Scarica Biologia molecolare applicata e più Sbobinature in PDF di Biologia Molecolare solo su Docsity! Lezione 7 – mercoledì 24 marzo 2010 lezione 7 30-10-2012 1:09:53 Metodi per lo studio delle modificazioni epigenetiche Sensibilità all’endonucleasi di restrizione HpaII L’analisi dell’epigenoma può essere eseguita sia a livello di singolo gene che dell’intero genoma: uno dei metodi pioneristici per lo studio dell’epigenoma sfruttava l’attività endonucleasica dell’enzima di restrizione HpaII, in grado di riconoscere una successione nucleotidica che contiene al suo interno un isola CpG, precisamente costituita dalla sequenza CCGG; questa sequenza è inoltre riconosciuta dall’enzima MspI il quale, a differenza del precedente, MspI è in grado di riconoscere la sequenza anche quando questa risulti metilata. La digestione enzimatica di un DNA genomico mediante l’enzima MspI, il quale opera indipendentemente dallo stato di metilazione, porta alla formazione di frammenti di DNA di tutte le lunghezze possibili, in accordo al pattern di distribuzione della metilazione all’interno del genoma. Digerendo invece il DNA mediante l’enzima HpaII, si ottengono due tipologie di frammenti: una frazione ad alto peso molecolare che non subisce la digestione enzimatica in quanto metilata; una frazione a più basso peso molecolare, digerita perché non metilata. La definizione “isole CpG” deriva proprio dalla distribuzione dei siti di restrizione dell’enzima HpaII: riconoscendo esclusivamente i siti non metilati, identifica quelli presenti sul genoma a livello dei siti promotori e la lunghezza, più o meno grande, dei frammenti di restrizione ottenuti è in funzione della posizione dei siti metilati e, quindi, non riconosciuti dall’enzima. La digestione enzimatica del DNA genomico mediante MspI, una volta sottoposti i frammenti ottenuti ad una elettroforesi su gel di agarosio, porta alla formazione di una banda strisciata lungo il gel, detta smear. La digestione mediante HpaII invece, in grado di riconoscere i siti non metilati delle isole CpG, porta alla formazione sia di bande di migrazione contenenti frammenti di lunghezza consistente, formati dalle sequenze metilate (localizzate nella parte superiore del gel), che bande di migrazione costituite dai frammenti contenenti le sequenze di restrizione riconosciute da HpaII, ovvero non metilate (regioni in genere associate ai promotori trascritti dall’RNA pol II, la cui velocità di migrazione maggiore posiziona le bande nella parte inferiore del gel). Metodo del bisolfito ( può essere accoppiato alla PCR ma è sempre accopiato al sequenziamento) Il trattamento del DNA genomico con bisolfito induce una deaminazione spontanea, portando alla formazione di uracile a partire dalla citosina. Se, al contrario, la citosina risulta metilata, la reazione di deaminazione non può avvenire, divenendo quindi resistente all’azione del bisolfito. Effettuando un esperimento di sequenziamento su DNA, trattato con questo agente deaminante, si ottengono dalla reazione frammenti contenenti C e G se metilati, oppure frammenti contenenti uracile se privi di metilazione (o meglio la base complementare timina, incorporata nella catena nascente della reazione di sequenziamento). Metodo del Methyl-DIP (Methylated DNA immunoprecipitation) Figura 1 –The DNA templates for amplification are enriched in an initial step that involves digestion with a methylation sensitive restriction enzyme. Specificity is provided by using linkers that bind specifically to the ends of fragments that are cut by this enzyme. After a secondary digestion and electrophoresis, cloning and sequencing are used to determine the methylated sequence Il DNA, estratto da una cellula, viene frammentato mediante sonicazione ed i frammenti metilati sono poi immunoprecipitati con anticorpi sensibili alla metilazione (ovvero in grado di riconoscere la citosina metilata). Questi frammenti imunoprecipitati, perché contenenti la citosina metilata, possono essere così sequenziati, oppure possono essere ibridizzati su arrays in una regione