Scarica Biologia molecolare applicata Prof. Raugei e più Appunti in PDF di Biologia Molecolare solo su Docsity! 1 BIOLOGIA MOLECOLARE APPLICATA Plasmidi I plasmidi sono molecole circolari di DNA a doppio filamento (da 1kb a 500 kb) presenti principalmente nei batteri, da una a cento copie per cellula, ma anche in alcuni lieviti. Sono elementi genetici aggiuntivi che, oltre all’origine di replicazione possiedono geni aggiuntivi specifici come: la resistenza agli antibiotici, i geni per lo sfruttamento di fonti di carbonio atipiche, la produzione di tossine, i geni per la coniugazione. Enzimi di restrizione Grazie agli enzimi di restrizione si può tagliare il DNA in maniera specifica. Sono endonucleasi dimeriche capaci di introdurre nick sul DNA su entrambi filamenti, la vicinanza dei due nick introduce un double strand break. I siti di riconoscimento degli enzimi di restrizione sono formati da sequenze ripetute invertite. I plasmidi che utilizziamo in laboratori sono chiamati vettori di clonaggio e sono plasmidi artificiali ricostruiti per adattarli ai nostri bisogni. Partendo da un vettore di clonaggio (plasmide purificato), io posso inserirvi un frammento eterologo di DNA (cDNA, ORF) attraverso un processo in vitro: grazie ad un enzima di restrizione (come EcoRI) vado a tagliare il plasmide e il DNA target formando delle sticky ends, mediante ligasi unisco il cDNA al plasmide ed ottengo un plasmide ricombinante. Esperimento del clonaggio 1. Parto da un processo in vivo: utilizzo beute tenute in agitazione termica a 37° per 6-8h, in modo da ottenere una coltura densa dei batteri che contengono il plasmide “vuoto” 2. Prendendo pochi ml della coltura si purifica il plasmide vuoto in vitro 3. Una volta purificato il plasmide, su una piastra taglio il plasmide in un solo punto con l’enzima PsT1, e il DNA eterologo in una provetta con lo stesso enzima di restrizione. 4. Metto insieme il plasmide vuoto e il DNA eterologo e mediante una ligasi ottengo il plasmide ricombinante. 5. Ripassando in vivo, opero la trasformazione inserendo nuovamente i plasmidi in una cellula batterica 6. A questo punto isolo le colonie su piastra di agarosio e seleziono solo i batteri che sono riusciti ad internare il plasmide e quindi, per esempio, hanno acquisito la resistenza all’antibiotico e questi vengono a loro volta a. fatti crescere in liquido per la moltiplicazione b. analizzati Trasformazione La trasformazione è un evento che serve per inserire i plasmidi in un batterio senza plasmidi. L’ assunzione del plasmide da parte di cellule avviene in seguito a trattamento con CaCl2 poiché se io metto a contatto dei plasmidi con batteri normali la probabilità che il plasmide entri nella cellula è bassissima. 1. Trasferisco le cellule di E.Coli sensibili all’ampicillina in fase esponenziale di crescita in una soluzione fredda di cloruro di calcio. (Fasi della crescita batterica: adattamento-esponenziale-stazionaria). Il cloruro di calcio danneggia la parete batterica facilitando l’ingresso dei plasmidi 2. Aggiungo i plasmidi contenenti il gene ampr alla soluzione con le cellule competenti 2 3. Porto le cellule a 42° e alcune delle cellule competenti prendono i plasmidi ampr e sono trasformate 4. Stendo le cellule trattate su una piastra con agar contenente ampicillina 5. L’ampicillina uccide le cellule che non contengono il gene ampr 6. Metto le cellule in incubazione e per 24 ore a circa 37° 7. Solo le cellule che saranno state trasformate da ampr cresceranno. Il plasmide deve essere tagliato in un punto solo dall’enzima di restrizione e in seguito all’azione della ligasi posso avere tre prodotti: ► un frammento eterologo richiuso su se stesso, che senza OriC non ha possibilità di replicarsi e sparisce nella