Scarica Biologia molecolare applicata e più Sbobinature in PDF di Biologia Molecolare solo su Docsity! Lezione 6b - lunedì 22 marzo 2010 lezione 7 30-10-2012 Epigenetica Le modificazioni epigenetiche riguardano lo studio dei cambiamenti ereditabili nell’espressione genica senza che avvenga una modificazione nella sequenza del DNA. Infatti, provvedono all’aggiunta di un ulteriore livello di informazione nel controllo della trascrizione che regola l’espressione genica. Due distinti meccanismi si presentano intimamente connessi nell’avvio e nel mantenimento delle modificazioni epigenetiche: la metilazione del DNA e le metilazioni istoniche. Questi meccanismi sono componenti critici nel corretto sviluppo e nella crescita delle cellule. Ad esempio, la metilazione del DNA è coinvolta nel silenziamento della trascrizione dei geni, nella regolazione dell’espressione dell’imprinting genico, in numerosi geni oncosoppressori non espressi nelle cellule cancerose, nel silenziamento genico del cromosoma X inattivato. La metilazione del DNA è associata alla formazione di regioni eterocromatiche e infatti avviene anche in regioni che non hanno geni. Quindi, le modificazioni epigenetiche possono avvenire sia in condizioni fisiologiche che patologiche: infatti, ogniqualvolta avviene una de-regolazione delle regioni cromatiniche deputate al mantenimento della via differenziativa, la cellula perde il controllo sul proprio ciclo cellulare ed inizia a proliferare in maniera aberrante. 1. metilazione del DNA (la metilazione del DNA può essere ereditata quindi è presente una memoria cellulare, infatti una cellula epiteliale può generare solo cellule epiteliali ) Il processo di metilazione rappresenta uno dei meccanismi chiave per la modificazione della molecola del DNA, e quindi del controllo epigenetico dell’espressione genica nei vertebrati. Quale meccanismo di regolazione, permette di impedire la trascrizione, assicura l’inattività della maggior parte dei geni di uno dei due cromosomi X negli individui di sesso femminile, consente il processo di imprinting genomico, come pure la protezione del genoma endogeno nei riguardi di eventuali intrusioni di altri genomi-parassita (vedi trasposoni). Il meccanismo di metilazione si riferisce al legame di un gruppo metile al 5th atomo di carbonio dell’anello della citosina, mediante l’azione dell’enzima DNA metiltransferasi (Dnmt). Il risultato è la formazione di una nuova base, la 5 metil-citosina (5mc). L’aggiunta del metile è un fenomeno che avviene immediatamente dopo la replicazione, e si completa circa un minuto dopo la fine della replicazione. Il risultato di queste modificazioni cambia l’affinità di particolari fattori di trascrizione nei riguardi della molecola di DNA, i quali prevengono la formazione dei complessi di preinizio della trascrizione o l’allungamento di quelli già iniziati, fenomeno noto come silenziamento genico. La metilazione del DNA avviene tipicamente nelle regioni del DNA caratterizzate dalla presenza del dinucleotide CpG (precisamente, il legame del gruppo metile avviene su una citosina legata al 5’ di una guanina). Assumendo come casuale la distribuzione dei nucleotidi, la probabilità che una citosina venga a trovarsi di seguito ad una guanina è decisamente elevata: attualmente, al contrario, esistono decisamente pochi siti CpG nei genomi degli eucarioti. Inoltre, la distribuzione di questi siti non è omogenea sul genoma, ma tende a concentrarsi solo in alcune zone, venendo a creare quelle che sono state definite come isole CpG. Questa osservazione è in accordo con la specificità di azione delle DNA metiltransferasi, che riconoscono questi siti CpG e metilano la citosina, formando 5 metil-citosina in entrambe le catene del DNA, e questo vuol dire che non avviene la trascrizione. Sorprendentemente, però, i tratti di genoma in cui sono concentrate le isole CpG risultano ipometilate rispetto all’intera sequenza di DNA: questa è una diretta conseguenza della localizzazione