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BIOLOGIA MOLECOLARE APPLICATA, Appunti di Biologia Molecolare

Corso tenuto dal Prof. Martegani e Prof.ssa Vai CDL Magistrale in Biotecnologie Industriali Appunti presi a lezione integrati con slide e registrazioni audio

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 10/06/2020

etta_etta
etta_etta 🇮🇹

4.8

(4)

8 documenti

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Scarica BIOLOGIA MOLECOLARE APPLICATA e più Appunti in PDF di Biologia Molecolare solo su Docsity! 1 BIOLOGIA MOLECOLARE APPLICATA MODULO 1 – VAI TECNICHE UTILIZZABILI PER ANALIZZARE L’ESPRESSIONE GENICA • Northern Blot: il punto di parte può essere analisi su trascritti (una sottopopolazione sono mRNA – in alcuni casi è necessario purificarlo) o RNA totale. Può essere: - Semplice→che ci permette di dire se c’è o meno il trascritto e di determinare il peso molecolare - Relativa→permette di dire se il trascritto è più o meno rispetto ad altri o all’interno dello stesso campione (varia a seconda del tessuto, condizioni…) ci sono trascritti rari e altri abbondanti • RT-PCR: retro-trascrizione abbinata alla PCR (amplificazione). Può essere: - Semplice→c’è o meno il trascritto, con vantaggi di sensibilità rispetto alla Northern e non mi dà la possibilità di definire il peso molecolare. - Relativa→ci permette di dire se ci cono variazioni all’interno dei trascritti PCR quantitativa→PCR non convenzionale, la struttura è analoga ma occorre fare una amplificazione in modo quantitativo così che ciò che viene amplificato possa dare precise informazioni sul templato iniziale, e può avvenire solo seguendo specifici principi. Il concetto di PCR quantitativa è lo stesso che troviamo nella RT- PCR competitiva. - Competitiva: retro-trascrizione in presenza di un competitore, permette di avere misure della quantità in modo assoluto NB: RT-PCR e Real Time PCR sono diverse! • Real Time PCR→ mi permette di vedere la cinetica di amplificazione. Può essere: - Relativa - Assoluta Ma c’è sempre una PCR in tempo reale con la quale vedo la cinetica di amplificazione. SAGGI DI IBRIDAZIONE STANDARD E SAGGI INVERSI: Sono basati su ibridazione, questo presuppone la presenza di una sonda e dei target. Però: • STANDARD - Northern - Southern →I target sono quelli non marcati sul supporto (DNA digerito o RNA). È la sonda ad essere marcata e che sta in soluzione. • INVERSA - Array →la sonda non è quella in soluzione e marcata ma le probe sono sui supporti e non sono marcate. I target sono quelli in soluzione e sono marcati. Northern Blot: Il punto di partenza è RNA che viene estratto da un determinato tessuto o determinate cellule. In alcuni casi è prevista (ma non sempre) la purificazione sull’RNA totale degli mRNA sfruttando la presenza di una coda poli-A (200-250bp). Ci sono degli oligo-dT per cui si fa passare la preparazione di RNA totale in opportune condizioni di ibridazione verranno attaccati tutti gli RNA con la coda e il resto invece eluisce, poi variando la forza ionica si recupereranno gli mRNA. 2 Sia mRNA che RNA totale devono essere separati su un gel di agarosio denaturante→deve essere denaturante perché voglio che siano separati in base al peso molecolare e non in base alla conformazione (altro parametro che influenza la migrazione). NB: gel di agarosio denaturante con formamide o formaldeide (RIPASSO FORMULE) Prima di caricare su gel si deve dosare: il dosaggio viene fatto allo spettrofotometro (260nm → UV). Leggiamo dell’UV e non ne visibile perché viene sfruttata l’assorbanza delle basi (effetto ipercromico). Le letture si possono fare anche a 280nm (si leggono anche le proteine e gli anelli aromatici) e 240nm. Si fa quindi poi la migrazione in funzione del peso molecolare, in particolare avviene inversamente proporzionale al MW. Alla fine della corsa vado a visualizzare le bande, questo può essere fatto perché nel campione è stato messo un intercalante o perchè coloro il gel con una soluzione che contiene un intercalante. Posso usare: - Etidio - Derivati Uso quindi un intercalante, questi sono: - Specifici per l’acido nucleico - È un legame stechiometrico, quindi in funzione della quantità. Questo intercalante nonostante sia stechiometrico non lo si usa per fare Real Time PCR, a prescindere da quanto sia dannoso. Quindi nel momento in cui viene caricato un RNA totale si hanno anche indicazioni della bontà della preparazione: per RNA totale sul gel si vedono sicuramente le bande relative al RNA ribosomiale (rRNA - presenti ad alti livelli) e possono dare quindi bande discrete. All’interno della cellula le subunità ribosomiali sono presenti in rapporto 1:1, quindi c’è la stessa quantità. Se si interala in modo stechiometrico, se hanno la stessa quantità, dovrebbero dare lo stesso segnale. Però non dipende solo dalla quantità ma anche dalla lunghezza: quanto è più lungo e tanto più si intercala → le bande più alte a parità di quantità su gel sono più intense di quelle più basse. Nel momento in cui si purifica da mRNA, non si vede più nulla, perché i messaggeri sono presenti in dimensioni e quantità diversa, ma non in quantità sufficiente da dare bande discrete, in funzione della sensibilità di quello che stiamo utilizzando per vedere (etidio). NB: se ci sono delle bande non è stato purificato correttamente. Il gel viene poi trasferito su un filtro di nitrocellulosa o nylon, comunque carico positivamente. Il trasferimento nella maggior parte dei casi viene fatto con elettron- blotting o manualmente. C’è una vaschetta con il tampone, un supporto su cui si mette della carta (forma un “ponte” con la carta che pesca il tampone), si appoggia il gel e sul gel si mette direttamente la nitrocellulosa. Sopra ancora si mette dell’altra carta asciutta (peso). Per capillarità il tampone fluxa verso l’alto (da bagnato ad asciutto) e porta l’acido nucleico che dal gel passa alla nitrocellulosa. NB: non è fissato Il filtro viene poi fissato agli UV, dove si cross-linka→si ha la formazione di legami covalenti tra l’acido nucleico e gruppi ammidici del supporto. NB: Non ci sono trattamenti denaturanti come avviene con la Southern perché l’RNA è già a single strand. Ora occorre ibridare il filtro e posso fare Northern normale o Northern relativa. 5 Se devo fare sintesi di RNA mi serve: - Templato - RNA polimerasi - Ribonucleotidi marcati in alfa - Magnesio - Promotore (le RNA polimerasi necessitano del promotore per effettuare la trascrizione) La scelta tra le polimerasi è legata al fatto di avere quelle più efficienti e processivi (non sono quelle di Coli e uomo, ma sono quelle di fagi). Quindi quelle che vengono utilizzate sono quelle di fagi: - SP6 - T3 - T7 Si utilizza DNA double strand che deve avere up-stream, alle estremità, un promotore riconosciuto dalla RNA polimerasi corrispondente. Quindi devo avere costruito un sistema che mi permette di clonare il DNA che devo trascrivere down-stream al promotore corrispondente. Ci sono quindi una serie di plasmidi di Coli che vengono amplificati in Coli, in cui ai lati destro e sinistro del sito di inserzione multipla dove si clonano i frammenti di interesse ci sarà la sequenza relativa al promotore SP6 o a T7 o a T3. Questi avranno gli altri elementi di Coli, come resistenza alla ampicillina per la resistenza in Coli e la alfa- complementazione. Il frammento di interesse è quindi stato clonato e diventa double strand. Questo fa sì che a seconda del promotore che utilizzo posso fare RNA di uno o dell’altro strand. Il sistema sperimentalmente prevede un inizio di trascrizione determinato dal promotore e in teoria la trascrizione dovrebbe terminare con i terminatori, ma in questo caso sono assenti perché sono stati semplicemente clonati dei frammenti di DNA. Quello che accade è che tagliando dalla parte opposta del promotore non serve un terminatore ma automaticamente terminerà la trascrizione. Quindi si deve: 1. Clonare DNA (o cDNA) 2. Definire qual promotore e polimerasi utilizzare 3. Tagliare con un enzima di trascrizione (linearizzare) dalla parte opposta a dove è stato clonato Alla porzione lineare ottenuta si aggiungono ribonucleotidi, magnesio e RNA polimerasi, ottenendo RNA single strand. Ma queste polimerasi hanno una efficienza elevatissima, quindi non ho 100 molecole di templato e ottengo 100 molecole di RNA: c’è un processo di amplificazione 1:100. Dal punto di vista di attività specifica accade che misurando il radioattivo alla fine di questa amplificazione e dopo una random priming, l’attività specifica sarà molto più elevata. NB: si chiama cDNA se ho clonato DNA, invece si chiama cRNA se ho clonato RNA (nei target per la gene CHIP avrò cRNA). In questo sistema a differenza della random priming dove nella sonda non posso eliminare il DNA templato non marcato da quello marcato (li devo usare in miscela perché non hanno differenze tali da separarli), in questo caso posso eliminare in maniera specifica il templato utilizzato che è DNA (ho ottenuto RNA). 6 Questo può essere fatto utilizzando una nucleasi specifica per il DNA→DNasi 1. La DNasi 1 è una endonucleasi specifica per il DNA: idrolizza sia che sia single che double strand. Il taglio può avvenire: - Lasciando il P sul 5’ - Lasciando il P sul 3’ Questa lo lascia sul 5’ (5’-P). Taglia a livello di siti adiacenti alle pirimidine. Le miscele che si ottengono dei prodotti di digestione sono in funzione della quantità DNasi- enzima rispetto al substrto o rispetto al tempo per cui si lascia agire. In un eccesso di enzima rispetto al substrato idrolizza tutto il templato. È possibile controllare, quindi mettere una quantità limitante di DNasi rispetto al substrato, in questo caso farà solamente dei NICK sul templato (questo è il principio su cui si basa la NICK translation). Questa sonda a RNA non ha alcun problema utilizzandola su una Southern perché è double strand, mentre se viene utilizzata sulla Northern è più problematico perché c’è solo uno strand ed è necessario quindi conoscere il senso di trascrizione dello strand. Posso fare 2 sonde: una per ogni senso di trascrizione e facendo due ibridazioni (→stabilisco anche il senso di trascrizione). Nick translation: in DNA è double strand e necessito di un primer 3-OH. Questo viene fatto trattando con la DNasi 1 il templato in condizioni estremamente limitanti: - Endo - 3’-OH e 5’-P - Nucleotidi marcati - Magnesio - Enzima con attività eso 5’→3’ (stesso senso di polimerizzazione – oloenzima di Coli) Come si fa? L’oloenzima si attacca al 3’OH e in direzione 5’→3’ inizia a incorporare, avendo attività eso nello stesso senso vuol dire che quello che si trova davanti lo toglie. Questa tecnica è stata abbandonata perché ha attività specifica inferiore rispetto alla random priming. La TAQ polimerasi che viene usata nella Real Time PCR ha attività eso 5’→3’. Una marcatura con attività specifica meno elevata è quella a livello dell’estremità 5’ del DNA utilizzando un fosfato radioattivo (5’-P32). Il DNA (o RNA) viene quindi trattato con un enzima specifico che elimina il P→fosfatasi alcalina (usata nel clonaggio per evitare il self annealing). Si fosforila poi con una chinasi (reazione di fosforilazione) dove l’enzima è la T4 polinucleotide chinasi. Viene fornito ATP marcato sul P in gamma e magnesio. La chinasi trasferisce il fosfato sul templato. Andando a misurare l’attività specifica questa sarà minore rispetto a random primer, quindi viene utilizzata per altri scopi e non per la Northern. Se voglio marcare invece al 3-OH uso la terminal transferasi: fornendo una sola tipologia di nucleotide marcato in alfa e in funzione del tempo riesco a maracre aggiungendo qualche nucleotide marcato all’estremità. Dopo aver ottenuto la sonda si deve effettuare l’ibridazione. 7 Per ibridazione si intende quel processo per cui due filamenti di DNA (o RNA) possono appaiarsi e formare un ibrido (doppia elica) più o meno stabile mediante la formazione di legame idrogeno per un certo numero di basi complementari (2 o 3 a seconda delle basi). L’ibrido è più o meno stabile in funzione: - Delle condizioni in cui si effettua l’ibridazione - Del numero delle basi complementari L’ibrido può essere: DNA-DNA, RNA-RNA, DNA/RNA. L’ibridazione può avvenire anche tra molecole di DNA o RNA non perfettamente complementari tra di loro, è sempre legato alle condizioni sperimentali, ossia le condizioni di stringenza nelle quali si fa avvenire l’ibridazione. Ci sono condizioni più stringenti in cui la percentuale di omologia tra sonde e bersagli deve essere maggiore, queste condizioni si ottengono attraverso: - Temperatura elevata - Minore concentrazione salina (maggiore è la concentrazione salina e maggiormente vengono stabilizzate le ibridazioni non perfettamente complementari) - Presenza di denaturanti che impediscono la formazione del legame idrogeno (ES: SDS) Le condizioni meno stringenti sono: - Temperature meno elevate - Maggiore concentrazione salina - Assenza di denaturanti chimici La prima cosa da fare su filtro, analogamente alla Southern o Western, è di saturare tutti i siti aspecifici prima di aggiungere la sonda. Per Western si utilizza BSA (Bovin Sierum Albumin) o latte, quindi proteine. In questo caso non si utilizzano proteine ma opportuni acidi nucleici (DNA che deriva dallo sperma di salmone). Dopo la saturazione aspecifica si aggiunge la sonda in un opportuno tampone e ad una certa temperatura (si lascia anche tutta la notte). Successivamente la sonda viene rimossa e si effettuano i lavaggi (manualmente) con soluzioni in cui si varia la stringenza: - I primi passaggi servono per togliere i residui di sonda - Successivamente si aumenta la stringenza Fino ad arrivare a un filtro che viene esposto ad una lastra perché quello che interessa è un’informazione posizionale (si vedono più bande), ottenuta esponendo il filtro ad una lastra autoradiografica o a uno schermo in grado di acquisire attraverso un’immagine la radiazione emessa (è possibile perché ho utilizzato 32P). Esiste la possibilità di fare anche MARCATURE NON RADIOATTIVE. Queste marcature nella maggior parte dei casi non hanno un grande utilizzo nella Northern perché a parità di confronto con il radioattivo sono meno sensibili. Queste marcature possono essere di 2 tipologie: • Diretta→i nucleotidi che utilizziamo (gli stessi usati per far random-priming o trascrizione in vitro) sono modificati in modo tale che contengono un gruppo chimico in grado di emettere fluorescenza e che non interferisca con lo scopo dell’esperimento • Indiretta→i nucleotidi sono sempre modificati ma quello che abbiamo aggiunto non emette di per sé alcuna fluorescenza ma è necessario un passaggio successivo detto rilevamento per cu vengono usate determinate sostanze in modo da interagire con la molecola indicatrice inserita nel nucleotide e sono questi elementi che sono modificati in modo tale da emettere fluorescenza o palesare una reazione chimica che emetta luce o colore. I sistemi più usati sono quelli della: - Digossigenina: aptene steroideo, esistono anticorpi specifici verso la digossigenina - Biotina-streptavidina: l’avidina lega in modo specifico la biotina 10 Nella oligo-dt priming perché le code sono di 250bp, gli oligo di 18 dT e si attaccano all’inizio e non alla fine o in mezzo? Sono ancorati, infatti in 3’ hanno 1 o 2 residui di G, A o C. Questo fa sì che nelle condizioni sperimentali l’oligo si attacchi all’inizio. Nel random priming si sono appaiati in più punti di tutti i trascritti. La trascrittasi inversa non ha attività eso 5’→3’ quindi quando arriva al primer che eventualmente si è annealato davanti si fermerà. In questo caso verrà aggiunta la ligasi in modo tale da riempire eventuali NICK presenti perché necessito di cDNA intonsi. Ogni tecnica ha vantaggi e svantaggi. Se ho dei trascritti molto lunghi e una miscela estremamente variabile di trascritti, potrei avere dei cDNA che mancano della parte finale (5’) perché non è riuscita ad arrivare alla fine. La random priming no pone il problema al 5’ ma centralmente perché se non si sono annealati primer perderò informazioni. In entrami i casi ci sono tecniche per recuperare le informazioni perse. Prendendo come riferimento la specific priming una volta ottenuto l’ibrido seguirà la PCR specifica. Devo eliminare l’RNA che è stato utilizzato dal templato, si utilizza un’attività nucleasica specifica per l’ibrido RNA/cDNA ma che idrolizza in modo specifico solo l’RNA → attività RNasi H (H: ibrido), idrolizza in modo specifico l’RNA. Esiste come attività enzimatica separata ma operano in queste condizioni si utilizzano delle trascrittasi inverse che hanno insita anche un dominio di attività RNasi H (le nucleasi possono avere dei domini con altre attività, queste attività funzionano solo in determinate condizioni). Arrivo quindi a un cDNA ss→effettuo una normale PCR. Posso utilizzare il primer usato per retro trascrivere (si anneala in modo specifico) e ne aggiungo un altro sempre specifico. Una classica PCR: 1- Denaturazione 2- Annealing 3- Estensione 4- Ripeto il ciclo n volte Dopo aver ripetuto n volte avrò amplificato un amplicone e le dimensioni sono determinate dalle distanze dei due oligo e mi permette di vedere se all’interno di quella miscela di RNA c’è quel determinato trascritto: non mmi dice il pesos molecolare perché le dimensioni sono definite dalla distane dei due oligo, mi dice solo se c’è o meno. Avendo un passaggio di amplificazione questa metodica rispetto alla Northern classica non è più specifica ma è più sensibile (permette di amplificare anche templati presenti in basse quantità). Successivamente l’amplificato viene caricato su un gel di agarosio e si effettua la migrazione. Vedremo la presenza di un certo trascritto. Se vogliamo quantizzare, quindi capire quanto ce n’è di quel trascritto prima passo per una RT-PCR relativa→analogamente alla Northern permette di dire quanto ce n’è di un trascritto rispetto ad un altro. RT-PCR relativa: Permette di determinare differenze di quantità di un trascritto in campioni diversi o di determinare l’abbondanza di un certo trascritto rispetti ad altri trascritti in uno stesso campione. 11 Innanzitutto, si effettua una retro trascrizione in modo specifico. Il problema è che dobbiamo fare un PCR, il che significa che andiamo a vedere il risultato finale di aver reto trascritto e aver amplificato tramite PCR: in base a quello che vediamo dopo l’amplificazione dobbiamo stabilire quanto templato c’era; ma per fare questo devo fare in modo che la quantità di amplificato rifletta esattamente la quantità inziale. Ipotizzando di trovarci nelle migliori condizioni, se all’aumentare dei cicli si va a misurare la quantità di amplificato e la si quantizza, si ottiene una curva: - Prima fase esponenziale - Segue una fase lineare - Raggiunto il platau non cresce più L’enzima è termostabile ma potrebbe diventare limitate rispetto al substrato e potrebbe degradarsi (per ogni reazione di polimerizzazione si libera pirofosfato, c’è quindi un eccesso di pirofosfato che effettua una reazione di pirofosforolisi che può degradare l’enzima). La quantità di prodotto dipende dalla quantità di templato: P = (2)n T Dove: - P: prodotto (amplificato) - N: numero di cicli - T: numero di copie di templato di partenza Questa legge vale solo se mi sto basando sulla fase esponenziale (iniziale). Se non lavoro in esponenziale ma lavoro a 15 cicli (fase di platau) ho sottostimato o sovrastimato: nella fase di platau non vedo differenze, che sono invece presenti in fase esponenziale. Questo che è stato detto è valido se l’efficienza della reazione è de 100%, se non è al 100% non ottengo dati quantitativi esatti. Quindi come faccio a misurare la quantità? Se non posso migliorare le condizioni posso pensare di eliminare quelle condizioni per cui l’efficienza non è al 100% e fare in modo che le efficienze di n campioni siano simili in modo tale che la quantità di ciò che amplifico in fase esponenziale dipenda solo dalla quantità iniziale. A parità di quantità se amplifico un templato più lungo e uno più corto viene raggiunto il platau in modo diverso. È quindi necessaria la stessa lunghezza ma è importante la composizione in basi: anche a parità di dimensione se il contenuto in basi è differente l’amplificazione non sarà efficiente allo stesso modo. Devo quindi rendere ininfluenti quei fattori che incidono sull’efficienza, i fattori che influenzano sono le lunghezze, che devono essere uguali ma trascurabili → amplifico frammenti al di sotto di 150bp. 12 Se amplifico frammenti <150bp l’efficienza non dipenderà dalla composizione di basi. Fondamentale per avere dati quantitativi tramite PCR è analizzare la quantità di amplicone durante la fase esponenziale perché solo in questa fase vale il fatto che P=2nT, quindi è possibile risalire dalla quantità di amplicone alla quantità di target iniziale (quello chi si vuole determinare). Dobbiamo fare in modo che questa relazione e la reazione enzimatica che sottende a questa relazione sia efficiente al 100% → si deve rendere trascurabile tutti quei fattori che la possono influenzare in modo negativo, anche in modo tale che comunque stiamo facendo PCR in parallelo e stiamo confrontando quantità di target in diversi campioni, dobbiamo far sì che le efficienze siano al 100% e che non ci siano differenze (se sono stati purificati meglio o peggio i confronti non sono ottimali). Nella RT-PCR quantitativa la quantizzazione avviene attraverso PCR e nella Real-Time che può essere RT o Real Time a seconda se è preceduta o meno da una retro trascrizione, vengono amplificati frammenti trascurabili come dimensioni al di sotto di 200bp. - Nella RT-PCR rimaniamo sulle 200 perchè il sistema di rilevamento passa attraverso un gel e quindi è legata alla risoluzione del gel di agarosio - Nella Real Time il sistema è automatizzato quindi senza gel e si può anche scendere <200bp. In questo modo le dimensioni e anche il contenuto in basi diventano ininfluenti. Nel momento in cu si sta facendo RT-PCR specifica abbiamo retro trascritto in modo specifico con un primer e la trascrittasi inversa. 