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arteterapia. l'arte che cura, Sintesi del corso di Psicologia Clinica

di Malchiodi. riassunto del testo Arteterapia

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 09/05/2018

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sery-91 🇮🇹

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Scarica arteterapia. l'arte che cura e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Clinica solo su Docsity! Introduzione Capitolo I I.1 Uno sguardo alla storia I.2 Freud arte-terapeuta? I.2.I L’espressione del conflitto nella produzione artistica I.2.II L’arte e il gioco: la trasformazione della realtà I.3 Quando l’arte e la psicoanalisi si incontrano: l’esperienza di Ernst Kris I.4 Azione e riparazione: Hanna Segal e la tradizione kleiniana I.5 Cognizione e mistero: la “sintesi magica” di Silvano Arieti I.5.I Tradizione psicoanalitica ed innovazione I.5.II Arieti e arte-terapia: quali contributi? Capitolo II II.1 Dal “cosa” al “come”: nascita dell’arte-terapia II.2 Gioco, realtà, creatività: il paradosso di Donald Winnicott II.3 La scoperta dell’inconscio nell’arte-terapia di Margaret Naumberg II.3.I Phantasy and reality in the art _expression of behavior problem children. Il caso clinico di Jimmy II.4 Comprendere, sostenere, rafforzare: il climax terapeutico di Edith Kramer II.4.I Tonio, un bambino non vedente II.5 Arthur Robbins e la creatività a servizio della terapia II.5.I Specchio, soma e psiche: chi è il terapeuta? II.5.II Stili, colori e movimenti dell’inconscio ii Capitolo III III.1 Art Therapy Italiana. Tradizione, confronto, innovazione III.1.I La formazione in arte-terapia tra soggettività ed oggettività III.2 L’incontro nell’arte: la caduta di un confine, la costruzione di un limite III.3 Paziente, terapeuta, immagine: verso la “triangolarità” di un rapporto Conclusioni Bibliografia Introduzione Quando mi trovai sull’Acropoli e abbracciai con lo sguardo il paesaggio, mi venne improvvisamente in mente il pensiero singolare: “Dunque tutto questo esiste veramente, proprio come l’abbiamo imparato a scuola?” Sigmund FreudI Molte persone, osservando un quadro o una scultura o ascoltando un’esecuzione musicale, sentono risalire dal profondo del loro animo uno strano ed inspiegabile turbinio di sensazioni. Poche altre circostanze segnano così profondamente il fallimento della ragione, proponendo inevitabilmente il recupero di una dimensione più immediata, più arcaica forse, dove la sensazione domina incontrastata: questo è il mistero dell’arte, questa è la forza di una dimensione estetica che travolge e chiede soltanto di essere esperita, mai spiegata. La particolare condizione, invece di apparire più chiara nell’animo dell’artista, si complica ulteriormente, perché tutte le motivazioni che si possono addurre quando si è tra i fruitori dell’opera, divengono vuote e non rispondenti alla realtà: non si riesce a spiegare che cosa abbia fatto sorgere quell’istinto creativo che si è materializzato nell’opera. Le scienze e la filosofia si sono ampiamente adoperate nella ricerca di una verità che potesse avere il carattere dell’universalità, ma le loro premesse sono state sempre sconfermate a causa di un errore di fondo: l’arte è soggettività che si oggettivizza, l’arte è particolare e insieme generale, ed in quanto tale sfugge all’occhio dell’osservatore non partecipe. Tale ambiguità costitutiva è destinata ad essere scavalcata ed osservata da una scuola di pensiero che per prima è riuscita a fare tesoro di quello che solo i più geniali tra gli artisti avevano intravisto: questa è la psicoanalisi. È importante notare che raramente la psicoanalisi ha diretto i propri sforzi su questa questione e tutte le conquiste in quella direzione possono essere considerate frutto di contingenze particolari e, in un certo qual verso, del caso: il suo reale merito è stato quello di illuminare una parte dell’uomo che tutti sentivano di avere, ma che nessuno era riuscito ad isolare. Poco più recente è l’interrogarsi dell’uomo sulla vicinanza evidente dell’arte alla follia, così evidente che ha