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Biologia Animale e Vegetale, Sbobinature di Biologia

Appunti completi di biologia animale e vegetale del corso di Farmacia UniFi della professoressa Donati e Gamberi.

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

In vendita dal 03/06/2022

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chiara-anichini 🇮🇹

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Scarica Biologia Animale e Vegetale e più Sbobinature in PDF di Biologia solo su Docsity! 1 BIOLOGIA ANIMALE E VEGETALE È una scienza che studia i viventi e i loro rapporti con l’ambiente; le caratteristiche fondamentali della materia vivente sono: complessità specificamente definita capacità di accrescimento capacità di autoriprodursi capacità di adattamento all’ambiente legato al concetto di evoluzione. Per studiare questa scienza vi sono due approcci: olistico (si concentra sull’intero sistema) e riduzionistico (tende a smembrare il tutto in più parti concentrandosi sullo studio di una piccola parte) ottimale è compensarli infatti concentrandosi su una singola parte si perde il concetto di “proprietà emergenti” ovvero quelle caratteristiche nuove che derivano dall’interazione delle varie parti del sistema. TEORIA CELLURARE: La cellula è l’unità fondamentale della materia vivente e ne possiede tutte le proprietà fondamentali. Infatti, secondo la teoria cellulare, elaborata anche grazie agli interventi di Schleiden e Schwann, tutti gli organismi viventi sono costituiti da cellule e queste si originano solo dalla divisione di cellule preesistenti. Parlando di cellule abbiamo a che fare con un qualcosa di piccolo, microscopico e quindi essenziale è stata l’invenzione del microscopio ottico ad opera di Hooke nel 1665. Inizialmente il mondo dei viventi era suddiviso in 5 regni (piante, funghi, animali, batteri, protozoi), successivamente grazie ad un approccio molecolare si è capito che nel regno dei batteri vi erano cellule batteriche molto diverse fra loro e questo venne ridiviso in 3 domini: dominio dei batteri/eubatteri; dominio degli eucarioti (piante, protisti, animali ecc.); dominio degli archea. Uno studioso, infatti, studiò nel regno iniziale dei batteri l’RNA ribosomiale di diverse cellule procariote guardandone la sequenza. Egli ha sequenziato tali RNA ribosomiali e si è accorto che tanto più due organismi erano vicini dal punto di vista evolutivo, tanto più simile era la sequenza nucleotidica. Quindi nel regno dei batteri vi erano organismi che dal punto di vista evolutivo non erano simili anche se entrambi procarioti; gli archea, infatti, assomigliano maggiormente agli eucarioti. La parte di biologia che studia la diversità e le correlazioni evolutive degli organismi prende il nome di sistematica, la scienza che studia invece nomenclatura e classificazione prende il nome di tassonomia (taxa sono i vari gruppi). RICORDA: - cellula vegetale= 20x30 micron -cellula animale=10x20 micron -batterio=1x2 micron -ribosoma batterico=25 nm -membrana=7 nm -elica DNA=2 nm La dimensione e la forma delle cellule dipendono dalla funzione, il parametro critico per le dimensioni è il rapporto superficie/volume dove la superficie è la membrana plasmatica della cellula e il volume è ciò che sta all’interno. Le variazioni di forma rappresentano una strategia per aumentare tale rapporto. Se il volume cellulare è esteso il tempo di una determinata sostanza per attraversare tutta la cellula e arrivare al nucleo è troppo lungo e spesso non compatibile con la vita. I procedimenti operativi per la costruzione della conoscenza scientifica sono: induttivo (da particolare a generale) e deduttivo (dalla legge alla verifica dell’attendibilità); questi si basano sull’osservazione e esperimento con metodi distruttivi (secondo un approccio biochimico cercando di conoscere la composizione molecolare delle cellule scomponendole in piccole unità) o conservativi (salvaguardano l’integrità delle cellule utilizzando tecniche di coltura in vitro). LE MACROMOLECOLE Le macromolecole sono essenziali per la formazione dell’essere vivente e ne costituiscono il 30%, l’altro 70 è costituito da acqua. Le 4 classi di macromolecole sono: -carboidrati con funzione di riserva energetica e strutturale -lipidi con funzione energetica e strutturale -proteine che svolgono tutte le funzioni vitali in un essere vivente e costituiscono il 15% delle macromolecole -acidi nucleici (DNA RNA) che contengono l’informazione genetica. Carboidrati, acidi nucleici e proteine sono polimeri ovvero lunghe catene monomeriche. I lipidi invece non sono veri e propri polimeri ma una classe eterogenea di molecole con caratteristiche chimico fisiche uguali ovvero essere insolubili in acqua che svolgono diverse funzioni. MACROMOLECOLE COME POLIMERI. 2 In generale i polimeri hanno i loro monomeri specifici; due monomeri che si legano insieme formano un legame covalente specifico per quella classe di macromolecole. Nonostante ciò, il processo di formazione di un polimero è sempre lo stesso: due monomeri si devono legare in modo covalente con una reazione di condensazione. Il monomero più esterno del polimero utilizzando l’H si va a legare con il gruppo carbossilico OH dell’altro monomero non legato. Ciò comporta una liberazione di acqua dove un atomo più elettronegativo si tiene gli elettroni di legame dell’H e si libera un protone, l’O più elettronegativo si porta dietro gli elettroni e dopo lo scarto di acqua i due elettroni che rimangono sul monomero 3 sono usati per fare il legame covalente. Questo prende il nome di reazione di disidratazione, quando invece servono i monomeri alla cellula allora i polimeri vengono degradati tramite l’idrolisi che per rompere il legame impiega una molecola di acqua. Sono due reazioni inverse che avvengono costantemente. PROTEINE Il termine deriva dal greco e significa “primo posto” per indicare le funzioni essenziali che hanno all’interno della cellula. Esse sono molte e variabili nella forma e struttura, inizialmente infatti si pensava che fossero loro depositarie dell’informazione genetica. Funzioni: -enzimatiche, sono enzimi, molecole che permettono alle reazioni chimiche della cellula di svolgersi con una velocità compatibile con la vita. -ruolo di riserva (non energetica) ma come deposito di amminoacidi. Un esempio è l’ovalbumina prodotta in grande quantità dall’uovo per lo sviluppo dell’embrione -difesa, proteggono dalle malattie, gli anticorpi sono proteine che inattivano virus e batteri -trasporto, trasportare sostanze, presenti nelle nostre membrane fatte da lipidi, materiale idrofobico, essendo impermeabile alle sostanze polari e di grandi dimensioni, hanno bisogno delle proteine per comunicare con l’ambiente esterno. -funzione ormonale, coordinano le attività di un organismo come l’insulina -motoria, proteine del citoscheletro che consentono il movimento e regolano il movimento cellulare. Un altro esempio sono le proteine actina e miosina che producono la contrazione muscolare -funzione recettoriale, comunicano tra loro non mediante ormoni ma tramite impulso elettrico a livello del tessuto nervoso dove il messaggio viene fatto passare tramite sostanze proteiche chiamate neurotrasmettitori -funzione strutturale, forniscono supporto meccanico, esempio collagene. COME SI FORMANO. Le proteine sono polimeri di amminoacidi. Essi sono molecole che contengono un carbonio centrale, due gruppi funzionali specifici i quali sono un gruppo carbossilico che conferisce proprietà acide all’amminoacido (in soluzione può perdere un protone, acquisire carica negativa e rimane in forma ionizzata) e un gruppo amminico (azoto e due atomi di idrogeno) che conferisce invece proprietà basiche (in soluzione si può trovare dunque l’azoto protonato). A seconda del ph della soluzione in cui l’amminoacido si trova esso può essere in forma neutra, avere entrambe le cariche positive e negative o solo positiva o negativa. In base poi alla catena laterale si ha un amminoacido al posto di un altro, quindi è solo questa che cambia. Gli amminoacidi sono 20 e hanno la loro informazione genetica sul DNA e RNA. Ogni essere vivente al suo interno ha un apparato biosintetico in grado di produrre una parte degli amminoacidi e proteine, l’altra parte di amminoacidi invece, chiamati essenziali, non siamo in grado di produrli autonomamente e vanno presi quindi con l’alimentazione. CLASSIFICAZIONE DEGLI AMMINOACIDI (in base alla catena lineare nel solvente acqua) -apolari o idrofobici, dove la catena lineare contiene sempre carbonio o idrogeno SENZA ossigeno e quindi non si formano legami e interazioni con l’acqua. -polari non carichi/neutri o idrofili, presentano nella catena laterale un atomo molto elettronegativo legato ad uno poco elettronegativo e formano legami ad idrogeno con l’acqua. -polari carichi idrofili, hanno nella catena laterale dei gruppi funzionali che permettono loro di reagire o come acidi o come basi in una soluzione e risultano o protonati o con carica negativa. In base al tipo di amminoacido con gruppo acido o base ugualmente le proteine avranno proprietà basiche o acide. Negli ultimi anni sono stati scoperti 2 nuovi amminoacidi: selenocisteina e pirrolisina 5 alfaglucosio e fruttosio legato con legame alfa-1,2; o il cellobiosio legato con legame beta-1,4 glicosidico forma le microfibrille di cellulosa. I polisaccaridi sono enormi ripetizioni di monosaccaridi. Importanti sono amido, glicogeno e cellulosa. L’amido è un polimero di alfa-glucosio con monomeri uniti da legami 1,4-alfa-glicosidici tutti con lo stesso orientamento e si presenta in due forme: una non ramificata (amilosio= monomero di alfa-glucosio) data dal legame alfa-1,4 o ramificata (amilopectina) data dal legame alfa-1,6; esso è immagazzinato negli amiloplasti (plastidi della cellula vegetale) ed è il carboidrato di riserva delle cellule vegetali. Il glicogeno è un polimero di monomeri di alfa-glucosio con legame 1,4-alfa-glicosidico con funzione di immagazzinamento di energia nel fegato e nel tessuto muscolare degli animali. Rispetto all’amido è più ramificato e tali ramificazioni si formano tramite legami 1,6-alfa-glicosidici tra il gruppo ossidrile del C6 e quello del C1 dell’altra molecola di glucosio. La cellulosa è un polimero di monomeri di beta-glucosio dove i monomeri (cellobiosio) si uniscono con legame 1,4-beta-glicosidico senza ramificazioni; ogni molecola di glucosio è ruotata di 180°, quindi gli OH sono uno da una parte e uno dall’altra e questo permette di stabilire delle interazioni non covalenti (legami ad idrogeno). Essa ha una funzione strutturale CARBOIDRATI MODIFICATI: AMMINOZUCCHERI Essi si trovano nella composizione della parete cellulare batterica, ad esempio il peptidoglicano è costituito da amminoacidi e zuccheri. La componente glicidica, infatti, prevede il ripetersi a formare lunghe catene di due amminozuccheri che sono la Nacetilglucosammina (Nag) e l’acido N-acetilmuramico(Nam). la prima si forma da un carboidrato modificato, la beta-glucosammina (con NH2 al C3), a cui viene aggiunto un acetile. Il secondo aggiunge in più un altro sostituente legato in posizione 3. Il ripetersi di Nag e Nam legati da un legame glicosidico beta-1,4 formano il polimero che costituisce la porzione glicidica della parete peptido glicanica batterica. La Nag si ripete con legame beta-1,4 a formare la chitina che è l’esoscheletro degli insetti utilizzata per produrre fili chirurgici. LIPIDI Composti eterogenei insolubili in acqua, molecole idrofobiche o apolari. Sono molecole lipidiche: 1) Acidi grassi 2) Trigliceridi 3) Fosfolipidi 4) Glicolipidi 5) Steroidi 6) Terpeni Diverse funzioni: riserva energetica, componenti strutturali delle membrane biologiche, ormoni e vitamine. ACIDI GRASSI Presenza di un gruppo funzionale carbossilico COOH, seguito da una lunga catena idrocarburica CH2. Essi si dividono in acidi grassi saturi e insaturi. Negli acidi grassi saturi (acido palmitico) nella catena idrocarburica vi sono legami singoli e questo rende la catena lineare. Negli acidi grassi insaturi (acido linoleico) nella catena sono presenti doppi legami e infatti questo introduce una curvatura della molecola. L’andamento rettilineo della catena permette alle molecole di aggregarsi in modo compatto con altre simili; mentre le curvature delle molecole impediscono loro di aggregarsi in insieme compatti. Il grado di insaturazione degli acidi grassi nei lipidi di membrana ha una conseguenza importante per la fluidità della membrana stessa. Più acidi grassi saturi meno fluida. TRIGLICERIDI O TRIACILGLICEROLI (GRASSI NEUTRI) Sono costituiti da 3 molecole di acidi grassi saturi covalentemente legate ad una molecola di glicerolo (alcol con 3 atomi di carbonio), il gruppo carbossilico di ciascuna delle 3 molecole di acidi grassi reagisce con l’ossidrile del glicerolo formando un legame covalente chiamato legame estere. Quindi sono formati da una molecola di glicerolo esterificato con 3 molecole di acidi grassi. La presenza di doppi legami nelle molecole di acidi grassi cambia le caratteristiche dei trigliceridi. A temperatura ambiente le molecole di un grasso saturo formano un solido (burro ecc.) mentre un grasso insaturo è liquido (olio eccc.) FOSFOLIPIDI Lipidi complessi, sono le componenti principali delle membrane biologiche e si suddividono in: 6 -fosfogliceridi o glicerofosfolipidi Presentano lo scheletro di glicerolo esterificato da 2 molecole di acidi grassi e acido fosforico a cui è legata una catena laterale R polare e idrofila. La parte formata dal gruppo fosfato (P) + glicerolo e acidi grassi prende il nome di acido fosfatidico a cui si attacca un altro gruppo polare che può essere ad esempio una colina, serina ecc. (fosfatidil-colina o serina ecc.). Queste sono quindi molecole complesse perché formate da molecole apolari + gruppo fosfato e gruppo R polare e per questo chiamate molecole ANFIPATICHE dove la testa idrofila si pone a contatto con l’acqua mentre le code idrofobiche sono rivolte verso l’interno. -sfingofosfolipidi Lo scheletro non è il glicerolo ma una molecola di sfingosina, un amminoalcol (gruppo amminico NH e gruppi OH) a catena lunga con doppio legame di C. Se al gruppo amminico si lega con legame ammidico un acido grasso si ha un ceramide che è la struttura di base da cui poi parte la sintesi degli altri sfingolipidi. L’attacco di un gruppo fosfato all’ossidrile OH della sfingosina genera uno sfingofosfolipide con un gruppo R polare che può essere ad esempio la colina e in questo caso abbiamo la sfingomielina che è la più abbondante nelle membrane biologiche. Mettendo a confronto un glicerofosfolipide (fosfatidilcolina) con uno sfingofosfolipide (sfingomielina) si vede come la struttura chimica sia diversa ma la conformazione e distribuzione delle cariche è molto simile. GLICOLIPIDI (GLICOSFINGOLIPIDI E GLICOGLIEROLOLIPIDI) I primi sono abbondanti nel sistema nervoso. Uguali ai fosfolipidi solo che al posto di un acido grasso presentano uno zucchero o mono o oligo saccaride. STEROIDI Presenza di 4 anelli carboniosi. Il colesterolo, che è uno sterolo, presenta ad una estremità una catena idrocarburica laterale, all’altra un ossidrile OH che conferisce una natura polare a tutto il resto della molecola di natura idrofobica apolare. Esso è uno dei costituenti fondamentali delle membrane cellulari animali e precursore di molecole biologiche come: -ormoni steroidei -vitaminaD -acidi biliari TERPENI Es. beta-carotene, vitamina A ecc. si formano a partire da unità isopreniche. CELLULA PROCARIOTA Caratteristiche principali: -non ha all’interno delle strutture membranose organizzate, essa presenta una barriera che separa l’ambiente esterno da quello interno ed è la membrana plasmatica. -l’interno cellulare è composto in gran parte da acqua, dove sono disciolte le molecole e macromolecole essenziali per la vita della cellula. -presenta il materiale genetico DNA che si trova in una regione della cellula che prende il nome dii nucleoide. -in comune con la cellula eucariota ha il ribosoma che è un organello privo di membrana. -la maggior parte dei procarioti sono organismi unicellulari e quindi l’organismo coincide con la cellula e presentano un ulteriore rivestimento esterno al di fuori della membrana plasmatica chiamato parete cellulare. Gli organismi che presentano la cellula procariota sono classificati in 2 domini Bacteria e Archea. Dei Bacteria fanno parte gli Eubatteri. EUBATTERI, MEMBRANA PLASMATICA La membrana plasmatica separa l’interno della cellula dall’ambiente esterno ed è fondamentale per la struttura della cellula. Per questo i virus non vengono considerati delle entità viventi perché non hanno né la membrana p. né materiale genetico costituito da DNA. Le proprietà chimico fisiche strutturali delle membrane biologiche sono tutte uguali. Come è fatta in generale: è una struttura membranosa fatta da molecole lipidiche chiamate fosfolipidi con la caratteristica di essere antipatiche; quindi, messe in acqua per essere stabili nell’ambiente da un punto di vista energetico si dispongono con la testa (idrofila) verso la soluzione acquosa e con la coda (idrofobica) verso l’interno e verso la coda di un altro fosfolipide a formare un doppio strato di membrana (modello a mosaico fluido). Essa fa da supporto per l’inserimento di una serie variabile di proteine che si possono legare o a una delle due superfici o attraversarla completamente e che conferiscono alla membrana specifiche funzioni. La membrana dei procarioti, come negli eucarioti, regola il passaggio di sostanze e in 7 generale hanno le stesse funzioni solo che quella procariota a differenza degli eucarioti è sede del metabolismo energetico in quanto priva di organelli (ad esempio la respirazione cellulare avviene nella membrana). La differenza con gli eucarioti sta nei fosfolipidi e nella presenza di opanoidi al posto degli steroli come tamponi di fluidità. I fosfolipidi di membrana alcuni sono gli stessi tra proc. ed euc. Negli eubatteri è presente però un fosfolipide particolare chiamato cardiolipina (chiamato così perché fu trovato nella membrana interna del mitocondrio delle cellule cardiache di un topo); è una molecola anfipatica formata da 2 scheletri di glicerolo legati a 4 acidi grassi e ognuno legato ad un gruppo fosfato (si chiamano acidi fosfatidici, precursori dei fosfolipidi, se fatti reagire con una molecola polare) uniti ad una molecola polare di glicerolo. La presenza di cardiolipina è una delle prove sperimentali della teoria endosimbionta che dice che mitocondri e cloroplasti sono dei batteri ingeriti da una cellula procariota che sarebbe diventata eucariota ma che invece di digerire il batterio ha stabilito un rapporto di simbiosi e questi batteri sono diventati cloroplasti o mitocondri; infatti, questa si trova solo nella membrana interna di essi. PARETE CELLULARE La maggior parte dei batteri hanno all’esterno della membrana un ulteriore rivestimento di natura chimica diversa chiamata parete cellulare. Nella maggior parte è di natura polisaccaridica (carboidrati) in quanto ha funzione di supporto e resistenza meccanica; si hanno di questi polisaccaridi catene lunghe e rigide che si uniscono ad altri formando fasci ordinati. N.B. la parete non è presente nelle cellule eucariote animali e molto diversa in quelle vegetali. Funzione: protegge dagli squilibri osmotici per evitare che la cellula scoppi, determina la forma del batterio, può avere proteine che servono alla cellula a ricevere segnali e queste spesso sono responsabili dell’attivazione della risposta immunitaria, punto di attacco di vari antibiotici che vanno a colpire la parete distruggendola e quindi il batterio non riuscendo a regolare lo squilibrio osmotico scoppia, punto di attacco di virus batteriofagi, negli eubatteri è responsabile del comportamento della colorazione di Gram. La parete cellulare degli eubatteri è costituita dal polisaccaride dove l’unità che si ripete è un disaccaride con 2 zuccheri derivati dal glucosio modificato (amminozuccheri Nam e Nag). Essi si legano con un legame 1,4-beta glicosidico. Tale polisaccaride prende il nome di peptidoglicano. Infatti, oltre agli zuccheri presenta una parte proteica formata da un corto peptide di 4/5 amminoacidi che va a legarsi talvolta al Nam in modo trasversale. Si formano quindi legami peptidici con altri amminoacidi che si trovano sparsi un’altra catena di peptidoglicano a formare un reticolo rigido. COLORAZIONE DI GRAM il medico Gram studiando batteri patogeni mise a punto un metodo di colorazione che permette di distinguere i batteri in base alla quantità di peptidoglicano contenuto nella loro parete cellulare. La loro parete infatti presenta una diversa organizzazione e quindi una diversa sensibilità nei confronti di farmaci antibiotici. Tramite la colorazione di cristal-violetto divise i batteri in due gruppi: Gram+ e Gram - I Gram + erano in grado di assorbire il colore usato da Gram e quando venivano osservati al microscopio ottico erano di colore viola, i Gram - erano chiari in quanto non assorbivano il colore e per osservarli veniva usata la colorazione per contrasto. I Gram+ hanno la parete costituita esclusivamente da peptidoglicano con varie proteine, il colore reagisce con i polisaccaridi. I Gram- invece hanno la parete formata da peptidoglicano, un’altra membrana esterna con fosfolipidi particolari e proteine (porine) permeabili alla quale sono legati i lipopolisaccaridi (lipidi con lunghe catene di carboidrati) da cui spesso deriva la patogenità di tali batteri. Il primo antibiotico scoperto fu la penicillina che va a rompere i legami trasversali tra gli amminoacidi del peptidoglicano e rende quindi la sua struttura meno stabile, di conseguenza i batteri meno resistenti all’equilibrio osmotico scoppiano. Se però utilizzo tale antibiotico sui batteri Gram- non succede niente poiché hanno ancora la membrana più esterna. DNA I procarioti hanno un DNA come il nostro fatto da due filamenti uniti da un legame ad idrogeno, a differenza degli eucarioti qui si trova in forma circolare e con un numero minimo di copie di DNA. Alcuni batteri possono presentare molecole accessorie di DNA di forma circolare ma più piccoli che prendono il nome di plasmidi. Essi non sono essenziali e sono tenuti nella cellula solo se sono per lei un vantaggio. Possono contenere geni con resistenza agli antibiotici, o geni che permettono la produzione di enzimi che 10 Sede dell’informazione genetica, contiene DNA e RNA e ne regola la funzione. Presenta poi alcune macromolecole e proteine. È un organello rivestito da due membrane una più interna e una più esterna (tutte e due formate da un doppio strato fosfolipidico e separate da uno spazio vuoto) a formare l’involucro nucleare. La superficie di quest’ultimo contiene complessi (tante) proteici chiamati pori nucleari. L’ambiente acquoso del nucleo è chiamato nucleoplasma. I pori nucleari sono formati da una serie di proteine che attraversano completamente le due membrane generando un canale idrofilico ricco di acqua che permette il passaggio di sostanze mettendo in comunicazione il nucleoplasma e il citoplasma. Su una parte dell’involucro nucleare sono presenti anche i ribosomi. All’interno, nel caso degli eucarioti, il DNA è formato da una molecola con due filamenti polinucleotidici a doppia elica ma di forma lineare. PORO NUCLEARE Strutture proteiche formate da molte proteine. I pori sono formati da due anelli proteici ciascuno fatto da 8 proteine di forma globulare e formano il diametro del canale. Vi sono poi altre proteine che servono ad ancorare il poro all’involucro nucleare. Piccole molecole possono passare liberamente attraverso il canale, la maggior parte delle sostanze di grosse dimensioni richiedono un trasporto attivo ovvero c’è bisogno che la cellula decida di farle passare e quindi consumi energia. Passano le sostanze che servono per regolare e far funzionare il materiale genetico; esce invece ciò che serve per la sintesi delle proteine. NUCLEOLO La parte interna del nucleo, il nucleoplasma, prima che la cellula si divida presenta un altro aspetto dove vi sono due regioni con densità diversa che viste al microscopio appaiono una più scura e una più chiara. In quella chiara vi sono i cromosomi e l’apparato necessario per regolarli, nella parte più scura chiamata nucleolo si distinguono due zone: una fibrillare densa e una granulare. Nella parte fibrillare vi sono le parti del DNA che portano l’informazione per la sintesi dei ribosomi (sintesi di RNA ribosomiale) e che quindi viene trascritto in rRNA. Tutte le parti di DNA che hanno l’informazione si dispongono in modo da sporgere nella parte fibrillare e questa disposizione prende il nome di regione dell’organizzazione nucleolare (NOR). Nella parte granulare ci sono le proteine che formano i ribosomi che si uniscono all’rRNA. N.B. Se la cellula sta andando incontro a divisone cellulare il nucleolo sparisce e non è più visibile. LAMINA NUCLEARE Parte scheletrica che serve a