prossima al promotore per studiare i patterns di metilazione delle regioni di regolazione dei geni. Mediante questo approccio si prospetta di semplificare ed universalizzare l’analisi del “metiloma”. Tutto questo può anche essere associato anche allo spettrometro di massa, studiando la composizione delle molecole immunoprecipitate attraverso tecniche di proteomica. Esistono due tipi di modificazioni della cromatina legate all’RNA , una è quella coinvolta nella formazione delle strutture centromeriche di alcuni lieviti, in cui un fenomeno di interferenza dell’RNA, inducono la formazione di strutture eterocromatiche in regioni di eterocromatina di tipo costitutivo come nelle regioni centromeriche. Oppure esistono dei casi, come quello che avviene nell’inattivazione del cromosoma X dove la formazione di una struttura eterocromatica dipende da un RNA chiamato XIST che viene trascritto, ritorna sul cromosoma e induce la formazione delle regioni eterocromatiche. Esistono altri RNA identificati negli eucarioti superiori mentre in drosophila o saccaromyces è stato visto che la formazione delle strutture eterocromatiche dipende dal macchinario che fa l’interferenza del DNA, come per esempio una proteina come DICER. È possibile che anche negli eucarioti superiori possa funzionare lo stesso meccanismo ma ancora non è stato sperimentato. In genere la formazione di strutture eterocromatiche è associate a proteine del gruppo PcG (policong group). In saccaromyces pombe, a livello delle regioni centromeriche esistono dei promotori su entrambi i filamenti di DNA con polarità opposta che inducono la trascrizione di RNA, che inducendo la trascrizione sui due filamenti in direzioni opposte inducono la formazione di RNA a doppio filamento. Questo RNA all’interno della cellula viene intercettato dall’apparato che fa interferenza dell’RNA, per cui le proteine della famiglia di DICER che sono delle RNasi di tipo 3, entra a far parte di complessi di silenziamento (RISC) post trascrizonale, ritornano sul DNA che le ha codificate e inducono delle modificazioni epigenetiche. Quindi a livello di queste regioni centromeriche ci sono dei promotori che inducono la trascrizione di RNA a doppio filamento, poi con DICER c’è la formazione di rasi RNA che entrano a far parte dei complessi che contengono la proteina ARGONAUTE 1, ma contengono anche due attività enzimatiche differenti rispetto agli altri tipi di silenziamento studiati, una è la proteina Clr4 e delle histon deacetilasi, Clr4 è una histon metilasi (omologo di Sub39) per cui guidati da questo RNA ritornano a livello genomico e inducono la formazione delle strutture eterocromatiniche figura 1: sono rappresentati i tre centromeri di S. pombe e sono presenti le sequenze ripetute che vengono trascritte e la freccia indica la direzione di trascrizione. Figura 2 - In methylated DNA immunoprecipitation (methyl–DIP), DNA is first fragmented by sonication and methylated fragments are then immunoprecipitated using a methylation-specific antibody. These fragments can then by hybridized to an array of proximal promoter regions to assess DNAmethylation patterns specifically in gene-regulatory regions. In this case, the example of a human proximal promoter array is shown. The graph represents the results obtained using immunoprecipitated (IP) DNA on the y-axis and input DNA (control) on the x-axis presente una regione di controllo dell’imprinting, che risulta generalmente metilata a partire dal cromosoma materno: questa metilazione determina lo spegnimento dei geni adiacenti alla regione ICR e consente unicamente l’espressione del gene UBE3A, che codifica per una proteina ubiquitina ligasi, trascritto in direzione antisenso. Se la regione ICR, come avviene nel cromosoma paterno, risulta non metilata, i geni ad essa adiacente risultano correttamente espressi. La sindrome di Prader Willi (abbreviato PWS: Prader Willi Syndrome) è una malattia genetica rara (colpisce 1 su 15.000-25.000 nati vivi), caratterizzata dall'alterazione del cromosoma 15. Prende il nome dai primi