finito, in molti periodi della storia, per costituire uno stereotipo: l’artista e il folle sono simili o, spesso e volentieri, sono la stessa persona. I S. Freud (1936), Un disturbo di memoria sull’Acropoli di Atene, in Opere di Sigmund Freud (d’ora in poi OSF) (1966- 80), Boringhieri, Torino, l. XI, p. 478. II Questa ricerca tenta di illustrare quale siano state le risposte più rilevanti della psicoanalisi ad entrambi i problemi e, soprattutto, vuole metterli in correlazione. Così come nella psicoanalisi la teoria e la pratica clinica si possono considerare come facce interattive di una stessa medaglia, così anche nel campo dello studio psicoanalitico dell’arte la riflessione teorica e quella clinica possono convergere verso un campo comune nel quale trovare una feconda applicazione. E nella pratica clinica che si riconosce nell’orientamento psicoanalitico, questa sintesi per un certo verso è già avvenuta, dando origine ad un tipo di terapia parallela a quella verbale: l’arte-terapia. La particolarità di questa disciplina è che, oltre all’ampia differenziazione all’interno degli stessi ordinamenti teorici, ha dovuto conoscere anche una disomogenea distribuzione nel mondo scientifico, con un evidente sbilanciamento verso il continente americano. Giunta in Italia con varie decadi di ritardo, oggi può contare su varie scuole di formazione che ne preservano, realmente, la pratica: tra queste si è scelto di soffermare l’attenzione su quella che è la più rappresentativa e che, sicuramente, gode di una maggior presenza sul territorio, ovvero l’associazione Art Therapy Italiana, con sede principale a Bologna. Questo però deve essere considerato come un punto di arrivo importante, risultato di un lungo processo di “gestazione” nell’ambito della psicoanalisi e, più ristrettamente, nel panorama della psicologia italiana. È tra le finalità fondamentali di questo lavoro evidenziare questo percorso in realtà reso possibile soltanto dal passaggio da una volontà conoscitiva ad una più strumentale. Talvolta potrà sembrare che alcuni argomenti sono stati inseriti in maniera troppo forzata nel contesto generale, ma questi troveranno una loro giustificazione nell’affrontare gli autori successivi. La prima parte sarà dedicata all’analisi del contributo prettamente teorico della psicoanalisi, quello indirizzato alla comprensione, ora della natura dell’arte ora dei meccanismi con la quale questa si esprime: entrambi condividono il presupposto che l’origine sia da ricercare nell’inconscio. Questi sono effettivamente i due indirizzi che la psicoanalisi sembra aver scelto. Nella direzione di un’analisi più attenta alla sistemazione dell’arte in un sistema meta-psicologico, atto a svelare il significato profondo dell’arte, sono collocabili l’opera di Sigmund Freud, prima, e quella di Hanna Segal, poi. L’opera degli altri due autori trattati, Ernst Kris e Silvano Arieti, è più chiaramente 9 strumenti fino ad allora sconosciuti. Inoltre l’arte stessa ha subito l’influenza e il fascino delle teorie psicoanalitiche, 3 Intuitivamente sembrerebbe chiaro individuare per la creatività un ruolo chiave all’interno della terapia psicoanalitica, data dal suo carattere più profondo, più primario, più insito sul “quel terreno franoso” che Jacques Lacan chiama “Lalangue”6, in una parola, dalla sua estrema rappresentatività dell’inconscio. Lo stesso Lacan parla di “retorica dell’inconscio” quasi a voler sottolineare la stretta vicinanza tra il funzionamento dell’inconscio e il linguaggio proprio della creazione poetica7: è la psicoanalisi stessa, fondata com’è su procedure poetico-metaforiche, a conseguire la definizione di arte. L’arte-terapia, invece, è il frutto di una profonda riflessione che, percorrendo tutta la storia della psicoanalisi in un percorso tutt’altro che lineare, giunge soltanto di recente ad una teorizzazione più consapevole e chiara. Un intervento non molto recente di Francesco Corrao8, importante psicoanalista italiano, può fornire una buona linea guida per orientarsi nel complicato percorso seguito dalla psicoanalisi. Egli afferma che la ricerca