Scarica Arte Moderna a cura di F. Poli e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! Vi è una linea dell’arte novecentesca che nella sua evoluzione storica configura un territorio entro il quale si collocano esperienze anche non strettamente univoche ma tutte accomunate da un’aspirazione sostanziale all’astrazione. Alla rinuncia, cioè, alla pratica di un’arte intesa come mimèsi, come imitazione delle “cose sensibili”, vale a dire della realtà. Le vicende della cosiddetta arte astratta ma soprattutto le ragioni della sua genesi sono state ampiamente e variamente spiegate e commentate dalla storiografia e dalla saggistica critica, secondo orientamenti pure difformi. Per sua natura il fenomeno astrazione ha trovato i suoi profeti e i suoi esegeti più lucidi e acuti fra gli uomini di lettere e i teorici dell’estetica a cavallo fra XIX e XX secolo. Nel tentativo di rintracciare il filo della storicità dell’arte astratta, pare ragionevole risalire al più probante antefatto del “modernismo” radicale di Rimbaud, vale a dire al pensiero e all’opera, anche critica, di Charles Baudelaire. Dopo la grande stagione del cubismo oppure insieme a esso sarà proprio l’esperienza dell’astrattismo a esprimere in maniera paradigmatica la stessa idea di arte moderna. La dialettica fra tela e motivo non è del tutto estranea alla vicenda dell’astrattismo, anche se quest’ultimo nella sua fase storica non si è interrogato sulle ragioni materiali del suo stesso porsi come fenomeno pittorico. Poco vi è di analitico circa gli statuti e le procedure della pittura, mentre molto vi è di simbolico. La rinuncia a qualsivoglia tipo e modo della rappresentazione tradizionale entro una spazialità sempre e comunque condizionata da statuti e convenzioni dell’istituzione prospettica ha finito con il concentrare sulla superficie pur sempre bidimensionale della tela tutti i valori della forma, per lo più enunciata more geometrico, nei casi più alti riuscendo a definire un vero e proprio “pensiero visivo” Sulle origini Uno dei dati che hanno sancito il “prendere forme” dell’arte moderna propriamente detta è stata la progressiva cassazione, o meglio, estinzione, del soggetto a favore di una sorta di esaltazione dell’oggetto, ecco che proprio l’oggetto diviene il vero soggetto dell’arte del XX secolo. Ma forse l’origine dell’arte astratta non va individuata in un processo di semplificazione progressiva di un’immagine figurativa. Il grande storico dell’arte austriaco Alois Riegl ricorda come “ogni forma d’arte, e quindi anche quella decorativa, è in indissolubile legame con la natura. Alla base di ogni immagine dell’arte sta un’immagine della natura, sia che l’artista l’abbia riprodotta inalterata negli aspetti che la natura le aveva dati, sia che l’uomo l’abbia trasformata per suo bisogno e per suo piacere”. Il processo astrattivo avviene di volta in volta, per e malgrado l’insopprimibilità del condizionamento derivante dalla conoscenza e dalla percezione del paesaggio naturale. La riflessione sulla questione dell’ornamento è certamente uno dei passaggi obbligati per spiegare la genesi dell’astrattismo in senso teorico e storiografico. Nel corso degli anni settanta del Novecento vi è stato un pittore italiano, marco Cordioli, che ha praticato con consapevolezza estrema i modi di un’astrazione che nasceva proprio dall’idea di declinare in modo originale e ricco di risonanze e allusioni concettuali i motivi e le variabili di schemi decorativi a base geometrica tanto raffinati e inediti quanto fortemente legati a modelli in qualche modo noti. Il termine empatia fu adottato e pensato da Robert Vischer per designare le modalità proiettive di sensazioni organiche nell’opera d’arte. Lo stesso Robert afferma che “in generale si può affermare che proviamo piacere per tutte le forme regolari in quanto i nostri organi e le loro stesse forme funzionali sono regolari. Le forme irregolari ci infastidiscono come ‘un’aspettativa perturbata’. L’occhio sente con dolore la mancanza di leggi, di quelle leggi secondo le quali esso stesso è strutturato e si muove”. Se Kandinskij, Malevič e Mondrian costituiscono