1. Retro trascrizione specifica 2. Interviene la RNasi H 3. Single strand 4. Si aggiunge l’altro primer che viene studiato rispetto al primo in modo tale da non avere una distanza superiore a 200bp. Per fare la RT-PCR relativa ho bisogno di un controllo interno: con lo stesso principio della Northern relativa: ho il mi target e tutte le quantizzazioni vengono fatte riferendosi a un normalizzatore che ha lo stesso principio del controllo della Northern→è un controllo di quantità e un controllo di retrotrascrizione e di PCR→devo essere sicuro che le differenze di amplificato che si vedono siano dovute solo ad una diversa quantità. Si fa quindi retrotrascrizione di A, del normalizzatore che non vaia nelle condizioni sperimentali, analisi dei prodotti di amplificazione in fase esponenziale con dimensioni trascurabili di entrambi. ES: actina come normalizzatore Si deve stabilire la fase esponenziale. Ho estratto l’RNA in cui è presente sia in target che l’actina. Mi aspetto che la quantità di actina non vari, quello che varia sarà il target. - Retro trascrivo con un primer specifico target e actina. - Tratto con RNasi H Ho studiato l’oligo in modo da amplificare frammenti di dimensioni trascurabili: l’ideale sarebbe farli esattamente uguali però se poi devo vedere gli amplificati su gel avrò ei problemi a distinguere due bande uguali perché migrano allo stesso livello. Per ovviare a questo inconveniente viene studiato da realizzare una differenza minimale tra le due bande. - Oligo - PCR Ad ogni ciclo viene prelevata un’aliquota perché devo monitorare l’andamento per definire la fase esponenziale (sia per actina che per target). Le bande devono essere quantizzate (visibili grazie ad etidio), ci saranno dei valori e si realizza un grafico riportando l’intensità delle bande rispetto ai cicli→costruisco le curve corrispondenti. 15 Alla base c’è l’utilizzo di coloranti fluorescenti: l’intensità di fluorescenza è direttamente correlata alla quantità di DNA (o RNA) del campione. Cos’è la fluorescenza? È la proprietà di una sostanza che emette una radiazione elettromagnetica di lunghezza d’onda nel visibile in seguito a una eccitazione con un’altra radiazione elettromagnetica ad energia maggiore rispetto alla radiazione emessa se opportunamente eccitata. Cosa succede all’elettrone? Sale nell’orbitale più esterno, successivamente torna all’orbitale di partenza e rilasci un’altra radiazione di una lunghezza d’onda differente. Il visibile è compreso tra 380 e 750nm. Per una PCR di tipo quantitativo in cui si poteva seguire la cinetica di amplificazione è possibile farlo perché si utilizzano sostanze fluorescenti. Quindi il sistema è costituito da: - Termociclatore (si inserito i campioni) - Sorgente laser (per eccitare i fluorofori) - Rilevatore ottico (serve per acquisire l’energia emessa) - Computer (gestisce il processo grazie a un software associato) In uscita si ottiene un grafico: ΔRn sull’asse Y (scala lineare) non è il valore di fluorescenza ma è un delta di fluorescenza normalizzato: si inseriscono i controlli negativi e positivi perchè ogni punto deve rispecchiare solamente la quantità e non altro. Ogni punto che viene riportato corrisponde a un ciclo di PCR. Bisogna amplificare ampliconi di dimensioni <200bp perché solo in questo modo la reazione 2nT è reale e con un’efficienza vicina al 100%. ES: amplicone di 200 e 500bp Se il saggio non è quantitativo non mi pongo il problema, ma e necessito di dati quantitativi devo rispettare la dimensione <200bp. Ci sono dei limiti legati al modo con cui si fa Real Time per cui non è possibile andare sotto una certa dimensione. Si devono usare dei fluorofori: • Coloranti intercalanti (ES: cyber green) che si legano a TUTTO il DNA (DNA ds). • Sonde a ibridazione che sono specifiche per i target di interesse. Queste sonde sono marcate con dei fluorofori. Questo nel contesto di una PCR con primer specifici che amplificano. 16 Alcuni fluorofori utilizzati sono: • Cyber green 1 • Sonde di ibridazione in cui oltre i primer ci sono 2 sonde specifiche per il target, ognuna delle quali è marcata con un fluoroforo, ciascuna con un fluoroforo diverso (introduco gradi diversi di specificità). Specificità: 2 oligo + 2 sonde che si annealano all’interno tra i 2 oligo usati per amplificare La specificità: - Quella del target è legata agli oligo usati per amplificare - Un cyber green si lega a tutto il DNA ds la sonda di idrolisi maggiormente utilizzata è la Taqman, in cui oltre ai primer ho un‘unica sonda la quale porta 2 fluorofori: - uno è un reporter - l’altro è un quencer Questa è una sonda è specifica per il target all’interno tra gli oligo ma che viene idrolizzata (l’idrolisi è legata all’attività eso 5’→3’ della Taqman) • Molecolar beacons La sonda si anneala sempre all’interno ed è specifica per il target, porta come la Taqman un reporter ad una estremità e un quencer all’altra. Quando non è annelata al target assume una struttura steam-loop. Non viene idrolizzata. Meno specifiche delle sonde a ibridazione ma più specifiche del cyber green: sono presenti 2 primer e una sonda con un fluoroforo solo. • Sonde scorpions Ha anch’essa un reporter e un quencer. Anch’essa ha una struttura steam-loop. Alla sonda è attaccato il primer della PCR: offre dei vantaggi per quanto riguarda specificità e sensibilità NB: - I cyber green è un intercalante - Tutte le altre sonde di idrolsi sono one labeled - Una sonda sola con 2 fluorofori sono dual labeled Tutte le sonde sono utilizzate perché sfruttano un fenomeno detto FRET (Fluorescence Resonance Resonance Transfer)→trasferimento di energia. ➢ CYBER GREEN: È un intercalante fluorescente aromatico policiclico. Si intercala nel solco minore del DNA ds in modo stechiometrico. Spettro di emissione e spettro di eccitazione: - Viene eccitato in blu a 488nm - Emette a 522nm 17 Anche l’etidio si lega in modo stechiometrico. Perché utilizzare SYBR al posto dell’etidio? Nel momento in cui ho bisogno di analizzare della fluorescenza che deve rispecchiare effettivamente la quantità del target necessito di specificità e deve rispecchiare effettivamente la quantità iniziale. ES: un gel intercalato con etidio. Non avrà una banda limpida e ben definita→c’è rumore di fondo (background di fondo). Dobbiamo avere qualcosa che abbia un background di fondo molto inferiore rispetto all’etidio. Mi interessa mettere a punto un sistema specifico ma anche il più sensibile possibile: che caratteristica deve avere per essere più sensibile? Tanto più emetterà la fluorescenza e tanto più sarà sensibile. Riguardo al background il SYBR ha un’emissione 200 volte maggiore rispetto all’etidio. Il tutto è gestito dai computer, il che significa che stabilisce l’operatore quando eccitare e quando rilevare: non eccito e rilevo il segnale durante tutta la fase ciclica. 1. Parto da DNA ds (anche se nell’immagine è solo 1) 2. Denaturo 3. Primer + templato + cyber green 4. Annealing 5. Nel momento di annealing del primer si è formato un ds. Il cyber green inizia a intercalarsi. Polimerizzazione. Man mano che procede la polimerizzaizone il cyber green si intercala 6. Denaturo 7. Il cyber green legato torna in soluzione Quando si eccita e quando si rileva? Alla fine della polimerizzazione. Questo per ogni ciclo eccito e rilevo il segnale, che sarà un segnale di fluorescenza proporzionale al double strand che si è formato (primo punto sul grafico). Denaturo nuovamente e tona tutto in soluzione, però il target iniziale è aumentato. Ricomincio il ciclo e alla fine della polimerizzazione eccito e rilevo (secondo punto), e così via fino ad ottenere la curva. Questo è un sistema molto utilizzato. Limiti: - Ha una bassa specificità, non di per sé ma se la confronto con altri sistemi: la specificità dipende dai primer della PCR. Se ho una miscela e i primer si annealano in modo efficiente ma anche ad un altro target, posso avere dei segnali scuri che non vedo sulla curva (non vedo che c’è un altro prodotto) gli oligo devono essere studiati bene. - Altro limite è che non posso analizzare contemporaneamente l’amplificazione di più target perché non li posso discriminare dato che il segnale in uscita è uno solo → non posso fare analisi multiple. È possibile però fare, e seve per vedere ad esempio se l’amplificato è quello reale o se ci sono amplificazioni non specifiche, quello che sono le curve di melting. 20 L’efficienza è legata alla distanza tra accettore e donatore (i 2 fluorofori). Avremo quindi 2 sonde una con il fluoroforo (donatore) e una con un altro fluoroforo (accettore). NB: quando i fluorofori si trovano alla distanza di Foster avrò effetto FRED→il primo viene eccitato e il secondo emette fluorescenza. I due fluorofori non sono visibili, però se si trovano alla distanza di Foster avrò emissione di fluorescenza visibile con il microscopio a fluorescenza. La FRET si usa per studiare le interazioni tra molecole: in presenza di un accettore e donatore, se interagiscono e si trovano alla distanza di Foster posso vedere la fluorescenza attraverso il microscopio a fluorescenza → buona risoluzione. Utilizzo di sonde: - One labeled - Dual labeled Dipende se sono presenti 1 o 2 fluorofori sulla stessa sonda. Tutte queste sonde hanno alla base l’effetto FRET. L’effetto FRED è caratterizzato da avere 1 fluoroforo donatore e 1 fluoroforo accettore, il requisito è che lo spettro di emissione del primo sia parzialmente sovrapponibile allo spettro del secondo. Se questi si trovano alla distanza di Foster posso avere l’effetto FRET per cui eccitando il primo ho trasferimento di energia al secondo che quindi viene eccitato e monitoro l’emissione del secondo. ➢ SONDE DI IBRIDAZIONE: Sono sonde one labeled: oltre ai primer ho 2 sonde specifiche per il target, che si ibridano all’interno della zona delimitata dai 2 primer. - Una sonda è marcata con un fluoroforo e funge da donatore - L’altra sonda è marcata con un altro fluoroforo e funge da accettore Quando sono in soluzione non ho alcun effetto FRET, ma quando si annealano al target ho effetto FRET e quindi se opportunamente eccitate potrò rilevare la fluorescenza del secondo. NB: Una sonda ha il fluoroforo in 3’ mentre l’altra sonda ha il fluoroforo in 5’, vengono studiate in modo tale da avere un’ibridazione testa-coda. Il fluoroforo di quella in 3’ deve andare vicino (distanza di Foster) al 5’ dell’altra. La lambda di eccitazione del secondo (accettore) è parzialmente sovrapponibile con lo spettro di emissione della prima sonda (donatore). 21 1. Denaturo il DNA ds e ho 3 primer in soluzione con la sonda 2. Abbasso la T 3. Ho l’annealing ma insieme all’annealing si devono ibridare le due sonde che a questo punto si troveranno nella situazione di poter avere l’effetto FRET. 4. Successivamente la T si alza ma quando si alza le due sonde si staccano e finiscono di nuovo in soluzione. 5. Ricomincio di nuovo il ciclo. Il tutto è impostato in modo tale che prima della polimerizzazione (dopo che si sono annealati primer e sonde) il sistema eccita il primo fluoroforo e rileva la fluorescenza del secondo. La fluorescenza è direttamente legata alla quantità di templato presente (e poi dell’amplificato). Se devo confrontare questo sistema con un cyber green chiaramente questo è più specifico perché oltre ai primer che danno la specificità al target ho anche 2 sonde specifiche per il target. Le sonde non vengono idrolizzate, quindi se voglio fare delle curve di melting alla fine del processo, potrò farlo. È un sistema che rispetto alla TaqMan è abbastanza flessibile come disegno delle probe, flessibile nella misura in cui mi devo spostare nelle 200bp: devono avere conformazione e distanza tale per cui restino legate dopo che si è annealato il primer. Posso fare, vista la specificità, delle analisi in multiplex controllando tutte le temperature: posso costruire sonde specifiche per i target, in cui posso mettere: - nella sonda donatore dei fluorofori che vengono eccitati alla stessa lunghezza d’onda - nella sonda accettore che avrà lo spettro di eccitazione parzialmente sovrapposto a quello donatore emetterà a lunghezze d’onda diverse così che io possa vedere n fluorescenze diverse ➢ TAQMAN: - Sempre presente effetto FRET - Donatore e accettore L’accettore se posto alla distanza di Foster non emette fluorescenza ma funziona da quencer (quencha il segnale)→eccito il donatore (reporter), sono alla distazna di Foster: ho il trasferimento di energia ma non ho emissione di fluorescenza perché quencho il segnale in quanto l’energia non viene emessa come fluorescenza ma come calore. Se alla distanza di Foster eccitando il primo fluoroforo non ho emissione di fluorescenza, quando non sono più vicini tra loro (oltre la distanza di Foster) avrò emissione di fluorescenza del primo. Ho quindi: - 1 sola sonda - 1 reporter (in 5’) - 1 quencer (in 3’) In questo modo ho una sonda che quando è linearizzata il segnale è quenchato. Quando allontano reporter da quencer avrò emissione di fluorescenza. Su questo principio sono costruite le sonde TaqMan: - Sono dual labeled - Sempre complementari alla zona all’interno dei due primer (specifica per il target) - porta il reporter in 5’ e quencer in 3’ 22 il 3’ (3-OH) ha un blocker (3-OH modificato in modo tale che non possa essere esteso), viene fatto per impedire che la polimerasi utilizza il 3-OH come innesco per la polimerizzazione. La polimerasi che viene utilizzata è la TaqMan, la quale oltre all’attività di polimerizzazione 5’→3’ ha anche attività di nick translation (attività eso 5’→3’). Quindi oltre a formare legami fosfodiesterici se si trova davanti un’altra elica va a idrolizzare via via un nucleotide per volta. 1. Ho il primer 2. La probe si anneala al 5’ 3. Polimerizzazione dal 3’ come innesco 4. La polimerasi incontra la sonda 5. Stacca il primo nucleotide in 5’ (reporter)→c’è effetto FRET 6. La sonda va in soluzione → non ho più l’effetto FRET 7. Termina la polimerizzazione La sonda è in soluzione e in soluzione una molecola single strand può assumere diverse conformazioni, alcune delle quali potranno portare i due elementi (R e Q) alla distanza di Foster mentre altre li tengono lontani. La sonda deve rimanere annealata appena inizia la polimerizzazione perchè la Taq appena inizia si trova davanti la sonda, stacca il primo nucleotide e non ho più l’effetto FRET. NB: la sonda viene idrolizzata dopo ogni ciclo, quindi non è possibile realizzare curve di melting. Quando eccito e quando rilevo il segnale? Appena inizia la polimerizzazione (studio appositamente la sonda vicino al primer). Ho bloccato il 3-OH perché la Taq deve allungare dal primer, altrimenti vedrebbe la sonda come primer. NB: la T della sonda non può essere di 72-74°C perché dipende dalla lunghezza del contenuto. →compromesso L’annealing della sonda e del primer devono avvenire alla stessa temperatura. Questo avrà ripercussione non sulla specificità ma sull’efficienza (la TaqMan non è all’optimum quindi sarà meno efficiente). Il sistema viene messo a punto con concentrazioni di magnesio. Quindi se confronto la TaqMan è meno efficiente e meno flessibile. Però mi permette di fare multiplex perché posso usare più sonde TaqMan: posso avere n reporter che vengono eccitati alla stessa lunghezza d’onda ma emetteranno con lunghezze d’onda diverse. È meno problematico avere 1 sonda per 2 target che 2 sonde per ogni target, anche se confrontando 2 sonde e 1 sonda, quella con 2 sonde è più specifica. 25 A cosa serve il blocker? Se non lo metto si copierebbe la sonda, cosa che non deve avvenire però io voglio copiare il templato non la sonda. Anche con questa tecnica posso fare analisi in multiplex. Queste analisi mi danno dei vantaggi: - Stessa provetta - Meno reagenti - Meno campione - Minimizzati gli errori sperimentali Svantaggi: - Devo realizzare le condizioni di reazione ottimali (se non sono ottimali ho una bassa efficienza) Confronto le curve di Real Time che ottengo, con la stessa quantità di templato, dopo aver sottratto tutti i background di fondo: Quindi lo scorpion è un sistema più sensibile ed efficiente, il problema è il costo delle sonde. Per il rapporto costi/benefici si preferisce la TaqMan. APPLICAZIONI REAL TIME PCR: L’applicazione della Real Time è di tipo quantitativo. La quantizzazione può essere: • Relativa: più esatta, serve per vedere se ci sono delle differenze nei livelli di espressione di acidi nucleici, dove il livello di espressione viene confrontato con l’espressione di un gene di riferimento (gene housekeeping che non varia nelle condizioni che stimo utilizzando o RNA ribosomiale) • Assoluta: serve per determinare il numero di copie o la concentrazione di molecole di acido nucleico presente nel campione. Questa quantizzazione richiede che venga costruita una curva standard di fluorescenza di calibrazione, che sarà di RNA o DNA. Serve per: - Controllo qualità - Quantizzare patogeni In uscita appare, in funzione dei cicli, un grafico dove ogni punto corrisponde ad un valore di fluorescenza relativo ad ogni ciclo. Quello che è riportato sul grafico non è in realtà una fluorescenza, ma è la fluorescenza del reporter normalizzata: stiamo facendo valutazioni quantitative e dobbiamo metterci nelle condizioni sperimentali nelle quali alla fine siamo sicuro che il valore di fluorescenza in uscita è indice della quantità iniziale, dobbiamo eliminare ciò che può influenzare il dato (rumore di fondo), inoltre dobbiamo essere sicuri che non ci siano variazioni nel sistema di eccitazione. Vengono quindi effettuati, oltre al mio campione anche dei controlli interni. Metto a punto una reazione in cui ho tutti gli ingredienti tranne il templato permettendomi di valutare il rumore di fondo dovuto alla metodica (ES: rumore dato dai fluorofori che sto utilizzando). L’intensità di fluorescenza del reporter che la fluorescenza del campione senza il templato vengono normalizzati e vengono normalizzati rispetto al segnale dato da un fluoroforo che non partecipa alla reazione, il cui segnale non dovrebbe variare durante tutta a PCR (dato che non partecipa alla PCR). Questo mi serve 26 per vedere che non ci siano variazioni nel sistema di eccitazione. Per cui ogni valore viene normalizzato rispetto al controllo interno passivo. Quindi si calcola: - RN+ che è il rapporto tra l’intensità di fluorescenza dato dal campione (reporter) diviso il segnale dato dal controllo passivo. - RN- che è uguale a Rn+ ma senza templato C’è una fluorescenza normalizzata del reporter Rn+ e una fluorescenza normalizzata senza templato RN-. In genere si va a valutare il ΔRn, ossia l’incremento. Altra cosa che compare è un threshold (soglia) interpolata con la curva Rn+ ottenendo CT (ciclo soglia: ciclo a cui corrisponde un certo valore di fluorescenza soglia). Il threshold viene disegnata dall’operatore in modo arbitrario secondo alcune regole. In base alla soglia che permette di calcolare CT, perché utilizzando i cicli soglia è possibile fare le quantizzazioni (sia assolute che relative). La Real Time esamina la quantità di prodotto amplificato ad ogni ciclo in base alla fluorescenza emessa da uno specifico marcatore. Il primo aumento significativo nell’ammontare del prodotto di PCR viene correlato all’ammontare iniziale del templato. Quindi utilizzo il CT per determinare la quantità iniziale di templato. Il ciclo soglia CT è il punto della reazione di amplificazione al qual il livello di fluorescenza supera una soglia prestabilita sopra il segnale di background (non è un segnale di fluorescenza normale ma è la soglia sopra il background). NB: dobbiamo lavorare nella fase esponenziale. In fase esponenziale dove avremo dati più precisi? Tanto più siamo vicini alla sensibilità dello strumento e tanto il valore sarà più preciso. Quello che viene fatto è: 1- calcolare i primi valori di fluorescenza 2- calcolare la deviazione standard media 3- il valore viene moltiplicato x2 o x3 4- trovo un valore di fluorescenza che cade sicuramente nella fase esponenziale della curva e mi permette di tracciare quella che è la soglia (parallela all’asse X) tutte le curve dei miei campioni che ottengo incroceranno la soglia sempre nella fase esponenziale. 