delle isole, che si trovano molto frequentemente all’interno di promotori riconosciuti dall’RNA pol II, che devono rimanere trascrizionalmente attivabili. In queste regioni è necessario che la citosina delle isole CpG rimanga ipometilata per permettere la trascrizione. Alcune delle isole CpG possono essere protette dalla deaminazione: questo comporta che la regione non presenti la metilazione; infatti, ogniqualvolta la citosina subisce la demetilazione, si trasforma in timina e questo potrebbe comportare la formazione di una mutazione a carico della sequenza genica. A livello dei promotori, le isole CpG sono ipometilate, e non possono subire processi di deaminazione, prevenendo in questo modo l’insorgenza di eventuali mutazioni. Come accennato in precedenza, in seguito ad una deaminazione spontanea, la 5 metil-citosina si converte in timina, quindi si avrà un filamento appaiato con la guanina e uno con la timina. Se questo non provoca nessun effetto rilevante (come nella maggior parte dei casi), l’errore non viene riconosciuto dal macchinario di riparazione del DNA, portando ad una perdita dei siti CpG, i quali tendono, infatti, ad essere eliminati dal genoma degli eucarioti. Anche l’evoluzione ha giocato un ruolo chiave nella perdita di questi siti: essi rappresentano infatti degli hot spot sul genoma, ossia dei punti sensibili all’acquisizione di mutazioni, a causa della trasformazione della 5 metil-citosina in timina. La differenza però si vede al momento della replicazione perché i due filamenti non sono più equivalenti a livello della sequenza e quando funziona da templato il filamento che trasporta la timina nel suo complementare verrà inserita un’adenina quindi il nucleotide CG diventa AT. È probabile che l’accumulo di mutazioni, spesso letali, in individui recanti molti siti hot spot, abbia generato una selezione naturale verso altri individui che ne recavano un numero inferiore, sicuramente più avvantaggiati nella sopravvivenza. Le isole CpG metilate non sono distribuite a caso all’interno del genoma ma sono presenti con molta frequenza o nei promotori, in prossimità dei siti di inizio della trascrizione (primo esone primo introne, comunque regioni regolative per l’espressione genica) o si trovano localizzate a livello delle sequenze altamente ripetute che si trovano lungo il DNA, e che rappresentano generalmente dei siti di inserzione per i retrotrasposoni, mantenuti silenti perché contenuti in strutture di tipo eterocromatiche; quello che cambia è il livello di metilazione di queste due parti del genoma. Il punto della situazione … La metilazione delle citosine avviene quando queste si trovano legate al 5’ di una guanina La distribuzione delle isole CpG non è uniforme L’ipermetilazione di una buona percentuale delle isole CpG è riscontrabile in zone del genoma altamente ripetute, che non presentano attività trascrizionale, poiché contenenti sequenze geniche retrotrasponibili (che necessitano di essere silenziate in un pacchetto eterocromatico); come altri tipi di elementi trasponibili, i retrotrasposoni possono infatti indurre mutazioni inserendosi casualmente all'interno di geni funzionali, alterandone o, in alcuni casi, impedendone l'espressione per evitare la creazione di mutazioni incompatibili con la sopravvivenza cellulare. Le isole CpG, localizzate a livello dei promotori riconosciuti dall’RNA pol II, risultano ipometilate, ed associabili quindi ad un evento trascrizionale Al contrario nei promotori tessuto specifici, che verranno attivati in un tipo cellulare ma non in un altro dove le isole CpG sono ipermetilate, ad indicare un blocco della trascrizione Per proteggere queste regioni, che sono quelle coinvolte nella regolazione dell’espressione genica dalla mutazione si è osservato che queste isole CpG quando sono metilate sono protette da eventi di deaminazione dal legame con dei fattori proteici, quindi nei promotori dei geni tessuto specifici che devono essere silenziati, le isole CpG vengono