondono fake news. A febbraio 2020 Facebook inizia a lavorare sul tema della verità e delle fake news. Altre piattaforme prendevano comunque in considerazione il fatto che dovevano agire da moderatori su questo tema ma con scelte diverse Twitter : ha usato la strategia di orientare verso fonti affidabili, cioè ha fatto un modo che ogni volta che qualcuno cercava “Covid” gli comparissero come primi risultati i ministeri della salute dei diversi paesi e l’OMS, facendosi da mediatore verso fonti affidabili. Anche Pinterest e tik tok hanno fatto la stessa cosa, ma scegliendo una via diversa. Quindi hanno messo degli avvisi che comparivano accedendo alla piattaforma o dopo aver cercato “Covid” dicendo di andare a verificare sull’OMS o il ministero della salute. Hanno quindi fatto appello ai loro creator a consultare le fonti ufficiali prima di pubblicare un contenuto. Queste sono le piattaforme che si sono mosse per prima. Anche Facebook poi ha seguito il consiglio dettato da Twitter a marzo 2020., modificando l’algoritmo e facendo comparire, cercando “Covid” testate giornalistiche affidabili , OMS e ministeri della salute. Quindi si sono assunte un ruolo nuovo : di farsi mediatori di affidabilità. Non riesce a eliminare tutte le fake news ma si fa responsabile di indicare le fonti affidabili. Secondo step : creare dei punti di informazione sul Covid interni alle piattaforme. Facebook si fa aggregatore di contenuti affidabili, preleva contenuti da fonti affidabili e li propone in una sezione sul Covid dentro la piattaforma. La piattaforma mi dice quali sono gli enti autorevoli, mi da le ultime notizie prelevate dagli utenti affidabili e mi da i post più recenti che vengono dalle istituzioni e dalle testate giornalistiche mirando a costruire un punto di informazione che possono seguire. Questo è un passo importante perché per la prima le piattaforme hanno esplicitato il loro lavoro di moderazione, che non si limita ad essere di controllo o di guida all’interno del motore di ricerca (che è già un passo grosso), ma si propongono come editori di contenuti, che non scrivono loro ma che prelevano da altri fonti e le mettono insieme secondo un organizzazione che per la prima volta non mette in gioco la popolarità o “le cose più cliccata” ma l’affidabilità. Sicurezza nel senso di tutela della persona violano regole della convivenza all’interno dei social non possono istigare alla violenza e ai comportamenti criminali. Cosa possiamo imparare? In queste forme di misinformation (non possiamo parlare di fake news) ci sono osservazioni fatte che diventano qualcos’altro. Però in queste forme, ci sono 3 questioni cruciali : —> flussi di condivisione delle notizie —> omofilia delle reti (molto spesso le notizie giriamo in reti di persone simili) —> logiche di credibilità 1) FLUSSI DI CONDIVISIONE A CASCATA I flussi tipici della comunicazione sui social sono stati definiti da alcuni studiosi che hanno approfondito la circolazione delle news, dei flussi di circolazione a cascata. Si tratta di una cascata diffusa. Infatti l’informazione arriva attraverso molti canali diversi/ flussi diversi che assomigliano a queste cascate con tanti rivoli d’acqua. • Alcuni di questi flussi erano legati tra di loro. Per esempio i membri del gruppo Reddit, che sono anche membri del forum Free Republic e hanno una pagina personale su Facebook—> flussi interdipendenti • Ma altre non sono interdipendenti ma sono attività di social sharing di utenti le quali bacheche sono state raggiunte da post condivisi da profili e pagine differenti oppure da amici. Quindi nei feed delle persone comuni questo tweet è arrivato da fonti politicamente schierate e da altre che non lo erano ma sensibili a questo tema e questo attribuisce un valore di verità ai contenuti. Il fatto che arrivi da fonti diverse questo ci sembra più credibile. Questa diffusione a cascata tipica dei social, attribuisce verità a queste forme di misinformation. Uno degli studiosi (Kumpel)che si è dedicato a ricostruire questi flussi di comunicazione a cascata dice : “i fenomeni a cascata all’interno delle reti social si articolano quando la condivisione avviene a partire dall’osservazione dell’attività degli utenti connessi di cui vengono ugualmente distribuiti i contenuti”. Inoltre, Sun insieme ad un altro gruppo di studiosi definisce queste forme a cascata : “un turbinio di catene tutte iniziate da diverse persone che agiscono indipendente e spesso convergono su un gruppo di amici e conoscenti” (Sun). Inoltre queste catene sono brevi (conoscente che ha visto qualcosa e l’ha condivisa) e questo contribuisce al meccanismo a cascata. Quello che Sun e i suoi colleghi dicono è che questo effetto di verità e di ridondanza dato da questa modalità di fondersi delle notizie nelle piattaforme social, è potenziato dal fatto che siano catene corte, raramente noi vediamo le catene lunghe (tutto il procedimento diciamo). Questo aumenta la veridicità di quello che ci arriva dai social. Come funzionano i meccanismi di sharing? La brevità delle catene è dovuta al fatto che i meccanismi di sharing funzionano in alcuni casi • condividendo il post dell’amico che ha condiviso la notizia • ed in altri casi l’accreditamento della fonte non c’è, a volte invece di condivide il post andiamo a recuperare la fonte più lontana che troviamo, non necessariamente quella originaria. Dow, uno studioso, ci dice che moltiplichiamo queste cascate perché non sempre recuperiamo la fonte originaria ma a volte ci fermiamo agli step intermedi. La rettifica : Questi meccanismi di circolazione a cascata determinano la difficoltà di arginare i flussi di circolazione della misinformation, rendono difficile proporre una rettifica dei contenuti che circolano all’intento di queste reti. Nel mondo dei media tradizionali è più semplice raggiungere lo stesso target. Es. se una testata giornalistica scrive qualcosa di falso ed è necessaria una rettifica, essa viene fatta sulla stessa testata giornalistica, in modo tale di raggiungere lo stesso target. Per la rete, ricostruire i flussi di circolazione per far arrivare una smentita allo stesso target è difficile. I meccanismi di contrasto faticano a raggiungere le stesse persone. 2) OMOFILIA DELLE RETI: Cosa è? Si tratta di qualcosa che esiste prima della nascita di internet e dei social, le reti sociali si stabiliscono per omofilia (le persone si scelgono perché si assomigliano). Le persone si organizzano in rete perché “riconoscono di avere dei tratti comuni e di essere simili” Questo si ripropone anche all’interno delle piattaforme social, dove molti autori hanno confermato, dicendo che questo succede online. Le reti sociali che io ho online le costruisco con tratti si similitudine. Il funzionamento degli algoritmi potenzia questa dimensione di omofilia. In rete questo gruppo di studiosi ha sottolineato che è l’omofilia di valori che orienta l’organizzazione di questa rete sociale online, rispetto che l’omofilia di stato. • omofilia di status: basata su caratteri come l’età è la religione, l’etnia —> meno influente • Omofilia di valori : gusti, simpatie, credenze, attitudini, valori —> è fondamentale Quali sono gli EFFETTI dell’omofilia delle reti nei social dei media? —> percezione di SOMIGLIANZA INCREMENTALE : più percepisco che alcuni soggetti sono simili a me per gusti, valori ed interessi, più interagisco con logo. Più interagiamo con loro più percepiamo di essere simili. Due dei tanti autori che hanno studiato questo tema (Barnett e Benefield) dicono : citazione Se sento che uno la pensa come me, incremento il numero di