cellula ►un vettore richiuso su se stesso, che presenta sia OriC, sia la resistenza all’antibiotico ► un plasmide ricombinante che presenta solo la resistenza all’antibiotico Per distinguere il plasmide richiuso su se stesso dal plasmide ricombinante ci sono 2 possibili modalità: 1. Rimozione della resistenza ad un antibiotico Utilizzo il plasmide pBR322 formato da OriC e i geni per la resistenza di due antibiotici: l’ampicillina (Amp) e la tetraciclina (Tc), di conseguenza il batterio che ha questo plasmide è resistente a 2 antibiotici. Nel plasmide sono presenti siti di restrizione che posso utilizzare per il clonaggio (quelli in grassetto) perché sono quelli che tagliano in un punto solo. Quelli che fanno parte di OriC (tipo il sito per Aff III) perché altrimenti si impedirebbe la replicazione. Una volta individuato il sito di restrizione all’interno del gene per la resistenza all’ampicillina, sul quale agisce Pst I, inserisco un frammento eterologo a livello del taglio dell’enzima di restrizione Pst I. Se ho successo noto che la β-lattamasi che degrada l’antibiotico Amp non viene più prodotta. Ne deriverà quindi un plasmide che se inserito in un batterio avrà solo la resistenza alla tetraciclina, ma che sarà un plasmide ricombinante perché io ho inserito un frammento eterologo. A questo punto i plasmidi inseriti nei batteri col processo di trasformazione avranno entrambe le resistenze se sono plasmidi richiusi su se stessi e solo la resistenza per la Tc se sono plasmidi ricombinanti. Questi batteri li stendo su una piastra che contiene Tc e vedo che tutti i batteri crescono, poi faccio una copiatura (blotting) con una carta assorbente fatta di nitrocellulosa, ed una volta che le colonie sono adese alla carta le faccio aderire ad una piastra contenente Amp. Dopo 12 ore posso osservare che solo le colonie che contengono il plasmide vuoto crescono, mentre quelle che non crescono contengono il plasmide con il frammento eterologo. 5 Origine della sequenza codificante aggiunta ● Gene procariotico: sul DNA sono presenti un promotore, una ORF e un terminatore ○ Taglio la ORF di questo gene con enzimi di restrizione o mediante amplificazione con PCR ○ Trasferisco la ORF nel vettore di espressione con il suo promotore forte o con il sistema di induzione ○ La proteina derivante da questa ORF viene tradotta come proteina ricombinante ● Gene eucariotico: le ORF sono discontinue perché sono presenti gli introni ○ Prima di tutto trascrivo il DNA in un trascritto primario che contiene quindi introni ed esoni ○ Avviene lo splicing ○ L’mRNA maturo esce dal nucleo in seguito a capping e poliadenilazione ○ Nel citoplasma però non è presente solo mRNA. Per purificare gli mRNA da tutti gli altri RNA si sfrutta la presenza della cosa poli-A: utilizziamo una colonna di affinità, cioè una colonna che ha una matrice solida a cui è possibile legare, in questo caso delle sequenze poli-T, che saranno complementari alle code poliadenilate dell’mRNA. In questo modo seleziono solo gli mRNA all’interno del citoplasma. Per far sì che si stacchino ho bisogno di rompere i legami ad idrogeno, quindi alzo la concentrazione salina, poi lavo con acqua e ottengo il mio mRNA poli-A+ ○ A questo punto abbiamo 2 possibilità: ■ Se conosciamo la sequenza dell’mRNA (situazione comune per la maggior parte dei geni umani e dei sistemi modello) posso amplificare con RT-PCR uno specifico mRNA della frazione poli-A+ in modo da avere direttamente il cDNA che ci interessa. Con il primer direct ottengo il primo filamento di DNA, poi elimino il mio stampo di mRNA e con il primer reverse il mio secondo filamento: adesso continuo e amplifico la mia sequenza voluta. ■ Se conosciamo solo porzioni della sequenza della proteina, si deve