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Biogeografia animale e vegetale, Appunti di Biologia

Appunti completi per il corso magistrale Biodiversità ed evoluzione biologica, correlati di immagini.

Tipologia: Appunti

2016/2017

In vendita dal 05/07/2017

Terdek
Terdek 🇮🇹

4.2

(10)

14 documenti

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Scarica Biogeografia animale e vegetale e più Appunti in PDF di Biologia solo su Docsity! 1 Biogeografia La biogeografia è lo studio della distribuzione spaziale degli esseri viventi. Lo studio è sia in chiave storica che attuale. È una scienza sintetica che richiede conoscenze da molte discipline diverse. Molto importante è sapere la scala dei tempi geologici. La biogeografia è principalmente una scienza comparativa basata su osservazioni. Sono poche le occasioni in cui sono state usate tecniche sperimentali. Si basa sull’attualismo.  1600-1700: idee specie immutabili, create da Dio. Linneo era un fissista. Buffon contestò il fissismo, per lui il clima e i venti cambiavano nel tempo.  Primo principio (Legge di Buffon): in regioni isolate si osservano associazioni diverse di mammiferi e uccelli.  Forster: conferma la legge di Buffon. È il fondatore della fitogeografia. Nelle isole la diversità è proporzionale all’area dell’isola.  Humboltd: estese la legge di Buffon anche ad altri animali terrestri e alle piante. Definì le fasce floristiche in base a latitudine/altitudine.  A. de Candolle: descrisse fenomeni di competizione e lotta per la sopravvivenza tra le piante. 2 Una stima corretta dell’età della Terra, uno studio sui movimenti dei continenti e sull’origine delle specie ha portato alla biogeografia moderna:  Lyell: il clima si è modificato nel tempo. Descrisse per primo i fenomeni di estinzione. Spiegò la presenza di fossili marini sulle montagne.  Darwin e Wallace: le specie cambiano. Wallace definisce la mappa di Wallace (regioni zoogeografiche e batimetria degli oceani) e la linea di Wallace (divisione specie Asia sud orientale e specie Australia).  Wegener: deriva dei continenti. Le specie e la speciazione Sulla Terra ci sono milioni di specie viventi, in gran parte non ancora descritte e non tutte ugualmente abbondanti. La maggior parte delle specie descritte appartengono al gruppo degli artropodi. La classificazione è di tipo binomia, basata su un sistema gerarchico su almeno 7 livelli. Evoluzione: accumulo, nel corso del tempo, di cambiamenti ereditabili all’interno delle popolazioni. L’evoluzione è all’origine della diversità della vita. La filogenesi è la ricostruzione delle linee genealogiche degli organismi, i risultati si visualizzano sotto forma di albero filogenetico. Concetto di specie: non è ancora ben chiaro, molti hanno provato a dare una definizione. In generale:  La specie ha una dimensione storica  Ha una coesione riproduttiva  Occupa una nicchia e quindi una dimensione ecologica Tuttavia risulta difficile definire i limiti spaziali e temporali di una specie, inoltre quei punti si applicano facilmente a organismi che si riproducono sessualmente, risulta sbagliata per organismi che si riproducono asessualmente (rotiferi, alcune lucertole, etc.). La speciazione è il processo che porta alla formazione di una nuova specie, esistono: 1. Allopatrica: avviene quando l’areale di una specie viene suddiviso da una barriera geografica (vicarianza), oppure una parte della popolazione può superare la barriera e colonizzare un nuovo spazio (dispersione); un esempio di specie vicarianti è la speciazione del genere Castor, avvenuta per insorgenza di una barriera (frattura della Beringia) tra Nord America ed Europa. 2. Parapatrica: una parte della popolazione ai margini è sottoposta a pressione selettiva rigorosa e non omogenea rispetto a quella a cui è sottoposta la popolazione principale. La sub-popolazione inizia a sviluppare caratteri diversi, tuttavia essendo a contatto avvengono continui scambi genici con la popolazione originale, questo causa la contro selezione degli ibridi e si differenzia una nuova specie. Meccanismo in atto in una popolazione di roditori in Arizona, che possono presentarsi un due colorazioni, una chiara e una scura. i topolini neri si mimetizzano sulle rocce nere, quello chiaro sulle rocce chiare, si assiste che nelle zone dove le rocce sono chiare si ha prevalenza di morfotipo chiaro e nelle zone di rocce scure si ha prevalenza di morfotipo nero. Potrebbe portare a speciazione. 3. Simpatrica: avviene all’interno del territorio occupato da una specie, per motivi indipendenti da fattori spaziali (comportamento, specializzazione di nicchia, etc.), una parte della popolazione acquista una peculiarità biologica che ne provoca la separazione dalla popolazione originale. 4. Ibridazione: popolazioni simpatriche strettamente affini possono produrre ibridi fertili. La popolazione che si forma ha caratteristiche che la distinguono dalle specie parentali (frequente nelle piante). 5 Le isole sono ambienti sensibili alle estinzioni, essendo ambienti molto piccoli sono sensibili a piccoli cambiamenti. Estinzioni eclatanti causate dall’uomo: capra-topo dell’isola di Maiorca, Dodo dell’isola di Mauritius, Retina di Steller (grosso sirenide) del mare di Bering, Alca (pinguinide), Conuro della Carolina (per alterazione dell’habitat), Colombo del Nord America (stormi di milioni di individui, estinti a causa di caccia e alterazione habitat), Tilacino della Tasmania (lupo marsupiale dell’Australia, forte competizione con il cane introdotto dagli europei e per caccia accanita), Ciclidi del lago Vittoria (per introduzione del Persico del Nilo per la pesca, forte predatore che ha causato estinzione generale). Areali, barriere e fattori limitanti Gli organismi viventi non sono distribuiti in maniera uniforme, ma occupano zone più o meno ristrette. Areale: porzione di spazio geografico in cui tale specie è presente e interagisce in modo non effimero con l’ecosistema (riesce a vivere con le sue forze per un tasso di tempo consistente). Per rappresentarlo si parte da una serie di punti su una mappa ciascuno dei quali rappresenta una popolazione, si tracciano poi le frontiere a “occhio” per evitare la soggettività o tramite metodo cartografico. Altri metodi possono essere quelli del minimo poligono convesso, dei cerchi minimi e del metodo aereografico, per esempio. Areali discontinui: viene trattato come un’entità, caratterizzato da pieni e vuoti e dal rapporto tra essi. Areali disgiunto: formato da diverse unità distinte e descritto in termini di distanza. Areali continui: la specie/popolazione occupa una zona continua. Generalmente un areale è sempre discontinuo, in quanto la popolazione occupa una zona ideale dell’ambiente e non tutto. Areali continui e discontinui vengono trattati allo stesso modo. Esempio di areale disgiunto: il gorilla occupa un areale di questo tipo. Le due aree di foresta tropicale in cui si trova la specie sono separate dalla savana ma in tempi recenti (Pleistocene) le due aree erano in contatto. Endemismi: alcune specie sono confinate nella loro distribuzione all’area di origine e vengono dette endemiche di quella regione. Il confinamento può essere dovuto alla presenza di barriere che impediscono la dispersione (esempio isole) e/o alla recente formazione della specie e quindi alla mancanza di tempo sufficiente per la dispersione dal centro di origine (detti neoendemiti). Ogni specie nasce in un determinato momento e in una determinata area che ne costituisce il centro di origine. Per individuare i centri di origine:  Regione in cui il taxon presenta la maggiore densità tassonomica.  Il C.O di un gruppo è indicato dalla localizzazione dei fossili più antichi.  Il C.O di un gruppo corrisponde all’area che ospita il maggior numero di fossili di quel gruppo.  Il C.O di un gruppo corrisponde all’area che ospita le specie che presentano più caratteri plesiomorfi (carattere primitivo). Areale e specie sono strettamente connessi, in quanto la presenza di una specie è ciò che conferisce ad una porzione di spazio la qualifica di areale; se la specie si sposta allora varia anche l’areale. L’areale è quindi un’entità dinamica. All’interno di un areale il territorio non è mai omogeneo, si possono distinguere: 6  Aree sorgenti (source area): zone in cui la natalità supera la mortalità, coincidono solitamente con il centro dell’areale;  Aree esaurimento (sink area): mortalità supera la natalità, spesso ma non sempre sono i confini dell’areale dove i parametri ambientali non sono ottimali. Le zone che circondano l’areale dove la specie non può riprodursi né mantenere la popolazione sono dette barriere, se superate si ha colonizzazione. Barriere: ogni fattore topografico o climatico o combinazione dei due tipi può costituire una barriera alla dispersione di una specie. Le barriere non sono universali, ma in relazione alla specie (mare è barriera per specie terrestri ma corridoio per specie marine). Le barriere si dividono in base alla natura e efficacia (grado di permeabilità di una barriera).  Diffusione: una popolazione in fase di crescita demografica e in mancanza di vincoli tende ad espandersi nello spazio, ampliando gradualmente l’areale della specie. Può portare a spostamento di areale.  Dispersione: evento non graduale che solitamente coinvolge uno stock della popolazione e solitamente implica il superamento di una barriera. La selezione naturale ha favorito l’evoluzione di strutture/stadi vitali che favoriscano la diffusione degli organismi, infatti la diffusione porta a ridurre la competizione intraspecifica. In caso di insorgenza di condizioni avverse nel sito di origine occorre spostarsi in ambienti adatti in altre aree, molte sono le unità di diffusione (diaspore): stadi larvali, stadi quiescenti (rotiferi, nematodi), spore, semi/frutti, parti dell’organismo (gemmule, porzioni di piante). Molti animali ovviamente diffondono mediante movimento attivo, in questo caso l’efficienza di diffusione dipende dalla taglia corporea (esempio felini, sono ovunque). Gli organismi quindi possono diffondere tramite:  Corridoi: percorsi con ampia varietà di habitat, che offrono condizioni favorevoli all’attraversamento.  Filtri: regioni di interconnessione con maggiori fattori limitanti. Solo i più resistenti o meno esigenti riescono ad attraversarli (esempio Centro America per passare dal Nord al Sud America)  Vie aleatorie: gli organismi che li attraversano non sono in grado normalmente di vivere l’intera esistenza lungo il percorso. Il passaggio solitamente avviene per caso. Fattori fisici La distribuzione degli organismi è condizionata da fattori ambientali, sia nello spazio che nel tempo. La presenza o assenza di un taxon in un luogo deriva dalla combinazione di una storia e di una geografia fisica; sempre una quota storia e una quota ecologica nella distribuzione degli organismi. Su scala globale, il principale fattore fisico è il clima. Le variazioni dei parametri climatici sono riconducibili a grandi schemi generali a livello planetario, che si riflettono nelle grandi suddivisioni ecologiche (biomi) e derivano dalla circolazione generale dell’atmosfera. Clima: circolazione dell’atmosfera è legata agli scambi di calore legati a loro volta dal Sole. Il motore principale è il Sole. Su questi pattern prevedibili a seguito di scambi di calore tra poli e equatore e rotazione terrestre, si innestano gli effetti delle masse continentali, degli oceani e delle variazioni stagionali. Se si considera la Terra come un sistema immobile: sistema a una cella convettiva (equatore si scalda di più dei poli). 