comunicazioni comunicative che ho con lui, perché mi sento confortato. Questa densità di relazioni incrementa anche la percezione di essere simili —> è un circuito che si potenzia. —> sviluppo di SISTEMI DI SIGNIFICATI CONDIVISI: a furia di interagire con le persone che percepisco come simili si sviluppano i sistemi di significati condivisi, quindi si consolidano modi di interpretare fatti ed eventi che si assomigliano. I circuiti diventano chiusi tra persone che si somigliano e si sostengono e generano sistemi di interpretazione dei fatti simili (zona di comfort). Es. Evidente è l’esempio che abbiamo visto per il caso di Tucker. Una studiosa, Danah Boyd, ha messo in luce l’aspettò critico dell’omofilia delle reti, ha detto : citazione Questa caratteristica delle reti sociali che si costruiscono online che è quella di avere attorno delle reti omofile, quando accade nella rete è oggetto di un meccanismo di potenziamento per cui siamo portati ad interagire con chi ci è sintonico e questo aumenta la percezione di sintonia e quindi c’è una potenzialità nella rete di sviluppare un punto di vista che è di queste reti omofile. —> incremento di CREDIBILITÀ: I contenuti condivisi da un contatto social che percepiamo come simile a noi (omofilo) acquistino più credibilità. Questo succede anche nella vita offline, ma in rete ciò viene potenziato. Sono più ampie le reti che costruiamo e quindi anche ciò è potenziato. Es. questione di Tucker Citazione di Bresh: Nel caso di Austin : I soggetti che arrivano le cascate funzionano perché sono eterogenee: • il gruppo di supportare di tu o su Reddit, il forum repubblicano Free Republic • I fan delle pagine dei politici su Facebook • Il gruppo Right Wing News sempre su Facebook Tutto ciò carica di credibilità perché sono gruppi simili tra di loro. 3) LOGICHE DI CREDIBILITÀ Ci interessa capire come si sviluppano queste logiche di credibilità all’interno dei social media. Ci interessa capire come si sviluppa la fiducia all’interno dei social media Cosa si intende per fiducia all’interno dei social media? Possiamo definire la fiducia come la misura della certezza che un soggetto o più soggetti si comporteranno nel modo previsto. Noi ci sentiamo fiduciosi quando ci aspettiamo che le persone con cui interagiamo si comportino com’è previsto in una data situazione. Nel caso della diffusione dell’informazione nei social media la fiducia è la fiducia nel fatto che le persone condivideranno dei contenuti veri e credibili. Nel mondo dei media questo sistema della fiducia è un po’ traballante. Noi infatti ci muoviamo con un atteggiamento più sospettoso che fiducioso rispetto a ciò che circola nella comunicazione in rete. Questo è un problema perché la fiducia è una precondizione della comunicazione. Noi comunichiamo tra di noi in modo utile perché ci fidiamo gli uni degli altri. Infatti proprio perché ci fidiamo ci apriamo alla comunicazione con l’altro. Viviamo in una società in cui la fiducia nei confronti dei soggetti/dei media/ della scienza/delle istituzioni è entrata un po’ in crisi. Quindi per questo motivo comunicare diventa anche più difficile perché abbiamo degli interlocutori che hanno un atteggiamento sospettoso verso i media e verso le piattaforme social. PRECONDIZIONE DELLA COMUNICAZIONE La fiducia è una precondizione della comunicazione. Questa precondizione è stata definita in diversi modi da diversi autori. —> Alcuni l’hanno definita Principio di benevolenza interpretativa o Principio di Carità (Quind e Davidson). Ossia noi accettiamo di comunicare con qualcuno perché ci basiamo su un principio di benevolenza: ossia il credere che l’altro mi stia raccontando qualcosa almeno degno di nota. —> Gadamer (filosofo) l’ha chiamata anche l’accordo importante su cui si basa la relazione comunicativa. Se noi neghiamo questo atto iniziale di fiducia nei confronti dell’altro non mettiamo in atto una possibilità di comunicazione, ma piuttosto una possibilità di scontro. Il contesto sociale in cui viviamo è più caratterizzato dallo scontro che dalla comunicazione positiva. La conflittualità tra scontro e comunicazione è molto forte. Questo atto di fiducia iniziale su cui si basa la possibilità della comunicazione è fatto di diverse componenti: —> La prima componente è questo atto iniziale: io credo che la persona con cui comunico possa ascoltarmi e capirmi. Questo è un atto prerazionale che noi mettiamo in campo quando vogliamo comunicare con qualcuno. —> Il secondo atto di fiducia che ci permette di comunicare è che io credo che l’altro abbia qualcosa di significativo da comunicarmi. Devono esserci questi due atti di fiducia altrimenti la comunicazione diventa anche conflittuale. L’aspetto che nella nostra società è più difficile da accettare è che l’altro abbia qualcosa di significativo da comunicarmi; tentiamo a sospettare ed accettare che l’altra parte abbia qualcosa di significativo da comunicare. Un altro aspetto della fiducia è che ci sia autenticità nella persona con cui comunico: ossia che l’altro sia come appare, che non mi nasconda cose, che non mi menta su quello che è, che sia quel che dice e mostra di essere. Anche qui abbiamo dei sospetti, se pensiamo per esempio alle identità fake che troviamo nei social, le piattaforme digitali hanno infatti anche introdotto la possibilità di mostrarsi per qualcosa che in realtà non si è. Alla fine però decidiamo di credere che l’altra persona con cui comunichiamo sia davvero così come appare. Notiamo però che in tutti questi atti di fiducia su cui si fonda una comunicazione piena ci sono delle piccole crepe. Gli altri possono ascoltarmi e capirmi, possono avere qualcosa di significativo da comunicare ma c’è sempre un però. Infatti potrebbero avere un determinato interesse nel dirmi quella determinata cosa, ecc. Abbiamo quindi sempre delle crepe nella costruzione della fiducia. Un altro atto su cui si basa la relazione comunicativa è il confidare che gli altri mi credano, confidare che gli altri possano credere alla verità di quello che dico e alla verità su quello che dico di essere. Su questo aspetto ci sono meno “crepe”, anche se spesso abbiamo bisogno di sostenere con delle argomentazioni e delle dimostrazioni di veridicità quello che stiamo dicendo. Quindi siamo portati ad argomentare sempre di più le nostre posizioni, a sostenere le nostre posizioni. Un ultimo aspetto: in una relazione comunicativa noi siamo disponili a credere nel fatto che gli altri si pongano in un modo autentico e cooperativo nei nostri confronti, saranno sinceri su di se e sul mondo e quindi rispetteranno gli impegni che ci siamo dati nella comunicazione. Anche in questo caso ci dobbiamo credere perforza perché altrimenti non comunichiamo più con nessuno. Quindi a partire da queste reti di amici la credibilità si propaga anche verso altri utenti che noi non conosciamo ma che sono stati oggetto di attenzione da parte di tanti nostri amici; quindi anche in termini quantitativi la credibilità si propaga. Attraverso le reti di amici la credibilità si propaga verso soggetti che io non conosco direttamente ma a cui io credo perché altri miei amici ci hanno già creduto. Per esempio nei social tanto miei amici hanno messo like a quella notizia è quindi quella notizia acquista fiducia nei miei occhi. La fiducia si propaga sulla base di due catene di propagazione della fiducia: ⁃ la catena della credibilità di un amico e di un altro amico che man mano condividiamo notizie fino a che ora queste notizie arrivano a me. Quindi la notizia si carica della credibilità che per me hanno gli amici che hanno condiviso