Scarica Biologia molecolare applicata meacci e più Dispense in PDF di Biologia Molecolare solo su Docsity! BIOLOGIA MOLECOLARE APPLICATA I GENI A parità di dimensioni del genoma, il numero di geni (strutturali=codificanti) non torna, questo perché c’è un parte del genoma fatta da sequenze non codificanti ma regolatrici. Il numero di geni strutturali non è proporzionale con le dimensioni del genoma negli eucarioti, mentre nei procarioti si, questo perché negli eucarioti ci sono sequenze non codificanti (come es le sequenze che codificano per i microRNA). Es. nel lievito sono il 3,4%, nell’uomo il 44%. Geni non strutturali: coinvolti nelle regolazioni. Da procarioti a eucarioti si ha un aumento della complessità, la quale non è data da diverse proteine, ma dalla regolazione dell’espressione dei geni codificanti, la quale non viene operata da proteine ma ad esempio da microRNa che regolano i livelli del messaggero, o es esistono anche RNa attivatori. Quando si parla di geni si considera una grossa porzione di DNA, ma gli esoni sono soltanto il 20% di un gene. Possono esistere geni all’interno di geni, e in alcuni casi ne viene letto solo uno o tutti. La cellula quando porta avanti un processo lo fa in economia, è un principio che domina su tutti gli altri criteri, ad esempio la presenza di geni dentro ad altri serve per non sprecare porzioni di DNA, poiché questi avranno tutti la stessa parte regolativa, la quale quindi non dovrà essere ripetuta per ogni gene. DNA micro satellite: ad esso sono associate varie patologie che dipendono da un'unica tripletta. Ad esempio nel Morbo di Huntington il gene HD codifica per la proteina antintina, in esso la tripletta CAG nei soggetti sani va da 6 a 35 ripetizioni (è una poliglutammina), ma se un soggetto ha anche solo 36 ripetizioni sviluppa patologia che dipende da un problema neuromuscolare (ha movimenti scoordinati, si muove a scatti). L’antitina è una molecola coinvolta nel trasporto vescicolare di neurotrasmettitori; la proteina alterata non fa rilasciare le vescicole in modo continuo. È stato osservato che gli uccelli non hanno queste triplette, e che il numero di ripetizioni aumenta con l’evoluzione. La trasmissione della malattia si ha da padre in figlio, e il figlio ha sempre un numero di triplette maggiore. Esistono anche patologie dovute a triplette presenti in introni o in regioni UTR, queste sono date da errori nella duplicazione del DNA è come se la DNA polimerasi leggesse la stessa zona più volte, si ottiene un’espansione trinucleotidica. Dall’esempio precedente si nota che dall’osservazione macroscopica si può e si deve scendere al difetto molecolare; in queste patologie prima sicuramente è stato cercato un difetto nelle regioni codificanti, ma poi bisogno estendere la ricerca e osservare tutto il DNA. ORGANIZZAZIONE DEI GENI NEL DNA: Distribuzione non omogenea (non tutti i cromosomi hanno lo stesso numero di geni) e apparentemente casuale, perché ancora non sappiamo spiegare il motivo di tale distribuzione. Non tutti i geni di uno stesso processo sono insieme, spesso sono separati. Distribuzione casuali dei geni non omogenea con diversa densità nelle varie regioni del cromosoma. La distribuzione dei geni però non è casuale, è stata selezionata perché aveva un qualche vantaggio. È importante conoscere come viene naturalmente aumentata l’espressione di un gene. I cromosomi sono classificati in base al bandeggio, con colorazioni di tipo Giemsa o con fluorocromi specifici per ogni cromosoma. 1 STRUTTURA Enhancer (sequenze cis-agenti che aumentano la frequenza di trascrizione, vengono riconosciuti da proteine specifiche) Promotore (ricco di isole CpG in cui la Cyt non è metilata, TATA BOX, possono essere tessuto specifici, sito di legame per le polimerasi, preceduti da elementi regolatori prossimali [CRE]) Sequenza di Kozak (sull’mRNA, aumenta l’efficienza della traduzione, interagisce col tRNA iniziatore) 5’UTR (Un Traslated Region, influenzano la stabilità, il trasporto e la traduzione dell’mRNA) ORF (esoni ed introni) Terminatore (sequenza poli-A) 3’UTR (contengono MRE, sequenza di legame dei miRNA. LOCALIZZAZIONE: come si localizzano i geni? 1. Cerco le isole CpG a monte del promotore (metilate) o in introni (non metilate), oppure sono sempre non metilate le isole CpG nei geni housekeeping; oppure cerco le TATA BOX (tatata prima di ATG) dei promotori 2. Cerco la sequenza di Kozak (ATG con G in posizione +4 e a -3 una purina), cerco gli ATG anche all’interno di geni per vedere se ci sono geni interni ad altri 3. Cerco i codoni di stop 4. Cerco i codoni consenso 5. Analisi di omologia di sequenza (cerco similarità/omologie con geni noti) 6. Cerco la zona esone-esone per intrappolamento degli esoni, o esone/introne per definizione dell’esone Tecniche di intrappolamento degli esoni: Allora abbiamo una porzione di DNA e non sappiamo che cos'è e ci chiediamo se è un gene codificante. partiamo da un vettore contenente 2 regioni di sequenza nota e tra queste due regioni c'è un sito di restrizione, effetto del taglio con l'enzima di restrizione e inserisco nel mezzo il cDNA. Poi trasferisco il plasmide dentro una cellula di mammifero, per sfruttare le capacità della cellula eucariota di leggere il frammento, trascriverlo a mRNA e tradurlo in proteina. Il passaggio tra il cDNA e la proteina prevede lo splicing: dunque se il frammento è un esone è tutto codificante e quindi trovo le mRNA. Come faccio a vedere se c'è stato lo splicing nella mRNA? Purifico mRNA dalla cellula di mammifero, lo ritrasformo in cDNA poi amplifico per PCR e confronto la lunghezza del cDNA con il frammento iniziale: se questa è più corta allora il frammento aveva un introne, oppure non trovo complementarietà perché il frammento era tutto un introne. Oggi il genoma è stato totalmente sequenziato quindi per avere questo tipo di informazioni, posso fare una ricerca bioinformatica, attraverso l’uso di banche dati es primarie che si distinguono in nucleotidiche, proteiche e specializzate. Le informazioni della bioinformatica sono importantissime ma non risolvono tutti i problemi: ad esempio se ho un mrna Come faccio a sapere se è presente in unica copia o se ci sono degli splicing e quindi esistono più copie leggermente diverse dello stesso mrna? Posso fare ad esempio la tecnica del northern blot: parto dal Total RNA; se ho la sequenza codificante posso trovare quanti mrna sono presenti nel gene. in un gene ci possono essere più ATG in una sequenza e possono finire tutti insieme oppure avere splicing diversi. Mentre le tecniche del western blot prevedono di partire dalle proteine; mentre il southern blot parte del DNA fa correre il DNA su gel di agarosio poi lo trasferisce su una membrana e riconosce la sequenza di interesse attraverso una sonda (probe) che è un frammento complementare a quella sequenza. I geni vengono classificati anche attraverso una descrizione funzionale un'analisi più ampia escludendo posizione sul cromosoma. Se considero i geni del metabolismo la maggior parte degli organismi preso in considerazione ce l'hanno, mentre se guarda i geni dell'immunità non tutti gli organismi ce li hanno ad esempio anche saccharomyces cerevisiae (lievito) non ce l’ha. Per quanto riguarda il metabolismo arabidopsis ha più geni dell'uomo perché è una pianta e quindi sta ferma, dunque deve potersi adattare alle condizioni ambientali perché non si può spostare; deve avere più sistemi di regolazione rispetto all'uomo. Mentre C. elegans ha più geni per la comunicazione cellulare (in proporzione al numero di cellule) che dell'uomo perché ha poche cellule che devono comunicare tanto per fare tutte le funzioni 2 - Silencer (silenziatori) : is a DNA sequence capable (capace di) of binding repressors. When a repressor protein binds to the silencer region of DNA, RNA polymerase is prevented (impedito) from binding to the promoter region. Thus, silencers block, the translation of proteins. REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENICA La regolazione dell'espressione genica prevede: 1. la compattazione del DNA 2. il rimodellamento della cromatina 3. la modificazione covalente di DNA e istoni La compattazione del DNA E normalmente variata all'interno del ciclo cellulare nella vita metabolica di una cellula quando l'attività metabolica elevata Il DNA è meno compatto. Dipende anche da strutture MAR e SAR sono delle regioni di supporto alla matrice nucleare. MAR serve per l'assemblaggio della matrice, SAR fa parte dello scaffold. il nucleo deriva dal reticolo endoplasmatico ed è in continuità con esso, prima della mitosi il nucleo si disassembla e torna a far parte del RE, poi si riassembla alla fine della divisione delle due cellule figlie. La lamina nucleare è costituita da delle proteine su cui si appoggia l'involucro nucleare, il nucleo è tondo e assume questa forma caratteristica perché è tenuto dalle lamine; difatti durante L’apoptosi la fosforilazione delle lamine fa sì che l'involucro nucleare si disassembli. Effetto posizione E’ un cambiamento nell'espressione fenotipica di uno o più geni a causa di un cambiamento di posizione degli stessi nel genoma, il quale si può verificare a seguito di fenomeni di traslocazione od inversione. Effetto posizione variegato (PEV): è causata dallo spostamento, solitamente per inversione, traslocazione o per effetto di trasposoni, di un determinato gene in vicinanza di una regione eterocromatinica (telomero o centromero), determinandone una mancata espressione. Nella PEV il gene silenziato viene ereditato dalle cellule figlie con ereditarietà epigenetica (ovvero non ci sono cambiamenti nella sequenza nucleotidica). Nel caso di Drosophila, il gene white in alcune cellule trasloca nelle vicinanze di un grande blocco eterocromatico centromerico: la regione eterocromatica si estende fino al gene d’interesse, inattivandolo. Si ha così un fenotipo complessivo a mosaico, con gli occhi che presentavano chiazze rosse e bianche a seconda che il gene venga o no espresso. Nel lievito il gene ADE-2, se spostato all’estremità del cromosoma, viene silenziato. Telomero Localizzati alle due estremità dei cromosomi lineari, consistono in una serie di sequenze di circa 6 nucleotidi ripetute in tandem, ricche di AT, di 5-15 kb (molto lunghe!). Ogni organismo ha una diversa sequenza ripetuta, ad esempio nell’uomo è 5’-TTAGGG-3’. Alle estremità eterocromatiche i telomeri si ripiegano formando dei t-loop, per evitare che vengano riconosciuti come DNA rotto e quindi causare la fusione di due cromosomi. In questa zona si hanno proteine di tanti tipi, ognuna specifica per una regione telomerica, che hanno due funzioni principali: Mantengono la struttura ripiegata ben salda, proteggendo le estremità del cromosoma Fungono da deboli inibitori dell’attività telomerasica. Il ripiegamento a t-loop è mediato dalle proteine Sir che sono delle iston deacetilase . Le proteine Sir coprono le catene laterali degli istoni, quindi non tolgono attivamente il gruppo acetile ma impediscono che questo venga attaccato dalle HAT. Dunque nella regione telomerica c’è attività deacetilasica che spegne la trascrizione del telomero, ma anche delle zone adiacenti. È proprio questo l’effetto posizione. Nei mammiferi il DNA a forma di ansa viene legato da 2 proteine chiamate TRF1 e TRF1. 5 L’enzima telomerasi allunga il terminale 3’, che rimane a singolo filamento, così che poi faccia da stampo per la sintesi di un nuovo frammento di Okazaki sull’altro filamento (lento) (allungamento telomero). Nasce dall’impossibilità di duplicare il DNA fino alla fine, perché al termine sull’antisenso la DNA polimerasi non avrebbe modo di inserire il primer (MI RACCOMANDO ALLUNGAMENTO E ACCORCIAMENTO SONO CONSEGUENZE LA TELOMERASI ESISTE PER DUPLICARE IL TELOMERO). La telomerasi è una DNA polimerasi –RNA dipendente, infatti contiene un primer stampo a RNA che è complementare alla sequenza del telomero, e una struttura consona a legare il DNA. Quando ci sono poche sequenza ripetute, quindi poche proteine, la telomerasi è libera di allungare il 3’-OH. Man mano che il telomero si allunga, si accumulano più proteine che legano il telomero e la telomerasi non riesce più ad estenderlo. Questo circuito di regolazione negativa serve per conservare la lunghezza del telomero. Se allungo o accorcio artificialmente il telomero, nelle cellule successive si tende a tornare alla lunghezza standard. Nelle cellule della linea germinale, che contengono la telomerasi, la lunghezza dei telomeri viene mantenuta costante; nelle cellule somatiche, dove manca tale enzima, ciò non avviene. La cellula in senescenza tende a diminuire la velocità di divisione, questo perché tende a risparmiare energia (ATP). Perché la cellula invecchia?Perchè si usura il sistema, si usurano le proteine e si denaturano. Gli errori principali si hanno nel DNA mitocondriale, quindi nelle proteine coinvolte nella catena respiratoria, dunque se queste sono le più danneggiate si produrrà meno ATP, dunque le proteine verranno via via sempre meno fosforilate, quindi saranno deregolate. Tutti questi processi portano nello stato di senescenza. Dunque in questa situazione gli enzimi non funzionano più bene, dunque anche gli enzimi per la riparazione degli errori, quindi in questa situazione se avviene la duplicazione e si hanno degli errori questi vengono passati alle cellule figlie. L’accorciamento dei telomeri è causato dalla progressiva inattivazione delle telomerasi per loro invecchiamento: infatti con l’età la telomerasi si denatura e non replica più il telomero, che dunque non riesce più a mantenere la ripiegatura a t-loop perché troppo corto. (Le telomerasi usurate vengono via via sostituite con la produzione di nuove telomerasi, ma la cellula anziana è sempre meno capace di sostenere tale compensamento.) Sono stati fatti dei topo KO per le telomerasi, questi vivono lo stesso perché al DNA polimerasi si adatta a fare funzione aggiuntive, ma è stato visto che invecchiano prima di topo WT. La quiescenza replicativa è diversa dalla senescenza replicativa: una cellula entra in quiescenza replicativa se tolgo fattori di crescita, va in G0, ma l’entrata in G0 è REVERSIBILE; mentre una cellula va in senescenza replicativa quando la velocità di divisione rallenta fino a che la cellula non si divide più, in questo caso la cellula entra in G0 IRREVERSIBILIMENTE. Ciclo capped-uncapped - Struttura capped (G1): inaccessibile alla telomerasi - Struttura uncapped (M): accessibile all’enzima, in cui si ha risintesi del frammento di telomero perso ed è check-point di uscita dal ciclo cellulare Senescenza: popolazione cellulare che cresce poco (molte regioni uncapped), telomeri corti, stress ossidativo, danni al DNA, CKI alterate per sempre stato permanente. Quiescenza: Go indotta per mancanza di fattori di crescita, non c’è telomero in accorciamento, le CKI sono alterate ma non in modo permanente stato non permanente. Se la telomerasi perde funzione aumenta lo stato uncapped e il sistema è sottoposto maggiormente a fusione dei telomeri, quindi l’equilibrio capped-uncapped ha delle conseguenze: se capped si va verso il ciclo cellulare, se uncapped e si ha presenza di un difetto si esce dal ciclo, se degenera va verso l’apoptosi. Dopo lo stop dell’attività telomerasica la cellula o va in Go, o si trasforma, o va in apoptosi per fusione dei telomeri. Per entrare in una delle 3 fasi ci sono 3 sensori, che possono indicare anche lo shortening del telomero: p53, le cicline e il retinoblastoma. 