7 Se si considera la Terra in movimento: sistema a 3 celle convettive. Una cella in cui l’aria sala all’equatore e scende ai tropici, una seconda cella in cui l’aria sale alle medie latitudini e scende ai poli, una terza in cui l’aria sale ai poli e scende ai tropici. - Aria sale: zona a bassa pressione. Clima umido. - Aria scende: zona ad alta pressione. Clima arido. Vengono definiti anche degli schemi teorici di circolazione dei venti: Alisei all’equatore, Westerlies alle medie latitudini. Questo pattern ovviamente risulta essere modificata da altri fattori quali le masse continentali. Ai confini delle celle si hanno delle correnti veloci da Ovest a Est dette jet stream. Le celle di bassa pressione e di alta pressione determinano le posizioni dei biomi. Un’altra variabile da inserire nel modello è la presenza dell’asse spostato della Terra che determina le stagioni. Le variazioni del tempo atmosferico sono legate alle oscillazioni delle correnti a getto che possono innescare scambi meridiani contrapposti al moto zonale. Oceani e masse continentali influenzano il clima, ad esempio i margini occidentali dei continenti sono più miti di quelli orientali a parità di latitudine. Tenendo presente questo si deduce che anticamente il clima era diverso essendo diverse la disposizione dei continenti. Le correnti oceaniche sono un sistema fondamentale di trasporto di energia (calore) dalle basse alle alte latitudini; le correnti sono mosse dai venti (e quindi tendono ad avere lo stesso andamento) ma sono anche legate a diverse densità in base alla salinità e T. Si dividono in superficiali (più legate ai venti) e profonde. La combinazione degli effetti del vento, della salinità e della temperatura è espresso dal modello del nastro trasportatore delle correnti termoaline. EL NINO: più correttamente chiamato ENSO (el nino southern oscillation), consiste in un anomalo riscaldamento delle acque superficiali della costa Est del Pacifico. Normalmente le acque calde vengono 10  Segue la Piccola Età Glaciale (PEG) nel 1450-1850 d.C: documentata, ghiacciai in avanzamento, passi alpini chiusi, grano non germina. Legata ad un minimo solare anomalo, eruzioni vulcaniche, calo della popolazione mondiale, interruzione corrente termoalina per il precedente periodo caldo medievale (introduzione masse acqua fredda per scioglimento interrompono la corrente termoalina).  Riscaldamento recente. Al cambiamento ambientali le specie possono adattarsi in vari modi:  Migrazione  Adattamento  Rifugio  Estinzione Migrazione: studi dimostrano lo spostamento degli areali di numerosi taxa verso Nord o verso le alte quote in seguito all’aumento della temperatura del clima attuale. La capacità di migrare dipende dalla capacità di dispersione e dal ciclo vitale. Pe costruire modelli di distribuzione futura si deve tenere conto dell’entità del riscaldamento futuro, della capacità di dispersione degli organismi e delle caratteristiche dell’habitat  tutto ciò comporta la necessità di utilizzare modelli semplificati. Lo spostamento degli areali può portare a impoverimento genetico delle popolazioni più avanzate, sottoposte ad un severo effetto del fondatore, soprattutto in caso di taxa con dispersione limitata. Nelle piante questo fenomeno è compensato dal trasporto di polline a lunga distanza. Adattamento: risposta degli individui alle mutate condizioni ambientali. Si può intendere come mutamento genotipico mediato dalla selezione naturale o come plasticità fenotipica (La capacità di un organismo con un dato genotipo di cambiare il suo fenotipo in risposta ai cambiamenti nell'ambiente, inclusi i cambiamenti che si verificano durante la vita adulta dell'organismo. Esempio guppy in zona con predatori o senza predatori). Rifugio: la sopravvivenza di alcuni taxa può avvenire in aree limitate con condizioni ambientali favorevoli. Ad esempio alcune forme periglaciali possono fungere da rifugio per le specie d’alta quota nei periodi periglaciali (sono zone di detriti cementati da ghiaccio, mantengono una T bassa anche se fuori si scalda). Suolo Il suolo ha un ruolo determinante nel plasmare le caratteristiche di un bioma. La formazione del suolo avviene secondo diversi processi in funzione del clima, morfologia e cotesto vegetazionale. Il suolo può portare le tracce di processi che sono avvenuti nel tempo. Composto da una parte vivente e da una parte non vivete. Dispersione Gli organismi viventi tendono a colonizzare tutto lo spazio disponibile al fine di sfruttare meglio tutte le risorse (soprattutto quelle cosiddette “edafiche”, cioè nutritizie) disponibili nell'ambiente. Ciò significa che, in caso di un aumento demografico correlato con le fluttuazioni cicliche delle popolazioni, si possono osservare spostamenti più o meno estesi di individui che si disperdono alla ricerca di nuove aree da colonizzare.  Dispersione zoocora: gli animali possono trasportare internamente o esternamente piccoli animali o forme resistenti di piante. Esempio ectoparassiti, endoparassiti o semi mangiati e poi defecati.  Dispersione antropocora: l’uomo trasporta attivamente diversi organismi in tutto il globo, volontariamente (immissione a fine commerciali) o involontariamente (barche tramite acque di sentina ad esempio). Ha alterato in modo profondo le comunità di certe aree.  Dispersione anemocora: sfrutta il veto, solitamente animali di piccole dimensioni.  Dispersione idrocora: obbligatoria per animali acquatici. 11 Una specie trasportata in un posto alloctono può non avere successo per colonizzare il posto; se si tratta di una femmina non gravida o di una pianta incapace di attecchire, impossibilità di reperire fonti trofiche idonee, presenza di predatori ai quali non è adattato, non deve entrare in competizione con competitori più efficienti: se non raggiunge la dimensione di popolazione stabile si estingue e non colonizza. Vegetali vs animali: i vegetali disperdono meglio degli animali, possono disperdere più velocemente e in misura maggiore. Di conseguenza l’attuale distribuzione delle specie vegetali tende a riflettere le caratteristiche del suolo e del clima in una regione. La distribuzione degli animali risente maggiormente della storia geografica e geologica di un’area. Fattori fisici limitanti: areale di una specie non è determinato solo da barriere topografiche. I fattori limitanti possono essere di tipo fisico (temperatura, illuminazione, acqua) e biotici (competizione, predazione, disponibilità di cibo). Molti di questi fattori presentano dei gradienti, ci saranno quindi zone dove il fattore raggiunge un optimum e zone in cui è sempre presente ma non all’optimum (esempio salinità in un corso d’acqua). Una specie può essere ecologicamente tollerante, ampio range di tolleranza, (euriecia) o intollerante (stenoecia) ma tutte hanno un range ottimale per un determinato valore. Nella zona subottimale la popolazione può sopravvivere ma non è competitiva. Solitamente la Core area coincide con la zona in cui i fattori sono ottimali, mentre la Sink area coincide con le zone subottimali.  Temperatura: i climi freddi limitano soprattutto l’areale dei vertebrati ectotermi, ad esempio gli alligatori e le tartarughe sono molto limitati. Anche gli endodermi possono essere influenzati dalla temperatura, esempio il limite dell’areale del passeriforme Sayornis phoebe in nord America coincide con l’isoterma di -4 C della media di temperatura minime di gennaio.  Salinità: vengono divise in base alla salinità, specie estuarine (salinità > 25 parti/migliaia), moderatamente tollerante (10-20 parti/migliaia), acqua dolce.  Esempio di fattori limitanti – competizione interspecifica: esperimento su cirripedi (crostaceo sessile, larva si attacca ovunque ma quando cresce è limitata dai fattori. Vive nella zona interditale). Gli adulti di B.balanoides sono esclusi dalle zone superiori dello scoglio perché non sono resistenti al prolungato essicamento e alle alte temperature (la zona alta risulta più esposta all’aria rispetto a quella sottostante che è quasi sempre immersa), gli adulti di C.stellatus sono invece eliminate dalle zone inferiori per competizione con B.balanoides che cresce più velocemente e li scalzano dalle rocce. Sperimentalmente se si rimuovono tutti i B.balanoides le zone inferiori vengono colonizzate da C.stellatus; questo significa che il C.stellatus può crescere anche nelle zone inferiori ma è limitato dalla competizione con l’altra specie. È difficile studiare sperimentalmente il ruolo della competizione sulla distribuzione delle specie, alcune indicazioni ci vengono fornite dalle specie invasive, dalle grandi invasioni delle faune del passato che hanno eliminato le specie native per competizione (esempio mammiferi del Nord America hanno sostituito quelli del Sud America dopo la formazione dell’istmo di Panama). Ridurre la competizione: in natura accade frequentemente che le specie in competizione per alcune risorse sviluppino adattamenti che diminuiscano la pressione da competizione e riescano a spartirsi le risorse. Questo porta vantaggi a tutta la comunità che risulta composta da più specie, l’ambiente è più stabile. La separazione può essere di tipo temporale (falco si ciba di roditori di giorno, gufo di notte), spaziale (all’interno della stessa specie di Haematopus ostralegus alcuni individui hanno il becco tozzo per martellare i molluschi deboli, altri lo hanno appuntito per bucare i molluschi molli). 12  Esempio separazione spaziale: nella foresta di Trinidad esistono tre specie di Tanager, una cattura insetti sulla pagina inferiore delle foglie, una cattura gli insetti tra i ramoscelli e l’altra cattura gli insetti sul tronco. Competizione ridotta al minimo. Clini: nei vertebrati a sangue caldo, specie provenienti da climi freddi tendono ad avere corpi grandi, il che comporta un rapporto superficie/volume più piccolo rispetto alle specie provenienti da climi più caldi (regola di Bergmann). Nei pesci teleostei marini, il numero delle vertebre diventano più piccole e numerose più ci si sposta verso l’equatore (regola di Jordan). Gli animali in climi caldi hanno zampe più tozze e orecchie grandi per disperdere meglio il calore (regola di Allen). Modelli di distribuzione Per comprendere la distribuzione di alcuni taxa è necessario conoscere la storia evolutiva. Alcuni organismi ora si trovano circoscritti ad areali piccoli, mentre un tempo avevano un’ampia distribuzione, sono detti relitti evolutivi (esempio magnolia, ora in Asia e Nord America, un tempo ampiamente distribuite ma soppiantate da piante più competitive). Alcuni areali disgiunti possono essere spiegati come conseguenza di variazioni del clima che hanno ridotto le aree favorevoli all’interno di un areale una volta molto ampio. La specie sopravvive in poche “isole” con clima favorevole.  Cosmopolitismo: il contrasto alle dimensioni ristrette delle specie endemiche, le specie cosmopolite hanno una distribuzione mondiale. A parte l’uomo (ma neanche tanto) nessuna specie è veramente cosmopolita. Alcune specie hanno un’ampia distribuzione invece per diffusione antropica (cane). semi-cosmopoliti naturali sono il falco pellegrino, la famiglia di pipistrelli Vespertini, la pianta del genere Senecio e alcuni organismi che si trovano nell’acqua dolce come tardigradi e rotiferi: sono specie tolleranti e disperdono molto bene. Biogeografia dei mammiferi Vengono studiati i mammiferi per 3 motivi: storico (Wallace studiava i mammiferi), conveniente (sono facili da trovare, non sono tantissimi) e scientifico (la loro distribuzione riflette gli eventi storici che l’hanno determinata). La linea (Sinapsidi) che ha portato ai mammiferi attuali si è separata dal gruppo fratello che poi ha portato ai sauropsidi nel Paleozoico; i primi mammiferi con capacità di produrre latte e omeotermia sono comparsi nel Giurassico e hanno dato vita a due linee: monotremi e teri (166 milioni di anni fa). I Teri si sono poi divisi nel Cretaceo in marsupiali ed euteri (148 milioni di anni fa). I mammiferi sono quasi ovunque, ad eccezione di alcune isole oceaniche e della Nuova Zelanda (quelli presenti sono solo di origine antropica). Le regioni zoogeografiche sono state descritte nel 1876 da Wallace, esse non coincido esattamente con quelle fitogeografiche:  Regno oloartico (Europa, Asia e Nord America) 1. Regione Neartica (Nord America) 2. Regione Paleartica (Europa e Asia)  Neotropicale (Sud America)  Regione africana  Regione orientale (zona India, Sud-est Asia)  Regione australiana 15 Il genere Camelus è caratteristico della regione Paleartica, della stessa famiglia ci sono i Lama, Alpaca e Vigogna che però vivono in areali diversi: questo è dovuto ad una disgiunzione di areale. L’assetto attuale è il risultato di un isolamento del continente sudamericano che si è protratto per quasi un’era terziaria, consentendo un differenziamento della sua fauna. Una parte di questa si è estinta. I mammiferi immigrati in su America hanno avuto un maggior successo di quelli immigrati in Nord America, questo perché in sud America c’era un periodo di forti cambiamenti climatici (innalzamento catena Andina) che portò anche alla formazione di nuove nicchie, subito occupate dalle specie immigrate dal Nord. Regno neotropicale: Comprende: America Centrale e Meridionale, l’arcipelago delle Antille, le isole Galapagos, l’arcipelago di Juan Fernandez, Isole Falkland, Isole di Trinidad e Tobago. La mammalo fauna del Sud America è caratterizzata dalla presenza di marsupiali e da diversi “edentati” placentali (bradipi, armadilli, formichieri). Per il resto è simile alla fauna di altri continenti e include membri della maggior parte degli ordini di placentali. Molte forme endemiche estinte. L’assetto attuale è il risultato di un isolamento del continente sudamericano che si è protratto per quasi tutta l'era terziaria, consentendo un differenziamento della sua fauna. Una parte di questa si è estinta dopo l'unione con il continente nordamericano, alla fine del terziario, a causa di invasioni da parte di animali neoartici che sono penetrati nell'attuale America del sud. I mammiferi immigrati in sud America hanno avuto maggior successo di quelli immigrati in Nord America. -Mammiferi: marsupiali: didelfidi, cenolestidi; placentali: chirotteri (alcune famiglie endemiche), mirmecofagidi (formichieri), bradipodidi, dasipodidi (armadilli), scimmie platirrine (cebidi e callitricidi), roditori (diverse famiglie endemiche), tayassuidi (cinghiali americani o pècari), felidi (es.puma, giaguaro), ursidi (Tremarctos), camelidi (Lama). -Uccelli: una trentina di famiglie endemiche: es. reidi (nandù o struzzi americani), tinamidi, animidi, cracidi, opistocomidi, psofiidi,, aramidi, euripigidi, ranfastidi (tucani), cotingidi, trochilidi, ecc. -Rettili: serpenti corallo (elapidi: Micrurus), grandi boidi -Anfibi: pipidi -Pesci: dipnoi (Lepidosiren) Regione paleotropicale Il regno è meno omogeneo di quello Oloartico perché le regioni che la costituiscono hanno avuto un’evoluzione faunistica indipendente, sono:  Etiopica (Afrotropicale)  Malgascia  Orientale Estendendosi in senso latitudinale, comprende numerosi biomi. Molto diversificata. Presenta delle individualità precise tra le quali la presenza di mammiferi esclusivi come elefanti, rinoceronti, scimmie catarrine, felini come leone e leopardo. 