quella notizia (catena qualitativa). ⁃ la catena quantitativa ossia quanti amici hanno già attribuito credibilità a queste notizie e quindi io ci credo. UNA VERITÀ CREDIBILE E CONDIVISA Possiamo dire che tutti questi elementi contribuiscono a costruire una verità credibile e condivisa. Questa verità si basa su tre meccanismi tipici della comunicazione attraverso i social media (e le piattaforme digitali come i blog o i forum): —> il fatto che noi possiamo attribuire una grande rilevanza e credibilità ad alcuni contenuti semplicemente perché ci arrivano da tante fonti diverse. Quindi noi siamo portati a pensare che alcune cose siano molto importanti e altre molto credibili da un meccanismo tipico dei social: ossia quello di renderci il punto finale di destinazione di tanti flussi di comunicazione a cascata. Questo a volte contribuisce a costruire verità credibili e condivise. —> I contenuti che fluiscono tra le reti di amici si caricano di questa fiducia relazionale e di una fiducia normativa legata al fatto che con questi amici condividiamo sistemi di pensiero e valori. Sono quindi privilegiati nel far parte di questa verità credibile e condivisa i contenuti che fluiscono all’interno delle reti di amici. —> Le catene di amici di amici contribuiscono a sostenere la circolazione di questi contenuti e a caricarli di credibilità. Queste catene appunto basate sulla credibilità normativa o affettiva, quando sostengono la circolazione di un contenuto caricano quel contenuto della credibilità dei singoli e della catena di amici. Tutti questi meccanismi sono poco legati all’analisi del contenuto, sono molto più legati a quello che ci sembra credibile perché coerente con il nostro sistema di pensiero, con quello che è sostenuto dalle nostre reti affettive, con quello che all’interno dei social media si carica di verità perché circola molto. Questo è effettivamente un aspetto importante nel modo con cui le informazioni nella società contemporanea trovano spazio, nel modo con cui certi tipi di contenuti hanno successo. Nel sistema dei media contemporaneo questi meccanismi sono all’opera tutti i giorni. QUAL È IL RUOLO DELLE PIATTAFORME NELL’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DELL’INFORMAZIONE? Nicholas Carr dice che i due meccanismi che la piattaformizzazione del sistema dei media ha introdotto nel modo di fare di distribuire le informazioni sono un meccanismo di disaggregazione e di riaggregazione. L’arrivo delle piattaforme ha spezzato alcune cose che prima erano unite, ha separato alcuni aspetti del sistema di produzione di informazione e li ha riorganizzati in modo nuovo. Questi due meccanismi di disaggregazione e riaggregazione hanno agito in modo diverso prima negli anni 90 e poi negli anni 2000. C’è stato un percorso di disaggregazione e riaggregazione che ha caratterizzato gli anni 90 e poi un percorso di disaggregazione e riaggregazione che ha caratterizzato gli anni 2000. Non sono in contraddizione gli uni con gli altri, si sono sovrapposti gli uni con gli altri. Nicholas Carr guarda al percorso degli anni 90, quindi noi partiamo da qui. DISAGGREGAZIONE ANNI 90 1) La prima cosa che è successa è che il legame tra contenuti giornalistici e pubblicità si è disaggregato. Qual’è il legame di cui parliamo? Si parla di un legame di business per cui le testate giornalistiche si sono sempre sovvenzionate attraverso la vendita di spazi pubblicitari. La minima porzione di finanziamento statale che c’era copriva solo un pezzo del business. Il grosso del business era un business di mercato. Le testate giornalistiche quotidiane vendendo spazi pubblicitari avevano introiti che gli permettevano di pagare giornalisti, la carta per la stampa, ecc. Era un mercato a due poli: da un lato ci sono le aziende che comprano gli spazi pubblicitari sulle testate e dall’altro lato ci sono i lettori che incontrano la promozione della pubblicità. Questo vale anche per i canali televisivi (Sky per esempio). La prima cosa che succede negli anni 90 è il fatto che entra in gioco un nuovo soggetto che ospita i contenuti pubblicitari a pagamento che prima erano presenti nelle testate giornalistiche. Alcune piattaforme come Google cominciano ad ospitare all’interno delle sue pagine contenuti pubblicitari. Le piattaforme social ospitano all’interno dei loro spazi contenuti pubblicitari. Le piattaforme come Ebay e altre capitalizzano tutti gli annunci commerciali che prima erano presenti sulle testate giornalistiche e quindi si creano degli altri circuiti pubblicitari e questa aggregazione che era stata fondamentale per tutto il sostegno all’informazione su carta stampata e televisiva diventa meno salda. 2) Il secondo elemento di disaggregazione è quello tra contenuti informativi e audience. Questa disaggregazione è legata allo sviluppo dei motori di ricerca. Lo sviluppo dei motori di ricerca ha portato a una evoluzione e trasformazione radicale della circolazione delle news che fino a che circolano all’interno della testata giornalistica stampa o all’interno della testata telegiornalistica sono caratterizzate da una organizzazione e da una sistematizzazione: ci sono notizie più importanti e meno importanti ma soprattutto sono poste in relazione tra di esse. Per esempio il telegiornale contestualizza la singola notizia all’interno di un insieme di notizie. Quindi le notizie non viaggiavano da sole ma viaggiavano all’interno di un contesto che le integra. L’avvento dei motori di ricerca negli anni 90 genera invece una disaggregazione di queste pagine perché ogni singola notizia viaggia da sola. Per esempio il risultato di una ricerca di una notizia all’interno di un motore di ricerca mi presenta il singolo articolo o il singolo servizio giornalistico in modo autonomo. Oppure vedo la singola notizia riaggregata insieme ad altre notizie di altre testate che presentano lo stesso argomento gerarchizzate sulla base di quelle che hanno ricevuto più “click”. Carr dice infatti che ogni singola storia diventa un prodotto separato che sta nudo sul mercato e che vive o muore sulla base dei propri meriti in termini di remunerazione. Questo significa che se viene tanto cliccato resta sull’onda, se viene poco cliccato sparisce. È come se ogni frammento di informazione viaggiasse da solo e il criterio che definisce la sua importanza e il suo ciclo di vita è la quantità di persone che lo leggono. Carr dice che questo significa che le testate giornalistiche hanno perso con questa disaggregazione il controllo sulla curatela delle notizie, ovvero sulla capacità di contestualizzare la singola notizia, di fornire una copertura delle notizie accurata basata su più articoli. RIAGGREGAZIONE ANNI 90 Le forme di riaggregazione sono forme che sono mediate dalle piattaforme. Per esempio negli anni 90 Google News. Il motore di ricerca non si limita a consentirmi di trovare la notizia digitando delle parole chiave, il motore di ricerca mi fornisce una sua aggregazione di notizie. Google News è un vero e proprio aggregatore di news, non è solo la risposta alla mia ricerca. Se io vado sulla pagina Google News all’interno del motore di ricerca non trovo il risultato di una mia ricerca, trovo il panorama delle notizie del giorno che Google ha deciso di darmi. Quindi si tratta di un altro soggetto che suggerisce l’agenda, un altro soggetto che aggrega notizie scritte da altri. Questo ovviamente ha delle conseguenze perché io a fianco delle testate tradizionali ho un soggetto che non è una testata giornalistica, che non è responsabile della produzione di contenuti (perché non scrive niente), che è responsabile