garantire la forma del nucleo in modo da non farlo collassare su sé stesso. Essa è fatta da proteine fibrose. MATRICE NUCLEARE Struttura proteica interna fatta da proteine fibrose che organizza e ordina la parte interna. RIBOSOMI Organelli non rivestiti da membrana, costituiti da proteine e RNA ribosomiale, all’interno dei quali avviene la sintesi delle proteine. Formati da due subunità una più grande e una più piccola. Sono uniti soltanto nel citoplasma quando c’è sintesi proteica senno sono separati. Sono distinti da quelli dei batteri per il coefficiente di sedimentazione. SISTEMA DI ENDOMEMBRANE Insieme di strutture membranose o collegate fisicamente tra di loro o collegate funzionalmente. Esso comprende: la parte esterna dell’involucro nucleare, il reticolo endoplasmatico che si divide in liscio e rugoso, apparato del Golgi, vescicole membranose con funzione di trasporto, lisosomi (presenti solo nelle cellule animali che non hanno funzione di trasporto), membrana plasmatica, vescicole di secrezione prodotte per riversare verso l’esterno determinate sostanza. Il compito è quello di portare alla sintesi di alcune proteine o modificarle chimicamente in modo che diventino funzionali. Deve portare alla sintesi dei lipidi e alla loro maturazione RETICOLO ENDOPLASMATICO (RE) Si trova legato alla parte esterna dell’involucro nucleare e si divide in due parti: liscio e rugoso. A quello rugoso spetta la sintesi delle proteine e la l’inizio della loro modifica, a quello liscio la sintesi e modifica dei lipidi. Il rugoso (RER) è formato da cisterne appiattite l’una sull’altra formate da una singola membrana cellulare dove all’interno è presente un ambiente acquoso chiamato lume. Spesso le cisterne sono collegate da ponti citoplasmatici tra di loro. La membrana esterna presenta inoltre i ribosomi legati. Il liscio (REL) è formato da tubi cavi delimitai da una singola membrana, ambiente acquoso interno chiamato lume, fitto reticolo privo di ribosomi. RUVIDO 11 Sede della sintesi e maturazione di proteine destinate alla membrana plasmatica, membrane degli organelli o alla secrezione. Le modifiche chimiche che possono subire sono:1) la glicosilazione che consiste nel legare covalentemente alla proteina una catena oligosaccaridica (es. collagene) 2) idrossilazione di amminoacidi come lisina e prolina, ovvero l’aggiunta del gruppo OH 3) legare in modo covalente un glicolipide ad una proteina LISCIO Sede della sintesi dei lipidi maturati successivamente. A seconda della cellula svolge funzioni diverse. Nel fegato, ad esempio, il liscio contiene una serie di enzimi che consentono di rimuovere sostanze tossiche (detossificazione) come agenti chimici nocivi e farmaci. La detossificazione spesso prevede l’aggiunta di gruppi ossidrilici che rendono il composto più solubile che viene espulso dai reni. In alcuni casi come l’alcol o il fumo di sigaretta l’aggiunta di tali gruppi li rende ancora più tossici. Sempre a livello del fegato vi è un enzima sulla membrana del liscio che permette al fegato di demolire il glicogeno, l’enzima viene attivato quando la glicemia è bassa, il fegato quindi degrada il glicogeno e libera glucosio nel circolo sanguigno. Altra funzione del liscio è quella di accumulare calcio nel muscolo scheletrico (reticolo sarcoplasmatico); l’accumulo di calcio e il rilascio attiva la contrazione muscolare. APPARATO DEL GOLGI È composto da una pila di cisterne a forma di sacco appiattite. L’interno di queste cisterne non è in continuità, non sono interconnesse. Esso si trova tra il reticolo endoplasmatico e la membrana plasmatica. A seconda dell’orientamento delle cisterne esso si suddivide in 3 porzioni: cis, mediana e trans. Il versante cis è quello che guarda verso il nucleo, trans guarda verso la membrana plasmatica. Il versante cis è la sede di ricezione dell’apparato poiché collegato al reticolo endoplasmatico dal quale riceve sostanze tramite vescicole membranose che si fondono con la membrana rilasciando il contenuto. Vi sono poi enzimi specifici che modificano tale prodotto. È dalla porzione trans che gemmeranno delle vescicole membranose che porteranno il materiale alla destinazione finale tramite microtubuli. Vi è anche un movimento retrogrado, con cui le vescicole si muovono dal versante trans al cis, che serve per riportare indietro del materiale che non può procedere. L’apparato di Golgi è un organulo deputato alla modificazione chimica di macromolecole provenienti dal RE. È la sede di sintesi di polisaccaridi complessi. Ha degli enzimi residenti coinvolti nella maturazione dei lipidi, è qui che si ottiene la sfingomielina e sfingoglicolipidi. LISOSOMI Sono piccoli organelli delimitati da membrana. All’interno hanno un PH acido ottimale affinché gli enzimi idrolitici residenti lì funzionino. Qui arrivano molecole che verranno degradate ma sono le stesse che costituiscono la cellula, quindi, c’è il rischio che essi digeriscano la cellula intera, per questo è importante il compartimento. Hanno funzioni digestive, di riciclaggio cellulare e di difesa cellulare. Il PH acido è mantenuto grazie all’azione della pompa protonica che idrolizza l’ATP e sfruttando l’energia liberata permette di accumulare protoni dal citosol al lisosoma. I lisosomi sono assenti nelle cellule vegetali. Esso deriva dall’apparato di Golgi (lisosoma primario) dove inizialmente è inattivo. Quando si fonde con una vescicola contenente il materiale da digerire si trasforma in lisosoma secondario. Il lisosoma primario si fonde poi con una vescicola che nasce dall’invaginazione della membrana plasmatica contenente, ad esempio, particelle di cibo (fagosoma/fagocitosi) e diventa lisosoma secondario. Le piccole molecole prodotte dalla digestione vengono rilasciate nel citoplasma, i materiali invece che non vengono digeriti vengono rilasciati all’esterno della cellula. Autofagia= cellula che grazie al lisosoma degrada degli organuli che non funzionano correttamente. Ad esempio, se il mitocondrio non funziona si parla di mitofagia. Le componenti di questo ancora utili vengono riciclate. Altro esempio è dovuto allo stress in assenza di nutrienti dove prima di morire la cellula inizia a digerire parte di sé stessa. Il processo è controllato. PEROSSISOMI Organuli delimitati da una sola membrana, non derivano dal RE e non fanno parte del sistema di endomembrane. Sono più piccoli dei lisosomi ma simili ad essi. Si caratterizzano per la presenza dell’enzima catalasi che degrada il perossido di idrogeno (H2O2, molecola molto reattiva) in acqua e ossigeno. Sono numerosi nelle cellule renali e nel fegato ma anche nelle cellule che fanno la fotosintesi o al livello dei semi. Le cellule vegetali contengono alcuni perossisomi che non ci sono nelle cellule animali. Un esempio sono i 12 perossisomi fogliari dove avviene la via del glicolato. Insieme ai cloroplasti e mitocondri avviene il processo di fotorespirazione. Oppure i gliossisomi nei semi che intervengono nel ciclo di gliossilato durante la germinazione del seme. La biogenesi può avvenire per divisione di un perossisoma preesistente o attraverso la fusione di vescicole (non è sicuro da dove). MITOCONDRIO Organulo di considerevoli dimensioni presente sia nelle cellule animali che vegetali. La sua forma può variare. Non è rivestito da una ma da due membrane una esterna e una interna la quale delimita uno spazio interno chiamato matrice. Tra le due membrane vi è uno spazio chiamato spazio intermembrana. Mentre quella esterna riveste l’organulo, quella interna è caratterizzata da una serie di ripiegamenti chiamati creste mitocondriali. La membrana esterna per la composizione è simile alla membrana plasmatica e contiene delle proteine che si chiamano porine e formano dei pori che rendono la membrana permeabile a molecole e ioni. Lo spazio interembrana e citoplasma non sono quindi diversi per composizione chimica. Se invece consideriamo la matrice e vediamo la membrana interna vediamo che è una membrana selettiva dove rapporto lipide-proteina è a vantaggio della proteina. È qui che ci sono i complessi della catena respiratoria. La membrana interna è molto più selettiva ed è impermeabile alla maggior parte di ioni e molecole. È costituita da un fosfolipide chiamato cardiolipina. Il mitocondrio è la sede della respirazione cellulare aerobia. Esso produce energia cellulare sotto forma di molecole di adenosina trifosfato (ATP) formate da ribosio, adenina e tre gruppi fosfato. Le cellule che hanno un elevato bisogno di energia hanno un numero elevato di mitocondri. Ad esempio, vi sono avvolti intorno all’assonema in una forma diversa (a spirale) nella coda dello spermatozoo. Le sue funzioni non riguardano solo il metabolismo energetico ma è importante nella formazione ROS (specie reattive dell’ossigeno) ad alti livelli sono dannosi a basso regolano invece diversi processi. Importante per l’innesco dell’apoptosi, morte cellulare programmata, essa forma dei corpi apoptosi e si autoelimina. A livello della matrice oltre ai vari enzimi presenta un suo genoma costituito da DNA circolare; per questo sono definiti organuli semi-autonomi (semi perché è comunque limitato nelle informazioni). Vi è quindi la presenza di ribosomi grazie allo stampo di tRNA, rRNA, mRNA e riesce a produrre parte delle proteine mitocondriali. Tutto questo ha portato alla teoria endosimbiontica riguardante l‘origine di questi organuli (presenza di due membrane, presenza di DNA circolare,). Il mitocondrio in origine era un batterio che riusciva a fare la respirazione; una cellula in grado di fare la endocitosi ha fatto entrare tale batterio all’interno del suo citoplasma e quindi il batterio non è stato degradato e tra i due si è stabilita una relazione di simbiosi (protezione per il batterio e cellula che diventa in grado di respirare). Lo stesso può essere detto dei cloroplasti. CELLULA EUCARIOTA VEGETALE PARETE CELLULARE La parete cellulare ha un ruolo strutturale ed un ruolo importante nella composizione dei tessuti. Essa è formata da fibre di cellulosa immerse in un reticolo complesso fatto da polisaccaridi e glicoproteine. La cellulosa si ottiene legando insieme unità di cellobioso con legame beta-1,4-glicosidico. È una struttura rigida che permette di sopportare la pressione di turgore; è una barriera di permeabilità per le molecole di grandi dimensioni. A seconda dello sviluppo cellulare possiamo trovare più strati di parete cellulare che si divide in: -lamella mediana, è prodotta dall’apparato del Golgi ed è la parte più esterna della parete, si forma quando dopo la divisione cellulare (mitosi) le due cellule figlie si dividono. Ha una struttura polisaccaridica senza legame beta-glicosidico ed è formata da emicellulosa e sostanze peptiche. Ha la funzione di separare le due cellule figlie. -parete primaria, si forma quando ancora la cellula non ha finito di accrescersi ed è prodotta da enzimi posti sulla membrana plasmatica. Si trova più verso l’interno e qui è presente la cellulosa al 20/30% immersa in una matrice di sostanze pectiche e acqua a formare fasci ordinati. -parete secondaria, non è presente in tutte le cellule ed è fatta da 3 strati. La cellulosa qui è molto più abbondante. Presenta sostanze specifiche che modificano la parete in base alle esigenze della pianta. VACUOLO È un organello rivestito da una sola membrana, specializzata nel trasporto di sostanze, chiamata tonoplasto 15 passaggio di sostanze polari e ioni. Essi però pensavano che le proteine rivestissero le due facce della membrana in maniera uniforme entrando a contatto con la parte polare dei due strati di fosfolipidi. In seguito, Robertson vide al microscopio che tutte le cellule avevano questa struttura di membrana con stessa forma e più o meno stesso spessore e quindi formulò il fatto che le membrane avevano una struttura unitaria su tutte le cellule degli esseri viventi. Interpretò però questa immagine come una conferma del modello a sandwich paragonando le linee nere alle proteine (mentre erano i gruppi fosfato; infatti, l’osmio, sostanza con cui riuscì ad osservarle, reagiva con tali gruppi). Il modello a sandwich fu scartato successivamente grazie a sviluppi tecnologici che mettevano in discussione tale struttura per: -difficoltà nell’estrazione delle proteine di membrana (infatti è difficile staccarle essendo completamente inserite nella membrana) -proteine avevano dimensioni diverse -le fosfolipasi (enzimi specifici) degradavano i fosfolipidi che invece in teoria dovevano essere protetti dalle proteine Tramite l’analisi per criofrattura (nuova tecnica) si capì il vero modello delle membrane. Essa consisteva nel congelare rapidamente un preparato biologico, osservalo ad un microscopio dotato di lama che taglia i due foglietti della membrana separandoli. Se il modello a sandwich fosse stato vero bisognava vedere due facce uniformi, invece videro che le due facce della membrana avevano proteine con disposizione asimmetrica. Nicolson e Singer proposero dunque a seguito il modello a mosaico fluido= doppio strato fosfolipidico che conferiva alla membrana il termine fluido; mosaico perché abbiamo proteine che si dispongono in maniera asimmetrica e non uniforme. Si vide inoltre che i carboidrati erano presenti solo sul foglietto esterno in modo asimmetrico (quindi i due foglietti non sono mai uguali). Unwin e Henderson videro che le proteine integrali di membrana avevano una struttura tridimensionale ad alfa elica. Tali proteine possono attraversare uno o più volte la membrana. Hanno poi più segmenti transmembrana. Ultimi studi hanno portato alla scoperta di domini strutturali di membrana. Lungo la superficie della membrana vi sono regioni con struttura e organizzazione diversa (domini funzionali). La membrana, infatti, non è fluida in tutte le parti sempre allo stesso modo ma si può regolare creando delle regioni più rigide con consistenza tipo gel che intrappolano le proteine. Queste strutture rigide prendono il nome di zattere lipidiche (aree eterogenee della membrana per composizione lipidica e presenza di proteine) e queste zattere aggregano in un punto preciso una serie di molecole che devono interagire tra di loro per determinare un effetto cellulare, vengono intrappolate spesso proteine segnale, sono zone meno fluide. Si creano portando in un punto fosfolipidi che creano una struttura rigida (si usano gli sfingofosfolipidi). PROTEINE DI MEMBRANA Le proteine di membrana possono essere classificate in base alla loro funzione e in base al modo con cui si inseriscono nella membrana. Le proteine che prendono rapporto con gli acidi grassi di almeno uno dei due foglietti della membrana si chiamano proteine integrali di membrana dove si distinguono due sottocategorie: monotopiche con una porzione che interagisce con citoplasma (cioè sporge) e una parte che entra nella membrana e si lega con interazioni deboli agli acidi grassi; transmembrana quando attraversano completamente la membrana e in queste si trovano 3 domini (uno idrofilico extracellulare, uno idrofilico intracellulare e uno transmembrana) la parte interna ha sempre struttura ad alfa elica. Queste proteine transmembrana possono essere monopasso se attraversano solo una volta la membrana, multipasso se la attraversano più volte e multi-meriche (fatte da più catene polipeptidiche). Vi sono poi proteine periferiche che prendono rapporto solo con la testa polare di uno dei due foglietti (sia nella parte interna della cellula che esterna). Oppure ci sono proteine che si legano con legame covalente al lipide di membrana (che varia a seconda del tipo di cellula). In questa categoria vi sono alcune che si legano ad un lipide particolare sulla parte esterna della cellula coinvolta nella segnalazione cellulare. Per quanto riguarda la struttura la maggior parte ha struttura ad alfa elica tranne alcune che si organizzano a formare dei legami e in questo caso hanno struttura a foglietto beta ripiegato. DISTRIBUZIONE ASIMMETRICA DEI FOSFOLIPIDI 16 I due lati lipidici delle membrane possono avere composizione chimica diversa e l’asimmetria della membrana oltre che dalle proteine deriva anche dalla distribuzione asimmetrica dei lipidi. La componente fluida nella membrana è testimoniata dal fatto che alla temperatura fisiologica la membrana di trova allo stato fluido o semifluido. Infatti, i fosfolipidi si possono spostare con: rotazione, diffusione laterale, diffusione trasversale (importante per l’asimmetria), per fare questo ribaltamento non posso usare solo la temperatura ma c’è bisogno di un enzima specifico (enzimi flippasi), questo perché la testa dovrebbe passare per un pezzo nella parte della coda e ciò non è possibile. Le flippasi sono abbondanti nel reticolo endoplasmatico liscio. Le proteine invece si spostano solo lateralmente e molto lentamente. Alcuni ricercatori hanno dimostrato la capacità delle proteine di diffondere lateralmente tramite un esperimento: Esperimento di Frye e Edidin: questo ha avvalorato ancora di più il concetto di membrana unitaria. Hanno preso una cellula di topo e una umana e hanno marcato le proteine di superficie con due diversi coloranti (verde e rosso). Hanno messo le cellule insieme ad elementi chimici che favorivano la fusione delle membrane e hanno creato un ibrido ovvero un’unica cellula con la fusione di due membrane. Hanno visto che dopo poco tempo dalla fusione vi era ancora una discreta separazione delle fluorescenze che testimoniavano una diversa origine delle membrane. Dopo circa 40 minuti invece la cellula presentava una fluorescenza con disposizione asimmetrica. Infatti, le membrane avevano la fluidità giusta in tali condizioni da permettere lo spostamento delle proteine. FLUIDITA’ DI MEMBRANA Una membrana dinamica è essenziale per la vita della cellula e quindi servono tutta una serie di fattori che regolano tale fluidità facendola passare da fluida a rigida a seconda delle esigenze. Ogni membrana a seconda della composizione chimica dei fosfolipidi (solo i lipidi danno tale fluidità) presenta un valore di temperatura chiamato temperatura di transizione. Questa è la temperatura alla quale ho il passaggio della membrana da forma fluida a semi fluida (consistenza di gel). La temperatura esterna influenza il passaggio da uno stato all’altro. Ad alte temperature il calore esterno fornisce l’energia chimica necessaria affinché gli acidi grassi si possano muovere; quindi, energia termica viene trasformata in energia cinetica. Se gli acidi grassi si possono muovere le interazioni sono minori in quanto la membrana è disordinata e di conseguenza sarà fluida. A basse temperature invece gli acidi grassi hanno meno energia cinetica e tendono quindi a disporsi in modo ordinato e di conseguenza ha una consistenza a gel. Il valore di transizione è influenzato da: la lunghezza degli acidi grassi presenti dai fosfolipidi (più sono lunghe più è ordinata perché più atomi di carbonio ho più interazioni ho tra acidi grassi) e dal numero di doppi legami C=C con conformazione cis (grado di insaturazione; più aumento i doppi legami più ho meno fluidità). La fluidità soprattutto negli animali è influenzata dal colesterolo. Una molecola di colesterolo prende rapporto con uno dei due foglietti, la parte idrofobica interagisce con gli acidi grassi, la parte ossidrilica con la parte polare. Esso è un tampone di fluidità, se inserito in una membrana rigida diventa fluida (in quanto per potersi inserire allontana gli acidi grassi e diminuisce le interazioni), se messo in una fluida dà rigidità (in quanto fa da ponte per ricollegare i due acidi grassi). N.B. nel reticolo endoplasmatico liscio avviene la biogenesi dei lipidi di membrana, quando devono essere resi maturi si va all’apparato del Golgi dove poi si staccano vescicole con dentro questi. Le proteine di membrana vengono prodotte nel reticolo endoplasmatico rugoso. FUNZIONE DI TRASPORTO Le membrane non solo separano la cellula dall’ambiente esterno ma permettono di selezionare e regolare le sostanze che devono entrare e uscire dalla cellula. Il doppio strato fosfolipidico è permeabile solo alle molecole apolari idrofobe e alle piccole molecole polari, ioni e grosse molecole polari non riescono invece a passare da sole ma hanno bisogno delle proteine specializzate. Queste proteine permettono di fare un passaggio selettivo cioè decidere cosa fare entrare; tali membrane sono selettivamente permeabili. Nella membrana esterna è più facile il passaggio mentre in quelle interne sono più selettive. MECCANISMI DI TRASPORTO 17 Passivo: non richiede energia e può essere per diffusione semplice o a diffusione facilitata tramite proteine di membrana. Attivo: per farlo avvenire oltre alla presenza di proteina c’è bisogno di energia sotto forma di adenosina trifosfato (ATP). Esso può essere diretto o indiretto. Quando l’energia è richiesta si usa l’energia cellulare dell’adenosina trifosfato che viene liberata dall’idrolisi del legame fosfoanidridico tra fosfato in posizione beta e gamma (ultimo in penultimo) e viene trasformata in adenosina difosfato. Il trasporto si definisce attivo o passivo in base al consumo di energia; c’è consumo di energia in base al movimento del 1) soluto: si ha il trasporto passivo quando si muove lungo gradiente di concentrazione (da zona più concentrata a meno concentrata). Non ha bisogno di energia perché questo movimento porta all’equilibrio. La diffusione semplice o facilitata nel trasporto passivo dipende dal soluto che si sta muovendo, se il soluto è un lipide, gas ecc. allora attraversa da solo la membrana perché in grado di formare interazioni con fosfolipidi di membrana, se invece ione o molecola di grandi dimensioni ha bisogno di una proteina trasportatrice di membrana che può essere di due tipi. Si ha invece il trasporto attivo quando la sostanza si muove contro gradiente di concentrazione, in questo caso richiede un trasportatore di membrana, il trasporto attivo utilizza l’adenosina trifosfato. 2) in presenza di soluto polare e ioni: le membrane degli esseri viventi hanno un accumulo di cariche diverso tra esterno ed interno. All’interno si ha un accumulo di cariche negative mentre all’esterno un accumulo di cariche positive e quindi si ha una differenza di potenziale in tutte le membrane biologiche. tale differenza di potenziale influenza il movimento dello ione. In ogni caso sia trasporto passivo o attivo richiede comunque una proteina trasportatore; per vedere però se è una diffusione facilitata o trasporto attivo si deve considerare la differenza di potenziale attraverso la membrana e la diversa concentrazione= ione si muove con trasporto passivo (diffusione facilitata) quando si muove lungo gradiente elettrochimico ovvero considero la differenza di concentrazione e di potenziale. Se la differenza di concentrazione supera la differenza di carica si ha tale trasporto. TRASPORTO PASSIVO La diffusione è un movimento passivo (semplice o facilitata). Lo spostamento da zona più concentrata a meno viene realizzata con lo scopo di raggiungere l’equilibrio che è dinamico quindi il numero di molecole che riescono ad entrare è uguale a quelle che devono uscire. Infatti, il movimento di più soluti non si influenza tra lui. Diffusione semplice: la sostanza passa da sola per differenza di concentrazione Diffusione facilitata: prevede un trasportatore proteico sulla membrana. A seconda della natura chimica del soluto da trasportare identifico il trasportatore che prende il nome di trasportatori o carrier o permeasi (in base anche al tipo di meccanismo usato. Se devo trasportare uno ione uso proteine di membrana che formano veri e propri canali nella membrana. Se devo trasportare il solvente acqua questa si muove secondo il principio dell’osmosi (trasporto passivo). Anche per l’acqua ci sono due meccanismi di trasporto; proteina canale (diffusione facilitata) o diffusione semplice ma il principio che muove l’acqua attraverso questi meccanismi è l’osmosi. TRASPORTO IONI 1. Proteine canale di tre tipi: canali ionici specifici e selettivi; porine che formano canali aperti e lasciano passare anche molecole polari con diametro compatibile a quello del canale, non sono specifici e sono presenti sulla membrana esterna di mitocondri, cloroplasti e nei batteri; le acquaporine specifici per il solvente acqua. Porine sono sempre aperte, sono canali non selettivi, le membrane che le possiedono non sono membrane selettive. Le sostanze passano per diffusione facilitata. Acquaporine sono canali specifici ubiquitari identificate dal chimico Agre. Diffuse nei tessuti che hanno bisogno di scambiare rapidamente l’acqua (a livello renale) e aiutano il passaggio dell’acqua che riesce però a permeare da sola per diffusione semplice. Molecole si muovono seguendo il principio dell’osmosi. 