16 Mammiferi: proboscidea (sia in regione etiopica che orientale), rinoceronti (5 specie appartenenti a 4 generi diversi), Hyaenidae (4 specie di iene), grandi scimmie antropomorfe (Pongidi e Gorilla in Africa, oranghi e gibboni in Asia), pangolini (tutti del genere Manis, 10 specie).  Regno Afrotropicale: un tempo chiamata Etiopica, comprende africa a sud del Sahara e Seychelle (madagascar e comore fanno parte della regione malgascia). Questo regno è occupato dal bioma della savana in cui vivono popolazioni numerose di bovidi, equidi e artiodattili. Originari di questa regno sono gli Afrotheria (comprende sirenidi, proboscidei, procavie, etc). I sirenidi si sono probabilmente originati lungo le coste del mar di Tetide, presentano numerose somiglianze con gli elefanti; perfettamente adattati alla vita acquatica. Ampia diffusione. Macroscelidi: 4 generi e 15 specie endemiche dell’Africa. Tubulidentati (oritteropo) e iracoidei (ieraci). Ippopotamidi e giraffidi (nel Pleistocene gli ippopotamidi erano molto diffusi anche in Asia e Madagascar, mentre i giraffidi erano presenti in Asia). Uccelli: struzionidi, sagittaridi, musofagidi, e molti altri. Pesci: mormiridi (teleosti più antichi), politteridi (possiede un polmone, riesce a stare fuori dall’acqua), dipnoi. Rettili: elapidi (mamba), cordilidi Anfibi: anuri pipidi (Xenopus levis)  Regione Malgascia: caratterizzata soprattutto dalle assenze di certi gruppi presenti nella regione Afrotropicale e in quella Orientale. Mancano le scimmie, gli artiodattili, i felini, i serpenti velenosi viperidi, elapidi e agamidi, i perissodattili e i rospi.  Regione orientale: circa 10 Km2. Comprende India, Filippine, Arcipelago malese e Indonesiano fino alla linea di Wallace. Regione meno caratterizzata e definibile tra le regioni biogeografiche anche perché oi suoi confini coincidono più o meno ampiamente con zone di transizione. Mammiferi: tarsidii, tupaiidi, diversi generi di scimmie, roditori platacantomiidi, una specie di tapiride (tapiro malese), dermotteri (scoiattoli volanti) Uccelli: irenidi (fanno parte dei passeriformi), galli selvatici Rettili: gaviali (coccodrilli piscivori) e lantanotidi. Sono poi presenti anche ursidi e cervidi, assenti in Africa ma di origine euroasiatica. Regione australiana La fauna presente in questa regione è stata fortemente influenzata dalla storia geologica e climatica della regione. I primi mammiferi e piante con fiore hanno raggiunto l’Australia durante il Cretaceo. Dopo la separazione dei due continenti (Australia e Antartide), all’inizio dell’Oligocene, si è instaurata una corrente marina circumpolare di profondità: questo ha portato ad un raffreddamento del clima in Antartide e ad una riduzione delle precipitazioni e un conseguente aumento delle zone aride e desertiche. Alla fine dell’Eocene, prima del distacco e quindi prima della formazione della corrente fredda, era comparsa una foresta tropicale, questo spiega la presenza di molte specie arboricole in Australia, che attualmente è priva di foreste. Il clima australiano è soggetto a notevoli variazioni, in quanto è sotto effetto del Nino, questo fa sì che le popolazioni di erbivori va incontro alle stesse fluttuazione del clima: periodo arido, popolazioni ridotte, clima piovoso, popolazioni elevate; questa ha influenzato la presenza di mammiferi carnivori, che dovendo essere di densità minore rispetto alle prede, si sono estinti (tilacino estinto, diavolo della Tasmania solo sull’isola della Tasmania). Si sono evoluti infatti grossi rettili carnivori, che meglio sopportano lunghi periodi di digiuno, come i coccodrilli e varani. 17 Mammiferi: monotremi. I marsupiali hanno subito un’intensa radiazione adattiva, gli unici euteri sono chirotteri e roditori, penetrati tardivamente dalla regione Orientale. Il dingo è un canide introdotto dall’uomo. Uccelli: casuario, emù, uccelli del paradiso, uccelli giardinieri, pappagalli. Importante ricordare genere Dacelo, famiglia Kookaburra. Rettili: scincidi e agamidi. Anfibi: anuri ilidi. Pesci: dipnoi, alcune generi di pesci endemici una volta marini poi penetrati in acque continentali. La colonizzazione dell’Australia da parte degli europei ha portato ad un rapido declino della fauna autoctona e molte specie si sono estinte negli ultimi due secoli (vedi Tilacino e diavolo della tasmania). La Nuova Guinea è stata collegata con l’Australia più volte fino a circa 7000 anni fa; ciò ha consentito scambi tra fauna e flora, anche se attualmente queste due terre differiscono molto per i biomi: in Nuova Guinea c’è la foresta tropicale pluviale, mentre in Australia questo bioma è limitato solo nelle aree più settentrionali, con la maggior parte delle aree occupate da deserto, praterie e foreste temperate. In Nuova Guinea sono presenti marsupiali arboricoli del genere Dendrolagus. La regione neozelandese manca di mammiferi, esclusi i chirotteri. Elementi distintivi sono gli uccelli apterigidi e gli uccelli moa giganti, ormai estinti. Pappagalli della famiglia Strigopidae, come il Kakapo. Nella regione australiana sono particolarmente presenti gli onicofori. Regione oceanica: costituita da molti arcipelaghi dispersi nel Pacifico ed è caratterizzata dall’assenza di una fauna arcaica autoctona. Si può affermare che le faune di questi arcipelaghi si siano andate costituendo nel tempo su base di dispersione, con contributi di provenienza orientale. Nelle Hawaii si è evoluta una famiglia di uccelli, i drepanididi, di origine sudamericana che ha radiato producendo 9 generi e 22 specie (come i fringuelli di Darwin). Biomi Rappresentano per definizione gli ambienti zonali, ovvero legati alle suddivisioni climatiche su scala globale. Escludono quindi gli ambienti legati alle condizioni locali, tipo substrato, orografia, eccetera (una zona palustre non è quindi un bioma). I biomi non sono divisioni biogeografiche, in quanto queste ultime tengono conto della storia per la distribuzione degli organismi. Un bioma può essere incluso in più regioni biogeografiche, e una regione può avere più regioni. La componente botanica definisce e determina singoli biomi e ne conferisce la struttura. La forzante climatica è determinante. La distribuzione dei biomi può essere correlata alla semplice disponibilità idrica e termica, anche se questi due fattori hanno una variazione nel corso dell’anno. Tundra: freddo, ambiente con meno di 188 giorni con T maggiore di 0, precipitazioni scarse di circa 200 mm annui. Le precipitazioni sono principalmente nevose. Fortemente determinato dal clima e dalla posizione del fronte polare in estate, il bioma della tundra è sempre interessato dalla cella polare. Prevalgono i suoli gelati in profondità (permafrost), carenza di azoto. Strutture dovute al gelo e al ristagno idrico causato dal permafrost che essendo ghiacciato è impermeabile. Assenza di alberi, ma struttura legnosa (arbusti bassi):  Tundra a microarbusti (asciutta con ericacee come mirtilli o umida con Salix nani), prevalente  Muschi e licheni 20 Suoli: Praticamente inesistenti Vegetazione: Specie succulente (mancano in Australia); sviluppo delle radici, ciclo vitale brevissimo (2 settimane!), arbusti che perdono le foglie, organi sotterranei o semisotterranei (caudex) Distribuzione: Africa (Sahara, Kalahari, Namib) Asia (Arabia, Iran, Negev, Turkestan, Gobi…) America del Nord (Mojave, Sonora) America del Sud (Atacama) Australia. La condensa delle nebbie costiere può fornire fino a 130 mm. Forte escursione termica giornaliera. La componente vegetale succulenta sono caratteristiche ma non maggioritarie. Le piante sono principalmente quelle che evitano l’aridità (piante annuali a ciclo breve, vivono solo nella stagione delle piogge) o che resistono all’aridità (radici lunghe, adattamenti particolari, fotosintesi CAM, accumulo acqua in fusto o tessuti).  le spine delle succulente servono anche a condensare l’umidità atmosferica oltre che protezione. Foresta pluviale tropicale: intertropicale, con massima rappresentazione lungo l’equatore. Temperature elevate senza stagionalità, piogge fino a 10000 mm distribuite lungo tutto l’anno. L’unica eccezione è la foresta monsonica che presenta un breve periodo arido. Suoli poverissimi con pochissima materia organica, azione decompositori importantissima. Foresta sempreverde pluristratificata, ricchissima e lussureggiante, soprattutto per specie arboree ed epifite. La sostanza organica è nella biomassa. Bassa resilienza. Presente in aree intertropicali, America del sud, Africa occidentale, Sud Est Asiatico. La foresta mantiene il proprio clima con l’incremento della traspirazione, il microclima al di sotto della volta arborea è umido e costante, con alta concentrazione di CO2.  Nelle regioni a clima monsonico la piovosità è fortemente stagionale, anche se il totale annuo è altissimo. Foresta monsonica meno ricca in specie e spesso occupata da specie semidecidue come il tek. La foresta tropicale ospita il 40% della flora mondiale, ciò deriva dalla frammentazione in periodi storici che ha portato a isolamenti e diversificazione. Diversità concentrata nella componente arborea. Le diverse condizioni locali portano a numerosi tipi di foresta tropicale: foresta tropicale sempreverde, tropicale stagionale (monsonica, specie sempreverdi), semi-decidua, foresta di mangrovie. Tra le epifite più importanti ci sono Bromeliacee, orchidee e pteridofite. Cambiamenti della Terra La distribuzione degli organismi sulla Terra riflette una storia e un’ecologia, oltre che una componente geografica in senso stretto. La componente storica è spesso difficile da interpretare, perché non è immediatamente rilevabile: è alla base di distribuzioni non spiegabili con le condizioni geografiche ed ecologiche attuali. La biogeografia storica deve lavorare a diversi livelli e ordini di grandezza, derivanti dall’enorme sviluppo della scala dei tempi. Su tempi recenti, prende in considerazioni variazioni ambientali intervenute su una geografia già simile all’attuale. Su tempi remoti, è la geografia stessa che cambia a scala regionale, continentale o planetaria. Le suddivisioni della storia terrestre non sono sempre univoche, ma riconoscono delle grandi suddivisioni (Eoni: Adeano, Archeano, Proterozoicoe Fanerozoico) a loro volta suddivise in Ere e poi in Periodi. Le prime intuizioni del movimento delle masse continentali datano al XVI secolo (Abraham Ortelius) dall’osservazione dei profili dei continenti. Questa idea emerge a più riprese nel XIX secolo, ma viene formalizzata in modo sistematico da Alfred Wegener dal 1912 come “deriva dei continenti”. Wegener non riusciva però a dare una spiegazione 21 convincente al meccanismo alla base del movimento delle masse continentali. Oltre alla semplice forma dei