solo della proposta di un’agenda di contenuti importanti nella giornata e che soprattutto mi fornisce una riaggregazione basata su contenuti a diverso statuto (in quanto Google News mescola il blog, mescola la testata giornalistica nazionale con la micro testata locale, non usa criteri di qualità della testata). Quindi Google News mi fornisce un’agenda che è un insieme di diverse fonti selezionate sulla base dei suoi criteri. Questi criteri sono le testate che ricevono più click, le parole chiave più ricercate rispetto alle notizie, gli articoli più linkati da altri soggetti, quello che io ho cercato più spesso. Quindi l’obiettivo di Google non è quello di darmi un quadro esaustivo di quello che sta succedendo nel mondo, ma l’obiettivo di Google è quello di farmi vedere le notizie più cliccate delle testate più cliccate, le notizie delle testate a cui più spesso arrivano link. Più che uno spaccato di quello che sta succedendo nel mondo, io ho uno spaccato di quello che piace alla gente e di quello che piace a me. Carr dice che questo non è indifferente perché le testate giornalistiche cercavano di dare una copertura di quello che stava succedendo nel mondo, mentre Google News no. Google News ci propone un altro tipo di gateway per accedere alle notizie, dove quello che ci restituisce è quello che piace di più alle gente e a me. Questo ha degli effetti distorsivi perché quello che piace alla gente è magari una testata locale perché in una particolare zona geografica c’è una grande affezione per le testate locali, domineranno a volte notizie nazionali, a volte notizie locali, a volte globali secondo un criterio definito dal basso. Questa definizione dal basso però non è sempre un incremento di esaustività, spesso è un incremento di vocalizzazione su poche notizie che attraggono tanto l’attenzione. Carr dice quindi che riaggregazione genera dei nuovi gateway (dei nuovi punti di accesso alle notizie) che però hanno delle caratteristiche diverse da come siamo abituati e seguono logiche distinte. Questo va avanti anche negli anni 2000 aggiungendo livelli di disaggregazione e riaggregazione. DISAGGREGAZIONE ANNI 2000 Tipico delle piattaforme social. Non siamo più nel mondo di Google news, ma nel mondo del feed delle piattaforme social. Anche qui si innesta un ulteriore livello di disaggregazione perché non soltanto le notizie continuano a girare in modo isolato, ma le piattaforme social propongono delle forme di consumo nativo delle news in cui si mescolano nel feed articoli che provengono : • da testate giornalistiche accreditate, • da testate giornalistiche native digitali e • da commenti delle stesse notizie dagli utenti che usano le stesse piattaforme social. Si crea una disaggregazione che è anche una stratificazione di tanti livelli diversi di proposta della notizia. Perché mentre il motore di ricerca (Google nella sua offerta di Google news) usa solo testate giornalistiche, quello che succede nel feed delle piattaforme è che noi abbiamo un accesso alle notizie che non passa solo dalle testate giornalistiche. Per testate giornalistiche intendiamo delle testate registrare al tribunale e con criteri che sono definiti per legge e che consentono alle testate di essere registrate al tribunale. Perché essere una testata giornalistica significa avere un nome registrato presso il tribunale che accetta la registrazione perché riconosce che questa testata ha delle caratteristiche (ha giornalisti professionisti, periodicità si uscita regolare, diritto te…). Questa registrazione significa che questa testa è legalmente responsabile di quello che pubblica. Ci possono anche essere delle testate giornalistiche digitali che sono registrate al tribunale. Questo è il mondo a cui fa riferimento il motore di ricerca. Quando entriamo nel mondo dei social, il feed o le storie ci propongono un mix dove non c’è più verifica del fatto che la testata che mi riporta la notizia sia una testata giornalistica o meno. Nei social ci possono essere pagine che propongono notizie e che non hanno nessun riconoscimento e responsabilità legale. Se io quindi dichiaro il falso non devo rispondere ad un tribunale. Mentre se il Corriere della Sera scrive volontariamente il falso, ne deve rispondere. Nei feed social questi livelli si mescolano. Si mescolano: • delle testate giornalistiche, • delle pagine che fanno news senza essere testate giornalistiche e • persone che condividono notizie che hanno preso le notizie da fonti diverse. Ad un certo punto, visto il proliferare di queste testate che ci sono nei social, c’è stato un dibattito politico e normativo sull’opportunità di chiedere anche alle testate native di blogger o di gruppi di persone che fanno informazione sui social di registrarsi in tribunale, in modo tele che si potessero assumere la responsabilità di quello che pubblicavano. Questo è stato visto come un togliere la libertà. Quindi negli anni 2000 vi è quindi disaggregazione tra il concetto di testata giornalistica e la circolazione delle informazioni. RIAGGREGAZIONE ANNI 2000 Sono forme di riaggregazione di notizie proposte nelle piattaforme social che negli anni 2000 cominciano a muoversi verso il fare informazione. Il primo strumento con cui le piattaforme prendono posizione e nel mondo dell’informazione viene da Facebook e sono i cosiddetti INSTANT ARTICLES. Cosa sono? Erano delle tipologie di articolo giornalistico, non scritte da facebook, ma che Fb proponeva alle testate di pubblicare direttamente sulla piattaforma. Es. Quando noi vediamo nel feed una notizia di una testata giornalistica la possiamo andare a leggere ma ci spostiamo dal feed dalla piattaforma social al sito. Questo percorso alle piattaforma non conviene perché i loro utenti lasciano la piattaforma in questo modo, viceversa per le testate giornalistiche è un vantaggio perché il traffico di utenti torna sul loro sito. Cosa ci guadagnano le testate giornalistiche? La pubblicità. Perché? Perché più persone arrivano sul sito della testata più i sistemi di rilevazione dell’audience di internet registrano che tante persone atterrano sul sito della testata, più la testata può vendere ad un prezzo elevato i suoi spazi pubblicitari. Cosa succede poi? Alle piattaforme social (Meta) scoccia che la gente trovi un contenuto interessante e se ne vada dalla piattaforma, allora propone alle testate giornalistiche questi Instant articles, cioè alcuni articoli possono essere pubblicati direttamente sulla piattaforma Facebook. Questo significa avere la possibilità di leggere l’articolo così come è sul sito web ma senza andarsene dalla piattaforma. Facebook dice che così da più fluidità di lettura, la possibilità di intrattenersi di più sulla pagina Facebook della testata giornalistica e non c’è questo passaggio dalla piattaforma al link. Quindi Facebook dice che così c’è un vantaggio nei click e nelle views. La testata giornalistica però non vende spazi pubblicitari su Facebook quindi non gli interessa capitalizzare in termini di quantità di lettori le persone che la seguano nella misura in cui questo porta lettori alla pagina. Questi instant arricles sono quindi un vantaggio per Facebook (che vende le inserzioni) ma non per le testate giornalistiche, nemmeno per promuoverei (perché questa era l’idea). Lo sviluppo delle piattaforme ha fatto esplodere questa moltiplicazione dei canali: non abbiamo solo le testate giornalistiche, ma abbiamo anche i canali digitali per raggiungere l’audience e quindi la pubblicità su internet costa meno. Nessuna testata giornalistica può sopravvivere vendendo spazi pubblicitari, perché lo