che la individuarono nel 1956: Andrea Prader, Heinrich Willi, Alexis Labhart, Andrew Ziegler, e Guido Fanconi in Svizzera. I disturbi si presentano dalla prima infanzia, e vanno via via alternandosi, dovuti principalmente a disturbi ormonali che causano una preoccupante obesità in adolescenza. Nella PWS il gene materno è silenziato perché sotto imprinting, mentre quello paterno è deleto. Il gene in questione è del cromosoma 15, nella regione 15q11-q13. In questa patologia viene quindi a mancare il contributo paterno, e si avranno una serie di disturbi derivati dalla mancanza della/e proteina/e da esso derivanti. La PWS è strettamente correlata con la Sindrome di Angelman (AS), che è causata da imprinting paterno e delezione del gene materno. I sintomi son molto diversi, e ci sono degli studi a riguardo, per definire come la provenienza venga identificata e possa variare radicalmente. Il locus 15q11-q13 Questo locus come abbiamo detto, contiene geni che vengono messi sotto imprinting specifico materno o paterno e del quale uno solo viene espresso. La regione deleta contiene le informazioni codificanti per la proteina umana necdin o necdina (NDNlocus), vicina alla regione centromerica della delezione, tra i due geni ZNF127 e SNRPN, entrambi sotto imprinting. ▪ La Necdina è una proteina nucleare che viene espressa solo da alcuni neuroni del cervello. Pare (dagli studi tuttora in corso sui topi) che governi l'arresto permanente della crescita cellulare dopo il periodo embrionale mitotico, durante il periodo di assestamento neuronale. Nonostante le precedenti ricerche di mappaggio genetico della Necdina la individuassero nel cromosoma 7, si è dimostrato che l'espressione è limitata alla presenza dell'allele paterno nell'RNA del cervello neonatale. L'espressione non è riscontrata solo nel cervello, ma anche in altri tessuti, con però i maggiori livelli nella placenta e nel sistema nervoso centrale. ▪ NDN è espresso esclusivamente dall'allele paterno nei fibroblasti umani. ▪ Queste osservazioni portano a chiarire come la perdita dell'allele paterno possa dar luogo ai disordini neurologici degli individui con PWS Sintomi descritti da Prader e aa. nel 1956: ▪ diminuita attività fetale ▪ grave ipotonia infantile ▪ problemi alimentari nell’infanzia ▪ ipogonadismo ipogenitalismo ▪ ritardata età ossea e bassa statura ▪ mani e piedi piccoli ▪ ritardo mentale di medio grado ▪ facies caratteristica ▪ obesità (prima infanzia) ▪ problemi comportamentali (adolescenza) ▪ tendenza a sviluppare diabete (adolescenza) Come per la sindrome di Prader-Willi, nella sindrome di Angelman è presente una disomia uniparentale del cromosoma 15. S'intende per disomia uniparentale quel fenomeno per cui una coppia di cromosomi (in questo caso la coppia 15) non sono composti da uno di derivazione paterna ed uno materna, bensì da due coppie provenienti dallo stesso genitore. Mentre nella sindrome di Prader-Willi è il cromosoma 15 materno ad essere presente in duplice copia, nella sindrome di Angelmann abbiamo una duplice copia del cromosoma paterno, perdendo di conseguenza tutta la parte materna ed avendo di conseguenza un'iperattività di quella coppia di cromosomi. Si riscontrano: ▪ epilessia ▪ ritardo mentale ▪ ipotonia ▪ difficoltà nel linguaggio ▪ anomalie fisiche del viso il comportamento di una regione che contiene due geni, Igf2 (codifica per un fattore di crescita del feto e della placenta) e H19 (codifica per una proteina non ancora identificata), illustra i modi in cui la metilazione può controllare l’attività di un gene. Questi due geni reagiscono in modo opposto allo stato di metilazione di un sito posto fra di essi, ovvero la regione ICR. Nel primo caso, l’assenza della metilazione sull’ICR consente al promotore presente nella regione di esprimere il gene dell’RNA Air, dando luogo alla formazione dell’RNA antisenso AIR. Sul cromosoma paterno, l’ICR metilato consente invece al promotore del gene Igf2 di attuarne la trascrizione. Il controllo di Igf2 è esercitato da una funzione di isolatore dell’ICR. Questo gene