margini continentali, evidenze paleontologiche e geomorfologiche supportavano le teorie di Wegener. In particolare, la distribuzione di alcuni fossili animali (Mesosaurus, Lystrosaurus) e vegetali (Glossopteris) e l’evidenza di un’antica glaciazione sottoforma di depositi glaciali litificati(tilliti) in cui era possibile ricostruire la direzione del flusso glaciale. Solo dal secondo dopoguerra alcune evidenze cominciano a chiarire il meccanismo alla base del movimento delle masse continentali e a fornirne nuove evidenze: in particolari gli studi sul paleomagnetismo e la mappatura dei fondali oceanici. Questi studi evidenziarono l’esistenza delle dorsali oceaniche in cui i fondali oceanici sono in espansione, confermata dalla polarità magnetica dei basalti che costituiscono i fondali stessi. Diversi studi pubblicati negli anni ‘60 misero le basi per la creazione della teoria della tettonica a placche, che costituisce un quadro organico non solo per i movimenti delle masse continentali, ma per l’insieme dei fenomeni geologici conosciuti. Il movimento non interessa solo i continenti, ma l’intera litosfera (formata dalla crosta -oceanica o continentale-e dalla parte superficiale del mantello sottostante) che si muove sull’astenosfera, solida ma viscosa e plastica. La litosfera è divisa in placche, che hanno margini di diverso tipo: divergenti, convergenti e trasformi. In corrispondenza dei margini divergenti si forma nuova crosta oceanica e le placche si allontanano: questi margini sono localizzati di solito in corrispondenza di fondali oceanici (dorsali) ma possono interessare aree continentali (es. RiftValley). Dove le placche convergono, una delle due scivola sotto l’altra nelle zone di subduzione. Ere Adeano e Archeano erano caratterizzati da atmosfera riducente. Il flusso geotermico era maggiore dell’attuale, mentre l’apporto di energia solare era il 70% di quello odierno. È controversa la presenza di una tettonica a placche come l’attuale nel corso dei due Eoni, anche se questa si stabilisce entro la fine dell’Archeano. Rocce risalenti al tardo Adeano e all’Archeano si trovano in Groenlandia e nello Scudo Canadese. Si tratta di rocce metamorfiche derivanti da sedimenti marini profondi e rocce ignee. La vita compare già nell’Adeano; evidenze di forme di vita procarioti che (Batteri, Archea e Cianobatteri) si rinvengono lungo tutto l’Archeano, in particolare sotto forma di Stromatoliti. Il Proterozoico dura circa 2 miliardi di anni ed è caratterizzato da una serie di eventi cruciali per la storia e la distribuzione della vita sulla Terra. Le rocce non sono più sedimenti di mare profondo metamorfosati, ma di ambiente meno profondo pericontinentale. L’atmosfera diventa ossidante grazie all’azione della fotosintesi; fino a 2,3 miliardi di anni, l’ossigeno era l’1- 2% dell’attuale, per poi salire rapidamente. Vi sono evidenze di estese glaciazioni, che a più riprese potrebbero aver interessato l’intero pianeta (“snowballEarth”). 22 Compaiono gli eucarioti e, alla fine del periodo, le prime forme multicellulari difficilmente inquadrabili nelle categorie sistematiche attuali, come la famosa fauna di Ediacara. È col Fanerozoico che la vita assume le caratteristiche attuali, con i principali phyla che si definiscono già nel Cambriano. In questo periodo il supercontinente di Pannotia si sta fratturando. Nel Siluriano le piante terrestri cominciano a colonizzare i continenti; la massa continentale di Gondwana è già presente. Nel Devoniano i continenti cominciano a formare una “pre-Pangea” Grande diversificazione dei pesci e delle piante vascolari; l’aumento della copertura vegetale causa un calo della CO2 e delle temperature. Nel Carbonifero la Pangea è ormai formata; vi sono evidenze di glaciazioni al polo Sud mentre estese foreste di pteridofite coprono le aree equatoriali. Sono le evidenze che supportavano le teorie di Wegener. Il Permiano è caratterizzato da vaste aree aride, attraverso le quali i rettili colonizzano l’intera Pangea; alla fine del Permiano si verifica la maggiore estinzione di massa. È importante sottolineare che il Gondwana era già un continente unito durante le ere precedenti, è quindi stata una massa stabile per moltissimo tempo. La Pangea comincia ad aprirsi durante il Mesozoico, a partire dal Triassico medio. Denominata era dei dinosauri. Si ha una prima frattura della Pangea nella porzione settentrionale, il clima è ancora arido perché le masse continentali sono ancora unite. Nel Giurassico si ha l’apertura della Pangea, che porta alla separazione del Gondwana dalla parte dell’Eurasia e la formazione del mare di Tetide. Da questo punto le due parti avranno vita autonoma. La distribuzione delle masse continentali ha riscontro nelle flore e nelle faune fossili; particolarmente ben definite sono le flore legate alle diverse suddivisioni della Pangea: flora fossile dell’Euramerica, Angara, Cathyasia e Gondwana. Anche le flore e faune attuali raccontano di queste separazioni, ad esempio le Podocarpaceae (famiglia di conifere) e le Nothofagaceae erano taxa già definiti durante la formazione della Pangea e la loro distribuzione è legata alla massa continentale del Gondwana (fenomeno vicarianza). Un classico esempio di distribuzione legata al Gondwana è quello dei Ratiti, uccelli non volatori come Moa, Struzzo, Nandù, Kiwi, Emù, diffusi nell’emisfero Sud. Studi molecolari hanno confermato questa ipotesi. Il Cretaceo si chiude con la Pangea ormai frazionata nei protocontinenti attuali e l’impatto meteorico che produce il cratere di Chicxulub (Yucatan) ed è probabile causa di una nuova estinzione di massa. Cominciano a stabilirsi le linee di subduzione che daranno origine all’ultima grande orogenesi. Il Cenozoico si apre con temperature elevate, non si ha ghiaccio ai poli, che culminano nell’Eocene. Inizia l’orogenesi delle Alpi e si conclude la chiusura del mare di Tetide. Si ha la radiazione adattativa dei mammiferi che occupano le nicchie ecologiche disponibili. L’Europa è separata dall’Asia dal mare di Turgai, la sua chiusura alla fine dell’Eocene porterà all’estinzione di molti primati e mammiferi, rimpiazzati da quelli asiatici. Anche la distribuzione degli anfibi è stata condizionata dal mare di Turgai: il genere Salamandra, numerosi tritoni e i discoglossidi si sono evoluti a ovest (in Europa) e solo in alcuni casi sono riusciti ad espandersi a est dopo la chiusura. Durante l’Eocene il mare Artico si chiude; le acqua dolci continentali formano uno strato superficiale sopra le masse di acqua salata di questo mare Artico chiuso, la parte superficiale era colonizzata da una specie di 25 Regno Australiano: comprende Australi, Tasmania e Nuova Caledonia. Presenta una flora originata dal Gondwana con numerose specie e generi endemici a significato relittuale (veri e propri fossili viventi). Flora molto ricca, circa 30.000 specie, con molti endemismi anche all’interno di famiglie diffuse altrove, che qui hanno avuto una forte radiazione recente (Eucalyptus, Fabaceae, etc). Numerose gimnosperme endemiche, tra cui molte Cycadales, la cui differenziazione è molto recente. Flora peculiare dovuta a isolamento e origine Gondwaniana. Regno Olantartico: include le terre emerse a S del 40° parallelo. Include la Nuova Zelanda e anche la regione della Terra del Fuoco, così come la Patagonia. Ha una flora ricca di endemismi con molte affinità tra Nuova Zelanda e Sud America. Le affinità sono superiore alle divergenze, numerosi relitti Gondwaniani. Clima fortemente oceanico, climi freddi: viene favorita una flora abbastanza uniforme. Nothofagus è un genere che fa parte delle Nothofagaceae, genere di angiosperme diffuso in questo regno e dominante. Diksonia è un genere delle felci arboree, legata a climi oceanici, si è differenziata in Nuova Zelanda e Sud America. Il regno Antartico si suddivise in regioni: Regione di Juan-Fernandez (isola di Juan Fernadez e isole Sventurate), regione Cileno-Patagonica, Regione Neozelandese e regione delle isole sub-Antartiche. Regno capense: più piccolo e più esclusivamente fitogeografico. Isolato dagli altri regni grazie al deserto del Kalahari. Alto tasso di endemismo (73%) a livello di specie; cioè le famiglie endemiche non sono molte, ma le specie si sono differenziate molto, per questo motivo per molti autori dovrebbe essere declassato a regione. Vi sono 660 specie del genere Erica. Famiglie rappresentative di questo regno sono le Aizoacee, sono piante succulenti. Regno Oloartico: è il più esteso del pianeta, circa il 40% delle terre emerse, ma è relativamente povero. Sole 40 famiglie endemiche, tenendo conto che la flora di questo regno è molto conosciuta. La flora ha un’origine comune (parte settentrionale di Pangea) e una lunga storia di connessioni tra Eurasia e America ha portato a una relativa uniformità. Tra le famiglie caratterizzanti troviamo Fagaceae, Betulaceae, Salicaceae, Brassinaceae, Primulaceae, Gingkoaceae, etc. Regioni biogeografiche europee È importante sottolineare che la suddivisione in regione alpina che comprende tutte le catene montuose, dai Pirenei al Caucaso, non ha molto senso dal punto di vista biogeografico (le montagne della Norvegia hanno flora e fauna diverse di Pirenei). 26  Regione Artica: densità abitativa bassissima, <10 abitanti/kmq. Coincide con la regione di Tundra. Le poche foreste sono nella regione subartica. Il deserto polare è legato al clima arido, erosione e vulcanesimo (Islanda, isole Svalbard). La Tundra se fortemente pascolata può diventare prateria. Specie presenti sono Ericaeae, salici, Asteraceae.  Regione Boreale: È la regione biogeograficapiù vasta in Europa (2,9 milioni di Kmq, di cui 1,9 in Russia): copre ¼ del territorio europeo. In realtà è la porzione europea della più vasta regione Euro- Siberiana. Vi si trovano ¾ dei laghi europei e 21 dei 24 laghi più estesi. Foreste e ambienti umidi sono i più presenti. La regione ospita 1800 piante vascolari, oltre 1200 specie di muschi e 2000 licheni. Flora ampiamente decimata dalle glaciazioni, ma prima di esse ha avuto contatti con il Nord America, per questo molte specie hanno una distribuzione circumpolare. Presenti Licopodi, Ginepri, Abeti.  Regione atlantica: include Danimarca, Nord Germania, Nord Spagna e Portogallo, isole Britanniche. Clima mite e piovoso, influenzata dalle glaciazioni. Ambiente antropizzato, con pascoli e aree agricole; importanti sono le brughiere e le aree costiere più o meno salmastre. Solo 14 specie endemiche, famiglie rappresentative Erikaceae e Fabaceae. La brughiera è un ecosistema tipicamente atlantico, legato a substrati poco nutrienti; spesso è secondaria, deriva dal diradamento dei querceti. Brughiere relitte si trovano anche in Italia, derivano da un clima umido nell’Olocene. Fauna impattata dall’uomo.  Regione continentale: 25% dell’Europa. Vaste pianure alluvionali, è la regione più densamente popolata. Foreste di caducifoglie a querce, tigli, carpini con una presenza di conifere più si sposta verso est. Il faggio è diffuso invece verso ovest. Ambienti umidi e costieri sono minoritari. La presenza di foreste di conifere, come la foresta nera in Germania, è di origine antropica. 27 Biodiversità molto bassa, essendo stata una regione fortemente impattata dalle glaciazioni; quello che noi vediamo è la ricolonizzazione post-glaciale molto frequente (si conoscono i pattern di distribuzione sia di flora che di fauna). Numero di specie endemiche non molto elevato, include pesci dei grandi bacini idrografici, come il salmone del Danubio, lo storione adriatico e i pesci del genere Zingel.  Regione mediterranea: è a contatto con due placche tettoniche, quindi ha una geologia e una morfologia varia, con catene montuose, vulcani, coste e isole. Area densamente popolata e con un forte impatto antropico (foreste fortemente ridotte); la forma biologica dominante è quella delle sclerofille, ormai sostituite da vegetazione arbustiva. Aree umide ridotte. Biodiversità altissima, grazie al clima favorevole e all’assenza di glaciazioni che ha permesso alla flora terziaria di sopravvivere e di fungere da rifugio per le specie del Nord (esempio 23000 mila specie di piante vascolari). La flora mediterranea è una flora subtropicale adattata all’aridità con numerosi innesti europei. Flora ricca di specie endemiche, in particolare in ambienti come rocce, zone altitudini di montagna, pareti costiere marine e falde dendritiche (tutte aree con un forte isolamento, che favorisce endemismo). La diversità del mediterraneo è concentrata in alcune zone dette hot spot di biodiversità, ossia quelle zone dove il clima durante le glaciazioni è rimasto stabile (zone di rifugio) (esempio Sardegna, Corsica, Sicilia e Alpi Marittime). La regione ha il più alto numero di anfibi, rettili e mammiferi anche se ha subito numerose perdite a causa dell’uomo.  