spazio pubblicitario su internet è a costo basso. Quindi la verità è che online la relazione tra contenuti / pubblico e pubblicità genera meno ricavi e questo è un elemento di disaggregazione e di impoverimento del sistema delle informazione che in questo momento fa fatica a sostenesti (la maggior parte delle testate sono in crisi perché questa moltiplicazione dei canali ha abbassato gli introiti). A livello di business la moltiplicazione delle piattaforme genera una crisi del settore dell’informazione. NATIVE ADVERTISING Contemporaneamente la moltiplicazione delle piattaforme ha fatto nascere nuovo tipi di pubblicità, che forniscono uno strumento nuovo per promuovere prodotti. È stata chiamata in questo modo una decina di anni fa dall’ IAB (internet advertising büro) che fa riferimento a annunci a pagamento che sono coerenti con il contenuto della pagina, in termine di design ma anche n temeine di contenuti in modo tale che l’utente li percepisca come coerenti a quello che sta leggendo. Quindi vengono osservare di più. La native advertising nasce con questo metodo pubblicitario chiamato contestuale, la pubblicità è calata nel contesto dell’esperienza del fruitore. Il contenuto e l’adv si adattano reciprocamente. Quali sono i vantaggi delle forme di native advertising? • Aumentare la quantità di persone raggiunte dall’adv. Noi infatti la pubblicità classica cerchiamo di evirarla (I banner ecc..) questo viene chiamato banner blindness. • Per questo la native adv crea un aggancio con l’utente per far sì che possa essere interessato dalla pubblicità perché fa riferimento a quello di cui sta parlando. • Possono anche essere utilizzate di più del classico spot o banner, possono dare vita a delle serie che sono legati di prodotti e dare vita alle continuous campaign (instaurare una relazione e conversazione continua con gli utenti a differenza delle campagne tradizionali di interruzione). Quali sono le forme di native adv? Articolo che tratta di un tema affine a un contenuto sponsorizzato Esempio di native advertising, che ci fa capire come sia un passo oltre la pubblicità tradizionale. In occasione del lancio di Orange is the new black, Netflix non si limita alla forma dì advertising tradizionale, ma prova a fare una narive advertising con il New York Times. Quindi ha sponsorizzato una serie di articoli e ha fatto un inchiesta giornalistica sulle condizioni delle donne nei carceri americani, che genera native adv. Il New York Times pubblica questa inchiesta, sceglie colori affini al prodotto per le illustrazioni e le immagini e fa un’inchiesta indipendente dai contenuti di Orange is the new black, però questa inchiesta è pagata da Netflix, e in cambio di aver sostenuto questa attività giornalistica, vede il suo banner pubblicitario sulle pagine su cui viene pubblicata l’inchiesta. Quali sono le caratteristiche del native advertising che ha questa operazione? Noi abbiamo visto che la native adv è una forma di annuncio a pagamento, coerente con il contenuto e il design della pagina in modo tale che l’utente lo percepisca come parte di essa e così è. Inoltre, l’annuncio pubblicitario è sostenuto dal richiamo di colori e di immagini con l’articolo. Si tratta di qualcosa di contrattuale perché la pubblicità è calata su quello che sto leggendo. Quindi contenuto e adv si adattano reciprocamente perché sono ibridati e coerenti. Questo annuncio lo guardo perché coerente a quello che sto leggendo. Quindi è in grado di generare engagement e delle serie, perciò questa inchiesta può essere la prima che riguarda i carceri e le donne, oppure può essere una serie che tocca argomenti delle serie televisive Netflix. Il native adv nelle sue forme alte funziona così: non c’è più un banner che interrompe la mia lettura, ma c’è un modo diverso di costruire un legame tra informazione, copertura giornalistica e promozione pubblicitaria. AUDIWEB: Sistema di misurazione di audience della rete All’inizio degli anni 2000, in particolare nel 2003, ci si è trovati in una situazione in cui non esisteva in Italia un sistema unificato di misurazione dell’audience della rete. C’erano molte ricerche diverse, ma non c’era un sistema univoco di misurazione dell’audience della rete. Queste ricerche autonome non erano utili perché quando si voleva capire se una pagina avesse tanto o poco publico, circolavano dati con numeri diversi. Un problema era quello legato alla vendita di spazi pubblicitari che faceva fatica a crescere perché le aziende non si fidavano delle singole ricerche che venivano proposte a loro da chi gli proponeva pubblicità su internet. Nel 2003 comincia ad esserci la necessità che le aziende investono nella pubblicità online, ma non si riesce a convincere le aziende del fatto che sia un buon investimento to perché non riescono a dirgli quante persone riescono a raggiungere investendo nella pubblicità nel sito web. Quindi fatica a decollare il mondo della pubblicità su internet, perché non c’è il modo di vedere quante persone si può raggiungere, che per l’azienda è fondamentale, perché se non lo sappiamo l’azienda non sa se fare l’investimento. La nascita di Audiweb viene da una necessità di dimostrare che i propri prodotti hanno un valore in termini di capacità di raggiungere un pubblico. Si decide di mettere in piedi un organismo super partes che mistura in modo imparziale l’audience della rete stabilendo dei criteri. Nasce per permettere alle aziende, alle agenzie di pubblicità e ai centri media di pianificare investimenti pubblicitari su internet. L’obiettivo è quello di offrire al mercato dati obiettivi, di carattere quantitativo e qualitativo sulla fruizione del mezzo internet. Il suo obiettivo è sostenere lo sviluppo del business della pubblicità digitale. Perché audiweb è un organismo super partes? Fondano questo organismo mettendo insieme 3 associazioni. Audiweb ha il suo consiglio di amministrazione che è dove vendono rappresentate queste 3 associazioni, che rappresentano gli operatori del mercato. • UPA - associazione delle aziende nazionali e multinazionali che investono in pubblicità. (Aziende del lusso italiane, Barille…). Essa è rappresentata per il 25%. • AssAP Servizi - Asdociazione delle agenzie e centri media operanti in Italia. Essa è rappresentata per il 25%. • Fedoweb - associazione degli editori online. Tutti coloro che pubblicano dei contenuti di carattere editoriali sul web. Essi sono rappresentati per il 50%, perché devono essere quelli misurati. Audiweb è un joint industry committee, un organismo partecipato dalle associazioni di categoria che rappresentano gli operatori del mercato. Quindi fa gli interessi di tutti i soggetti attivi nella filiera. Perché nasce Audiweb? Per colmare una carenza. Questo è quello che ha scritto : Ciò spiega bene quale è il senso di questo organismo a cui fa riferimento tutto il settore. L’impianto di rilevazione dei dati è cambiato dal 2003 ad oggi. Prima si rilevavano dati solo dal web, internet e computer e piano piano si sono affinati, smartphone, tablet e si cerca di includere le navigazioni trasversali tramite i social media. Quindi questo sistema di rilevazione si è evoluto ed è diventato un sistema di rilevazione sulla fruizione di internet, da computer, da mobile (smartphone e tablet) ma anche dai social media in modo da produrre un dato chiamato, che viene distribuito ogni mese (per noi) mentre alle agenzie di comunicazione che pagano un fee per avere un accesso ai dati aggiornati l’hanno quotidiano, questo viene chiamato Total Digital Audience. Come vengono messi insieme tutti questi dati? Per dare questo