20 Durante il pasto produciamo una molecola segnale chiamata istamina che va a legarsi a settori specifici dove viene attivata una segnalazione che porta la nostra pompa sulle membrane e inizia quindi il trasferimento del potassio verso l’interno e i protoni verso l’esterno. TRASPORTO ATTIVO INDIRETTO Si ha un consumo indiretto di ATP. In questo processo, l’energia necessaria non viene fornita dall’idrolisi di molecole di ATP, ma viene sfruttata l’energia del passaggio di una molecola a favore di gradiente per trasportare un’altra molecola contro gradiente. Quindi si ha un movimento di soluto contro gradiente di concentrazione accoppiato ad un soluto che passa per diffusione facilitata. Dunque, il trasporto passivo facilitato (che libera energia per la tendenza a portare l’equilibrio) viene accoppiato ad un trasporto indiretto grazie alle pompe che consumano ATP. Il trasporto attivo indiretto si realizza grazie all’utilizzo di una differenza di concentrazione creata dalle pompe che consumano ATP. Ad esempio, come abbiamo già visto, nelle cellule eucariote animali viene utilizzato il gradiente del sodio per fare i trasporti attivi indiretti, le molecole del sodio hanno infatti una concentrazione più bassa all’interno rispetto all’esterno per le pompe ATPasi. Un esempio di trasporto attivo indiretto è il meccanismo di simporto Na+/glucosio. Infatti, il trasporto del glucosio all’interno della cellula avviene contro gradiente di concentrazione, sfruttando l’energia derivante dal contemporaneo trasporto degli ioni Na+ che si spostano verso l’interno della cellula. In questo caso si parla di simporto perché si ha il passaggio dall’esterno verso l’interno del glucosio insieme al passaggio del sodio. Anche queste proteine sono allosteriche. Il gradiente elettrochimico del Na+ viene mantenuto dalla continua attività della pompa Na+/K+. Il funzionamento avviene così: il trasportatore si apre verso l’esterno e si legano due ioni sodio, tale legame provoca il legame del glucosio e il successivo cambiamento conformazionale. Il trasportatore si apre quindi verso l’interno e l’Na+ viene liberato e continuamente espulso all’esterno mediante la pompa sodio-potassio. La perdita di Na+ determina la liberazione del glucosio all’interno e il ritorno della conformazione iniziale del trasportatore. Nelle cellule vegetali e procariotiche si ha il simporto H+/saccarosio (tipico delle piante, lo utilizzano per il glucosio per la fotosintesi). Viene quindi sfruttato il gradiente protonico per promuovere l’assorbimento del saccarosio. La pompa protonica, infatti, prende protoni e con consumo di ATP li porta verso l’esterno. Modalità di trasporto negli enterociti: il glucosio passa dal lume intestinale (dove i carboidrati vengono digeriti e poi demoliti in monomeri nell’intestino che poi devono essere riversati nel circolo sanguigno) dove viene accumulato temporaneamente nella cellula intestinale e riversato poi nel circolo sanguigno. Quindi nella parte dei microvilli si ha un trasporto attivo indiretto, infatti, devo accumulare contro gradiente di concentrazione il glucosio. Si ha quindi un meccanismo di simporto con il Na+ il cui gradiente è mantenuto dall’azione della pompa sodio-potassio. Il glucosio che penetra nelle cellule intestinali successivamente passa al sangue per diffusione facilitata (infatti è molto concentrato/secondo gradiente di concentrazione) mediata dalla proteina carrier GLUT2. N.B. vi sono alcuni casi (in alcuni procarioti) in cui l’energia del trasporto attiva non si ricava dall’ATP ma dalla luce/radiazione luminosa. Un esempio è la pompa protonica H+ batteriorodopsina presente nei batteri purpurei fotosintetizzanti. È una pompa protonica attivata dalla luce presente nella membrana plasmatica delle cellule di Halobacterium (archeobatterio) sotto forma di chiazze porpora. L’energia per far cambiare conformazione avviene non tramite l’ATP ma tramite la luce. I sette segmenti transmembrana ad alfa elica formano una struttura cilindrica che contiene una molecola di retinale (che cambia isomero da cis a trans e induce il cambio di conformazione) il pigmento che assorbe la luce. La proteina rodopsina è stata trovata anche in alcune cellule della retina, precisamente sui bastoncelli. Il retinale è una molecola lipidica che appartiene ai terpeni e deriva dalla vitamina A che deriva dal beta carotene ed è responsabile dell’assorbimento della radiazione luminosa. TRASPORTO VESCICOLARE (non lo hanno i procarioti) Questo tipo di trasporto riguarda molecole di grandi dimensioni, ad esempio, possiamo far passare batteri o particelle virali. Il trasporto delle sostanze non avviene attraverso proteine ma tramite vescicole 21 membranose che circondano la sostanza che può passare o verso l’interno o verso l’esterno. Questo trasporto si ha anche a livello di alcuni organelli come nel sistema di endomembrane. È un trasporto attivo dove si consuma ATP. Vi sono due tipi di luoghi: il trasporto vescicolare che interessa la membrana plasmatica e si parla di endocitosi e esocitosi; oppure il trasporto che interessa gli organelli e che quindi è interno. Quello interno prevede la formazione di vescicole (gemmazione) da un organello donatore che manda via determinate sostanze e le invia ad un organello accettore; la vescicola si fonde a questo e il contenuto/sostanza viene rilasciata. ESOCITOSI = si ha il distacco di una vescicola da un organello e questa va a fondersi con la membrana. Quando la vescicola deve portare fuori alcune sostanze si parla di secrezione. Essa serve a produrre sostanze all’interno della cellula e riversarle poi all’esterno in modo che vadano a finire su zone limitrofe o a grande distanza. Il meccanismo dell’esocitosi è usato ad esempio in zone dove si producono ormoni come nel pancreas (ormone insulina). Vi sono dei segnali proteici (sulla vescicola e sulla membrana) che permettono il riconoscimento tra vescicola e membrana e di conseguenza la loro fusione. Anche il percorso che compiono le vescicole all’interno della cellula è mediato da segnali e da appositi canali del citoscheletro che prendono il nome di microtubuli. Le piante usano ad esempio tale procedimento di secrezione per crearsi la parete cellulare. Le vescicole si fondono con la membrana bersaglio, rilasciando il contenuto, solo se c’è un riconoscimento specifico tra le varie proteine. Le proteine presenti sulla superficie delle vescicole si chiamano snare e riconoscono delle proteine complementari sulle membrane bersaglio chiamate tsnare. Vi sono due vie di secrezione di esocitosi: via secrezione costitutiva (rilascio continuo di proteine da vescicole che si fondono con la membrana plasmatica, esempio produzione di lipidi) e via secrezione regolata (rilascio, in risposta ad un segnale extracellulare come ormone o neurotrasmettitore, di proteine da vescicole che si fondono con la membrana plasmatica; esempio insulina non prodotta continuamente ma solo in risposta al glucosio). ENDOCITOSI = processo inverso all’esocitosi, consiste nell’ingresso di sostanze di grosse dimensioni. La cellula riconosce le sostanze da far entrare, la membrana forma un’introflessione verso l’interno, si forma una vescicola con all’interno le sostanze ingerite che poi si stacca. In base alla sostanza che faccio entrare si parla di fagocitosi (cellula che sta mangiando un qualcosa di voluminoso, vescicola prende il nome di fagosoma e va ai lisosomi), pinocitosi (introduzione di molecole di acqua più voluminose) e endocitosi mediata da recettori (più specifica). TUTTE hanno come destino quello di diventare lisosomi con enzimi idrolitici per degradare le macromolecole. Pinocitosi: ingestione di liquidi dell’ambiente esterno contenenti molecole solubili. Le goccioline di fluido sono intrappolate da pieghe della membrana plasmatica, queste pieghe subiscono una strozzatura all’interno del citosol e diventano piccole vescicole piene di fluido. Il contenuto viene lentamente trasferito al citosol e demolito dai lisosomi. Fagocitosi: si forma questa vescicola che racchiude microorganismi o particelle. Vi sono delle cellule specifiche che la compiono chiamati fagociti, neutrofili e macrofagi. Il vacuolo che si è formato si fonde poi con un endosoma precoce e matura formando un lisosoma in cui avviene la digestione del materiale internalizzato. Mediata da recettore: ingresso di una determinata sostanza che riconosce un recettore specifico che permette di regolare le sostanze che entrano con tale meccanismo. Ad esempio, l’internalizzazione delle LDL (lipoproteine a bassa densità) porta il colesterolo all’interno delle cellule. Le LDL sono lipoproteine nel sangue che contengono una delle più alte percentuali di colesterolo. L’LDL è fatta da una parte proteica che forma un guscio e protegge la parte lipidica insolubile. Il complesso LDL-colesterolo inglobato grazie a recettori sulla membrana legati ad una proteina chiamata proteina adattatrice che mette a contatto il recettore con le clatrine che aiutano la membrana a formare la vescicola di endocitosi. Dopo aver perso il rivestimento, la vescicola viene fusa con un endosoma all’interno del quale si ha il distacco fra LDL e colesterolo dove quest’ultimo viene usato dalla cellula per il suo fabbisogno mentre i recettori sono riciclati ed esposti di nuovo sulla membrana. Gli enzimi idrolitici hanno il compito di smembrare LDL 22 Ogni vescicola è circondata da una gabbia formata da complessi di clatrina (proteina multimerica fatte da 6 catene polipeptidiche, 3 pesanti e 3 leggere che si uniscono con altre clatrine) sovrapposti. In forma normale i recettori per le LDL legano il complesso LDLcolesterolo allontanando quest’ultimo dal circolo sanguigno. La forma mutata, che manca dal sito di legame con la fossetta rivestita (non attraversa completamente la membrana entrando nel citosol), lega il complesso ma non riesce ad inglobarlo e quindi il colesterolo continua a scorrere nel sangue fino ad accumularsi. N.B. i virus possono entrare nelle cellule attraverso l’endocitosi mediata da recettore. Riescono infatti a farsi riconoscere grazie alle proteine che hanno. Il suo destino è quello di fondersi con il lisosoma ma mentre le proteine virali vengono demolite, il genoma viene riversato nel citoplasma. TRAFFICO VESCICOLARE (trasporto interno) Il trasporto interno viene fatto dal sistema di endomembrane. Può essere di due tipi, anterogrado (movimento del materiale in avanti dal RE, attraverso il Golgi dove la vescicola si fonde e da dove riesce il materiale maturo, alla membrana plasmatica dove diventa o un lisosoma o viene secreto verso l’esterno) o retrogrado (movimento del materiale all’indietro dalla membrana plasmatica, attraverso il Golgi, al RE/ oppure solo dal Golgi al RE). Quindi da un comparto gemmano vescicole e dall’altro si fondono identificando un donatore e un accettore. Affinché questo traffico avvenga nel modo ottimale le vescicole sono rivestite da proteine sulla membrana che variano a seconda dell’origine e della destinazione della vescicola nella cellula. Le proteine di rivestimento principali sono la clatrina, COPI e COPII. Le vescicole rivestite da COPII sono coinvolte nel trasporto di materiale dal RE al Golgi (anterogrado). Le vescicole rivestite da COPI sono coinvolte nel trasporto di proteine dal complesso di Golgi al RE e tra le cisterne golgiane (retrogrado). le proteine che hanno sede nel reticolo hanno un segnale che permette loro di ritornare in sede dopo essere passate per l’apparato di Golgi (proteine che hanno bisogno di essere maturate ma la cui funzione serve nel RE, per questo tornano indietro). Le vescicole rivestite da clatrina vengono coinvolte nel trasporto selettivo di proteine verso i lisosomi, endosomi e nell’endocitosi. Sia l’assemblaggio che la dissociazione del rivestimento di clatrina è un processo che richiede energia. Nel RER vengono prodotte proteine, ad esempio, l’insulina che deve essere secreta ma prima maturata nell’apparato del Golgi e quindi il trasporto lo farà una vescicola rivestita da COPII che fa un movimento anterogrado. Nel RER posso produrre anche proteine che devono rimanere qui ma non sono mature e quindi sfrutto il trasporto di COPII per andare nel Golgi poi il trasporto retrogrado lo fanno le proteine COPI, quindi si forma la vescicola che va al RER e rilascia il contenuto. Questo è possibile grazie al doppio riconoscimento che ho, ovvero il recettore. Altro esempio: movimento enzimi che hanno il ruolo di diventare enzimi idrolitici del lisosoma. Vengono prodotti nel RER. il segnale che dice alla cellula che è destinato al lisosoma è l’aggiunta del mannosio (zucchero). Vescicole rivestite da clatrine. CITOSCHELETRO È lo scheletro interno delle cellule eucariote in quanto hanno strutture più complesso. È più sviluppato nelle cellule animali. È un insieme di proteine fibrose che formano una rete coinvolta nel mantenere sia la forma della cellula e sostenerla, aiuta nella formazione dei tessuti, è coinvolto nei movimenti cellulari, o di alcuni elementi all’interno della cellula. Gli organelli all’interno della cellula non galleggiano nel citoplasma ma sono posizionati dal citoscheletro che serve ad organizzare il compartimento interno della cellula. E’ fatto da tre classi di proteine: microtubuli molto grandi, cavi, coinvolti nel posizionamento e spostamento degli organelli, coinvolti nella mitosi e meiosi, fanno parte di strutture locomotorie quali i flagelli. sono instabili. Stabile invece è il gruppo dei filamenti intermedi così chiamati perché hanno grandezze intermedie tra i microtubuli e i microfilamenti che sono invece molto piccoli. I microfilamenti sono fatti di actina che forma delle strutture nella cellula che permettono il movimento, a livello del muscolo scheletrico permette la contrazione. Con i filamenti intermedi sono coinvolti nel formare i tessuti nelle cellule eucariote animali. MICROTUBULI 25 l’organizzazione e una motrice (amminosina). I microfilamenti si polimerizzano grazie a proteine che favoriscono la polimerizzazione e si organizzano poi in varie strutture: ordinate (chiamate fibre da stress) oppure un reticolo non ordinato chiamato cortex cellulare. La cellula mantiene la sua forma perché al di sotto della membrana plasmatica c’è il cortex fatto da questa struttura dell’actina più altre proteine. Altra struttura è quella dei fasci paralleli usati per il movimento della cellula. Anche i microfilamenti sono abbastanza instabili. FARMACI: di origine vegetale -citocalasine e falloidina: prodotte dai funghi, sono tossine che bloccano i microfilamenti e quindi le funzioni che svolgono. La falloidina stabilizza i microfilamenti e impedisce la contrazione muscolare. RUOLI DEI MICROFILAMENTI Presenti sia nelle cellule animali che vegetali, in quest’ultime possono creare movimenti del citosol creando correnti che rimescolano i vari nutrienti in modo da avere una distribuzione uniforme all’interno. Quando i microfilamenti di actina sono associati alla miosina sono responsabili del movimento della cellula (che può essere ameboide formando protuberanze oppure la struttura del sarcomero che permette la contrazione muscolare). La miosina fa scorrere i microfilamenti di actina: usando l’ATP prende contatto con i microfilamenti e li tira. Questo viene fatto nel muscolo scheletrico. Tale struttura di miosina e actina si ritrova anche nell’anello contrattile che permette alla cellula animale madre di dividersi nelle due cellule figlie, infatti questi anelli fanno scorrere tramite la miosina i filamenti di actina che o si allungano o si accorciano. Con lo stesso principio posso creare piccole protuberanze nella parte anteriore di una cellula che si sta muovendo per moto ameboide/strisciamento in questo modo: faccio polimerizzare l’actina e si creano quindi protuberanze chiamate pseudo podi, dall’altra parte invece i microfilamenti di actina vengono fatti scorrere da fasci di miosina in una contrazione. Ruolo strutturale: grazie all’unione di proteine non motrici, ad esempio i microvilli. Essi servono per aumentare la superficie della cellula ma non sono mobili, sono fatti da microfilamenti di actina disposti a fasci e tenuti stabili da proteine strutturali di collegamento. I microfilamenti si possono organizzare a reticolo a formare il cortex cellulare. FILAMENTI INTERMEDI Hanno dimensione intermedia tra microfilamenti e microtubuli. Nella maggior parte dei casi non ci sono nella cellula vegetale e specifici in quella animale. Hanno funzione di resistenza meccanica (infatti questa funzione nella cellula vegetale viene svolta dalla parete vegetale), non sono rigidi ma stabili. Si distinguono in vari gruppi e sono o nucleari (lamine nucleari) o citoplasmatici (neurofilamenti, del tessuto epiteliale ovvero le cheratine o quelle del tessuto connettivo). Ogni tessuto ha uno specifico filamento intermedio e nella stessa famiglia possono essere di diverso tipo. Sono utilizzati in campo oncologico per stabilire se si tratta di metastasi o di tumore primario. Varie famiglie ma strutturalmente molto simili. Hanno tutti monomeri diversi ma si organizzano nello spazio in fasci simili ordinati (ricorda la cellulosa e quindi resistenza meccanica). Da monomeri a dimeri a tetrameri fino a formare un fascio ordinato. Esempi di filamenti intermedi sono le cheratine e le giunzioni cellulari (nei tessuti epiteliali) associate ai desmosomi che nelle cellule animali sono in grado di creare dei bottoni che uniscono due cellule vicine fra loro. neurofilamenti: sono filamenti intermedi nei neuroni, nella parte che forma l’assone. Qui sono presenti anche i microtubuli. Nel nucleo vi sono questi filamenti intermedi nella lamina nucleare (membrana interna del nucleo) chiamati lamine. In alcune situazioni cellulari si ha un connubio tra i vari filamenti intermedi, non c’è un collegamento diretto ma proteine che mettono in collegamento i microfilamenti o filamenti intermedi. I microvilli sono determinati da microfilamenti di actina e la struttura viene mantenuta grazie al fatto che questi sono sorretti da una base sottostante nel citoplasma fatta da filamenti intermedi. CITOSCHELETRO E PROCARIOTI Alcune proteine simili al citoscheletro sono presenti nei procarioti e svolgono funzioni simili. Ad esempio, la 26 proteina FtsZ che ricorda il dimero della tubulina e infatti è stata trovata nei cloroplasti di alcuni eucarioti primitivi e nei batteri di Escherica coli; queste proteine sono coinvolte nella ripartizione del materiale genetico durante la divisione. Oppure in altri batteri è stata trovata la proteina Mrb che ricorda i microfilamenti di actina. ADESIONE CELLULARE NELLE CELLULE EUCARIOTE ANIMALI Per costruire un tessuto cellule dello stesso tipo si devono riconoscere (avremo delle glicoproteine di membrana), si devono unire tramite proteine di membrana e poi un tessuto dello stesso tipo di deve unire all’ambiente esterno che può essere anche un altro tessuto. Cellule identiche si riconoscono perché hanno sulla membrana delle glicoproteine specifiche. L’ambiente esterno è chiamato matrice extracellulare (ECM). Quindi si deve creare anche l’adesione tra la cellula e la matrice extracellulare. Vi sono tessuti fatti dall’unione di più cellule che hanno però una fine porzione di matrice extracellulare chimata lamina basale, come nel tessuto epiteliale, dove prevalgono le adesioni cellula-cellula (cc) e tessuti invece, come quello connettivo, fatti da poche cellule e molto ambiente esterno dove quindi prevalgono le adesioni cellula-matrice extracellulare (cm). La formazione di un tessuto richiede: 1) Riconoscimento cc grazie a recettori adesivi (proteina transmembrana specifica). 2) Adesione cc. 3) Adesione cellula-matrice. Se prendiamo due tipi diversi di tessuti e si frammentano, le singole cellule vengono divise, si mescolano poi insieme e si mettono in un contenitore e si stimola la crescita. Dopo 24 ore, si vede una disposizione in cui le cellule dello stesso tipo si organizzano in modo da andare a legarsi con quelle dello stesso tipo. Si vede quindi la presenza di recettori adesivi ovvero proteine transmembrana adesive e specifiche. Tipi di interazioni: si ha interazione omofilica quando i recettori sono della stessa famiglia. Oppure i recettori appartengono a famiglie diverse ma si riconoscono, in questo caso si ha interazione eterofilica. Oppure recettori che prendono contatto tramite una molecola intermedia e avrò quindi un’interazione mediata da molecola a ponte. I recettori appartengono a 4 famiglie: 1) le CAM con struttura tridimensionale che ricorda la famiglia delle immunoglobuline IgSF. Fanno sempre interazioni omofiliche e cc. 2) le Caderine che fanno interazioni omofiliche e cc. 3) le Selectine che fanno interazioni eterofiliche 4) le Integrine transmembrana fatte da due subunità, fanno interazioni eterofiliche. Fanno collegamento con matrice extracellulare. RECETTORI ADESIVI Cellule dello stesso tipo si devono legare. Ci sono tessuti dove è possibile che sia sufficiente per creare il tessuto un recettore specifico. Spesso il ricettore però non è sufficiente e si devono invece creare strutture di giunzione dove i recettori sono coinvolti oppure no. In alcuni casi per stabilizzare la struttura di adesione cellula cellula, soprattutto quando queste giunzioni coinvolgono i recettori adesivi, i recettori interagiscono con elementi del citoscheletro che possono essere filamenti intermedi o microfilamenti. Se tessuti hanno bisogno di stabilità non mi basta costruire questi con i recettori adesivi ma devo avere strutture specializzate come le giunzioni. Utili anche per le giunzioni cellula matrice con l’utilizzo di proteine come le integrine che collegano il tessuto con la matrice esterna. GIUNZIONI CELLULARI: 1) giunzioni adesive o di ancoraggio che si dividono in due sottofamiglie: una riguarda l’adesione cellula cellula(cc) e una cellula matrice(cm). Quelle che riguardano l’adesione cc prendono il nome di giunzioni aderenti e desmosomi. Qui intervengono i recettori adesivi 2) giunzioni occludenti per cc. 3) giunzioni comunicanti per cc. 1.GIUNZIONI ADESIVE CATEGORIA CC 27 Vi sono quelle aderenti e i desmosomi. La caratteristica comune è lo spazio acquoso discreto fra cellula e cellula del tessuto. Entrambe sono formate da recettori che appartengono alla famiglia delle caderine. Le giunzioni aderenti sono interazioni omofiliche con recettori di E-caderina, transmembrana; le caderine vanno nella parte interna del citoplasma, prendono contatto con proteine di unione di forma globulare che mettono in contatto parte citoplasmatica con citoscheletro e microfilamenti di actina. Nel tessuto epiteliale, tessuto flessibile che si deve adattare a stimoli di compressione ed estensione ecc., le aderenti prendono contatto con i microfilamenti di actina e creano una cintura fatta da microfilamenti di actina (cintura di adesione)che permette al tessuto e alle cellule di rispondere agli stimoli di compressione e estensione simultaneamente permettendo quindi a tutto il tessuto una risposta uniforme. I desmosomi lasciano uno spazio tra c-c, formate da caderine particolari chiamate desmogleine e desmocoline che si organizzano a formare bottoni che fanno aderire le due membrane delle cellule, lasciando uno spazio acquoso. Esse prendono contatto con elementi del citoscheletro, cioè filamenti intermedi. Si trovano nei tessuti dove c’è bisogno di resistere a stress meccanici più importanti. Si trovano ad esempio nel muscolo cardiaco o nel collo dell’utero. Vengono talvolta usati nel tessuto per creare: 2.GIUNZIONI OCCLUDENTI Fatte da proteine transmembrana che uniscono cellule adiacenti creando un bottone che NON prevede spazio acquoso. Servono a unire cellule ma anche soprattutto a creare barriere di permeabilità. In tessuto dove c’è bisogno di guidare il flusso acquoso esterno alla cellula in una direzione determinata. Le proteine non prevedono recettori ma claudine e occlusine sono proteine transmembrana che si riconoscono e avvicinano le due superfici membranose non lasciando spazio. Ad esempio questo ruolo di barriera di permeabilità si vede nell’enterocita che costituisce la cellula del tessuto epiteliale del lume dell’intestino. L’enterocita ha il compito di assorbire il glucosio dai microvilli, portarlo nel citoplasma e distribuirlo poi nel circolo sanguigno. Il glucosio non diffonde lateralmente perché vi è la barriera costituita dalla giunzione occludente, quindi le proteine vengono concentrate solo in alcuni punti a creare una polarità di membrana con funzioni diverse. 