Regione Macaronesiana: Isole Canarie, Azzorre e Madera. Origine vulcanica con clima variabile legato alla direzione dei venti prevalenti, zone molto piovose alternate a zone mediterranee. Sono zone particolari, per via della loro elevazione e perché sono isole, hanno una grande diversità: gli ambienti includono foreste umide (laurisilva), vegetazione arbustiva, deserti. Altissimo numero di specie endemiche, pari al 32% (tasso superato solo dalle Hawaii e Galapagos). Famosa è la Dracaena draco (albero del drago). Curiosamente le isole Canarie hanno fatto da rifugio durante la glaciazione e hanno taxa endemici molto antichi ma le isole sono giovani (hanno specie più vecchie rispetto alle isole stesse), è spiegato dal fatto che essendo vulcanica le isole presenti sono giovani ma prima ce ne erano altre, e le specie hanno potuto stabilirsi in questa zona (“saltavano” da un’isola vecchia a quella nuova).  Regione Pannonica: comprende la pianura ungherese, circondata da montagne (ambiente isolato). È un’area di antica origine, modellata a formare un bacino che durante le glaciazioni è stato occupato da sedimenti eolici. Clima continentale. Bioma di foresta caducifoglia che assume caratteristiche di steppa (ora l’uomo ha sostituito le foreste con la pianura). Le catene montuose che circondano la regione sono state aree di rifugio glaciale per diverse specie; l’intercalarsi di boschi aridi e praterie mette in comunicazione la regione con le regioni continentali dell’Asia centrale. Regione aperta verso est all’influenza della stessa, isolata dalle catene montuose, clima continentale: specie europee, specie della steppa e specie endemiche.  Regione del Mar Nero (Pontica): regione ristretta che coincide con le coste del Mar Nero. Clima continentale-mediterraneo, con piovosità crescente verso Est. Regione fortemente forestata in passato, oggi occupata da praterie causa uomo. Ambienti umidi del delta del Danubio e foresta pluviale temperata europea nella regione della Colchide in Georgia (unica in europa). Qui si trova il centro di origine di alcune specie coltivate come il noce, castagno, ciliegie. Zona di rifugio importante durante le glaciazioni.  Regione steppica: est Russia in continuità con la steppa asiatica fino alla Mongolia. Clima continentale con forti escursioni termiche annue e giornaliere. Impostata su substrati pianeggianti o leggermente ondulati, impostati su loess. Le steppe sono quasi tutte rimpiazzate da colture. Se sono presenti le steppe sono dominate da graminacee, asteracee e scarsi arbusti del genere Prunus. Gli 30 La foresta boreale è l’unico bioma dominato da Gimnosperme: è stato sempre interpretato come bioma relitto, costituito da taxa ancestrali che sono sopravvissuti alla competitività crescente delle Angiosperme. In realtà le Gimnosperme che dominano la taiga sono di origine recente: durante l’Eocene, quando le alte latitudini erano occupate da una foresta decidua mista di latifoglie e conifere, l’unica pinacea presente era Pseudolarix. Il resto delle Gimnosperme di quel periodo stavano sulle montagne del NordAmerica, una zona fredda e luminosa in cui era conveniente essere sempreverde  con il raffreddamento climatico questi ecosistemi sono migrati a quote più basse e da qui hanno rioccupato il bioma boreale, ma molto impoveriti. Seconda metà del Terziario si forma il bioma della taiga. Pattern di distribuzione L’elevata diversità e la presenza di numerose famiglie ancestrali nell’area indopacifica ha fatto ritenere che questa fosse l’area di origine dell’Angiosperme. Dapprima si aveva un’uniforme flora di tipo tropicale detta flora boreotropicale, diffusa rapidamente su tutti i continenti e una sua successiva differenziazione in seguito alle modificazioni climatiche e alle orogenesi. Il genere Cornus presenta tantissimi casi di disgiunzioni di questo tipo, legate a diversi corridoi di espansione nel corso del Terziario e ad altrettanti fenomeni di isolamento. In generale, per le flore extratropicali dell’emisfero Nord (Laurasias.l.) gli eventi di isolamento sono stati il raffreddamento climatico dall’Oligocene, la scomparsa di numerosi ponti (Nord Atlantico, Bering) e lo sviluppo delle praterie a partire dall’Oligocene-Miocene, queste ultime favorite anche dal sollevamento delle catene montuose. Centro di origine: zona in cui si ha la massima diversità e si hanno parenti più prossimi. Anche la flora tropicale presenta disgiunzioni, per esempio tra Sud America e Africa, che sono state spiegate come dispersione a lunga distanza o disgiunzioni derivanti dalla frattura di Gondwana, il problema è che molti di questi taxa sono più recenti, si sono originate dopo la frattura! La spiegazione è data dai fossili: le malpighiacee si sono originate in sud America, mentre le specie del vecchio mondo hanno avuto origine ancora successiva, con almeno 6 volte indipendenti (esclude la dispersione casuale); queste disgiunzioni sono quindi legate ad una migrazione via Laurasia durante i momenti caldi, dal Sud America hanno ricolonizzato tutto il vecchio mondo passando per la Laurasia. Questa interpretazione è di grande importanza perché rivede l’origine e la distribuzione di molte importanti famiglie, tra cui le leguminose. Queste sono diffuse in tutto il mondo e formano la base degli ecosistemi tropicali aridi in Africa e Sud America (non in Asia). La presenza di generi “arcaici” in Africa e Sud America ha fatto pensare ad un’origine nel Gondwana (e quindi antica, Cretacea). I dati filogenetici e fossili tendono ora a favorire anche per questa famiglia un’origine boreotropicale e quindi una colonizzazione delle Americhe da nord a sud e non viceversa. I taxa ancestrali sono i residui dell’antica flora boreotropicale rimasti immutati.  Emisfero Sud: lo smembramento del Gondwana è considerato l’evento determinante nella distribuzione di flora e fauna, che segue tappe ben precise. Nel complesso, la distribuzione delle Angiosperme e dei principali biomi dipende da un insieme di fattori estremamente complessi, che talvolta sembrano in contraddizione con le idee più consolidate: la stabilità della flora tropicale, la sequenza dello smembramento di Gondwana, le conifere come taxon “relitto”. 31 La possibilità per le piante di disperdere propaguli resistenti dà alla dispersione un peso maggiore che per gli animali. Anche la dispersione non è però casuale, ma segue pattern prevedibili. La contrapposizione tra dispersione lungo la Laurasia-frattura del Gondwana-dispersione a distanza, coinvolge l’origine della più importante famiglia delle dicotiledoni: le Asteraceae (composite). È una famiglia cosmopolita con moltissime sottofamiglie: i primi due rami dell’albero non sono composite, le altre si. I colori indicano la distribuzione geografica: il rosso è il sud America, osservo che la famiglia più affine non composita (secondo ramo) è sudamericana ⟹ le composite si originano nell’attuale Sud America. Osservando i parenti più lontani troviamo un gruppo africano (blu) intercalato da un unico genere, con un’unica specie, nord americano (giallo). Dopodiché vanno dappertutto. La distribuzione in Sud America e Africa potrebbe essere data dal Gondwana, ma le composite sono troppo recenti, quindi potrebbe essere causa della dispersione da Sud America ad Africa. Ma abbiamo una specie in Nord Americana (Hecastocleis) = è un caso simile alle Malpighiaceae, che avevano fossili in Nord America. Qui i fossili sono viventi, con origine sud americana, i quali sono passati in Nord America e tramite la Laurasia arrivano in tutto il mondo. ⟹ le composite hanno seguito il pattern della Laurasia, quindi origine nell’emisfero Sud, passaggio nell’emisfero Nord, per tornare poi a quello Sud. Da Sud America e Africa sono passate a tutto il mondo. Nel complesso, la distribuzione delle Angiosperme e dei principali biomi dipende da un insieme di fattori estremamente complessi, che talvolta sembrano in contraddizione con le idee più consolidate: la stabilità della flora tropicale, la sequenza dello smembramento di Gondwana, le conifere come taxon “relitto”. La possibilità per le piante di disperdere propaguli resistenti dà alla dispersione un peso maggiore che per gli animali. Anche la dispersione non è però casuale, ma segue pattern prevedibili. Inoltre abbiamo capito che ai dati molecolari bisogna affiancare la distribuzione dei fossili. La contrapposizione tra vicarianza geografica legata ai fattori paleogeografici (frammentazione Gondwana) e dispersione “recente” è uno dei dibattiti più classici della biogeografia. In uno studio sono andati ad osservare una serie di specie del Gondwana, della Patagonia: recentemente si pensa che i pattern sono legati alla dispersione = teoria della “green web” in cui gli organismi disperdono continuamente. Si sono chiesti se c’è una green web, oppure se l’orologio molecolare è sbagliato: hanno osservato i dati molecolari insieme ai dati fossili. I fossili ci dicono che i taxa sono più antichi rispetto a quello che ci dice l’orologio molecolare. ⟹ il Gondwana resta comunque il pattern principale anche per le piante, perché l’orologio molecolare sbaglia dicendo che certe piante sono recenti, quando in realtà sono più antiche. Questo perché si tende a leggere le date di divergenza di due gruppi come la data della divergenza più basale e antica, quando in realtà è la data di una separazione più recente: questo perché i dati molecolari riguardano 32 solo i membri viventi e non quelli fossili, quindi, nell’esempio, io credo di ottenere la data della prima divergenza (più basale), ma in realtà ho ottenuto la data di divergenza tra i membri fossili (gialli) e quelli più recenti (rosso) ⟹ non è sbagliata la data, è sbagliata l’interpretazione. Quindi la maggior parte dei pattern di cui abbiamo parlato prima, i quali erano troppo recenti per essersi originati mediante l’SGP, in realtà potrebbero essere abbastanza antichi per aver seguito questo pattern. Osservo taxa che hanno possibilità di avere sia vicarianza antica, sia dispersione recente; interessanti sono le Pteridofite (felci e parenti, cioè equiseti e licopodi) molto antiche, cosmopolite con distribuzioni molto ampie, e che hanno spore che si disperdono in modo più efficiente dei semi delle Angiosperme. Quindi potrebbero avere questa ampia distribuzione sia perché sono antiche e hanno avuto molto tempo per disperdere, sia perché si sono diffuse tramite spore. Per il genere Pteris, i dati molecolari ci dicono che si sono diversificate molto più di recente del previsto: nel Terziario avanzato (Oligocene) ⟹ di sicuro si è diffusa mediante le spore, perché nell’Oligocene i territori erano già ben separati. Hanno poi studiato le felci arboree, presenti in Nuova Zelanda e Sud America; i dati molecolari confermano il pattern Gondwaiano: vicarianza antica con una scarsa dispersione transoceanica. Contrastante con l’affermazione di prima. Le pteridofite sono isosporee, una singola spora fa un gametofito che fa sia gameti maschili che femminili, e questo è favorevole alla dispersione. Molte pteridofite isosporee hanno però bisogno di un incrocio affinché la gamia abbia successo ⟹ la dispersione transoceanica è quindi difficile, anche se sono isosporee e le spore sono leggere. Questo spiega perché almeno alcune felci abbiamo una limitata dispersione transoceanica e quindi debbano la loro dispersione solo alla vicarianza gondwaiana. La prima divisone è infatti Cretacea. Nephrolepis è una felce spesso ornamentale, che ha contemporaneamente una serie di distribuzioni legate a vicarianza su cui si sono sovrapposte dispersioni recenti. La prima divisione è cretacea, nell’Eocene c’è un gruppo solo Sud Americano che si divide da un gruppo solo Asiatico, ma c’è anche un gruppetto Sud Americano che deriva da quello Asiatico ⟹ i grandi gruppi si sono divisi per vicarianza con il Gondwana, ma recentemente c’è stato un ritorno al Sud America dall’Asia per dispersione delle spore. Abbiamo finito con le Pteridofite per dirci che per capire certe cose, bisogna anche uscire dalle Angiosperme, anche se le informazioni sulla biogeografia delle piante inferiori sono molto più scarse. Anche le piante acquatiche dolci hanno una grande capacità dispersiva, come anche per i piccoli animali di acqua dolci: l’ambiente