27 Questa rappresentazione non è però utile a definire qual è il ciclo soglia→ciclo al quale viene raggiunto il valore di fluorescenza soglia (questo valore di fluorescenza soglia sarà uguale per tutte le curve ma viene raggiunto a cicli diversi in funzione della quantità iniziale secondo 2nT). →maggiore è la quantità e più piccolo sarà il CT (stesso valore di fluorescenza soglia) Non lavoro su una rappresentazione lineare ma una rappresentazione logaritmica. Stabilisco la fluorescenza che voglio utilizzare e stabilisco la soglia, per cui per tutti i campioni il computer stabilisce il numero di cicli in cui la fluorescenza incrocia la linea della soglia: il punto è il valore del ciclo soglia. Tanto maggiore è la diluizione tanti più cicli saranno necessari per raggiungere lo stesso valore di fluorescenza. Perché si sta bassi e non a metà? A metà aumenta la probabilità che per campioni diluiti non siano più nella fase esponenziale ma che l’abbiano superata. Quantificazione: ci sono 2 tipologie di quantizzazione: - Assoluta: devo costruirmi una curva standard che sarà costruita considerando quantità contro cicli soglia - Relativa: più complessa, prevede che si confrontino i cicli soglia. Anche in questo caso ho bisogno un controllo interno che so non variare (di cui dovrò calcolare il ciclo soglia→metodica di cicli soglia comparativi). Dopo aver normalizzato posso confrontarli con un campione di riferimento (punto 1 – calibratore). ➢ ASSOLUTA: Devo costruire una curva standard, quindi devo avere un campione che deve essere identico al mio target che ho in qualche modo: - Sintetizzato - Clonato e purificato - Retro trascritto Costruisco esattamente un campione identico che però posso dosare allo spettrofotometro, in modo tale da sapere la quantità (è puro): passo attraverso reazioni di amplificazione quindi devo avere efficienze del 100%. Di questo campione noto identico faccio una serie di diluizioni (diluizioni seriali, conoscendo la quantità) e faccio partire delle Real Time (in triplicato con controlli). In uscita ottengo n curve relative ad ogni diluizione-quantità. Ho stabilito la soglia che interseca tutte le curve nella fase esponenziale e il software mi calcola il CT relativo. Quindi se riporto i cicli soglia in funzione del logaritmo della quantità ottengo una retta che quindi mi dice che esiste una correlazione: il CT è inversamente proporzionale al logaritmo delle copie iniziali. In una retta è possibile calcolare: - Coefficiente di correlazione (R) - Pendenza (m), coefficiente angolare, che permette di calcolare l’efficienza - Intercetta sulle Y, questa mi consente di avere informazioni sulla sensibilità (indica il numero di cicli necessari per ottenere fluorescenza con una copia → log 0=1) Quindi ci si costruisce una retta di calibrazione vedendo efficienza, pendenza e sensibilità. Voglio conoscere la quantità del campione da amplificare: anche di questo possono essere fatte diluizioni seriali (ES: 1:10), Real Time nelle medesime condizioni del DNA usato per costruire la retta. Ottengo quindi una retta e i CT relativi in uscita. 30 Quanto varia l’espressione tra fegato e cervello? In uscita ci sono i CT relativi. ΔCT cervello = 32 - 14 ΔCT fegato = 28 – 16 ΔΔCT = 12 – 18 = -6 2- ΔΔCT = 26 = 64 Il target è espresso 64 volte di più nel fegato rispetto al cervello. Questo viene rappresentato con un istogramma a barre dove il calibratore viene messo =1 e l’altro viene espresso rispetto a 1. VANTAGGI DELLA REAL TIME PCR: - Relazione quantitativa tra l’ammontare del templato iniziale e l’ammontare del prodotto di PCR nella fase esponenziale (questo perché stiamo amplificando rammenti di dimensioni trascinabili) - Permette di seguire tutta la cinetica di amplificazione - Rispetto ad altre metodiche è altamente sensibili e altamente specifica, con diverse specificità in funzione della metodica e del fluoroforo - Tutto il processo non richiede molti passaggi manuali: si fa una retro trascrizione in uscita si hanno grafici e valori - La durata non è elevata, ma dipende comunque dal numero di campioni che si stanno analizzando - Richiesta di poco templato - I costi dipendono dalla metodica utilizzata APPICAZIONI: - Qualora si voglia conoscere la sequenza di un acido nucleico - Quantificazione virale - Quantificazione dell’espressione genica - Efficacia di una terapia farmacologica - Misura dei danni al DNA - Controllo di qualità - Detenzione di patogeni - Genotyping - Controllo degli OGM - MRD MRD: minimal residual disease vista la sensibilità della tecnica permette di determinare la quota residua di cellule neoplastiche non eradicate dalla terapia di induzione della remissione o dalle successive misure terapeutiche. Tali elementi neoplastici sono presenti ad un livello inferiore alla capacità di rivelazione delle metodiche convenzionali, sono in grado di espandersi e dare origine alla recidiva. MICROARRAY Le metodiche complementari ala Real Time sono tecniche che permettono di analizzare lo spettro di tutti i trascritti. Sono metodiche che permettono di analizzare un maggiore numero di target rispetto ad una Real Time ma sono meno sensibili (non tanto legato all’amplificazione ma è difficile andare a modulare le condizioni in cui il target e la sonda si incontrano). Il trascrittoma comprende qualunque molecola di RNA che troviamo in una cellula: - rRNA 85% (ci sono metodiche usate per il loro studio, diverse dagli array) - mRNA 5% - tRNA 15% 31 Per trascrittoma non si intendono solamente messaggeri ma tutte le molecole di RNA, rappresentati in percentuale in modo diverso. In un campione troviamo rRNA sono la maggioranza in cellula ma ci sono anche mRNA a basso a numero (frazione infinitesima del totale). Molto più spesso le categorie su cui si indaga sono tRNA. Dire che faccio analisi di trascrittomica non implica analizzare sono mRNA. Dobbiamo disporre di una metodica in grado di analizzarli tutti: scala di probe indipendenti (migliaia) e metodiche basate su ibridazione inversa. I primi approcci ottenuti si basavano su gocce di probe immobilizzate. Si passa poi per un sistema di deposizione di gocce raggiungendo una densità di migliaia di probe. La maggiore densità che permette di approcciare sia genomi piccoli che l’intro genoma umano con la metodica di sintesi delle probe con stampa diretta sul vetrino. La tecnologia dei microarray è basata sull’ibridazione di miscele complesse di cDNA marcati, corrispondenti a geni specifici, immobilizzate su array ad alta densità su superfici miniaturizzate. Proprietà: - Elevata sensibilità - Possibilità di condurre screening su migliaia di geni in parallelo - Opportunità di operare con quantità di materiale limitate Andando a definire le caratteristiche di un approccio basato su microarray, utilizziamo: - Target non univocamente rappresentativi di solo 1 messaggero ma una miscela complessa che li rappresenta potenzialmente tutti - Probe immobilizzata - Sistema di dimensioni piccole (1cm2) Una piccola quantità di reagente consente di fare un’analisi globale. Tipologie di microarrays: - Piccoli oligo prodotti fotolitograficamente (20-25bp) - Spotted glass slide cDNA (500-1000bp) - Spotted nylon cDNA (500-1000bp) - Spotted glass slide oligo (70bp) Per sensibilità è altissima in termini di quantità rilevate. In parallelo si vede su un chip ad esempio tutto il trascrittoma di lievito contenuto. Costruzione degli arrays (chip): cosa serve? - Alta densità di probe - Riproducibilità e precisione - Stabilità del legame tra probe e supporto (il legame non deve interferire con l’ibridazione) Le metodologie che consentono di raggiungere questi obiettivi sono 2: - Per sintesi diretta di oligonucleotidi sulla superficie (Gene Chip): dalla matrice si costruisce il supporto e si ottengono covalentemente legati gli oligonucleotidi alla matrice (gli oligonucleotidi sono rappresentativi di ogni gene e del genoma) - Disporre su un vetrino opportunamente trattato delle micro gocce (DNA micro dispensing). Non basta deporle in quanto il vetro non dà stabilità, servono quindi dei legami covalenti per statizzare per tutto il processo l’interazione probe-supporto Affymetrics: - Probe corte (20-25bp) 32 - Vetrini sui quali sono stati immobilizzati dei cDNA (500-1000bp - in funzione della lunghezza del trascritto) GENE CHIP: Si basa sul principio della fotolitografia. FOTOLITOGRAFIA→è una stampa guidata dalla luce Il punto di partenza sono dei linker protetti da gruppi fotolabili tra il vetrino e ciò che si vuole sintetizzare (si deve attaccare un oligo al vetro). Vengono attivati con alta specificità mediante esposizione a luce diretta da maschere secondo schemi prefissati. Il linker deve essere un gruppo chimico che mi permetta di sintetizzare un oligo: il gruppo funzionale ideale per iniziale la sintesi è OH (ossidrile). Su ogni punto del vetro a partire da ogni OH voglio una sequenza e devo conoscere in che punto del vetro si trovi (si deve indicizzare). Deve essere sintetizzata ogni probe rappresentativa di quel gene a partire dall’OH. Non posso aggiungere sequenzialmente i nucleotidi ma devo differenziare un’area da quella accanto. L’idea è di utilizzare dei bloccati sugli OH: se arriva il raggio laser uno viene sbloccato e lavoro su quello. →è un sistema che attiva in modo selettivo le posizioni di interesse (ci sono delle maschere che lasciano passare la luce solo dalla posizione di interesse) Giocando su una serie di maschere sovrapposte posso ottenere sequenze specifiche: la base aggiunta si lega solo dove la voglio. →ottengo >250.000 sonde diverse La frequenza con cui sulla superficie trovo gli OH è altissima. In realtà non si sfrutta il vetro ma si sfrutta qualcosa che di natura ha tanti OH. Utilizzando qualcosa di cristallino avrò una disposizione egli atomi più ordinata e compatta, avendo una superfice con un legame si e uno no che espone OH. Il materiale ideale è una struttura perfettamente regolare che ha sulla superficie gruppi OH→silicato. Per ogni silicato nel cristallo, posso far esporre 1 OH. Avrò quindi un cristallo che con un passo regolare e alta densità mi permette di ancorare li oligo. Si parte da un supporto e con cicli di luce e non luce si possono costruire probe di 25bp, diverse in funzione delle aree in cui si trovano. Questo permette di: - Analizzare più target in parallelo - Determinare le quantità Il fatto di avere probe di 25bp può essere un vantaggio e uno svantaggio: 35 Perché si deve passare da cDNA a cRNA? Quando si passa da cDNA a cRNA si fa un’amplificazione per aumentare la sensibilità. Se i messaggeri e la sonda sono in quantità equimolari, la probabilità che un mRNA raro riesca a ibridarsi con la probe è minore. Quindi si preferisce avere una quantità maggiore di mRNA per favorire l’ibridazione di quelli che sono più rari. Con l’amplificazione aumentiamo la sensibilità senza rischiare di arrivare a saturazione. Le probe sono di 25 nucleotidi; devo mettermi nelle condizioni che portano avere degli appaiamenti stabili. Infatti, non avrò mai dei cRNA di 25 nucleotidi per cui devo fare una frammentazione casuale: lo scopo è quello di ottenere frammenti di cRNA con una dimensione compresa tra 50-100 nucleotidi (=il frammento non può essere più lungo di tre volte la probe). La frammentazione viene condotta in condizioni blande utilizzando un tampone leggermente basico: si porta il pH a 11 unità. Questo rende le dimensioni probe-target più compatibili. Inoltre, nel momento in cui faccio frammentazione vado nuovamente ad aumentare la sensibilità. A questo punto possiamo andare sul Chip. Questa metodica è indiretta per cui dopo l’ibridazione dobbiamo fare il rilevamento. L’ibridazione viene condotta in condizioni medie perché sto lavorando su una popolazione varia di trascrittoma. Dato che la marcatura è stata fatta con biotina, per avere un’emissione leggibile si utilizza un sistema di binding specifico: streptavidina-biotina; la streptavidina viene marcata con un fluorocromo. A questo punto, siamo in grado di eccitare il fluorocromo e andiamo a fare una scansione della superficie del chip. Dove c’è il fluorocromo abbiamo un segnale e la sua intensità dipende dalle quantità di fluorocromo legato al chip. La tipologia di segnale è una sola. Alla fine con un sistema di scansione confocale osserviamo un’immagine. Ogni gene corrisponde a una stringa di fluorescenza. Che cos’è un microscopio confocale? L’emissione di fluorescenza che si osserva è la somma di più piani sovrapposti, cioè di segnali diversi. Quindi, attribuire il segnale in questo modo vuol dire attribuire una somma di emissione a una cella: è scorretto. Il confocale ci consente di isolare la fluorescenza di un unico piano eliminando i tutti i fenomeni ottici che mi 36 possono “sporcare” il segnale. Alla fine, ciò che otteniamo è un’immagine fluorescente che dobbiamo convertire in numeri. Noi abbiamo parlato di un campione di RNA totale ma quello che noi stiamo facendo è un’analisi relativa con un chip per ogni cRNA che deriva dal RNA totale. Quindi se ho due target ho due chip: ogni campione viene trattato su un proprio array (→ questo giustifica anche l’uso di una marcatura univoca). Se i target sono due ottengo due immagini dall’analisi al microscopio confocale che devo convertire in numeri. DNA micro dispensing: Sul supporto bisogna mettere dei cDNA che sono rappresentativi del genoma di partenza. Si dispongono delle micro-gocce in maniera ordinata; queste micro-gocce vengono preparate in modo tale che ogni goccia contenga un singolo cDNA. Come supporto si utilizza un vitro da microscopia (non è un cristallo) che consenta un’immobilizzazione stabile della probe. Il vetro è una basta raffreddata per cui di per sé non ha una struttura adatta a dare cross- linking per cui utilizziamo un vetro rivestito da polilisina. Perché usa la polilisina? Perché c’è un gruppo amminico che reagisce con il cDNA che porta un 5-P → la reazione porta alla formazione di una fosfoammide stabile. Il sistema che utilizziamo ci dà poco background di fondo per cui possiamo utilizzare meno probe. Le probe sono legate covalentemente e gli array hanno una densità di 2500 spot per cm2. Con questa metodologia non abbiamo più il vincolo della sintesi diretta per cui: - Utiliziamo cDNA di circa 500 bp - Non è richiesto conoscere il genoma di partenza Questo rende la metodica meno costosa. Per prima cosa dobbiamo mette in ogni gocciolina un singolo cDNA. Per ottenere del cDNA parto dall’RNA totale, faccio retrotrascrizione dei messaggeri, RNAsi H e polimerizzazione dell’altro strand→ otteniamo una miscela di cDNA ds ma come faccio ad ordinarle singole goccioline? Per rispondere a questa domanda ricordiamo come vengono organizzate le library a cDNA. Si usa coli come organismo ospite del vettore che porta il cDNA: dopo la trasfromazione, le cellule vengono piastrate su un terreno selettivo. In ogni clone ho un solo cDNA e ogni clone viene piastrato su una piastra diversa. Da ogni piastra prelevo un clone e lo metto in una provetta: ottengo n provette che rappresentano n cloni cib n tipi di cDNA. A questo punto, sul vetrino metto i cloni: ad ogni clone vado ad assegnare una posizione. Per poter lisare le cellule le porto a 70°C: denaturazione del vettore. Successivamente ibrido: il fatto che il cDNA sia in un vettore circolato non è influente nell’ibridazione. Il legame al supporto avviene con il fosfato al 5’: se pensiamo alla struttura circolare del vettore non c’è un 5’-P libero. In realtà non è così: il nucleotide porta tre gruppi fosfato ed è sufficiente un gruppo libero per formare il legame fosfoammidico tra il fosfato e l’ammide. Il punto di partenza è l’RNA totale. Gli mRNA di mio interesse sono due: - mRNA1 - mRNA2 Se, invece, il punto di partenza è l’mRNA devo purificare. Nello step successivo (trascrittasi inversa + oligo-dT) uso un deossinucleotidi che incorpora la cianina (fluorocromo) per ottenere direttamente un cDNA che, essendo stato sintetizzato con un nucleotide modificato, sarà marcato. Quindi, ottengo due cDNA ognuno marcato in maniera diversa: - cDNA1 ss - cDNA2 ss Questi due cDNA vengono messi insieme su un unico array (nel caso prima era un chip per ogni templato) e faccio ibridazione e scansione. 37 A differenza della tecnica gene chip: - Non abbiamo fatto un passaggio di amplificazione - Ho DNA ds per cui non è importante il filamento senso o non-senso - Ho un pool di cDNA sull’array dato che ogni cDNA è marcato con fluorocromi diversi - La marcatura è diretta con cianine che emettono diversamente: una nel verde e l’altra nel rosso → ho due segnali di colori diversi sovrapposti: in funzione di quale colore prevale possono avere segnali diversi. o Marrone o Verde o Rosso o Marroncino chiaro o Giallo acrilico I cDNA competono per la stessa sonda: il segnale in uscita dipende dalle quantità dei cDNA che competono per la stessa probe. Il punto di partenza del gene chip è conoscere la sequenza del genoma: in funzione della sequenza costruiamo oligo su chip. Dall’altra parte non conosciamo la sequenza e si costruisce una banca a cDNA e dalla banca vengono ordinati i cDNA su un supporto ottenendo densità di probe completamente diverse. I target sono cDNA single stand marcati con le cianine. Se abbiamo 2 campioni i cDNA target marcati sono targettati con due cianine diverse: non si fanno ibridazioni con 2 array ma con 1 solo, su cui vengono messe in quantità equimolare cianina 3 e cianina 5 insieme. Il risultato sarà un segnale di fluorescenza dovuto a competizioni tra cDNA marcati 3 e 5 rispetto alla probe. C’è quindi una scelta di fluorocromi che ci permettono di avere dati quantitativi. La frequenza di emissione non deve essere un fattore limitante. Foto bleaching: alla seconda emissione il fluorocromo non emette più in modo quantitativo. Si fanno n acquisizioni→non deve avvenire il foro bleaching. La marcatura rispecchia la marcatura strutturalmente utilizzata con la biotina. Sulla base si utilizza un gruppo che non va ad alterare l’interazione target-probe. Speacer. Marcatura più rilevante della biotina: abbiamo un gruppo aromatico, essenziale per avere le caratteristiche del fluorocromo, che però può avere delle conseguenze sul sistema: una struttura policiclica di questo tipo richiama ad un intercalante, quindi in questa tipologia la possiamo utilizzare perché i target sono cDNA ss che vanno contro a cDNA immobilizzati (non siamo nella condizione di cRNA e oligo di 25bp→difficilmente compatibile in questo caso la struttura di un intercalante). L’intercalante si interpone tra coppie di basi complementari e questo va a distorcere la struttura locale dell’appaiamento. Se considero 500bp del cDNA complementari a 500bp dell’array, la distorsione ha influenza minore rispetto alla distorsione su 25bp (non avrei più appaiamento). Potrei usare la biotina, ma perché non la uso? Se li ho marcati tutti con la biotina non so a chi attribuire il segnale. 