3.GIUNZIONI COMUNICANTI Strutture proteiche fatte da proteine transmembrana che mettono in comunicazione le cellule. Formano canali idrofilici transmembrana. Il canale acquoso creato da queste proteine mette in comunicazione il citoplasma di una cellula con quello dell’altra. Le proteine che formano questi canali sono chiamate connessine e il canale connessone. A seconda dell’organismo animale queste proteine sono di diversa tipologia come anche il numero. Si trovano nei tessuti dove c’è bisogno di scambiare rapidamente segnali, sostanze nutritive ecc. MATRICE EXTRACELLULARE Dopo aver formato il tessuto, questo si deve unire all’ambiente esterno cioè alla matrice. Essa è fatta da elementi strutturali come collagene ed elastina, da una matrice gelatinosa per mantenere idratato l’ambiente esterno e da proteine di legame. Nelle cellule animali le proteine fibrose strutturali sono collagene e elastina. Queste sono immerse in una matrice gelatinosa chiamata proteoglicani. Le molecole adesive sono fibronectine o laminine che cambiano in base alla matrice e quindi in base al tessuto. Specifica degli epiteli è la matrice chiamata lamina basale dove trovo le laminine. Nel tessuto connettivo dove sono assenti interazioni cc e prevale l’interazione cm, la matrice extracellulare è diversa ed occupa la maggior parte dello spazio. La matrice delle cellule vegetali è invece la parete cellulare, la fibra strutturale è la cellulosa, la matrice gelatinosa è l’emicellulosa mentre le molecole adesive prendono il nome di pectine. La matrice è diversa in base al tessuto, ad esempio, nell’osso la matrice è rigida mentre nella cartilagine flessibile; questo in base al rapporto tra questi 3 elementi nominati all’inizio (proteoglicani, elastina e collagene). Lo scopo della matrice è quello di supportare i tessuti e talvolta le matrici sono coinvolte nella segnalazione cellulare (le cellule tumorali sono in grado di staccarsi dal tessuto e muoversi, per muoversi stabiliscono rapporti con la matrice). COLLAGENE 30 parete cellulare. In alcune cellule viene utilizzata come fonte di zuccheri Estensine: collegate alle microfibrille di cellulosa, regolano l’accrescimento della cellulosa. Pectine: formano il reticolo idratato dove si dispone cellulosa, emicellulose e estensine. La parete primaria può presentare delle interruzioni chiamati PLASMODESMI dove si formano canali e la membrana plasmatica di una cellula si fonde con l’altra. In alcuni casi una parte del reticolo endoplasmatico percorre lo spazio del plasmodesma e si riversa nella cellula adiacente queste porzioni del reticolo si chiamano desmotubuli (per separare le varia parti del tubulo si usa il termine annulus che è il citoplasma all’interno del canale). I plasmodesmi ricordano le giunzioni comunicanti. La parete cellulare primaria e secondaria si formano per deposito di fibre di cellulosa. La cellulosa si produce sulla membrana plasmatica dove vi sono enzimi/complesso enzimatico che ha la forma di una rosa e per questo chiamati rosette dove viene fatto il legame del glucosio. Questo complesso non è statico ma si può muovere lateralmente e a seconda di ciò si ha una disposizione diversa delle fibre e quindi un reticolo di cellulosa diverso. Le rosette si muovono grazie al consumo di energia del citoscheletro. La parte del citoscheletro fatta dai microtubuli fanno muovere il complesso determinando l’ordine con il quale le fibre si dispongono nella matrice. PARETE SECONDARIA Ha funzione di sostegno (le piante non hanno uno scheletro). E’ più rigida di quella primaria, serve a limitare la perdita di acqua, isolante termico, protegge da batteri e virus. Vi è una percentuale maggiore di cellulosa e sono presenti anche componenti come ligniga, cuticola e suberina. Manca l’acqua che viene sostituita da sostanze chimiche specifiche che distinguono una parete secondaria da un’altra. La mancanza di acqua e di sostanze pectiche permette alla cellulosa di mettersi in struttura ancora più ordinata e quindi più rigida. Questo orientamento è determinato dalle rosette. Lignina è un polimero dove i monomeri sono molecole idrocarburiche con composizione ad anello derivate dal fenolo. Essa si unisce alla cellulosa a formare una struttura rigida. Suberina è un acido grasso modificato con gruppi ossidrilici, si deposita sulle fibre di cellulosa e aumenta la resistenza agli agenti chimici ed ai parassiti. Chiude i plasmodesmi e impermeabilizza la pianta. Cutina è una sostanza idrofobica e deriva dagli acidi grassi, crea un film idrofobico che permette di limitare le perdite di acqua della foglia. Sopra la cuticola si può depositare uno strato di cere che contribuiscono all’impermeabilizzazione. In alcune pareti secondarie ci può essere deposizione di sali carbonati o silicati che rendono la parete molto dura. TRASFERIMENTO DI ENERGIA-BIOENERGETICA Utilizzata dagli essere viventi. Energia si può definire come capacità di compiere lavoro e si può distinguere in: energia potenziale (energia chimica del legame) e cinetica (energia del movimento utilizzata per compiere lavoro). Gli organismi viventi effettuano la conversione tra energia potenziale e energia cinetica. La pianta assorbe energia luminosa per fare biosintesi; oppure posso usare l’ergia ricavata dal cibo per fare energia di movimento; oppure utilizzo energia dell’ATP per fare un lavoro di concentrazione; o lavoro elettrico del potenziale di membrana nel mitocondrio ecc. Le trasformazioni energetiche che compiamo rispettano i principi della termodinamica: primo principio: energia totale iniziale è uguale a quella finale. secondo principio: una parte di energia si disperde sotto forma di calore (entropia). L’energia che la cellula utilizza per compiere lavoro si chiama energia libera (G). L’entalpia H è l’energia totale potenziale del sistema ed è uguale a G+T(temperatura)S quindi G= H-TS dove S è l’entropia. La variazione di energia libera ∆G= G finale- Giniziale. ∆G= ∆H - T ∆S. ∆G è importante perché il valore che ottengo mi dice quanto il processo è spontaneo dal punto di vista energetico. Mi dice se è favorita (processo che libera energia) o sfavorita (processo non spontaneo che immette energia). I processi spontanei si chiamano ESOERGONICI e quelli non spontanei ENDOERGONICI. Endoergonici= quando i reagenti hanno energia potenziale minore rispetto a quello dei prodotti il ∆G viene POSITIVO. Es quando da monosaccardi di glucosio faccio la cellulosa (in quanto più legami chimici più 31 energia potenziale) Esoergonici= quando reagenti hanno energia potenziale maggiore rispetto ai prodotti e ∆G è NEGATIVO. Es. suddivisione di un polimero nei suoi monomeri. Quando ∆G è uguale a 0 siamo in una condizione di equilibrio dinamico (diffusione semplice o facilitata porta questo equilibrio) Il metabolismo è l’insieme delle reazioni chimiche che avvengono in una cellula; si può quindi dividere in catabolismo (reazioni di demolizione, parto da molecole complesse e le trasformo in molecole più semplici, il ∆G è negativo e quindi ho processi esoergonici) e anabolismo (reazioni di sintesi, costruzioni di molecole. ∆G è >0, reazioni endoergoniche). La molecola depositaria dell’energia è l’ATP che può essere sostituita in alcuni processi dalla guanosina trifosfato (GTP). I legami ricchi di energia che vengono creati e distrutti sono i fosfoanidridici per togliere o aggiungere gruppi fosfato (7.3). L’ATP accoppia reazioni esoergoniche e endoergoniche. Nel metabolismo le trasformazioni energetiche passano attraverso reazioni di ossido-riduzione ovvero si verifica un trasferimento di elettroni da riducente a ossidante con liberazione di energia (dalla rimozione di elettroni). Non si ha mai un passaggio diretto da riducente a ossidante ma una serie di reazioni a cascata dove gli elettroni sono liberati gradualmente e ceduti a dei trasportatori intermedi che assumono a piccoli pacchetti questa energia. Questo perché la liberazione istantanea di una grande quantità di energia non sarebbe usata per compiere lavoro ma andrebbe sotto forma di entropia non utilizzabile. Spesso le reazioni di ossido-riduzione sono deidrogenazioni dove sottraggo elettroni e protoni. Un esempio di accettore intermedio temporaneo è il coenzima NADH(quando si riduce)= nicotinamide adenin dinucleotide (doppio nucleotide con un ponte fatto da un legame fosfoanidridico), NAD+ nella forma ossidata (in grado di accettare due elettroni e un protone, l’altro protone viene rilasciato nell’ambiente cellulare acidificandolo). Altro esempio è la molecola FAD che accetta due elettroni e due protoni, FADH2 è la parte ridotta. Le vie metaboliche possono essere lineari o cicliche. GLI ENZIMI Sono catalizzatori biologici in grado di accelerare le reazioni chimiche. Enzimi e termodinamica non si influenzano tra loro. Questi catalizzatori sono proteine per la maggior parte (90%), alcuni invece sono molecole di RNA (ribozimi). Gli enzimi sono molecole tridimensionali caratterizzati da tre proprietà distintive: -capacità catalitica (aiutano il substrato a trasformarsi nel prodotto) -specificità di substrato (riconoscono un substrato con cui formano legami deboli e modificano la velocità di tale reazione) -regolazione (se regolo l’enzima regolo anche la velocità della reazione e di conseguenza la vita) Tutte le reazioni chimiche per poter avvenire devono superare una barriera energetica chiamata energia di attivazione e questo avviene grazie all’utilizzo dell’enzima. Esso, infatti, velocizza le reazioni abbassando l’energia di attivazione. L’enzima lega i reagenti e li dispone nello spazio in modo da favorire la reazione. NON cambia il ∆G della reazione. Per abbassare l’energia di attivazione gli enzimi devono formare il complesso enzima-substrato (ES). L’enzima non si modifica in maniera definitiva ma transitoria. MECCANISMO DI AZIONE DEGLI ENZIMI -modello chiave serratura: siccome le proteine erano in quel tempo unici enzimi scoperti, per formare il complesso enzima-substrato, il substrato doveva avere una struttura tridimensionale complementare all’enzima e i due si sarebbero legati facendo avvenire la reazione. Questo spiegava la specificità degli enzimi per alcuni substrati e reazioni. -modello dell’adattamento indotto: studi più recenti hanno stabilito che questo è il più corretto. L’enzima è tridimensionale e richiede una complementarietà ma non totale; infatti, dopo che si sono 32 formate le prime interazioni tra amminoacidi e reagenti si ha una modifica di una porzione della proteina che si adatta all’enzima. Questo ha portato alla scoperta del sito attivo nell’enzima, una regione in cui il substrato va a legarsi. All’inizio c’è una parziale complementarietà e dopo che si sono stabiliti i primi legami semplici poi il sito attivo si attacca al substrato che si modifica. Il ripiegamento della proteina avvicina specifici amminoacidi (che nella sequenza lineare di un enzima sono spesso lontani tra loro) formando il sito attivo. Se è mal ripiegato non si ha la reazione chimica. -orientazione: favorisce l’incontro di due reagenti ponendoli nella giusta orientazione spaziale -tensione fisica: favorisce la rottura del polisaccaride mettendolo nella giusta posizione per favorire l’arrivo della molecola di acqua es. lisozima nel liquido lacrimale -carica elettrica: può cedere cariche elettriche che favoriscono la rottura del legame peptidico. Alla fine della reazione l’enzima ritorna immutato allo stato iniziale pronto a riniziare un’altra reazione. Due parametri fondamentali alterano la capacità catalitica dell’enzima e quindi la velocità della reazione e sono: la temperatura e i valori di ph che sono specifici per ogni enzima. La maggior parte degli enzimi degli esseri viventi ha una temperatura ottimale di 37 gradi. Se questa viene aumentata, la velocità di reazione diminuisce fino ad arrestarsi. I batteri termofili hanno invece temperature ottimali molto elevate (le temperature ottimali vanno in base alle interazioni deboli che ad alte temperature si rompono e si ha la denaturazione della proteina che quindi non è più funzionante). A basse temperatura invece si ha il congelamento della proteina e non si ha il procedimento di riconoscimento enzima-substrato. Ugualmente la variazione di ph altera le interazioni deboli. Altro parametro è la concentrazione del substrato. L’enzima si può regolare o modificando la sua capacità catalitica con inibizione o attivazione oppure regolando l’espressione genica. Nei sistemi biologici la regolazione dell’enzima è sempre un processo reversibile; le inibizioni non riversibili sono dovuti ad agenti chimici o farmaci o agenti tossici. INIBIZIONE REVERSIBILE Abbiamo due tipi di enzimi proteici, quelli allosterici e quelli non allosterici. In questi ultimi vi sono due tipi di inibizione reversibile: competitiva: la sostanza che funziona da inibitore blocca l’enzima e gli impedisce di formare il complesso ES poiché ha una struttura simile al substrato che si va a legare al sito attivo. Di conseguenza compete con il substrato. Posso bloccare un enzima con un inibizione competitiva quando la concentrazione dell’inibitore è maggiore rispetto a quella del substrato. Vedo che sono in presenza di questa inibizione perché si può rimuovere aumentando la concentrazione del substrato. non competitiva: vi sono due siti, uno attivo per il substrato e uno di regolazione dove si lega l’inibitore che modifica il sito attivo e quindi il substrato non si lega e impedisce l’adattamento indotto. Questa si elimina solo nel caso in cui si elimina l’inibitore. Gli enzimi allosterici che hanno due conformazioni native differenti. Hanno sia degli attivatori che inibitori. Gli attivatori si legano ad un sito specifico dell’enzima (NO sito attivo) e ne stabiliscono la conformazione attiva. Gli inibitori stabilizzano invece la forma inattiva. Spesso siamo in grado di regolare una via catabolica grazie alla presenza di enzimi allosterici. Si ha un enzima chiave nella via catabolica di cui si va a modificare la struttura per poi regolare la velocità del metabolismo. Ad esempio: nella sintesi dell’amminoacido isoleucina, una volta che questa si è formata quando raggiunge concentrazioni discrete funziona da effettore allosterico negativo nei confronti del primo enzima. Si va a legare nel sito specifico dell’enzima modificando la sua struttura e non rendendolo più in grado di riconoscere la treonina. Meccanismo di feedback negativo (autoregolazione del prodotto stesso). ESEMPIO DI CATABOLISMO: RESPIRAZIONE CELLULARE AEROBIA (respirazione carboidrati: glucosio) Un catabolismo che permette di sottrarre energia dalle sostanze nutrienti trasformando il carbonio in anidride carbonica. Reazioni di ossidoriduzione dove l’ossigeno è l’ossidante. A livello cellulare consumo ossigeno e produco anidride carbonica, a livello polmonare si immette ossigeno e si toglie anidride 35 subunità catalitica della ATP sintetasi che permette la sintesi di ATP a partire da ADP e si parla di fotofosforilazione. Energia della radiazione luminosa è stata incorporata in ATP e NADPH con liberazione di O2 (trasporto non ciclico). Il trasporto ciclico di elettroni produce ATP ma non NADPH. Infatti, la Fd rimanda indietro l’elettrone e si ha un trasporto ciclico e nel citocromo parte dell’energia viene utilizzata per pompare protoni nel lume tilacoidale e produrre quindi più molecole di ATP. Energia immagazzinata nella NADPH e ATP viene ora utilizzata per sintetizzare carboidrati. SECONDA FASE, FISSAZIONE DEL CARBONIO Ciclo di reazioni chiamato ciclo di CALVIN. Nella prima reazione: una molecola a 5 atomi di carbonio reagisce con la molecola di CO2 (arriva grazie agli stomi aperti da cui esce ossigeno ma traspira anche acqua). Tale molecola si chiama ribulosio-1,5-bisfosfato. Questa reazione viene catalizzata e resa possibile dall’enzima rubisco (ribuloso bisfosfato carbossilasi). La molecola si scinde perché instabile e si formano due molecole a tre atomi di carbonio (molecole 3-fosfoglicerato). Arriva poi ATP e NADPH che sono utilizzate, la prima viene idrolizzata a ADP e il secondo cede elettroni e diventa NADP+. Entrambi contribuiscono a ridurre il 3-fosfoglicerato a gliceraldeide-3-fosfato. Si formano 6 molecole gliceraldeide-3- fosfato, una di queste esce dal ciclo e fa la sintesi di saccarosio e amido/sintesi di zuccheri. Le altre 5 fanno una serie di reazioni che hanno come fine quelle di rigenerare il ribulosio per far riniziare il ciclo. RUBISCO Enzima che nello stroma del cloroplasto catalizza la prima reazione del ciclo di Kelvin. Svolge un’attività carbossilasica ovvero carbossila il ribulosio 1,5 bisfosfato portando alla formazione di due molecole di trefosfoglicerato ridotte poi in gliceraldeide grazie all’utilizzo di ATP e NADPH. La rubisco presenta anche un attività ossigenasica, può quindi far reagire o la CO2 o l’ossigeno (O2) con il ribulosio. Il prodotto è una molecola di tre fosfoglicerato che va al ciclo di kelvin e una di fosfoglicolato (a due atomi di carbonio) che non viene utilizzata; questa attività è ritenuta un problema quando si considera l’efficienza della fotosintesi. Le piante hanno quindi una via di recupero (via del glicolato) che prevede tante reazioni organizzate in organuli diversi (cloroplasto, perossisoma, mitocondrio). A partire da fosfoglicolato si ritorna a tre fosfoglicerato anche se gli atomi di carbonio non sono recuperati al 100% infatti a livello del mitocondrio si ha eliminazione di CO2. Si parla in questa via di fotorespirazione ovvero assorbimento di ossigeno dipendente dalla luce e rilascio di anidride carbonica. Al fosfoglicolato nello stroma del cloroplasto viene tolto il gruppo fosfato e il glicolato ottenuto viene trasformato in gliossilato nel perossisoma, si passa poi alla glicina che passa nel mitocondrio dove avvengono reazioni con il rilascio di CO2 e la glicina diventa serina, ritorna nel perossisoma dove ritorna glicerato e poi fosfoglicerato che rientra nel ciclo di Kelvin. La presenza di fosfoglicolato riduce la resa fotosintetica e quindi grazie a questa via si recupera il 75% dei carboni. Nelle piante C3 (carbonio=3) quando la rubisco fa reagire il ribulosio con la CO2, il primo prodotto della fissazione della CO2 è il 3-fosfoglicerato. Nelle piante C4 il primo prodotto è un composto organico a 4 atomi di carbonio chiamato ossalacetato. Mentre nelle C3 sono verdi solo le cellule del mesofillo, in una pianta C4 sono verdi anche le cellule della guaina del fascio e sono colorate perché c’è una separazione tra le cellule dove avviene la fase luminosa (mesofillo) e dove avviene il ciclo di Kelvin (nella guaina del fascio). Nelle piante C4 il primo prodotto è l’ossalacetato, infatti il ciclo di Kelvin qui è preceduto dal ciclo di Hactch-Slack, questo concentra la CO2 nelle cellule della guaina del fascio dove la rubisco può lavorare efficientemente come carbossilasi e non come un ossigenasi, cosi l’efficienza fotosintetica è elevata. Grazie a ciò sopra i 30 gradi una pianta C4 ha una efficienza fotosintetica doppia rispetto ad una C3. Infatti, in un clima dove la temperatura è elevata bisogna tenere aperti gli stomi per l’ingresso di CO2 ma allo stesso tempo si perde acqua e quindi la pianta regola la chiusura degli stomi e in questo caso entra anche meno CO2 (quindi la rubisco non può funzionare da carbossilasi). La fase luminosa continua ad avvenire e uno dei suoi prodotti è O2 quindi funziona da ossigenasi ma è efficiente grazie a questo ciclo. La CO2 grazie ad un enzima (fosfoenolpiruvatocarbossilasi) reagisce con il fosfoenolpiruvato formando l’ossalacetato. In queste 36 piante il ciclo di Kelvin avviene altrove dopo che la rubisco è nelle condizioni di poter utilizzare tanta CO2. L’ossalacetato grazie ad un enzima che usa NADPH viene trasformato in malato che viene trasportato alle cellule della guaina dal fascio dove un enzima malico decarbossila il malato e forma piruvato che ritorna nelle cellule del mesofillo dove ritorna poi in fosfoenolpiruvato. Il malato, quando diventa malico, nel cloroplasto viene liberata CO2 inizialmente fissata e avviene il ciclo di Kelvin e così la rubisco funziona da carbossilasi. Piante CAM (metabolismo acido delle crassulacee) es. cactus e piante che vivono ad alte temperature. CO2 viene fatta entrare di notte dato che le temperature sono più basse e quindi traspira meno (separazione temporale) e perde meno acqua. La CO2 viene temporaneamente accumulata nella molecola a 4 atomi di carbonio nell’ossalacetato dove durante la notte trasformato in malato è accumulato nel vacuolo. Di giorno la CO2 viene rilasciata e utilizzata dalla rubisco. La velocità della fotosintesi è minore rispetto alle piante C4 ma riescono a sopravvivere nei deserti. FLUSSO INFORMAZIONE GENETICA NELLE CELLULE Il DNA è l’ereditario dell’informazione genetica. La cellula prima di dividersi deve duplicare il proprio DNA. Il flusso dell’informazione genetica all’interno di una cellula è il dogma centrale della biologia. Da un filamento di DNA si ha la trascrizione e la copia di questo ad un filamento di RNA messaggero utilizzato poi come stampo per la traduzione e la formazione di proteine. Il DNA è il materiale ereditario e non le proteine. Inizialmente non si era convinti di questo; dal 1928 con l’esperimento di Griffith e seguenti si arrivò a dimostrare questo. Griffith studiò dei batteri patogeni che inoculanti in un topo di laboratorio erano in grado di provocare una polmonite, il ceppo S era capsulato virulento (inoculato il topo moriva) mentre il ceppo R era acapsulato non virulente (inoculato il topo non moriva). Egli si accorse che quando i batteri del cappo S venivano uccisi mediante calore non erano più in grado di provocare la polmonite nel topo; ma quando questo veniva mescolato con il ceppo R e inoculato nel topo provocava la polmonite al topo e si trovavano poi ceppi S vivi nel topo. Capì che qualcosa si era trasformato e aveva fatto trasformare i batteri R in S: PRINCIPIO TRASFORMANTE. Avery nel 1944 fece una serie di esperimenti: ripete l’esperimento di G. ma dopo aver ucciso il ceppo S lo sottopone a dei trattamenti enzimatici per capire di cosa fosse fatto il principio trasformante. E li tratta con dnasi (enzimi che degradano DNA), rnasi, proteasi ecc. Se il principio infatti è di natura proteica e lo tratto con proteasi non ci deve essere trasformazione degli R in S. Infatti, scoprì che il topo non moriva solo nel caso in cui i batteri venivano trattati con dnasi, quindi il principio trasformante era DNA. Hershey e Chase per dimostrare ciò utilizzarono i batteriofagi cioè virus che infettavano i batteri fecero l’esperimento di doppia marcatura nel 1952. Il DNA nel batteriofago è racchiuso all’interno di una testa e ha fibre della coda con cui si attacca alla cellula che deve infettare fatte di proteine. Il batteriofago ha un ciclo litico, infatti, entra solo il DNA e il capside proteico rimane fuori; il DNA del virus si duplica e la cellula produce tutto il necessario per formare nuovi batteriofagi che dopo la lisi della cellula si liberano e infettano le altre cellule. I due ricercatori marcano sia il DNA (isotopo radioattivo del fosforo) che la parte proteica (zolfo radioattivo zolfo 35 perché ci sono proteine che lo contengono) del batteriofago con elementi radioattivo e poi fanno infettare a questi le cellule batteriche. Usano il batteriofago T2 marcato. In una beuta mettono i due fagi marcati diversamente e dopo un po' fermano il processo prima della lisi batterica. Poi mescolano nel frullatore in modo da separare capside proteico e cellula batterica. Vengono poi centrifugati e nel fondo della provetta vi sono depositati le cellule batteriche al cui interno vi è il DNA virale mentre sopra i capsidi. Da qui possono dimostrare che hanno separato il DNA del virus dalla cellula proteica. I virus fanno entrare solo il DNA mentre capside proteico rimane fuori. Loro sottopongono questa soluzione ad una forte soluzione meccanica per staccare il capside dalla cellula proteica e dopo sottopongono a centrifugazione per separare cellule batteriche con DNA virale, sopra rimane invece il capside proteico. Prendono le cellule con DNA virale e le rimettono in un terreno permettendo al ciclo 37 virale infettivo di terminare. Verranno fatte quindi tante copie di DNA che si auto assemblano formando nuovi virus. Alla fine, trovano dei virus identici a quelli di partenza (non più marcati). È quindi il DNA che contiene l’informazione genetica. ACIDI NUCLEICI Catene polinucleotidiche dove l’unità base è il nucleotide formato da base azotata, zucchero e fosfato (nucleoside=base azotata+zucchero). Le basi azotate sono pirimidine e purine a singolo o doppio anello. Considerata una catena polinucleotidica le estremità di questa non sono identiche ma si parla di estremità 5’ o 3’. Il legame fra i nucleotidi avviene tra primo gruppo fosfato e posizione del C3. La molecola di DNA è formata da due filamenti polinucleotidici che interagiscono con legami ad idrogeno che si stabiliscono tra le basi azotate e sono di orientamento opposto. Nel 1950 un chimico Chargaff scoprì che indipendentemente dall’origine dei campioni di DNA la quantità di purine era sempre uguale alla quantità di pirimidine, non è però in grado di capire il perché. Questa informazione fu fornita più tardi con la pubblicazione della struttura a doppia elica del DNA di Watson e Crick. Essi presero spunto dall’esperimento di cristallografia di Rosalin Franklin e Wilkins. Questi irradiarono con raggi x un campione di DNA che andavano poi a colpire una pellicola fotografica che dava luogo ad un insieme di macchie scure che indicavano il punto in cui il raggio si era diffratto. Da questi riuscirono a risalire alla struttura della molecola di DNA studiando le macchie dei raggi diffratti. Questi dati suggerivano che la molecola di DNA avesse una struttura elicoidale. Basta rompere i legami ad idrogeno affinché ciascun filamento possa fare da stampo applicando le regole della complementarità delle basi. Il primo filamento è orientato in modo 5’P- 3’OH, l’altro filamento è orientato in maniera opposta e si definiscono quindi antiparalleli. Lo scheletro zucchero-fosfato è polare e infatti si trovano nella parte esterna della molecola che interagisce con la parte acquosa della cellula. Quando la coppia è guanina- citosina i legami ad idrogeno sono 3, quando la coppia è timina-adenina i legami ad idrogeno sono 2. I due filamenti si avvolgono in una struttura tendente a destra (destrorsa) a formare il DNA (b). Si generano dei solchi uno maggiore e uno minore e sono importanti dal punto di vista funzionale, soprattutto quello maggiore è un punto di interazione con fattori proteici. La distanza fra i due filamenti è costante (pari a 2 nm), affinché sia così le basi azotate devono essere unite in modo singolo-doppio anello. I due filamenti sono anche complementari e quindi ciascun filamento può guidare la sintesi di un altro filamento complementare. 