di acqua dolce è effimero e hanno quindi molte forme di resistenza, per questo sopravvivono al trasporto transoceanico. Di solito questo è mediato dagli uccelli acquatici. Viceversa il mare è più stabile, ma ha una distribuzione ampissima, quindi gli animali disperdono bene; posso anche cambiare latitudine variando la profondità. Per le piante è più difficile. organismi. La decomposizione avviene sul fandala ma grazie a correnti di risalita, upwelling, si ha la risalita dei nutrienti, e in queste zone dove avviene l'upwelling la rete trofica è molto più ricca e complessa. Le zone dove ci sono picchi di nutrienti sono zone deve si hanno picchi di produttività primaria (1 produttività maggiore, 5 produttività più bassa). Le zone con più produttività primaria sono sulle coste di Cile, del Perù, dell'Alaska. | pesci seguono la produttività primaria, quindi queste zone sono ricche di pesci. Gli oceani hanno 2 compartimenti: - zona fotica, dove penetra la luce solare, si ha la produttività 1°, la sintesi della materia organica e l'apporto di acqua dolce; - zona afotica, zona dove non arriva luce solare, zona dove si ha lo sprofondamento della materia organica. Con l'upwelling i nutrienti possono passare dalla zona afotica a fotica ed essere riutilizzati. Tra le zone di acqua calda (fotica) e fredda(afotica) si ha il termoclino o picnoclino dove vi è brusco cambiamento di temperatura e salinità. Gli animali stanno nella zona fotica, mentre nella zona afotica si trovano i decompositori. Es.Dispersione del genere Merluccius. Studiosi hanno campionato questo genere in America occidentale e Africa occidentale. Si è studiato il pattern parentale tra le diverse specie e le linee di parentale. Questo genere ha avuto origine da acque fredde dell'Atlantico, da questo gruppo una parte è andata verso le coste africane ed europee e una parte, invece, è andata verso le coste del nuovo mondo. La prima linea è andata anche in Sud Africa. L'altra linea prima dello stretto di Panama è andata nel Pacifico, raggiungendo il Nord America ed il Sud America (superato anche lo stretto di Magellano) e in Nuova Zelanda. Come è possibile studiare la distribuzione dei viventi in ambiente oceanico (ambiente pelagico)? È possibile stabilire regioni e province anche in ambiente oceanico. Questo perché non vi è un completo rimescolamento, alcune specie si trovano in determinate zone altre in altre. Ciascuna regione è associata per molti casi a delle correnti. In base alla temperatura e alla salinità si possono osservare n diverse regioni. Ogni singola specie però può trovarsi anche in più regioni. Molte specie possono avere una distribuzione antiequatoriale (distribuzione a fasce simmetriche a nord e a sud dell'Equatore), per esempio sia nella regione temperata settentrionale che meridionale. 35 Es. chetognato si trova nelle acque superficiali a latitudini superiori ai 60°C. Nell'artico sta ‘sopra i 50 m, poi all'equatore va a livello abissale, segue praticamente la sua temperatura ottimale. Più complessa è la distribuzione delle specie nella zona neritica rispetto a quella oceanica. Per questi animali, che vivono nella zona neritica, le aree profonde degli oceani sono delle barriere; questi animali non attraversano gli oceani, se non nella forma di larve. Un altra barriera sono anche i continenti. Gli ambienti vicino ai continenti sono più ristretti ma più vari perché risentono delle condizioni della costa. Si crea così una maggior diversità, una maggiore speciazione. La presenza di barriere rende più facile tracciare delle regioni nell'ambiente neritico. Si distinguono 20 regioni diverse, più piccole che variano per il tipo di substrato, l'apporto dei fiumi, i sedimenti, le maree e per le correnti oceaniche. (© è una netta distinzione tre la fauna dell'ambiente neritico e quella dell'ambiente oceanico. Nel grafico sull'asse delle x è riportata la distanza dalla costa mentre sull'asse delle y vi è la profondità. Si osserva una linea che indica una » specie di crostacei. Quando si inizia a salire a livello della scarpata continentale, questa specie non va a colonizzare la zona neritica. Anche le regioni sono suddivise in province. Le province marine si identificano per la loro composizione sistematica omogenea, anche in mancanza di linee nette di demarcazione Il benthos litorale è l'elemento che presenta maggiori variazioni a causa principalmente della temperatura. Gi sono dei pattern generali che possono essere riconosciuti. Vi è una maggior ricchezza in specie all'Equatore e questa diminuisce andando verso i poli, ciò vale per le specie neritiche ma non per quelle oceaniche. La regione più ricca è quella indo-pacifica, perché vi sono più specie di coralli che determinano un ambiente variegato che favorisce la speciazione. La zona dove c è il numero di specie più basso è l'Atlantico. REGIONE INDO-PACIFICA Parte occupata dal mar di Tetide: Mar, Rosso, oceano Indiano fino al Sud-Est Asiatico, Australia, Polinesia, Hawaîi Regione ricca di specie, anche endemiche. Comprende quasi tutte le famiglie di pesci marini. Le specie endemiche di alcune regioni, sono presenti solo nella zona neritica, perché vi sono condizioni che favoriscono la speciazione ed il differenziamento. REGIONE AFRO-OCCIDENTALE 36 Ha una fauna modesta. La ricchezza di specie ittiche ed invertebrati è bassa. Ha affinità con quella del mediterraneo, è povero quindi di biodiversità. REGIONE CARAIBICA Va dalla Florida alle coste del Brasile, è divisa in due dalla corrente del Golfo. Ha fauna con stretta affinità con quella della regione pacifica del Nord e Sud America perché l'istmo di Panama si è formato molto recentemente. REGIONE AMERICO-PACIFICA Va dal Golfo della California al Perù. Presenta una fauna ricca simile a quella Caraibica. È isolata dalla regione indo-pacifica grazie ad una barriera pacifica profonda che impedisce a questa fauna di comunicare con quella indo-pacifica. Mentre nel mare profondo (zona oceanica) la produttività primaria è associata al fitoplancton, nella zona neritica la produttività primaria è associata anche alle fanerogame, piante vascolari. Queste piante hanno radici e rizomi nel sedimento, sono ‘ancorate al substrato. Compattano i sedimenti e aumentano la variabilità ambientale. Molti pesci utilizzano queste praterie per la deposizione delle uova. Nel Mediterraneo vi è una fanerogame endemica, Posidonia oceanica. Ci sono specie affini a questa sulle coste dell'Australia. Essa ha una profondità variabile a seconda del grado di limpidezza delle acque. MARE MEDITERRANEO Il Mediterraneo è un mare chiuso, dipende dall'Atlantico per l'apporto di acqua. Le acque del Mediterraneo sono acque calde, 13°G di media, e sono salate. A livello dello stretto di Gibilterra l'acqua salata, proveniente dal Mediterraneo, va in profondità e l'acqua meno salata dell'Oceano sta in superficie. Il cambio idrico è molto lento, ogni 30 anni vi è cambio delle acque superficiali quelle più profonde hanno bisogno di più anni, circa 70-80 anni. ll mar Mediterraneo ha due bacini: uno orientale e uno occidentale. | due bacini sono separati dal Canale di Sicilia. ll popolamento occidentale è diverso da quello orientale. Si possono distinguere diverse province del Mediterraneo: il bacino occidentale ha come province il mare di Alboran, la provincia settentrionale, e la provincia meridionale; quello orientale ha come province l'Adriatico, l'Egeo, il Mare di Levante. È possibile comprendere come gli eventi storici abbiano influenzato la presenza delle specie che si trovano attualmente in questo mare. Il mediterraneo faceva parte del mare di Tetide, mare tropicale e caldo. Al tempo vi erano le barriere coralline. Poi il mare di Tetide è andato a chiudersi, diventano un mare chiuso che però comunicava con il Pacifico; questo è stato verificato dal ritrovamento di fossili si specie del Pacifico nel Tetide. Vi erano specie affini a quelle del Pacifico. Quindi le faune del pacifico e del mediterraneo erano in comunicazione. Molto importante come evento nel mediterraneo è stata la chiusura dello stretto di Gibilterra, nel Miocene. Ciò che è seguito alla chiusura dello stretto di Gibilterra è stata l'evaporazione del Mediterraneo; in questo periodo erano rimasta solo pozze iper saline nel Mediterraneo. Questo evento di evaporazione ha permesso la dispersione di organismi, ma anche l'estinzione di molte specie. Alcune specie si sono salvate grazie al fatto si è formano un collegamento dell'Adriatico con il Mar Caspio tramite il mar Sarmantico. Per esempio nel Mar Caspio vi sono alcune specie molto simili a quelle che si hanno nell'Adriatico. 37 40 Quando si forma una nuova isola, inizia la colonizzazione da parte di organismi provenienti da zone più o meno lontane. Man mano che il numero di specie aumenta, il tasso di colonizzazione diminuisce e viceversa il tasso di estinzione (meno nicchie, meno risorse e più competizione) comincia ad aumentare con l’incremento della diversità. Quando le due curve si incrociano si ha il punto di equilibrio. S è il numero di specie all’equilibrio. Dopo qualunque perturbazione, il numero di specie tende sempre a tornare ad S. Effetto area ed estinzione: l’area di un’isola influenza il tasso di estinzione, più è piccola l’isola maggiore è l’estinzione e viceversa; quindi la dimensione di una popolazione diminuisce al diminuire dell’isola. Il numero di specie ch4 si possono trovare su un’isola è in relazione con le dimensioni dell’isola stessa, secondo la seguente equazione: S = C x A^z Dove: S è il numero di specie A è la superficie dell’isola C è una costante che dipende dal taxon dalla regione geografica Z è una variabile (0,15 < z < 0,3) che varia in base alle caratteristiche delle specie (vagili o sedentarie) La composizione della flora e della fauna di un’isola è in continuo mutamento ma il numero di specie presenti rimane stabile ed è funzione della sua area. Per comodità molto spesso si usa la trasformazione logaritmica (grafico lineare): log (S) = log (C) + z * log (A) 41 Effetto isolamento e colonizzazione: le curve di immigrazione sono influenzate dell’isolamento (distanza dalla terraferma); il tasso di immigrazione sarà maggiore se la distanza dalla terraferma è minore. S ~ 1 / D Su due isole di dimensioni simili ma a differente distanza dalla terraferma:  Il tasso di estinzione è funzione delle risorse disponibili e dovrebbe essere correlato alla dimensione dell'isola, quindi ci aspettiamo che sia comparabile sulle due isole.  Il tasso di colonizzazione invece è maggiore per l'isola vicino alla terraferma. La teoria è valida anche se presenta alcune debolezze:  Effetto rescue: secondo la teoria classica la distanza dalla terraferma influenza solo il tasso di immigrazione in quanto il tasso di estinzione dipende solo dall’area, tuttavia si è notato che isole vicine hanno tassi di turnover inferiori a quanto previsto da MacArthur-Wilson e quindi che l’arrivo di nuovi organismi abbassa sempre la curva di estinzione delle isole vicine alla terraferma a prescindere dall’area dell’isola stessa (sull’isola vicina il tasso di estinzione per una determinata specie è più basso perché ci sono più probabilità che nuovi individui arrivino e “salvino” la popolazione in pericolo).  Effetto area target: il tasso di immigrazione può essere influenzato dalle dimensioni dell’isola. Isole più grosse sono maggiormente avvistabili da colonizzatori attivi e quindi statisticamente più facili da incontrare casualmente dai colonizzatori passivi. Questo fa sì che nelle isole piccole un minor tasso di immigrazione ha influenza solo sul turnover, che risulta inferiore al previsto, ma non sul numero di specie. Altri fattori importanti:  Isole grandi: per ogni specie sono presenti popolazioni più numerose, quindi maggiore variabilità genetica e quindi maggiore possibilità di speciazione. Inoltre a parità di area ed isolamento si ha una diversità maggiore in isole con maggiore altitudine, più antiche o con forma parallela alla costa, in aree con venti o correnti favorevoli all’immigrazione e in aree tropicali (maggior variabilità specifica per cause ecologiche come produttività primaria). Un altro effetto che può influenzare il numero di specie all’equilibrio atteso è l’effetto antropico, l’uomo riduce di gran lunga il numero di specie presenti. Esperimento di defaunazione: eliminazione completa di fauna su quattro isolotto a largo della Florida, si è poi osservato che nel tempo il numero di specie crebbe per un certo periodo per poi raggiungere un asintoto approssimativamente uguale al numero di specie originario, ma l’assetto di specie era cambiato. Si è raggiunto S ma le specie sono diverse. Caso Krakatoa: eruzione del 1883, metà isola scomparve e le isole vicine furono ricoperte da cenere vulcanica. Questo causò l’estinzione totale delle specie presenti sulle isole vicine, che divennero un laboratorio per lo studio della colonizzazione delle isole. Nel 1884 fu trovato un solo ragno, 6 mesi dopo si vedevano già i primi germogli. In 100 anni si è capito che i primi arrivati furono organismi vegetali, piante erbacee, poi bosco strutturato; si nota un aumento esponenziale nei primi anni per stabilizzarsi ad un plateu. Il numero di specie aumentò dal 1883 al 1921 e poi si è mantenuto costante nonostante l’estinzione di alcune specie e la colonizzazione di altre. Si è notato che, come da teoria insulare, il numero di estinzioni aumenta nel tempo mentre il tasso di immigrazione diminuisce. 