40 Analisi dei segnali dopo ibridazione dei microarrays: le analisi sono in questo caso assolute, non relative. →c’è il profilo trascrizionale di quel campione. I dati vengono analizzati da un software che prevede 2 diversi tipi di analisi: 1- ANALISI ASSOLUTA: determina se i trascritti rappresentati sul vetrino sono presenti e rilevabili nei campioni analizzati, assegna inoltre un valore scalare di intensità del segnale 2- ANALISI COMPARATIVA: determina i cambiamenti di espressione genica tra campioni di riferimento (ES: tessuto sano) e campioni sperimentali (ES: tessuto malato) La prima problematica: se 20 oligo esprimono un gene, non mi accontento di pochi oligo per un paziente. ANALISI ASSOLUTA: Determina se i trascritti rappresentati sul vetrino sono presenti e rilevabili nei campioni utilizzati. Si calcolano dei parametri che definiscono se un trascritto presente nel campione è: - P: presente - M: marginale - A: assente Quando avremo una fotografia della regione del chip dobbiamo essere in grado di capire se il segnale è buono o se è frutto di una ibridazione casuale. Nell’analisi assolta bisogna essere sicuri che vengono mantenute: - Rappresentatività del singolo gene - Specificità dell’oligo Avremo quindi 1 segnale corrispondente all’area di un oligo e il segnale dell’oligo mismatch di controllo. Per un gene la probe-set prevedere che il confronto si ripeta su tutti e 20 gli oligo. Cosa ne faccio della foto che mi ha restituito il computer? Non lavoro su intensità media ma lavoro a coppie di segnali: oligo + controllo (base centrale mutata: mi permette di valutare la bontà dell’appaiamento. Ogni gene viene valutato considerando 20 copie. Avrò un numero che esprime la fluorescenza attribuibile all’oligo complementare al target e un numero indicativo del controllo con la mutazione. Le confronto e il software mi dice quale segnale prevale. Le due situazioni saranno di avere: - Probe positive - Probe negative NB: fatto per tutti i geni A cosa mi servono questi numeri? Per rispettare la rappresentatività di tutto il gene se conto quante volte il segnale buono rispetto al segnale scorretto posso mettere una soglia per cui su tutto il gene c’è un valore corretto→quante volte su 20 il segnale è buono? ES: se solo 1 volta, non è rappresentativo Devo quindi definire quante volte è positivo sul totale e quante volte l’intensità è sopra al minimo→quante volte il segnale è buono e quante volte l’intensità è significativamente superiore. 41 Tutto viene trattato da algoritmi, ma l’idea è di avere un chip dove non c’è solo 1 segnale per ogni gene: dobbiamo metterci nelle condizioni di poterlo trattare (possiamo prendere questa cautela). Alla fine, il profilo assoluto dice che per quel campione sono presenti X geni. Il valore di fluorescenza che viene attribuito non è uguale alla Real Time assoluta, mi dice solo i geni che hanno una fluorescenza più alta o più bassa. Dalla fluorescenza otteniamo il campione di geni trascritti. L’altra metodica può dare lo stesso tipo di dato? Ogni volta che per una problematica sperimentale mi serve avere un profilo globale del campione, si deve ricorrere ai Gene Chip. Se devo sapere la fotografia trascrizionale di quel campione con trascritti più o meno intensi devo usare questa tecnica. ANALISI COMPARATIVA: Consente di prendere un campione di riferimento e un campione di confronto, questo potrà avere messaggeri: - Più espressi (I) - Meno espressi (D) - No change (NC) Dobbiamo quindi arrivare dall’analisi assoluta a dei confronti comparativi, con dati numerici in uscita confrontabili con l’altro sistema o con la Real Time. Posso prendere i numeri appena ottenuti e utilizzarli in una funzione come la precedente? No, sono due esperimenti diversi. Per poterli confrontare mi serve qualcosa per normalizzare. Può essere che sul chip siano state messe quantità diverse di DNA frammentato, ma se la situazione ideale è di aver confrontato le stesse quantità, le due fluorescenze per essere confrontabili devono essere uguali. Il software darà come risultato uno splittato: la somma della fluorescenza del chip 1 e de chip 2 dovrebbe essere la stessa. Sperimentalmente questo è difficile che accada, quindi per confrontarli: ne prendo uno di riferimento, l’altro è superiore di pochissimo: se definiscono il rapporto il coefficiente sarà di circa 1 → normalizzazione dei dati rispetto alla fluorescenza totale. Vado a misure la fluorescenza totale del campione A (cRNA A) e anche la fluorescenza totale del campione B (cRNA B). Assumo che a quantità paragonabili di target corrisponda una fluorescenza totale paragonabile ES: Ftot A = 1 e Ftot B=1,5. Se moltiplico ogni celletta 1x1,5 è come se avessi trovato la stessa fluorescenza tot caricando la stessa quantità di campione. Come confronto i dati dopo aver normalizzato? Ho dei profili assoluti confrontabili. Nello stesso gene effettuo il confronto 20 volte, se 20 volte succede la stessa cosa il segnale più forte è del chip B. Se prevale significativamente questa situazione è diminuito in B rispetto ad A. Posso avere 3 categorie di probe: - Con segnale incrementato - Con segnale diminuito - No change 42 Viste in quante situazioni, in termini di singole cellule, uno prevale sull’altro, il software compila una categorizzazione considerano: - Incrementi - Incrementi marginali - Decrementi - Decrementi marginali - No change Come vengono espressi? Si esprimono come fold change: numero di volte pe cui il messaggero è cambiato rispetto al riferimento. - Fold change con segno + → incremento - Fold change con segno - → decremento - Fold change con valore 1→no change -2 < fold change < 2 Gli aumenti crescono da 2 a salire. Le diminuzioni scendono da -2 fino a valore sempre più grandi negativi. Il segno è indicativo del cambiamento, il numero è indicativo di “quante volte”. Il no change è rappresentato dal valore 1, quel valore 1 che nell’analisi assoluta era l’argomento del logaritmo. Per comodità di trattazione dei dati si sceglie di avere numeri crescenti, con numeri che crescono dal raddoppio fino a salire e le diminuzioni da -2 a numeri sempre più grandi. →segno: indicativo del cambiamento →numero assoluto: quanto cambia Il rapporto non si fa per tutte e 20 le caselle, ma in qualche modo complesso i dati vengono integrati e il numero che viene fuori esprime la variazione. Il fold change dice in automatico il rapporto di abbondanza tra A e B, senza segni di logaritmo o esponenziali. Quindi: - Numero di geni: gli array mi permettono di analizzare in parallelo un alto numero di geni, cosa non praticabile con Real Time - Numero di campioni: sugli array è impensabile lavorare su una scala di 100 campioni (uscirebbero troppi risultati), quindi è più vantaggiosa la Real Time perché sono processabili centinaia di campioni - Sensibilità: se intendiamo per sensibilità quanto il valore che descrive le variazioni è preciso, gli array in generale hanno una sensibilità media e ciò vuol dire che non stimano in modo preciso l’ampiezza delle differenze, cosa che con la Real Time viene fatta con precisione. Un profilo trascrizionale differenziato fatto con array può essere facilmente validato per i geni più rilevanti attraverso la Real Time. Analisi gene chip o con array in uscita portano ad avere dati in Excell con dei numeri, di cui in funzione che ci sia analisi Gene Chip o Array saranno diversi ma che dicono: no change, up regolati o down regolati. Nel gene chip oltre ai numeri, conoscendo il genoma e avendo 1 a 1 messo sul chip il gene corrispondente, ottengo anche il nome de gene corrispondente. Non avviene invece con gli array. Cosa si fa allora? Si deve sequenziare quello corrispondente. Dopo che si ha la sequenza si sfruttano le banche dati per fare dei confronti: si riesce quindi a risalire al nome. Ora abbiamo un elevato numero di dati, si devono analizzare. Si devono infatti stabilire dei criteri, ci sono delle categorie funzionali: - Gene metabolici - Geni coinvolti nella sintesi del DNA - Geni coinvolti nel riparo 45 È necessario che il referto sia corretto, quindi serve un rigore assoluto. Questo sarà applicato non sono nel gruppo di pazienti che partecipano alo studio, ma in qualunque laboratorio ospedaliero: deve valere sempre. Con questa premessa quale metodologia è la migliore? Gene Chip, con questa metodica posso ottenere il profilo trascrizionale assoluto, non ottenibile con il micro dispencing. In questo caso mi serve il profilo trascrizionale assoluto perché non ho alcun campione sano con cui confrontare: devo poter dire senza confronto il rischio di recidiva (il differenziale dice poco). Devo mettere insieme dei confronti per arrivare ad una lista di possibili candidati. Abbiamo cellule tumorali. Il primo confronto potrebbe essere tra un tumore recidivante (preso dalla banca) e uno non recidivante. Basta per dare un referto sicuro? Se confronto due tumori che aggrediscono lo stesso tessuto, ma che hanno un’evoluzione diversa, probabilmente sono gli adattamenti di diversi processi biologici che concorrono all’evoluzione differenziale: quelli che sono causa mi interessano ma quelli che sono effetto sono meno importanti dal punto di vista della generazione della recidiva. Se ci sono cellule invasive, cellule che migrano, cellule che non sono attivamente proliferanti ecc… hanno una certa pericolosità, non elevata, ma può esser che sfugga a trattamenti con radiazioni o chemioterapici e che quindi mi origini la recidiva → non basta un primo confronto. Il secondo confronto che può essere utile è quello delle cellule staminali. - Ho la massa tumorale primaria - Ho cellule tumorali che possono essere eliminate con una adeguata terapia - Ho una cellula staminale che è in grado di migrare attraverso il torrente circolatorio e quindi fugge ai trattamenti. Può dare origine a recidiva in quanto possiede la capacità di differenziarsi→ricrea la massa Le caratteristiche che ha questa cellula legate al rischio di recidiva, da quale confronto riesco a farle emergere? Con chi posso confrontare una staminale tumorale per differenziare i geni coinvolti nel differenziamento? La confronto con cellule staminali sane. Il secondo confronto è quindi tra cellula staminale tumorale e cellula staminale sana. Sono stati definiti i target. Che probe mettiamo sul primo e sul secondo chip? Fermo restando che tra le probe deve esserci sempre quella di interesse (altrimenti non posso sapere se un gene è up o down regolato). Al di là del numero di chiamate, l’ideale è scegliere un chip che rispecchi il tumore recidivante, il più inclusivo possibile. La categoria che troverò come differenzialmente espressa che non devo perdere è: - Quella legata alla recidiva - Ciclo cellulare - Metabolismo - Citoscheletro - Invasività Mi aspetto alcune chiamate per queste 5 categorie. 46 Il secondo confronto è tra la staminale tumorale e la staminale sana. Quale scelgo? Che categorie ho nella probe? Scelgo la staminale tumorale, che è la più inclusiva. Nuovamente mi danno dei differenziali: - Recidiva (fondamentale) - Resistenza ai farmaci molto elevata - Metabolismo differente (diverso dal tumore recidivo) - Migrazione in distretti preferenziali /differente dalla sana, che permette di ricostruire tutti i tessuti) Ho ottenuto le differenziali, vado a unire le differenziali e vedo le chiamate doppie. Uno in particolare è importante: USP22, che interviene nel rimodellamento della cromatina andando a modificare gli istoni post-tradizionalmente. L’obiettivo è di fare un’analisi trascrizionale assoluta del paziente mediante Gene Chip, si trovano cluster di geni che con una confidenza accettabile possano ipotizzare una prognosi realistica. A questo punto la terapia viene definita in base al rischio di recidiva. ES: linea rossa (HIGH): si tenta una terapia che possa raggiungere le staminali tumorali. ES: linea verde (LOW): non si rischia una terapia invasiva perché il rischio è basso. NB: Le terapie devono emergere in modo indipendente da 2 confronti. Più diversi sono i confronti e meglio è. Ovviamente poi tutto va validato in Real Time PCR. CHIP (CHROMATIN IMMUNO PRECIPITATION) Stiamo parlando di immunoprecipitazione della cromatina. La cromatina degli eucarioti è organizzata in quelli che sono i nucleosomi: - DNA - Istoni - Altre proteine - Fattori trascrizionali Questa metodica seve per vedere se una data proteina o un dato fattore trascrizionale, è legato ad una certa sequenza di DNA. Io voglio vedere se quel fattor trascrizionale è legato alla sequenza del promotore. Devo mettermi nelle condizioni di precipitare il fattore transazionale legato a quella sequenza con una struttura a nucleosoma. La prima idea è stata partire dalle cellule e di analizzare quello che è legato al DNA, solamente se cross-linko le proteine al DNA (in vivo). È stata utilizzata quella che è la formaldeide. Perché c’è la necessità di cross-linkare dei legami tra il DNA e le proteine? Quando si fanno immunoprecipitazioni e si vedono i complessi proteina-proteina, non vengono stabilizzati i legami tra le proteine, ma si lavora nelle condizioni in cui i legami non si rompono (si certa di evitare di lavorare in condizioni denaturanti). Le interazioni tra DNA e proteina (tra DNA e fattore trascrizionale): - Sono dinamiche - Non ci sono legami covalenti - Non ci sono legami a idrogeno 47 - Il legame ionico sarebbe un legame forte m può avere delle controindicazioni: serve una carica + e una -, il fattore trascrizionale non è in grado di leggere il gruppo fosfato dei nucleotidi - Restano i dipoli. Per le proteine è facile che una zona idrofobica incontri un’altra zona idrofobica csì da isolarsi dal solvente acquoso C’è quindi la necessità di stabilizzare i legami, però la stabilità deve permanere solo per un certo tempo perché poi quando voglio analizzare la proteina questa si deve staccare dal DNA. Deve quindi essere un tipo di legame stabile ma reversibile. Fasi del ChIP: 1- Si parte da un trattamento in vivo (abbiamo delle cellule di qualsiasi tipo): le cellule vengono trattate in modo tale da cross linkare in modo reversibile quei fattori legati al DNA 2- Frammentazione della cromatina (si passa in vitro) a livello delle singole unità che costituiscono la cromatina ossia i nucleosomi: c’è una metodica che consente di ottenere mediante il singolo nucleosoma 3- Immunoprecipitazione utilizzando un anticorpo specifico contro i target che abbiamo (proteina, polimerasi ecc…). L’immunoprecipitato dovrà essere analizzare 4- Reversione del legame DNA-proteine, ottenendo nella stessa provetta DNA e proteine. 5- Analisi di: - Proteina (trovata grazie ad anticorpi): se questa ha formato complessi con altre pertiene possiamo analizzare se associata a lei ce ne son altre e quindi possiamo farci un’idea sulla formazione di complessi (lo faccio con la Western) - DNA: dobbiamo definire che in quella sequenza specifica era legata la proteina contro cui abbiamo fatto gli anticorpi (le tecniche devono essere semiquantitative: PCR relativa o una Real Time relativa) Il punto di partenza è di stabilizzare i legami reversibili l’interazione DNA-proteina. Il cross linkante è la formaldeide (SOLO formaldeide) con l’idea di formare un ponte tra i gruppi i amminici delle lisine e gruppi amminici delle citosine. Il legame è una interazione stabile ma basta un debole riscaldamento (65°C) per revertire il legame (condizioni blande). L’ammonio della formaldeide va a formare il ponte con: - Lisina da una parte - Citosina dall’altra parte Alla fine si ha un ponte C-N sia da una parte dell’altra. Alla fine della procedura scaldando a 65°C e con sali torniamo ad avere acido nucleico libero che può essere substrato per amplificazioni in condizioni semiquanitativi e la proteina analizzabile con Western. NB: non vengono usati raggi UV. Successivamente vengono lisate le cellule e si estrae la cromatina (non DNA). L’unità struttura le della cromatina è il nucleosoma. L’informazione che io voglio è di tipo sequenza-specifica quindi devo ridurre il tutto alle unità della cromatina: se prendessi frammenti non avrei l’informazione specifica ma ho l’intorno del binding che non mi serve. Devo quindi separare i nucleosomi, posso faro con un metodo meccanico cioè tramite ultrasuoni (conferiscono energia cinetica alle masse dove le masse prevalenti 50 Nell’immunoprecipitato gli anticorpi hanno selezionato le regioni telomeriche: - Le sequenze legate a questa proteina dovrebbero essere in numero superiore (arricchite) - Le sequenze estranee al binding dovrei trovarle su uno sfondo sperimentale minimo quasi impercettibile. Il rapporto non sarà 1 ma è un numero variamente più alto a seconda di quanto è abbondante la mia proteina. Sui due normalizzati farò un rapporto finale e trovo che la regione subtelomerica per la proteina in studio ha avuto un arricchimento di 5 volte (è un esempio). Il rapporto è indicativo di quanto la proteina è arricchita in quella zona. Si va a esprimere la specificità di legame e la localizzazione di una proteina dicendo quanto questa si arricchisce rispetto alla sequenza in studio rispetto ad altre zone senza legame sperimentale. La interazione viene espressa con il fattore di arricchimento. Tutto questo se sto lavorando su sequenze specifiche. Se la proteina in studio è un fattore trascrizionale e i suoi partner di legame sono i promotor che contengono la sequenza bersaglio, non userò un approccio ristretto a pochi oligo (poche PCR), ma posso optare per l’approccio basato sugli array: gli array li costruisco rappresentativi dei promotori e delle regioni tirate in causa. Lo studio avrà come obiettivo la distribuzione sulle corte sequenze che individuano il promotore. Per poter adattare la ChIP sugli array (ChIP on Chip) c’è una metodica dove dopo aver ottenuto l’immunoprecipitato si portano avanti come se fossero i due campioni da confrontare sugli array (input e immunoprecipitato). Quindi con la logica degli array andrò a marcare differenzialmente l‘input (Cy3) e l’immunoprecipitato (Cy5), ottengo il pool e avrò 2 segnali: - Mi aspetto che il segnale dell’input sia distribuito su tutto l’array (c’è tutto e quindi tutte le sequenze hanno un segnale) - Nell’altro acso avrò una distribuzione maggiore sui promotori che sono il target della proteina di interesse attraverso i rapporti tra le due fluorescenze posso aver un’idea sulle porzioni maggiormente interessate dal binding→elenco di promotori maggiormente interessati. Un sistema un po’ più complesso è quello dove vengono portati avanti un ceppo WT e un ceppo mutato (ottenuto in vari modi). Cross link, frammentazione, aggiunta di anticorpi. La marcatura è sull’immunoprecipitato finale. I due segnali di fluorescenza sono quindi confrontati sull’immunoprecipitato. Ci sarà una diversa abbondanza a livello di sequenze specifiche e tra WT e mutante, che dovrebbe indicare quanto la mutazione incide sulla distribuzione della proteina. Nell’interpretazione del dato si deve tenere conto de fattore di normalizzazione. 