dato oggettivo e utile agli investimenti pubblicitari mettono insieme tenti strumenti diversi che è utile sapere come viene fuori questa Total digital audience. —> FONTI: La Total digital audience si basa a prima istanza su una ricerca fatta su territorio che da pochissimo tempo Audiweb e Auditel fanno insieme, essa si chiama Ricerca di Base. Questa ricerca condotta dall’istituto di ricerca IPSOS è una ricerca quantitativa costruita da una serie continuativa di rilevazioni, si basa su 20 mila interviste l’anno basata su 7 cicli mensili, sulle famiglie e gli individui che vivono in Italia (anche persone che vivono insieme ma non sono una famiglia, tipo coinquilini ecc…). Cha cosa gli interessa sapere? Fanno questa ricerca di base perché attraverso essa possono • sapere quali sono le caratteristiche socio-demografiche (quanti azionai, donne, uomini bambini, chi vive in certe zone di Italia..) degli utenti di internet • e poi riescono a mappare come sono distribuite le varie piattaforme (quanti hanno la tv, pc, smartphone..) all’interno delle famiglie e del singolo. Quindi riescono a capire quali sono le piattaforme attraverso cui i accede a internet e come sono distribuite nelle tipologie di famiglie / individue. Perché questa cosa la fanno insieme ad Auditel? Ad Auditel interessava che piattaforme avessero in casa le persone (cosa che prima non rilevava). Come fanno? Le interviste vengono effettuate mediante questionari strutturati con metodologia CAPI (computer aided personal interview) e CATI (computer aided telephone interview), quindi o da telefono (CATI) o da computer (CAPI) e la raccolta delle informazioni avviene tramite un unico questionario che contente le informazioni relative sia alle dotazioni tecnologiche delle famiglie che alle dotazioni individuali. —> PANEL: a partire da questa ricerca di base vengono scelti dei campioni di persone che fanno parte dei panel (campioni di persone che vengono coinvolte più volte nella ricerca). I panel che costruisce Audiweb sono finalizzati ad installare su computer, smartphone e tablet quello che chiamano METER :software che rileva le attività che queste persone svolgono in rete, in forma anonima. Il panel non rintraccia quello che fa la persona X ma come questa persona viene identificata quando accede in rete (dal suo ID). Il meter rileva quello che viene fatto da quel browser. Se io presto il telefono a un’altra persona risulta come attività svolta da me, perché i soggetti sono identificati dall’ID. Questo panel è fondamentale, Audiweb scrive che è possibile misurare in modo dettagliato il consumo di internet effettuato tramite device rilevati : computer, smartphone e tablet. Cosa sono questi Meter? Software Meter installati su PC/ Mac, tablet e smartphone che consentono un monitoraggio continuativo dell’attività online dei panelisti (siti web e App mobile su sistemi operativi i IOS e Android), con l’obiettivo di effettuare una rilevazione tecnica dell’effettivo comportamento di navigazione. Questi Panel oggi sono costituiti da 40 mila individui suddivisi in tre componenti : • Panel computer : 30 mila persone dai 2 anni in su. 2 anni perché siccome ci sono dei computer familiari in cui anche i bambini usano il pc con i genitori per giocare ( c’è un computer con più account). • Panel smartphone e tablet : 9 mila persone dai 18 anni in su. Questo perché smartphone e tablet sono strumenti personali quindi la rilevazione viene fatta sulle attività di navigazione del proprietario del device che deve essere per forza maggiorenne. • Panel single source : 2500 persone (in fase di crescita). Composto da panelisti dotati di meter su computer e tablet / smartphone, quindi consente di disporre di informazioni sorgenti dai consumi su tutti i device. Dettaglio device ed età degli utenti online: Ci restituisce, mettendo assieme i dati del panel, della ricerca di base e sull’analisi censuaria, quante persone che hanno avuto acceso nel settembre 2021 in che proporzione erano uomini, donne, a che fascia d’età appartenevano (vedi foto per le fasce). Ci da il dato in termine di Total digital audience, computer e mobile e poi ci dice la variazione tra agosto 2021 e settembre 2021 di utenti unici nel giorno medio spacchettati per fascia d’età, uomini e donne e come dato complessivo. Ci sono percentuali da computer, da mobile e della Total digital audience. E le percentuali in parte (+2, +0,3sono la variazione). Provenienza geografica degli utenti online nel giorno medio Anche qui abbiamo la variazione da agosto a settembre. Distribuzione del tempo speso online nel giorno medio: Inoltre ci restituiscono i dati del tempo speso, nel giorno medio da computer e da mobile. Nel giorno medio quanto tempo hanno dedicato da computer e da mobile, quando è cresciuto il tempo da mobile ecc.. Alcune delle categorie più visitate nel mese di settembre 2021. Come fanno a restituire questo dato? Prendono i dati censuari, i dati dei singoli siti iscritti ad Audiweb, lo organizzano per categorie e ci dicono che gli utenti unici hanno principalmente usato queste categorie (a destra nella tabella). Questo ci da uno spaccato dei punti di attenzione principali nel settembre 2021. Es. E-commerce molto presente, i siti istituzionali sono stati molto consultati. Ci da la variazione mese su mese, il dato degli utenti in percentuali, il tempo che ogni utente unico ha dedicato al mese a questi servizi e la variazione del tempo da mese a mese. Leggenda delle principali sotto categorie che raggruppano i siti e le applicazioni online : Che cosa si può vedere rispetto ai dati censuari? Questi sono i dati dei contenuti video. Ci sono dei brand che sono classificati come tra quelli i quali video sono stati più visti in termini di utenti unici, stream views e tempo speso per persona. Vediamo che ci sono alcuni brand conosciuti e questi appartengono a delle società che non necessariamente si chiamano come il brand (Fanpage appartiene a Ciaopeople) e la proprietà dal punto di vista della concessionaria (Custom Property) indicano ciaopeople advertising. Perché viene messa la custom property? Perché se io devo pianificare un attività pubblicitaria su Fanpage devo mettermi in contatto con ciaopeople advertising. Poi mi servono altri dati (quelli a destra). I dati censuari servono ai brand per sapere cosa serve sul loro sito ma anche per chi deve pianificare l’adv per orientarsi. AUDIWEB MEDIA VIEW Questo non lo possiamo vedere. È il sistema che consente di visualizzare i dati di audience mensili di tutta l’offerta editoriale online e i dati volumetrici giornalieri e settimanali di tutte le entità iscritte alle rilevazioni Audiweb Census. I SOCIAL MEDIA DI FRONTE AL COVID-19 Evoluzione delle piattaforme social rispetto alla natura editoriale delle cose che pubblicano. Cosa è successo con la pandemia? A febbraio 2020 si è cominciato a parlare di INFODEMIA, cioè di una situazione in cui eravamo talmente affamati di informazioni che andavamo a cercarle un po’ ovunque. In questo contesto ci si è trovati in questa infodemia, cioè in una circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili. Si tratta di una definizione data dall’OMS. LA POSIZIONE DELLE PIATTAFORME AD INIZIO PANDEMIA: Le piattaforme social hanno iniziato a prendere posizione e a sentirsi responsabili per dare un contributo per contrastare questa indodemia, dove il problema non è la quantità di informazioni che circolano ma è la quantità di informazioni non verificate che circolano. La prima piattaforma a prendere produzione fu TWITTER, perché a livello mondiale è stata la piattaforma su