6 A volte l’accorciamento del telomero non viene percepito, dunque la cellula non esce dal ciclo cellulare e non va in G0, dunque si porta dietro errori e instabilità cromosomica: questa situazione può diventare una proliferazione incontrollata->Tumore. Errori non visti hanno una probabilità dello 0,01%, l’errore può essere più frequente con l’età. Nella cellula tumorale ci sono errori legati all’usura del sistema biologico, ma se non viene mai riparato allora non viene visto. In alcuni animali può capitare che un soggetto muoia con cellule pre-tumorali ma che non abbia mai sviluppato un tumore. Centromero Concettualmente è bene fare distinzione tra il centromero, che è parte integrante del cromosoma, e il cinetocore, che è una struttura esterna al cromosoma e che consiste di proteine a funzione specifica complessate col DNA centromerico. E' qui che si attaccano le fibre del fuso mitotico o meiotico. Queste proteine si assemblano con legame cooperativo…? I punti di ancoraggio sono regioni eterocromatiche del DNA…? Nel centromero si trova la variante istonica CENP-A (Centromere protein A), che sostituisce nel tetramero del nucleosoma l’istone H3. Questi nucleosomi sono incorporati nel cinetocore (quello che media l’attacco del cromosoma al fuso mitotico). CENP-A ha, rispetto ad H3, una coda amminoterminale molto estesa, ma non alterna la struttura principale del nucleosoma. La sua lunga coda produce nuovi siti di legame per le proteine del cinetocore e del fuso mitotico (microtubuli). CENP-A interagisce con specifiche zone del DNA, le CDE (Centromere DNA Element), regioni di DNA altamente definite, di 3 tipi: 1. CDE I: 9 bp ripetute 2. CDE II: ricca in AT e facilmente distorcibile 3. CDE III: 11 bp ripetute con 1 CCG al centro Con la microscopia confocale individuo CENP-A (giallo) e il cinetocore (rosso). Si è inoltre visto che in questa zona vi sono una serie di modificazioni particolari a carico dell’istone H3. Cromatina La cromatina è costituita da fibre che contengono proteine, DNA e in piccola parte anche RNA. Nella cromatina si trovano proteine non istoniche, molte delle quali legano il DNA e regolano le reazioni di trascrizione, replicazione, riparazione, ricombinazione e condensazione del DNA. Il DNA interagisce con proteine chiamate istoni, che lo condensano in unità strutturali dette nucleosomi, limitando l’accessibilità del DNA e interferendo quindi con le attività delle proteine non istoniche. La modificazione dei singoli nucleosomi è un processo dinamico e locale che permette ad enzimi e proteine regolatrici di accedere a diverse regioni del cromosoma in momento diversi. Nucleosomi Il DNA si avvolge attorno a un core fatto dalle proteine istoniche , attorno agli istoni H2A, H2B, H3 e H4, questi sono costituiti da 3 alfa-eliche. Prima si uniscono gli istoni H3 e H4 formando un dimero, poi tetramerizzano, a parte gli istoni H2A e H2B dimerizzano e poi si uniscono tutti insieme e formano il core istonico attorno al quale si avvolge il DNA. È una struttura ben precisa, all’esterno del nucleosoma sporgono le code degli istoni le quali sono soggette a modifiche covalenti. Grazie all’istone H1 (il quale lega il Dna linker (tra due nucleosomi) e quindi determina con il suo legame l’angolo di uscita del DNA linker e quindi le posizioni relative di due nucleosomi successivi) il DNA assume una struttura cromatinica ancora più compatta, la fibra a 30 nm. Esso infatti stabilizza il DNA intorno al nucleosoma e lo mantiene compatto grazie a modificazioni sulle sue catene laterali. Esistono 2 modelli strutturali che possono spiegarne la conformazione: 1. Modello a solenoide: il DNA forma una superelica che contiene circa 6 nucleosomi per giro. il DNA linker e’ sempre rivolto verso l’interno dell’elica. (boh) 2. Modello a zigzag: i nucleosomi sono disposti a zigzag e gli istoni H1 attraversano l’interno dell’elica. La fibra a 30 nm e’ stabilizzata dalle code amminoterminali degli istoni, che interagiscono coi nucleosomi adiacenti. 7 Nei cromosomi durante l’interfase, seppur presenti in forma amorfa e dispersa, si trova la cromatina nelle sue 2 forme - Eterocromatina (10%): cromatina più condensata e trascrizionalmente inattiva, tipica di particolare strutture cromosomiche come il centromero. - Eucromatina: meno condensata. La cromatina è dinamica, ovvero passa da etero ad eucromatina e viceversa molto rapidamente. Queste due definizioni non sono assolute: esistono regioni eterocromatiniche che vengono comunque lette, anche se l’attività trascrizionale è bassa, così come la parte eucromatica può contenere porzioni compattate. Il pattern eu/eterocromatico viene ereditato a partire dalle cellule staminali commissionate, che hanno da quel momento in poi il pattern che erediteranno poi le cellule figlie. (NB una cellula staminale procede per negazione: blocca le altre vie, non sceglie di essere adipocita, ma sceglie di non essere eritrocita). Rimodellamento dei nucleosomi La natura altamente basica degli istoni favorisce la curvatura del DNA, perché scherma la carica negativa dei fosfati che normalmente si oppone a tale curvatura determina l’avvicinamento dei fosfati ad una distanza sfavorevole. Poiché il legame core istonico-DNA è indipendente dalla sequenza ed è piuttosto dinamico, la posizione dei nucleosomi può variare in base alla necessità di accessibilità al DNA. Tali cambiamenti di posizione e interazione col DNA sono facilitati da complessi multiproteici di rimodellamento dei nucleosomi. Esistono 3 tipi principali di cambiamenti del nucleosoma mediati da questi enzimi: 1. Scivolamento del nucleosoma lungo il DNA, scoprendo siti di legame per le proteine. 2. Rimodellamento dell'ottamero, in cui alcune proteine (non ricordo ora i nomi) possono selettivamente allontanare alcuni istoni dell'ottamero (H2A e H2B) in modo da rendere più lasso il legame con il DNA e rendere la regione più accessibile. 3. Trasferimento dell'ottamero istonico in toto in un altro punto del DNA, disassemblandosi e riassemblandosi. Questi 3 tipi di rimodellamento avvengono grazie a rimodellatori della cromatina, divisi in 2 famiglie: - Ad alto peso molecolare, ATP dipendenti: Swi/Snf - A basso peso molecolare, ATP NON dipendenti: HMP Tutti i rimodellatori hanno azione neutra, non sono ne’ attivatori ne’ inibitori, perché garantiscono la semplice adesione di una proteina al DNA, aprendo la cromatina. Rimodellatori ad alto peso molecolare Sono il gruppo più ampio e sono molto diverse fra specie e specie, prendono contatto con una zona del DNA che può contenere 1, 10 o anche 20 nucleotidi e facilitano il rimodellamento. Il prototipo è Swi/Snf, scoperto per la 1° volta nei lieviti, ma gli altri altri membri della famiglia (come quello umano hSWI/SNF) hanno funzionalità simili. SWI/SNF (Switch/Sucrose Non Fermenting) La famiglia di rimodellatori di cromatina SWI/SNF (5 tipi nei mammiferi) si trova in tutte le cellule eucariotiche ed è specie specifico. Fu inizialmente scoperta nel lievito durante ricerche indipendenti, volte a identificare mutazioni nei geni HO e SUC2: Gene HO: è responsabile dello switch di mating-type (i due diversi tipi sessuali aploidi presenti nel lievito). Il mating type switch consiste nel cambiamento di sesso di un tipo sessuale in un altro mediante un fenomeno di conversione genica. Il prodotto di questo gene è una endonucleasi che taglia il DNA in maniera specifica e il suo sito di taglio è presente nella sequenza del gene MAT responsabile del sesso del lievito. Il taglio da parte di questa endonucleasi porta alla formazione di 2 estremità suscettibili all'azione di esonucleasi che eliminano parte del gene. Il sistema di riparazione del DNA del lievito ripara il gap copiando la parte 10 del genoma che presenta il gene del sesso opposto silenziato, portando alla formazione di un gene attivo, che specifica per il sesso opposto a quello di partenza. a causa di un errore durante la sua trascrizione, nel lievito mutato manca il suo mRNA. Gene SUC2: coinvolto nelle vie di fermentazione del sucrosio (Sucrose Non Fermenting - SNF) Si vide che Swi/Snf era rimodellatore di entrambi i geni, che nella sua versione mutata non permetteva il rilassamento della cromatina nelle regioni di HO e SUC (spazialmente vicini). Oggi sappiamo che Swi/Snf controlla <6% dei geni di S. Cerevisiae, tutti geni che sono all’incirca nella stessa zona. Ci sono due attivatori Swi5/SBF che si legano per primi sia al gene HO che al gene SUC2. Swi5 è l’attivatore che si lega il DNA e richiama Swi/Snf, che a sua volta richiama SAGA che è una HAT che modifica gli istoni favorendo il rilassamento del DNA, a questo punto SBF si può legare al DNA e così si apre la regione nei pressi si Swi5 e c’è possibilità di legame del complesso d’inizio. La regione che si apre è di circa 1-3 kB la quale si deve rimodellare e deve restare aperta per questo è associato all’acetilazione degli istoni. Struttura SWI/SNF E’ composto da 12-18 subunità, di cui: - Almeno un nucleo di 6 polipeptidi che insieme rimodellano la cromatina. Swi/Snf stimola anche il legame dei fattori di trascrizione. - Una subunità ATPasica (dopo l’idrolisi di ATP una zona protetta di cromatina diventa accessibile a complessi proteici che legano il DNA, come ad esempio fattori di trascrizione). - Una subunità elicasica ATP indipendente - Subunità actin-like (simile al citoscheletro) che media l’adesione alla matrice nucleare - Domini funzionali per interazioni con proteine, aminoacidi ecc. ad esempio hanno un bromo-dominio (situato vicino all’estremità carbossilica del sito attivo), col quale interagisce con gli istoni acetilati. oppure un cromo-dominio con cui riconoscono altre modificazioni covalenti sugli istoni dominio chiave-serratura per associarsi a proteine legate al DNA. Essendo grandi rimodellatori multiproteici (2 MDa) rilassano molto il DNA: infatti maggiore è la regione che viene rilassata per ingombro sterico, maggiore è il numero di geni coinvolti. Tutti i rimodellatori si legano a proteine già associate al DNA compattato, mai direttamente ad esso. Esempio attivazione gene HO - Il fattore di trascrizione Swi5 (a zync-finger) si lega al DNA condensato e richiama Swi/Snf - Questo poi richiama enzimi che modificano le code istoniche, come SAGA, acetiltransferasi che aumenta l’attività trascrizionale. - Swi5 viene degradato ed il complesso SAGA si lega al promotore, grazie al rimodellamento cromatinico indotto da Swi/Snf. - Infine SBF DNA binding protein, composto da fattori Swi4/Swi6 si lega e si crede che sia proprio questo ad indurre la trascrizione di HO. Questo legame Swi5 – Swi/Snf – SAGA è cooperativo e sequenziale: ognuna di esse arriva in un ordine preciso e lineare, e l’associazione di una proteina favorisce il legame di quella dopo. l’azione di Swi/Snf può essere regolata da repressori come Ash1. Nell'uomo la situazione è molto più complessa ci sono tante proteine e si devono legare perché Avvenga il rimodellamento della cromatina e la presenza o l'assenza di alcune di queste proteine fa sì che rimodellatore non si leghi più. Mutazioni in Swi/Snf causano tumori pediatrici, problemi a polmoni, fegato e cervello, possono causare carcinomi, manifestazioni diverse per un evento unico perché Swi/Snf è all’inizio di una cascata di eventi. Il rimodellatore allontana il DNA dal nucleosoma e lo può fare scivolare, oppure può posizionare il nucleosoma da un'altra parte; è un meccanismo cooperativo e sequenziale, il primo complesso che si associa facilità quindi l'associazione delle altre subunità. 11 Nel lievito nelle cellule figlie può succedere che si abbia l'espressione di un repressore che regola il rimodellatore o meglio favorisce una risposta negativa nella cellula figlia: c'è quindi un modellatore a valle del rimodellatore che non permette la trascfrizione di HO fino a che esso è presente. La porzione ATP-asica è nota come BRG1 alla quale si associano fattori proteici detti BAF. Uno è BAF155 che contiene il dominio conseguenze struttura simile al fattore trascrizionale come Myb. In Swi/Snf il dominio SANT lega gli istoni. In ISWI esiste anche il dominio SLIDE simile a SANT. Entrambi servono a ISWI per legarsi ai nucleosomi e trasferire il segnale di stimolazione al dominio ATP-asico. La sequenza degli eventi non è obbligata, ci può essere anche un rimodellatore che riconosce direttamente il Dna, ma il rimodellatore è sempre collegato ad una azione enzimatica. Ogni subunità del complesso ha capacità di interazione con altre, il complesso ha tanti domini di interazione con proteine che hanno attività enzimatica. Rimodellatori a basso peso molecolare HMG (High Mobility Group) Si muovono rapidamente nel nucleo , sono molto piccole ma non sono proteine istoniche, non richiedono l’uso di ATP. Si dividono in 3 famiglie in base al loro dominio funzionale: 1. HMGA: contengono un dominio AT-hook, che lega al solco minore del DNA, in zone ricche di AT 2. HMGB: contengono un dominio HMG-box, tre α-eliche separate da loops che legano solo il DNA di tipo B 3. HMGN: contengono un Nucleosome Binding Domain. Tutte e 3 riconoscono strutture dell’elica del DNA, non specifiche sequenze. Si interpongono fra DNA e nucleosomi, nella curvatura dell’elica, e rilassano quella zona di DNA, riducendo la compattazione. Essendo molto piccole, la loro aggiunta (in vitro) rilassa regioni del solenoide della fibra a 30 nm. HMGN E’ la famiglia prevalente che lega il nucleosoma, sono ubiquitarie e nel nucleo sono in media 10^5 molecole (2% rispetto ai nucleosomi). Si muovono velocemente e possono casualmente interporsi fra DNA e nucleosoma, garantendo la contemporanea decompattazione di molti punti della cromatina, così che sia più facile l’azione di altre proteine ci impiegano circa 1 minuto per attraversare tutto il genoma. E’ caratterizzata da una serie di domini funzionali - NLS (Nuclear Localization Signal): segnale di localizzazione nucleare - NBD (Nucleosome Binding Domain) - CHUD (Chromatin Unfolding Domain): dominio di interazione con la cromatina. Scoperta delle HMG con photobleaching con tecnica FRAP(Fluorescence Recovery After Photobleaching) - Overesprimo HMG e la fondo a fluorocromo, come GFP che emette nel verde - Eccito per tempi ad alta energia , il fluoro cromo emette per un tempo t, ma dopo un tempo tx si ha photobleaching cioè incapacità di emissione da parte del fluoro cromo per sovraeccitazione, quando avviene nel nucleo verde dopo un po’ si forma una macchia bianca. - Continuando ad eccitare, si ha un “recupero da photobleaching” (con un tempo tr specifico per ogni fluorocromo, la molecola torna ad emettere): con GFP ci si aspettava che la regione tornasse verde dopo 1μs, invece tornò dopo 1nss, invece tornò dopo 1ns La regione veniva colonizzata da molecole vicine che non erano state eccitate, cioè proteine vicine con legata la GFP si spostavano fino a coprire la macchia bianca, andando a disperdere le molecole che avevano subito photobleaching, dunque il tempo di recupero era inferiore. La macchia bianca si diluisce, ovvero le molecole spente sono piccole e si disperdono in tutte le direzioni Le HMGN se fosforilate, possono andare nel citosol, ma ci possono andare anche in funzione delle varie fasi del ciclo cellulare: infatti rimangono nel nucleo nel momento di alta attività trascrizionale (interfase o telofase tardiva). 