psicoanalitica sull’arte “ha avuto uno sviluppo graduale che corrisponde grosso modo al processo di evoluzione generale […] della psicoanalisi, sia sul piano teorico che su quello pratico”. Quindi la risposta che la psicoanalisi nella sua storia ha dato alla questione arte si è articolata, dice Corrao, in ben nove punti di vista differenti, ognuno dei quali può aggiungere qualcosa alla conoscenza teorica e clinica: dalla ricerca dei temi fondamentali della psicoanalisi nelle grandi opere del passato, ad una più profonda integrazione di questa con la vicenda biografica, valorizzando sempre più la fenomenologia dell’esperienza artistica ed estetica per uno “studio del processo creativo e della sua interpretazione metapsicologica”, fino a giungere “all’indagine sulla relazione dell’artista con la sua opera, con lo spettatore e con la società”. Come si può facilmente notare, l’arteterapia non è riconosciuta come naturale conclusione in termini pratici della lunga e incompiuta discussione sull’arte. Le stesse scuole di arte-terapia, come l’Art Therapy Italiana al cui contributo questa ricerca è primariamente indirizzata, riconoscono come importanti maestri non tanto gli psicoanalisti che hanno centrato la loro ricerca sull’arte, quali Ernst Kris, Hanna Segal, Janine Chasseguet-Smirgel, ma gli autori che hanno dato importantissimi contributi in altri campi, soprattutto per quanto riguarda la tecnica terapeutica, quali Donald Woods Winnicott e Wilfred Bion, o per l’innovazione nel campo delle teorie dello sviluppo, quali Margareth Mahler ed Erik Erikson. Perché partire quindi dalle teorie sull’arte e sulla creatività, peraltro in molti casi superate e confutate, per trattare un campo ricco di innovazione e di dinamicità quale quello dell’arte-terapia? talvolta utilizzate strumentalmente per giustificare nuove tendenze e movimenti: paradigmatica in questo senso è la ben nota vicenda del rapporto conflittuale tra Andrè Breton, fondatore del movimento chiamato “Surrealismo”, e Freud. Per un approfondimento su questo argomento cfr. J. Starobinski (1973), Freud, Breton e Myers, in Aa.Vv., Per Freud, Bertani, Verona, pp. 157-162. Oppure: S. Mistura, Il Surrealismo di fronte alla psicoanalisi, in S. Mistura (a cura di) (2001), Figure del feticismo, Einaudi, Torino, pp. 123-172. 6 U. Amati (1996), Arte, terapia e processi creativi, Borla, Roma, p. 97. 7 In Italia i lavori di Stefano Agosti, professore ordinario di Letteratura francese all’Università di Venezia e critico letterario, rappresentano un esempio affascinante di accostamento e riconoscimento di omologie tra le regole proprie del “linguaggio” poetico, così come evidenziate da Ferdinand de Saussure, e quelle del “linguaggio” psicoanalitico. 8 F. Corrao (1965), Psicoanalisi e arte, in “Rivista di psicoanalisi”, a. XI, n. 3, pp. 240-242. 4 La risposta è nella necessità di avere una “definizione operativa” da ricercare negli studi psicoanalitici inaugurati dallo stesso Freud; inoltre è forte la convinzione che, anche negli scritti più antichi, le basi per uno sviluppo in senso arte-terapeutico erano state saldamente gettate. Gli stessi concetti di arte e di creatività sono spesso intuitivamente accostati, soprattutto nel linguaggio comune, perdendo forse il loro particolare riferirsi a condizioni che, per quanto vicine e interdipendenti, sono comunque sostanzialmente differenti. La psicoanalisi ha intuito questa sottile differenza separando il problema estetico, inteso come percezione e “sentimento” del bello, dal problema della natura stessa della creazione. L’arte-terapia probabilmente utilizza proprio la concezione della creatività psicoanaliticamente intesa per sondare, creare e raggiungere la condizione ottimale della terapia. E’ la creatività del paziente ad essere utilizzata in una duplice funzione strumentale: come mezzo privilegiato di svelamento dell’attività dell’inconscio e, in secondo luogo, come attività promotrice del cambiamento. Inoltre, anche attraverso la creatività viene favorita la nascita e l’instaurarsi del rapporto tra paziente e terapeuta, che rimane il mezzo più efficace di