presenta l’enhancer a valle del sito di controllo dell’imprinting. Quando non è metilato, l’ICR lega la proteina CTFR, creando una funzione di isolatore che impedisce ad un enhancer di attivare il promotore di Igf2 questo è un effetto insolito in cui la metilazione attiva indirettamente un gene bloccando un isolatore. Nel secondo caso, l’ICR è metilato nell’allele paterno e H19 mostra la risposta tipica dell’inattivazione, ma Igf2 è espresso. La situazione opposta si trova su un allele materno, in cui l’ICR non è metilato e H19 è espresso, ma Igf2 è inattivato. La regolazione di H19 mostra la solita direzione di controllo in cui la metilazione crea uno stato di imprinting inattivo, che potrebbe riflettere un effetto diretto della metilazione sull’attività del promotore. Inattivazione del cromosoma X Il cromosoma X è particolarmente interessante a causa del suo ruolo nelle malattie legate al sesso, quali l’emofilia e la distrofia muscolare di Duchenne. Dal momento che i maschi possiedono un solo cromosoma X, mutazioni in quel singolo cromosoma non sono mascherate da una copia funzionale e pertanto molto probabilmente si manifestano come malattie. Figura 5 La compensazione del dosaggio
cambia l’espressione dell’X
I mammiferi Le mosche Ivermi
raddoppiano dimezzano
l'espressione l'espressione|
derx d dei due X ?
inattivano
unx®
ne
a
CS
a 23.27 Mezzi diversi di
compensazione del dosaggio sono
usati per rendere uguale l'espressione
del cromosoma X nei maschi e nelle
femmine.
Un cromosoma X è inattivato a caso
Entrambi i cromosomi X sono attivi
nella cellula precursore
bs
f —)
e
f Opus
inattivato %
in ciascuna cellula
>< A
e e
= */glleie = attivo
ii
lutante
peril colore
del mantello
rene
gura 23.28 La variegazione legata
all'X è causata dall’inattivazione
casuale di un cromosoma X in
ciascuna cellula precursore. Le cellule
in cui l'allele + è sul cromosoma attivo
hanno un fenotipo normale, ma le
cellule in cui l’allele -- è sul
cromosoma attivo hanno un fenotipo
mutante.
nei due sessi. I meccanismi usati in specie diverse sono schematizzati nel
la Figura 23.27.
Nei mammiferi uno dei due cromosomi X della femmina è inattivato
completamente. Il risultato è che le femmine hanno soltanto un cro-
mosoma X attivo, riproducendo la situazione esistente nei maschi. Il
ciomosome X attivo delle femmine e il singolo cromosoma X dei ma-
schi sono espressi allo stesso livello.
In Drosophila l’espressione del singolo cromosoma X maschile rad-
doppia rispetto all'espressione dei cromosomi X della femmina.
In C. elegans l’espressione di ciascun cromosoma X femminile è di-
mezzata rispetto all'espressione del singolo cromosoma X maschile.
La caratteristica comune a tutti questi meccanismi di compensazione del
dosaggio è che l'insero cromosorna è il bersaglio della regolazione e si veri-
fica un cambiamento globale che influenza quantitativamente tutti i pro-
motori del cromosoma. L'inattivazione che conosciamo meglio è quella
del cromosoma X nelle femmine dei mammiferi, in cui l’intero cromo-
soma diventa ererocromatico.
Le due proprietà dell’eterocromatina sono lo stato condensato e l’i-
nattività associata. L’eterocromatina si può dividere in due tipi.
Leterocromatina costitutiva contiene sequenze specifiche che non
hanno funzione codificante. Di solito queste sequenze comprendo-
no i DNA satelliti e si trovano spesso ai centromeri. Queste regioni
sono invariabilmente eterocromatiche a causa della loro natura in-
trinseca.
L’eterocromatina facoltativa prende la forma di cromosomi interi che
sono inattivi in una linea cellulare, anche se possono essere espressi in
altre linee. L'esempio per eccellenza è il cromosoma X dei mammife-
ri. Il cromosoma X inattivo è perpetuato in uno stato eterocromatico
mentre il cromosoma X attivo fa parte dell'eucromatina e quindi se-
quenze identiche di DNA sono coinvolte in entrambi gli stati. Una vol
ta che è stato stabilito, lo stato inattivo viene ereditato dalle cellule di-
scendenti. Questo è un esempio di eredità epigenetica, perché non di-
pende dalla sequenza del DNA.