42 Mancano mammiferi non volatori come roditori e scimmie, mancano uccelli di acqua dolce e pappagalli che vivono in una foresta matura (che ancora manca su Rakata). È importante tenere conto anche della contingenza, ossia la casualità: la complessità di tutti i cambiamenti ecologici mostrano che la storia della colonizzazione di un‘isola non segue il semplice percorso predetto della teoria di McArthur e Wilson. Da molti studi emerge anche un fattore importante legato all’effetto antropico, ossia il disturbo. Isole e conservazione La teoria biogeografica insulare ha molte ricadute nell’ambito della conservazione. Le aree naturali non alterate dall’uomo sono ormai ridotte a isole sparse in mezzo ad una vasta estensione di campi coltivati, pascoli, boschi gestiti, città, etc. Gli habitat frammentati hanno spesso reazioni simili a quelli che si trovano sulle isole. - Si può usare la teoria per predire gli effetti della frammentazione degli habitat - Definire le corrette dimensioni delle aree naturali utili a garantire una conservazione a lungo termine della diversità. Le isole terrestri hanno però proprietà diverse da quelle vere e proprie, non essendo circondate da acqua è più facile che siano ricolonizzati e quindi che il turnover sia più veloce. Il tasso di immigrazione è quindi maggiore, viene minimizzato l’effetto di isolamento.  Stepping stone: concetto introdotto da McArthur e Wilson per spiegare almeno in maniera teorica il possibile ruolo di piccole isole poste tra un’area sorgente e un’area remota che potrà ricevere gli organismi in movimento (zona di passaggio intermedio). Le stepping stone diminuiscono l’isolamento dell’isola. Questo concetto è usato anche in conservazione, per favorire colonizzazione e ridurre l’isolamento vengono create delle stepping stone, ossia delle aree appropriate che separino due grandi aree protette e permettano passaggio. Per ridurre l’isolamento si può procedere anche creando corridoio di passaggio, si è visto che è molto utile soprattutto per i carnivori, che sono in popolazioni più piccole e hanno bisogno di spazi più vasti.  L’effetto dei corridoi è stato studiato su comunità di organismi presenti su muschi, sono stati tenuti muschi tutti insieme (isola grande), muschi separata ma collegati da corridoio di muschio, muschi separati ma collegati da corridoio interrotti, muschi separati. Si è visto che la ricchezza di specie era ovviamente più alta nell’isola grande, ma decisamente alta nei muschi collegati da corridoi rispetto a muschi isolati. L’effetto dei corridoi ha ridotto la perdita di diversità. Arcipelaghi Spesso le isole sono parte di arcipelaghi. All’interno di un arcipelago le specie si dispongono non casualmente, tendono a formare, isola per isola, biota simili. Competizione diffusa: a volta un organismo non viene limitato da un competitore ben definito, ma dalla concorrenza collettiva di tutta una serie di specie. Annidamento: due o più insiemi con diverso numero di specie si dicono annidamenti (nested) se ogni specie degli insiemi più piccoli è presente anche in quelli più grandi; se chiamiamo A la specie che vive nel maggior numero di isole, B quella che segue per frequenza e così via fino ad E, gli insiemi A, B, C, D e A, B, D sono annidati (mentre A, B, C, D e A, B, E non lo sono). 45 La Calabria, partendo dallo stesso blocco, fa un lungo viaggio finendo nella posizione attuale; la Puglia rimane attaccata all’Europa orientale tramite la placca Paleoegea. La crisi Messiniana e le glaciazioni quaternarie completano il quadro degli eventi storici; entrambi gli eventi causano isolamento a livello alpino per il ghiaccio, ma ci sono anche collegamenti con i territori limitrofi. Questo porta all’attuale suddivisione biogeografica italiana. L’Italia è compresa nel regno oloartico, ma è compresa in due regioni: Mediterranea e Medioeuropea; questo confine è la linea spessa.  La regione medioeuropea comprende il Nord Italia (esclusa la Liguria) e l’appennino fino alla Majella, quindi la dorsale appenninica settentrionale e centrale fa capo a questa regione.  La regione mediterranea comprende tutte le regioni costiere dalla Liguria e dalla Romagna in giù, e anche le regioni interne dalla Maiella in giù. Questa divisione è stata fatta da Giacomini e Fenaroli. Il bioma mediterraneo è molto più ristretto, perché fino al sud Italia (appennino Calabro-Lucano) abbiamo un bioma temperato, pur restando nella regione Mediterranea. Quindi la regione Mediorientale è nel bioma forestale temperato, la regione mediterranea sia nel bioma mediterraneo che temperato. Alcuni autori, come Rivas-Martinez, estendono la regione Medioeuropea alla Basilicata includendo la costa adriatica fino oltre Ancona. La mancanza di barriere orografiche, le caratteristiche climatiche del versante adriatico (continentale, esposto alle retrogressioni fredde e con un mare poco profondo) ostacolano l’instaurazione di caratteristiche prettamente mediterranee, ma più continentali. Quindi il confine tra le due regioni è molto controverso nel versante adriatico, molto impattato anche dall’uomo: foreste come il bosco della Mesola sono dominate da farnia e carpino bianco, alternato a leccio. Quindi c’è una contrapposizione tra caducifoglie e sempreverdi. Osservando però le zone naturali del litorale Adriatico ci si trova tra il netto confine tra bioma temperato e mediterraneo. 46 Sul litorale tirrenico è più semplice: il confine tra le regioni coincide con lo spartiacque, quindi con il crinale appenninico, almeno nella sua porzione settentrionale (Ligure e Tosco-Emiliano). L’appennino emiliano non ha le sclerofille mediterranee, se scendo verso Modena arriviamo alla foresta temperata = regione medioeuropea. L’appennino toscano invece scende nel bioma mediterraneo. Regione medioeuropea Divisa in provincia appenninica e alpina. Consiste nelle Alpi, pianura Padana e un tratto di Appennino. La provincia più importante è la PROVINCIA ALPINA che non include sono le Alpi in senso stretto, ma anche le Prealpi e la Pianura Padana; si divide in DISTRETTO ALPINO, DISTRETTO INSUBRICO (Prealpi attorno ai grandi laghi), DISTRETTO MONFERLINO LANGHIANO (Monferrato e Langhe) e DISTRETTO PADANO. Alcuni attribuiscono la Pianura padana alla provincia balcanica e non a quella alpina, come si vede dalla mappa di Rivas-Martinez: questo perché storicamente la pianura padana ha avuto forti scambi con i Balcani, soprattutto durante le glaciazioni dove era aperto solo verso i Balcani (non c’era l’Adriatico), mentre le Alpi erano invalicabili. La pianura padana orientale è più basica per l’apporto di detriti dai fiumi e più affine ai territori calcari balcanici, rispetto a quella occidentale; si differenzia da quella occidentale anche perché questa ha avuto passaggi verso l’Europa occidentale attraverso le Alpi. Il distretto alpino propriamente detto include la porzione centrale della catena, escludendo i massicci prealpini. Come abbiamo visto, la sua principale suddivisione è quella tra Alpi occidentali e Alpi Centro- Orientali (anche se i testi dividono in Alpi orientali, occidentali e centrali, ma biogeograficamente non ha senso). Questo confine è marcato dalla LACUNA FLORISTICA TICINESE: si abbassa la ricchezza floristica nella zona tra lago Maggiore e di Como (Canton Ticino) = non c’è più la flora delle alpi occidentali, ma quella delle alpi orientali non è ancora arrivata. La presenza di endemismi e di pattern molecolari ha evidenziato a presenza di rifugi glaciali e di sopravvivenza in situ durante il quaternario. La divisione tra alpi orientali e occidentali è legata alla presenza di elementi esclusivi ad ovest e ad est, come il Senecio halleri e Campanula excisa nelle Alpi Occidentali, sul massiccio del Monte Rosa. Diversi elementi hanno distribuzione ovest-Alpi e Pirenei, come il Pinus uncinata, e molti elementi invece distribuzione est-Alpi e Carpazi. Questo evidenzia la diversità tra Alpi occidentali e orientali. 47  Un settore a sé stante sono le Alpi marittime, che non devono essere incluse nelle Alpi occidentali. Si hanno un sacco di elementi sopravvissuti alle glaciazioni perché erano un’ottima base di rifugio ed elementi di derivazione mediterranea (alcuni autori le inseriscono nel settore mediterraneo). Tra gli elementi mediterranei ritroviamo rosmarino, lavanda e cisti.  Il distretto Insubrico, che comprende le Prealpi lombarde e i laghi glaciali prealpini (anche se l’Insubria sarebbe solo la parte occidentale tra Lago di Como e Lago Maggiore, è ricchissimo di endemismi perché non glacializzato durante il massimo glaciale. Le endemiche sembra siano legate solo ai substrati carbonatici, infatti le Prealpi varesine seppur non coperte dai ghiacciai durante le glaciazioni sono prive di endemismi (suolo silicatico). Il distretto padano è talmente alterato dall’impatto antropico che è molo difficile trarne considerazioni biogeografiche; la foresta originaria, dominata da farnia e carpino bianco, è tipicamente medioeuropea e rappresenta la porzione più meridionale della grande foresta centroeuropea. Molti autori ipotizzano un’affinità con la regione balcanica. Copertura foresta molto frammentata. La pianura occidentale vede querco-carpineti con un sottobosco in cui compaiono specie centroeuropee (valicando la soglia dello Spluga), con alcuni lembi di brughiera. Verso est invece si hanno elementi orientali, come il carpino nero, il cerro, il pungitopo, etc. Le caratteristiche orografiche (quali assenza di barriere) e le vicende storiche non favoriscono nella Pianura Padana la presenza di endemismi, ad eccezione di una specie appartenente al genere Lycophyta, legata ad ambienti acquatici tra Piemonte e Lombardia; molto minacciata. La provincia appenninica è la penetrazione estrema verso Sud della regione Medioeuropea, i contingenti floristici legati a climi freddi tendono a rarefarsi verso sud fino a scomparire o a limitarsi alle vette più elevate; i piani altitudinali sommitali presentano specie artico-alpine e boreali, come ad esempio il rododendro e l’abete rosso (abete bianco invece molto presente non essendo una specie boreale). Il limite superiore della vegetazione arborea nel distretto appenninico è fatto dal Faggio. Penetrazioni di elementi balcanici sull’Appennino settentrionale (basse quote), con elementi che arrivano da ovest (alte quote). Le specie endemiche sono poche, spesso affini a quelle delle Alpi occidentali. Un elemento di differenziazione nell’ambiente appenninico sono le ofioliti, residui dell’antico oceano Ligure- Piemontese (rocce ultrabasiche intrusive), zone ricche di endemismi. Soprattutto nella pozione emiliana, piemontese-ligure. Alpi Apuane: catena molto isolata, fanno parte dell’Appennino. Dato il loro isolamento sono un importante centro di endemismo, anche perché sono formate da marmi bianchi. Sono anche il limite orientale di molte specie atlantiche come Ulex europaeus. Regione mediterranea Regione molto articolata e compenetrata con quella medioeuropea. Il sistema Sardo-Corso è uno degli hotspot di biodiversità nella regione mediterranea. Comprende anche l’arcipelago toscano, tutte le isole e l’appennino completo meridionale. Sardegna e Corsica presentano affinità con le Baleari e la costa meridionale della Spagna e Francia in relazione alla storia geologica delle due isole. Essendo state in comunicazione tra loro e vicine all’arcipelago toscano, a sua volta collegato alla terraferma durante il Pleistocene, condividono l’84% della flora, la Corsica ha affinità con la Toscana e Alpi marittime. Presentano anche differenze, quali l’assenza del Faggio in Sardegna. 