per antico e peraltro fondato stereotipo storiografico e critico i padri fondatori effettivi delle principali famiglie dell’astrattismo, si dovrà immediatamente riconoscere che tali famiglie hanno generato discendenze necessariamente diverse. È un’avventura nuova, quella dell’astrattismo, una delle ultime dello spirito europeo e della sua capacità di inventare forme e di produrre Forma. Quella che qui viene definita “cultura del progetto” è probabilmente un’”astrazione”, che tende a unificare l’impiego del linguaggio parlato dalla geometria convocata ancora a produrre Forma. E se l’architettura europea fra la metà degli anni venti e lungo tutti gli anni trenta si è espressa frequentemente in una lingua semplificata, puristica e fortemente paradigmatica soprattutto nelle declinazioni “minori” circolanti nei territori della vecchia Mitteleuropa, fra Polonia, Cecoslovacchia e Croazia, si può dire che cadenze affini contraddistinguano le invenzioni di pittori e artisti “produttivisti”. La “necessità interiore” di Vasilij Kandinskij Guillaume Apollinaire, in un suo articolo, sostiene la possibilità di esistere di una “pittura pura”, tracciata da sole linee, astratta. Quella che Apollinaire chiama indifferentemente 2pittura pura”, “ arte plastica completamente nuova” o “astratta”, non può che riferirsi all’espressione non-figurativa delle arti visive definita come “arte astratta”. È palese che le prime opere definite astratte abbiano ben altre origini artistiche e ragioni storiche. Obiettivo di Kandinskij non è quello di giustificare l’esistenza di un’arte astratta tout court, ma quello di dare espressione, far materializzare la propria “necessità interiore”. Per Kandinskij il fatto che l’astratto si imponga sul figurativo è un processo naturale in una prefazione inedita dell’Almanacco. L’attenzione per la componente spirituale e per l’espressione del “contenuto interiore” deriva in Kandinskij sia dal bagaglio culturale delle sue origini russe, sia dal periodo di formazione nella classe accademica del pittore simbolista Franz von Stuck, anche se la pratica pittorica del russo è altresì debitrice dell’insegnamento appreso nella scuola privata del pittore sloveno Anton Atzbe. Ma Kandinskij non si è mai riconosciuto nell’attributo di simbolista. Inoltre crede nella potenzialità dell’intuizione, dichiarandosi estraneo a un’arte puramente razionale e affermando che l’arte astratta è mero significante. La ricerca dell’assoluto di Piet Mondrian C’è differenza tra la pittura kandinskijana e la tensione antiindividualista e antitragica dei quadri di Piet Mondrian. L’arte di Mondrian interiorizza e manifesta tutti i caratteri che il filosofo tedesco attribuisce alla città del XX secolo ai quali il pittore arriva attraverso una continua riflessione sull’espressione della forma e sulla visione del mondo della religione che abbracciato la teosofia. In realtà, è la stessa teosofia che guida Mondrian sulla impegnati e fedeli all'espressione comunista delle costruzioni materiali, e tra i propugnatori di ciò che viene definito produttivismo. Il costruttivismo polacco Che cos'è il costruttivismo? Tale è la questione che nel 1924 si, pone Mieczyslaw Szczuka, convinto funzionalista e fondatore di "Blok" rivista costruttivista che ospita questo stesso articolo, costituita da quegli artisti che l'anno precedente, nel 1923, hanno esposto alla "Prima Mostra d'Arte Nuova" di Vilna. Il compito di questa nuova arte, che deve possedere i caratteri di praticità, economia, disciplina, logica, semplicità, è quello di "far entrare l’arte nella vita” in quanto "i problemi dell'arte e i problemi sociali sono indivisibili”. Nonostante la comune fascinazione per la concezione rigorosa che sovrintende al mondo della macchina e la condivisa volontà di rivolgersi all'uomo pensato non come singolo, ma come componente della collettività, il movimento polacco, contrariamente al neoplasticismo di De Stijl, "non intende creare uno stile nuovo, come un modello invariabile"'. Questa, forse, la contrapposizione principale tra due visioni del mondo. Tra due fenomeni artistici che convivono come due lati