12 Domini funzionali • Domini ricchi in Cys e His • Dominio KIX, • Bromodominio (Br) • Regione ADA2 La regione N- e C-terminale possono agire come transattivatori, il dominio catalitico (acetil transferasici) si localizza al centro . E’ una proteina con attività acetiltransferasica e può acetilare sia proteine istoniche che non (fra cui il tumor soppressor p53). E’ grande, ha tanti domini per legare cofattori e proteine (che richiama) e per legare il DNA da acetilare. Fra questi possiede un bromodominio, un dominio di circa 110 aa che riconosce che residui di lisine monoacetilate come quelli delle code N-terminali degli istoni. Una varietà di fattori di trascrizione sequenza specifici e di co-attivatori si legano a diverse regioni di CBP/P300 che funziona come coattivatore per diversi fattori di trascrizione segnale dipendenti e di chinasi JAK PKA che una volta attivate a loro volta fosforilano altri TF - Attivazione di recettore a G proteine attivazione Adenilato Ciclasi produzione cAMP attivazione PKA - Le subunità catalitiche di PKA vanno nel nucleo e fosforilano vari fattori di trascrizione, fra cui CREB (cAMP Response Element-binding Protein), che lega il DNA nel suo elemento specifico CRE (cAMP response element). - A questo punto arriva una seconda proteina, il coattivatore trascrizionale CBP (CREB Binding Protein) che si lega a CREB. - CBP, parte del complesso, acetila gli istoni e apre il DNA inizio trascrizione del gene. Si attivano tutti i geni che possiedono l’elemento CREB nel promotore p300/CBP gioca un ruolo importante nel coordinare e integrare varie vie di segnalazione Permettendo appropriati livelli di attività trascrizionale di vari geni in risposta a precise condizioni Influenza proliferazione, differenziamento, apoptosi : molti fattori es. c-Jun , c-Myb , c-Fos MyoD , p53 possono essere il bersaglio di p300/CBP. Alterazioni nell’attività di p300/CBP è stata correlata con stati patologici es. cancro circostanze in cui può essere inattivata l’attività di soppressore tumorale di p300/CBP. L’azione sulla regolazione dell’espressione genica si manifesta non agendo sugli istoni ma su fattori di trascrizione come GATA la cui acetilazione ne aumenta l’affinità per il DNA e quindi una maggior attività trascrizionale. Come si posiziona CBP (ogni cellula può avere uno dei 3 modelli) - A ponte : connette diversi fattori di trascrizione all’apparato di trascrizione - A scaffold : funge da impalcatura su cui costruire un complesso trascrizionale e per legarvi altre proteine. - A HAT : entrambi le attività (intrinseca di p300/CBP) o assemblata agisce sulla cromatina o sui TF per facilitare la risposta trascrizionale; l’attività acetiltranferasica gli conferisce la capacità di modulare gli istoni del nucleosoma. P300/CBP è una HAT, ma quando lega ad esempio MyoD non acetila più, perché le combinazioni di legame con queste proteine cambiano di molto la funzione di CBP, quando CBP si lega a cellule staminali manda verso il differenziamento cellulare. Dato che tutti queste interazioni possono modificare le funzioni di proteine, i sistemi per studiare tali proteine devono essere semplificati perché non si può studiare tutto contemporaneamente, ci sarebbero troppe variabili. 15 DEACETILAZIONE: HDAC (Deacetilasi) Sono una classe di enzimi che rimuovono il gruppo acetile (O=C-CH3) dai residui ε-N-acetil-lisina sugli istoni, permettendo ai nucleosomi di legare il DNA più strettamente. Quest’azione è opposta a quella delle HAT. La deacetilazione degli istoni rimuove i gruppi acetili, ristabilisce la carica positiva delle code istoniche e permette così il legame fra istoni e scheletro di DNA. Questo legame ad alta affinità condensa la cromatina e impedisce la trascrizione. Per la maggior parte sono - NAD dipendenti (non NADH, perché quest’ultimo viene prodotto per le biosintesi, mentre NAD viene prodotto in caso di inattività metabolica). - Sir2 like, perché impediscono la trascrizione del telomero (le Sir2, considerate come HDAC di III classe poiché rimuovono il gruppo acetile da residui di lisina in presenza di NAD+, mantengono il telomero). Vengono divise in 4 classi in base all’omologia di sequenza con gli enzimi originali del lievito e in base all’organizzazione dei domini. Tutte le classi contengono zinco e sono Deacetilasi Zn-dipendenti, ad eccezione della III che non lo contiene ed è NAD+ dipendente. NB. I sistemi NAD dipendenti e Sir2 inibiscono la proliferazione poiché inibiscono geni definiti, ma si ha comunque attività cellulare HDAC di classe II sono complessi più grandi in grado di cambiare localizzazione in seguito a stimoli esterni, in molti casi agiscono attraverso l’interazione proteina-proteina piuttosto che come enzimi. Alcune sono fuori dal nucleo ed agiscono su heat shock proteins o proteine citoplasmatiche come la tubulina . HDAC di classe III richiede NAD sono omologhe alle proteine Sir in lievito. (Sir= Regolatore dell’Informazione di Silenziamento) Meccanismo di azione unico: dipendono dalla disponibilità di NAD e quindi risentano cioè dello stato metabolico cellulare cioè del rapporto NADH/NAD Es. ridotto apporto energetico si inverte il rapporto NAD>NADH con attivazione delle HDAC Visto il ruolo a livello dei telomeri, la loro azione si correla con la senescenza cellulare. Sir2 proteins Sir complex reprime la trascrizione a livello dei telomeri Sir2 è una deacetilasi NAD-dipendente ampiamente conservata dai batteri agli eucarioti, la sua attività aumenta in seguito a stress (caloric restriction or osmotic stress) per aumentare la stabilità genomica e la sopravvivenza dell’organismo Sir2 accoppia il trasferimento dell’ ADP-ribosile a reazioni di idrolisi attraverso la formazione di un intermedio stabile ADPR-peptidyl portando poi alla formazione di NAM (nicotinammide). Le Sir2 di lievito sono quasi tutte deacetilasi. Tolgono l’acetile dal residuo di Lys dell’istone e idrolizzano NAD, formando nicotinammide (NAM) +O2 (la Lys acetilata fa parte di una sequenza consenso ben definita). Le Sir2 deacetilano anche proteine non istoniche, come la tubulina e p53, che viene così inattivato. Il risultato è una condensazione della cromatina e riduzione della trascrizione nel locus del gene target, e questo è spesso situato a livello telomerico. Nei mammiferi, le corrispondenti delle Sir2 di lievito sono le SIRT2, che deacetilano e inattivano p53. La riduzione di apporto calorico corrisponde ad un allungamento della prospettiva di vita, questo è stato verificato sia nel topo che in C. elegans. In caso di ridotto apporto calorico si ribalta il rapporto NADH/NAD poiché NAD>NADH, quindi si ha attivazione delle HDAC, dunque è per questo che uno stato di HDAC attive si associa anche ad una condizione di longevità. 16 Caso particolare: Macro H2A: Variante istonica di H2A associata al cromosoma X inattivo, l’ADP-ribosilazione di marcoH2A si associa a silenziamento del cromosoma X, il quale viene mantenuto silenziato e si ha amplificazione del segnale di silenziamento grazie alla capacità di auto ADP-ribosilazione di marco H2A situata nella sua porzione non istonica. ADP-ribosilazione dipende dalla disponibilità metabolica, istone adp-ribosilato in presenza di NAD. FOSFORILAZIONE: Fosforilasi Le code N-terminali di tutti i tipi di istoni contengono siti che possono essere fosforilati da chinasi e defosforilati da fosfatasi. La fosforilazione istoniche avviene su residui di serina, tirosina e treonina, e gli istoni fosforilati possono essere riconosciuti da proteine che hanno regioni di legame per i fosfati. Il massimo dell’attività fosforilasica si ha durante le metafase: la fosforilazione dell’istone H3 è sensore dell’uscita dalla fase M (se non c’è corretta fosforilazione, la mitosi non prosegue). nella mitosi i sensori molecolari sono necessari per evitare il proseguimento se mancano le condizioni necessarie. Le chinasi di H3 sono AMP-dipendenti e fosforilano: - Su Ser10, solo previa deacetilazione su Lys9 e Lys14, inducendo la trascrizione - Oppure su Ser28 e Thr11, inibendola. La fosforilazione su Ser10 di H3 è indicativa dello stato della mitosi della cellula: se ci sono variazioni di fosforilazione dal normale, c’è un danno sul DNA che deve essere riparato. Chi determina la fosforilazione delle Serine? Ser e Thr in generale possono essere fosforilate da PKC mediata dal calcio. La Ser 10 viene invece fosforilata da PKA, la cui azione è però determinata da un gruppo di chinasi chiamate Aurora B. Le Aurora chinasi rappresentano una famiglia di serina/treonina chinasi altamente conservata durante l’evoluzione. Esse sono regolatori chiave del ciclo cellulare e svolgono importanti funzioni durante il processo mitotico. In particolare, sono coinvolte nella promozione dell’assemblaggio del fuso mitotico, attraverso il controllo della duplicazione e separazione del centrosoma, nella regolazione dell’allineamento dei cromosomi in metafase e nell’orientamento dei cromosomi. Le chinasi più coinvolte sono Aurora A e Aurora B, quest’ultima in particolare è iperattiva in cellule tumorali. Entrambi i tipi di AURORA sono target di chemioterapici. Ser, Arg e Lys sono gli aa più modificati in casi patologici. La cascata delle MAPK può svolgere ruolo della fosforilazione ma a valle c’è Aurora B che fosforila Ser10, la quale può essere bloccata da una fosfatasi PPI. Questa fosforilazione è legata al cinetocore. L’aumento di Ser10 fosforilata è associato alla metafase (passaggio in cui il cromosoma è molto compatto), sarebbe un’indicazione che dice che si può uscire dalla metafase se Ser10 è fosforilata, si aggiunge alla lista dei checkpoint del ciclo cellulare. La fosforilazione dipende da stimoli extracellulare di EGF ultimo effetto MAPK cascata è AuroraB. UBIQUITINAZIONE Avviene per formazione di un legame isopeptidico tra il gruppo carbossilico di una glicina posta all'estremità C- terminale della molecola di ubiquitina (proteina di 76 aminoacidi) e il gruppo ε-amminico di un residuo di lisina nel substrato. In particolare, il trasferimento dell'ubiquitina al substrato è definita da una sequenza di 3 passaggi catalizzati da altrettanti specifici enzimi: 1. E1, enzima che attiva l'ubiquitina attraverso la formazione, ATP-dipendente, di un legame tioestere che è un legame ad alta energia; 2. Il complesso E2-E3, lega E1 e riceve la molecola di ubiquitina per transtiolazione E1 si stacca, il complesso forma un sito di accoglienza per la proteina, la sequenza destruction box (di circa 7 aa con una lys centrale)viene riconosciuta dagli aa a livello della tasca; 3. E3, enzima ubiquitina ligasi, lega E2 e trasferisce l'ubiquitina da E2 ad una lisina della catena laterale della proteina target (NB. E2 ed E3 funzionano solo se insieme). Tipi di ubiquitinazione: - Mono- legame di una ubiquitina alla Lys della proteina bersaglio. 17 (In Drosophila e C. Elegans i geni housekeeping sono poco metilati forse la metilazione in questi organismi ha un altro scopo) Ciclo di autorinforzo: meccanismo a feedback positivo che garantisce il perdurare di una modifica. Esiste un sistema a feedback che mantiene un gene silenziato: la metilazione di una Lys porta alla metilazione di altre Lys un fattore di trascrizione è repressore di altri Fdt. METILAZIONE DEGLI ISTONI La metilazione degli istoni va nel senso di repressione trascrizionale Il pattern di metilazione degli istoni varia molto durante il ciclo cellulare, diversamente da quello del DNA, ma sembrano essere collegati. La metilazione degli istoni consiste nel trasferimento di un gruppo metile sul residuo amminoacidico delle code istoniche. Gli amminoacidi che subiscono questa modifica sono la lisina che può essere metilata una o due volte e l'arginina che può essere metilata fino a tre volte. La reazione di trasferimento avviene ad opera di un gruppo di enzimi noti come istone-metiltransferasi e la molecola donatrice di gruppi metili è la SAM la S-adenosil-metionina, il gruppo metile poi può essere rimosso da enzimi detti istone demetilasi. Il significato biologico e la conseguente risposta cellulare alla metilazione degli istoni dipendono da più variabili: il tipo di proteina istonica metilata la posizione del residuo su cui avviene al metilazione il numero di metilazioni sullo stesso residuo le modificazioni istoniche nell’intorno della metilazione Inoltre è stato osservato che le metil binding protein che legano il DNA metilato sulle citosine, reclutano HDAC e HMT che metila H3K9, legata da un adattatore che lega una DNA metil transferasi, rafforzando il segnale di inibizione della trascrizione. Imprinting genomico: richiede metilazione permanente ad esempio il gene Igf2 ha un enhancer, ma tra il gene e l’enhancer c’è un isolatore che normalmente viene legato dal fattore CTCF e quindi il gene Igf2 non viene trascritto. Ma se le citosine dell’isolatore sono metilate questo non è accessibile al CTCF che quindi non lo lega e dunque l’enhancer può fare il suo effetto sul gene Igf2 che verrà trascritto. NOI NO↓ TECNICHE Identificazione dei siti di interazione DNA-proteina 1. Footprinting: si basa sul fatto che una proteina legata al DNA non permette l’azione di enzimi di restrizione in quel punto. - Marco il DNA al 5’ di un filamento con il radioisotopo fosforo32 - 2 provette, una con DNA e l’altra con DNA+ proteina aggiungo enzimi di restrizione che tagliano il DNA - Corsa elettroforetica: nella corsa del DNA + proteina vedrò che mancano dei frammenti di DNA rispetto alla corsa della provetta con solo DNA. Quelli sono i pezzi di DNA che non sono stati tagliati, poiché la proteina “proteggeva” quella sequenza dall’attacco degli enzimi di restrizione. Questa tecnica è usata anche per vedere se una proteina mutata è ancora in grado di legare il DNA o se, nel caso la proteina sia normale e il legame comunque non avviene, se è mutata la sequenza nucleotidica. 2. Elettroforesi gel shift: Questo saggio determina se è avvenuto il legame tra una sequenza di DNA e una proteina. Si basa sul fatto che il DNA a cui sono legate le proteine migra più lentamente in elettroforesi su gel di poliacrilamide non denaturante. 20 - Amplifico il frammento di DNA col presunto sito di binding tramite PCR e lo marco con fosforo 32. - Lo incubo con la proteina che dovrebbe legarlo. - Poi lo carico su gel di poliacrilammide insieme ad un altro estratto di DNA senza proteina, ovvero con la sola sonda di fosforo, e faccio avvenire la corsa elettroforetica. - Faccio una autoradiografia per analizzare la corsa. Se l’oligonucleotide ha effettivamente legato un fattore di trascrizione la banda avrà corso molto più lentamente, sia per il peso della molecola che perché il fattore di trascrizione riduce la carica netta della molecola, e sarà quindi shiftata rispetto alla banda del campione contenente solo l’oligonucleotide. [mah…] in entrambe il problema è che il DNA è compattato e legato a proteine, va quindi trattato per ottenerlo più rilassato possibile. (?) Controprova: uso proteasi per rimuovere le proteine e rifaccio tutto, e guardo se quella porzione di DNA viene tagliata, ottenendo i risultati sperati. Faccio controllo positivo e negativo, aumento il duplicato per avere un risultato certo ? Identificazione delle proteine che legano il DNA/RNA 1. Cromatografia di affinità: per isolare una proteina la inserisco in una colonna di frammenti di DNA legati alla matrice. Questi frammenti contengono la sequenza di riconoscimento del peptide. Poi con DNasi rimuovo il DNA e ottengo la sola proteina. 2. Immunoprecipitazione della cromatina (ChIP): è un metodo usato per identificare le proteine specifiche Che legano una regione del genoma, o al contrario, per identificare le regioni del genoma legato da proteine specifiche. Queste proteine possono essere isoforme degli istoni modificati ad un amminoacido particolare o ad altre proteine associate alla cromatina. Quando viene utilizzato con gli anticorpi che riconoscono le modifiche dell'istone, il ChIP può essere usato "per misurare" la quantità della modifica. Un esempio è la misura della quantità di acetilazione dell'istone H3 connessa con una regione specifica del promotore del gene nelle varie circostanze che potrebbero alterare l'espressione del gene. Si utilizza un anticorpo specifico per una proteina che si lega al DNA (ad es. un fattore di trascrizione che si lega al promotore), per far precipitare la mia proteina d’interesse. Nella maggior parte dei casi uso le IgG, poiché hanno alta specificità ed alta affinità per il DNA (questa loro proprietà dipende dalle regioni ad alta variabilità). Si lavano le cellule con un tampone (generalmente PBS) e si aggiunge l'1% di formaldeide, che favorisce il crosslinking (il legame covalente tra proteina e DNA) e lo mantiene, lo fissa, in modo che sia più resistente alle successive manipolazioni. In questo modo congelo la situazione a quell’ora. Si incuba generalmente 10 - 15 minuti (in base al tipo di tampone utilizzato) a temperatura ambiente. Frammento il DNA (tramite sonicazione, nucleasi o digestione di restrizione) in modo da ottenere frammenti di circa 300 nucleotidi. Aggiungo gli anticorpi primari specifici per la proteina → Incubo per circa 12h a 4°C. Aggiungo gli anticorpi secondari, specifici per il Fc degli ac1, immobilizzate a particelle pesanti di vario materiale. → L'immunoprecipitazione (IP) con un anticorpo specifico per la proteina di interesse consente la separazione del DNA legato dal resto del genoma. Aggiungo urea (anche insieme a proteasi), oppure aumento la temperatura, per rompere i crosslinks. Amplifico il DNA+proteine+anticorpo precipitato mediante PCR. Se conosco la proteina e ho usato l’anticorpo specifico, identifico qual’è la sequenza di DNA a cui si lega eliminando le proteine mediante proteasi e sequenziando i frammenti. 