10 coppie di basi con una lunghezza complessiva di 3,4 nm mi definiscono il “giro dell’elica”. La distanza tra due coppie di basi è uguale a 0,34 nm. Oltre al DNA B esiste anche il DNA A (più compatto) e il DNA Z (per il suo andamento a zig-zag, è un’elica sinistrorsa e assume questa struttura in seguito ad una particolare sequenza nucleotidica e modificazioni chimiche). In una molecola di DNA circolare rilassato, se giro ancora questo verso destra ottengo un superavvolgimento positivo e dall’altra parte un superavvolgimento negativo. Per leggere l’informazione in queste molecole ci devono essere degli strumenti che permettano di rilassare questi superavvolgimenti, tali strumenti prendono il nome di topoisomerasi. Questi enzimi sono in grado di rimuovere questi avvolgimenti; sono di due tipi: di classe I e di classe II. Nel caso di quelle di classe I l’enzima temporaneamente introduce un taglio su un filamento della doppia elica e attraverso questo viene fatto passare l’altro filamento rilassando l’avvolgimento, la rottura verrà poi risaldata. Nel caso di quelle di classe II, i superavvolgimenti sono rimossi effettuando dei tagli transitori su entrambi i filamenti e la regione intatta di DNA passa attraverso questa rottura poi saldata. Quando in seguito a rottura dei legami ad idrogeno si ha la separazione dei due filamenti si parla di denaturazione. La molecola di DNA in virtù delle basi azotate è caratterizzata dalla capacità di assorbire una radiazione di 260 nm. La misurazione dell’assorbanza di 260 nm può dirmi qualcosa su quando e in che condizioni avviene la denaturazione. All’aumentare della temperatura l’assorbanza aumenta e quindi 40 Studi recenti: Negli eucarioti la replicazione del DNA non è certa come si realizzi, nei batteri studiando la velocità di sintesi si vede come i due filamenti si formano a simili velocità. Questo perché è stato visto che tutti gli enzimi coinvolti nella replicazione sono organizzati in un unico apparato enzimatico chiamato replisoma: l’elicasi è insieme alle due DNA polimerasi che lavorano sui due filamenti e una primasi. Ci sono proteine associate alle DNA polimerasi che fanno scorrere i due filamenti. Le due DNA polimerasi scorrono nella stessa direzione quindi il filamento stampo che porta alla sintesi dei frammenti di Okazaki viene ripiegato e portato nella stessa posizione dell’altro quindi si ha sempre 5’3’. Negli eucarioti questo meccanismo non è stato ancora scoperto. Il DNA lineare comporta problemi nella replicazione delle estremità del DNA e quindi sono stati selezionati nel corso dell’evoluzione espedienti che cercano di rimediare a questi errori. Questi meccanismi hanno portato ad avere del DNA diverso negli eucarioti; infatti, vi sono estremità a singolo filamento fatto da sequenze nucleotidiche ripetute chiamate telomeri. Perché ci sono queste estremità a singolo filamento? Quando ho bisogno di replicare il DNA ho un primer che poi deve essere rimosso da una polimerasi specifica che deve trovare un 5’ libero a cui attaccarsi per colmare lo spazio lasciato. Nel DNA lineare quando vado a togliere il primer succede che la DNA polimerasi specifica non può lavorare perché non trova un tratto di DNA con un 3’ OH libero e quindi il tratto rimare in quel modo, però il tratto stampo è più corto, ha perso nucleotidi e quindi geni e quindi la sua funzione. Per rallentare questo problema di accorciamento e perdita della informazione genetica l’evoluzione ha selezionato un meccanismo che prevede la presenza di estremità 3’ allungate a singolo filamento chiamate telomeri che non portano informazioni per nessun gene. Il mio DNA perde tratti ma perde quelli che non portano nessuna informazione. I telomeri sono costruiti da un enzima particolare: telomerasi, fatto da una parte proteica e una fatta da RNA (quindi ha un complesso ribonucleoproteico come ribosomi). La telomerasi crea queste estremità e lega nucleotidi a 3’ OH allungandoli. Serve quindi uno stampo sul quale creo il filamento, lo stampo è la molecola di RNA presente all’interno della telomerasi (esempio di TRASCRITTASI INVERSA perché vado da RNA a DNA). A seconda delle specie il telomero ha sequenze nucleotidiche diverse. Le telomerasi sono attive nelle cellule staminali (quelle in un adulto in grado di andare incontro a divisione per rigenerare un tessuto) nella linea germinale (porta a formare i gameti), nelle cellule adulte somatiche differenziate il gene è invece spento. Invecchiamento cellulare correlato a questo. In alcune linee tumorali le telomerasi sono state trovate riattivate (per la capacità di proliferazione). MUTAZIONI In grado di fare attività di correzione. Quando non ci riesce si va incontro a mutazioni. Non tutte le mutazioni sono dannose alcune sono vantaggiose. -mutazioni spontanee o indotte da agenti chimici in grado di modificare o nucleotide o basi -mutazioni di natura fisica come raggi x o ultraviolette Tipi di cambiamenti: fenomeni di depurinazione (interessano le purine, guanina, porta al distacco tra base azotata e desossiribosio). Di deamminazione (rimozione del gruppo amminico, ad esempio ottengo dalla timina l’uracile che però non può esserci nel DNA e inoltre porterebbe all’inserimento di una adenina invece che guanosina). Per raggi ultravioletti creano legami covalenti crociato e implica errore nella sintesi del filamento stampo. Meccanismi di riparazione: Intervento di enzimi chiamati endonucleasi in grado di riconoscere la mutazione e vanno a rompere i legami fosfodiesterici prima e dopo il nucleotide che viene rimosso, interviene la DNA polimerasi coinvolta nella riparazione che inserisce la base corretta e poi la DNA ligasi lega. 41 GENOMA La quantità totale di DNA è specifica per quella determinata specie e deve rimanere costante e non mutata. Questa viene chiamata genoma che comprende sia le sequenze nucleotidiche che quelle di regolazione. Il genoma aumenta con la complessità dell’individuo. Negli eucarioti ci sono dei protisti che hanno una quantità di DNA maggiore rispetto a quella dei mammiferi poiché genoma non è fatto solo da geni. Quindi più che il genoma devo osservare i geni. Nel nostro genoma solo una piccola parte di sequenze nucleotidiche sono geni; infatti, talvolta il gene ha sequenze nucleotidiche che poi non vengono riportate nella molecola funzionale (introni: parte non codificante che viene rimossa). Oltre ai geni si ha la presenza di DNA ripetuto, sequenze nucleotidiche che si ripetono in tandem cioè una dietro l’altra presenti nelle regioni dei telomeri. Studiati perché queste sequenze si possono inserire nei geni che portano informazioni per molecole funzionali e portano quindi a malattie genetiche come sindrome x fragile. Oppure DNA ripetuto intersperso (sequenze ripetute che non si trovano nello stesso punto) generato da trasposoni, tratti di DNA che si sono replicati, staccati dal DNA e inseriti in un punto diverso creando mutazioni. DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA Espressione genica=produrre molecole funzionali prodotte dai geni e sono molecole di RNA e proteine. I geni che portano informazioni per queste molecole sono una piccola % di tutto il genoma. Il passaggio da DNA a RNA si chiama trascrizione in quanto da un acido nucleico (4 nucleotidi) ottengo l’acido ribonucleico (4 nucleotidi), l’informazione non cambia linguaggio. RNA acido nucleico con zucchero ribosio e al C2’ ho l’ossidrile OH, presenza dell’uracile al posto di timina, sempre molecola a singolo filamento. Nelle molecole di RNA ci sono basi complementari posizionate in punti strategici che permettono alle molecole di RNA di ripiegarsi e assumere strutture tridimensionali (coinvolte guanine e citosine). Non sempre dalla trascrizione si arriva alla produzione di proteine, infatti, solo una piccola parte porta l’informazione per la formazione della proteina (mRNA). L’altra parte porta informazione per formare RNA non sintetizzante ma che collabora come: RNA ribosomiale e di tRNA. Altre molecole di RNA che hanno invece funzione di regolazione dell’espressione genica. RNA E SINTESI PROTEICA -RNA messaggero (mRNA) porta l’informazione da DNA ai ribosomi. -RNA di trasferimento (tRNA) responsabile del legame covalente con l’amminoacido e della collocazione di questo sul ribosoma -RNA ribosomiale (rRNA) che forma l’organello In entrambi l’enzima che porta alla sintesi di RNA è l’RNA polimerasi; la trascrizione si divide in fase di inizio, allungamento e terminazione 1.INIZIO: Trascrivo solo il gene di interesse e per capire quale è ad ogni gene è associata una sequenza nucleotidica di regolazione chiamata promotore a cui l’RNA polimerasi si lega. Promotore indica il gene da trascrivere, quale dei due filamenti di DNA leggere e in che direzione. Il promotore è a monte del gene che devo trascrivere. Promotori dei procarioti: più semplici, punto di inizio viene indicato con +1 sul DNA, i nucleotidi a monte del punto di inizio sono indicati con il – davanti. Il promotore ha quindi sequenze nucleotidiche indicate con il meno. Due sequenze: -10 o Pribnow box ricca di adenine e timine, e -35. Queste due regioni sono riconosciute dall’RNA polimerasi a cui si lega e inizia a separare i filamenti. Per usare filamenti come stampo devo rompere i legami a idrogeno e separare i due filamenti, l’RNA polimerasi riesce a farlo da sola senza 42 bisogno di elicasi. L’RNA polimerasi dei procarioti: molto diverse. Sono dei multimeri fatte da 5 catene polipeptidiche due subunità alfa, una beta e una beta’. Queste 4 subunità costituiscono il core (cor) quello che fa l’attività catalitica ovvero sintesi dell’RNA. C’è poi una parte variabile (fattore sigma) che riconosce il promotore. Fattore sigma è il responsabile del riconoscimento del promotore. Una volta che il fattore sigma si è legato e la DNA polimerasi ha iniziato a rompere i legami e i due filamenti si sono separati il fattore sigma si stacca e rimane solo la parte catalitica che procede con la trascrizione. Ricapitolando: nei procarioti il fattore sigma va a riconoscere le sequenze promotrici in -10-35, vi si lega, l’RNA polimerasi a differenza della DNA polimerasi non ha bisogno delll’elicasi ma è lei stessa a rompere il legame idrogeno tra i due filamenti del DNA, per romperli siccome richiede energia è stato proposto questo modello che prevede un movimento inizialmente avanti e indietro della RNA polimerasi in modo tale da favorire la rottura del legame idrogeno nel tratto iniziale, in questo tentativo di avanti indietro il DNA si accartoccia, viene prodotto un piccolo tratto di RNA complementare al DNA che ha la funzione di favorire la separazione dei due filamenti stampo; una volta che questi si sono formati il pezzetto di RNA che prende il nome di RNA abortivo si stacca e viene degradato. L’RNA polimerasi rimuove il fattore sigma e procede avanti e inizia la fase di allungamento. 2.ALLUNGAMENTO: viene scelto il filamento stampo che può essere letto in direzione 3’-5’. Infatti, anche l’RNA polimerasi è in grado di allungare la sintesi del filamento aggiungendo nucleotidi ad un 3’OH libero. Questa NON ha bisogno di un primer. La trascrizione è unidirezionale, solo uno dei due filamenti viene usato come stampo, questo viene deciso dal promotore. Nel DNA quindi a seconda della posizione del promotore posso avere la lettura di due filamenti ma porteranno alla formazione di due geni diversi. 3.TERMINAZIONE: la trascrizione nei batteri termina quando l’RNA polimerasi raggiunge una sequenza nucleotidica sul DNA che è chiamata “sito di terminazione”. Non basta però raggiungere questo sito di terminazione per arrivare a terminare la trascrizione. Ci sono due meccanismi che collaborano per fermare la trascrizione nei procarioti. C’è una terminazione chiamata road dipendente e una terminazione chiamata road indipendente. La prima è chiamata così perché dipende anche dalla presenza di una proteina chiamata RHO. È un enzima che riconosce dei tratti di RNA che si stanno formando, si lega alla molecola di RNA e comincia a scorrere sull’RNA di nuova sintesi rincorrendo l’RNA polimerasi. Quando l’RNA polimerasi raggiunge il sito di terminazione queste si incontrano. Generalmente i siti di terminazione sono ricchi di citosine e guanine, siccome la RNA polimerasi che deve rompere il legame ad idrogeno se ce ne sono tre (di legami) le serve più energia e ci vuole più tempo rispetto ad adenina e timina, quindi, rallenta per rompere questi legami e dà il tempo al fattore rho di raggiungerla. Il fattore rho destabilizza l’ibrido DNA-RNA, infatti fino a quando questi rimangono sotto forma di ibrido l’RNA polimerasi rimane legata al tratto e continua a trascriverlo, se indebolisco l’ibrido, indebolisco il legame con l’RNA polimerasi e quindi promuovo il distacco. RNA viene rimosso, l’RNA polimerasi si stacca e il DNA si rinatura. La terminazione road indipendente dipende sempre da una destabilizzazione ma non ci sono fattori proteici. È la stessa molecola di RNA che assume una struttura a forcina che si stacca e rompe il legame ad idrogeno con il suo tratto complementare. Nella sequenza nucleotidica dell’RNA di nuova sintesi si accumulano delle regioni ricche di guanina e citosina e in questi punti si creano strutture a forcina seguite da sequenze di uracile, il quale riesce a fare con l’adenina sul DNA due legami ad idrogeno invece che tre come tra G-C. quindi il ripiegamento intramolecolare dell’RNA è più stabile dell’ibrido DNA-RNA. Questo destabilizza l’ibrido e l’RNA polimerasi si stacca terminando la trascrizione. TRASCRIZIONE NEGLI EUCARIOTI 45 coda che va sotto il nome di poliadenilazione al 3’. È anche indicata una quarta (meno frequente) modificazione che va sotto il nome di editing dell’RNA che rende conto di inserzioni o delezioni o cambiamenti di pochi nucleotidi nella molecola di RNA dopo che è stata trascritta. 1.CAPPING: è la prima maturazione, l’aggiunta del cappuccio all’estremità 5’ dell’RNA messaggero. È una modificazione chimica, l’aggiunta di una metilguanosina (guanosina monofosfato/metilata sul C7 a formare la 7-metilguanosina) all’estremità 5’ del trascritto primario anche detto pre-mRNA. Il legame con cui viene attaccata è diverso, come se la guanosina metilata fosse attaccata al contrario; viene legata all’estremità 5’ (legame 5’-5’). A cosa serve? Le molecole di RNA nelle nostre cellule sono delle molecole instabili cioè non vivono a lungo. Quelli messaggeri soprattutto hanno una emivita brevissima in quanto devono portare solo i messaggi dei geni. Controllare la loro stabilità è anche un modo per la cellula di controllare l’espressione genica (perché se io la molecola la degrado subito quel gene non lo esprimerò, se la rendo stabile invece posso tradurlo più volte). Questi sono poi a rischio dell’attacco di enzimi che prendono il nome di nucleasi nel loro cammino dal nucleo verso il citoplasma. Quindi sia l’attacco del cappuccio all’estremità 5’ che l’attacco della coda all’estremità 3’ sono modificazioni che vanno a proteggere questa molecola alle sue estremità. Questo cappuccio è anche essenziale per l’inizio della sintesi proteica in quanto quando si forma il complesso di inizio della traduzione il ribosoma (in particolare la subunità minore) riconosce l’mRNA dal suo cappuccio. 2.POLIADENILAZIONE: La maturazione dell’RNA prevede l’aggiunta in 3’ di una coda, una sequenza polinucleotidica monotona fatta da nucleotidi contenenti adenina. Un enzima che si chiama poli A polimerasi aggiunge questa coda fatta di tante adenine (da 50 a 200 adenine). Qual è la funzione di questa coda? Favorire un aumento della stabilità della molecola cioè protegge l’estremità 3’ dell’mRNA dall’attacco di nucleasi che quella molecola potrebbe incontrare. Questa coda nel corso della vita dell’mRNA si accorcia. Se la coda diventa troppo corta l’RNA diventa instabile e viene quindi degradato. La coda è anche importante nel promuovere la stabilità della molecola (più è lunga più la molecola è stabile). Se qualcosa è andato storto la cellula se ne deve accorgere quindi l’RNA maturo prima di poter uscire dal nucleo deve subire un controllo. La coda aiuta in questa esportazione ed è coinvolta insieme ad altri nel controllo qualità. A valle di 10-35 nucleotidi di AAUAAA avviene un taglio ed è qui che viene aggiunta la coda con un meccanismo ATP dipendente. 3.SPLICING DELL’RNA: Sequenze esoniche: codificanti. Trascritti e tradotti. Sequenze introniche: non codificanti. Trascritti e non tradotti. Nell’RNA messaggero maturo rimangono solo gli esoni, gli introni vengono tagliati via dallo splicing che ricuce poi insieme gli esoni, è per questo che l’mRNA è più corto. I geni degli Eucarioti sono quindi definiti discontinui. Il 15% delle malattie umane ereditarie è dovuto a errori di Splicing. Lo splicing è portato avanti dal complesso ribonucleoproteico chiamato spliceosoma. Esso si forma dall’associazione di snRNP (small nuclear ribonucleoproteins): proteine e snRNA (della serie u). Lo spliceosoma riconosce l’inizio e la fine dell’introne da tagliare e lo tagliano all’inizio. Nell’introne c’è un punto di ramificazione dove l’estremità libera dell’introne viene attaccata dallo spliceosoma e poi fatto il taglio. L’introne tagliato assume una struttura a cappio chiamata lariat e viene degradato. Gli esoni vengono poi uniti e nel punto di fusione si forma un complesso di proteine (complesso di giunzione dell’introne) che poi serve a controllare se lo splicing è avvenuto correttamente e quindi possa uscire dal nucleo e essere tradotto. Le snRNP sono considerate un esempio di ribozima perché la loro attività enzimatica sembra essere dovuta alle molecole snRNA. In alcuni punti la rimozione dell’introne avviene per self-splicing cioè l’introne si auto taglia senza bisogno dell’intervento dello spliceosoma. Questo avviene ad esempio nel genoma mitocondriale di funghi ecc. SPLICING ALTERNATIVO: Talvolta può succedere che durante la rimozione degli introni venga tagliato via anche l’esone che sta in mezzo a questi. A partire dallo stesso mRNA a seconda di come rimuovo gli introni possono avere degli RNA maturi alternativi che daranno luogo a proteine diverse. 46 4.EDITING Modifica chimica post-trascrizionale dei nucleotidi dell’mRNA; delezione o inserzione di un nucleotide. Un esempio è la deaminazione che cambia un nucleotide in un altro; esempio quella delle uridine che vengono trasformate in citidine come per il gene dell’apolipoproteina umana B nell’intestino. RNA RIBOSOMIALI La sintesi di questi avviene nel nucleolo. L’RNA polimerasi I utilizza questi tratti di DNA che fanno da filamento stampo per formare un trascritto primario che poi viene maturato. Come avviene la maturazione: nei tratti di DNA ci sono questi geni trascrizionali ripetuti in tandem separati da spaziatori che non verranno trascritti. La trascrizione porta alla formazione di un pre-rRNA. Questa unità trascrizionale contiene l’informazione per sintetizzare i tre di quattro tipi di rRNA che ritroviamo nelle subunità del ribosoma (18S nella subunità minore, 5,8S e 28S che con l’rRNA 5S che viene trascritto dall’RNA polimerasi III fanno parte della subunità maggiore). Vi è poi un taglio in corrispondenza delle regioni chiamate spaziatori trascritti e la liberazione di queste unità. Altre reazioni di maturazione sono quelle di metilazione (aggiunta di CH3 in 2’OH del ribosio) che servono a proteggere dai tagli le parti di rRNA che poi portano a molecole di rRNA mature. La metilazione e il taglio avvengono grazie agli snoRNA (piccoli RNA nucleolari). Sempre a livello del nucleolo per la maturazione dell’RNA ribosomiale serve l’arrivo dell’rRNA 5S (dopo essere stato trascritto nel nucleoplasma) e le proteine che arrivano dal citoplasma. Queste entrano nel nucleo dai pori e poi vengono assemblate con gli specifici rRNA per formare le subunità dei ribosomi. Questi vengono poi portati fuori dal nucleo. Struttura ribosomi: negli Eucarioti la subunità minore del ribosoma (40S) è costituita da rRNA 18S e proteine mentre la subunità maggiore (60S) da proteine e l’rRNA 28; 5,8; 5S. Nei procarioti invece le subunità sono più piccole. MATURAZIONE RNA DI TRASFERIMENTO tRNA È la molecola di RNA più piccola con nucleotidi inferiori a 100. La molecola si ripiega ad assumere una struttura secondaria a trifoglio stabilizzata da legami ad idrogeno tra basi complementari. Si formano quindi tre anse che a causa della non complementarità tra basi non possono formare una struttura a doppia elica. Le anse sono importanti per la funzione della molecola; una di queste prende il nome di ansa dell’anticodone formata da triplette di basi che si appaiano alle triplette del codone sul messaggero. Dall’altra parte nel braccio accettore si trova attaccato l’amminoacido. L’enzima che lega il tRNA all’amminoacido giusto è l’amminoacil tRNA sintetasi. Talvolta si può trovare una quarta ansa definita ansa variabile o extraloop che è presente o meno a seconda del tipo di tRNA e serve ad assicurare una distanza costante tra le varie molecole di tRNA tra braccio accettore e anticodone. La maturazione del tRNA prevede la rimozione di alcune sequenze all’estremità 5’ (sequenza leader); la modificazione di alcune basi che porta alla formazione di basi insolite (ribotimina T ecc.). A livello del braccio accettore in 3’ OH è presente la tripletta CCA che si trova in tutti i tRNA dopo la maturazione. La molecola di tRNA si ripiega ad assumere una struttura tridimensionale ad L dove le due estremità della lettera sono rappresentate dall’anticodone e dal braccio accettore. IL CODICE GENETICO È un insieme di regole fatte da triplette. Queste vengono utilizzate quando bisogna tradurre l’mRNA in una catena polipeptidica. Siccome gli amminoacidi sono 20 e le basi 4 affinché si codifichi per un numero più che sufficiente di amminoacidi i nucleotidi devono essere 3, infatti 4 alla terza è uguale a 64. Quindi l’insieme del codice prevede 64 regole e quindi 64 triplette. Ciascuna di queste triplette ha un significato specifico, non c’è ambiguità. Siccome le triplette sono 64 e gli amminoacidi sono 20 c’è ridondanza cioè di queste 64 alcune sono sinonime e quindi codificano lo stesso amminoacido (tolte tre triplette non 47 codificanti che servono come codoni di stop). Queste regole sono universali cioè le stesse per ogni essere vivente ma ci sono delle eccezioni: nei funghi e a livello del mitocondrio ci sono delle regole che fanno eccezione, ad esempio il codone di stop nel mitocondrio codifica una proteina. Leggendo il codice a triplette ho 64 tipi di combinazioni. Questa tripletta viene anche chiamata codone. ESPERIMENTO DI CRICK E BRENNER: La natura a triplette del codice genetico fu dimostrata da un famoso esperimento di Crick e Brenner. Questo esperimento viene fatto utilizzando batteriofagi T4. Gli scienziati causano nel genoma a DNA del fango T4 delle mutazioni cioè cambiamenti nella sequenza nucleotidica del DNA utilizzando la proflavina. Essa causa mutazioni per scivolamento della cornice di lettura (frame shift) in quanto provoca o l’inserzione o dilezione di nucleotidi. Quindi quando la molecola di DNA viene trascritta in quella di RNA essa avrà un nucleotide in più o in meno e quando viene tradotta porta alla sintesi di un amminoacido diverso rispetto a quello che ci dovrebbe essere e scombina la lettura dove le triplette saranno tutte diverse. Questi gli scienziati capiscono che le regole per il quale un acido nucleico viene tradotto è di tre nucleotidi. La decifrazione del codice e delle triplette si devono agli scienziati Niremberg e Matthei, i quali misero in provetta tutto il necessario per far avvenire la sintesi proteica. Prendono un RNA messaggero sintetico costruito da loro con la sequenza che volevano (utilizzando l’enzima fosforilasi) e lo