della stessa medaglia costruttivista. In Polonia si ripropone lo stesso dualismo che in Russia ha separato i fautori di un'arte metafisica e autoreferenziale e quelli di un'arte indifferenziata dalla produzione industriale in quanto entrambe sistemi di organizzazione dei materiali. Per ottenere l’integrità ottica, la pittura unista finisce, quindi, con l'allontanare anche l’immagine, condividendo la posizione di un'arte libera dal puro utilitarismo. Katarzyna Kobro sperimenta nelle sue sculture alcuni concetti spaziali perseguiti indipendentemente ma parallelamente anche da Naum Gaboa. Un'altra figura che contribuisce all'apporto di nuove riflessioni artistiche è Henryk Berlen. Formatosi tra Varsavia e Parigi, frequentatore di artisti berlinesi impegnati, personalità irrequieta e poco incline a lunghi sodalizi, egli elabora la teoria, strettamente legata alla sua attività di grafico e pubblicitario, della mecconofattura (Varsavia, 1924), maggiore contributo teorico all'avanguardia polacca. L’Internazionale costruttivista di El Lissitzkij La grafica è un campo espressivo in cui si cimentano altri grandi artisti legati, più o meno strutturalmente, al costruttivismo, come lo stesso Alexandr Rodenko, ElLissitzkif (1890-1941) e l'ungherese László Moholy-Nagy (1895-1946), uno dei pilastri del Bauhaus. Sicuramente quest'arte è d'aiuto a una diffusione più immediata delle poetiche o, sarebbe meglio dire, delle ideologie visive per mezzo delle riviste. Sono le riviste a svolgere la funzione di avvicinare e unire spiriti affini, tanto che, grazie all'instancabile attività editoriale di Lazar Markovi& Lissitzkij, Theo van Doesburg si scopre costruttivista, contrariamente a Mondrian che mai si sentirà tale e accetterà di correlare neoplasticismo e costruttivismo solo per compiacere i fratelli Pevsner. E, inoltre, si manifesta che tra dadaismo e costruttivismo non si frappone un muro invalicabile. Lissitzkij, quindi, ha già sviluppato una sua teoria tipografica che guida il percorso visivo del lettore attraverso "le lettere e i segni di interpunzione che mettono ordine al pensieri" e la disposizione delle linee. Si tratta di proiezioni assonometriche, strutture che decostruiscono la trama prospettica monoculare attraverso più assi di proiezione e l'accostamento di opposti, in questo caso di colori che provocano lo stesso contrasto rivelatore della natura diversa dei materiali. Il Dada costruttivo A Düsseldorf, sotto l'insegna di "artisti progressisti", si riuniscono dadaisti e costruttivisti per organizzare il Congresso internazionale del settembre dello stesso anno a Weimar. Nonostante lo spirito distruttivo e dissacratorio dei primi e quello progettuale e utopico dei secondi, sono molti coloro che credono in un'unione, coadiuvata dalle stesse inquietudini. Un paradigma: il Café Aubette Il concetto di monumentalità implica la riflessione sul rapporto tra architettura e pittura, ovvero sulla sopravvivenza del quadro da cavalletto in una società di massa. È questa una problematica che coinvolge numerosi pittori, quali Mondrian, Matisse, Léger che la manifesta agli architetti partecipanti al quarto Congresso Internazionale di Architettura Moderna, CIAM (Atene, 1933). A Van Doesburg è concesso di focalizzare l'argomento in maniera concreta nella ristrutturazione dell'Aubette, edificio del XVIII secolo di Strasburgo, alla quale exghiamato a collaborare dai coniugi Arp. Ancora una volta si stabilisce un legame produttivo tra dadaismo e neoplasticismo. Trasformare un antico edificio militare in un centro per il tempo libero, un cabaret-ciné-bal, è lo scopo dei fratelli Horn che rilevano in affitto dal comune la struttura con il vincolo di non effettuare interventi sulla facciata. Ma all'interno Jean Arp (1887-1966), Sophie Täuber (1889-1943) e Theo van Doesburg possono realizzare quell'impressione di "entrare" nel quadro che Kandinskij ha descritto ricordando il suo viaggio nella Russia settentrionale. Se il pittore dada decora il seminterrato con fantasie biomorfe. Van Doesburg vi traspone il quindicesimo e il sedicesimo punto della poetica dell'architettura neoplastica, ossia