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La vita e la morte di Enzo Baldoni: un giornalista che viveva per le storie piccole, Appunti di Storia del Giornalismo

GiornalismoAntropologia socialeStoria modernaStoria del Medio Oriente

Enzo baldoni, giornalista italiano rapito e ucciso in iraq nel 2004, ha lasciato dietro di sé una lettera poetica e ironica per i suoi funerali. La vita e la morte di baldoni, che ha cercato di capire le ragioni delle guerre e dare voce ai testimoni, sono raccontate in questo documento.

Cosa imparerai

  • Quando e come Enzo Baldoni è morto?
  • Che cosa ha chiesto l'organizzazione islamica all'Italia prima di uccidere Enzo Baldoni?
  • Che organizzazione islamica ha rapito Enzo Baldoni?

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 10/08/2021

rangals97
rangals97 🇮🇹

4.7

(89)

44 documenti

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Scarica La vita e la morte di Enzo Baldoni: un giornalista che viveva per le storie piccole e più Appunti in PDF di Storia del Giornalismo solo su Docsity! Enzo Baldoni Città di Castello (Perugia) 1948 — Iraq 2004 (56 anni) In Iraq come giornalista freelance, venne rapito presso Najafil 21 agosto 2004 dall'Esercito islamico dell'Iraq, una sedicente organizzazione fondamentalista musulmana ritenuto genericamente legata ad al-Qa'‘ida. Dopo un ultimatum all'Italia per il suo ritiro di tutte le truppe entro 48 ore, venne ucciso: la data esatta e il luogo della morte non sono però mai stati accertati. Nel luglio 2005 la Croce Rossa entrò in possesso di un frammento di osso che si pensò potesse appartenere al corpo di Baldoni; questa ipotesi venne confermata il mese successivo con i risultati delle analisi del DNA eseguite dal Reparto Investigazioni Scientifiche (RIS) dei Carabinieri. I resti del cadavere di Baldoni vennero riportati in Italia solo nell'aprile 2010, a quasi sei anni dal suo omicidio; i funerali sono stati celebrati a Preci il 27 novembre 2010. Ha scritto una lettera molto poetica ed ironica su come si doveva svolgere il suo funerale, perché sapeva che non sarebbe tornato dall'Iraq. Vorrei che tutti fossero vestiti con abiti allegri e colorati. Vorrei che, per non più di trenta minuti complessivi, mia moglie, i miei figli, i miei fratelli e miei amici più stretti tracciassero un breve ritratto del caro estinto, coi mezzi che credono: lettera, ricordo, audiovisivo, canzone, poesia, satira, epigramma, haiku. Ci saranno alcune parole tabù che assolutamente non dovranno essere pronunciate: dolore, perdita, vuoto incolmabile, padre affettuoso, sposo esemplare, valle di lacrime, non lo dimenticheremo mai, inconsolabile, il mondo è un po’ più freddo, sono sempre i migliori che se ne vanno e poi tutti gli eufemismi come si è spento, è scomparso, ci ha lasciati. Il ritratto migliore sarà quello che strapperà più risate fra il pubblico. Quindi dateci dentro e non risparmiatemi. Tanto non avrete mai veramente idea di tutto quello che ho combinato. Poi una tenda si scosterà e apparirà un buffet con vino, panini e paninetti, tartine, dolci, pasta al forno, risotti, birra, salsicce e tutto quel che volete. Vorrei l'orchestra degli Unza, gli zingari di Milano, che cominci a suonare musiche allegre, violini e sax e fisarmoniche. Non mi dispiacerebbe se la gente si mettesse a ballare. Voglio che ognuno versi una goccia di vino sulla bara, checcazzo, mica tutto a voi, in fondo sono io che pago, datene un po’ anche a me. Voglio che si rida - avete notato? Ai funerali si finisce sempre per ridere: è naturale, la vita prende il sopravvento sulla morte - . E si fumi tranquillamente tutto ciò che si vuole. Non mi dispiacerebbe se nascessero nuovi amori. Una sveltina su un soppalco defilato non la considerei un'offesa alla morte, bensì un'offerta alla vita. Verso le otto o le nove, senza tante cerimonie, la mia bara venga portata via in punta di piedi e avviata al crematorio, mentre la musica e la festa continueranno fino a notte inoltrata. Le mie ceneriin mare, direi. Ma fate voi, cazzo mifrega. Basta che non facciate come nel Grande Lebowski.