21 L’anticorpo 1 solitamente è un ac particolare, per esempio prodotto in capra iniettata con proteine di coniglio (goat anti-rabbit). L’anticorpo 2 può essere, per esempio, prodotto in bovino, immunizzato con l’ac1 (bovine anti-goat). Invece dell’ac2 posso usare la proteina A immobilizzata su perle di sefarosio. Quantificazione dei livelli di mRNA 1. Northern Blot: viene utilizzata per misurare quantitativamente (quanto viene espresso) e valutare la dimensione di un RNA messaggero di un gene. L'mRNA infatti si differenzia dagli altri RNA (tRNA e rRNA) per la presenza di una coda di poly A. - Da un estrazione di RNA totale della cellula (lisi, centrifugazione, DNAsi), faccio una cromatografia per affinità usando come matrice una resina particolare, in cui sono presenti dei poly T. in questo modo posso estraggo e purifico i miei RNA messaggeri. - Isolato l’mRNA, faccio un’elettroforesi su gel denaturante di agarosio, per evitare la formazione di strutture secondare o di ibridi tra i diversi mRNA. - Per visualizzare l'RNA durante l'elettroforesi, si può utilizzare l'etidio bromuro, che si lega debolmente all'RNA ed emette luce fluorescente quando esposto a luce ultravioletta. Su gel compare una strisciata nella regione degli mRNA (infatti ho mRNA di diversa lunghezza), da cui spiccano generalmente tre bande che corrispondono (dalla più alta alla più bassa) alla 28s, alla 18s e alla 5s. - Per vedere il mio mRNA, effettuo un trasferimento su membrana di nitrocellulosa, per dargli un supporto rigido su cui lavorare (blotting) RNA fissato con luce UV. - Uso una sonda di DNA fatta di nucleotidi radioattivi, specifica (ovvero con sequenza complementare) per l’mRNA che mi interessa, per fare una reazione di ibridazione. - Dopo la reazione, il filtro viene lavato per eliminare l’eccesso di sonda radioattiva che non ha reagito, e quindi esposto a una lastra fotografica al buio. Dopo aver sviluppato la lastra, le molecole della sonda che hanno ibridato con l’RNA bersaglio presente sul filtro formeranno sulla lastra fotografica una banda scura che ne evidenzierà la posizione e la cui intensità sarà proporzionale alla quantità di RNA bersaglio. La NB è qualitativa, perché mi permette di vedere 2 o più mRNA che codificano per isoforme della stessa proteina, in quanto sono stati soggetti a splicing alternativo. Con le sonde io vedrò quindi le diverse bande di questi mRNA. RIN (RNA Integrity Number): è un algoritmo che mi permette di valutare l’integrità dell’RNA in base ai picchi dei 18S e 28S. Il RIN minimo, determinato dall’esperimento, mi dice il valore minimo di RIN sotto il quale l’integrità dell’RNA non rende valida l’elettroforesi. A differenza della Real Time PCR, col il Northern Blot io vedo qual è l’mRNA che mi interessa e non perdo informazioni sulla sua qualità. Infatti il Northern blot è una tecnica qualitativa (perchè permette di discriminare determinate sequenze) e (SEMI?)quantitativa (perché l’intensità del segnale rivelato dipende dal numero di molecole di sonda marcata che ha ibridato la sequenza specifica) 2. RNase Protection Assay: consiste nell’ibridazione dell’RNA totale con sonde di RNA specifiche per l’mRNA della proteina d’interesse (diverso dalla Northern Blot in cui la sonda è a DNA). Il problema delle sonde a RNA è che sono a singolo filamento, quindi molto fragili e si degradano facilmente. E’ semiquantitativa, così come la Northern Blot e microarray, ed è molto sensibile visualizzazione diretta. - Ibridazione RNA con sonde a RNA - Tratto con RNasi, che tagliano solo i singoli filamenti di RNA, mentre i diibridi non verranno digeriti l’mRNA che mi interessa viene “protetto” dalle sonde. La lunghezza della regione protetta corrisponderà alla distanza dell’estremità 5’ della sonda dal sito di inizio della trascrizione (che posso così identificare). - Faccio correre su gel di agarosio Se l’mRNA non c’è, sul gel non si forma alcuna banda (c’è il controllo positivo con undigested RNA) 22 I siRNA sono un sistema di difesa, mentre i microRNa sono un sistema di regolazione, vengono prodotti per rispondere a processi biologici, come proliferazione, differenziazione, morte cellulare, staminalità, dunque processi che non fanno parte del metabolismo, esistono pochissimi RNA che si occupano di regolare processi metabolici. Piccoli RNA non codificanti sono: siR miR altri deputati e anche ad altro ad esempio rasiRNA (repeat associated short interfering RNAs) si legano al DNA e fanno sì che non ci sia rilassamento per favorire la trascrizione, quindi regolano la trascrizione. Dunque ruolo dei piccoli RNA si distingue in blocco della traduzione o degradazione blocco della trascrizione Molte scoperte della biologia molecolare sono state fatte nel mondo vegetale, ma se il sistema di regolazione è universale questo poi si ritrova in tutti gli organismi, dunque si possono utilizzare sistemi vegetali semplici su cui poter studiare il meccanismo e sui quali il fenotipo si genera velocemente. Nel 1990 venne fatto il primo esperimento in cui si parlò di co-soppressione. miRNA scoperti nel 1990 da Jorgensen, che fece un esperimento con cui si scoprì l’interferenza dell’espressione genica: non avviene a livello genico, ma a livello traduzionale, interferendo con l’espressione di un carattere fenotipico. Esperimento petunie: aumentarono l’espressione della chalcone sintetasi che doveva aumentare l’intensità di colore. Invece si ottennero fiori bianchi o colorati irregolarmente. Dominanza negativa: le copie in eccesso del gene introdotte col plasmide di DNA extracromosomico, non solo non esprimevano la funzione per cui codificavano, ma bloccavano anche l’espressione del gene endogeno codificante per l’enzima(co soppressione). Nel 1993 Macino usando la neurospora crassa vide la stessa cosa. Voleva fare overesprimere il geranil pirofosfato sintasi per la sintesi dei carotenoidi. Si ebbe però soppressione anche del gene endogeno (fenomeno chiamato quelling). Si vide che non tutti i nuclei (neurospora ha più nuclei per cellula) avevano avuto la ricombinazione, ma tutti subivano la soppressione genica e fenotipica anche il nucleo senza transgene risultata essere bloccato da RNA proveniente dal citosol. La trascrizione del gene endogeno era bloccata anche in nuclei senza il transgene, definì carattere dominante questa azione di co-repressione. Nel 2006 venne assegnato il Premio Nobel a Mello e Fire, i quali lavorarono su C. elegans un nematode che ha di 2769 geni, di cui 2500 possono essere silenziati. . Usa i miRNA per protezione da siRNA virali. Essi verificarono che l’effetto interferente era dovuto a dsRNA (anche se non di 30bp) nel 2001 ottennero silenziamento con dsRNA di 21-23bp. Dimostrarono che quest’informazione passa da tessuto a tessuto. Però se inietto dsRNA la cellula di mammifero inizia a produrre interferone (protezione virus) e blocca la sintesi proteica di tutte le proteine, e attivazione ribonucleasi devo usare microdosi di dsRNA, perché solitamente l’entrata di RNA virale è massiccia. C. elegans ha passaggi di metamorfosi , ovvero dalla cellula uovo si susseguono vari passaggi di stadi larvali in cui vengono silenziati alcuni geni e attivati altri. Il gene LIN-14 viene spento e si attiva il gene LIN-4 (microRNA), e questo si ripete a altri stadi larvali, diminuisce LIN-28 e aumenta LET-7. I vari passaggi larvali dipendono da geni e si capì che tutto era dovuto a quanto LIN-4 regolava LET-7 messaggero. Mello e Fire hanno micro iniettato il microRNA ,detto dsRNA (doppio filamento a partire da LIN-4), in C. elegans e hanno riprodotto i passaggi larvali e hanno ottenuto silenziamento di geni. Inizialmente non funzionò perché avevano sintetizzato un dsRNA di 80 basi, dopo vari tentativi videro che era necessario diminuire la lunghezza. In Neurospora la produzione dei miR faceva sì che si bloccasse l’espressione anche endogena perché veniva fatto a livello del citosol. Regolazione dell'espressione genica negli eucarioti che comprende i miRNA è un sistema di regolazione a livello trascrizionale. Esistono sono miRNA che controllano fino a 800-1000 mRNA. I miRNA sono piccoli RNA non codificanti, poi esistono anche i tiny-RNA e i piwi-RNA che sono tessuto specifici, poi i ra-siRNA non sono veri e propri RNA che agiscono sulla trascrizione ma sul rimodellamento della cromatina, mentre i siRNA sono esogeni, invece miRNA sono codificati da geni endogeni. Oggi sappiamo che in Drosophila esistono anche siRNA endogeni che sono diversi dai miRNA. Esistono poi anche i long non coding RNA che hanno da 100 a 2000 basi e sono descritti in alcune situazioni ad esempio nella eritropoiesi che sembra più regolata dai lncRNA anche dei miRNA, sono coinvolti soprattutto nella sopravvivenza perché regolano il fattore NF-kB. 25 L'effetto dei miRNA può essere l'interruzione della sintesi proteica o la degradazione del messaggero. I miRNA sono codificati da geni endogeni: Circa il 60% of miRNAs sono espressi in maniera indipendente Il 15% of miRNAs sono espressi in clusters Il 25% sono introni Si potrebbe pensare che miR34 e miR35 regolino lo stesso processo, invece non è così, hanno una numerazione sequenziale semplicemente in base a come sono disposti lungo il DNA. PROCESSAMENTO miR Nel nucleo la trascrizione dei geni che codificano per i miR è regolata da Drosha e Pasha sono due enzimi che tagliano in modo che, grazie alla presenza della forcina, resti un filamento doppio di RNA, quindi preparano il pacchetto di informazioni che deve essere trasportata al di fuori del nucleo. Il miRNA ora è a doppio filamento e quello che funziona per regolazione è soltanto il filamento antisenso per appaiarsi con l’ mRNA; la struttura a doppio filamento serve semplicemente per proteggere il miR dalle RNAsi durante l'uscita dal nucleo, l'unica parte a singolo filamento è la struttura a forcina ed è così perché è l'unica struttura possibile per avere una struttura a doppio filamento da un filamento continuo. Poi devono essere riconosciute da un complesso proteico che le esporta fuori dal nucleo, queste sono le esportine associate a proteine Ran GTP, l’idrolisi del GTP fornisce energia per associare il complesso esportina-5-ranGTP e trasporta fuori dal nucleo il miR. Qui interviene l'enzima Dicer che modifica la forcina, taglia e toglie la forcina, poi vengono sfalsate ulteriormente le estremità del miR a doppio filamento. 1. A livello del nucleo dopo la trascrizione del gene che codifica per i miR Drosha taglia ai lati delle varie strutture a forcina che si formano lungo l’unico trascritto, che contiene informazioni per più miR consecutivi. 2. AI pre-miR vengono successivamente sfalzate le estremità da Pasha, è importante che non ci siano estremità piatte altrimenti verrebbe riconosciuto come un double-strand break e verrebbe riparato unendo due pezzi. 3. Poi il miR viene legato all’esportina del complesso Ran GTP, viene idrolizzato il GTP che fornisce l'energia per trasportare fuori dal nucleo il pre-miR. 4. Nel citosol Dicer taglia e toglie la forcina, sfalsa ancora di più le estremità quindi dalle 78 paia di basi che era il pre-miR prima del taglio di Drosha nel nucleo adesso si ha un miR che va dalle 19 alle 21 paia di basi. 5. A questo punto il complesso RISC riconosce il filamento antisenso cioè il filamento che deve legare che sarà quello complementare al mRNA e quindi farà azione regolatrice, ma RISC può legare entrambi i filamenti del miR ma ha spazio solo per uno dei i due. 6. Poi la proteina AGO (Argonauta) media il taglio del miR corretto, il miR è importante che sia di 19-21 paia di basi perché la proteina Argonauta riconosce il taglia soltanto un miR di questa lunghezza; poi RISC lega soltanto il miR antisenso. 7. Successivamente l'azione del miR può variare, cioè la proteina Argonauta taglia gli mRNA soltanto se la complementarietà tra il miR e l’mRNA è del 100%. Se la complementarietà tra il miR e l’mRNA è inferiore allora il miR si lega al mRNA e blocca la traduzione. Il ribosoma ha vicino a sé il complesso RISC legato al miR- mRNA e quindi se la complementarità tra il miR e mRNA non è del 100% il ribosoma prova a far entrare il messaggero nella sua tasca ma essendo legato agli altri crea un ingombro sterico quindi non entra nel ribosoma e non può essere tradotto. Dove si lega il miR sull’mRNA? Bisogna considerare che il miR è di 19-21 basi, mentre un mRNA è lungo circa 1000 basi. Il miR ha una zona centrale detta zona core di 7-9 basi la quale serve per incastrarsi nel complesso RISC, le altre 10-12 basi sono variabili nel miR, dunque se consideriamo tutte le combinazioni possibili queste sono sufficienti perché i miR esistenti possano coprire circa tutti i 23.000 geni codificanti. Dunque il miR si lega all’mRNA con omologia inferiore al 100%, ma qual è la percentuale di omologia minima per cui un miR possa legarsi a un mRNA? Ci sono delle banche dati da cui si può ricavare il valore della percentuale di omologia necessaria, e da questi dati si può capire quali mRNa lega un determinato miR. Esistono poi anche degli RNA a doppio filamento che potenziano la traduzione perché stabilizzano l’mRNA. L’mRNa una volta trascritto va nel citosol e qui parte la traduzione per forza, i miR sono un modo per spegnere il significato di mRNA. Uno dei sistemi di attivazione della trascrizione dei miR è l’accumulo di proteina. Se si ha accumulo di una determinata proteina viene bloccata la traduzione di quel mRNA e viene attivata la trascrizione dei miR necessari a eliminare/bloccare gli mRNA già trascritti. 