ipermetilate e per proteggere appunto la cellula da eventi di mutazione il metile viene riconosciuto da un fattore proteico specifico. Quindi le DNA demetilasi non riescono a scalzare le proteine che riconoscono il gruppo metile, proteggendo il DNA da eventi di mutazione nel tempo La funzione della metilazione del DNA è spegnere la potenziale espressione genica a partire da elementi trasponibili contenuti nelle sequenze ripetute, regolare l’espressione genica monoallelica, dei geni sottoposti ad imprinting ed è coinvolta nell’inattivazione del cromosoma X e nella formazione di regioni eterocromatiche. Esistono dei pattern di metilazione dei tessuti nello sviluppo e ad esempio durante la formazione di una cellula cancerosa e tutta una serie di patologie neurologiche associate al mancato funzionamento di alcuni geni coinvolti nella metilazione e demetilazione del DNA, o mutazioni di geni che codificano per le proteine che riconoscono la 5 metil-citosina. Un esempio di questo è…. Sindrome dell’X fragile La sindrome dell'X fragile (o sindrome di Martin-Bell o FRAX, definita anche come ad espansione di triplette) è una malattia genetica umana causata dalla mutazione del gene FMR1 sul cromosoma X, mutazione presente in un maschio su 4000 e in una femmina su 6000. Esiste una grande variabilità degli effetti fenotipici della malattia, poiché la sua penetranza è incompleta ma sembra possa aumentare in seguito alla sua trasmissione di generazione in generazione.
Sii emimetilati
ce ce
sì Sto emmbtato
Figura 23.36 Lo stato dei siti metilati
potrebbe essere perpetuato da un
enzima che riconosce soltanto siti
emimetilati come substrati.
Penta ferrara rt
Figura 23.37 Lo stato di metilazione è
controllato da tre tipi di enzimi. Le
metilasi de novo e di mantenimento
sono note, ma le demetilasi non sono
state identificate.
Un sito di questo tipo è descritto come completamente metilato,
consideriamo le conseguenze della sua replicazione. La Figura 23.36 m
stra che ciascun duplex figlio ha un filamento metilato e uno non meti
lato. Un sito di questo tipo si chiama emimetilato.
La perpetuazione del sito metilato dipende adesso da che cosa su
de al DNA cmimetilato. Se si ha metilazione del filamento non metili
t0, il sito è riportato nella condizione di metilazione completa, ma se
replicazione avviene prima, la condizione emimetilata sarà perpetuata
un duplex figlio, mentre il sito sull’altro duplex figlio diventa non mi
lato. La Figura 23.37 mostra che lo stato di metilazione del DNA è coi
trollato da metilasi, che aggiungono gruppi metilici alla posizione 5 det
la citosina e da demetilasi, che rimuovono i gruppi metilici. (La deno-
minazione più formale per gli enzimi è metiltrasferasi.)
Esistono due tipî di DNA metilasi, le cui azioni si distinguono in base
allo stato del DNA metilaro. La modificazione del DNA in una nuova
posizione richiede l’azione della metilasi de novo, che riconosce il DN.
in virtù di una sequenza specifica e agisce soltanto su DNA non metila-
to aggiungendo un gruppo metilico a un filamento. Nel topo ci sono due
metilasi de z0vo (Dnmt3 e Dnmt3B) che hanno siti bersaglio diversi e
sono entrambe essenziali per lo sviluppo.
Una metilasi di mantenimento agisce costitutivamente soltanto sv sità
emimetilati per convertirli in siti completamente metilati. La sua esistenza
significa che qualunque sito merilato è perpetuato dopo la replicazione.
Nel topo esiste soltanto una metilasi di mantenimento (Dnmt1) ed è &
senziale: gli embrioni di topo in cui il gene è stato distrutto non sopraw=
vivono oltre l’embriogenesi precoce.
La metilazione di mantenimento ha un'efficienza praticamente del
100% e assicura che in vivo prevalga di solito la situazione mostrata sul
la sinistra della Figura 23.36. Il risultato è che, se avviene una metila-
zione de novo su un allele ma non sull'altro, questa differenza verrà per
petuata nelle divisioni cellulari successive, mantenendo una differenza
fra gli alleli che non dipende dalla loro sequenza.