fare lo screening (analisi) di una library di cDNA, ovvero si tratta di una collezione disordinata di cDNA, derivati dagli mRNA. In questo modo garantisco che ci siano tutti gli mRNA, ma per identificare quello che mi serve per la mia proteina devo fare lo screening. Library Per creare la library uso una sorta di primer di oligo-dT che si associa a livello della coda poli-A: questo funziona da giunzione innesco-stampo su cui agirà la trascrittasi inversa creando un ibrido mRNA-DNA. Agisce ora una RNAsi H che spezzetta il mio mRNA in modo da lasciare molte giunzioni innesco stampo su cui può agire la polimerasi per sintetizzare il cDNA che contiene la sequenza codificante della mia proteina; adesso questa sequenza potrà essere inserita in un vettore di espressione. Dato che io ho una library e non un unico cDNA, io dovrò inserire in plasmidi diversi tutti i miei cDNA (grazie all’uso di enzimi di restrizione che formano estremità piatte), trasformando molte cellule batteriche in cellule competenti. Una library di cDNA di fatto è una provetta contenenti i batteri modificati, ognuno dei quali contiene un plasmide con un particolare cDNA. 6 Screening Per fare lo screening delle mie cellule devo partire da una piccola porzione della sequenza della proteina; tuttavia non posso scrivere con esattezza la sequenza dell’mRNA poiché il codice genetico è degenerato. Infatti presa una sequenza di 6 residui: Phe—Cys—Thr—Met—Asp—Pro, ci sono ben 128 mRNA possibili, di cui solo una è quella che voglio io. Allora io mi costruisco altre 128 sequenze in cDNA, detti oligonucleotidi degenerati. Gli oligonucleotidi devono essere marcati con 32P dove a livello del 5’-OH libero, mediante una chinasi viene inserito un ATP con il Pβ marcato. Adesso l’oligonucleotide lo posso usare come sonda (mi va bene anche se il DNA creato è a singolo filamento poiché il cDNA è a doppio) che andrà a ibridarsi con il cDNA corrispondente a questa sequenza. Presa una piastra master su cui adagio un foglio di nitrocellulosa, su cui rimarranno adesi vari batteri. Adesso tratto tutto con la soda caustica (NaOH) che mi permette di avere la lisi delle cellule batteriche, promuovere la formazione di un legame covalente del DNA al foglio di nitrocellulosa e inoltre, sempre sul DNA, si ha la sua denaturazione (compreso quello dei plasmidi). Quello che ora si verifica è l’ibridazione della mia sonda con il cDNA corrispondente e dopo vari lavaggi, faccio una autoradiografia dove posso vedere dov’era situata la mia colonia, che posso ora isolare e crescere in liquido per esaminare il mio plasmide. 7 Tuttavia per permettere l’ibridazione devono esserci particolari condizioni: ● Bassa stringenza= siamo a 35°C e in questo caso è possibile che più sonde si leghino a vari cDNA con complementarietà imperfetta che non mi permette di individuare la mia sequenza. ● Alta stringenza= siamo a 42°C dove riesco a ibridizzare, con complementarietà perfetta, solo l’oligonucletodite che ha la giusta sequenza al cDNA che voglio Il processo di autoradiografia è lo screening che rende visibile la colonia laddove la sonda si è accumulata. Biofarmaci Si tratta di farmaci proteici costituiti da proteine ricombinanti che replicano la funzione delle proteine naturali. Tra quelle di prima generazione abbiamo : - Insulina - Eritropoietina - G-CSF - Fattori antiemofilici - Vaccini ricombinanti - Ormone della crescita Le proteine ricombinanti di prima generazione sono identiche a quelle naturali. L’esempio classico che viene fatto riguardo a queste proteine di prima generazione è quello riguardante l’ormone della crescita umano (hGH), dove ho una proteina ricombinante r-hGH che ha la stessa funzione di quella umana. Proteina di fusione dell’ormone della crescita