cui sono circolate la maggioranza di queste info: solo nel primo mese dallo scoppio dell’epidemia in Cina, su Twitter sono stati pubblicati oltre 15 milioni di tweet sul tema. Quindi a febbraio 2020 Twitter con il ministero della salute si accorda per inserire un messaggio che rimanda alla pagina Internet del ministero quando la ricerca verte sui temi legati al coronavirus, sceglie quindi un riferimento. Fa si di agire sul sul suo motore di ricerca interno. Cosa compare quando le persone cercano Covid su Twitter? Un link che dice di andare a cercare informazioni sul ministero della salute. FACEBOOK: Contemporaneamente, Facebook non fa la stessa scelta. Egli ha il suo team di giornalisti che lavorano alle Facebook news, e Facebook ha proseguito lungo la linea già avviata in contasti alle fake news, tramite : • l’attivazione di una squadra di fact - checker interna • Nessun indirizzamento a fonti istituzionali. Questo è quello che dice Kang-Xing Jin (capo della divisione sanità dei giornalisti che operano su Facebook). Loro pensano di : • raccogliere dalle organizzazioni sanitarie nazionali e globali, • acquisirle nelle loro divisione di fact checker, • intervenire eliminando gli hashtag e le pagine che promuovono contenuti pericolosi. Si tratta di un lavoro enorme, soprattuto con l’intensità di informazioni che vi erano di produzione di contenuti sul covid al tempo. Nonostante ciò, se a febbraio si fosse cercato #covid su Facebook qualcosa Facebook aveva fatto per quanto riguarda l’addomesticamento dell’algoritmo. Uscivano pagine come :WHO - OMS / UNICEF.. TIK TOK- PINTEREST : la terza via è questa : parlano a dei creator, a chi produce i contenuti sulla piattaforma. Quindi la terza via è parlare ai produttori di contenuti dicendo di controllare i contenuti prima di emanarlo, perché la policy della piattaforma è di non diffondere contenuti falsi. La terza via è seguita anche da Pinterest, che si rivolge ai suoi creator e cercando coronavirus usciva ciò: Inoltre Pinterest suggerisce alcune fonti affidabili, che sono quasi tutti dell’OMS. 1) NEL PRIMO MESE DI PANDEMIA: tutti i social prendono parola Le tragedie sono tre diversi e gli obiettivi uguali: • orientare gli utenti verso un’informazione affidabile • Intervenire sul funzionamento degli algoritmi in modo da rendere più visibili le fonti affidabili. 2) DOPO IL PRIMO MESE - RIAGGREGAZIONE DEI CONTENUTI Fase due: Le piattaforme sviluppano una propria offerta editoriali sul tema COVID 19. Quindi selezionano contenuti che provengono da fonti istituzionali (ministero della salute, OMS, istituto superiore della sanità) e testate giornalistiche (quotidiani, canali e news). Twitter continua a far comparire “informati” e il link al ministero della salute ma sotto prima che compaiano i link alle fonti affidabili, compare il suo aggregatore, cioe “aggiornamenti sulla situazione del covid 19 in Italia italia”, che contiene una selezione di articoli di istituzioni e testate. Anche Twitter inizia a fare questo lavoro di aggregatore. Quindi cosa fanno? • Promettono di offrirci in cambio dei servizi personalizzati basati sui dati (data driven) • Inoltre, si basano sull’ipotesi di poter raccogliere dati scientifici utili e funzionali alla ricerca. Le promesse per cui noi utilizziamo queste app, sono : 1) fornirci soluzioni personalizzate e di permetterci di contribuire a sostenere questa community di persone che può avere in cambio delle soluzioni personalizzate tramite la cessione di dati personali. Es. app per la perdita di peso: in cambio del fatto che io monitoro il peso, imposto una dieta ecc, ho quindi un servizio personalizzato in cambio. Le app si basano sulla logica di scambio, cioè tu registri i dati e in cambio puoi avere accesso ad una community di persone con il tuo stesso percorso e delle soluzioni personalizzate. 2) Attraverso questa cessione di dati, siamo in grado di contribuire di una maggiore conoscenza e consapevolezza sulla malattia (o sul fitness/ benessere ecc.. dipende dall’app). Ci sono dentro due logiche qui : • Logica della personalizzazione e • Logica Wiki, è come se fossimo tutti attori di Wikipedia che partecipiamo a costruire un sapere comune su cio che sappiamo riguardo al diabete, fitness ecc.. Quindi il modello su cui si basano queste app è, secondo Kitchin : tutti gli attori contribuiscono al bene comune, dal quale tutto traggono uguale beneficio. LE BIG 5 FORNISCONO L’HARDWARE: In questa struttura di piattaformizzazione della salute il ruolo delle big 5 è importante perché forniscono l’hardware (mobile, wearable…). Es. Apple Watch che ti salva la vita, signore con problema cardiaco di cui non si sarebbe accorto se non più tardi, e l’Apple Watch gli ha salvato la vita. LE BIG 5 VENDONO LE APP: nei loro store vendono tipi di app che sono disponibili, ovviamente quelle più compatibili con i loro dispositivi wearable. Le big 5 hanno un ruolo nel definire quali sono le priorità nel monitoraggio della salute e sono priorità compatibili con i disponibili hardware che le Big 5 mettono a disposizione. LE BIG 5 SVILUPPANO PIATTAFORME PER LA RACCOLTA E GESTIONE DEI DATI - Le big 5 sviluppano anche app attraverso cui gestire questi dati. Es. Google insieme a delle società scientifiche come MIT e l’Università di Harvard sta costruendo un database in cui raccoglie sequenze di DNA. Si tratta di un database ha finalità scientifiche, chiamato Genome Aggregation Database (GnomaAD) che mette a disposizione delle istituzioni sanitarie per fare ricerca. Quindi le Big 5 sono soggetti che possono aggregare dati relativi alla salute delle persone che mettono a disposizioni delle istituzioni con finalità di ricerca. Uno dei più importanti è questo database di aggregazione di sequenze di DNA. LE ISTITUZIONI PUBBLICHE DIVENTANO IMPRESE ECONOMICHE COMPLEMENTARI : Le big 5 fanno da connettori tra i pazienti finali, che forniscono i dati, e le istituzioni pubbliche di ricerca scientifica e sanitaria che diventano imprese economiche complementari. È come se le Big 5 avessero assunto un ruolo di mediazione tra le istituzioni che fanno ricerca scientifica e le persone che possono fornire i dati per questa ricerca. Come fa la gente a fornire i dati? Innanzitutto questo database di sequenze di DNA È stato costruito interagendo con aziende private che si sono messe a farsi mandare campioni contenenti sequenze di DNA (capello, saliva…) e rilevano la sequenza di DNA. Perché dovrei mandare queste cose? Nel 2006 questa società 23andMe, che ha contribuito alla raccolta di sequenze di DNAc prometteva in cambio un quadro revisionale di quelli che potevano essere i problemi delle persone. Es. Predisposizione a problemi di salute rispetto ad altri. Non sempre i dati però erano precisissimi, quindi la FDA americana ha detto che questa promessa non poteva più farla. Allora si sono convertiti in “find out what your DNA says about you and your family”, quindi sequenze di DNA che raccontano le origini della famiglia e i legami con diverse etnie. Questo ha avuto grande successo. Es. Video Momondo. Questo tipo di comunicazione che ha circolato sui social, ha promosso tanto l’utilizzo di questi strumenti di analisi del DNA. Non più per sapere le malattie a cui sono eventualmente esposto, ma per scoprire le proprie origini. Implicitamente ha fatto sviluppare questi database, per avere i dati delle persone che hanno messo a disposizione il DNA, non tanto per avere un database della genealogia di queste persone, ma per avere sequenze di DNA inerenti ad età e su altre informazioni delle persone per fare ricerche scientifiche. Il