Là metilazione ha vari tipi di bersaglio, fra i quali i promotori sono
più comuni. I promotori sono metilati quando il gene è inatrivo, ma non
sono metilati quando è attivo. L'assenza di Dnmt1 nel topo provoca un'&
stesa demetilazione dei promotori e si assume che sia letale a causa del
l'espressione genica incontrollata. Il DNA satellite è un altro bersaglio.
Le mutazioni di Dnmt3B impediscono la metilazione del DNA satelli-
te. il che provoca instabilità del centromero a livello cellulare. Le muta=
zioni nel gene umano corrispondente provocano una malattia. L’impor=
tanza della metilazione è evidenziata da un'altra malattia umana, che è
provocata da una mutazione del gene per la proteina McCp2 che lega se-
quenze CpG metilate.
Le metilasi sono enzimi comuni che agiscono su un bersaglio di DNA,
ma può esserci anche un sistema di metilazione che usa una breve se-
quenza di RNA per selezionare una sequenza corrispondente di DNA
per la metilazione (vedi Paragrafo 11.18 L'RIVA antisenso può essere usa-
to per inattivare l'espressione genica). Del meccanismo con cui opera que
sto sistema non si sa nulla.
In che modo sono stabilite e mantenute le regioni demetilate? Se un
sito sul DNA non è stato metilato, una proteina che riconosce la se-
quenza non metilata potrebbe proteggerlo dalla metilazione. Una volta
che un sito è stato metilato, esistono due modi possibili di generare siti
demetilati. Uno è quello di bloccare l’azione della metilasi di manteni-
mento quando il sito viene replicato, così che dopo un secondo ciclo di
replicazione, uno dei duplex figli non sarà metilato (come mostrato sul
Jato destro della Figura 23.36). L'altro è quello di demetilare attivamente
il sito, come mostrato nella Figura 23.38, rimuovendo direttamente il
gruppo metilico dalla citosina oppure rimuovendo la cirosina o la citi
ina metilata dal DNA per sostituzione da parte di un sistema di ripa-
razione. Si sa che una demetilazione attiva può avvenire sul genoma pa-
terno poco dopo la fecondazione, ma non si sa quale meccanismo ven-
ga usato.
MBP - Methyl-CpG-binding Protein Come già espresso, la metilazione del DNA gioca un ruolo importante nello sviluppo delle cellule e risulta variamente correlata con il silenziamento genico indotto nella cromatina. Il reclutamento della proteine MeCP2 sui dinucleotidi CpG metilati rappresenta il meccanismo principale attraverso cui la metilazione del DNA agisce sulla repressione trascrizionale modificando la cromatina nella sua complessitaà e impediscono l’inizio della trascrizione. MeCP2 è costituita da un singolo polipeptide, che consiste in un dominio di legame al dinucleotide CpG metilato ed un dominio di repressione trascrizionale. MeCP2, in parte, silenzia l’espressione genica mediante il reclutamento delle deacetilasi istoniche (HDAC), la cui attività risulta in un rimodellamento della cromatina. Una grande percentuale di persone affette dalla Sindrome di Rett presenta una mutazione o un difetto sul gene mecp2 del cromosoma X. La sindrome di Rett è una malattia neurologica progressiva che comporta un grave handicap neuromuscolare ed è caratterizzata da un quadro clinico consistente in una precoce regressione delle normali acquisizioni psicomotorie (intorno ai 18-24 mesi di vita) associata ad altri segni clinici fra cui anomalie della respirazione, e la comparsa di movimenti stereotipati delle mani (washing hands: "mani che si lavano"), scelti come simbolo della malattia per la loro peculiarità. L'evoluzione della sindrome di Rett è data dalla progressione del quadro clinico verso una grave invalidità motoria, con difficoltà nella marcia, atrofia della muscolatura scheletrica degli arti, scoliosi e, a volte, incapacità permanente di deambulare. Alla compromissione motoria si associa un grave ritardo mentale con perdita della parola e comportamento di tipo autistico. Nei geni normalmente silenziati, la proteina MeCP2 (non è