qualsiasi terapia psicodinamicamente orientata. Sempre facendo riferimento allo schema cronologico proposto da Corrao, si può notare che la psicoanalisi delle origini non ha fatto dello studio della “metapsicologia della creatività” e della sua “collocazione nel sistema psichico” il primario interesse nell’approccio all’arte. Sono stati soprattutto Ernst Kris nel 1952, Silvano Arieti nel 1976 e Hanna Segal nel 1991 ad affrontare in modo sistematico il problema: và da sé, quindi, che l’arte-terapia deve molto a questi autori non tanto sotto il profilo della tecnica terapeutica, ma per l’importanza della loro opera in direzione dello studio “metapsicologico” della creatività. 5 I.2 Freud arte-terapeuta? Il punto di riferimento essenziale, se non altro per una questione di comodità, per il lettore italiano che voglia conoscere il pensiero freudiano sull’arte, è senza dubbio la raccolta, edita dalla Boringhieri di Torino per la prima volta nel 196911, intitolata Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio. L’utilità di tale raccolta, curata, come del resto tutto il corpus delle opere freudiane della stessa casa editrice, da un profondo conoscitore della psicoanalisi come Cesare Musatti12, può probabilmente fuorviare il lettore presentando una visione troppo organica e sistematica. In realtà ad una attenta lettura ci si rende conto che Freud ha avuto un interessamento costante per l’argomento arte e creatività, soprattutto per quanto riguarda la letteratura, ma non ha mai analizzato in maniera dettagliata il problema con uno studio monografico. Ciò rappresenta senza dubbio una manchevolezza ma, al tempo stesso, una fortuna per la ricerca postuma: egli ha così potuto mantenere un rapporto aperto, libero e molto informale con le sue idee sull’arte, consegnando ai posteri riflessioni su molti aspetti differenti del problema: dalla psicoanalisi “applicata” alle opere e alla vita degli artisti, al ruolo della creatività nel sistema psichico dell’uomo fino al problema della fruizione dell’opera d’arte e ai suoi meccanismi. Inoltre Freud non è stato il solo psicoanalista delle origini ad interessarsi di arte, dato che molti suoi discepoli se ne sono occupati11, affrontando però l’argomento in un’ottica più strumentale che analitica: occorreva ritrovare nelle opere degli artisti i segni tangibili che la psicoanalisi stesse solcando la giusta strada verso la conoscenza della psiche. Il fatto che Freud fosse altamente attratto dall’arte è notoriamente testimoniato, oltre 9 che da egli stesso, dai biografi che hanno raccontato della sua vasta ed importantissima collezione di reperti antichi, soprattutto di origine egizia, greca e romana12: il suo studio poteva forse già essere il prototipo di un moderno setting arteterapeutico? Il suo circondarsi di opere antiche, custodite soprattutto nella stanza dedicata alle sedute con i suoi pazienti, potrebbero, in maniera forse un po’ ardita, dimostrare una riconosciuta capacità, se non proprio curativa, quantomeno favoritrice dell’emersione dell’inconscio e del processo terapeutico? 9 La raccolta, a cui si rifanno tutti le citazioni tranne quelle altrimenti segnalate, è stata pubblicata in due volumi: S. Freud (1969), Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, Boringhieri, Torino. 10 Cesare Musatti è una delle figure più prestigiose della psicoanalisi italiana ed, inoltre, studioso di percettologia. Tra le sue opere dedicate ai rapporti tra psicoanalisi e arte, in particolare riguardo al cinema, sono da citare: C. Musatti (1970), Libertà e servitù dello spirito, Boringhieri, Torino. Inoltre: id. (1976), Riflessioni sul pensiero psicoanalitico e incursioni nel mondo delle immagini, Boringhieri, Torino. 11 Ad esempio: O. Rank (1979), Il doppio: il significato del sosia nella letteratura e nel folklore, Sugar Co, Milano. Oppure: id. (1989), Il mito dell’incesto nella poesia e nella leggenda: fondamenti psicologici della creazione poetica, Sugar Co, Milano. Anche il più importante biografo di Freud, Ernst Jones, ha scritto di arte, in particolare: E. Jones (1971), Saggi di psicologia applicata: estetica, sociologia, politica, Guaraldi, Firenze. 