51 LA CROMATINA - EPIGENETICA EPIGENETICA: sopra alla genetica Stiamo facendo riferimento alla identificazione del genoma che non coinvolgono la mia sequenza → sono sopra. Si tratta di qualcosa che si trova negli eucarioti dove si ha una organizzazione nei cromosomi. Queste modificazioni sono di 2 tipi: • Metilazione a carico del DNA: nel caso degli eucarioti coinvolge la citosina (presenza di citosine metilate) • Modificazioni a carico degli istoni: variamente modificati, ubiquitinati, metilati, acetilati, fosforilati ecc… Tutte queste modificazioni hanno una influenza sulla trascrizione: la cromatina presente sottoforma di eucromatina ed eterocromatina si influenzano tra di loro e danno un significato diverso alla presenza di determinate sequenze. METILAZIONE: In E. coli la metilazione aveva come scopo il riconoscimento self e non self, dove il DNA metilato veniva riconosciuto come familiare mentre il DNA “nudo” veniva degradato. Nei procarioti si hanno meccanismi di metilazione specifici: - Metilasi che riconoscono sequenze Dam e CcrM - Metilasi accoppiate a enzimi di restrizione di tipo 2: se un ceppo di Coli produce la endonucleasi EcoRI deve proteggere il suo DNA da Eco che produce quindi produrrà a metilasi corrispondente Il sistema di metilazione è anche coinvolto nei sistemi di riparo del danno al DNA. Il significato di metilazione negli eucarioti non è di self o non-self. Negli eucarioti la metilazione è a carico della citosina ad opera di DNA metil transferasi in posizione 5 della citosina. Il donatore è S-adenosil metionina (SAM). Il target preferenziale è rappresentato nel genoma degli eucarioti dal dinucleotide CpG. Normalmente abbiamo una differenza di come il CpG si trova sui cromosomi, metilato o non metilato. • Il CpG è metilato nelle zone delCO centromero, a livello delle sequenze ripetute, a livello di trasposoni, in quanto la funzione è di impedire il silenziamento→sono un controllo di stabilità genomica. • Il CpG non è malato generalmente in zone che si trovano nei promotori, in quelle zone che si chiamano CpG island. CpG ISLAND→in una certa lunghezza nella zona del promotore c’è una composizione in CG superiore al 50%, quindi sono zone ricche in CG. In più la frequenza del dinucleotide CpG è maggiore del 60%) La non metilazione è legata alla trascrizione. Gli housekeeping (costitutivamente espressi) presentano CpG island non metilate Esistono però geni tessuto-specifici che sono differenzialmente espressi. Ci sono le CpG island ma che risultano non metilate nel tessuto in cui devono essere espresse, e metilate nel tessuto dove non devono essere espresse → regolazione trascrizionale. Oltre a questo, la metilazione del DNA è coinvolta nel: - Silenziamento degli elementi mobili 52 - Corpo di Bar nel genere femminile dove il cromosoma X viene inattivato - Nel fenomeno dell’imprinting Imprinting: espressione allele-specifica, dove uno dei due allei viene metilato in funzione dell’origine materna o paterna e uno dei due viene espresso. Le modalità per cui la metilazione esercita effetto inibitorio sulla trascrizione sono date dal fatto che possiamo avere metilazione se la presenza di metili viene riconosciuta da proteine MeCP (metil CpG binding protein) che fanno parte di complessi in cui sono presenti altri enzimi che sono delle deacetilasi istoniche (HDAC): porta vicino il complesso la deacetilasi finisce vicino al promotore, deacetila gli istoni, il segale deacetilante è correlato con inattivazione (non si ha la trascrizione). Questo meccanismo funziona in modo indiretto. Un meccanismo diretto prevede la presenza di proteine (repressori) che in modo specifico riconoscono il metile ma funzionano loro stesse da repressori per la trascrizione. Caratteristiche della metilazione: - Stabilita durante lo sviluppo embrionale - È stabile e viene mantenuta (rappresenta la memoria cellulare) - Varia nei diversi tessuti e con lo sviluppo dell’organismo - Normalmente è associata a silenziamento genico Esistono 2 grandi categorie di metilasi: - Metilasi di mantenimento→ fanno sì che gli schemi di metilazione vengano ereditati in modo fedele - Metilasi responsabili della metilazione de novo→non intervengano durante la replicazione ma sono responsabili di tutte le metilazioni successive. Sono metilasi soggette a loro volta a regolazioni ES: i gemelli omozigoti hanno piccole differenze date da metilazioni de novo del DNA Abbiamo un certo pattern di metilazione e invecchiando può cambiare. Se si instaurano delle situazioni legate alla presenza di tumori si hanno dei pattern di metilazione che cambiano: ci sono CpG island metilate. Globalmente quello che si trova è: - Ipometilazione globale - Site specific metilation (avviene sulle CpG island) La ipometilazione causa: - Espressione di inserti onco-virali e oncogeni - Espressione di geni sottoposti ad imprinting - Instabilità cromosomica La ipermetilazione causa: - Inattivazione di geni coinvolti nella regolazione della crescita cellulare e apoptosi - Inattivazione di oncosoppressori 55 SAGGI BASATI SU ENZIMI DI RESTIZIONE: Il DNA viene digerito da enzimi di restrizione. Segue una PCR o una Southern. Si usano enzimi in grado di tagliare in funzione della presenza del sito di restrizione. Vengono usati enzimi di restrizione di tipo 2, che hanno le loro metilasi accoppiate: enzimi diversi ma che riconoscono lo stesso sito, ognuno ha la sua metilasi corrispondente. Esistono gli isoschizomeri: enzimi di restrizione di tipo 2 che hanno nomi diversi perché isolata da organismi diversi ma che riconoscono lo stesso sito di restrizione però tagliano diversamente (alcuni lasciano blunt, altri protruding). Questi fa sì che rispetto alla metilasi corrispondente (una sola). Il fatto di metilare fa sì che gli isoschizomeri taglino diversamente sono sensibili diversamente al metile: alcuni tagliano e altri no, anche se la sequenza è la stessa. Quindi si utilizzano copie di isoschizomeri. Il punto di partenza è il genoma o una zona che è stata amplificata per PCR e la si vuole studiare. Un approccio quello con DNA genomico che viene diviso in 2 (2 trattamenti diversi): - Uno trattato con enzima sensibile alla metilazione - Uno con un enzima che taglia a prescindere che sia metilato o meno Si ottengono 3 frammenti le cui dimensioni dipendono dalla distanza tra i siti di taglio. Quello che è sensibile alla metilazione in presenza del metile non taglierà. Devo poi passare per un’analisi di Southern per identificare le bande: 1. Digestione con enzimi 2. Gel di agarosio 3. Filtro 4. Sonda specifica verso il target che copre la zona dove penso ci siano le metilazioni. Uso una sonda radioattiva a DNA→sonda random priming. 5. Dal confronto delle bande riesco a capire se c’è quel sito metilato Viene fatto anche sulle regioni ripetute: la porzione centromerica è ripetuta e in genere metilata, quindi è suscettibile a metilazione. 56 Estraendo DNA genomico e lo tratto con: - Un enzima sensibile alla metilazione mi aspetto che non avvengano tagli: non avrò bande su filtro. - Mentre l’altro che non è sensibile alla metilazione taglia a prescindere e avrò un pattern di diversi frammenti. Problema legato alla Southern: uso il radioattivo, quindi serve più materiale di partenza per il confronto e ci vuole più tempo, ed è inoltre legato alla presenza di “quel” sito di restrizione. Usando la PCR non abbiamo la radioattività e possiamo usare una minore quantità, siamo però sempre legati alla presenza di siti di restrizione. Utilizzo un enzima che se la citosina è metilata, non taglia, mentre se non è metilata allora taglia. Tratto il DNA con l’enzima in questione, ma nel contempo non tratto il DNA con niente (non lo sottopongo ad alcuna analisi di restrizione)→ho 2 campioni (uno trattato e uno non trattato). Con questo DNA faccio 2 reazioni di PCR con oligo specifici a destra e sinistra rispetto al sito dove penso ci sia la metilazione. Faccio seguire un gel di agarosio: - In quello non trattato con l’enzima devo avere un amplicone delimitato dagli oligo che ho studiato - In quello trattato in funzione del fatto che avrò la stessa banda e con le stesse dimensioni posso dire se è o meno metilato: se è metilato ci sarà un taglio e gli oligo non amplificano. Ci sono enzimi che tagliano invece solo se il residuo è metilato. In parallelo usiamo DNA non trattato con l’enzima. Aggiungo oligo specifici e faccio la PCR. Se non è metilato avrò il frammento amplificato. SAGGI BASATI SUL TRATTAMENTO CON BISULFITO DI SODIO: Agente usato anche per fare mutagenesi. 1. Estrazione del DNA 2. Trattamento con bisolfito di sodio - Se la citosina è metilata non va incontro a deaminazione - Se la citosina non è metilata va incontro a reazione di solfonzione a pH 5, segue un passaggio a pH 5 ma si porta a 50°C per 16 ore. C’è una reazione di deaminazione per cui si passa a uracile solfonata. Segue un passaggio in ambiente basico per cui si arriva all’uracile. 57 Avrò del DNA che si è modificato dove le citosine sono diventate uracile. Questa cosa può essere fatta direttamente sul single strand oppure su doble strand. Se faccio partire una PCR usando come templato un ss con primer specifici l’U si appaia con la A, la C metilata resta tale per cui si appaia con la G: il risultato è che dove c’erano le U, vedrò una T. Se invece la citosina era metilata resterà C. Posso lavorare anche su ds posso costruire oligo. Se lo faccio sul ds è più complicato: - Il prodotto di PCR è relativo a uno strand modificato - Un prodotto relativo a uno strand non modificato Se ho ss amplificato posso poi sequenziarlo. Se avessi 2 strand avrei comunque una miscela che posso sequenziare→Sanger. Per ottenere Sanger posso: - Clonare con un vettore opportuno - Sequenziamento direttamente sul prodotto di PCR In parallelo devo sequenziare il DNA che sto studiando, non trattato con bisolfito. Si confrontano e dai confronti si capisce se è metilata o meno. MSP (Methylation Specific PCR): PCR specifica per la metilazione. 1. Estrazione del DNA 2. Trattamento con bisolfito 3. Si fanno partire delle PCR in parallelo: ci sono diverse combinazioni possibili perché gli oligo usati per l’amplificazione sono studiati sulla sequenza dove può esserci o meno la metilazione della citosina, che dopo trattamento con bisolfito può non essere C ma U. Si studiano gli oligo che appaiano la C o la U: - C’è un oligo che si appaia con la C e darà G - C’è un oligo che si appaia a U e darà A A seconda che la stessa regione sia o meno melata e daranno prodotti di PCR leggermente diversi come dimensione. Si fanno quindi 4 PCR diverse che mi devono dare prodotti diversi (le dimensioni diverse dei prodotti dipendono dalla distanza tra gli oligo) 4. Vado a vedere su gel se c’è o meno l’amplificato - Se ho amplificato con oligo contro la metilazione e ho l’amplificato allora è metilato - Se ho amplificato con quelli contro la citosina e ho l’amplificato allora non è metilato. - Se non ho alcune risposta vuol dire che devo mettermi nelle combinazioni adatte per determinare metilato e non metilato. Questa è una PCR non quantitativa. 60 È importante capire la distribuzione spaziale perché in funzione di dove si collocano gli istoni sono più o meno soggette a modificazioni e le modificazioni modulano le interazioni istoni-DNA e istoni-proteine. L’N-terminale lo consideriamo circa di 20 residui, che sono bersaglio di modificazioni e sono fittamene inserite nei primi 20 amminoacidi, altra modificazione importante è all’estremo C-terminale. Nel core centrale di istoni abbiamo poche modificazioni, che però diventano critiche perché avvengono sulla superficie esposta dal punto di vista proteico del nucleosoma: il nucleosoma espone tratti proteici più o meno ampi e uno dei residui maggioramele oggetto di modificazioni critiche è un residui interno ad H3 ma visibile sulla superficie→modificazioni importanti nel modulare le interazioni con proteine che si appoggiano in quella regione. Possiamo quindi individuare 2 tipi di specificità: - Per istone - Per posizione nel nucleosoma Se andiamo a svolgere la struttura del nucleosoma abbiamo una copertura del DNA sul nucleosoma che comprende 146 bp (circa 2 avvolgimenti del DNA): la massa proteica (8 istoni) e 146bp rendono conto di una massa equivalente (100kDa di istoni + 100kDa di DNA). Questo serve a capire l’impatto strutturale delle modificazioni: - Alcune introducono gruppi piccoli che non impattano sulla massa - Altre modificazioni impattano molto sulla massa nucleosomiale Tipi di modificazioni: • Non covalenti→ sono modificazioni di posizione, dove sta il nucleosoma (mai irreversibilmente legato al DNA). Da quella posizione iniziale può essere rimosso, spostato, riassemblato. Questo ha significato strutturale: non lasciare esposto a lesioni il DNA nascente • Covalenti→idea di introdurre attraverso un legame stabile gruppi sugli istoni. ES:  Acetilazione (istoni acetilati, modificazione reversibile dove all’addizione del gruppo acetile corrisponde la rimozione dell’acetile, con enzimi acetilanti o deacetilanti)  Fosforilazione (interessa alcuni residui istonici e vi è relativa rimozione)  Ubiquitinazione (in realtà è una mono-ubiquitinazione: proteine di ubiquitina di 76 aa. Si attacca 1 unità di ubiquitina. Reversibile)  Metilazione (aggiunta di un CH3, quindi 4 atomi e può avere diversi gradi: mono, di e tri metilazione. Inizialmente era ritenuta irreversibile, poi è stato individuato un gruppo di reazioni che non tolgono il metile così com’è ma attraverso ossidazioni successive l’istone viene metilato alla forma iniziale priva del metile → reversibile) La distinzione dipende dalla natura chimica della modificazione. Dove si attaccano? Il fosfato si attacca su serina o treonina. È più un signalling piuttosto che una modificazione. Quelle più importanti sono: - Modificazioni a carico delle lisine (gruppo amminico in Y) che può essere accettore dell’ubiquitinazione e dell’acetilazione - Modificazioni a carico della arginina suscettibile alla metilazione. Modificazioni meno abbondanti rispetto alle lisine 61 MODIFICAZIONI A CARICO DELLE LISINE: • Metilazione: gruppo terminale della lisina che diventa accettore di un metile • Acetilazione: gruppo terminale acetilato (sul gruppo epsilon ammidico) NB: sono mutualmente esclusive→dopo aver impegnato il gruppo dall’auna o dall’altra non c’è possibilità di aggiungere altre modificazioni. È alla base di una sorta di interruttore molecolare, a seconda della modificazione che troviamo sulla lisina. • Ubiquitinazione: se si aggiunge un peptide come l’ubiquitina, questo fungerà da bloccante, sia per il gruppo che per la struttura più ampia dell’istone (180aa + 76aa → diventa 1 volta e mezza quello che era in origine. Complessivamente il contributo della ubiquitina cambia le caratteristiche di interazione tra l’istone e vari pattern che prendono contatto con il nucleosoma). Partendo dall’estremità N-terminale di H3 o di H4 queste sono ricche in residui di lisina adiacenti. Partiamo da una condizione di gruppi ammidici che a pH fisiologico del nucleoplasma espongono una carica +. L’interpretazione più elementare dal significato di queste lisine del nucleosoma è di favorire l’integrazione tra gruppi fosfato dell’acido nucleico: quindi di intervenire sull’affinità acido nucleico-nucleosoma per rendere più facile lo svolgimento del DNA dal nucleo proteico. Se attacchiamo sui vari gruppi ammidici dei gruppi acetilici andiamo a maschere la carica, però esponiamo qualcosa: è come se la lisina espone a una estremità qualcosa di idrofobico. Chi vedeva questa lisina la vedrà in modo diverso. È più complesso pensando alla metilazione: la metilasi attacca gruppi metilici. Questa modificazione può avvenire a carico dell’ammonio (ci sono legami disponibili). Il mono-metilato ha ancora una carica disponibile, quindi l’interpretazione che metilando gli istoni stacco il DNA non va più bene. Possiamo attaccare un secondo metile diventando lisina di-metilata. Posso andare a saturare l’azoto con 3 metili. La lisina cambia faccia: una proteina che inizialmente rileva questo substrato ne vedrà uno diverso NB: mono-ubiquitinazione, mono-acetilazione, mono-di-tri-metilazione. Pensando a code N-terminali dove diversi residui ravvicinati sono bersaglio di queste modificazioni, possiamo vedere come interazioni degli istoni con il DNA o anche altre cose, può essere modulata. Alcuni domini strutturali di proteine capaci di interagire con specifiche modificazioni a carico degli istoni: ci sono X molecole che interagiscono con gli istoni e cercano il binding con lisine modificate. - Tudor dominio → se ho una tasca che accetta un gruppo idrofobico in prossimità dell’ammina, posso legarmi all’istone modificato Per ubiquitina. - Cromo dominio → proteine dotata di tasca ampia dove possono alloggia di e tri metili dando diversa specificità di interazione - Bromo dominio→per acetilazione 62 IL CODICE ISTONICO: CODICE→linguaggio. Si tratta di un linguaggio determinato dagli istoni. Ipotizzando dei numeri relativi agli stoni H3 e H4 abbiamo 13 lisine e 2 arginine: pensando solo alle lisine dove diverse modificazioni possono essere aggiunte, ma ci limitiamo a metilazione e acetilazione abbiamo 135 possibili metilazioni. C’è quindi possibilità di un ampio codice combinatoriale. Lo studio delle modificazioni potenzialmente riscontrabili ha ridotto le possibilità, ma si è anche modificata l’idea di codice che non è più solo combinatoriale ma anche gerarchico. È stato riscontrato che alcune modificazioni a cascata ne modificano altre: in questa struttura verticistica abbiamo: - Ubiquitinazione che può indurre metilazione - Metilazione può influenzare acetilazione quindi non abbiamo tutti i residui indistintamente modificabili e anche quelle che sono indistintamente modificabili stanno sotto a regole interne. In che modo l’ubiquitinazione influenza la metilazione? Come la metilazione condiziona l’acetilazione? Ci sono diversi pattern che possiamo riscontrare a lello delle code N-terminali degli istoni H3 e H4 in lievito. Alcune sono evolutivamente conservate e le riscontriamo anche in organismi pluricellulari: generalmente il significato viene mantenuto. Possiamo avere residui adiacenti con la stesse modificazione: rafforzativo del segnale. Questo non vale per la ubiquitina: basta 1 sola ubiquitina su 1 solo residuo e le caratteristiche del H2B cambiano. Abbiamo quindi necessità di convergenza delle modificazioni per piccole modificazioni, mentre per modificazioni importanti (ubiquitinazione) ne basta una. Esempio dove sono state riscontrate 2 modificazioni esclusive è a carico del residuo lisina 9 in H3. Diversi residui richiedono un apparato enzimatico specifico. Non ci riferiamo a 1 residuo – 1 enzima, ma abbiamo un insieme ampio di enzimi che lavorano come modificatori specifici. Esempi: o Acetilazioni da parte di acetitransferasi: - Gcn5 - Sax2 o Enzimi antagonisti che rimuovono l’acetilazione (deacetilasi istoniche) - Hda1, antagonista di Gcn5 - Sirtuina Sir2, antagonista di Sax2 o Ubiquitinazione importante per la supposizione al vertice del codice istonico è da parte di Rad6, in lievito abbiamo 2 enzimi con specificità di azione che rimuovono l’ubiquitina e differiscono nella tipologia di cromatina su cui agiscono 65 Quindi l’ubiquitina all’inizio è servita ma poi la devo togliere. L’impatto globale tra ubiquitinazione e trascrizione è necessario: serve l’ubiquitinazione per la trascrizione. Serve però anche un enzima deubiquitinante per procedere con la trascrizione. Due idee su come può agire l’ubiquitinazione: ES1: meccanismo basato sulla dimensione di proteina paragonabile agli istoni In un sistema compatto teniamo conto del fatto che ubiquitinando aumentiamo l’impatto struttura del nucleosoma; questo porterebbe a una distensione del linker creando lo spazio per far accedere alla metilasi (circa 70kDa). ES2: si immagina che l’ubiquitina stessa fornisca l’impalcatura per l’interazione con la metilasi. Fa quindi da reclutamento per l’interazione proteina-proteina. Il dominio di interazione si ritiene possa esistere in uno stadio caratterizzato. È difficile capire dove si appoggi l’ubiquitina piuttosto che non caratterizzare il bromo dominio. Il tutto avviene in modo promotore-specifico. In positivo partendo da ubiquitinazione e scendendo arriviamo consentendo a Gcn5 di acetilare e fare avvenire gli eventi trascrizionali. Questo meccanismo è universalmente valido. Se vengono meno le condizioni di attivazione trascrizionale è necessario spegnere il sistema. Come si devono comportare le modificazioni istoniche quando devo spegnere la trascrizione? All’opposto dell’attivazione c’è una struttura aperta con marker specifici. Ci sono eventi non a carico degli istoni ma a carico del DNA. I meccanismi sono convergenti: non avremmo mai in antitesi dove abbiamo metilazione, uno che dice accendi e uno che dice spegni, altrimenti ci sarebbe il collasso del sistema. Cosa accade sui marker istonici? Se la iperacetilazione ha significato univoco di accensione, pensiamo che allora ipometilzione abbia ruolo di spegnimento. La repressione è un processo promotore-specifico. Quando vado in una condizione fisiologica che porta al blocco di espressione di alcuni geni posso immaginare in cis sequenze con significato repressorio che saranno bersaglio di repressori trascrizionali. Se un attivatore recluta il SAGA che contiene un istone acetil transferasi, l’opposto sarà un istone deacetilasi. L’obiettivo è revertire da uno stato aperto a uno stadio chiuso da modificazione istonica. Se ho un repressore in grado di riconoscere dei metili di una CpG il repressore viene riconosciuto da una deacetilasi oppure la metil binding protein che riconosce a parte direttamente del complesso dove c’è la deacetilasi. Sul residuo di lisina 9 dell’H3 viene sintetizzato l’interruttore molecolare che si basa sulla lisina. Quando si ha segnale di acetilazione questo previene il segnale negativo impedendo che si aggiunga un metile: passando da uno stato attivo a repressione l’acetilazione viene convertita in metilazione. Questa acetilazione è il punto di aggancio per proteine non istoniche (heterocromatin