26 In Drosophila e nelle piante avviene la degradazione dell’mRNa in frammenti di lunghezza simile a miR, AGO (Argonauta) taglia in corrispondenza della lunghezza dei miR, e poi oltre al complesso RISC c’è anche un enzima RNA polimerasi- RNA dipendente che sintetizza un frammenti complementare all’mRNA che diventano miR, e si duplica il sistema. Si generano miR sulla sequenza dell’mRNA degradato. È un sistema di auto potenziamento a feedback positivo: garantisce che il fenomeno perduri il tempo necessario, in Drosophila e nelle piante c’è bisogno di questa azione aggiuntiva. In Drosophila e nelle piante ci sono due isoforme di DICER, queste perché le piante sono immobili dunque devono aver maggiori meccanismi di regolazione e difesa, DCR2 processa i siRNA e rasiRNA, DCR1 solo miRNA. Invece nei mammiferi (topo) e anche nei lieviti esiste un unico DICER per processare sia i siRNA che i miRNA. Significato biologico dei miR? Esistono vari livelli, intanto non riguardano o in minima parte, processi legati al metabolismo. I miR regolano prevalentemente l’invecchiamento, la morte cellulare, il differenziamento cellulare, lo sviluppo e il ciclo cellulare. I miR silenziamo mRNA che causano accumulo di proteina, e si attivano anche in risposta allo stress del reticolo endoplasmatico, quando ci sono troppe proteine difettose che portano a un folding errato entrano in gioco le chaperonine, dunque interviene un meccanismo che induce la traduzione di nuova proteina corretta, e anche i miR che silenziano l’mRNA errato; tutto per evitare l’accumulo di proteine che è un danno. miR15 e miR16 downregolati sono coinvolti nella leucemia, hanno quindi funzione di tumor soppressor e se vengono down regolati si sviluppa la malattia. Dove si trovano i miR? Durante il loro processamento vanno dal nucleo al citosol, ma poi? Nel 2007-2008 sono stati trovati miR nel sangue, nelle urine, nei fluidi biologici; questo ha aperto la possibilità diagnostica precoce, perché se si riscontra un elevato livello di uno o alcuni miR nei fluidi biologici questo è informativo della presenza di un danno, o di un qualche problema in corso per riparare il quale questi miR sono stati overespressi. Le cellule quando muoiono rilasciano all’esterno i miR, ma perché non vengono degradati? Devono essere per forza associati a un qualcosa altrimenti 15-20 basi di miR liberi non resisterebbero. Le cellule tumorali hanno anche degli esosomi. La superficie della cellula tumorale non è liscia, ma ha tante estroflessioni perché ha un metabolismo elevato, esse poi esportano vescicole dette esosomi e alcuni esosomi trasportano anche dei miR. Poi gli esosomi se incontrano un’altra cellula vi si fondono e rilasciano all’interno il loro contenuto, dato che provengono da cellule tumorali il contenuto degli esosomi può trasportare “malignità”. Per questo negli ultimi anni si stanno studiando i miR circolanti. I geni che codificano per i miR possono andare incontro a eventi di epigenetica, cioè possono subire metilazioni, modifiche a livello degli istoni ecc. es. se un miR è coinvolto nel differenziamento e il suo gene viene metilato si inibisce la formazione del miR e e la cellula non va incontro a differenziamento. Esistono situazioni in cui possono essere alterati Drosha, Dicer, Pasha o l’esportina-5, ognuno dei passaggi coinvolti nel processamento del miR se è alterato comporta la produzione di miR alterati o nella funzione o nella quantità. Ad esempio se un miR controlla la morte cellulare ed è difettoso e dunque non funziona, allora non avviene la morte cellulare; il meccanismo di morte cellulare si attiva quando la cellula ha accumulato numerosi difetti ormai irreparabili per cui è preferibile che essa muoia, se la sua morte non avviene questa continua ad accumulare errori e può diventare una cellula pre-tumorale. L’espressione dei miRNA può essere regolata da: • alterazioni cromosomica (regioni fragili del genoma) • - mutazioni (es. miR15a in CLL) • - difetti nella biogenesi (es. Drosha, DICER) • - meccanismi epigenetici L’espressione di miRNA è tessuto-specifica per alcuni miR, altri invece sono presenti ovunque. • mir-133 tessuto scheletrico • mir-28 linfociti B…. E regola il profilo di espressione di geni codificanti per “caratteri” specifici di quel tessuto L’espressione di miRNA è regolata da segnali extracellulari : 27 Cellule staminali embrionali della blastocisti, sono pluripotenti, possono andare verso tessuti come fegato, pelle, neuroni, sangue. La sfida della tecnologia è quella di conoscere quali sono i fattori per indurre differenziamento. CS della pelle e del sangue si conoscono abbastanza, per le CS neuronali ci sono delle sperimentazioni in corso, per CS di fegato è difficile indurre differenziamento, in questo caso è più semplice un trapianto. Ci sono studi per utilizzare cellule staminali per rigenerare la retina e riacquisire la vista, Cs di muscolo invece difficile. Le cellule staminali pluripotenti indotte (iPS cells, induced Pluripotent Stem cells): sono cellule staminali pluripotenti indotte, si ottengono attraverso riprogrammazione genetica di cellule staminali adulte che possono tornare quindi a uno stadio di pluripotenza. Si è tentato di far questo per ottenere delle cellule pluripotenti simili alle CSE, senza dover ricorrere a usare le CSE, evitando dunque tutti i problemi etici legati al caso. iPS possono essere cresciute in laboratorio e tenute così, oppure possono ridifferenziare in maniera indotta verso un determinato tessuto di mio interesse. Riprogrammazione: CSA ha forma fusiforme, poi via via si accumula una specie di grumo o “organoide” che sono le cellule staminali pluripotenti, CSA vengono trattate con agenti chimici che le porta a esporre proteine di membrana diverse attraverso le quali si riconoscono tra loro e si attaccano, l’inibizione da contatto nella nicchia staminale aiuta a preservare la staminalità. - Scoperta iPS: Nel 2006, gli scienziati hanno scoperto che è possibile generare in laboratorio un nuovo tipo di cellule staminali. Essi hanno scoperto che è possibile trasformare le cellule della pelle di un topo in cellule che si comportano esattamente come le cellule embrionali staminali. Nel 2007, gli scienziati hanno confermato questa scoperta anche con le cellule umane. Le cellule staminali prodotte in questo modo sono state chiamate cellule staminali pluripotenti indotte. Queste cellule sono in grado, così come le cellule staminali embrionali, di generare ogni tipo cellulare presente nell’organismo: per questo vengono chiamate pluripotenti. Creare cellule staminali indotte pluripotenti è un po’ come far tornare le cellule indietro nel tempo. Gli scienziati aggiungono particolari geni alle cellule già specializzate per fare in modo che tornino a comportarsi come le cellule staminali embrionali. Sono i geni a dire alle cellule come devono comportarsi: l’intero processo può essere paragonato al cambiamento del manuale di istruzioni di un programma al computer per fare in modo che il programma svolga un nuovo compito. Gli scienziati definiscono il processo che porta a formare le cellule IPS “riprogrammazione genetica”. Perchè sono così interessanti? Gli scienziati sperano di riuscire un giorno ad utilizzare le cellule iPS per curare malattie degenerative come il Parkinson o l’Alzheimer. In particolare, gli scienziati vorrebbero: 1) Prelevare cellule, come ad esempio le cellule della pelle, da un paziente 2) Generare in laboratorio cellule staminali embrionali pluripotenti 3) Far crescere, a partire da queste iPS, le cellule specializzate di cui il paziente ha bisogno per guarire dalla malattia, come ad esempio cellule del cervello nel caso di malattie come il Parkinson. Queste cellule, una volta trapiantate nel paziente, non sarebbero rigettate dal momento che sono state create proprio da cellule del paziente stesso. Le cellule staminali adulte sono presenti in tutti i tessuti all’interno delle cosidette nicchie di staminalità, sono cellule multipotenti. Le nicchie di staminalità sono un concetto rilevante nella biologia delle cellule staminali. Comprendere il microambiente che circonda le cellule staminali è importante tanto quanto conoscere le cellule staminali stesse. Il microambiente regola il comportamento delle cellule staminali e dunque può insegnarci come controllare la crescita delle cellule staminali in laboratorio. Le nicchie di staminalità possono agire su una cellula staminale in diversi modi: • tramite il contatto diretto tra cellule della nicchia e cellule staminali 30 • tramite fattori solubili rilasciati dalle cellule della nicchia, i quali possono raggiungere le cellule staminali • tramite cellule “intermedie” che fungono da anello di comunicazione tra le cellule della nicchia e le staminali Gli scienziati stanno lavorando su questi aspetti per comprendere esattamente come funzionano le nicchie di staminalità, e oggi si conoscono sempre più informazioni sulle nicchie di alcuni tipi di cellule staminali. Le CSA nei tessuti: Le cellule staminali generano cellule progenitrici già “orientate”, cioè indirizzate verso un particolare destino cellulare. Esse non sono completamente differenziate e possiedono proprietà diverse dalle cellule staminali – si tratta di un tipo intermedio di cellula. Le cellule progenitrici si divideranno svariate volte e, tramite passaggi successivi, daranno origine alle cellule specializzate che sono completamente differenziate e svolgono un preciso compito nel tessuto. HSC cellule staminali ematopoietiche, stanno nel midollo osseo, si differenziano in un precursore, da cui originano 4 cellule progenitrici differenti, le quali producono infine 12 tipi cellulari differenti: cellule NK, cellule T, cellule B, cellule dendritiche, piastrine, eritrociti, macrofagi, neutrofili, eosinofili, basofili. Oppure cellule staminali del tessuto nervoso, abbiamo pochi progenitori che si specializzano in un numero diverso di cellule: neuroni, interneuroni, astrociti, oligodendrociti. Nicchia staminale: microambiente che circonda le cellule staminali, fornisce supporto e segnali che regolano i processi di autorigenerazione e differenziamento. Le cellule mesenchimali stromali (MSC) danno origine alle ossa, alla cartilagine, al tessuto adiposo. In laboratorio se ne può indurre il differenziamento in muscolo. Le MSC si differenziano nei vari tessuti possibili a seconda con cosa sono in contatto: contatto diretto con nicchia, contatto con fattori solubili rilasciati dalla nicchia, contatto indiretto con cellula mediatore. Le cellule si comportano in modo diverso a seconda del profilo della superficie su cui appoggiano, in base a contatti diversi si hanno sviluppi differenti. Ad esempio se ho i mioblasti (precursori delle cellule muscolari) e li metto su una superficie liscia queste in 96h si sono disperse, è più difficile il meccanismo per fare i miotubuli su questa superficie. Mentre se li metto su una superficie con canali queste differenziano in miotubuli in 24h perché si allineano nel canale e formano più facilmente i sincizi. Le MSC rilasciano dei fattori solubili, dette miochine, i quali aiutano i mioblasti a diventare miotubuli. I mioblasti se li metto in un terreno di coltua DMEM in cui sono cresciute le MSC diventano miotubuli in 48h (normalmente 96h). Cardiomioblasti: prelevati dal cuore di topi neonati, questi contengono ancora tante cellule staminali, si possono fare cardiomioblasti da precursori, formano un grumo e poi iniziano a “battere”. Anche in questo caso se metto delle MSC vedo che la rigenerazione cardiaca è più veloce. Si dice che i cardiociti e i neuroni non rigenerano, in realtà lo fanno ma molto molto poco. Nel 2007 venne assegnato il Premio Nobel a Yukama per aver trovato i “geni della staminalità” Oct-4, Nanog, Sox2, Sall4, questi sono i primi 4 geni che vengono down regolati nel processo di differenziamento da cellula staminale a precursore. Questi sono dei fattori di trascrizione, è interessante sapere come vengono spenti o riaccesi. Sono quelli che vengono utilizzati per fare le iPS. Nanog è espresso nelle cellule staminali embrionali e nelle cellule primordiali germinali. Oct-4 è presente nei blastomeri, è il primo che si attiva nella tumorigenesi. Tecniche di rigenerazione cuore malato: Il cuore ha cellule tutte uguali tra loro e comunicato in sincrono (battito) con un'unica contessina la Cx43. Una ricercatrice americana stava facendo un esperimento, aveva cuori di topo e sbagliò perché invece di mettere in coltura una certa soluzione mise SDS: e ottenne dei “cuori bianchi”. L’SDS aveva digerito, non c’erano più cellule di cuore ma soltanto lo “scheletro” fatto da cartilagine. Accortasi di ciò si chiese cosa sarebbe successo se avesse messo in incubazione cuori bianchi e precursori staminali di cardiomioblasti, lo fece e vide che dopo due settimane le cellule 31 di cardiomioblasto si erano riposizionate e il cuore batteva. Dimostrò quindi che era importante il rapporto reciproco e il contatto per il differenziamento. Lei mise a contatto con i cuori bianchi dei precursori staminali e ottenne cardiomiociti battenti. Da qui si è aperta la possibilità di rigenerare regioni cuore dopo infarto, ischemia, ecc. -Trapianto di midollo osseo viene utilizzato anche per curare malattie autoimmuni come il LES. Rigenerazione dell’osso in caso ad esempio di osteosarcoma (tumore osseo), viene tagliato l’osso, poi vengono introdotte MSC con accorgimenti e operazioni queste rigenerano l’osso. Le cellule neuronali olfattive reindirizzare vengono utilizzate nella sclerosi. Queste sono terapie possibili in futuro. DIFFERENZIAMENTO CELLULARE: modificazioni dell’attività del genoma semipermanente. I fattori di trascrizione rispondono ai meccanismi epigenetici: - Metilazione del DNA: nel passaggio da blastocisti a blastula e gastrula si ha un elevato livello di metilazione delle CS - Modificazioni istoniche - Azione di polycomb e thritorax Rememeber: Molti dei meccanismi che portano una cellula differenziata a diventare staminale orchestrano anche la transizione da cellula normale a tumorale con sorprendenti analogie tra i due processi: emerge sempre di più come il cancro sia la conseguenza di un disturbo di identità della cellula che perde la sua impronta e acquisisce nuove proprietà in maniera molto simile a una riprogrammazione. La cellula tumorale inizia ad esprimere diverti tipi di miRNA che cambiano lo stato epigenetico del sistema. I meccanismi epigenetici assicurano il mantenimento di stati trascrizionalmente attivi o inattivi. Il codice istonico epigenetico non si sa se viene trasmetto alla cellula: si sa che viene trasmesso, ma non sappiamo esattamente in che modo (50%/ 70% della metilazione trasmessa). Le cellule che si sviluppano dai foglietti embrionali hanno una memoria epigenetica, perché ognuna di esse sa di derivare da una cellula del mesoderma ecc. In Drosophila melanogaster sono stati identificati geni chiamati Polycomb (Pc) che, se mutati, non permettono l’espressione di alcuni geni omeotici coinvolti nello sviluppo dell’insetto. Le proteine codificate da Pc costituiscono un complesso formato da più subunità, chiamato Pc-G (PolyComb-Group), che sono in grado di associarsi alla cromatina ed inibire l’espressione di specifici geni bersaglio inducendo la formazione di tratti di cromatina silente. In Drosophila, le proteine PcG costituiscono un meccanismo di "memoria cellulare" che agisce mediante elementi di DNA specializzati (PREs) in grado di fissare lo stato trascrizionale dei geni e di conferirgli ereditarietà epigenetica. Il meccanismo mediante il quale le proteine PcG agiscono nel cromosoma non è chiaro e in particolare i PREs non sono stati ancora identificati nei mammiferi. Inattivando migliaia di geni simultaneamente, Polycomb funziona infatti da interruttore di identità cellulare, "permettendo" la transizione da cellula differenziata a staminale. La maggior parte delle proteine del Policomb Group costituiscono due grandi complessi repressivi Polycomb (Polycomb Repressive Complex): PRC1: lega i nucleosomi già metilati sulla LYS27, con ruolo soprattutto strutturale PRC2: attività metiltransferasica, agisce su Lys 27 e/o Lys9 dell’H3. PRC1 si lega e PRC2 metila l’intorno. 