fosforilata) lega i dinucleotidi CpG metilati, portando con se un complesso di silenziamento trascrizionale, quindi la deacetilazione degli istoni viene indotta dal riconoscimento di un DNA metilato, quindi una proteina che riconosce il DNA metilato che fa parte di un complesso di repressione che contiene una deacetilasi; quando invece arriva un segnale deattivatorio da un certo gruppo di gene MeCP2 viene fosforilata, e, perde la capacità di legare il proprio substrato, annullando gli effetti della repressione precedentemente esercitata; mutazioni a carico della proteina MeCP2 impediscono una corretta repressione trascrizionale (o, perlomeno, una loro corretta regolazione) su promotori di geni, la cui espressione non è necessaria. 2. metilazione degli istoni Accanto alla deacetilazione degli istoni, la loro metilazione è attualmente considerata come un ulteriore meccanismo chiave nelle modificazioni post-trascrizionali degli istoni e rappresenta un importante meccanismo epigenetico per l’organizzazione strutturale della cromatina, coinvolta nella regolazione dell’espressione genica. In particolare, la metilazione della lisina 9 dell’istone H3 è associata al silenziamento genico. Studi recenti, ad esempio, hanno dimostrato come la proteina del retinoblastoma1 (RB) reprima la trascrizione attraverso il reclutamento di proteine ad attività HDAC, ma in un secondo tempo sia in grado di reclutare proteine ad attività metilasica specifica per K9-H3. Gli istoni metilati sono riconosciuti e legati (in modo cooperativo) da una proteina, particolarmente abbondante nelle zone nucleari eterocromatiche, chiamata HP1 (heterochromatin protein 1); il suo legame rappresenta il segnale molecolare tradotto nella formazione dell’eterocromatina e in una conseguente inattivazione della trascrizione. Alla famiglia HP1 appartengono molecole altamente conservate, correlate alla repressione genica, alla formazione dell’eterocromatina, alla regolazione del legame dei complessi di coesione al centromero, al sequestro dei geni nella periferia nucleare, all’arresto della 1 È un anti-oncogene che, nelle cellule quiescenti, è presente in forma attiva ipofosforilata e blocca la progressione del ciclo cellulare da G1 a S sequestrando E2F. In seguito a fosforilazione, la proteina Rb rilascia E2F che può attivare la trascrizione di diversi geni target; dopo la mitosi una fosfatasi defosforila la proteina e la cellula torna in fase Go Figura 2 – I nucleosomi a destra sono metilati in corrispondenza della lisina 9 delle code dell’’istone H3. Questo processo permette il reclutamento di HP1 che, legando la lisina metilata di un nucleosoma, recluta una metiltransferasi, come SUV39H1 che a sua volta metila la lisina 9 di un nucleosoma adiacente. In questo modo lo stato metilato, e quindi represso, della cromatina si propaga da un nucleosoma al successivo trascrizione, al mantenimento della integrità eterocromatinica. Le proteine HP1 rappresentano le unità fondamentali nell’impacchettamento eterocromatico, fortemente espresse nelle regioni centromeriche e telomeriche degli eucarioti, con la particolare eccezione del levito Saccharomyces cerevisiae, nel quale è presente un complesso di silenziamento lievito-specifico detto SIR (silent information regulatory). I membri della famiglia HP1 sono caratterizzati da due domini conservati: un cromodominio N-terminale ed un dominio “chromoshadow” (l’elevata omologia di sequenza tra i due domini fa supporre una duplicazione ancestrale della regione genica codificante il cromodominio), separati da una regione a cerniera. Durante un evento di repressione trascrizionale, l’aggiunta di un gruppo metilico (fino a tre) sul residuo di lisina 9 impedisce gli eventi a valle, tipici di un evento di attivazione della trascrizione, quali la fosforilazione della serina 10 e l’acetilazione della lisina 14 sull’istone H3. L’ingombro sterico generato da un evento di trimetilazione