CLAIM: questi strumenti sono stati ulteriormente promossi con questo obiettivo. Quindi questo aspetto della raccolta dati per sostenere queste piattaforme che le big 5 hanno sostituito, sono una delle forme di piattaformizzazione della salute che gioca sull’idea della co- costruzione scientifica e dell’acquisizione di ricerche personalizzate. LE BIG 5: CONNETTONO I PAZIENTI : Oltre a queste piattaforme che a partire da diversi tipi di promesse permettono di raccogliere dati, in questo caso relativo al DNA, che poi vengono messi a disposizioni per la riceverà. C’é anche l’altro tipo di piattaforme che connettono i pazienti, che poggiano sempre sui cloud delle big 5. Esse sono quelle che connettono i pazienti, ce ne sono specifiche sulle singole malattie, ma nel mondo anglosassone soprattuto ce ne sono altre che connettono pazienti sotto segmentazione per malattia. Sono strumenti di supporto reciproco, ma anche strumenti di raccolta di dati ed informazioni perché queste piattaforme offrono l’opportunità di monitorare giorno per giorno, condividendo anche con gli altri, i sintomi. Queste piattaforme danno l’opportunità di avere quindi un monitoraggio quotidiano costruito dal paziente con cui si confronta con gli altri malati e i medici. Perché questi servizi di track your health non servono solo a monitorare l’andamento della salute ma anche a generare dei grafici che generano le piattaforme in automatico grazie a cui si può andare dal medico facendo vedere i grafici. Quale è l’esito? L’esito è che questo tipo di piattaforme incide anche sul modo con cui noi raccontiamo e elaboriamo la malattia, che è qualcosa che prende forme in questo grafici di dati strutturati. Questo influisce anche nel modo in cui noi raccontiamo a noi stessi e ai medici la malattia, che tende ad essere raccontata: — passando attraverso queste piattaforme, come un’informazione strutturata, come un insieme di grafici e dati che io posso portare ai medici. — Ed insieme c’é la narrazione soggettiva della malattia che diventa dominante perché queste sono piattaforme in cui le persone auto-raccolgono dati su se stessi. Questo racconto della malattia è sia strutturato (per dati / grafici) ma anche soggettivo (perché i dati sono costruiti sulla base della persona che si raccoglie i dati). Questo Jose van Dijck ce lo dice per dire che è l’effetto della presenza di queste piattaforme. Che è un effetto sulla narrazione sociale e culturale della malattia. La riflessione di Van Dijck cerca di capire quale è l’effetto in termini di costruzione dell’immaginario che la presenza delle piattaforme ha: L’effetto della datificazione della malattia, produce una medicina basata sull’evidenza (ricerca sul genoma ecc che vengono costruitie dalle piattaforme) dall’altro lato è guidato dai pazienti, è patient-driven perchè i pazienti possono essere panel di pazienti che si aggregano all’interno delle piattaforme, sono panel che testano uno farmaco (che magari allieva i sintomi della malattia ecc) e diventano panel di ipotesi scientifiche. Quindi le piattaforme fanno tantissima mediazione. I pazienti che si aggregano alle piattaforme sono il luogo in cui si testano i farmaci. Quindi Jose Van Dijck dice che siamo davanti a questo modello citzen science in cui il ricercatore, il medico e il paziente sono coinvolti nella ricerca medica. La collaborazione dei pazienti arricchisce i dati ma, tutto questo avviene in un mondo che non viaggia nel mondo della ricerca scientifica, perché :. • questi pazienti sono auto-selezionati, sono i pazienti che decidono di partecipare a queste ricerche. Magari ci sono tipologie che restano fuori, non c’è la garanzia di essere un campione rappresentativo. • Si basa sull’auto somministrazione del farmaco è quindi ci possono essere errori. Non sappiamo se il dato è basato sulla correttezza o se qualcuno ha dimenticato un giorno o fatto altri errori. • Sul fatto che sono i pazienti stessi che registtano le evidenze Quindi la Citizen Science ha tanti valori aggiunti, perché coinvolge le persone nel processo di elaborazione della conoscenza sulla loro malattia, ma ha anche elementi di criticità (questi sopra). Inoltre c’è anche altro problema riguardo alla Privacy: una volta che sono resi pubblici sulle piattaforme i dati delle malattie delle persone, un datore di lavoro potrebbe decidere di assumere o no una persona in base al suo stato di salute ecc.. Inoltre, vi è anche una promozione della filantropia dei dati, cioè l’idea che sia una buona cosa cedere i propri dati relativi alla salute, con l’idea che servono per la scienza. LE PIATTAFORME DI SETTORE : offrono la possibilità di monitorare specifiche malattie. Queste funzionano sulla base della stessa logica anche se sono più circoscritte, e anche se in questo caso la raccolta dati non passa tanto dall’attività del paziente, perché i dati sono raccolti in automatico. Offrono quindi un altra possibilità di valore aggiunto: permettere di raccogliere in tempo reale in modo automatizzato i dati dei salute. Es. Monitoraggio della glicemia attraverso il sensore per il diabete. In questo caso non c’è dimensione soggettiva o il possibile errore da parte del paziente. Anche qui, ci dice Van Dijck, c’é un problema : non tutti possono procurarsi oppure usare queste tecnologie (anziani). Quindi ci sono dati ottimi per andare a studiare le malattie, però sono dati che fanno riferimento ad alcune parti della popolazione, non tutta. IN SINTESI: sintesi dell’effetto della piattaformizzazione della società : — l’elemento caratterizzante di questo sistema e che al centro c’è una raccolta automatizzata di dati da parte delle piattaforme sulla salute delle persone. Spesso aggirando gli abituali filtri istituzionali alla raccolta di dati (perché la gente li cede volontariamente). — L’inclusione di questi dati in un sistema complesso, che può essere riprogrammato all’infinito. Con però limiti : raccolta fatta dalle persone con margine di errore, il campione non sempre rappresentativo, quindi questa apparente oggettività e completezza di questi database è apparente. I dati sono tanti, ma non sono perfetti. • Gli operatori delle big 5 sono al centro di ciò: perché offrono l’hardware, lo spazio di archiviazione il software • Questi dati possono essere connessi ad altri database di cui sono in possesso (es. ricerche sui motori di ricerca). Tutto questo si basa su questo modello : queste due idee : • della medicina personalizzata, quindi la promessa della personalizzazione quindi l’idea che io posso avere attraverso le piattaforme, delle risposte individuali e personalizzate ai miei problemi • Privatizzazione di dati pubblici relativi alla salute, sono dati in possesso delle istituzioni pubbliche e anche però delle big 5 che sono istituzioni private, con il problema della privacy e della citizen science che è importante. EUROPA E PRIVACY : in Europa dal 2017 è stata fondata un’associazione chiamata European Open Science Cloud che mira a sostenere lo sviluppo di un ecosistema di dati relativi alla salute che possono essere utili alla ricerca scientifica, ma mentre negli Stati Uniti non c’è, in Europa c’è un controllo su questi sistemi di dati, che è stato definito attraverso l’acronimo FAIR, che sta a significare che tutti i database che entrano a far parte di questo European Open Science cloud, devono essere : — Findable : pubblici — Accessible : accessibili a tutti i ricercatori e non solo ai partner della piattaforme — Interoperable : confrontabili tra i diversi database e messi in relazione. — reusable : non devono diventare proprietà di qualcuno.