mettono nella provetta. Essi partono da un RNA monotono cioè contenente una sola base azotata ripetuta e vedono che la catena polipeptidica contiene la ripetizione di un singolo amminoacido. E così vanno avanti con le altre basi (AAA e CCC). Con GGG ebbero problemi sperimentali in quanto questo si ripiegava e impediva lo scorrimento del ribosoma e la lettura delle basi. Inoltre, un altro problema riguardava le triplette non monotone in cui il punto da cui partiva la traduzione era essenziale. Infatti, non riuscivano a capire quali triplette specificavano quale determinata proteina non potendo controllare il punto di inizio. Niremberg e Leder riuscirono a risolvere questo problema. Infatti, invece che utilizzare messaggeri lunghi utilizzavano un mini- messaggero fatto da una tripletta così da non avere incomprensioni in quanto ottenevo non una catena polipeptidica ma un singolo amminoacido. Questo, messo in provetta, formava un “complesso ternario” fatto da ribosoma, mini-messaggero e tRNA legato all’amminoacido. Dovevano quindi capire in questo complesso quale tRNA con quale amminoacido fosse stato formato. Il tRNA con l’amminoacido legato è più ingombrante rispetto agli altri e quindi filtrano poi questa soluzione con l’idea che il tRNA con amminoacido che fa parte del complesso è grande abbastanza da non passare attraverso i pori del filtro mentre gli altri tRNA che non fanno parte del complesso ternario passano sotto e quindi loro vanno a cercare l’amminoacido che è rimasto nel filtro e ripetono la procedura per le triplette rimaste. Per facilitare questo passaggio essi allestiscono 20 provette dove è tutto uguale tranne l’amminoacido radioattivo che loro vogliono decifrare. Quindi con questo esperimento attribuiscono il significato alle triplette restanti. Quando utilizzavano nucleotidi UAA, UAG, UGA non trovavano niente e quindi capiscono che questi sono codoni di stop. CARATTERISTICHE CODICE GENETICO Il codice genetico è universale, identico per tutti gli organismi. Ci sono però delle eccezioni a livello del mitocondrio per le triplette di stop ecc. Il codice genetico è detto “senza virgole” cioè letto linearmente e non è sovrapposto ma la sintesi inizia in un punto preciso: AUG codone di inizio Il codice è degenerato (ridondante) due o più codoni codificano per lo stesso amminoacido. Il codice non è ambiguo cioè ogni codone codifica per un solo amminoacido IPOTESI DEL VACILLAMENTO: Vari nucleotidi che codificano per stesso amminoacido e cambiano per il terzo nucleotide. Si ipotizzò che questi venissero riconosciuti e letti dallo stesso tRNA. Il primo e secondo 50 dall’idrolisi di GTP che viene idrolizzata a GDP e fosfato). Dopo l’idrolisi tutti e tre i fattori vengono rilasciati e allora la subunità maggiore si lega. Nella fase di allungamento sono 3 i fattori: EF-Tu, EF-Ts, EF-G. Anche questa fase è GTP dipendente infatti viene legato a Tu che lega anche il tRNA aiutandolo a posizionarsi nel sito A. GTP viene poi idrolizzato e nella forma GDP EF-Tu non è più attivo. Il ruolo di EF-Ts è quello di cambiare il GDP con un GTP portando EF-Tu nella forma attiva. EF-G lega il GTP ed è coinvolto nella traslocazione. Il ribosoma deve spostarsi così che nel sito A compaia il nuovo amminoacido, questo provoca il rilascio del tRNA scarico che deve uscire. Questa traslocazione richiede energia data dall’idrolisi del GTP. NB nel legame tra i due amminoacidi che si uniscono non si ha uso di GTP perché? Perché quando l’amminoacido si stacca dal tRNA e il legame estere si rompe si usa questa energia per fare il legame. Nella fase di terminazione i fattori sono attivi quando legati con GTP. Essi si legano al sito A permettendo la fine del processo. TRADUZIONE NEGLI EUCARIOTI La fase di inizio nella prima parte è uguale a quella dei procarioti ma qui ci sono più di 10 fattori di inizio. Il fattore eIF4E lega il cappuccio. Questo fattore si lega ad altri fattori che a loro volta si legano a proteine localizzate sulla coda; quindi, durante la traduzione l’mRNA è una molecola circolare. Questo per un maggiore controllo, infatti negli eucarioti la sintesi proteica è costosa a livello di energia e la cellula deve sapere prima se l’mRNA è completo e può essere tradotto. Infatti, se l’mRNA è stato degradato e da metà in poi manca del tutto le proteine finali non ci sono e non si forma il complesso e quindi la traduzione non parte. Per quanto riguarda l’allungamento e la fine il procedimento è uguale a quello dei procarioti. SELENOCISTEINA E PIRROLISINA: i nuovi amminoacidi. Similitudine tra procarioti e eucarioti Negli eucarioti si trova la selenocisteina e nei procarioti anche la pirrolisina. Entrambi sono codificati da un codone di stop (va contro le regole del codice genetico). Quando queste sono legate al loro tRNA sono in grado di andare sul ribosoma e permettere l’inserimento dell’amminoacido nella proteina quando il codone di stop si trova prima di una struttura tridimensionale a forcina nell’mRNA. Queste strutture hanno un ruolo importante nel regolare l’espressione genica. Se il codone di stop UGA (proprio della selenocisteina) si trova prima della struttura a forcina questo viene riconosciuto non da fattori di rilascio che quindi farebbero terminare la traduzione ma dal tRNA che porta la selenocisteina e questa viene inserita. La scoperta di queste strutture ha messo in evidenza che per codificare un gene non basta avere triplette per l’amminoacido ma serve l’intorno chimico in cui i codoni vanno a trovarsi. Il codone di stop UAG codifica invece per la pirrolisina. Una molecola di mRNA è letta da più ribosomi contemporaneamente sia negli eucarioti che nei procarioti e questa struttura prende il nome di poliribosoma che permette la formazione di più proteine. La traduzione avviene nei procarioti all’interno del citoplasma insieme alla trascrizione. La traduzione, infatti, inizia prima ancora che l’mRNA messaggero sia stato trascritto, si parla di co-trascrizione. Negli eucarioti invece la trascrizione avviene nel nucleo e la traduzione nel citoplasma. Quindi mentre i procarioti rispondono alle variazioni ambientali in maniera veloce ma con un meccanismo di accensione e spegnimento non molto specializzato, gli eucarioti rispondono sì in maniera più lenta ma variano l’intensità della risposta in modo più specializzato. SINTESI PROTEICA NEGLI EUCARIOTI Inizia nel citoplasma per la maggior parte delle proteine di origine nucleare e poi a seconda dell’utilizzo le proteine vengono completate sulla membrana del reticolo endoplasmatico rugoso. Si ha sintesi proteica 51 anche nello stroma del cloroplasto e nella matrice mitocondriale (qui i ribosomi hanno coefficiente di sedimentazione come quelli dei procarioti/eubatteri). LE MUTAZIONI -geniche o puntiformi: cambiamenti che riguardano un singolo nucleotide. Alterano codice di lettura e sintesi proteica. -cromosomiche: alterano la dimensione del cromosoma -genomiche: modificano il numero di cromosomi - MUTAZIONI PUNTIFORMI Si possono classificare in: sostituzioni=quando una base è sostituita con un’altra base; delezione=mutazioni per perdita di nucleotide; inserzione=mutazioni per aggiunta di nucleotide. SOSTITUZIONE: vari tipi di mutazione 1. mutazioni silenti, il codone cambia ma codifica per lo stesso amminoacido. La proteina non cambia. 2. mutazioni missenso, il codone codifica per un diverso amminoacido. La proteina cambia. (es. anemia falciforme) 3. mutazioni non-senso, sostituzione porta alla formazione di un codone di stop. La proteina è più corta. Gravi perché talvolta manca l’amminoacido che fa assumere la struttura terziaria e quindi la proteina non assume la struttura nativa. DELEZIONE E INSERZIONE Mutazioni frameshift, scivolamento del codice di lettura che fa cambiare la sequenza amminoacidica, gravi perché cambiano la proteina. DESTINO POST-TRADUZIONALE DELLE PROTEINE -ripiegamento delle proteine -indirizzamento e smistamento -modificazioni post-traduzionali -degradazione delle proteine Non è detto che per tutte le proteine questo sia l’ordine. RIPIEGAMENTO (folding) Il ripiegamento permette di capire la struttura tridimensionale e di conseguenza la funzione della proteina, ma anche le malattie che derivano da proteine mal ripiegate. Le proteine quando sono piccole assumono spontaneamente la struttura tridimensionale nativa. Le proteine più complesse hanno invece bisogno di chaperoni molecolari cioè complessi che accompagnano il ripiegamento della proteina tramite consumo di energia. Questi vengono distinti tra loro dalla sigla Hsp. Alcuni chaperoni hanno anche funzione di indirizzamento o di individuazione della proteina malata e invio verso la degradazione. Sono presenti sia negli eucarioti che nei procarioti. Questi complessi formano un canale interno in cui la proteina viene accompagnata, il canale viene chiuso e si crea l’ambiente chimico favorevole per le interazioni e il giusto ripiegamento della proteina. NB non sono come gli enzimi che modificano la proteina ma la accompagnano solo; creano l’intorno chimico che favorisce le interazioni deboli e quindi il ripiegamento spontaneo. Talvolta intervengono anche in casi di denaturazione della proteina rinaturandola. In alcuni casi le proteine si ripiegano nel modo scorretto (misfoldata) e quindi gli chaperoni intervengono e la ripiegano nel modo 52 corretto, se ciò non avviene la proteina deve essere degradata perché pericolosa qualora rimanesse nell’organismo. INDIRIZZAMENTO negli eucarioti (in quanto procarioti non hanno organelli) Due meccanismi: co-traduzionale e post-traduzionale. La sintesi iniziale delle proteine avviene nel citoplasma e poi a seconda del destino vanno incontro a questi due tipi di smistamento. Se deve far parte del sistema di endomembrane allora si ha uno spostamento sul reticolo rugoso e poi lo smistamento (co- traduzionale). Quelle che devono restare nel citoplasma o andare nel nucleoplasma, mitocondrio ecc. si usa lo smistamento post-traduzionale. La cellula per decidere dove indirizzare la proteina guarda la sequenza amminoacidica dove è scritto il destino della proteina. Il segnale è dato da una sequenza di amminoacidi chiamato peptide segnale (questo decide il destino della proteina) che si trova nella proteina. - IMPORTAZIONE CO-TRADUZIONALE La sintesi della proteina inizia sui ribosomi liberi nel citoplasma. Quando la sequenza segnale all’N- terminale sporge dalla proteina viene riconosciuta da un complesso ribonucleoproteico SRP (insieme al NAC) che la lega, blocca la sintesi e trasporta il ribosoma, l’RNA messaggero e proteina non ancora formata sulla membrana del RER. L’SRP si chiama “particella di riconoscimento del segnale”; il NAC si chiama invece “complesso proteico associato al peptide nascente che impedisce il ripiegamento del polipeptide nascente. Questo complesso si sposta sulla faccia esterna della membrana del RER e va a legarsi ad un complesso proteico chiamato traslocatore/traslocone. Esso è fatto da una parte che funziona da recettore per SRP, una parte che fa da recettore del ribosoma, e poi una parte che attraversa la membrana fatta a canale momentaneamente chiuso. La proteina SRP riesce a legare anche la GTP che legata cambia la sua conformazione e fa aprire il canale interno. La proteina SRP idrolizza la GTP e questo permette di staccare l’SRP e il NAC e la sintesi proteica riinizia subito dopo che la catena polipeptidica è entrata dentro il canale e quindi si allunga verso l’interno. La presenza del peptide segnale potrebbe portare la proteina a riuscire di nuovo e quindi associato al canale è presente all’interno del lume l’enzima peptinasi del segnale che rompe il legame tra ultimo amminoacido della sequenza segnale e l’inizio della proteina e toglie quindi la sequenza segnale così che la proteina non può riuscire. Finita la sintesi proteica, il destino della proteina è quello di essere di nuovo ripiegata tramite chaperoni. Talvolta le proteine possono restare sulla membrana, questo è deciso dalle sequenze segnale. Infatti, può succedere che alcune proteine abbiano più di una sequenza segnale in cui, una volta entrata all’interno e tolta la prima sequenza, un’altra sequenza le fa iniziare il traslocamento sulla membrana facendola diventare una proteina integrale di membrana. L’indirizzamento e la disposizione sono dettati dalle sequenze segnale. MODIFICAZIONI POST-TRADUZIONALI Proteine nel sistema di endomembrane vengono modificate chimicamente. Ad esempio: protolisi, taglio del polipeptide permette ai frammenti di ripiegarsi nella loro forma attiva; glicosilazione aggiunta di catene oligosaccaridiche (maggior parte destinate a diventare proteine di membrana); fosforilazione, aggiunta di un gruppo fosfato che modifica la forma. APPARATO DEL GOLGI: Le proteine vengono portate qui una volta modificate nel reticolo. Fatto da cisterne appiattite, funzionalmente diverse. Le proteine sono trasportate tramite vescicole che si muovono grazie ai microtubuli (dineine e chinesine). I segnali che la proteina possiede permettono di indirizzare la vescicola ad un luogo o all’altro. 55 Per dimostrare che la replicazione giusta è quella semiconservativa Meselson e Stahl fanno un esperimento e usano il batterio che cresce velocemente ogni 20 minuti. Usano l’isotopo 15 dell’azoto più pesante. Cercano di costruire un DNA pesante e fanno crescere i batteri Eschierica coli in un terreno che contiene questo azoto e quindi per estrarlo la cellula deve essere uccisa, estratto e si vede che il loro DNA è pesante. Creano un gradiente di densità con cloruro di cesio, si fanno stratificare, si centrifuga, e dopo metto il campione. Quello pesante va a finire in fondo alla provetta. Fanno poi la prima divisione cellulare e mettono i batteri nel terreno contenente un isotopo di azoto leggero per 20 minuti così da fare una solo replicazione e con tutti i passaggi di prima nella provetta (estraggo il DNA, centrifugo ecc.) vedono che hanno ottenuto un DNA intermedio. Escludono così la replicazione conservativa. Rimane valida quella semiconservativa e dispersiva. Continuano a far crescere il batterio per 40 minuti (il tempo di formare due generazioni) nel terreno leggero e vedono che nella provetta appaiono due bande: una intermedia e una leggera. Escludono quindi la replicazione dispersiva (in quanto sarebbe dovuta apparire una sola banda). Esperimento di Taylor: dimostra la modalità semiconservativa di duplicazione del DNA in cellule eucariotiche. LA REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENICA Le cellule non trascrivono mai tutti i loro geni. Sono in grado di rispondere a stimoli interni ed esterni ed attivare l’espressione dei geni di cui hanno bisogno. La regolazione dell’espressione genica è possibile sia in eucarioti che procarioti ma i meccanismi non sono gli stessi. I segnali che interessano i procarioti e prevedono poi una risposta dell’espressione genica sono gli stimoli che possono compromettere la sopravvivenza della cellula, stimoli per la divisione cellulare ecc. Per quanto riguarda gli eucarioti pluricellulari il meccanismo è più complesso perché questa deve rispondere anche agli stimoli che provengono tra cellule adiacenti dello stesso tessuto (processi di differenziamento ad esempio o apoptosi). Ad esempio, il neurone e il fegato hanno lo stesso DNA ma regolato in modo diverso e quindi anche aspetto e funzioni diverse. La maggior parte delle risposte cellulari richiede l’attivazione o la repressione di molti geni PROCARIOTI: la regolazione avviene a livello trascrizionale tramite attivazione o repressione o regolandone la quantità di DNA o proteina che posso produrre. -geni costitutivi, sono costantemente attivi e producono molecole fondamentali per la vita del batterio (es. geni ribosomali o che codificano per enzimi della glicolisi) -geni regolati, sono inducibili o reprimibili e servono solo in un determinato momento. La loro espressione è regolata in base al fabbisogno cellulare. 1. primo meccanismo di regolazione dell’espressione genica è l’RNA polimerasi. Le sequenze del promotore sono riconosciute, nel caso dei batteri, dalla componente sigma dell’RNA polimerasi che è quella che varia ed è specifica per ogni gene. Nei batteri i geni regolati sono organizzati in unità trascrizionali cioè sotto il controllo di uno specifico promotore riconosciuto da uno specifico fattore sigma. I geni inducibili portano l’informazione per enzimi coinvolti nel catabolismo. I geni reprimibili invece portano l’informazione per le vie anaboliche (sono normalmente attivi ma quando ho abbastanza di quella molecola li spengo momentaneamente). In entrambi i casi i geni che sono coinvolti nella stessa via metabolica sono organizzati in unità trascrizionali sotto il controllo di un unico promotore. Nei procarioti i ricercatori hanno visto che i geni catabolici e anabolici coinvolti nello stesso processo non sono presenti nel DNA come promotore-gene-promotore-gene ma sono associati insieme sotto il controllo di un unico promotore che prende il nome di operone. Il vantaggio è che quando riproduco il fattore sigma giusto trascrivo questi geni nella stessa quantità e quindi la via metabolica procede velocemente. 56 L’operone si trova sul DNA ed è un’unità che viene trascritta sotto il controllo di un promotore unico. L’operone è quindi formato da un promotore a monte, i geni strutturali a valle trascritti in un unico mRNA. Tra questi e il promotore c’è una sequenza nucleotidica che è chiamata operatore ed è una sequenza non trascritta riconosciuta da una proteina chiamata repressore prodotta da un altro gene regolatore che può trovarsi anche a grande distanza nel DNA. Il repressore si lega all’operatore e quindi quando arriva l’RNA polimerasi e si lega al promotore il gene non viene trascritto poiché non riesce a scorrere. Quando questo blocco non c’è l’RNA polimerasi si lega e ottengo un unico RNA che porta l’informazione per tre geni e in questo caso viene chiamato policistronico e dovrà produrre tre proteine diverse. Gli mRNA policistronici sono specifici solo per i batteri. ESEMPIO DI OPERONE INDUCIBILE: OPERONE LATTOSIO Operone lattosio: unità trascrizionale che permette al batterio di usare il lattosio come fonte di energia. Il galattosio e il glucosio (che formano il lattosio) devono essere scissi e formano due monomeri indirizzati alla glicolisi/fermentazione/respirazione. L’enzima che rompe il legame glicosidico è la β-galattosidasi (che è 1 dei geni strutturali dell’operone lattosio); poi c’è una permeasi (2) che permette la diffusione facilitata e quindi il trasporto del lattosio attraverso la membrana plasmatica; e poi c’è la galattoside transacetilasi (3) che aggiunge un gruppo acetile al lattosio quando entra nella cellula. L’operone del lattosio: quando devo usare il lattosio come fonte di energia per la glicolisi lo devo portare verso l’interno, modificare, attivare ecc. Quindi se il lattosio non è presente nell’ambiente esterno dove cresce il batterio non ho bisogno che tutti questi enzimi siano attivati. Normalmente quindi l’operone è spento. In assenza di lattosio l’operone è bloccato: il gene regolatore ha prodotto il repressore che è stato portato all’operatore dove crea un ingombro che non permette all’RNA polimerasi di trascrive i geni strutturali. Sulla membrana plasmatica del batterio è presente una piccola quantità di permeasi. Se arriva il lattosio questo, quindi, entra nella cellula batterica, viene isomerizzato in un suo isomero chiamato allolattosio. Esso va a riconoscere il repressore presente sull’operatore, si lega a questo e gli fa cambiare conformazione. Il repressore non è più in grado di rimanere attaccato all’operatore, si stacca e quindi l’RNA polimerasi rompe i legami ad idrogeno del DNA, leggere il filamento stampo e formare l’mRNA. Il repressore è quindi una proteina allosterica che esiste in due conformazioni. Una conformazione attiva che lega il repressone e una inattiva. All’interno della cellula è quindi sempre presente una molecola effettore in grado di fargli cambiare conformazione. ESEMPIO DI OPERONE REPRIMIBILE: OPERONE DEL TRIPTOFANO Se un determinato amminoacido raggiunge una concentrazione elevata e non riesco a consumarlo tutto spengo la sua sintesi. In questo caso sarà presente il promotore dove c’è l’operatore e i geni strutturali. I geni strutturali del triptofano sono 5: trpE e trpD portano l’informazione per la formazione dell’enzima 1; il trpC per l’enzima 2 e il trpB e trpA per il terzo enzima. Qui non ho la repressione per l’operatore triptofano che è sempre trascritto, non c’è repressore. L’unità trascrizionale si ferma quando il triptofano ha raggiunto concentrazioni troppo elevate. Il triptofano quindi si autoregola e in concentrazioni elevate va a riconoscere la proteina repressore codificata da un gene regolatore, e quindi l’effettore fa cambiare la forma del repressore da inattiva ad attiva e lo porta a legarsi all’operatore e quindi la trascrizione si blocca. Non c’è qui il solo regolamento dell’espressione genica ma il triptofano si lega all’enzima 1 con inibizione da feedback. Per operone lattosio e triptofano si parla di operoni regolati con un meccanismo di controllo negativo. Alcuni operoni hanno anche una regolazione positiva, meccanismo di regolazione dove si regola la velocità di trascrizione. Prevede la presenza di una proteina chiamata attivatore che si lega nella regione del promotore ma prima delle regioni riconosciute dall’RNA polimerasi stimolando la trascrizione e velocizzandola. 57 REGOLAZIONE POSITIVA: Un esempio di regolazione positiva si vede nell’operone del lattosio (possiede entrambi le regolazioni): La proteina attivatrice viene attivata dalla molecola AMP ciclico la quale viene formata a partire dall’ATP ad opera dell’enzima adenilato ciclasi che forma un legame fosfodiesterico ciclico. Una volta formata l’AMP ciclica questa si lega ad una proteina CAP (attivatore) che viene resa attiva, è una proteina allosterica ed è in grado di legare il promotore del DNA dell’operone lattosio solo quando lega la cAMP. L’adenilato ciclasi è in grado di formare la cAMP quando nell’ambiente esterno delle cellule c’è una bassa concentrazione di glucosio. Quando invece il livello di glucosio è elevato la cAMP è bloccata. La proteina CAP si lega alle regioni intorno a -35 del promotore dell’operone del lattosio, stabilizza il legame con l’RNA polimerasi e velocizza la trascrizione. Affinché possa svolgere la sua funzione al livello dell’operatore non ci deve essere il repressore. La differenza tra la trascrizione in assenza o presenza della proteina CAP sta nel fatto che qui si ha una trascrizione più veloce e continua e quindi una maggiore quantità di mRNA. Perché si ha questo doppio meccanismo di controllo nella maggior parte di operoni catabolici che fanno utilizzare fonti di energia alternative al glucosio? Il catabolismo del glucosio permette di ottenere molta energia cellulare e quindi quando è presente in grande quantità si utilizza questo bloccando gli altri catabolismi e evitando di spendere energia. Quindi con glucosio scarso e lattosio presente: l’operone del lattosio è attivo in quanto si forma l’allolattosio che rimuove il repressore, l’adenilato ciclasi è attiva e il cAMP viene prodotto così come la CAP-> velocità di trascrizione massima. Con glucosio alto e lattosio presente: non si ha il repressore sull’operatore ma RNA polimerasi non è stabile e quindi non trascrive veloce perché la proteina CAP è in forma inattiva per la mancanza di cAMP. EUCARIOTI Hanno diversi livelli di regolazione non solo trascrizionale. Ci sono dei geni costitutivi (trascritti costantemente e producono molecole fondamentali per la vita esempio quelli per l’rRNA). Geni condizionali (inducibili o reprimibili, senza operone). Geni tessuto-specifici (costitutivi o condizionali: a seconda del tessuto si esprimono o meno determinati geni, questo permette il differenziamento cellulare). Vi sono diversi livelli di controllo: 1.a livello del genoma (es. rimodellamento della cromatina per rendere il DNA più o meno trascrivibile). 