protein 1: sfrutta il metile formando un ponte tra nucleosomi adiacenti). E abbiamo un promotore localizzato nel linker tra due nucleosomi che stavano aperti perché c’era acetilazione, ora il segnale di apertura non c’è più e ha inoltre un segnale di reclutamento di una proteina non istonica che fa da “lucchetto” veicolandolo in una struttura chiusa. Quindi un solo reso da solo su questi promotori dal punto di vista dello stato della cromatina è sufficiente a determinare la transizione. Il sistema è conservato in mammalian. In mammalian vediamo in più la modificazione di un residuo target sia di metilazione che acetilazione, mutualmente esclusiva: a seconda che sia metilata o acetilata avremo un segnale diverso. Il residuo H3-K9 è critico e funge da accensione e spegnimento. Abbiamo un cross talk tra modificazioni che hanno effetto epigenetico: le modificazioni istoniche influenzano la funzione del DNA. 66 Meccanismo che scaturisce da metilazione su lisina 9 di H3: Questa modificazione viene specificamente riconosciuta da una proteina non isotonica HP1 e funge da reclutatore a cascata del complesso in grado di modica le citosine a livello della zona del promotore. L’ancoraggio viene quindi fornito da una modificazione istonica. Fa sì che in localmente e non in modo diffuso abbiamo la possibilità di introdurre modificazioni. Quindi è un meccanismo che nasce da modificazione isotonica e arriva a fare modificazione sull’acido nucleico. Possiamo avere anche il reclutamento della metilasi istonica laddove esiste un segnale di metilazione sul DNA: il punto di partenza è una metilasi (sotto a un promotore tessuto-specifico) per le C che introduce localmente questa modificazione. Inizialmente abbiamo residui acetilici sulla K9. Il partner dell’interazione specifica tra la metilai delle C e il resto dell’apparto è una histon deacetilasi con specificità per il residuo: si elimina il gruppo acetilico e la C è disponibile a una nuova modificazione, introdotta dalla metilasi. Il meccanismo è ridondante: si può convergere a metilazione della lisina o metilazione del DNA a partire da entrambi gli elementi, tanto il DNA condiziona il livello istonico quanto il livello istonico può condizionare la metilazione sul DNA. È un meccanismo è gene-specifico: consente solo sui promotori target di spegnimento di ottenere una condizione di cromatina condensata. Lo stato attivo è caratterizzato da segnale acetilico, promosso da evento di legame dell’agente trascrizionale sulla sequenza bersaglio e gli istoni sono stati modificati localmente. La modificazione fa reclutare una deacetilasi che porta ad eliminare il la modificazione e il residuo è disponibile per la metilazione. NB: il residuo è lisina 9. Una volta liberata il sistema di reclutamento porta la histon metilasi a introdurre il metile su lisina 9 di H3. La chiusura definitiva a livello istonico la abbiamo quando la proteina HP1 che va a sovrapporsi ai nucleosomi chiude l’accessibilità agli istoni e quindi tutta la zona dove il complesso trascrizionale dovrebbe assemblarsi. Il controllo non è sempre gene-specifico, ma può avvenire su intere regioni cromosomali → silenziamento. La chiave è di condensare regioni estese, per rendere inaccessibili agli apparati trascrizionali. Lo abbiamo su linee di lievito e in uomo. La funzione in uomo è di differenziare tra i tessuti i pattern di espressione, in unicellulare la funzione è di avere forme di differenziamento diversi: stati fisiologici che richiedono un differenziamento almeno parziale dell’espressione genoma e compattare le regioni interessate attraverso una strutturazione sovranucleosomiale è il sistema più efficace. Studiamo il lievito, che è più semplice. Loci interessati dal silenziamento: - Telomeri sono le estremità: zone in cui ci può essere un rischio di danno strutturale. Quanto più la struttura è robusta e maggiore probabilità che la cellula si mantenga con il genoma integro. - Loci che definiscono la polarità sessuale: stato aploide, diploide… la conversione è mediata da espressione di geni fase-specifica. In fase aploide è necessario che sono una tipologia di geni di fase venga espressa. Vengono conservate le informazioni relative all’altra polarità sessuale, ma è silente - Locus dove troviamo geni codificanti per rRNA (rRNA: DNA basilare che non è espresso, definito DNA ripetuto). Abbiamo da 100 a 150 copie di DNA uguale, circa 10.000bp per unità. Avere più copie mi preserva dal fatto che non avendo copie funzionanti non si fosse più in grado di produrre rRNA. Oltre ai nucleosomi dal punto di vista proteico altri fattori implicati nel silenziamento sono i Sir (silence information regolators) deputate al controllo del silenziamento. Le troviamo ai loci del melting type, alla regione subtelomerica… sono quindi differentemente distribuite. Una sola Sir ha attività enzimatica → Sir2, le altre hanno funzione di interazione con diversi partner per formare una struttura sovranucleosomiale con funzione di condensare la cromatina. Un telomero compatto è più protetto rispetto alla cromatina convenzionale. Cosa accade ai telomeri? Per capire quali eventi portano ad avere regioni condensate dobbiamo capire cosa c’è sul DNA: - Breve tratto (poco più di 10bp) a singolo filamento 67 - Trattato a doppio filamento caratterizzato da ripetizioni: la telomerasi introduce questo modulo ripetuto che troviamo sul ss terminale e nel corto ds NB: nella zona telomerica non ci sono nucleosomi. - Con la conclusione delle regioni telomeriche si passa alla regione sub-telomerica: ci sono i nucleosomi C’è una proteina presente in copia unica alla transizione ss-ds, segue poi una DNA binding protein specifica che è Rap1: le sue unità sono proporzionali alle ripetizioni nel ds. Tutto comincia con un eterodimero Sir2 e Sir4 che interagisce sul confine del double strand con il dimero Ku70-Ku80. Il legame quindi la deacetilasi usa proteina partner che fa da scaffold, che hanno capacità di interagire all’estremità del ds con il dimero. Quello che si lega è Sir4, portandosi dietro Sir2. Pur avendo i nucleosomi non è ancora in grado di ancorarsi ai nucleosomi. Questo legame induce modificazioni conformazionali che rende capace lo stesso dimero di prendere contatto con Rap1. Cambia la conformazione e aumenta l’affinità per Rap1 e si sposta sul primo Rap. Dal primo Rap deve attraversare tutti i Rap e arrivare al primo nucleosoma (a questo punto può avvenire la modificazione degli istoni). Non ci sono eventi di attacco e di stacco: abbiamo una progressiva fase di spostamento dove il motore è l’effetto cooperativo di legame tra dimeno e proteina Rap. Dopo aver legato il primo Rap diventa maggiormente affine per un secondo. Più possibilità di legame degli elementi Rap con Sir4. Il massimo punto di stabilità è quando Sir4 lega quanti più elementi di Rap possibili. L’interazione scatenante è quella enzima-substrato: l’enzima è Sir2, che ha affinità per la lisina 16 dell’H4. La forte interazione enzima-substrato ci consente di rimuovere sull’H4 il residuo di acetile. Si è creato un contesto strutturale dove può arrivare l’ultima Sir-Sir3. Si appoggia sul dimero e sul nucleosoma liberato dall’acetile: solo quando avviene l’acetilazione viene reclutata Sir3. Sir3 è capace di mantenere interazioni con 2 unità del dimero, questo fa sì che sia in grado di reclutare una seconda unità Sir2-Sir4. Finché Sir3 si può associare richiama il complesso deacetilasico. L’estensione è ben definita: massimo 20.000bp. Il meccanismo autopropagante a un certo punto non riesce più a autopropagarsi: ha rimosso l’acetilazione ma dopo questa regione non prosegue più. La metilazione ha un significato di repressione generale. Quindi l’idea è di avere un segnale di metilazione o demetilazione che interviene. Il punto di partenza sono mutanti: in lievito è possibile da un ceppo aploide inattivare direttamente un gene (fare un delta) o over-esprimerlo. La condizione di riferimento è il WT. Prendiamo in oggetto una modificazione sul residuo K79 di H3 (di e tri metilazioni). Se in WT vedessimo quanta cromatina è interessata da di e tri metilazione vediamo che è 90%. Il DNA silenziato e spento è 10%. Questa metilazione è anti-silenziamento. È stata definita la metilasi coinvolta → Dot1. A- Primo mutante: over esprimo Dot1. Ottengo il 100% di rimetilazione H3-K79 B- Secondo mutante: silenzio Dot1. Se la funzione è anti-silenziamento, vado ad annullare il silenziamento 70 Se si potesse correggere la funzionalità delle sirtuine potremmo raggiungere degli obiettivi di mantenimento della funzionalità della cromatina. ES: resveratrolo. Nonostante una dieta ricca di grassi venne trovato rispetto ad altre dietre delle persone con problemi di infarto, miocardio… meno gravi. Questo è contro ogni logica: paradosso. È legato alla presenza di resveratrolo nel vino rosso. Uno dei target del resveratrolo sono le sirtuine. Bere vino involontariamente è una sorta di trattamento nutraceutico. Se in circolo abbiamo resveratrolo su una scala nano micro molare è sufficiente come stimolatore: stimola la sirtuina a legare NAD+ anche se ce né poco. Un tessuto in stress ossidativo ha NAD+ limitante, ma anche quel limitante in presenza di resveratrolo può raggiungere il sito attivo. L’idea di poter modulare le sirtuine è ideale in ambito di identificazione di prodotti per la nutraceutica. 71 MODULO 2 – MARTEGANI LE COLTURE CELLULARI Sono fondamentali per il lavoro in laboratorio e modificare organismi superiori. Sono importanti perché tutte le tecniche sviluppate per trasformare cellule animali fino ad arrivare ad animali transgenici sono stati messi a punto usando cellule su culture. Per coltivare in vitro cellule animali bisogna trovare le condizioni adatte. Si è visto che possiamo prendere cellule provenienti da tessuti (ES: sottocutaneo → fibroblasti) e possono essere mantenute in vitro per un tempo anche molto lungo: il quanto dipende dalle cellule e da cosa faccio per farle adattare. Posso mantenerle in condizioni vitali e farle crescere in condizioni opportune: - Sterilità - Presenza di nutrienti e metaboliti essenziali. Per nutrienti si intende: fonte di carbonio (solitamente glucosio), amminoacidi e coenzimi. Quindi i mezzi di cultura devono contenere una serie di fattori. Dobbiamo quindi fornire metaboliti e nutrienti per far crescere le cellule - Controllo della temperatura: la T ottimale è intorno ai 37°C - Controllo del pH (le cellule tendono ad acidificare i medium), usando tamponi come il bicarbonato (controllato mettendo nell’atmosfera una quantità di anidride carbonica → incubatori a CO2: camere a 37°C dove l’atmosfera contieni 5-10% di CO2) Quando prediamo cellule da un tessuto possiamo avere 2 tipi di cellule: - La maggior parte delle cellule crescono soltanto se attaccate a qualcosa → colture cellulare aderenti (stanno attaccate a un substrato per crescere). Queste cellule non sono libere m in un tessuto o organo attaccate a qualcosa. Nell’organismo quello su cui si attaccano è la matrice extracellulare. L’adesione al substrato (piastre di crescita) è una condizione essenziale per la coltura ed è un processo attivo di interazione tra proteine di membrana (es: integrine) e proteine della matrice extracellulare (es: fibronectina, collagene, etc.) - Alcune cellule possono crescere in sospensione→colture cellulari in sospensione. Sono cellule soprattutto che derivano dal sangue come globuli bianchi. Queste possono crescere in sospensione su fase liquida. Molte linee cellulari usate in laboratorio sono cellule epiteliali o fibroblasti che sono state trasformate e le cellule trasformate possono anche crescere in sospensione: hanno perso la capacità di adesione. Pensando ai nutrienti abbiamo una serie di componenti e una cosa importante per cellule normali che mantengono le caratteristiche fenotipiche del tessuto di provenienza è che per crescere necessitano dei fattori di crescita. Questo è importante perché cellule di mammifero sono sottoposte a un controllo stretto e crescono solo in presenza di fattori che stimolano la proliferazione. Sono sostanze di origine ormonale (piccole proteine), ES: - PDGF - EGF - NGF Questi fattori sono necessari perchè le cellule di mammifero hanno sulla superficie recettori che legano questi fattori e in risposta innescano una cascata che attiva la proliferazione. I recettori tipicamente sono proteine transmembrana con attività tirosinchiansica. Questi fattori si trovano tipicamente nel sangue: prodotti dai tessuti e distribuiti nel sangue. Per far crescere le cellule si devono aggiungere questi fattori: viene aggiunto il siero. I terreni di coltura contengono una percentuale di siero. Il siero è la porzione di sangue deprivata di cellule. Solitamente è sire di origine fetale da vitello. In teoria si potrebbe fare a meno del siero, si potrebbe surroga alla sua presenza aggiungendo quantità note delle componenti purificate, sono però molto costose. La scelta di usare terreni senza siero ma con fattori di crescita specifici si può fare ma è costoso. Normalmente in laboratorio si usa il siero. ESEMPIO DI TERRENO: 72 - Sali inorganici (calcio, potassio, magnesio…) - Bicarbonato (come tampone) - Fonte di carbonio: solitamente glucosio e si può aggiungere piruvato - Glutatione per mantenere le condizioni di redox - Amminoacidi (non tutti) - Vitamine (cofattori biochimici necessari per il metabolismo e le cellule non riescono a sintetizzare) - Indicatori di pH (rosso fenolo): consente di vedere se il pH del terreno è ottimo. Deve avere un pH neutro o leggermente alcalino: rosso. Quando il pH scende diventa giallo o arancione e si deve cambiare (il sistema tampone non tampona più) Questi terreni sono molto complessi e vengono acquistati già pronti. Le cellule vengono fatte crescere in contenitori appositi. Per poche cellule: - Flask: vanno bene sai per cellule in adesione che in sospensione - Piastre: per cellule aderenti. Hanno diversa dimensione da cm a micropozzetti Per tante cellule: - Rolling bottle: bottiglie di vetro o plastica. Se sono in sospensione stanno nel terreno oppure crescono sula superficie della bottiglia se in sospensione. Dato che le bottiglie ruotano le cellule vengono continuamente bagnate dal terrendo - Bioreattori: per cellule in sospensione. C’è un sistema di agitazione e di ossigenazione Come crescono le cellule? La crescita può essere misurata contando il numero di cellule. Dopo aver inoculato cellule su piastra in diversi tempi si può vedere quante cellule ci sono. Le cellule di mammifero hanno una duplicazione lenta: 24 ore. La crescita può essere seguita per 3-4 giorni dopodiché non crescono più. La crescita può essere seguita in modo diverso. Per le cellule che crescono adese a un substrato la causa di fermo della crescita è la confluenza: per quelle normali si ha arresto della crescita quando le cellule hanno occupato tutto lo spaio disponibile → inibizione da contatto (quando hanno occupato tutto lo spazio il contatto tra le cellule blocca la crescita). Può essere dimostrato perchè se ho una struttura confluente e tolgono una fila di cellule rimarrà uno spazio e le cellule ai lati di questo spazio iniziano a proliferare e crescere fino a riempire di nuovo lo spazio (tipico dei fibroblasti nel caso di una ferita). Un'altra ragione per cui possono arrestarsi è quando hanno esaurito i fattori di crescita. Mettiamo nel terreno una certa quantità di siero e la concentrazione dei fattori è molto bassa (concentrazioni nanomolari) e i fattori vengono consumati: si possono arrestare per carenza. In questo cado è sufficiente cambiare il terreno. Appena inoculate abbiamo una fase di crescita esponenziale dove le cellule raddoppiano ogni 20-24 ore. Quando la densità diventa alta le cellule si arrestano: perché sono esausti i fattori di crescita o per confluenza. L’arresto è fisiologico, entrano nello stato G0 in attesa di poter riprendere a crescere. La cinetica di crescita è data da cellule che si dividono per scissione binaria: da 1 cellula mitotica si hanno 2 cellule figlie. N: cellule iniziale Td: tempo di duplicazione Invece che misurare il numero si può misurare la biomassa: 75 TRASFORMAZIONE DELLE CELLULE I primi esperimenti su cellule di mammifero risalgono agli anni 70. Si usano dei vettori plasmidico. Per i mammiferi si para di TRASFEZIONE: è una trasformazione che consente il trasferimento di DNA esogeno in mammifero. Si chiama trasfezione perché i primi esperimenti sono stati fatti usando DNA di origine virale quindi si aveva una infezione usando solo DNA. TRASFORMAZIONE + INFEZIONE = TRASFEZIONE Se faccio un esperimento per vedere che se si inserisce DNA nel mammifero e per vedere che viene trascritto serve un marcatore che indica che il DNA è presente e che possa essere selezionato. ES: resistenza agli antibiotici come ampicillina, per batteri. Le cellule di mammifero sono insensibili agli antibiotici quindi i primi esperimenti sono stati fatti usando DNA virale. Il virus è un oggetto fatto da DNA virale e un rivestimento proteico. La particella virale entra nella cellula associandosi alla membrana e venendo incorporata. Il DNA viene usato per replicare i geni virali e si ha infezione. Per capire se si ha incorporazione di DNA sono stati presi degli adenovirus, è stato isolato il DNA virale senza proteine, è possibile far entrare il DNA da solo? È possibile aggiungendo al terrendo di coltura cloruro di calcio, aggiungendolo al terreno si forma fosfato di calcio (idrossiapatite) ed è un precipitato fatto di cristalli insolubili. Questi cristalli si depositano sulla superficie delle cellule. Se i cristalli sono piccoli la loro presenza induce un fenomeno di pinocitosi dove i cristalli vengono internalizzati. Quando i cristalli sono internalizzati anche il DNA può entrare nelle cellule. Questo perchè il DNA ha affinità per il fosfato di calcio: si lega a questo spontaneamente. Operando in questo modo si vedeva che il DNA virale era entrato nelle cellule e dopo alcuni giorni si è vista una lisi e produzione di altre molecole virali: il DNA veniva espresso, si attivano i geni virali, il DNA veniva replicato e si aveva una nuova generazione di virus ottenuta non usando il virus ma solo il DNA. Questo dimostra che: - Il DNA virale può entrare nelle cellule di mammifero - Il DNA veniva trascritto, tradotto e generava proteine Questa è una via di mezzo tra infezione e trasformazione → trasfezione. I ricercatori hanno ritenuto fondamentale inserire DNA esogeno in cellule di mammifero. Questo per: - Identificare sequenze importanti - Capire come funzionano alcuni geni - Capire come sono fatti i promotori - Produrre proteine (proteine interessanti in laboratorio o per produrle industrialmente) Non posso farle in Coli? Sì, però ci sono 2 problemi: - Se faccio fare TPA (attivatore tissutale del plasminogeno) la proteina non funziona. Posso rinaturarla ma è tanto lavoro e le rese sono basse - La proteina non è glicosilata: le proteine umane normalmente sono processate non basta avere la proteina ma deve anche essere modificata in modo corretto, ad esempio aggiungendo zuccheri, e Coli questo non lo fa Se viene fatta fare in cellule CHO abbiamo una proteine nativa: costa di più ma è un prodotto più efficiente. Quando capisco come fare a introdurre il Dna e come esprimerlo, posso pensare di passare a interi organismi e produrre animali transgenici (topi, mucche, capre…). Questo vale per gli animali ma anche per le piante. 