12 Per un’analisi specifica: L. Gamwell, R. Wells (a cura di) (1990), Freud e l'arte: la collezione privata di arte antica, Il Pensiero Scientifico, Roma. 6 Comunque, a parte speculazioni sull’uso dell’arte in terapia da parte di Freud, rimane più proficuo affrontare direttamente la lettura di ciò che egli ha davvero scritto sull’argomento. Seguendo l’affermazione di Stefano Ferrari, professore ordinario di Psicologia dell’arte presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna e studioso “laico” di psicoanalisi, si può riconoscere una netta suddivisione tra “il Freud più giovane ed entusiasta dei primi anni del ‘900, e il Freud più maturo e pessimista dell’Avvenire di un’illusione (1927) o del Disagio della civiltà (1929)”13, contrasto che rappresenta un’importante indicazione sull’evoluzione del pensiero freudiano sull’arte. Per di più lo stesso Freud esprime palesemente la sua rassegnazione di fronte al mistero dell’arte, o meglio al mistero del genio artistico, con la celeberrima frase in apertura del saggio Dostoevskij e il parricidio, del 1927: “Purtroppo dinanzi al problema dello scrittore la psicoanalisi deve deporre le sue armi”14. Certamente questa concezione evolutiva, che segue per l’appunto molto da vicino lo sviluppo di tutta la teoria psicoanalitica, può costituire un utile punto di riferimento, anche se non tiene conto dell’estrema diversità di intenti e di situazioni in cui le opere freudiane sull’arte sono sorte. Lungi dal presentarsi come un’analisi completa e puntuale della letteratura freudiana sull’arte, lo scopo di questa ricerca è quello di riattualizzare le concezioni teoriche più arcaiche alla luce dello sviluppo che hanno avuto in senso arte-terapeutico: è infatti con Freud che la concezione dell’arte e della creatività quale attività mediatrice tra il sistema inconscio e il sistema preconscio-conscio acquista una sistemazione teorica. Alla base della moderna tecnica arte-terapeutica di indirizzo psicodinamico c’è proprio lo sfruttamento di questa caratteristica essenziale della produzione creativa, che viene sostenuta, invogliata, incanalata ai fini della guarigione del paziente. In sintesi, la ricerca si soffermerà maggiormente sui testi in cui il contributo di Freud alla comprensione della arte e della creatività assume le qualità peculiari di innovazione e modernità, tali da renderlo tuttora importante: saranno quindi oggetto - Id. (1971), Saggi di psicologia applicata: estetica, sociologia, politica, Guaraldi, Firenze. III - E. Kris (1967), Ricerche psicoanalitiche sull’arte, Einaudi, Torino. - Edith Kramer (1977), Arte come terapia nell’infanzia, La Nuova Italia, Firenze. - L. M. Lorenzetti (1997), Psicologia estetica narrazione, FrancoAngeli, Milano. - V. Lowenfeld (1968), La natura dell’attività creatrice, La Nuova Italia, Firenze. - V. Lowenfeld, L. Brittain (1984), Creatività e sviluppo mentale, Giunti Barbera, Firenze. - Nancy McWilliams (1999), La diagnosi psicoanalitica, Astrolabio-Ubaldini, Roma. - S. Mistura (a cura di) (2001), Figure del feticismo, Einaudi, Torino. - C. Musatti (1976), Riflessioni sul pensiero psicoanalitico e incursioni nel mondo delle immagini, Boringhieri, Torino. - Margaret Naumberg (1973), An introduction to art therapy: studies of the “free” art _expression of behavior problem children and adolescents as a means of diagnosis and therapy, Teacher College Press, London-New York. - A. Pagnini (1975), Psicoanalisi e estetica, Sansoni Università, Firenze. - P. Roazen (1998), Freud e i suoi seguaci, Einaudi, Torino. - A. Robbins (1973), Creativity development, in The Arts in Psycotherapy, a. 1, v. II. - Id. (1994), A multi-modal approach to creative art therapy, Jessica Kingsley, London. - G. Resta (1962), Psicoterapie ed arte, in Rivista di Psicoanalisi, a. VIII, n. 3, pp. 215-232. - P. E. Ricci Bitti (a cura di) (1998), Regolazione della emozioni e arti-terapie, Carocci, Roma. - P. Roazen (1998), Freud e i suoi seguaci, Einaudi, Torino. - Serena Rossi, R. 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