2. controllo trascrizionale 3. controllo della maturazione di mRNA 4. controllo del trasporto di mRNA 5. controllo traduzione 6. controllo smistamento 7. controllo degradazione ecc. 1.Rimodellamento della cromatina: Modificazioni chimiche della cromatina e cambiamenti strutturali. La formazione della cromatina non ha solo ruolo strutturale ma anche funzionale. Il suo impacchettamento regola l’espressione genica. La cromatina viene divisa in due eucromatina (rilassata e trascrizionalmente attiva). Quando invece è compattata i geni sono spenti (eterocromatina) si divide in costitutiva (sempre inattiva in tutte le cellule) o facoltativa (contiene DNA compatto ma con informazione genetica. È inattiva in determinate fasi della vita della cellula come, ad esempio, nelle cellule di un organismo adulto dove i geni importanti per lo sviluppo embrionale sono stati spenti). Vi sono varie modifiche chimiche che fanno passare la cromatina da uno stato condensato ad uno più rilassato. Possono avvenire o sul DNA o riguardare invece gli istoni. Modificazione chimica del DNA, METILAZIONE: Quando avviene a carico di citosine che si trovano con guanosine nei promotori questa modifica rende la cromatina inattiva. Questo meccanismo si chiama epigenetica (modificazioni a carico del DNA che influenzano l’espressione di un gene senza alterarne la sequenza nucleotidica). Questi cambiamenti vengono trasmessi alla progenie. Le metilazioni possono essere trasmesse o alcune vengono influenzate dall’ambiente. La citosina in corrispondenza del promotore viene metilata e il promotore viene cambiato; quindi, non viene più riconosciuto dai fattori di trascrizione che permettono all’RNA polimerasi di legarsi e trascrivere. Talvolta ai gruppi metilici si legano proteine che 60 legare ma trova un blocco e non riesce a scorrere grazie al repressore che si lega alla struttura a forcina. Questo meccanismo viene definito come inibizione mediata dai ribointerruttori. Questo è utilizzato per regolare la traduzione del gene che porta l’informazione per la ferritina che ha il compito di legare il ferro e concentrarlo nell’organismo, se il ferro non c’è non serve attivare il gene della ferritina e tradurlo quindi il gene viene trascritto ma la ferritina non viene tradotta. Quando invece nell’organismo aumenta la concentrazione di ferro, funzionando questo da effettore allosterico, riconosce un sito regolatore allosterico del repressore che cambia conformazione e non riconosce più la struttura a forcina che si distende e mRNA viene tradotto. 5. Controllo post-traduzionale Il destino della proteina è quello di essere poi piegata e indirizzata, questi passaggi possono essere regolati. Si può regolare anche l’emivita della proteina e quindi quando deve essere degradata. RIPRODUZIONE CELLULARE Una cellula deriva sempre da una preesistente. Come si riproduce la cellula? Comincia una sintesi di macromolecole; nel caso degli eucarioti gli organelli vengono aumentati in numero e dimensioni e vengono replicate le molecole del DNA. Da una singola cellula ottengo quindi due cellule figlie identiche a quella madre e siccome questa si è divisa si può parlare anche di divisione cellulare. Le divisioni cellulari sono specifiche per procarioti ed eucarioti. Nei procarioti la riproduzione coincide con la riproduzione dell’intero organismo. I procarioti si riproducono per scissione binaria in quanto la cellula madre si divide in modo uguale in due cellule figlie. Prima che questa avvenga aumenta il numero dei ribosomi e delle macromolecole, a livello dell’origine di replicazione replica le molecole di DNA circolare. Le due estremità del DNA separate (origine di replicazione) si legano attraverso due proteine specifiche ai mesosomi. In prossimità di un piano equatoriale si accumula una proteina specifica che è responsabile della divisione della cellula madre in due figlie. Le cellule figlie hanno lo stesso contenuto di DNA della cellula madre e le stesse unità nucleotidiche. Quindi sono geneticamente identiche alla cellula madre (cloni). La scissione binaria è un meccanismo di riproduzione asessuata. Negli eucarioti si ha un meccanismo di riproduzione che prende il nome di mitosi e ricorda la scissione binaria (in quanto ottengo due cellule figlie identiche con stessa quantità della cellula madre di DNA) e un altro meccanismo presente solo in alcuni organismi che si riproducono sessualmente chiamato meiosi (si ottengono 4 cellule figlie diverse con un contenuto di DNA che è la metà rispetto a quello di partenza). Negli eucarioti unicellulari la mitosi coincide con la riproduzione dell’intero organismo. In quelli pluricellulari la mitosi serve per lo sviluppo dell’individuo e l’omeostasi dei vari tessuti (quando si deve rinnovare le cellule di un tessuto). In tutti e due gli eucarioti si può avere la meiosi per produrre cellule specializzate per la riproduzione dell’organismo chiamate gameti. Questi sono diversi tra sesso femminile e maschile negli eucarioti pluricellulari mentre sono uguali in quelli unicellulari. MITOSI L’Organismo adulto è fatto da cellule che sono divise in due categorie: cellule somatiche, quelle che non sono usate per i gameti e appartengono ai tessuti (sono cloni tra loro perché derivano da mitosi di una cellula fecondata) si appaiano e hanno funzioni diverse perché nel corso delle varie mitosi hanno attuato una diversa regolazione dell’espressione genica; queste si possono riprodurre per mitosi. Cellule germinali che vanno incontro a meiosi e portano alla formazione dei gameti. I primi ricercatori studiando i tessuti li divisero così: tessuti labili (continuamente rinnovabili), stabili (non ha cellule in divisione ma se subisce un danno ripara riattivando la divisione cellulare es.fegato), perenni (dove non venivano mai osservate divisioni e quindi rinnovamento; es. tessuto nervoso e muscolare). Oggi queste 61 divisioni non sono corrette. La divisione corretta è: cellule perenni (cellule somatiche differenziate che non si dividono più), stabili e staminali (cellule che si dividono continuamente). Anche nell’adulto in ogni tessuto vi è una regione chiamata nicchia staminale dove è concentrata l’azione delle cellule staminali che non si dividono almeno che non ricevano uno stimolo che le fa dividere di nuovo. È una divisione mitotica dove si ha la formazione di due cellule figlie: una rimane staminale e ripopola la nicchia staminale e l’altra che fa una serie di divisioni fino alla formazione di cellule differenziate. Ci sono quindi cellule staminali uni potenti che hanno già fatto questo processo di commissionamento che si fermano e possono riprendere la divisione cellulare prima di differenziarsi completamente in seguito ad un danno (stabili. Es.linfociti T). Le cellule che possono andare incontro a mitosi lo possono fare anche in modo ciclico (cellule figlie si ridividono in altre due cellule figlie). Nella meiosi questo NON si può realizzare perché il DNA non è equo. Il ciclo cellulare mitotico viene diviso in due parti: una di preparazione molto grande chiamata interfase; e la vera e propria divisione chiamata fase mitotica/fase M. Normalmente un ciclo mitotico dura circa 24 ore e la maggior parte del tempo è passato nell’interfase. Per comodità questa si può dividere in: fase G1, S e G2. Alcune cellule posso passare la loro intera vita nella fase G1 (è qui che inizia la sintesi delle varie macromolecole e aumentano i ribosomi ecc). La cellula inizia ad aumentare di dimensioni, per potersi dividere ogni cellula deve raggiungere il giusto rapporto superficie/volume. La fase S dura circa 6 ore ed è qui che avviene la sintesi del DNA, si ha la replicazione cellulare: tutte le cellule che hanno una singola molecola di DNA associata agli istoni, dopo la fase S ogni cromosoma è formato da due molecole di DNA identiche associate agli istoni. Nella fase G2 finisce di produrre tutto il necessario per la fase mitotica. Anche la fase mitotica viene divisa in altre fasi e consiste nel separare il materiale genetico e il contenuto citoplasmatico e formare due cellule figlie che possono di nuovo rifare il ciclo. Alcune cellule possono diventare quiescenti cioè dormienti e si dice che escono quindi dal ciclo cellulare e si trovano in una condizione chiamata G0 (dove si trovano anche le cellule staminali di tessuti che non hanno bisogno di ricambio cellulare). Ogni cromosoma nella fase G1 è fatto da istoni e singola molecola di DNA. Quando ha fatto la fase S e la molecola di DNA si è replicata in modo semiconservativo, le due molecole di DNA restano insieme unite da proteine specifiche, queste due molecole sono identiche e vengono chiamate cromatidi fratelli. Il cromosoma metafasico è fatto da due cromatidi fratelli. Ogni molecola di DNA rimane unita a livello della parte del cromosoma che ha una strozzatura più o meno centrale chiamato centromero (parte di DNA ipercondensata fatta da sequenze nucleotidiche ripetute senza geni e con funzione strutturale permettendo l’attacco di proteine specifiche che mantengono i due cromatidi fratelli uniti e permettono l’attacco dei microtubuli). L’uomo ha 46 cromosomi di cui 22 coppie autosomiche e la coppia che determina il sesso. Nella mitosi la cellula non li distingue. I cromosomi sono sotto forma di cromatina, nella fase S ogni molecola raddoppia e quindi ogni cromosoma contiene due molecole di DNA. Rimangono 46 perché cromosoma rimane lo stesso. 46 cromosomi ognuno fatto da due cromatidi fratelli, quindi ho il doppio di contenuto di DNA. Nella fase M divido ogni cromatide fratello e quindi nelle due cellule figlie avrò 46 cromosomi che hanno la forma iniziale. INTERFASE (G1, S, G2) Importante è la replicazione del centro di organizzazione dei microtubuli: centrosoma. Nella cellula in G1 si ha infatti un centrosoma da cui partono i microtubuli. Nel passaggio dalla fase S alla fase G2 si verifica il raddoppiamento dei centrosomi che diventano 2. Nella cellula eucariota animale si hanno con i centrosomi anche i centrioli (NON ci sono in quella vegetale). I cromosomi nel passaggio dalla fase S fino alla M sono tenuti insieme da proteine globulari chiamate coesine che circondano la parte interna dei cromatidi fratelli. Nella fase M dove i cromosomi raggiungono la massima compattazione, le coesine rimangono solo nella strozzatura centrale; questa parte permette il legame con i microtubuli e quindi separare le molecole di 62 DNA in parti uguali. I centrioli nella cellula animale sono strutture fatte da microtubuli i quali hanno un’organizzazione che ricorda il corpo basale del flagello in quanto organizzati in 9 triplette; non si sa esattamente quale sia la loro funzione. FASE MITOTICA Si divide in: profase, prometafase, metafase, anafase, telofase, citodieresi. Durante la fase mitotica arriva un DNA non ipercondensato, per dividerlo correttamente devo ipercondensarlo. Si deve quindi organizzare il fuso mitotico e l’involucro nucleare si deve distruggere. Nell’interfase quindi il DNA è in forma rilassata, in fase G2 il DNA inizia a compattarsi e il nucleolo che prima si poteva osservare scompare (la cellula ferma la sua attività anabolica e si concentra sulla divisione cellulare). Nella profase i due centrosomi si sono replicati e si cominciano a formare i microtubuli che si allungano (estremità negativa attaccata al centrosoma). Il DNA inizia quindi a compattarsi grazie alle modifiche sugli istoni. Nella prometafase si ha la frammentazione del nucleo (in quanto il fuso si organizza dall’esterno e quindi l’involucro inizia a frammentarsi e scomparire). I cromosomi sono sempre più compatti e posso distinguere i centromeri e vedo le proteine che uniscono i cromatidi fratelli chiamate proteine del cinetocore. I microtubuli si stanno già indirizzando a formare il fuso mitotico. Nella prometafase si inizia ad organizzare il fuso mitotico, grazie ad i centrosomi che si sono portati all’estremità della cellula e hanno prodotto tre tipi diversi di microtubuli: quelli più corti che vanno verso la membrana plasmatica e prendono contatto con il cortex cellulare (microtubuli del laster); microtubuli interpolari/polari che non prendono contatto con i cromosomi e vanno a contatto con microtubuli interpolari dell’altro centrosoma; infine i microtubuli del cinetocore che vanno alla strozzatura centrale del cromosoma fatto da cromatidi fratelli. Nella metafase quest’ultimi spingono i cromosomi verso un piano equatoriale (piastra metafasica) della cellula per ordinarli e distenderli così che ogni cromosoma mostri un cinetocore solo ad uno dei centrosomi della cellula e quindi la cellula è sicura di separare i cromatidi fratelli in modo uguale. Vi sono oltre ai microtubuli anche dineine (legate sulle fibre astrali) e chinesine (sui microtubuli del cinetocore e mettono in contatto i microtubuli polari) specifiche. Dopo la metafase si ha l’anafase dove i cromatidi fratelli sono separati. Infatti, la cellula rimuove le coesine (parte interna di legame), i microtubuli iniziano ad accorciarsi e separano i cromatidi fratelli che vengono portati ai centrosomi ai poli opposti della cellula. L’anafase può essere suddivisa in due parti: anafase A e anafase B. L’anafase A è responsabile della separazione dei cromatidi fratelli e viene portata avanti dai microtubuli del cinetocore. L’anafase B è portata avanti dai microtubuli polari che continuano ad allungarsi in modo da deformare la cellula e allungarla; allontanano i centrosomi e quindi si allontanano anche i cromatidi fratelli così che quando si formano i nuclei questi sono ben distinti. Le proteine motrici permettono di fare tutti questi movimenti. A livello del cinetocore sono presenti chinesine che usando ATP modificano la loro forma, restano agganciate al microtubulo, alla fine della metafase staccano le interazioni di alfa e beta tubulina e cominciano a togliere questi dimeri facendo quindi accorciare il microtubulo. A livello dei microtubuli astrali ci sono invece le dineine che sono in parte legate al cortex di actina e in parte al microtubulo, nel movimento facilitano il distacco dei dimeri e quindi i microtubuli si accorciano e essendo legati al cortex mantengono fermo il centrosoma e evitano che vada al centro della cellula. Le chinesine dei microtubuli polari permettono invece lo scorrimento di questi l’uno sull’altro favorendo la polimerizzazione. Nella telofase l’involucro nucleare si riforma tramite vescicole che vengono dal sistema di endomembrane e si inizia a formare la struttura proteica che permette la divisione in due cellule figlie. La divisione fisica prende il nome di citodieresi ed è diversa tra cellula eucariote animale e vegetale per la presenza della parete in quella vegetale. 65 Diploide: 2 cromosomi (2n) che portano la stessa informazione genetica. Lo sono gli eucarioti pluricellulari. Ogni cromosoma è sotto forma di cromatide fratello. I cromosomi che portano la stessa informazione hanno stessa forma, lunghezza e centromero; questi si chiamano cromosomi omologhi. Corredo cromosomico: 23 coppie di cromosomi (46 totali). 22 autosomi e 1 coppia di cromosomi sessuali. Cromosomi omologhi: stessa forma e informazione genetica anche se quando viene trascritta produce molecole diverse che svolgono però stessa funzione. Fanno eccezione i cromosomi sessuali X e Y (più piccolo). Ogni gene ha quindi una sua forma alternativa uguale che si trova nello stesso locus e questi sono chiamati alleli. Allele: forma alternativa dello stesso gene e occupano lo stesso locus genico sui cromosomi omologhi. La composizione delle varie coppie alleliche determina il genotipo. Se ho stessi alleli si parla di omozigote (AA dominante; bb recessivo). Si dice eterozigote se si hanno due forme alternative dello stesso gene (Cc). Con l’allele ho la stessa informazione genetica. Il fenotipo è invece l’effetto fisico dell’attività genica e vedo il rapporto tra i due geni (dominante o recessivo). La sequenza nucleotidica di geni su stessi loci è quasi identica. La riproduzione viene fatta nell’individuo adulto a livello di cellule diploidi chiamate cellule germinali che vanno incontro alla divisione meiotica che serve a dimezzare il corredo cromosomico separando le coppie omologhe così da ottenere cellule aploide differenziate chiamate gameti che non si possono dividere ma che hanno il compito di far riprodurre l’individuo tramite fecondazione. Lo spermatozoo e la cellula uovo si uniscono condividendo il nucleo che si fonde e i cromosomi si uniscono a formare lo zigote che riforma un nuovo individuo attraverso eventi di mitosi. Le cellule somatiche si riproducono per mitosi, quelle germinali per meiosi (hanno lo stesso DNA che è quello dello zigote). I gameti sono il prodotto finale della meiosi. Ciclo vitale dell’uomo: l’organo dell’uomo dove si producono i gameti è il testicolo, nella donna le ovaie. Dallo zigote in poi si hanno 46 cromosomi mentre i gameti 23 cromosomi. MEIOSI Presenta due divisioni cellulari con una sola replicazione del DNA in quanto deve dimezzare il contenuto e da cellula diploide deve diventare aploide. Si ha un’interfase dove la cellula si prepara a dividersi (aumenta in dimensioni e replica il DNA, quindi si hanno da 46 92 molecole di DNA). Si ha poi la prima divisione meiotica dove si separano i cromosomi omologhi in modo casuale e si ha la formazione delle cellule aploidi. Nella meiosi due si separano i cromatidi fratelli e viene quindi dimezzato il contenuto di DNA ma non si ha aploidia. Nella meiosi il meccanismo di separazione è lo stesso della mitosi. Nella meiosi I si raggiunge l’aploidia e si ha il dimezzamento del DNA. Nella meiosi I la profase è la più lunga e si divide in: leptotene, zigotene, pachitene, diplotene, diacinesi. Nella fase di zigotene viene prodotto un complesso proteico chiamato sinaptinemale (struttura proteica che unisce i cromosomi omologhi, viene fuori una struttura a tetrade chiamata sinapsi). Nel pachitene si ha la sinapsi completa. Questo serve per avvicinare le sequenze nucleotidiche complementari che questi hanno. Se si mettono queste regioni vicine possono formare legami ad idrogeno fra loro. Quando la cellula riconosce la presenza di una tetrade, interviene un complesso enzimatico che è in grado di riconoscere le sequenze complementari, tagliare i legami fosfodiesterici del DNA e scambiarli nello stesso punto. Se il cambio avviene tra alleli in posizione diversa si ha una mutazione dannosa. Il meccanismo di scambio si chiama crossing-over (si ha la ricombinazione del genotipo). Il crossing-over deve avvenire sempre su cromatidi non fratelli. Il complesso viene poi rimosso e il punto in cui rimangono uniti una volta scambiati si chiama chiasma. 66 Una volta fatto il crossing-over, il fuso si è già organizzato e porta i cromosomi associati in tetrade sul piano equatoriale in modo ordinato ma in maniera diversa rispetto alla mitosi. Infatti, i microtubuli del cinetocore raggiungono solo il centromero all’esterno, non riescono ad entrare dentro perché cromosomi sono uniti con il chiasma. Quindi nella metafase I separo i cromosomi ricombinati omologhi. Quando nella telofase vengono riformati i nuclei si ha la formazione di cellule aploidi (aploidia). Nella meiosi II (separativa) si ha una breve profase con la replicazione del centrosoma, si riforma l’involucro nucleare. La meiosi è simile alla mitosi. Ogni cellula aploide forma due cellule figlie e quindi alla fine si ha il dimezzamento del corredo cromosomico e 4 cellule figlie aploidi. Negli individui che si riproducono per meiosi (riproduzione sessuata) si hanno figli geneticamente diversi e quindi variabilità genetica; questo grazie al: -crossing over, -assortimento indipendente (distribuzione casuale dei cromosomi omologhi durante la separazione nella metafase I), -fecondazione, che è un evento casuale (dipende anche dal luogo in cui gli individui abitano; se si riproducono persone della stessa popolazione/etnia la variabilità genetica diminuisce). GAMETOGENESI (meiosi riguardante l’uomo) Si parte da una cellula diploide chiamata spermatocita (prodotta a livello del testicolo) che viene indirizzata verso la meiosi e forma 4 spermatidi finali che non sono differenziate. (maschio) meiosi classica. Per quanto riguarda la donna invece, si parte da una cellula diploide chiamata oocita indirizzata alla meiosi I, si ha una divisione asimmetrica, quella più grande (con maggiore contenuto citoplasmatico) va incontro a divisione meiotica perché ha il corretto rapporto superficie/volume, quella più piccola è chiamata globulo polare e non va incontro a divisione. Quella più grande ha di nuovo divisione asimmetrica e riforma un globulo polare. Risultato: ottengo un solo gamete aploide. Spermatogenesi: nei testicoli ci sono cellule che nutrono lo spermatocita. Nel tessuto si hanno le cellule diploidi che sono staminali unipotenti (in grado di formare un solo tipo cellulare). Esse hanno la capacità di dividersi per mitosi; quindi, a livello del testicolo si hanno gli spermatogoni (diploidi) che possono andare continuamente in mitosi attraverso il ciclo cellulare mitotico mantenendo costante la popolazione diploide che può andare incontro a meiosi. Sotto la stimolazione ormonale una parte di questi spermatogoni vengono indirizzati verso la meiosi e da qui si hanno due divisioni meiotiche che formano lo spermatocita primario, secondario, spermatidi che attraverso un processo di spermioistogenesi si formano gli spermatozoi. La presenza delle cellule staminali garantisce all’individuo la capacità di essere fertile per tutta la vita (almeno che non ci siano problemi ormonali). Lo spermatozoo è una cellula specializzata che manca di citoplasma, ha un corpo centrale dove vi è solo il nucleo con DNA ipercondensato in quanto al posto degli istoni vi sono le protammine. L’involucro nucleare è circondato da una vescicola chiamata acrosoma che contiene enzimi idrolitici ed è questo che entra nella membrana della cellula uovo. Per muoversi ha un flagello con molti mitocondri a forma di spirale. Oogenesi: anche qui si ha una fase mitotica dove la cellula staminale compie il ciclo mitotico, questa divisione mitotica si realizza nello sviluppo embrionale quando si inizia ad avere il differenziamento dei vari tessuti, una volta che si è formato una popolazione di oogoni (diploidi) questi smettono di fare la divisione mitotica e attivano la meiosi che si ferma tra profase I e metafase della meiosi I. queste si trovano all’interno del follicolo nell’ovaio che nella pubertà ogni 28 giorni matura grazie alla stimolazione ormonale: quindi un oocita viene attivato e riprende la meiosi I che viene completata, si forma il globulo polare e la prima cellula aploide che riattiva la meiosi II. Questa struttura matura e si ha l’ovulazione, scoppia, fuoriesce una cellula che è in metafase II e percorre le tube di Falloppio che uniscono ovaio ad utero. In questo tratto se trova lo spermatozoo e c’è la fecondazione completa la meiosi II. Se fecondazione non c’è l’utero che si stava preparando degenera e si ha il ciclo mestruale, degenera il corpo luteo (quello che resta del follicolo) e si ripercorre lo stesso percorso. Con la fecondazione la cellula si impianta nel tessuto uterino 67 per potersi sviluppare, il corpo luteo rimane e produce un ormone che garantisce alla cellula fecondata di svilupparsi. Le donne non sono fertili per tutta la vita, infatti, quelle maturate e che sono ferme invecchiano e possono provocare danni ai microtubuli che separano il materiale genetico. N.B. Lo zigote prende gli organelli dalla cellula madre in quanto lo spermatozoo che si deve muovere deve essere piccolo e quindi perde il contenuto citoplasmatico. È dalla blastocisti che inizia la regolazione dell’espressione genica per formare i vari tessuti. Zigote è staminale totipotente, a livello embrionale si hanno le pluripotenti. MUTAZIONI GENOMICHE La meiosi può fare degli errori. Uno dei più comuni e riguarda i danni del fuso mitotico che non separa correttamente i cromosomi. Spesso i danni sono a carico della cellula uovo perché rimane ferma per tanto tempo. Infatti, se il fuso non funziona le cellule figlie non hanno lo stesso corredo cromosomico rispetto a quello di partenza. Queste mutazioni si chiamano aneuploidie (aggiunta o delezione di uno o due cromosomi). Le mutazioni genomiche portano nel gamete a perdere 1 cromosoma si ha un individuo con 45 cromosomi (monosomia) o quando acquista un cromosoma in più e quindi avrà tre coppie per un cromosoma (trisomia). Questi sono dovuti perché il fuso fa la non-disgiunzione dei cromosomi che può avvenire o nella meiosi I (una coppia rimane insieme) o nella meiosi II. Se ho una cellula uovo con tre cromosomi e la unisco con uno spermatozoo normale ottengo uno zigote con una trisomia. La più famosa è la Sindrome di Down (cromosoma 21), la maggior parte dei casi deriva da una non disgiunzione in meiosi I materna (diventa rischiosa più si avanza con l’età dai 35 anni in poi). Altre trisomie sono ad esempio la 18 (di Edwards) che non è compatibile con la vita. La trisomia 13 anche questa non compatibile con la vita. Vi è poi la Sindrome di Klinefelter che colpisce l’uomo (XXY), non è un ritardo mentale ma non sono fertili. Trisomia XXX (donna) e XYY (uomo) sono molto alti ma non hanno ritardo mentale. Monosomia X, sindrome di Turner con solo un cromosoma X. La maggior parte non nasce, quando nascono non hanno ritardo mentale ma nascono già in menopausa. La monosomia deriva da un Lag anafasico: difetto che riguarda i microtubuli che funzionano peggio e c’è ritardo nella separazione di un cromosoma che non riesce ad entrare nel nucleo e viene degradato. Difetto a carico degli spermatozoi. RIPRODUZIONE degli organismi viventi: -Vegetativa o asessuata (organismi unicellulari solitamente) -Sessuata (alcuni unicellulari eucarioti e pluricellulari eucarioti) Esistono organismi pluricellulari che si possono riprodurre per mitosi (vegetativa) A seconda della meiosi si hanno cicli vitali sessuati diversi: noi abbiamo sia meiosi che mitosi, nel nostro ciclo vitale la meiosi si ha a carico delle cellule della linea germinale che produce la cellula aploide e poi lo zigote diploide che per mitosi riforma l’individuo. In natura questo cambia: le piante esiste ad esempio in due condizioni diverse. Si ha l’organismo aploide pluricellulare che cresce attraverso eventi di mitosi, si riproduce per mitosi che generano l’individuo aploide (gametofito). Per stimoli ambientali alcune cellule prodotte da questo assumono il comportamento di gameti che può fondersi con un altro formando lo zigote che cresce per mitosi e fonda un organismo pluricellulare chiamato sporofito che all’occorrenza genera cellule aploidi che non vanno subito in fecondazione ma possono esistere per un po’ sottoforma di gametofito. Altra situazione si ha con i funghi che esistono per la maggior parte del ciclo in condizione di aploidia si dividono per mitosi generando figli geneticamente identici alla cellula madre, quando ci sono stimoli ambientali la cellula aploide assume il comportamento dei gameti si fondono con altri formando lo zigote che diventa una forma di resistenza per il fungo perché lo stimolo è dovuto quando ci sono segnali di 70 enzima che attacca il d-Galattosio. Può essere che la sequenza sia difettiva e non porta nessuna informazione e si ha l’antigene 0 privo di oligosaccaride. Il gruppo sanguigno 0 è un donatore universale. Il gruppo sanguigno AB è un accettore universale. BASI CROMOSOMICHE DEL SESSO: Geni presenti sui cromosomi sessuali della donna sono X e X, nell’uomo sono dati dal cromosoma X e Y e determinano il sesso. Sono raggruppati come omologhi anche se non lo sono (infatti hanno diversa dimensione e piccola omologia tra sequenze. Il cromosoma X infatti porta geni in più non presenti nell’Y). La trasmissione dei caratteri legati all’X, la distribuzione alla progenie non rispetta la genetica mendeliana. L’uomo è in una condizione di emizigosi in quanto non avendo l’altro cromosoma X non presenti i geni che questo possiede. Quindi ha solo un allele di quel gene, se si guarda la trasmissione di geni mutati associati a patologie legati a geni di X, la comparsa di questi è legata al sesso. Nei vertebrati, durante lo sviluppo embrionale uno dei due cromosomi X va incontro a ipercondensazione (inattivazione) formando il corpo di Barr. Caratteri autosomici recessivi: albinismo: due genitori eterozigoti per l’allele mutato, il gene che porta la colorazione del pigmento presenta un rapporto classico di dominanza e recessività. 