76 La prospettiva è di andare a utilizzare queste tecniche su una terapia genica: cercare di inserire DNA in modo da modificare difetti genetici in animale e uomo. La trasfezione è stata fatta negli anni 70 usando DNA virale che dava un marcatore: se il DNA funziona le cellule si infettano e riproducono i virus. Però serve in realtà un sistema di selezione: devo avere dei marcatori che mi consentono di selezionare le cellule che hanno integrato il DNA e lo mantengono. ES: ampicillina per batteri In realtà non ci sono sistemi efficienti per animali però è necessario trovare marcatori. Uno dei marcatori usati maggiormente nei batteri è la resistenza agli antibiotici, non utilizzabile su mammiferi. I primi esperimenti sono stati fatti usando alcuni geni marcatori come il gene per la timidilato chinasi (TK): gene che consente di fosforilare la timidina, oppure il gene per la di-idrofolato reduttasi (dhfr). Sono stati usati questi geni per 2 motivi: 1- Erano geni disponibili perchè presenti su alcuni virus e facilmente isolati 2- Usate per transfettare CHO che erano difettive per questo gene: mutanti Questi sono stati i primi approcci. Successivamente sono stati identificati anche per mammiferi alcuni marcatori dominanti. Ci sono antibiotici che possono bloccare la crescita in eucarioti e sono stati usati come marcatori i geni della resistenza da idromicina e canamicina. Come si fa a selezionare cellule usando il gene per la TK? Si usano terreni HAT, che oltre alla mistura normale hanno anche supplementi quali: - Hipoxantina: consente di bypassare il blocco perché consente di ripristinare la biogenesi di purine e pirimidine Aminopterina: blocca la sintesi ex novo di timidina monofosfato GMP e TMP e purine (blocco la sintesi endogena) - Timidina: se c’è l’enzima TK la timidina entra nella cellula viene fosforilata e si genera TMP Da precursori comuni abbiamo: - La via che porta alle purine - Il precursore IMP (inosina mono fosfato) Dati i precursori per le pirimidina abbiamo uridina monofosfato che può essere ridotto a dUMP e trasformato in TMP (timina mono fosfato). Però se metto nel terreno ad esempio aminopterina, questa blocca questa sintesi in quanto un evento importante per ottenere l’inosina richiede l’intervento di un cofattore è l’acido tetraidrofolico (trasporta unità di carbonio). L’acido tetraidrofolico viene ottenuto dall’acido di-idrofolico da parte del dhfr. L’acido tetraidrofolico serve anche per generare la timina come donatore di metile. Se do l’amninopterina blocco la dhfr quindi la sintesi di purine e timidina. Se ho delle cellule che non hanno TK queste cellule in un terreno HAT non crescono perché non sono capaci di formare dTMP (desossi timidin mono fosfato). Se a queste cellule dò DNA che contiene il gene TK il meccanismo viene mantenuto e cresceranno. Soltanto le cellule che hanno incorporato e mantengono il DNA cresceranno in un terreno HAT. ES: DNA virale da Herpes che contiene il gene TK + DNA che contiene il gene per la beta globina di coniglio Si innesca l’internalizzazione con il cloruro di calcio e si attende un certo tempo perchè il DNA si esprima e sintetizzi la TK. Poi si mettono in terreno HAT. Solo le cellule che hanno mantenuto il DNA possono crescere e si formeranno delle colonie. Le colonie saranno poche e sono stabili nel senso che mantengono quel pezzo di DNA in modo stabile. 77 Il mantenimento del DNA è dato dal fatto che grazie a eventi di ricombinazione il DNA si integri nel loro genoma. Il luogo non si sa, è casuale. Le efficienze sono basse e spiega perché il numero di cloni è piccolo: avere integrazione è raro. Se il DNA non viene integrato per qualche generazione il DNA sarà presente ma poi si perde. Se voglio aumentare la probabilità di avere un co-integrazione sarebbe ideale mettere sullo stesso DNA il gene TK e adiacente il gene per la beta globina. Per vedere se il DNA è presente il fatto stesso che le cellule crescono è indicativo dell’integrazione. In alternativa si può fare una ibridazione con Southern blot: dai cloni cresciuti si estrae il DNA, viene digerito con enzimi restrizione, separato su gel di agarosio, trasferito su nitrocellulosa e ibridato con una sonda specifica per la beta-globina si va a vedere poi se ci sono frammenti di DNA corrispondenti. Come si fa a fare la selezione basata sul gene della dhfr? Si usano delle cellule CHO che sono mutate quindi non hanno dhfr. Queste cellule crescono solo se al terreno si aggiunge ipoxantina e timidina. Non avendo la dhfr devo mettere: - Hipoxantina per avere la sintesi di purine - Timidine per avere la sintesi del dTMP Se fornisco il DNA che contiene il gene funzionante per dhfr queste cellule possono crescere su un terreno senza supplementi. Prima della trasformazione per farle crescere le dovevo mettere in un terreno con H e T altrimenti non crescevano, dopo la trasformazione crescono da sole. A questo sistema basta un DNA lineare, non occorre un plasmide, che porta il gene della dhfr WT e in più il gene estraneo che voglio inserire. Il DNA viene fatto entrare usando cloruro di calcio, si lascia per un certo tempo nel terreno con supplementi e poi lo si trasferisce in terreno senza timidina e ipoxantina. Cresceranno solo se c’è stata integrazione. Posso a un certo punto fare una procedura di selezione che aumenta a dismisura il numero di copie del gene integrato. Può essere fatto con un inibitore detto metotrexato: inibitore della dhfr, quindi inibisce l’enzima che faccio esprimere. In concentrazioni basa di 0,05 micro molare di inibitore l’inibizione sarà parziale quindi alcuni cloni muoiono e rimangono i cloni resistetti, forse perchè producono più dhfr. Queste cellule resistenti vengono rimesse in coltura e si amplificano, poi mette una quantità molto superiore di metotrexato: 0,25 micro molare e nuovamente seleziono. Questo processo viene fatto più volte fino a una concentrazione di inibitore di 5 micro molare (100 volte superiore alla prima) e nuovamente si ottengono cloni. A livelli citogenetici si vede che c’è stata una amplificazione del DNA: con eventi di duplicazione genica si arriva ad avere anche più di 100 copie del gene integrato. Avendo molte copie produrrà grande quantità di dhfr e crescono anche in presenza di concentrazioni elevate di inibitore. Togliendo l’inibitore questa condizione rimane per molte generazioni. Questo mi interessa perché se i due geni sono vicini quando viene amplificato il gene di dhfr viene amplificato anche l’altro: ho 100 copie del gene per dhfr e 100 copie dell’altro gene. Posso sfruttare questo a livello industriale facendo crescere cellule nel bioreattore e producendo qualcosa che mi interessa. Spesso in laboratorio per avere una trasformazione si usano marcatori dominanti: non richiedono l’uso di mutanti ma funzionano su qualsiasi WT. I marcatori più usati sono: - Gene neo: codifica per un enzima che si chiama neomicina fosfo transferasi, enzima che inattiva la neomicina e canamicina, inoltre inattiva un derivato G418 che è un analogo della neomicina ma che funziona bene su ribosomi di mammifero (blocca la sintesi proteica su 80S). Se faccio esprimere il gene neo, questo va a fosforilare l’inibitore che quindi non è più attivo→resistenza. Cellule che esprimono il gene neo possono crescere in presenza del G418 - Gene HPH (igromicina fosfotransferasi): igromicina blocca la sintesi proteica in eucarioti. Esiste un gene HPH che dà la resistenza a igromicina quando questo gene viene espresso in mammifero rende le cellule resistenti. 80 • DEAE-DESTRANO Una tecnica simile usata nei primordi delle tecnologie per ottener cellule trasformate è con polisaccaridi carichi positivamente in particolare il polimero chiamato DEAE-destrano. Polisaccaride costituito da unità di D-glucosio legate mediante legami di tipo alfa1/4 o alfa1/6. Ottenuto aggiungendo DEAE al destrano. È una resina usata anche in cromatografia. Il DNA carico – si lega al polimero. Usando qualcosa che allenti la membrana plasmatica è possibile far entrare il DNA. Però non funziona con tutti i tipi cellulari. • LIPOSOMI Il metodo chimico più efficiente e molto usato in laboratorio è l’uso di liposomi. I liposomi sono vescicole che si ottengono trattando una sospensione di fosfolipidi. Trattando con ultrasuoni queste miscele si possono generare delle strutture di aggregazione in cui le catene idrofobiche interagiscono tra di loro e si formano delle specie di micelle o vescicole, chiamate liposomi I liposomi sono interessante perchè facendo avvenire la reazione di formazione di micelle in una soluzione che contiene particolari composti questi possono rimanere imprigionati. Quando il iposomia entra in contatto con la membrana della cellula in seguito all’affinità tra liposoma e lipidi della membrana il liposoma si fonde con le membrana plasmatica e il contenuto viene riversato nella cellula. Sono quindi dei vettori per trasportare sostanze che sono di solito impermeabili e farle passare nelle cellule. Quello che accade è che il DNA non viene imprigionato dentro ma si associa alla superfice dei liposomi attraverso una interazione elettrostatica: il DNA carico – interagisce con le teste cariche +. Quando si trattano liposomi e DNA e si aggiunge alla miscela cellulare i liposomi tendono a fondersi con la membrana plasmatica e molecole associate a liposomi entrano nella cellula. Questo è il metodo chimico più efficiente. Consente di trasferire anche DNA di grandi dimensioni. Lo svantaggio è che è più costo rispetto altri metodi: i reagenti per fare i liposomi sono costosi. METODI FISICI: Ci sono dei tipi cellulari, in particolare colture primarie di neuroni o epatociti, che non vengono facilmente trasformati con metodi fisici. In questo caso vengono usati metodi fisici. • ELETTROPORAZIONE Metodo più usato. Le cellule devono essere sospese in un mezzo a bassa forza ionica: importante per evitare la formazione di correnti elevate. Nel mezzo viene inserito anche il DNA (lineare o circolare è indifferente) poi le cellule sono poste in una cuvetta che contiene 2 elettrodi di platino e attraverso gli elettrodi si applica un impulso di tensione (scarica di un condensatore). Quello che accade è che la tensione (400-5000 volt) deve essere tale da generare una perforazione della membrana plasmatica. Se il campo elettrico è troppo elevato il materiale isolante cioè la membrana si perfora. La scarica elettrica quindi forma dei piccoli fori. Quando si formano questi pori le molecole che sono all’esterno possono entrare. Se il grado di perforazione è elevato le cellule possono restare perforate in modo permanente, altrimenti se viene dosato si può garantire una sopravvivenza delle cellule. Quando finisce la scarica immediatamente il foro si chiude perché la membrana è fluida, c’è una mobilità dei fosfolipidi e delle altre molecole per cui il foro dura qualche millisecondo e poi chiuso. Questa è la tecnica più usata quando ho a che fare con cellule recalcitranti, difficili da trasformare con metodi chimici. 81 • MICROINIEZIONE Un'altra tecnica è con capillari sottili: microiniezione. Questa tecnica veniva spesso usata per inserire nelle cellule proteine o anticorpi però è poco agevole dal punto di vista pratico. Inoltre, posso iniettare poche cellule. Questa tecnica non si usa per le linee cellulari ma viene usata quado le cellule in questione sono gli oociti: è possibile inserire DNA estraneo in cellule uovo (solitamente fecondate), siccome l’oocita è grande e facilmente maneggiabile. • GENE GUN Altro metodo è quello del gene gun (biolistico): metodo fisico che consiste nel formare microproiettili (di metalli pesanti), si fa precipitare su questi del DNA e vengono poi messi in un contenitore che viene sparato ad alta pressione sul bersaglio. Il metodo biolistico è interessante perchè consente di trasformare qualunque tipo di cellula. È un metodo invasivo. Cosa succede quando il DNA entra nelle cellule? Inizialmente molto DNA entra, indipendentemente dal fatto che sia lineare o circolare. Dopodiché applicando una pressione selettiva, ad esempio con un marcatore dominante (ES: G418) solo le cellule che mantengono il DNA, quindi che lo integrano, generano dei cloni trasformati. Questa è un tecnica complicata che richiede molto tempo prima di avere un clone (2-3 settimane) poi il clone deve essere caratterizzato a livello molecolare e biochimico e inoltre ogni clone è a sé dato che l’integrazione è causale. Però per molte applicazioni non è necessario avere dei cloni stabili perchè quando il DNA entra all’inizio (30- 40% delle cellule) in tutte queste cellule se il Dna funziona può essere trascritto e tradotto. Quindi il DNA viene espresso. Però nella maggior parte dei casi se il DNA non si integra in un cromosoma dopo un po’ di generazioni verrà perso. Almeno per 3-4 giorni però tutte le cellule esprimono il DNA: se ci sono geni di interesse possono essere espressi e si ottiene la proteine codificata. Questa tecnica è la espressione transiente: dopo il trattamento con cloruro di calcio per 3-4 giorni le cellule possono trascrivere e tradurre un eventuale gene e quindi in tempi brevi posso avere un risultato. Siccome non ho bisogno di un sistema di selezione in questo caso posso usare banalmente dei plasmidi batterici che portano il gene di interesse, non è necessario un marcatore. Quindi un vettore per espressione transiente è un plasmide batterico qualunque, che ha: - Origine di replicazione per coli - Marcatore qualunque come resistenza all’ampicillina 82 - Promotore - Sequenza che codice per qualcosa che voglio far esprimere nelle cellule Se voglio far esprimere una proteina eucariotica raramente si mette il gene perché è troppo grande e contiene molti intoni, ma si mette un cDNA: si deve però usare un promotore efficiente e un terminatore quindi un sito di poliadenilazione così che il sistema di trascrizione RNA pol 2 possa trascrivere e generare un messaggero poliadenilato e facilmente utilizzabile dai ribosomi. L’espressione transiente è molto usata in laboratorio per ottenere proteine ricombinanti da cellule di mammifero che possono essere ad esempio enzimi per studiarli a livello biochimico. Le quantità non sono elevate perché si parte da colture limitate però la procedura è veloce: in 3-4 giorni ho la mia proteina. Viene anche usata per studiare la localizzazione di proteine cellulari. Questo perchè è possibile fare delle fusioni tra la sequenza codificante per una proteina cellulare che voglio studiare e proteine fluorescenti (GFP) e spesso la proteina di fusione si comporta come la proteina nativa. Questo viene fatto senza uccidere le cellule: le proteine fluorescenti sono visualizzate usando cellule vive al microscopio. L’applicazione sperimentale è di studiare l’espressione genica quindi l’attività di promotori o enhancer: tutti i geni eucariotici hanno davanti regioni regolatrici che consentono una elevata espressione del gene (sono amplificatori che funzionano in risposta a stimoli ben precisi). Quindi si può studiare l’attività di promotore e enhancer facendo trasfezioni transienti e inserendo dei costrutti che portano la regione promotrice fusa a una sequenza che codifica per qualcosa facilmente misurabile → gene reporter. GENE REPORTER: sequenza che codifica per una proteina non presente in quelle cellule. Se trovo quella proteina questa deriva dall’espressione del DNA che è stato inserito. Alcuni esempi sono: - CAT (cloramfenicol acil transferasi), che è un enzima batterico - Beta galattosidasi, ma non sempre. Si può usare quando le cellule bersaglio non la producono già - Beta glucoronidasi: enzima di origine batterica e si usa come reporter nelle cellule vegetali - Luciferasi: enzima prodotto dalle lucciole ed è una fotoproteina, questo enzima in presenza di APT può ossidare un substrato specifico che è la luciferina ed è una reazione fotochimica per cui durante la reazione si produce luce. - Proteine fluorescenti: molto usate ora. Il prodotto è GFP (green fluorescent protein), il vantaggio del GFP è che si visualizza senza uccidere le cellule Tutti i reporter per poter essere dosati necessitano di uccidere le cellule e fare un lisato proteico. Il sistema reporter più vecchio e usato molto negli anni 80 per studiare enhancer e promotori usando espressione transiente, è la CAT. Il problema della CAT è che non è un saggio facile perché la CAT acetila il cloramfenicolo e questo acetilato non ha proprietà particolari, non è colorato, quindi non poso vedere la reazione allo spettrofotometro. Posso solo vedere quanto cloramfenicolo acetilato si forma e questo si fa usando un saggio radiochimico: si usa cloramfenicolo radioattivo (marcato con C14), si aggiunge acetil-CoA (donatore di acetile), si aggiunge l’estratto proteico delle cellule, si lascia incubato per 30-60min e poi si va a vedere quanto cloramfenicolo acetilato si è formato. Per vedere si separa tramite cromatografia cloramfenicolo acetilato e normale. Si fa una TLC: lastrina di vetro che ha uno strato di gel di silice, la miscela viene seminata e si immerge la lastra in un solvente organico, il tutto dentro una camera, poi il solvente migra e trascina i composti. Si usa un sovente apolare quindi la mobilità dipende dalla polarità della molecola: - Le molto più polari si muovono poco→il cloramfenicolo si muove poco - Le molecole meno polari si muovono di più→cloramfenicolo acetilato (è meno polare) Le macchie si vedono mettendo a contatto una lastra fotografica, dato che cloramfenicolo è radioattivo, marcato solitamente con C14. 85 Ha la presenza di beta-barrel: foglietti beta che formano un barilotto, chiusa da 2 alfa-eliche. All’interno c’è un piccolo tratto ad alfa elica che genera il cromoforo: responsabile della fluorescenza. Come mai questi amminoacidi generano un fluorocromo? Gli amminoacidi sono 3: serina, tirosina e glicina, che di per sè non sono fluorescenti ma questa sequenza va incontro a un processo di ossidazione spontanea catalizzata dalla stessa proteina (reagisce con l’ossigeno) e si genera il fluorocromo. Siccome la fluorescenza richiede questo processo di ossidazione, l’ossidazione non è però immediata: facendo esprimere la sequenza codificante per GFP inizialmente la proteina non è fluorescente ma diventa fluorescente man mano che si ossida e questo richiede anche 30-60min ma se la vogliamo usare come reporter ci serve qualcosa che risponda più velocemente. La GFP nativa ha 2 picchi di assorbimento: - 395nm quindi nel vicino UV - 480nm nel blu/azzurro Ed emette con un picco a 506nm nel verde. La resa quantica di questa proteina non è elevata. In laboratorio è stata modificata la proteina. La variante usata attualmente in laboratorio è EGFP dove E sta per enhancer. Ha le stesse proprietà della GFP WT ma ha 2 vantaggi: - Si ossida più velocemente - È più fluorescente (ha una resa quantità maggiore, è più brillante) La modificazione è piccola: contiene una treonina al posto della serina. Inoltre, l’amminoacido precedente che è una Phe nel WT, sarà una leucina. →ci sono state 2 modificazioni Queste modificazioni sono state ottenute in modo casuale. È stata presa la sequenza di interesse ed è stata sottoposta a PCR mutagenica, si ottengono tanti cloni che contengono mutazioni diverse e sono state fatte esprimere in Coli, poi sono state prese le proteine più brillanti. Con lo stesso metodo sono state isolate altre varianti: - EBFP: blu - EYFP: yellow Cambia lo spettro di assorbimento e di emissione. - La blu è eccitata nell’UV ed emette intorno a 450nm quindi nel blu dello spettro visibile - La yellow è eccitata a 480nm come la green ma emette a lunghezze d’onda maggiori della verde (è più gialla) Residui apparentemente lontani dal fluorocromo sono in realtà importanti: le interazioni tra amminoacidi modificano lo spettro. Nella yellow c’è una tirosina lontano ma nel folding si associa e interagisce con la tirosina 66→possono cambiare le caratteristiche spettrali della proteina. Una variante molto usata è la ciano: la ciano invece di avere una tirosina ha un triptofano. Assorbe a 450nm ed emette a 480nm. Quindi andando a cambiare il residuo in posizione 66 si possono cambiare in modo interessante le proprietà della proteina. 86 A partire dalla scoperta iniziale di GFP e dalle prime varianti prodotte intorno al 2000 sono state scoperte poi altre proteine fluorescenti, sempre da celenterati. Si è visto che molti coralli contengono proteine fluorescenti. Spettro di eccitazione (quanta luce assorbono le proteine al variare della lunghezza d’onda): - Blu: intorno a 380 - Ciano: intorno a 425 - Green: intorno a 480 - Red: intorno a 550 Spettro di emissione: La fluorescenza a livello delle cellule può essere vista al microscopio ma anche al citofluorimetro: strumento dove le cellule vengono fatte passare davanti a un fasico di luce eccitante e si monitora la fluorescenza. Posso quindi separare le cellule in una popolazione. Le cellule sono fluorescenti in modo omogeneo se le proteine non sono localizzate modo specifico. Posso contare le cellule fluorescenti per determinare l’efficienza di trasfezione, usando un vettore che prime il gene GFP. Valutando la diversa fluorescenza posso definire la variabilità. Un vettore può essere usato per: - Far esprimere GFP - Fare fusioni tra una proteina e GFP È un vettore a base batterica con origine di replicazione per Coli. Come marcatore porta il gene neo: resistenza a canamicina e neomicina. Può esser usato nei batteri ma può ance essere usato su mammifero usano il G418. È utile perchè la proteina di fusione GFP è un dominio compatto quindi non dà fastidio: solitamente la proteina di fusione ha le stesse proprietà della proteina normale, quindi interagisce come la proteina normale. Però è fluorescente, quindi possiamo edere dove si localizza e se la localizzazione cambia se si fanno trattamenti. Per il lievito c’è una banca dati dove si può vedere la localizzazione di qualsiasi proteina: è stata fatta la fusione di GFP con la proteina che si vuole localizzare. In realtà non tutte le proteine possono essere localizzate perché se sono troppo in basso per vedere la fluorescenza allora non le posso localizzare. Sono anche disponibili cloni. Se eccito a 470nm eccito bene la yellow, green e in parte che la ciano. Se però eccito a 405nm eccito solo la ciano. Se ho una situazione in cui ciano e green sono fatte esprimere insieme nella stessa cellula e se sono abbastanza vicine tra loro può accadere che ci sia un trasferimento di energia e le vedo entrambe. 