50  Specie europee (22%)  Specie mediterranee (13%)  Specie afro-tropicali (1%)  Specie endemiche o areale ristretto (35%)  Specie cosmopolite (2%) Specie oloartiche: presenti bene o male su tutto il territorio. Legate ad ambienti non estremi, legate ad ambienti umidi o steppici, quindi massicciamente presenti in Pianura Padana, nelle piane alluvionali, fondovalle, formazioni umide anche insulari. Specie europee: distribuzione omogena, legate a clima freddo quindi maggiormente presenti al nord. Specie mediterranee: più frequenti nelle isole e lungo le coste, soprattutto quelle tirreniche. Alcuni elementi sono penetrati lungo l’arco appenninico dove le condizioni sono simili alla zona mediterranea. Specie ad areale ristretto: distribuite su tutta la penisola, molto frequenti in Sardegna (zona rimasta più isolata rispetto al continente), sull’arco Alpino e sulle Alpi marittime (zona di rifugio glaciale). Su un territorio come l’Italia le specie colonizzano tramite gradiente Nord-Sud, quindi le zone a sud come la Calabria sono state più difficili da raggiungere, e infatti il Sud ha maggior specie ad areale ristretto. In Italia possono essere identificate 6 province faunistiche: Alpina, Padana, Appenninica, Pugliese, Sicula, Sarda.  Provincia Alpina: si estende lungo l’arco alpino. Le Alpi si sono formate all’inizio del Miocene e sono ancora in sollevamento. Durante la loro formazione si sono popolate di una fauna tipica che lasciato tracce residue soprattutto tra le specie che ora abitano in grotta. Una seconda colonizzazione è avvenuta durante le glaciazioni, quando si sono sciolti i ghiacci alcune specie anziché andare verso Nord sono rimaste sulle cime delle Alpi (specie boreo-alpina, areale disgiunto). La provincia è suddivisa in settore alpino occidentale e settore alpino orientale, separati da zona di transizione. La fauna dei due settori è diversa per ragioni geologiche (est carbonatiche, ovest rocce cristalline) e per ingresso di animali Pirenaici a ovest e Balcanici a est.  Provincia Padana: la Pianura Padana ha avuto origine nel Pleistocene dall’apporto fluviale dei grandi fiumi alpini. Molto impatto antropico.  Provincia Appenninica: nel Miocene gli Appennini erano costituiti da una serie di isole con connessioni ai Balcani e isole tirreniche, oggi si trovano ancora nella fauna tracce di queste connessioni. Durante l’ultima glaciazione alcuni elementi della fauna alpina si sono spostati verso Sud.  Bluprestis splendens: coleottero presente in tutta Europa dalla Russia fino all’Europa occidentale. Assente in Gran Bretagna e Irlanda; in Italia osservato sull’Appennino e Basilicata. Estinto in Germania, Austrai e Svezia.  Provincia Pugliese: Caratterizzata dalla modesta altitudine dei rilievi. Fino al Pleistocene era un’isola collegata alla paleoarea egea. Molte specie di invertebrati hanno distribuzione transasdratica o transionica; la fauna sotterranea ricca di crostacei, aracnidi e insetti endemici.  il coleottero Italodytes stammeri che si trova nelle Grotte di Castellana ha una distribuzione che testimonia la sua origine dall’Egeide.  presenza nelle acque sotterranee di specie di origine marina ad affinità indopacifica, considerati relitti terziari tetidei.  Provincia Sicula: durante il Quaternario, la Sicilia era collegata al continente; ciò ha permesso la colonizzazione da parte di specie settentrionali che oggi si trovano in querceti e faggete delle zone più umide. La fauna siciliana ha specie paleomediterranee e paleotirreniche, relitti di faune terziarie.  Provincia Sarda: è una microzolla rimasta per molto tempo legata alla zona iberica (fauna affine con questa zona), si è staccata e si è portata dove è ora. Isolata per molto tempo ma in contatto con la 51 penisola italiana durante la crisi di salinità de Messiniano che ha permesso ingressi di elementi sardo- toscani. Vertebrati italiani In Italia sono presenti 590 specie di vertebrati terrestri o d’acqua dolce: 97 specie di pesci, 44 specie di anfibi, 56 di rettili, 267 uccelli, 126 mammiferi. Si aggiungono 76 specie di condritti. Molte specie endemiche, in particolare il 31% degli anfibi è endemico. Anfibi e rettili: paese europeo con la massima diversità erpetologica, zona di rifugio importante che ha contribuito a speciazione durante le ere glaciali. 23 specie di anuri, 4 alloctone. Anuri:  Discoglossus sardus: anuro presente in Sardegna, su due isola dell’arcipelago Toscano e sull’Argentario, testimonianza della connessione tra Sardegna-Toscana durante la crisi del Messiniano.  Hyla sarda: Corsica, Sardegna, isola toscane.  Rana italica: endemismo italiano su tutta la catena Appenninica, fino a 1450 metri.  Rana latastei: sub-endemismo italiano nella pianuta padano-veneta, canton Ticino e siti di Istria e Croazia Caudata:  Euproctus platycephalus: salamandra, specie endemica esclusiva della Sardegna. La sua specie affine è presente solo in Corsica, la specie più affine a queste due si trova sui Pirenei (Corsica e Sardegna erano legate alla regione iberica).  Salamandra lanzai: distribuzione puntiforme, vive in alta quota fino a 2600m.  Salamandrina perspicillata: nuova specie, sugli appennini settentrionali.  Salamandrina terdigitata: appennini meriodinali. Uguale morfologicamente alla S.perspicillata.  Proteus anguinus: tritone di grotta, habitat acquatici sotterranei, provenienza dalla Slovenia.  Lissotriton italicus: tritone italiano, centro -sud italia. Pletodontidi: Anfibi privi di polmoni, respirano attraverso la pelle, legati ad ambienti umidi come grotte, deposizione però legata ad ambiente terrestre. Il genere Hydromantes è distribuito lungo tutta la penisola (con 5 specie in Sardegna, Liguria, centro Italia). Le specie più affini si trovano in California, con centro di origine in Sudamerica, ancora non ci si spiega come sia possibile il fatto che si trovino in Italia. L’unica ipotesi è che sono state specie che avevano un’ampia distribuzione in un certo momento, successivamente si sono estinte ovunque nel mondo e sono rimaste solo nelle zone idonee alla loro biologia (molti nel Nuovo mondo, Italia e 1 specie in Corea). Rettili: Cheloni e squamati, tre cheloni endemici. Molti sauri endemici.  Algiroide nano: endemismo sardo-corso presente dal livello del mare fino a 1455 metri di quota.  Lucertola di Bedriaga: endemismo sardo-corsico. Endemici anche lucertola tirrenica, lucertola delle Eolie, Lucertola di wagler (sicula) e saettone rosso (sud penisola, sicilia). Mammiferi: 52 Fauna piuttosto povera, solo 7 ordini perché i mammiferi dell’oloartico sono stati impoveriti dalle glaciazioni (tutti i mammiferi temperati si sono estinti come gli ippopotami). 6 endemismi tra i roditori, chirotteri.  Arvicola calabra  Crocidura sicula (toporagno)  Talpa romana  Sorex samniticus  Plecotus sardus (orecchione sardo, chirottero)  Myotis punicus Stato di conservazione dei mammiferi: ripresa di alcune popolazioni tra gli ungulati e carnivori come il lupo o l’orso, questo perché sono state abbandonate molte zone di montagna che sono state occupate dagli animali. Le condizioni generali degli habitat però sono in forte declino. L’istrice, originario dell’Africa Settentrionale, è legato ad ambienti tropicali e sta risalendo dopo le glaciazioni, attualmente è arrivato in Liguria. Carnivori abbastanza presenti, tra cui una coppia di Lince dalla Slovenia (estinta a causa della caccia), principalmente mustelidi tra cui puzzola, lontra, tasso, faina, martora, donnola, ermellino e visone.  Lutra lutra: originariamente diffusa in Italia, attualmente confinata in due nuclei lungo i corsi d’acqua che si estendono tra Abruzzo, Molise, Campania, etc.  Canidi tra cui volpe rossa, cane procione, sciacallo e lupo. Dalla lista rossa IUCN emerge che sono ben 17 le specie rosse, 42 le arancioni e 79 le gialle; un’alta percentuale minacciata dall’estinzione. Le specie indicate come vulnerabili comprendono taxa ad areale ridotto e con una riduzione drastica di individui negli ultimi periodi. Tra i vertebrati a rischio ci sono l’orso bruno, la nottola gigante, molti falconiformi.  La nottola gigante è in pericolo di estinzione essendo un animale specializzato viene minacciato dall’effetto antropico.  Ursus actor non è in estinzione, essendo presente in tutto il territorio olartico. È la popolazione italiana ad esserlo, soprattutto la popolazione isolata dell’Abruzzo.  I falconiformi, nutrendosi di carogne, stanno risentendo della diminuzione dei capi allevati e dalle normative veterinarie che impongono la rimozione della carcassa dei capi allevati. Il gipeto si è estinto in Italia nel 1969, a seguito di progetto di reintroduzione sta riprendendo numero. Il grifone si è estinto in quasi tutta Italia, ad eccezione della Sardegna. Ominidi - origine dell’uomo e biogeografia Attualmente è presente una sola specie di Homo, ma un tempo ne esistevano di più. Filogeneticamente fa parte del gruppo degli ominoidi, a cui appartengono anche i Gibboni. Degli ominoidi fanno parte gli Ilobatoidi (gibboni) e gli Ominoidini (gorilla, due specie Pan, Homo e Orangutan). La differenza tra ilobatoidi e ominoidini è sulla brachiazione di quest’ultimi e la maggiore circonvoluzione della corteccia del nostro gruppo. 55 Il DNA non moderno rimasto sarebbe stato conservato perché forniva caratteristiche utili ad adattarsi al clima. L’aver ibridizzato con un’altra specie ha portato ad una diminuzione della fitness dell’Homo non africano, cosa che si vede anche attualmente (gli africani hanno fitness maggiore degli europei). Homo floresiensis: 700.000 anni fa; piccola statura e grandi piedi, derivato da una popolazione di H.erectus rimasta sull’isola di Flores. Visse fino a 20.000 anni fa. Nanismo insulare. Uomo di Denisova: ritrovato sui monti Altai in Siberia. L’analisi del materiale genetico, ben conservato dal freddo, ha dimostrato che è una specie distinta dalle altre specie coeve, frutto di una migrazione distinta da quelle di H.sapiens e H.neanderthalensi. geni dell’uomo di Denisova sono presenti nel genoma di alcuni uomini attuali (extra-Africa, soprattutto in Oceania e Tibet), dimostra che ibridava con H.sapiens.  L’uomo attuale africano è privo di contaminazione del genoma di altre specie di Homo.  2% genoma di Neanderthal e 5% genoma di Denisova nel nostro genoma. H.sapiens ibridava con le altre specie di Homo. Homo sapiens: ebbe origine in Africa 160.130 mila anni fa e qui si differenziò prima di migrare. 3 ondate di migrazione: 120.000 anni fa, 90.000 anni fa e 75.000 anni fa (questa ha causato estinzione dei Neanderthal). La spiegazione di queste migrazioni periodiche, oltre a caratteristiche biologiche migratorie, è legata ad un aumento di dimensione di popolazione che li spingeva ad allontanarsi e al fatto che ogni venti millenni si creano le condizioni adatte per la creazione di corridoi vegetali nel Sahara e nel deserto arabico, Homo sapiens avrebbe approfittato di questi momentanei buchi in quelle barriere impenetrabili per sciamare fuori dall’Africa. 50.000 anni fa si è verificata un’esplosione demografica, prima in Europa (35.000 anni fa), poi in Giappone e infine, 12.000 anni fa, in America tramite lo stretto di Bering, per ultime le isole del Pacifico. Lo studio della diffusione dei diversi linguaggi ha permesso di ricostruire la diffusione di Homo sapiens nel passato; in quel periodo non tutta l’America era coperta dai ghiacciai, le tre regioni prive di ghiaccio corrispondono alle regioni in cui si parlano i tre diversi linguaggi nativi americani, essendo state zone di rifugio i primi Homo si sono stabiliti lì; al ritiro dei ghiacciai si sono espansi ma hanno mantenuto i tre diversi linguaggi. Lo studio delle lingue ha consentito di ricostruire le migrazioni umane anche nell’Oceano Pacifico (teoria suggerita da Luca Cavalli Sforza). La separazione geografica ed i diversi fattori ambientali hanno inciso profondamente sulla differenziazione dei diversi gruppi umani; la variabilità all’interno della nostra specie è molto bassa, riconducibile ad un collo di bottiglia 12.000 anni fa per le glaciazioni che ha causato un crollo demografico e la scomparsa di molti alleli. La variabilità morfologica che si osserva è legata all’adattamento ai diversi climi: colore pelle (scuro protegge UV, chiaro favorisce produzione vitamina D), capelli (crespi mantengono l’umidità cutanea limitando un’evaporazione veloce), naso (piccolo meno esposto al gelo, più ampio disperde calore velocemente), occhi (palpebra adiposa come nei giapponesi o inuit limita la dispersione del calore), forma del corpo, etc. 56