50% di probabilità di essere maschi o femmine, infatti, gli alleli dipendono dagli autosomi. Caratteri recessivi legati al sesso: daltonismo: es se incrocio una donna con gene normale e maschio con allele su X mutato: femmine portatrici della malattia ma non la manifestano e maschi sani. Se invece incrocio maschio normale con femmina con allele su una X mutato: un maschio e femmina normale, una femmina con malattia ma non la manifesta e un maschio con la malattia che la manifesta. Se incrocio femmina eterozigote e maschio con malattia: un maschio e femmina con malattia e una femmina con ma non la manifesta. VIRUS In grado di riprodursi, hanno un metabolismo ecc. tutte proprietà che li definiscono essere viventi ma anche caratteristiche che gli avvicinano a non viventi. Il termine virus significa veleno. Sono strutture ancora più piccole dei batteri. Il primo scoperto fu quello che causa la malattia “mosaico del tabacco” nelle foglie del tabacco. Sono visibili solo al microscopio. Non sono né procarioti né eucarioti e non hanno citoplasma né dispositivi metabolici. Sono aggregati molecolari e parassiti endocellulari obbligati in quanto si possono riprodurre solo all’interno di una cellula viva. Non hanno nucleo, organelli, citoplasma e membrana plasmatica propria. Non hanno attività metaboliche. Sono entità genetiche acellulari. Possiedono un solo materiale genetico o DNA o RNA. Alcuni virus che vanno contro il dogma centrale della biologia utilizzano enzimi propri per riprodursi ma sfruttano l’energia della cellula ospite. Soggetti a cambiamenti. Origine dei virus: -ipotesi progressiva: particelle si sono evolute a partire da essere viventi, si sono scomposte in pezzi (es.trasposoni) che hanno iniziato ad avere attività autonoma. -ipotesi regressiva: abbozzo cellulare che non è diventato struttura cellulare ma è regredita; forme di vita degenerate che hanno perso molte funzioni degli organismi viventi. -ipotesi indipendente: evoluzione parallela a procarioti ed eucarioti a partire da molecole di RNA in grado di autoreplicarsi COMPONENTI Due parti: una esterna chiamata capside fatta da un guscio proteico dove le unità di base sono definite capsomeri. Ogni virus ha un suo rivestimento caratteristico. Alcuni virus possono avere all’esterno del capside una membrana fatta da un doppio strato fosfolipidico chiamato pericapside o envelope dove i virus inseriscono delle glicoproteine. Questi fosfolipidi non sono di origine virale ma sono prodotti dalla cellula 71 ospite e poi restano nel virus rivestendolo. I virus che non hanno tale rivestimento sono definiti nudi, quelli che li hanno virus rivestiti. Hanno poi una parte interna chiamata core dove si ha il materiale genetico che è o DNA o RNA. Entrambi le molecole possono avere un’organizzazione variabile (singolo o doppio filamento anche per DNA). All’interno del genoma ci sono geni che portano informazione per proteine del capside, di superficie del pericapside, l’informazione per enzima specifico per replicare il proprio genoma (solo alcuni particolari, quelli a RNA), geni che portano l’informazione per fattori che bloccano le funzioni cellulari e servono anche a riprodursi. I virus si classificano in base a: -spettro d’ospite (in base all’ospite che li accetta anche se può darsi che ci sia il salto di specie): si distinguono i batteriofagi o fagi che infettano i batteri. Virus vegetali che infettano le cellule delle piante. Virus animali che infettano le cellule animali. -forma o simmetria: cilindrica, elicoidale, oppure la forma particolare dei fagi. Essi hanno testa e corpo centrale di forma cilindrica con protuberanze che servono a riconoscere le cellule da infettare e attaccarsi, il corpo funziona da siringa che si contrae e inietta il materiale virale -tipo di acido nucleico DNA o RNA: DNA a singola o doppia elica e uguale RNA a singola o doppia elica, circolari, lineari ecc. Il codice genetico dei virus è universale (questo testimonia un’origine comune tra virus e esseri viventi), i codoni hanno sempre la stessa corrispondenza ma c’è un’eccezione ovvero i geni sono sovrapposti. Essi usando i nostri ribosomi sono in grado di leggere un tratto di mRNA in maniera sovrapposta, ottenendo proteine diverse. L’RNA polimerasi presenta due promotori e quindi può leggere uno filamento da una o dall’altra parte e quindi ottenere più proteine da un piccolo genoma. Hanno inoltre anche splicing multiplo e ottengono quindi più prodotti finali. FASI DELL’INFEZIONE: -riconoscimento organismo ospite in modo specifico grazie a proteine specifiche a cui si lega. -assorbimento; legame stabile -penetrazione; può entrare o tutto il virus (in questo caso si ha la spoliazione cioè capside viene degradato) o solo il materiale genetico. -sintesi delle componenti virali (sintesi geni precoci che portano informazione per tutte le molecole che la cellula infettata non riesce a produrre ma servono per la replicazione del virus; replicazione del genoma) -assemblaggio -fuoriuscita; o immediata morte della cellula infettata o sopravvive ma se escono tante particelle virali si debilita e va incontro a morte. Nel legame le particelle che riconoscono la superficie della cellula ospite vanno a legarsi in modo specifico con un recettore. La proteina virale che si lega a questo mima il ligando normale del recettore. BATTERIOFAGI (per la maggior parte sono virus a DNA) Si legano e iniettano solo il materiale genetico, può dar luogo ad un ciclo litico o lisogenico. Ciclo litico: si ha l’attacco, l’assorbimento e iniezione del materiale genetico (DNA). Esso prende possesso della DNA polimerasi e replica il suo genoma formando tante copie di DNA, una parte di questo viene usato per la trascrizione (geni precoci e tardivi), si formano le varie componenti, l’assemblamento, produzione del lisozima che distrugge il peptidoglicano, rompendo questo la cellula va incontro a shock osmotico, si lisa e libera le particelle virali: virus virulenti. 72 Nell’attivazione di geni precoci e tardivi si ha un’analogia con esseri viventi infatti vengono regolati nello stesso modo. Hanno un fattore di trascrizione specifico che aumenta la velocità di trascrizione. Il fattore di trascrizione virale interagisce con l’RNA polimerasi del batterio. Ciclo lisogenico: virus temperati. Stesso meccanismo di inizio. Quando DNA di forma lineare entra circolarizza e utilizzando enzimi ricombinasi inseriscono il genoma virale in quello batterico formando un DNA ibrido dove il tratto di DNA di origine virale è chiamato profago e rimane per la maggior parte silente (geni inattivi). Quando si riproduce per scissione binaria replica il DNA con il profago. Il vantaggio è che la particella virale si riproduce in grandi quantità non uccidendo l’organismo ospite (i virus temperati sono quelli che convivono da tanto tempo con la cellula ospite e si sono abituati). Se le condizioni ambientali sono sfavorevoli per la vita del batterio il profago per evitare di morire anche lui riattiva il ciclo litico. Il profago non è proprio silente, infatti qualche gene viene trascritto e se viene tradotto il batterio acquisisce un fenotipo che non è quello del batterio e si parla di conversione lisogenica. Alcuni batteri sono infatti patogeni per l’uomo quando producono molecole virali. Es. tossina del botulismo ecc. VIRUS ANIMALI Sia a DNA che a RNA (70%). Nella maggior parte hanno ciclo litico. Alcuni casi ciclo lisogenico. Possono essere nudi o rivestiti. N.B. i virus a RNA non sono per forza retrovirus (ma solo una piccola parte). Tra i virus a DNA vengono distinti quelli a doppio filamento (es. herpes,varicella ecc); e a singolo. Quelli a RNA possono essere a doppio filamento; a singolo filamento di due tipologie: -utilizzati direttamente come mRNA (RNA+ es. covid). -utilizzati come stampo per la sintesi di mRNA (RNA- es. ebola). Oppure ci sono i retrovirus (RNA a singolo filamento dove l’RNA viene utilizzato per creare il DNA). Infezione: riconoscimento e assorbimento. 1. Se virus nudo entra per endocitosi e poi la vescicola viene eliminata con il capside e materiale genetico liberato. 2. Se rivestiti possono entrare in due modi: fusione: riconoscimento e fusione dell’envelope con la membrana plasmatica. La particella virale entra dentro e poi si ha la liberazione del materiale. Oppure si ha endocitosi. Escono per lisi, esocitosi o per gemmazione: si avvicina alla membrana plasmatica, questa si estroflette e il virus viene liberato con la membrana diventando rivestito. Se la quantità di particelle liberate è massiccia la cellula muore in quanto va in deficit energetico. A seconda del genoma il meccanismo di infezione è diverso: se il DNA è a doppio filamento segue il dogma centrale della biologia (stesso meccanismo dei batteriofagi solo che DNA deve entrare all’interno del nucleo). Per quanto riguarda i virus a RNA si ha un tipo di infezione particolare. I virus a singolo filamento RNA+ sono quelli in cui l’RNA viene utilizzato direttamente per la sintesi delle proteine. Il virus entra dentro, nel citoplasma; i nostri ribosomi lo riconoscono e viene usato per tradurre i geni per la produzione delle proteine virali. Il primo enzima che viene tradotto è la replicasi (specifico dei virus), RNA polimerasi RNA dipendente (non presente nella cellula ospite) che utilizza una parte delle molecole di RNA come stampo per formare un RNA complementare (-) che viene utilizzato per formare l’RNA+. I virus a singolo filamento RNA- devono replicare il loro genoma perché non possono utilizzare direttamente l’RNA per la traduzione; quindi, si devono portare all’interno del core l’enzima in grado di replicare il loro genoma (RNA polimerasi RNA dipendente). Questa usa il filamento negativo per fare il complementare che viene utilizzato direttamente per la traduzione e da stampo per le copie del genoma. COVID: Virus rivestito con proteine Spike sulla superficie, di grosse dimensioni i genomi fatti da RNA+. Presenta il capside con altre proteine. Lega tramite la proteina spike i recettori ACE2 (angiotensina 2 in grado di regolare la pressione arteriosa). Entra attraverso gli endosomi o può fare endocitosi mediata da recettori. Il rilascio tramite vescicole di esocitosi. L’infettività dipende dalla quantità del recettore ACE2. 75 degli eucarioti è che il cDNA è più piccolo in quanto non contiene introni ecc. e quindi più facile da maneggiare ed è da qui che si possono formare le proteine ricombinanti. REAZIONE A CATENA DELLA POLIMERASI (PCR) Tramite questo si può fare l’amplificazione genica. N.B. se si vuole fare tante copie è meglio utilizzare i vettori perché la PCR non riesce a correggere gli errori sul DNA finale. Si deve avere nella provetta: il DNA replicato, sapere le sequenze nucleotidiche all’estremità in quanto va costruito un primer apposito, miscela di deossinucleosidi trifosfati e una DNA polimerasi termostabile. Questa provetta si mette in termociclatori; questi alzano la temperatura che fa denaturare il DNA, una volta fatto questo la temperatura viene riabbassata ad un valore che corrisponde alla temperatura ideale (50°) che fa appaiare il primer con il DNA da amplificare. Dopo l’appaiamento si innalza di nuovo la temperatura a 70° che è quella ideale per il funzionamento della DNA polimerasi; dopo fatto il tutto si denatura e si procede il ciclo (fino a circa 20-30 amplificazioni). CLONAGGIO GENICO E PROTEINE RICOMBINANTI Permette una volta creata la collezione di batteri con gene di interesse di poterlo esprimere. Se si mette il gene che si vuole esprimere in un vettore, messo nel plasmide della cellula questo viene espresso e crea la proteina di interesse che prende il nome di proteina ricombinante. Questo però deve essere riconosciuto dalla DNA polimerasi della cellula ospite. Applicazioni: agroalimentare, ambientale, farmacologico (vaccini). Ad esempio, l’insulina è il primo farmaco ricombinante, prima le principali fonti di insulina erano i tessuti di suini e bovini prelevati, il problema era che non tutti i sistemi immunitari la tolleravano. In seguito, viene prodotta nel batterio di Esc.coli. siccome non hanno il sistema di endomembrane non si può prendere il gene e clonarlo nel batterio. Quindi hanno sequenziato il gene dell’insulina, hanno creato il gene artificiale per i due tratti e li hanno inseriti uno in un plasmide e uno in un altro, hanno fatto esprimere i batteri e le due porzioni proteiche vengono purificate dai batteri e in vitro tramite agenti chimici inducono la formazione dei ponti di solfuro in modo artificiale. In America viene invece utilizzato il lievito (eucariote con sistema di endomembrane) inserendo il gene vero nel plasmide che fa tutto il resto. Il vantaggio è che l’insulina si ritrova anche nel terreno facilmente dove viene fatto crescere il lievito. VACCINI RICOMBINANTI: si studia della proteina quale parte del gene dà la risposta immunitaria e si clona soltanto una porzione. Non scatena la riproduzione delle particelle virali. Il primo vaccino prodotto è quello dell’epatite B. Biotecnologie in agricoltura Su organismi di origine vegetale. Creati con scopi commerciali per ottenere piante resistenti a sostanze tossiche o agenti patogeni. Create piante con resistenza a freddo, siccità ecc. -utilizzo del plasmide come un vettore per modificare il DNA delle piante. Il DNA che devo inserire deve essere sotto il controllo di un promotore riconosciuto dalle DNA polimerasi della cellula in cui lo metto. Il plasmide utilizzato è quello Ti che proviene da un batterio che normalmente è un agente patogeno delle piante. Il plasmide viene usato per infettare la cellula di origine vegetale (che va incontro a processi di ricombinazione). Siamo in una struttura che ha enzimi ricombinasi quindi non posso controllare dove ma avvengo eventi di ricombinazione e questi mettono il gene di interesse modificato nel DNA. Non sempre la modificazione può essere controllata quindi non sappiamo se inserendo un gene in una pianta questa possa prendere delle proprietà che possono essere dannose per chi le usa come alimento, non sappiamo se può provocare allergie ecc. Inoltre, un altro problema sono i rischi ambientali di queste piante che possono cambiare l’ecosistema. 76 ANIMALI TRANSGENICI Si possono fare o inserendo all’interno dell’animale un gene esogeno che esprime il suo prodotto (transgenici) oppure si tolgono dall’animale il gene di interesse (knock out) 1 stessa procedura: costruisco vettore+gene di interesse che inserisco nella cellula animale e favorisco la ricombinazione. Grazie alle ricombinasi il DNA esogeno viene inserito nel cromosoma. L’inserimento può essere o casuale o specifico. Primi tentativi sono stati fatti inserendo a caso il gene di interesse: gene che mi serve viene estratto e messo nel plasmide, questo viene messo in una cellula uovo appena fecondata, prima che i due nuclei si siano fusi con un ago si inietta il vettore all’interno del nucleo, si forma lo zigote che viene impiantato in un utero in affitto di un altro topo. Per essere sicuri che abbia preso il gene e lo abbia trasferito alla progenie si analizzano le cellule e si vede se lì c’è. La tecnica si è evoluta con la scoperta delle cellule staminali in quanto possono essere facilmente lavorate in laboratorio. Queste vengono poi impiantate nell’’embrione ecc. si lavora sulle staminali che si ottengono quando lo zigote va incontro a divisioni e diventa blastocisti con cellule staminali embrionali. Queste vengono trattate con un vettore contenente il gene che voglio inserire dentro. Questo perché sono più propense a prendere un DNA dall’ambiente esterno. N.B l’efficienza non è mai del 100%. Questi organismi transgenici sono usati nella ricerca genetica, per produrre principi attivi farmaceutici (produzione di farmaci proteici mediante animali transgenici), come donatori di organi. TERAPIA GENICA Manipolazione genetica sull’uomo? Si sta studiando per la cura di patologie. I primi tentativi fatti sull’uomo; viene costruito il DNA ricombinante, costruisco in laboratorio il costrutto e trovo un sistema per inserirlo all’interno. Siccome le cellule animali sono restie a prendere il DNA dall’ambiente esterno l’unico sistema è l’utilizzo di vettori virali. Virus come vettori di DNA ricombinante: i primi tentativi usano retrovirus modificati in modo da non indurre la patologia e non più capaci di produrre nuove particelle virali. Così riesco a far entrare il gene che voglio in quanto per loro è normale infettare. Gene messo sotto forma di RNA nel genoma virale con la trascrittasi inversa. RNA una volta entrato viene trascritto in DNA che va all’interno del nucleo e c’è la ricombinazione. Queste cellule sono state per la prima volta poi inserite nel midollo osseo. I primi studi sono stati infatti fatti sull’anemia falciforme. Non c’è però il controllo su dove i vettori virali vanno ad inserirsi sul DNA. Infatti, in alcuni casi i pazienti a distanza di anni hanno sviluppato leucemie (si sono inseriti in luoghi dove c’erano geni per il controllo). La terapia genica si può fare in vivo (gene iniettato nel paziente, ma ciò non è ancora possibile) o ex vivo. CRISPR-CAS 9 Complesso fatto da enzima (cas) che rompe legami e riesce a tagliare il DNA e una molecola di RNA diretto sul DNA bersaglio. Nei batteri è usato per proteggersi da infezioni virali. Crispr sono sequenze ripetute in tandem palindrome dove sono presenti tratti di DNA di origine virale. Vengono mantenute perché quando si ripresenta una nuova infezione dalle stesse particelle virali queste regioni vengono trascritte in piccole molecole di RNA (a forcina) che contengono pezzetti di DNA virale e con sequenze complementare a quello virale entrato nella cellula. Queste sequenze vengono riconosciute da proteine Cas e si forma un complesso ribonucleoproteico che ha il compito di guidare il complesso sul DNA virale bersaglio, quando c’è l’appaiamento tra DNA virale entrato e RNA, c’è la degradazione del DNA. I ricercatori hanno quindi pensato di poter usare questo sistema per manipolare i geni di cellule eucariote animali. Infatti, se prendo una cellula e inserisco il sistema con: complesso, DNA che progetto e che è complementare al DNA sbagliato al gene che voglio cambiare. L’RNA degrada il DNA bersaglio e quindi il gene mutato viene tagliato. Se all’interno della cellula con il complesso inserisco il gene che mi serve nuovo, tale complesso riesce a inserirlo dentro il DNA e unirlo. Oppure non inserisco nulla e poi enzimi che riparano errori 77 riuniscono lo spazio (animali knock out). Il problema è che non si possono controllare questi inserimenti in modo preciso. PROBLEMI: -efficienza di trasferimento genico -selettività del trasferimento -espressione instabile nel tempo (unico modo è lavorare sulle germinali per evitare che la progenie sia malata) -espressione non regolata -reazioni del sistema Immunitario -interferenze con il genoma -problemi etici CELLULE STAMINALI Scoperte nel 1981 da Evans. Sono cellule in grado di andare incontro a mitosi e attraverso la regolazione dell’espressione genica di andare incontro a differenziamento e creare cellule specializzate che non si dividono più. Le staminali sono: cellule staminali embrionali (zigote, è una staminale totipotente perché in grado di generare un intero individuo) a livello della blastocisti. Ci sono quelle del feto del bambino e dell’adulto. Elementi che fa distinguere le staminali è la potenza: misura quanti diversi tipi di cellule specializzate una cellula staminale è in grado di formare. A livello della blastocisti si hanno le cellule embrionali che sono staminali pluripotenti (capacità di una cellula di differenziarsi in uno dei tre strati germinali): la blastocisti è lo stadio dello sviluppo embrionale dove iniziano a differenziarsi tre linee cellulari da cui si sviluppano cellule, tessuti e apparati specifici: endoderma, mesoderma, ectoderma. Ci sono poi le cellule staminali multipotenti che si ritrovano nell’organismo adulto e sono cellule che si differenziano solo nelle cellule di quel tessuto/apparato/organo (non tutti i tipi di cellule di cui è composto l’organismo). Tutte quante hanno lo stesso DNA che è quello dello zigote. Ci sono anche le unipotenti che hanno la capacità di differenziarsi in un singolo tipo di cellula (es.epatociti). le staminali sono state trovate in tutti i tessuti anche in quello nervoso dove in teoria non c’è rigenerazione. La quantità delle staminali varia a seconda del tipo di tessuto e in base a quanto quel tessuto è oggetto ad usura/c’è ricambio. NICCHIA STAMINALE: dove si trovano le staminali. Qui prendono rapporto con una serie di cellule che hanno il compito di nutrirle e proteggerle. Le staminali si legano alla matrice extracellulare del tessuto con giunzioni. Nella nicchia c’è una popolazione mista di cellule. Questa può comunicare con le staminali per contatto diretto o tramite cellule con cui sono in contatto. Oppure ci sono cellule che producono fattori solubili o comunicazioni intermedie. Le staminali all’interno di una nicchia di un tessuto che in quel momento non deve essere rigenerato si trova in G0 (si trovano sotto uno stato di quiescenza fino a quando non arriva un segnale dall’esterno che le induce ad uscire da questo stato e ad attivarsi). Se c’è un danno si attivano una serie di segnalazioni, il ciclo si attiva e la cellula entra in G1 ecc. Quando il segnale finisce le cellule che rimangono staminali vengono rimandate in G0. Le staminali possono andare incontro ad una divisione simmetrica dove le cellule figlie rimangono staminali o tutte fanno il differenziamento. Oppure divisione asimmetrica dove una rimane staminale e una va al differenziamento. Non sappiamo in base a cosa avviene questa divisione ma secondo alcuni studi importante è la deposizione di un fattore determinante che quando si deposita permette una diversa organizzazione nello spazio del fuso mitotico: (quando è orizzontale/parallelo alla matrice fanno tutte e due le stesse cose, se fuso è perpendicolare alla matrice si hanno le due cellule figlie staminali che fanno due compiti diversi). Oltre a questo, per l’organizzazione del fuso sono importanti anche i tipi di giunzioni che si formano. Quando la cellula staminale deve ripopolare un tessuto (con divisione asimmetrica) la cellula che si allontana dalla nicchia (staminale commissionata) non è subito differenziata ma deve andare incontro ad