32 In questo modo sono stati identificati quattro gruppi di geni, uno di questi era MyoD. Oggi i fattori miogenici si suddividono in due gruppi: - MRF fattori di regolazione miogenica (MyoD e Myf5) - MEF fattori di potenziamento miogenico (miogenina e MRF4) La miogenesi è regolata da geni che trascrivono per i fattori di trascrizione miogenici ( MyoD, Myf5, miogenina e MRF4) della famiglia delle helix-loop-helix. Esse infatti ne contengono il dominio bHLH, (due α- eliche anfipatiche separate da una piccola sequenza di aminoacidi che forma uno o più β-turns) necessario per formare omodimeri o eterodimeri con altre proteine contenenti domini bHLH. Queste proteine conservano un dominio legante il DNA basico che riconosce il motivo E Box (Enhancer Box) sul DNA, 6 coppi di basi (consensus: CANNTG) nei promotori di molti geni coinvolti nella regolazione dell’espressione genica in muscoli, neuroni e altri tessuti. L’E Box possiede una sequenza palindromica che gli permette di essere riconosciuta dai dimeri formati dai fattori di trascrizione miogenici. L’espressione dei fattori regolatori miogenici è limitata alle cellule muscolari scheletriche. I mioblasti della linea C2 esprimono, in condizioni di proliferazione sia MyoD che Myf5. La miogenina viene indotta nella fase iniziale del differenziamento, non appena i mioblasti vengono trasferiti in terreno di differenziamento, ed i trascritti di MRF4 in genere si accumulano più tardivamente nei miotubi differenziati. I fattori regolatori miogenici possono sia autoregolarsi che transattivare l’espressione degli altri geni della famiglia, questo complesso circuito regolatorio sembra essere necessario, almeno in vitro, per l’induzione ed il mantenimento dell’espressione degli MRF durante la determinazione ed il differenziamento muscolare. L’esistenza di circuiti auto- e cross-regolatori tra gli MRF rende certamente complessa l’identificazione della loro funzione specifica. Alcuni chiarimenti al riguardo sono stati forniti dall’analisi dei topi knock-out per ciascun fattore e dai reciproci incroci; Infatti, nei topi doppi mutanti (MyoD-/- Myf5-/-) mancano completamente i mioblasti e muoiono. Ma topi KO per uno solo dei 2 geni sono normali, perché questi geni sono ridondanti. Nei topi che non esprimono miogenina i mioblasti si accumulano nelle posizioni occupate dai muscoli scheletrici, ma non si differenziano in miotubi. NB tutti i geni fondamentalmente critici sono ridondanti. Il quadro che emerge da questi studi è che MyoD e Myf5 vengono espressi prima della fusione in miotubi e sono coinvolti nella generazione e nel mantenimento dell’identità dei mioblasti scheletrici; Miogenina viene espressa dopo la fusione ed è coinvolta nell’attivazione di geni del differenziamento terminale; MRF4, espresso nel corso dello sviluppo, mantiene delle cellule muscolari nello stato differenziato. MEFs 35 Gli MRF possono interagire e sinergizzare con i fattori trascrizionali della famiglia MEF (Myocyte Enhancer-binding Factor 2), appartenenti alla famiglia MADS di fattori di trascrizione, che legano siti specifici adiacenti alle sequenze E- Box (MEF Box). I fattori MEF2 da soli non possono attivare i geni muscolari ma potenziano l’attività trascrizionale dei fattori MRF e sono indispensabili per il differenziamento muscolare in vivo e in vitro. NB. I MEF vengono espressi anche in altri tessuti oltre a quello muscolare. Dal momento che il topo esprime molteplici proteine MEF, per determinare il ruolo delle MEF nella miogenesi è stata preferita la Drosophila che esprime una sola proteina MEF. Nei moscerini con mutazioni nel gene MEF non si formano cellule muscolari differenziate, anche se i mioblasti si formano normalmente. Anche se il programma miogenico è indotto da segnali extracellulari temporanei, una rete di interazioni intracellulari mantiene il programma miogenico anche in assenza di questi segnali. Prima, sia i fattori miogenici MRFs che MEFs si regolano positivamente, attraverso il legame con gli specifici siti di regolazione in cis. Poi MEFs e MRFs interagiscono fisicamente promuovendo l’espressione dei fattori miogenici che guidano la differenziazione. Circuito autoregolativo: sistemi che devono garantire che una cellula che ha raggiunto lo stato terminale di differenziamento, persista in quello stato a lungo. Esempio: il gene per l’actina sarcomerica viene espresso solo nelle cellule commissionate a diventare fibre muscolari, nelle altre e nella cellula staminale non differenziata è inattivo. In quest’ultima viene attivato mediante stimoli particolari. Questo grazie alla capacità dei geni che trascrivono i fattori di trascrizione miogenici di autoregolarsi (sono in grado di ritornare via via sul promotore) Così ottengo un’induzione costante nel tempo. MRF sono presenti soltanto nelle cellule muscolari, mentre i MEF sono stati scoperti in tutte le cellule, MEF possono essere presenti anche in geni non del muscolo poiché hanno azione di potenziamento. Il fattore MyoD viene anche regolato dalla proteine MSX-1 che si associa all’istone H1, blocca MyoD , la cellula resta mioblasto e non si differenzia in miotubulo, perché impedisce il rimodellamento della cromatina. C’è sempre un segnale di attivazione dei MRF che si autoregolano e inducono attivazione dei MEF che a loro volta inducono l’attivazione dei geni strutturali per il differenziamento muscolare. Il differenziamento muscolare deve essere mantenuto. In questo tipo di differenziamento, più che in altri, c’è un’elevata necessità di sintesi proteica perché la contrazione muscolare avviene danneggiando gli organelli, quindi è necessario risintetizzare le proteine, per questo una fibra muscolare ha moltissimi mitocondri. Nel muscolo dunque c’è equilibrio tra un’elevata attività di degradazione proteica e di sintesi di proteine, ogni patologia associata al muscolo ha alla base un’alterazione di questo equilibrio. ATROFIA: può dipendere da livelli troppo elevati di degradazione proteica, o livelli troppo bassi di sintesi, comporta una diminuzione del numero dei mionuclei e del volume, ovvero una diminuzione di massa 36 muscolare. Oppure si parla di atrofia da disuso, processo che si instaura in soggetti infermi o costretti a letto per altre cause, e comporta una diminuzione di volume e di forza muscolare. SARCOPENIA: è atrofia dovuta all’invecchiamento, il muscolo perde volume ma non perde forza perché è un processo più graduale CACHESSIA: può essere dovuta a tumore o anche es. AIDS, nel tumore al pancreas nel giro di due mesi il soggetto perde il 50-60% della muscolatura; è una situazione esasperata in cui si hanno elevatissimi livelli di TNFα che induce aumenti di NF-kB, il quale normalmente è un fattore di trascrizione di sopravvivenza, ma a un certo punto induce degradazione proteica. Perché? Nel muscolo si ha l’aumento dei livelli di Atrogin e di Murf, sono delle E3 ubiquitina ligasi che attivate portano a degradazione delle proteine: atrogin aumenta la degradazione proteica, murf diminuisce la sintesi proteica non in modo diretto, ma tramite vari passaggi. Lo stesso sistema in modo non così esagerato si ritrova anche nella sarcopenia. Si possono studiare situazioni del genere in modelli di topo. Si inocula nel topo un pezzetto di C26 adenocarcinoma con processo GARF, il topo quindi diventa C26+. Induco quindi il tumore nel topo e quindi cachessia e questo dopo un mese ha un’elevata diminuzione della massa muscolare. In vitro in topi si induce il differenziamento miogenico da mioblasti a miotubuli, poi si diminuisce il siero contente i fattori di crescita, e si può indurre atrofia con desametasone o TNFα, si vede una diminuzione di 50% delle dimensioni della fibra e un aumento di Atrogin e Murf. Myostatina: è una proteina che causa aumento del volume muscolare, è stata somministrata in topi con cachessia e è stato ottenuto il recupero dell’atrofia. Doping: IGF-1 è un fattore che induce ipertrofia, ovvero aumento della massa muscolare e della sintesi proteica, sono stati fatti degli esperimenti in cui veniva somministrato a un topo e si notava un aumento della massa muscolare, se veniva tolto si registrava una diminuzione della massa. ORGANISMI MODELLO C. elegans ha 959 cellule, ma ad esempio non ha le cellule satelliti. È un buon modello per studiare il danno muscolare, e anche l’invecchiamento. In C. elegans è stato scoperto Daf-2, questo è un gene legato all’invecchiamento cellulare, detto anche gene della longevità perché mutazioni in daf-2 causano un notevole aumento della vita. Regolano lo stato larvale dauer caratterizzato da basso metabolismo, nel quale può rimanere per alcuni mesi, simile alla quiescenza cellulare, se a cellule in coltura tolgo il siero esse vanno in quiescenza, se a C. elegans tolgo il cibo entra in stato dauer. Daf-2 fa parte dei geni che mantengono il fenotipo, il che vuole dire aumento della vita della cellula e quindi dell’organismo. Fa parte di una via di segnalazione insuline-like. Successivamente è stato scoperto che è un IGF-1 receptor dunque è coinvolto nell’ipertrofia. Anche in drosophila è stato scoperto un analogo di daf-2 che ha le stesse funzioni. In una coltura cellulare ci sono dei parametri osservabili che sono informativi sullo stato di invecchiamento, es. Aumento dell’attività della B-galattosidasi, aumento delle dimensioni del nucleo, del numero di lisosomi perché la cellula è sempre più danneggiata, cambio del fenotipo. P16 è una CKE che regola il ciclo cellulare, è coinvolto nell’invecchiamento, ne è uno dei primi responsabili. CICLO CELLULARE (vedi appunti) APOPTOSI (morte cellulare programmata) 37 - DFF Targets - Lamin (lamina b) - Gelsolin CASPASI Le caspasi vengono prodotte come pro-caspasi e sono sempre presenti all’interno della cellula sottoforma di zimogeno, esse possiede un dominio CARD di interazione proteina-proteina (irreversibile), e si transattivano per taglio proteolitico, le prime ad essere attivate dalla via intrinseca o estrinseca sono le caspasi iniziatrici. Sono enzimi proteolitici (30-50 kDa), che tagliano irreversibilmente le proteine in sequenze specifiche a livello di residui di aspartato. Il ciclo cellulare viene regolato da una serie di fosforilazioni e defosforilazioni. Nell’apoptosi invece non si ha un ciclo, il danno è tale che non si deve tornare indietro, per questo si usa un processo irreversibile come L’interazione proteina-proteina e successiva proteolisi. Le caspasi vengono sintetizzate sottoforma di zimogeni e vengono regolate post-traduzionalmente. Hanno un grande dominio (20kDa), piccolo dominio (10KDa) e dominio N-terminale CARD (detto pro-dominio, regolatore dell’interazione prot-prot). Caspasi iniziatrici: entrano in azione per prime, le più rilevanti e certe sono le caspasi 8 e 9. Sono le prime attivate (per via estrinseca o intrinseca) perché sono proteine autocatalitiche. L’induzione dell’autoproteolisi è data dall’interazione proteina-proteina: un’altra proteina, associandosi alla procaspasi, ne induce auto proteolisi, dunque autocatalisi, a cui segue la dimerizzazione delle due. Una volta attivati i due dimeri questi si assemblano a tetramero. La caspasi 8 viene attivata per associazione con mediatore del recettore della morte, la 9 viene attivata da Apaf-1. La loro attivazione deriva da una serie di interazioni dominio-dominio (CARD). Nella caspasi 8 il dominio funzionale è DED (Death Effector Domain) via estrinseca (recettore della morte) Nella caspasi 9 il dominio funzionale è CARD via intrinseca (recettore mitocondriale) Caspasi effettrici: attivate da caspasi iniziatrici inizio cascata attivazione delle caspasi Bersagli delle caspasi: Le caspasi sono delle aspartato cisteina proteasi (perché hanno una serina nel sito attivo e tagliano in corrispondenza di un residuo di aspartato). Le caspasi iniziatrici una volta attivate, tagliano e attivano le caspasi attivatrici, le quali si transattivano per cascata proteolitica. Le caspasi effettrici poi agiscono idrolizzando specifiche proteine bersaglio all’interno della cellula: - A livello nucleare(nucleo plasmina, mdm2 regolatore di p53, pRb) lamine nucleari, il cui taglio provoca l’irreversibile rottura della lamina nucleare - Idrolizzano gli inibitori della nucleasi CAD, la quale quindi può agire sul DNA frammentandolo - A livello del DNA (enzimi di riparazione come Rad51, PARP, topo isomerasi, CAD) PARP è una proteina coinvolta nella riparazione del DNA, è una poli-ADP polimerasi, solitamente ha un pm di circa 100kDa, per azione delle caspasi viene tagliata in due frammenti: uno di 20-30 kDa che resta attaccato al DNA e ne impedisce la riparazione (frozen nick), l’altro frammento di circa 80 kDa va nel citosol e lega PARP ancora integra impedendo che entri nel nucleo - Componenti del citoscheletro e di proteine di adesione cellula-cellula, ovvero taglio della gelsolina che favorisce la depolimerizzazione dell’actina e quindi rimodellamento del citoscheletro che porta alla formazione dei corpi apoptotici (blebbing) - Citoplasma (Bcl-2, flippine per la fosfatidilserina) - In una cellula normale i fosfolipidi non sono ugualmente distribuiti ai due versanti della membrana (interna ed esterna). Fosfatidilserina (PS) e fosfatidil etanolammina (PE) sono maggiormente esposte verso l’interno; all’esterno ho soprattutto fosfatidilcolina e sfingomielina. 40 Esistono enzimi come le flippasi, che tengono PE e PS che le obbligano a stare all’interno, anche se starebbero meglio fuori. Questi enzimi sono mantenuti attivi mediante uso di ATP. Le caspasi vanno a tagliare le flippasi e traslocasi, e PE e PS tornano all’esterno, (e l’annessina V, mediante Ca2+, lega PS.) Questi peculiari fosfolipidi esposti sulla membrana indicano che la cellula è in apoptosi e danno quindi segnale alle cellule fagocitiche di eliminare la cellulare per fagocitosi. VIA ESTRINSECA (Procaspasi 8) Stimolo percepito dai recettori della morte, presenti sempre sulla membrana di tutte le cellule, che trasmettono segnali apoptotici. 3 tipi di recettori 1. TNFR-1 (Tumor Necrosis Factor): chiamato così prima di scoprire l’apoptosi, è ubiquitario. Il ligando è TNFα. 2. FAS: il ligando è FASL (FAS Ligand). Il recettore viene chiamato anche CD95 o Apo-1, ed è ubiquitario. 3. DR3(o 4/5): presente solo su alcuni tipi di cellule. Chiamato anche Apo3. Il ligando è TRAIL. I recettori sono simili tra loro, nella parte citosolica vi è il DD (death domain) che normalmente non è esposto (cioè non è accessibile), poiché in assenza del ligando il recettore è in forma chiusa. ESEMPIO TNF Il TNF si lega nella parte extracellulare al recettore attivandolo e questo cambia conformazione. Il segnale viene passato alla parte citosolica del recettore, DD (Death Domain, comune ai 3 tipi di recettori di morte) viene esposto. Una volta esposto: 1. viene reso raggiungibile da un altro dominio DD della proteina FADD , che ha anche il dominio DED (Dead Effector Domain). - Il dominio DED di FADD reclutano le procaspasi 8 e la legano attraverso il dominio DED delle procaspasi A questo punto si forma il complesso di segnalazione che induce la morte DISC, nel quale le procaspasi attivano il fenomeno di autoproteolisi e poi si transattiva dimerizzando, e poi formando il tetramero ora le caspasi iniziatrici attive, attiveranno mediante cascata proteolitica le caspasi effettrici: apoptosi. 2. Oppure (in assenza di FADD) il dominio DD del recettore viene legato dal DD della proteina RIP (senza dominio DED). - Questo DD viene riconosciuto dal DD di TRAF-2 (proteina priva del dominio DED per legare la procaspasi 8) così il TNFα attiva i fattori di trascrizione di sopravvivenza (IKKK inattiva – reclutamento e attivazione di IKKK, fosforilazione e attivazione di IKK da parte di IKKK, fosforilazione di IkB (è una parte di IKK, ed è l’inibitore che lega NF-kB) ubiquitinazione e degradazione di IkB e migrazione nel nucleo di NF-kB attivo) NB. FADD è una proteina che viene prodotta solo quando la cellula decide di entrare in morte programmata. Se non viene espressa il TNFR-1 viene legato da TRAF-2 (sempre presente) e la cellula sopravvive. Quindi mentre i recettori TNFR posso intermediare sia apoptosi che sopravvivenza, altri recettori non possono mediare altre vie se non quella di morte cellulare. 