La nostra visione attuale della situazione del cromosoma X delle fem-
mine dei mammiferi è nata nel 1961 in seguito all'ipotesi del singolo X.
Le femmine dei topi che sono eterozigoti per mutazioni del colore del
mantello associate all’X hanno un fenotipo variegato in cui alcune aree
del mantello sono normali, mentre altre sono mutanti. La Figura 23.28
mostra che ciò può essere spiegato se uno dei due cromosomi X è inutti-
vato a caso in ciascuna cellula di una piccola popolazione precursore. Le cel-
lule in cui îl cromosoma X che porta il gene normale è inattivato danno
origine a una progenie che esprime soltanto l’allele mutante sul cromo-
soma attivo, mentre le cellule derivate da un precursore in cui è stato
inattivato l’aluro cromosoma hanno un gene normale attivo. Nel caso del
colore del mantello, le cellule che discendono da un particolare precur-
sore restano insieme e formano così una chiazza dello stesso colore, crean-
do lo schema visibile di variegatura. In altri casì, le singole cellule di una
popolazione esprimeranno uno dei due alleli associati all'X; per esempio,
negli eterozigoti per il locus associato all’X GGPD, un dato globulo ros-
so esprimerà soltanto una delle due forme alleliche. (L'inattivazione ca-
suale di un cromosoma X avviene nei mammiferi euteriani, mentre nei
marsupiali la scelta è diretta ed è sempre il cromosoma X ereditato dal
padre a essere inattivato.)
L’inattivazione del cromosoma X nelle femmine è governata dalia
regola n-1: per quanti cromosomi X siano presenti, tutti meno uno sa-
CLES ISO ESS)
condensazione della cromatina che la rende inaccessibile all'apparato né
ae i cessario all'espressione genica, l'aggiunta di proteine che bloccano diret-
deacetilasi | istone.
tamente l’accesso ai siti regolatori 0 a proteine che inibiscono diretta
motitrasferasi, HP1 | entela trascrizione.
& 3 Se | Duesiscemi caratterizzati a livello molecolare coinvolgono HP1 neî
mammiferi e il complesso SIR nel lievito. Sebbene non ci siano somi
glianze ravvicinate fra le proteine coinvolte nei due sistemi il meccani
/ smo generale di reazione è simile: i punti di contatto nella cromatina
i sono le code N-terminali degli istoni,
Cromatina attiv
i La mutazione di una deacetilasi che agisce su Ac-!4Lys di H3 impedi=
—" sce la metilazione a %ys. H3 metilato a ’Lys lega la proteina HP1 trae
Figura 23.22 SUVS9Hi è una istone mite il cromodominio, il che indica il modello per l’inizio della forma-
metiltrasferasi che agisce su “Lys del'istone zione dell’eterocromatina rappresentato nella Figura 23.22. Prima la dea
H3. HP1 si lega ali’istone metilato.
cetilasi agisce per rimuovere la modificazione a !‘ys e quindi la metila-
si SUV39HI agisce sulla coda dell'istone H3 per creare il segnale meti=
lato a cui si legherà HP1. Nella Figura 23.23 la reazione è visualizzata in
modo tale da mostrare che l’interazione avviene fra il cromodominio e
la lisina metilata e scatena la formazione di cromatina inattiva. La Figu-
ra 23.24 mostra che la regione inattiva può allora essere estesa dall'av-
tacco di ulteriori molecole HP1 che interagiscono fra loro.
L'esistenza di una base comune del silenziamento nel lievito è indica-
ta dal fatto che esso si fonda su una serie comune di loci genetici. Le mu-
tazioni in uno qualunque di una serie di geni provocano l'attivazione di
HML o di HMR e rimuovono anche l’inattivazione di geni che sono stà-
ti integrati vicino all’eterocromatina telomerica. prodotti di questi locì
funzionano perciò per mantenere lo stato inattivo di entrambi i tipi dî
eterocromatina.