87 C’è una regione di sovrapposizione: la luce emessa della ciano si sovrappone alla luce di assorbimento della yellow. Quando c’è questo fenomeno di sovrapposizione tra lo spettro di emissione di un fluorocromo e di assorbimento dall’altro posso avere il fenomeno di trasferimento di energia non radioattiva → effetto FRET. Immaginando di avere 2 fluorocromi, la coppia più utilizzata è quella di yellow e ciano. Se la proteina A ha legato la ciano e la proteina B ha legato la yellow: - Se le due proteine sono distanti, non fisicamente vicine, quando vado a eccitare la ciano a 430nm ho solo la fluorescenza azzurra - Se però le due protein sono vicine tra di loro e interagiscono, i due fluorocromi sono vicini per cui se eccito la ciano ho un trasferimento di energia e vedo anche la fluorescenza della yellow. Questo è un trasferimento di energia non radiante e richiede 2 condizioni: 1- Gli spettri di emissione di uno e di eccitazione dell’altro devono essere parzialmente sovrapposti 2- La distanza R diminuisce per R6 quindi la FRET si ha quando i fluorocromi sono in contatto: quando si allontanano anche di poco l’effetto FRET crolla (affinché si abbia effetto FRET significativo i fluorocromi devono essere a 100 Amstrong) Il FRET può essere usato per 2 scopi: - Se A e B co-localizzano e si associano. La distanza richiesta è piccola quindi ho FRET solo se ho interazione diretta tra e due proteine - Se ho un costrutto in cui le due porzioni possono interagire in risposta a qualcosa. ES: proteine in 2 conformazioni tale per cui quando viene legato qualcosa cambia la conformazione Questo fenomeno è stato usato per studiare la risposta in vivo al calcio. Utilizzando opportune copie di proteine fluorescenti possiamo avere il FRET: per vedere se c’è interazione tra proteine o riarrangiamenti che cambiano la conformazione della proteina. Ad esempio, una delle applicazioni è di costruire dei sensori che vengono fatti esprimere nelle cellule per misurare le proteasi. 90 ES: se voglio produrre delle proteine è utile prima avere tanta biomassa quindi far crescere le cellule e quando ho la biomassa elevata indurre l’espressione del gene. Dal punto di vista tecnologico per un sistema di espressione è meglio avere un sistema inducibile perché poso controllarlo. Se faccio questo esperimento per cercare di studiare una proteina è ottimale accendere e spegnere a comando per capire cosa fa la proteina nel sistema cellulare. Sono tanti i sistemi inducibili in lievito: - Operone LAC - Sistema Gal Nei sistemi di mammifero la situazione è più complicata: non ci sono in natura die sistemi così regolati. ES: promotore metallotioneina. Proteina prodotta nel fegato e secreta nel circolo sanguigno. Ha la capacità di chelare metalli pesanti (cadmio, rame, piombo…) questo è importante perché i metalli pesanti sono tossici perché possono inattivare molti enzimi. Siccome metalli pesanti sono presenti nel nostro organismo tutti i sistemi cellulari hanno sviluppato meccanismi di difesa e la metallotioneina è uno di questi: lega metalli pesanti e li sequestra. La metallotioneina nei mammiferi è prodotta in modo costituito a un certo livello. Però viene indotta in presenza di metalli pesanti: sistema di induzione specifico. Quindi se in un vettore metto come promotore il promotore per la metallotioneina vedo che l’espressione aumenta di 10 volte in condizione sub-tossiche con metalli pesanti. L’aumento è modesto (max 10 volte): non ho un controllo stringente sull’espressione. Con recettori regolati da glucorticoidi (ES: cortisone) la situazione migliora. I glucorticoidi sono ormoni prodotti dalla ghiandola del surrene e secreti in grande quantità in condizione di stress. Il cortisone aiuta a superare lo stress. È uno steroide e molte cellule hanno un recettore specifico per il cortisone: entra nella cellula e trasloca nel nucleo dove si lega a sequenze specifiche chiamate GRE (glucocorticoid responsive elements) piccola regione che si comporta come un enhancer. Il recettore si lega e attiva potentemente la trascrizione. L’effetto è di circa 50 volte. Un promotore che risponde a glucorticoidi è di origine virale il MMTV: retrovirus. Questo promotore contiene un elemento GRE che consente di indurre la trascrizione da glucorticoidi. Questo sistema funziona ma ha degli svantaggi: il glucorticoide non va ad attivare solo questo nella cellula ma attiva tanti geni cellulari. Quindi attivo la trascrizione del mio bersaglio ma modifico anche l’assetto trascrizionale della cellula. Recentemente sono stati sviluppati promotori sintetici che rispondono a segnali che normalmente non ci sono. Tra i promotori più utilizzati su mammifero per avere una espressione regolata di un transgene sono quelli che rispondono alla tetraciclina. Perché? La tetraciclina è un antibiotico che agisce sui ribosomi batterici (specifico per i 70S) e blocca la sintesi proteica. Dando la tetraciclina a mammifero fa poco niente: ci possono essere effetti perchè a concentrazioni molto alte la tetraciclina se entra nei mitocondri può bloccare la sintesi proteica perché mitocondri hanno ribosomi batterici. A concentrazioni terapeutiche però non c’è questo effetto. Quindi se ho un sistema che risponde alla tetraciclina posso pensare di andare ad agire in modo selettivo su questo senza effetti collaterali. Questo è vantaggioso perchè esiste una proteina Tet-R che è un repressore che si lega a una sequenza chiamata operatore. Questa proteina si lega come dimero ad alta affinità alla sequenza e si stacca in presenza di tetraciclina. Questo è un sistema di origine batterica che consente di avere un controllo immediato della tetraciclina. Il vantaggio è che: - Il repressore ha un’alta affinità per il DNA operatore (1014) - L’affinità è minore per un DNA qualunque: tutte queste proteine legano qualunque DNA, i repressori hanno infatti una porzione basica e legano qualunque DNA però l’affinità è minore (109). 91 - In presenza di doxiciclina l’affinità è ancora alta ma diminuisce di 100 volte rispetto all’assenza dell’antibiotico (1011). L’affinità scende e questo fa sì che il repressore si possa staccare: c’è una competizione tra la sequenza specifica e aspecifica presenti nel genoma. Il vantaggio è che l’affinità è così alta che consente di legare il repressore anche se il genoma è molto grande (genoma di mammifero). Il repressore Lac funziona allo stesso modo: si lega a un operatore e si stacca in presenza di lattosio o analoghi. C’è stato qualche tentativo di usarlo in mammifero ma con risultati poco efficienti perchè il repressore Lac ha affinità per il sito operatore da 100 a 1000 volte minore. Funziona bene in batteri dove il DNA è poco ma non funziona in mammifero perchè la competizione con siti aspecifici è troppo alta: non riesce a reprimere. Se metto un sito operatore dento a un promotore eucariotico mi aspetto che il repressore si leghi al sito operatore e blocchi la trascrizione. Non funziona così perchè normalmente i geni eucariotici sono già repressi dalla cromatina quindi non funziona perché vado a reprimere qualcosa che è già represso. L’idea è di usare questo sistema ma di cambiare il meccanismo: le regioni operatore sono messe non nel promotore ma a monte del promotore. Il repressore è stato modificato generando una proteina di fusione tra repressore e dominio attivatore, solitamente si usa un dominio acilico. È stat cambiata la logica: bisogna far esprimere dentro la cellula sotto il controllo di un promotore costitutivo una proteina di fusione che porta la sequenza del repressore Tet-R fusa con un dominio attivatore→transattivatore che risponde alla doxociclina. Il mio gene che voglio controllare è posto davanti a un promotore, senza enhancer, e davanti metto un certo numero di copie della sequenza dell’operatore (3-4 copie). Questi due costrutti sono fatti esprimere nelle cellule e possono esser usati: - In transiente: il fenomeno dura poco - In stabile In presenza di doxiciclina il transattivatore non si lega perchè la doxiciclina impedisce il legame del represore al sito operatore. Togliendo la doxiciclina il repressore si lega efficacemente e legandosi il suo dominio attivatore attiva potentemente la trascrizione del gene a valle. →trascrizone nulla in presenza di doxociclina. Al diminuire della sua concentrazione ho trascrizione e produzione di proteina. Il sistema si chiama Tet-off perchè ho espressione quando tolgo l’antibiotico. Di quanto aumenta l’espressione? Sono stati creati cloni ci HeLA che contengono il transattivatore attivato ed è stato integrato anche un reporter con la luciferasi: - Promotore - Luciferasi - Siti operatori davanti al promotore Vedo quindi il sistema come funziona aggiungendo e togliendo la tetraciclina e monitorando l’attività luciferasica. - Espressione abissa in presenza di Tc, in alcuni cloni è nulla 92 - Togliendo al Tc il sistema è indotto e i livelli di espressione aumentano molto: nei cloni dove era quasi nulla arriva a 4000 unità. C’ un fattore di controllo di più di10 mila volte tra sistema bloccato e quello indotto. Avendo sistemi integrati casualmente ho una risposta variabile ma comunque il fattore di attivazione è di 1000 o 10mila volte di più → controllo stringente. Il sistema è modulabile perchè usando concentrazioni intermedie di Tc posso avere livelli di espressione alti o minori: passo da 0 al massimo ma posso avere valori intermedi. Grafico scala log: Il sistema è controllabile e selettivo: la Tc non agisce su altri elementi ma solo sul promotore stabilito. Quando faccio dei cambi di terreno passando da sistema non indotto con Tc a sintema senza Tc quindi terreno che induce, l’attività aumenta. Se ho cellule senza doxiciclina quindi stanno esprimendo la luciferasi, aggiungendo la doxiciclina al T0 l’attività scende ma non subito: la proteina c’è, non scompare subito, non c’è più trascrizione ma la proteina presnete rimane e decade nel tempo. Questa tecnica è molto usata per avere una espressione controllata e può anche essere usata per generare animali transgenici dove posso controllare l’espressione di un transgene usando la Tc. La doxiciclina viene messa nell’acqua e l’animale la beve. In realtà per gli animali questo non è il metodo migliore, sarebbe meglio che avvenisse il contrario: induco qualcosa quando dò l’antibiotico. È stato sviluppato un sistema chiamato Tet-on, che funziona al contrario: l’espressione avviene soltanto in presenza di doxiciclina: - Senza doxiciclina i livelli sono bassi - All’aumentare di doxiciclina aumenta l’espressione Questo sistema è stato ottenuto isolando una variante attraverso mutagenesi casuale di repressore che funziona al contrario: si ha una molecola con il repressore ma che invece di legarsi in assenza si doxociclina, si lega in presenza di doxiciclina → rovesciata l’affinità. Per ottenere il mutante è stata fatta una PCR mutagenica error prone. Questa variate che funziona al contrario è la rtet-R. Quindi il sistema Tet-on è più efficiente ad esempio per ottenere animali transgenici. Dal punto di vista meccanicistico i due sistemi funzionano ma il livello di induzione è diverso: il sistema Tet- on viene indotto meno efficientemente del Tet-off. I livelli di regolazione del Tet-on è di circa 100 volte, contro 1000-10mila volte del Tet-off. È possibile avere dei sistemi di trasfezione più efficienti. Il problema è che usando cellule di mammifero si possono avere: - Buone efficienze per trasfezione transienti 95 I costrutti fatti in questo lavoro sono: pGFP funziona solo da vettore integrativo. Se ci metto la sequenza MAR (circa 1000 basi), GFP e origine id SV40 funziona. Gli autori hanno tolto l’origine SV40 cambiando il promotore che controlla l’espressione del gene neo ed è stato ottenuto pEPI che replica in mammifero. Dopo la sequenza orignale molto grande che conteneva ripetizioni ricche ti A e T, sono state isolate poche regioni che mimano la sequenza importante (corta, circa 100b), e la sequenza MAR è stata sostituita da queste regioni→pMARS. È sufficiente la presenza di 4 ripetizioni ricche in AT, artificiali, simili alla MAR originale, per garantire la replicazione autonoma. Questo è possibile a patto che ci sia trascrizione: se non c’è il promotore o viene messo un terminatore non ci sarà più replicazione autonoma. Questi vettori sono stabili e non creano danni dato che non si integrano. Sono stati usati per creare animali transgenici ma anche per terapia genica. Infatti, uno dei problemi della terapia genica è il controllo del sito di interazione (mutazione da inserzione). Vettori retrovirali: Sono stati proposti per terapia genica. Questi si integrano con altissima efficienza 1 retrovirus infetta 1 cellula. L’infezione non è letale: non ho la lisi ma la cellula mantiene la sequenza. Sono vettori specie-specifici. Hanno svantaggi: - Il genoma si integra in singola copia: i livelli di espressione sono bassi - L’integrazione può alterare l’espressione di geni adiacenti o portare a mutazioni per inserzione I retrovirus sono virus che hanno un genoma a RNA fatto da 1 solo filamento di RNA, incapsulato in un core. Hanno alcune attività nel core: - Trascrittasi inversa - Attività ribonucleasica - Attività di integrasi - Attività di proteasi Ci sono poi proteine strutturali del capside e all’esterno c’è una membrana lipidica che deriva dalla cellula che ha prodotti il retrovirus. Questa membrana porta delle glicoproteine specifiche codificate dai retrovirus (proteine env). Queste proteine hanno la specie-specificità: a seconda delle proteine env il retrovirus si associa a topo, uomo, scimmia… 96 Quando un retrovirus incontra un cellula bersaglio questo interagisce con i recettori sul bersaglio grazie alle sue glicoproteine. Avviene un fenomeno di endocitosi: la membrana che ricopre il virione si fonde con quella plasmatica e la particella virale entra all’intero. Il genoma viene liberato e attraverso un processo di trascrizione inversa si genera una copia di DNA a doppio filamento, grazie a fatto che il retrovirus ha la trascrittasi inversa e questa copia di DNA viene integrata con alta efficienza dentro un cromosoma della cellula bersaglio. L’inserzione è casuale potendo così causare danni nell’ospite come mutazioni, silenziamento nella trascrizione di geni e attivazione della trascrizione di altri. Ciò che ci fa capire che il retrovirus è integrato è che la sequenza ha 2 regioni ripetuti LTR (long terminal repeats) a dx e sx del genoma del retrovirus, quella che si trova a dx contiene un promotore forte per cui il genoma viene trascritto con alta efficienza di produce mRNA virale, questo è usato dai ribosomi e viene anche utilizzato come RNA he viene impacchettato nelle particelle virali. Producendo molto RNA: - Una parte viene usato per fare proteine - Una parte va a fare il genoma Si producono particelle virali che escono per gemmazione dalla cellula infettata. L’infezione non provoca la morte della cellula a continua a produrre molecole virali che possono infettare altre cellule. Il genoma di un retrovirus contiene 3 geni, interposti tra le due LTR: • Gag: codifica per le proteine strutturali che formano il core della proteina virale. Serve per fare la proteina di base che forma la struttura della particella virale • Pol: codifica per una proteina multifunzionale che funge da trascrittasi inversa (è una RNA polimerasi RNA-dipendente) e contiene anche attività di integrasi per facilitare l’integrazione del DNA nel genoma • Env: glicoproteina di membrana che finisce nella membrana plasmatica e resta intorno alla particella virale quando viene liberata e consente la specie-specificità de retrovirus Prima del gene gag c’è la sequenza psi ricca di purine che serve per impacchettare l’RNA generato dalla trascrizione nella particella virale. Senza la sequenza psi l’RNA non può essere impacchettato (le particele virali non contengono il genoma del retrovirus). Il genoma del retrovirus dopo che è stato integrato è un genoma competo: le due LTR sono complete. Ogni LTR ha 3 regioni: - U3 - R - U5 Queste regioni sono importanti, soprattutto U3 perché contiene il promotore. Questo promotore ha un enhancer quindi consente una elevata trascrizione. Quando questo genoma viene trascritto l’RNA che nasce, nasce a valle e quindi il promotore non c’è: inizia con la regione R. In coda U3 è presente ma non sarà più presnete U5 perché dopo R c’è una regione di poli-adenilazione (mRNA per uscire dal nucleo deve avere una coda poliadenilata) e quindi l’RNA che nasce è diverso rispetto al genoma integrato: - Manca del promotore - Manca della regione di coda perché sostituita da poli-A 97 si deve capire come è possibile da questo RNA ottenere il DNA integrato. Se faccio una semplice retro-trascrizione e genero un cDNA complementare questo sarà difettivo e le mancheranno dei pezzi. All’interno delle cellule la retro-trascrizione è tale per cui si va a generare la sequenza che viene integrata. È un processo complicato: 1. RNA presente come genoma nel retrovirus 2. La trascrittasi inversa essendo una RNA pol necessita di un primer (dato da un tRNA: sequenza PBS che è complementare a un pezzo di tRNA che è la tirosina che funge da primer) e copre una regione laterale 3. A partire dal primer la trascrittasi inversa copia il primo pezzo generano il primo pezzo di DNA 4. Ribonucleasi H (ha attività specifica che digerisce gli RNA negli etero duplex DNA-RNA) digerisce l’RNA dell’etero duplex 5. Si stacca e si riassocia dall’altra parte perchè la sequenza R è complementare 6. Riprende la retro-trascrizione a generare un tratto di DNA 7. L’RNA rimasto viene degradato dalla ribonucleasi H tranne una regione ricca in purine che resta e serve da primer per generare il secondo filamento 8. La polimerasi si lega nuovamente e genera il secondo filamento 9. Si generano le LTR che contengono le regioni U3-R-U5 L’attività di integrarsi associata alla trascrittasi inversa facilita l’interazione del DNA nella cellula. Questo sistema è ad alta efficienza: quando il genoma entra questo viene integrato con efficienza del 100%. I retrovirus che vengono usati per trasfettate cellule murine hanno un genoma in cui sono presenti principalmente i 3 geni gag, pol ed env. In realtà il retrovirus nativo oltre a contenere questi 3 geni fondamentali possono portare geni cellulari (oncogene). Quelli che si usano in laboratorio sono stati privati dall’oncogene. Per riuscire ad inserire il DNA nel genoma cellulare richiedono che le cellule siano in fase di replicazione. Se volessi trasformare cellule che non replicano (ES: epatociti, neuroni o cellule muscolari), non funzionano: necessitano di attiva replicazione. Questi retrovirus inoltre non infettano cellule umane. Altri retrovirus tra cui HIV assomigliano ai precedenti, sempre con LTR, ma il genoma è più complicato: oltre ai 3 geni gag, pol ed env, contengono altre open reading frame che generano altre proteine anche attraverso eventi di splicing alternativo. Questi prodotti sono importanti perché: - Aumento l’efficienza di trascrizione del prodotto virale - Consentono al retrovirus di funzionare anche in cellule non replicanti NB: sono chiamati anche lentivirus (infettano cellule non replicanti) Sono in grado di infettare cellule umane→proposti per la terapia genica. I loro ciclo di replicazione è simile, con differenza che i prodotti consentono ai retrovirus di integrare il genoma anche in cellule non in fase replicativa→VANTAGGIO.