41 Esempio FAS: quando si lega il FASL, il recettore cambia conformazione e espone il DD nella parte citosolica, questo interagisce con il DD della proteina FADD, la quale ha anche un dominio DED e con esso interagisce con il dominio DED della procaspasi-8, formazione del DISC, attivazione procaspasi 8 per auto proteolisi, dimerizzazione. Ogni recettore ha una via alternativa per modulare l’azione del recettore. La via estrinseca ha interazione dominio-dominio, caratteristica per ogni cellula Specificità nel riconoscimento del dominio (DD, DED) Unidirezionale: una volta avvenuto il legame di tutte le proteine non si torna più indietro, non reversibile. L’espressione delle proteine in quel momento mi determina apoptosi/differenziamento o sopravvivenza. VIA MITOCONDRIALE (Procaspasi 9) Indotta da agenti chimici, fattori di crescita che vengono limitati, radiazioni, che portano a disfunzioni del mitocondrio. I mitocondri sono in grado di fondersi e di dividersi, una volta che si ha avuta la mitosi (biogenesi mitocondriale). Un’alterazione di tale biogenesi può portare all’apoptosi. Mitocondri che non sono sufficientemente attivi si fondono, per compensare le funzionalità mancanti (alterazioni che impediscono l’attività mitocondriale sono alla base di patologie come la distrofia muscolare). COLLEGAMENTO CON LA VIA ESTRINSECA Fra i target della caspasi 8 c’è la famiglia di proteine BID, che fanno parte della famiglia di proteine Bcl-2, le quali regolano la via intrinseca dell’apoptosi Famiglia di proteine Bcl-2 pro e anti apoptotiche sono dive in: - Proteine anti apoptotiche Bcl-2 Bcl-2, Bcl-XL, Bcl-w: con 4 domini BH (Homology), infatti dette BH1234 + dominio transmembrana della membrana mitocondriale esterna - Proteine pro- apoptotiche BH123con 3 (o meno) domini BH : Bak e Bax BH3only: Bad, Bim, BID, Puma, Noxa I membri di Bcl-2 sono anti-apoptotici e bloccano le BH123 pro-apoptotiche, mentre le BH3only normalmente non vengono trascritte o sono inattive, ma se vengono attivate inibiscono Bcl-2 e dunque attivano le BH123. Quando uno stimolo apoptotico scatena la via intrinseca le proteine BH123 proapoptotiche, tipo Bak o Bax, vengono attivate e si aggregano a formare oligodimeri nella membrana mitocondriale esterna, formando appunto un poro e causano il rilascio di citocromo c. NB poro diverso da canale: questo è sempre formato da 1 o più proteine insieme, che può essere aperto o chiuso, ovvero regolato [da recettore, dalla depolarizzazione di membrana ecc.]; il poro è invece un buco che non viene regolato e facilita la diffusione passiva, a favore dell’equilibrio di concentrazione. Bax o Bak formano un poro, mettendo in comunicazione l’interno e l’esterno del mitocondrio, e il citocromo c (non dovrebbe stare nel citoplasma) e altre proteine intermembrana escono per diffusione passiva poiché la loro concentrazione è maggiore all’interno del mitocondrio che nel citoplasma, viene inoltre rilasciato Ca2+. Alterando la permeabilità del mitocondrio, viene meno il gradiente di concentrazione necessario al mitocondrio per produrre ATP. 42 •autofagia mediata da chaperoni(Chaperone-Mediated Autophagy, CMA): le proteine che non sono ripiegate correttamente espongono un motivo (KFERQ, sequenza segnale di 5 aa) [noi abbiamo detto che le HSP espongono la seq KEFRQ] che ne permette il riconoscimento da parte di un sistema di chaperoni e co-chaperoni come ad esempio HSP70; questi mediano il legame con la membrana del lisosoma ed il passaggio nel lume(del lisosoma) della proteina mal ripiegata mediato da LAMP2A (2); L’autofagia è finemente regolata; nel lievito sono state identificate almeno trentasette proteine correlate all’autofagia (Autophagy related genes, Atg) e sono conservate nei mammiferi. Di queste, almeno una metà è direttamente coinvolta nel processo, mentre l’altra metà partecipa ad eventi regolativi (1). Negli eucarioti l’autofagia si presenta come una strategia di sopravvivenza della cellula che si trova in carenza di nutrienti, come ad esempio carenza di aminoacidi o glucosio; in queste circostanze gli autofagosomi (vescicole formate a partire dal fagoforo) inglobano casualmente materiale citoplasmatico trasportandolo al lisosoma attraverso i microtubuli, dove viene effettivamente degradato. In questo modo vengono riciclati i precursori biosintetici delle macromolecole (1). Negli eucarioti superiori, l’autofagia svolge anche funzioni più specializzate, come l’eliminazione di organelli danneggiati o vecchi, di patogeni e di inclusioni citoplasmatiche dovute all’età o a stress di varia natura (3). Inoltre è stata descritta essere essenziale per il rimodellamento dei tessuti durante l’embriogenesi, per la presentazione dell’antigene, e per la protezione dall’apoptosi (1). Recentemente è stato osservato che alterazioni nella regolazione dell’autofagia possono contribuire allo sviluppo e alla progressione di molteplici patologie, come neurodegenerazioni, cancro, malattie genetiche e numerose altre malattie (1). Esistono delle proteine che sono il prodotto di geni autofagici, ovvero che vengono attivati soltanto nel momento dell’autofagia, sono detto ATG: essi sintetizzano le proteine necessarie a svolgere tutte le fasi di questo processo. Fasi dell’autofagia L’autofagia prevede la degradazione, lisosoma mediata, del materiale trasportato nell’autofagosoma e consta di varie fasi: iniziazione o nucleazione, che prevede la formazione della porzione di membrana iniziale, detta fagoforo; allungamento, di questa membrana; formazione e maturazione dell’autofagosoma, che quindi ingloba il materiale citoplasmatico; fusione con il lisosoma; ed infine degradazione del materiale inglobato (1) e riciclo dei componenti base. Nonostante l’autofagia sia un processo fisiologico per la cellula, affinché inizi è necessario uno stimolo. Tra i vari segnali che sono in grado di regolare l’autofagia ci sono i nutrienti, i fattori di crescita, gli ormoni, i livelli intracellulari di calcio, i livelli di adenosina trifosfato (ATP, Adenosine TriPhosphate), l’ipossia, l’accumulo di proteine mal ripiegate e stress di varia natura come patogeni o determinati composti chimici (1). Il meccanismo di induzione dell’autofagia meglio studiato è sicuramente quello legato alla disponibilità di nutrienti, che dipende dal complesso mTORC1 (mammalian Target Of Rapamycin Complex 1). Questo complesso è in grado di coordinare i processi catabolici ed anabolici in funzione dei segnali che riceve dai fattori di crescita e della disponibilità di nutrienti, energia, e ossigeno (4). È costituito dalla chinasi mTOR (mammalian Target Of Rapamycin), che può formare anche un altro complesso detto mTORC2, e da varie subunità regolatorie (Regulatory associated protein of mTOR, Raptor; mammalian Lethal with Sec13 protein 8, mLST8 o GβL;Proline Rich AKT Substrate 40 kDa, PRAS40; DEP domain containing mTOR interacting protein, Deptor) (4). Quando c’è abbondanza di nutrienti, o il segnale di un fattore di crescita, mTORC1 è attivato e inibisce il complesso regolatore ULK. Questo complesso è formato dalla serina/treonina proteina chinasi, ULK1 o ULK2, e dalle proteine ATG13, ATG101, FIP200, AMBRA1 (5). mTORC1 inibisce l’attività del complesso ULK, e quindi l’autofagia, attraverso la fosforilazione di ULK1, di ATG13 e AMBRA1 (5, 6). INDUZIONE: La cellula quando si trova in circostanze sfavorevoli (es. in starvazione) prima va in autofagia; se la cellula non ha nutrienti sfruttare la degradazione di prodotti danneggiati oer recuperare e riciclare i componenti, ad esempio gli aa che costituiscono una proteina in misfolding o folding non corretto. L’autofagia è recupero di materiale in assenza di nutrienti. Se invece durante la crescita sono presenti i nutrienti ci sono segnali coma da PKA e TORC-1che bloccano la formazione del complesso Atg1; mentre se c’è carenza di nutrienti viene bloccato TORC-1 e quindi non viene bloccato il complesso. 45 Quando la cellula è in carenza di nutrienti, mTORC1 non è più attivo, ed un altro complesso AMPK, che “percepisce” la carenza di nutrienti (in particolare i livelli di ATP) attiva la chinasi ULK1 (o ULK2) che si auto-fosforila ed inizia una cascate di fosforilazioni tra cui AMBRA1 e ATG14, che fanno parte del complesso della PI3KC3 (PhosphatidylInositol- 3-Kinase Class-III) (5). Quest’ultimo è un altro importante complesso regolatore dell’autofagia, composto dalle proteine VPS34, VPS15, AMBRA1, e BECLIN1, le quali sono il prodotto dei geni autofagici e prendono contatto con lo strato fosfolipidico più una serie di proteine regolatorie (1). AMBRA1 svolge un ruolo importante nella regolazione a monte del processo autofagico, orchestrando un sistema regolativo retroattivo tra i complessi di ULK1 ed AMBRA1 (10). In condizioni normali AMBRA1 è inibita attraverso il legame al citoscheletro e la fosforilazione, mTORC1 mediata, sulla Ser52 (6, 11). In seguito ad induzione dell’autofagia, ULK1 fosforila AMBRA1, promuovendone la ri- localizzazione al reticolo endoplasmatico, ed AMBRA1 media la stabilizzazione e l’aumento dell’attività chinasica di ULK1, attraverso ubiquitinazione TRAF6 mediata (6, 11). Il complesso della PI3KC3, oltre ad avere una funzione regolativa nell’induzione dell’autofagia, è il principale attore della formazione dell’autofagosoma. La PI3KC3 infatti è responsabile della sintesi del fosfatilinositolo-3-fosfato (PI3P, PhosphatidylInositol 3 Phosphate), lipide tipico della membrana dell’autofagosoma, che permette il reclutamento di numerose proteine ATG sul fagoforo (1). ( appunti): Fosforilazione su baclina 1, vps34 e vps15 che formano il complesso mediato dal PI3P. Frammento di membrana stabilizzato da proteine e associato al citoscheletro, c’è ancoraggio. La fosforilazione è il primo evento della nucleazione. Successivamente si ha l’azione di numerose proteine per formare la vescicola, ATG-14 e AMBRA-1 WIPIs ecc, nel primo momento è mediata da beclina 1 che media l’azione della PI3K e avviene la nucleazione. Poi agiscono altre proteine tutte derivate da geni ATG con scopo di formare la vescicola stabilizzata che circonda i vari componenti cellulari. Proteine: -PI3K classe 1 e3 - proteine G trim eriche -Fattori di crescita -fasfatasi -mTOR (articolo)Nei mammiferi sono stati osservati più siti di formazione dell’autofagosoma, tra cui la membrana plasmatica, i mitocondri, il reticolo endoplasmatico, l’apparato del Golgi, e il nucleo (1). Una volta che si è formato il fagoforo, il processo prosegue con l’allungamento e la maturazione della membrana dell’autofagosoma. Queste fasi sono portate avanti da due sistemi di coniugazione che ricalcano il sistema dell’ubiquitina (1). Il primo porta alla formazione del dimero ATG12-ATG5, attraverso le proteine ATG7, simil E1, e ATG10, simil E2; questo dimero, una volta formato, interagisce con ATG16L1 e forma un trimero che quindi prende parte alla formazione di un grande complesso multi-proteico, detto appunto complesso ATG16L1 (1). Questo complesso partecipa al secondo sistema di coniugazione, che determina la lipidazione della proteina LC3 (microtubule associated Light Chain 3). LC3 esiste nella cellula in due forme che sono dette LC3-I ed LC3-II: la prima è la proteina completa, mentre la seconda è mancante di una sequenza amminoacidica e porta la fosfatidiletanolammina (PhosphatidylEthanolamina, PE). Attraverso la fosfatidiletanolammina, LC3 è associato sia alla membrana della vescicola in formazione. LC3 fornisce uno scheletro lipidico alla vescicola, quindi stabilizza la vescicola e permette che si ingrandisca. Quando il processo di sintesi è completato, LC3-II viene rimosso dalla membrana esterna e riciclato mentre quello localizzato nella membrana interna sarà degradato insieme ad essa (1). La conversione di LC3-I in LC3-II è una delle modifiche più utilizzate nello studio dell’autofagia. RAB-7 è una proteina monometrica G (GTPasi), che ciclizza da GTP a GDP per fornire energia al processo; successivamente prosegue l’eloganzione e la maturazione dell’autofagosoma mediata dalle proteine RABUna volta formato, l’autofagosoma si muove sui microtubuli giunge vicino al lisosoma e questo riconosce i recettori LAMP-1 e LAMP-2 dunque la vescicola si fonde con il lisosoma, formando l’autofagolisosoma (1) dove enzimi lisosomali (idrolasi, proteasi ecc) promuovono la degradazione delle macromolecole nei loro costituenti di base, permettendone il loro riciclo. 46 (FINE ARTICOLO) LC-3 e Beclina-1 sono dei marcatori dell’autofagia, si può vedere se sono presenti e in che livelli con western blot. Un modo per bloccare l’autofagia sono la warthwamina e 3-MA(trimetiladenina) i quali sono inibitori della PI3K. Esecuzione Atg3, Atg7, Atg10: proteine che vanno a ubiquitinare per inviare le proteine al proteasoma DEGRADAZIONE Macro: via lisosoma Micro: via proteasoma e proteasi REGOLAZIONE DELL’AUTOFAGIA (SBOBINE)L’Autofagia non è sempre presente, ma deve essere indotta, con attivazione ed espressione dei geni ATG responsabili degli eventi morfologici che portano alla formazione di strutture come l’autofagosoma e l’autolisosoma. I componenti delle membrane ex novo gli conferiscono caratteristiche particolari: Atg5, Atg12, Atg16: complesso proteico, di cui una è la Atg5 (beclina), che non trovo mai se non nella cellula in autofagia (è infatti un marcatore), necessaria per la formazione delle neo membrane. Fa parte del complesso proteico PI3K di classe III. Lc3 (light chain 3): proteina associata alla fosfatidiletanolammina (PE), che posso trovare nelle membrane interne del RE, ma con struttura diversa esce da quella posizione e va a contribuire alla formazione delle neo-membrane. Nelle cellule autofagiche cambia la sua corsa elettroforetica, perché cambia la struttura di LC3 (quindi vedo 2 bande, LC3 I e LC3 II, perché ho entrambe le strutture della proteina). E’ inoltre un marcatore tardivo. Questi due sono componenti unici e specifici (marcatori) del processo autofagico. Se ho queste molecole è segnale che sta avvenendo l’autofagia. Due classi diverse di PI3K mediano due risposte cellulari opposte sulla membrana plasmatica: PI3K tipo I, coinvolta nella via attivazione di AKT/mTORC1 sintesi proteica sulla membrana nascente dell’autofagosoma: PI3K tipo III, coinvolta nella via Beclin1/Vps34 autofagia Esistono inibitori del processo di maturazione, come la metiladenina, viblastina (citostatico) e nocodazole (farmaci chemioterapici). La deprivazione dei fattori di crescita, di aminoacidi, di insulina o di nutrienti: quando sono presenti, mi dicono che la cellula sta bene, quindi si può fare sintesi proteica se mancano, vuol dire che ci sono problemi! Questi fattori, quando presenti in quantità normali, vanno ad attivare il sensore della situazione cellulare: mTOR (mammalian Target Of Rapamycin), una protein-chinasi che integra lo stimolo proveniente da percorsi superiori, inclusi insulina, fattori crescita e mitogeni, percependo anche nutrienti cellulari e i livelli di energia. Nello stato attivo, mTOR dà vita a due differenti complessi multiproteici: - Complesso TOR rapamicina-sensibile ( mTORC1 ), in cui mTOR lega Raptor (Regulatory Associated Protein of TOR) e GβL (G-protein β-subunit-like) e fosforila S6K1 (S6Kinase1), che attiva la traduzione di mRNA fosforilando la proteina S6 del complesso ribosomiale 40S. Se tutto va bene fosforila e va ad attivare S6K1, fondamentale per l’attivazione della sintesi proteica e della proliferazione, e contemporaneamente blocca la via dell’autofagia, inibendo specifiche Atg. Se invece si ha mancanza di nutrienti mTOR viene bloccato e si ha attivazione dell’autofagia. - Complesso TOR rapamicina-insensibile ( mTORC2 ), in cui lega Rictor, che stimola AKT, che non fosforila TSC2 e TSC1 (molecole del citoscheletro): nello stato non fosforilato, TSC2 eterodimerizza con TSC1 per promuovere l’attività GTPasica di Rheb (Ras Homologue Enriched in Brain). Questa GTPasi, una volta legato GTP, promuove l’attivazione di mTORC1. 