impedisce la fosforilazione della serina 10, uno degli eventi chiave per il successivo reclutamento del complesso di preinizio. Il segnale eterocromatico si propaga lungo la fibra proprio grazie all’aggregazione delle proteine HP1. Generalizzando, è possibile affermare che l’eterocromatina sia localizzata nelle zone telomeriche e centromeriche dei cromosomi. Il silenziamento dei geni in prossimità dei telomeri è chiamato effetto di posizione telomerico (TPE), poiché il silenziamento genico è direttamente dipendente dalla sua posizione nel cromosoma: se si trova entro 3kb dal telomero esso è silenziato, se è più distante non lo è. I telomeri di lievito, utilizzati come modello sperimentale, consistono di molte ripetizioni della sequenza C2-3A(CA)1-5 (naturalmente l’elica opposta possiede sequenze complementari e solitamente quest’ultima protende a singolo filamento (i telomeri dei cromosomi lineari eucariotici terminano sempre con un tratto a singolo filamento, questo perché le DNApol hanno attività polimerasica sul tratto 5’ – 3’; il tratto a singolo filamento ha una composizione in basi differente dall’altro filamento, nei telomeri costituiti da tante regioni ripetute è presente un filamento che si chiama GT (gli unici nucleotidi presenti sono quasi esclusivamente guanine e timine) e il complementare CA, questa discrepanza esiste perché il telomero viene allungato in base alla sequenza dell’RNA che sta dentro la telomerasi (la telomerasi è un RNA binding protein con una RNA che si appaia alla regione telomerica formando un complesso dove la porzione viene estesa e la polimerasi si muove estendo il telomero e in seguito le DNApol fanno il filamento complementare).). La proteina RAP1 è in grado di legare una sequenza specifica di DNA costituita dalle ripetizioni C1-3A, presenti in corrispondenza dei telomeri ed è capace di legarsi anche agli elementi silencer cis-agenti. Le proteine SIR3/SIR4 interagiscono con RAP1 e anche fra loro (possono funzionare come eteromultimeri). SIR3/SIR4 interagiscono con le code N-terminali degli istoni H3 ed H4 RAP1 ha il ruolo cruciale di identificare le sequenze di DNA in cui si forma l’eterocromatina e recluta SIR3/SIR4 che interagiscono direttamente con gli istoni H3 ed H4. Una volta che SIR3/SIR4 si è legato agli istoni, il complesso può polimerizzare ulteriormente e diffondere lungo la fibra di cromatina. Ciò può inattivare la regione, o perché il rivestimento di SIR3/SIR4 ha di per sé un effetto inibitore o perché l’attacco agli istoni induce qualche ulteriore cambiamento di struttura. Inoltre, il C-terminale di SIR3 ha una somiglianza con le lamine nucleari (costituenti della matrice nucleare) e può essere responsabile dell’attacco dell’eterocromatina alla periferia del nucleo. Deacetilazione degli istoni metilazione-dipendente (la metilazione del DNA provoca la deacetilazione degli istoni sempre) La deacetilazione rappresenta un’ulteriore modificazione degli istoni associata alle strutture eterocromatiche: all’interno di una sequenza specifica è presente una regione di deacetilazione, che costituisce un centro di nucleazione, svolgendo quindi un ruolo preparatorio al successivo evento di metilazione del DNA. In una regione trascrizionalmente inattiva, il DNA viene metilato sulle isole CpG, evento che provoca il legame delle proteine MeCP1/2, in grado a loro volta di reclutare i complessi di silenziamento che contengono al loro interno deacetilasi e metilasi istoniche, così da auto-propagare il processo di silenziamento; tutte le attività enzimatiche necessarie alla formazione di una fibra eterocromatica possono unirsi per la formazione di complessi atti alla repressione trascrizionale. Figura 3 - la formazione di eterocromatina inizia quando RAP1 si lega al DNA. SIR3/SIR4 si lega al RAP1 e anche agli istoni H3/H4. il complesso polimerizza lungo la cromatina e può connettere i telomeri alla matrice nucleare.