La Figura 23.25 propone un modello per le azioni di queste proteine,
soltanto una delle quali, RAPI, è una proteina che lega una sequenza
specifica di DNA. Questa proteina si lega alle ripetizioni C) 3A presen-
ti in corrispondenza dei telomeri e si lega anche agli elementi silencer ce
agenti necessari per la repressione di ML c AMR. Le proteine SIR3 €
SIRÉ interagiscono con RAPI e anche fra loro (possono funzionare come
eteromultimeri). SIR3/SIR4 interagiscono con le code N-terminali de-
gli istoni H3 e H4. (In effetti, la prima prova del coinvolgimento diret
to degli istoni nella formazione dell’eterocromatina è stata la scoperta
che le mutazioni che aboliscono il silenziamento a #MZ/HMR mappa
no in geni che codificano per H3 e HA.)
RAPI ha il ruolo cruciale di identificare le sequenze di DNA in cui si
forma l'eterocromatina e recluta SIR3/SIR4 che interagiscono diretta
mente con gli istoni H3/H4. Una volta che SIR3/SIR4 si è legato agli
istoni H3/H4, il complesso può polimerizzare ulteriormente e diffon-
dere lungo la fibra di cromatina. Ciò può inarrivare la regione, 0 perché
Il rivestimento di SIR3/SIR4 ha di per sé un effetto inibitore o perché
l'attacco agli istoni induce qualche ulteriore cambiamento di struttura.
Non si sa che cosa limiti la diffusione del complesso. Il C-terminale di
SIR3 ha una somiglianza con le Jamìne nucleari (costituenti della ma-
trice nucleare) e può essere responsabile dell'attacco dell’eterocromatina
alla periferia del nucleo.
Una serie simile di eventi forma le regioni silenziate a livello di HMR
e HML (vedi anche Paragrafo 18.7 Le cassette silenti a HML e a HMR
(CSC SEE SONS ESS ISS]
Dominio ombra
Figura 23.23 La metilazione dell’istone H3
crea un sito di legame per HP1.
Variegatura da effetto di posizione (PEV) Un nucleo interfasico contiene sia eucromatina che eterocromatina. Lo stato di condensazione dell’eterocromatina è simile a quello dei cromosomi mitotici. L’eterocromatina è inerte e resa condensata in interfase, è trascrizionalmente repressa, si replica tardivamente in fase S e può localizzarsi alla periferia del nucleo. L’eterocromatina centromerica consiste tipicamente di DNA satelliti, ma la formazione dell’eterocromatina non è rigorosamente definita dalla sequenza. Quando un gene viene trasferito, o per traslocazione cromosomica o per trasfezione e integrazione, in una posizione adiacente ad eterocromatina, può divenire inattivo come risultato della sua nuova posizione, il che implica che è diventato eterocromatico. Questa inattivazione è il risultato di un effetto epigenetico e può essere diversa nelle singole cellule di un animale e portare al fenomeno della variegatura da effetto di posizione (position effect variegation, PEV), in cui cellule geneticamente identiche hanno fenotipi diversi. Questo fenomeno è stato caratterizzato molto bene nella Drosophila. Figura 7 - Nella figura adiacente, l’occhio del moscerino risulta privo di colore in alcune zone mentre altre sono rosse, effetto dovuto all’inattivazione del gene white causata dall’eterocromatina ad esso adiacente, mentre resta attivo in altre cellule. L’inattivazione si diffonde dall’eterocromatina nella regione adiacente per una distanza variabile. In alcune cellule procede per una distanza sufficiente ad inattivare un gene circostante, ma in altre non lo fa. Ciò succede ad un certo punto dello sviluppo embrionale, dopo di che lo stato del gene è ereditato da tutte le cellule figlie. Le cellule che discendono da un progenitore in cui il gene è stato inattivato formano zone che corrispondono al fenotipo con la perdita di funzione (nel caso di white, assenza di colore). Polycomb e trithorax sono repressori e attivatori antagonisti