47 Adesione e trazione cellulare permettono alle cellule di avanzare . Adesione e velocità di locomozione sono inversamente proporzionali. Lo strisciamento è un processo integrato complesso che dipende dalla actina corticale sotto la membrana plasmatica. Tre attività coinvolte: 1. Protusione – strutture ricche in actina sono spinte in avanti 2. Attacco – il citoscheletro è connesso al substrato 3. Trazione - la massa del citoplasma retrostante viene tirata in avanti per spinta della ripolimerizzazione dell’actina e per contrazione della miosina II. Avviene la proiezione in avanti del corpo cellulare grazie alla contrazione della miosina II che segue la direzione del lamellipodio. Per effettuare lo spostamento si crea un’estroflessione della membrana (lamellipodio), per non compromettere l’integrità della membrana essa viene supportata dall’actina corticale, detta anche cortactina, la quale fornisce rigidità. Ruolo importante anche delle integrine, proteine integrali di membrana che mediano l’interazione cellula substrato(es membrana basale). Prima avviene la polimerizzazione dell’F-actina, a cui segue il ruolo della miosina I (insieme a cortactina nella zona anteriore, protezione membrana), e della miosina II la cui contrazione nella parte posteriore aiuto il corpo cellulare a andare avanti. Collaborazione tra polimerizzazione actina, contractina, e miosina I e II. L’actina e la miosina hanno una certa sovrapposizione perché si possano contrarre, devono permettere lo spostamento. I filamenti di actina possono formare strutture dette fibre da stress che possono percorrere tutto il corpo cellulare, costituiscono un’impalcatura e si agganciano sui punti da cui partono i lamellipodi, stabilizzazione cellulare. Il movimento? e la forma che la cellula assume in condizioni di stress (dovuta alle fibre da stress): cellula manda dei segnali al nucleo, si ha espressione genica associata a questi movimenti. Per effettuare spostamento ci deve essere espressione genica perché correlato polimerizzazione/depolimerizzazione dei filamenti di actina, dunque è necessario che vengano sintetizzati i monomeri di actina. →Lo spostamento è costituito dal disassemblaggio dei filamenti di actina in avanti (verso la parte anteriore), e ripolimerizzazione dei filamenti di actina nella parte posteriore per “spingere” in avanti la cellula. Nella parte posteriore della cellula ci sono i filamenti di actina che ripolimerizzano, mentre nella parte anteriore c’è la contractina che stabilizza la membrana, filopodio e lamellipodio (membranosi), e fibre da stress ancorate ai punti focali, infatti esse garantiscono adesione e forma cellulare. (Nei fili podi l’actina è organizzata a formare cavi altamente orientati e polarizzati, mentre nie lamellipodi forma una sorta di rete) Filamento non è mai unico, è una rete costituita da monomeri di actina e proteine accessorie dell’actina che favoriscono la formzione di ramificazioni, ci deve essere una rete per garantire al forma cellulare. Proteine accessorie dell’actina sono ad esempio le proteine cappuccio, “coprono” un’estremità di un filamento di actina e garantiscono che in quel punto non ci sia polimerizzazione; cofilina (formazione lamellipodi) ; distrofina: fascina; filamina; spectrina (sistema nervoso centrale). Queste proteine servono a formare legami crociati tra i filamenti di actina, o contribuiscono alla formazione o contrazione di lamellipodi o filopodi o pseudopodi o delle fibra da stress. Ognuna di queste strutture è costituita da filamenti di actina stabilizzati da proteine accessorie specifiche per il tipo di struttura, e per il tipo di tessuto. Ad esempio la distrofina è presente soltanto nelle cellule muscolari, serve per proteggere la membrana cellulare dal danno dovuto alla contrazione dei filamenti di actina e miosina, se questa proteina è assente patologia distrofia. Microfilamenti o filamenti di actina Actina: proteina molto abbondante (10% muscolo, 1-5% non muscolari), è costituita da 375 aa codificata da una famiglia di geni altamente conservata (uomo 6 geni) 50 Struttura dell’actina -Monomero globulare (G)actina: monomero di actina contenente Mg2+ complessato con ADP o ATP; la molecula è formata da due lobi separati da una tasca ATPasica dove sono legati ATP e Mg2+. . L’aggiunta di ioni (Mg es. 2 mM, K es. 100mM) scatena la polimerizzazione -Polimero filamentoso (F) Proteine simili all’actina (Arp): Arp2/3 stimola l’assemblaggio dell’actina I filamenti di actina sono costituiti da monomeri globulari di (G-)actina, se si assemblano a formare un filamento si parla di F-actina. L’actina è una delle proteine più abbondanti nella cellula, la concentraizone citosolica del monomero di G-actina è di circa 0.5 mM. Infatti quando si vuole valutare l’espressione proteica con Western blot si utilizzano i valori di beta-actina come riferimento per normalizzare i dati della proteina che sto analizzando, si normalizza con la proteina più abbondante. La beta actina insieme alla gamma-actina è presente ovunque, mente l’lfa-actina è presente solo nel muscolo, è una proteina di circa 40kDa. L’actina è costituita da quattro domini non simmetrici e questa asimmetria fa sì che i filamenti di actina abbiano una polarità, essi hanno un’estremità + (positiva) e una – (negativa). I monomeri di actina si incastrano “ruotati” uno rispetto all’altro, formando dei protofilamenti. Successivamente si ha l’avvolgimento elicoidale. Polarità: la G-actina si può aggiungere da entrambe le estremità (e non solo da quella +), ma polimerizza con velocità minore all’estremità negativa e con velocità maggiore all’estremit positiva, ugualmente la depolarizzazione può avvenire da entrambe le parti ma a velocità differenti. La polarità dei filamenti di actina si nota quando la miosina è legata sui filmaneti, perché si attacca con una certa inclinazione, e si osservano come delle punte verso l’estremità negativa. Nello spostamento cellulare i filamenti di actina si disassemblano e riassemblano, quindi la concetrazione di G-actina sarà maggiore dalla parte dove deve assemblarsi, c’è uno spostamento continuo dei monomeri di G-actina per favore la polimerizzazione nella direzione necessaria. Nucleazione: I monomeri di G-actina si attaccano a oligomeri già preformati, via via che i monomeri si attaccano si ha allungamento del filamento, finché non si raggiunge uno stato di equilibrio, in cui si raggiunge la concentrazione critica (Cc=concentrazione di subunità libere lasciate in soluzione con l’actina polimerizzata in filamenti, misure della capacità di una soluzione di G actina di polimerizzare), alla quale la velocità di polimerizzazione è uguale alla velocità di depolimerizzazione, quindi appare che il filamento non si allunghi più, ma in realtà è dovuto a questo equilibrio dinamico. (per questo si dice che il citoscheletro è dinamico). Effetto dei sali o dell’aumento della temperatura: se aumenta la concetrazione di Sali aumenta la velocità con cui si raggiunge lo stato di equilibrio (il quale è dipendente dalla concentrazione della G-actina ma anche da ioni Ca(2+), pH Come si tengono insieme i monomeri di actina? I monomeri di g-actina sono costituite da due domini con in mezzo una tasca in cui è sempre legato l’ATP; dunque i vari monomeri di ATP-G-actina quando sono vicini all’oligodimero avviene l’idrolisi dell’aTP in ADP la quale fornisce l’energia necessaria per indurre un cambio conformazionale del monomero che dopo ciò si può assemblare all’oligodimero in formazione e diventare F-actina. L’energia fornita dall’idrolisi dell’ATP è necessaria soltanto per indurre il cambio conformazionale, no si ha formazione di legami covalenti nella polimerizzazione, non sono necessari (anzi se ci fossero sarebbe difficile al depolimerizz no?), i monomeri sono tenuti insieme da forza deboli?. Generalmente l’unità minima ripetuta è di 28-30 unità, poi queste si assemblano a formare unità strutturali maggiori. Dunque 3 G-actina attaccate costituiscono un primo nucleo di F-actina, poi si continuano a attaccare monomeri di ATP-actina, quando il filamento è formato ci sono solo ADP-F-actina Alla concentrazione critica il filamento cresce da entrambe le direzioni, anche se c’è una direzione preferenziale, se ci sono delle proteine cappuccio queste bloccano un’estremità dunque si avrà accrescimetno soltanto nell’altra direzione. Le proteine accessorie tendono a variare la cinetica e la direzione di assemblamento. Se si ha rottura (frammentazione) di un filamento allora la velocità di accrescimetno sarà maggiore perché ci sono più punti di attacco per polimerizzazione. Treadmilling (ricambio a mulinello) Quando c’è una concentrazione delle ADP-F-actina maggiore rispetto a quella della ATP-G-actina, siamo in un momento critico, il filamento non si accresce più. Il polimero ha una lunghezza costante anche se c’è un flusso netto 51 di subunità attraverso il polimero. Avviene treadmilling: processo mediante il quale un monomero incorporato in una estremità di filamenti di F-actina per polimerizzazione si muove lungo il filamento finché non viene perso dall’altra estremità per depolarizzazione. Questo cambiamento di posizione delle estremità in crescita e in accorciamento dei filamenti di actina permette un certo grado i flessibilità nella forma e posizione delle reti di filamenti di actina all’interno di una cellula. Effetto di varie sostanze su formazione filamenti: Favoriscono la depolimerizzazione dei microfilamenti • Citocalasina: alcaloide fungineo si lega all’estremità + dell’F-actina, quando si lega si nota una diminuzione delle fibre da stress (come se si ritirassero) • Latrunculina, secreta da alcune spugne, sequestra la G-actina, impedisce quindi ogni nuova polimerizzazione (utile per lo studio del turn over delle strutture es. bordo di attacco). Favoriscono l’assemblaggio: • Giaspachinolide, tossina prodotta da spugne, aumenta la nucleazione legandosi a dimeri di actina e stabilizzandoli e diminuzione della Cc • Falloidina, tossina isolata da Amanita phalloides, si associa all’interfaccia tra le subunità dell’F-actina impedendo la depolimerizzazione. Favorisce la polarizzazione ma la cellula si indebolisce. Viene utilizzata in laboratorio legata a un fluoro cromo per individuare l’actina nella celulla. Profilina si attacca solo all’estremità (+) e non a quella (-) poiché impedita stericamente, la profilina si atacca all’estremità (+) del monomero di G-actina, e si stacca poco prima della polarizzazione, aumentando la velocità di crescita dell’estremità (+) della F-actina. Mentre la timosina si lega al monomero di G-actina sempre nell’estremità (+) e impedisce che questo si attacchi al filamento di actina, dunque impedisce la polarizzazione. La profilina compete con la timosina per l’attacco ai monomeri di actina e promuove l’assemblaggio. Filamenti di actina disposti a: 1. fasci - prot. che formano fasci=Legami crociati tra filamenti; I filamenti di actina possono formare fasci più o meno contratti in base al tipo di proteine accessorie che legano fasci contrattili -> alfa-ACTININA formano fasci; a-Actinina contiene due domini che legano l’actina contribuisce alla formazione delle fibre da stress ed aiuta nella formazione dei contatti focali , la distanza tra filamenti contrattili è maggiore, dovuta all’aggancio di proteine fasci paralleli actina+fimbrina, distanze tra filamente più ravvicinate, il fascio finale ha dimensioni di circa 100 nm 2. struttura a rete. - prot. che formano una rete tengono uniti i due filamenti di actina angolati tra loro. Proteine che legano l’actina (fascina) collegano filamenti di actina dando fasci e stabilizzandoli Altre proteine es filamina sono flessibili ma con struttura caratteristica e stabiliscono legami crociati con coppie di filamenti disposti ad angolo. La filamina contribuisce a formare un gel tridimensionale con due o più filamenti di actina ad angolo retto. Questa struttura è fondamentale per la formazione di lamellipodi che aiutano a strisciare su superfici solide. La sua presenza è stata strettamente associata all’aggressività metastatica di cellule tumorali. Ci sono dei fattori che aumentano il numero di fibre da stress. Proteina vinculina è una proteina di ancoraggio, si trova nei punti focali, ancora la fibra da stress alla superficie. Esempio cellule C2C12 di topo: in rosso sono evidenziate le fibre da stress, i punti verdi sono le adesioni focali, in cui è coinvolta la vinculina. Le fibre da stress indicano come si comporta la cellula in seguito a uno stimolo: es se è presente un fattore di crescita allora inducono la divisione cellulare, se è presente una tossina allora morte cellulare. Ci sono delle sostanze che favoriscono differenziamento questo comporta anche rimodellamento del citoscheletro, e aumento del numero di fibre da stress. Ad esempio la sfingosina1P è un fattore di differenziamento miogenico, che induce differenziamento da mioblasto a miotubulo. Nel differenziarsi la cellula si deve modificare, riassemblare; prima di tutto si ha il rimodellamento del citoscheletro che poi dà il via alla trascrizione dei fattori necessari al differenziamento miogenico. 52 Query sequence=seq a disposizione Default= preimpostato ecc. vedi slide Nella banca dati ho sempre l’elemento cetrale, poi l’entry (GeneBank ecc), poi la query. L’entry è sempre il gruppo di informazioni che noi interroghiamo (Entry genebank) usando come sistema di retrieval (Recupero) SRS, uno dei 3 sistemi di recupero: SRS (banca dati europea), Entrez (americana), DBGET (giappa). SRS ha come caratteristica di interrogare la banca dati ma interroga, trasferisce informazioni che non sono recuperabili dalle altre banche dati. Nella lista ottengo tutti i risultati di origine diversa. SRSè una shell chiusa non condivide informazioni con le altre. Entrez invece sì Nella lista ho 8000 risultati che rappresentano fonti distinte, con doppioni anche, perché non colloquiano. Formato flat-file: le sue parole sono quelle che interrogo, sarà uno dei risultati della lista, su cui avrò un’intersezione di informazioni. Se cerco la seq del promotore qui non la trovo solitamente, a meno che qualcuno non l’abbia inserita. Altrimenti devo andare a recuperarla dal gene. Consensus sequence: quelle che vado a cercare perché solitamente sono più presenti nel promotore. Nella prima parte del flat file trovo le pubblicazioni relative di quella sequenza, così da dare valore all’informazione. Solitamente devo integrare il dato con PubMed. In genere ognuna di queste pagine ha l’update. Numeri di accesso: quello del tizio che in data X ha inserito l’informazione. Riferimento crociato (cross referencing): le 3 pubblicazioni X, Y, Z citano la stessa fonte dalla banca dati. Le varie banche dati hanno anche altre informazioni: libri, OMIM (banca che mi dice l’ereditarietà, in quale patologia ereditaria posso trovare quel gene). Formato FASTA: quello più usato, che deve essere scritto iniziando con “>”, che mi identifica questo tipo di formato. NIH: hanno come scopo la verifica dei dati inseriti dagli altri. Le loro pubblicazioni si basano su dati quindi veri. BANCHE DATI SECONDARIE KEGG: da la variazione dei profili di espressione dei batteri (Non ho capito quale): Voglio vedere se il fattore di trascrizione di pathway diversi hanno fattori in comune BANCHE DATI MITOCONDRIALI Banca dati specializzata con DNA mitocontriali. 55 BANCHE DATI METABOLICHE Quando faccio interrogazioni su pathways cerco nodi di rete integrati,ovveri dove i diversi pathway hanno step in comune. Quando vado a interrogare una banca dati blast, questa mi risponde col linguaggio di proteine omologhe. Omologia fra 2 sequenze: quando si ha per definizione “2 sequenze che hanno la stessa origine filogenetica”. E’ una caratteristica qualitatitiva Similarità: caratteristica quantitativa, in cui si ha somiglianza a prescindere dalle ragioni che l’hanno determinata, non hanno correlazione filogenetica. NB: La similarità biologica è spesso dovuta ad omologia, ma anche al caso o a fenomeni di convergenza. Il caso può dare similarità ma non omologia! Come stabilire se due seq sono omologhe: si misura la similarità, caratt. Che quantifica. Poi considero il fattore CASO. Io vado a considerare quanto di quella componente è legata alla casualità (una e elevata alla meno 12, 13, 14 ecc…) Minore è l’e elevato alla X, minore è la possibilità che sia legato al caso. Si procede mediante comparazione: faccio l’allineamento, che va fatto in vari modi Allineamento a coppie (BLAST) Allineamento multiplo (CLUSTAL o MUSCLE) Fra parentesi sono programmi basati su algoritmi che fanno questi allineamenti. Le banche dati si basano su 2 tipi di algoritmi, per allineamento locale (alg watermann) o globale (alg needleman). Quindi o ho un confronto a gruppi, o tutta la sequenza insieme. Negli anni ’80 si passò all’allineamento locale. PROGRAMMAZIONE DINAMICA Più le seq sono lunghe maggiore è il numero di operazioni da gestire (ad eccezione delle operazioni per gli estremi). ALGORITMO APPAIAMENTO PER SCORRIMENTO Uno degli alg pià semplice è che io scorro le seq l’una sull’altra fino a che non trovo gli appaiamenti. Il sistema si ferma quando ho 3 basi che si sovrappongono, o 4? Questo lo decido ogni vlta che faccio l’allineamneto blast. 1970 Allineamento dot plot o dot matrix Su questa base concettuale dell’incrociare i dati si basano tutti gli allineamenti odierni. I quadrati mi indicano dove ho identità. Se ho una linea retta ho un gap. Se ho una linea inclinata ho identità. Io ho fatto prima l’appaiamento per similarità (matrici di similarità). Poi per le proteine si sono fatti appaiamenti per caratteristiche simili fra gli aa. (Matrici di sostituzione) 56 Oggi le matrici di sostituzioni usate sono PAM e 57