la soppressione del dualismo trà architettura e pittura con la conseguenza che "il pittore costruttore ha trovato il suo vero campo creativo. Egli organizza esteticamente il colore nello spazio-tempo e rende visibile plasticamente una nuova dimensione"". Pareti e soffitto della sala cinematografica ospitano contro-composizioni a rilievo, a differenza degli altri locali dove le griglie dei non-colori si sovrappongono ortogonalmente alle campiture colorate. L'artista olandese cura ogni particolare del Café Aubette, dallo studio dei caratteri dell'insegna esterna e dei menu, alla scelta dell'arredamento standardizzato. Parigi, 1930 Al passaggio di decennio, dagli anni venti ai trenta, l'arte astratta, che si è finora sviluppata contemporaneamente in diverse città europee, elegge a suo centro Parigi, che, a eccezione della figura di Mondrian qui residente e di alcune mostre, quali quella storica del neoplasticismo a L'Effort Moderne e nel 1925 "L'art d'aujourd'hui" sembra non averla presa particolarmente in considerazione. Gli stessi artisti che nei primi anni dieci si sono confrontati con l'astrazione, quali Delaunay e Picabia, preferiscono proseguire la loro attività nella figurazione. Uno dei maggiori critici d'arte, Christian Zervos, considera questo fenomeno un "malinteso", generatosi dal cubismo a opera di Fernand Léger, che, comunque, ritiene "non responsabile", e definisce "decorazione" la pittura di Mondrian. È la compresenza di tre personaggi, un olandese, un belga e un uruguaiano, a fare della metropoli francese la capitale dell'arte non-figurativa per due decenni, considerato che nel 1946 vi apre il "Salon des Réalités Nouvelles" consacrato all'astrattismo e nel 1949 hanno luogo, presso la galleria Maeght, due mostre consecutive sulle origini e lo sviluppo di quest’arte. I tre personaggi sono Theo van Doesburg, Michel Seuphor (1901-1999), critico d'arte originario di Anversa, e Joaquín Torres-Garcia (1874-1949). pittore nato a Montevideo e formatosi a Barcellona. Quest'ultimo conosce l'olandese all'esposizione "Les cinq refusés" curata da Jean Hélion nel 1928 e incontra Seuphor nel 1929. Il comune interesse artistico non basta perché si costituisca un gruppo unitario per la diffusione dell'arte astratta. Se, infatti, il fondatore di "De Stijl" intende proseguire la sua opera di critico indipendente, introducendo una nuova lettura dell'astrattismo come arte concreta, Torres-García e Seuphor si propongono di rafforzare la posizione della pittura astratta che sta soccombendo alla diffusione di opere surrealiste, considerate l'aspetto passivo e negativo della rivolta dadaista. Finalmente, nel 1932, dai due gruppi facenti capo alle due riviste nasce un movimento unitario, Abstraction-Création, che organizza esposizioni annuali, arrivando nel 1936, ultimo anno di vita, a contare quattrocento artisti aderentl provenienti da varie nazioni. Inevitabilmente per la maggior parte dei militanti la pratica dell'arte astratta diventa maniera, formalismo, decorazione. In Italia e nelle Americhe L'arte astratta in Italia non è assente negli anni dieci e venti, ma le opere a essa ascrivibili sono isolate; fra queste le Compenetrazioni iridescenti di Giacomo Balla o quelle "mistiche" di Julius Evola. A rielaborare la lezione della "necessità interiore attraverso le scritture planimetriche di Klee è invece la veneziana Bice Lazzari. Negli anni trenta la situazione si vivacizza grazie alla Galleria del Milione di Virginio Ghiringhelli che a Milano ospita mostre di arte astratta di stranieri e italiani. Dal manifesto emerge la vicinanza con l'architettura razionalista della quale Sartoris e Giuseppe Terragni sono insigni esponenti. Ciò nonostante e benché amico dei componenti del cosiddetto "gruppo Como", il progettista lombardo preferirebbe per la sua architettura opere di stile sironiano, in grado "di fornire strumenti di efficiente oggettività agli atteggiamenti dichiarativi”. L'unica collaborazione italiana tra arte astratta (Radice) e architettura razionalista (Terragni) si realizza nella Casa del Fascio comasca soltanto come seconda opzione, dopo la pittura