Per produrre questa proteina ricombinante inserisco il cDNA dell’hGH umano in un plasmide, che poi verrà trasformato nei batteri per far esprimere la proteina al batterio. L’ormone della crescita è una proteina di secrezione, quindi ha una parte che codifica per il peptide segnale umano. Per clonare questo ormone si sostituisce il peptide segnale umano con quello batterico in modo che il batterio riesca a riconoscerlo e tagliarlo. Tramite il sistema Sec il batterio trasloca la proteina nello spazio periplasmatico, qui una peptidasi del segnale rimuove il peptide segnale all’N-terminale. Dopodiché si sottopone la cellula ad uno shock osmotico, il batterio si gonfia e diminuisce lo spazio periplasmatico. In questo modo il batterio secerne la proteina nel terreno di coltura. Ciò che è stato secreto è una proteina di fusione ottenuta mediante l’aggiunta di un dominio che ne faciliti la purificazione: in questo caso il dominio SP (da 13 a 36 residui aminoacidici idrofobici). Attraverso una centrifugazione la proteina verrà poi isolata e amplificata. Proteina di fusione dell’insulina La proteina di fusione è di fatto una proteina ibrida; un altro esempio è quella dell’insulina ricombinante. Sintetizzare nei batteri l’insulina umana è complesso poiché è assente il reticolo endoplasmatico ruvido in cui normalmente avviene la modifica post-traduzionale e il passaggio da proinsulina a insulina, con la successiva formazione delle due catene e l’eliminazione del peptide C. Per far fronte a questo problema si utilizzano due fermentatori diversi, in uno ho il vettore di 10 1. Si parte dalla sintesi di un oligonucleotide di 21 basi (primer mutato) che contiene un nucleotide mutato laddove vogliamo far avvenire la mutagenesi. 2. Prendo il plasmide contenente la sequenza codificante e lo denaturo aumentando la temperatura 3. Lo rimetto in ghiaccio dove si rinatura lentamente insieme al primer sintetizzato che si ibridizza con la zona che vogliamo mutagenizzare 4. Il mismatch che si forma non compromette la complementarietà dei due filamenti, e aggiungendo la DNA pol I si duplica il filamento. 5. Una volta finita la duplicazione, la ligasi riparerà il nick 6. Ottenuto il plasmide formato da un filamento originale e uno contenente la mutazione, lo trasformo in un batterio e in seguito a replicazione semiconservativa ottengo un plasmide con la sequenza nuova e un plasmide con la sequenza mutata. Visto che il mismatch che io ottengo in seguito a mutazione sito-specifica potrebbe essere attaccato dagli enzimi di riparazione dei mismatch, è necessario effettuare la mutagenesi in un batterio privato dei sistemi di riparazione Mut. Si possono anche utilizzare oligonucleotidi con basi in più o in meno per ottenere proteine con inserzioni o delezioni. Mutagenesi dell’enzima Tirosino-fosfatasi: Questo enzima rimuove un fosfato. Il meccanismo molecolare per l’eliminazione di questo fosfato è stato trovato grazie alla mutagenesi. Si sospettava che la Cys in posizione 12 formasse un intermedio col fosfato che legava sia Tyr, sia Cys. Per verificare questa ipotesi si sono effettuate 2 mutagenesi. 1. Una conservativa (con un aa molto simile alla Cys) con la Ser al posto della Cys 2. una delle quali non conservativa con un’Ala (addirittura apolare) al posto della Cys. Con mutagenesi di questo tipo possiamo studiare tante cose, non solo l’attività enzimatica, ad esempio se abbiamo un ligando che lega un recettore, si può vedere quale aa è critico del sistema recettore-ligando, per confermare le ipotesi del modeling. Con le tecniche di mutagenesi è stato possibile creare numerose versioni di insulina, un esempio è l’insulina Lys-Pro, in cui una lisina in posizione 28 è invertita con una prolina in posizione 29 grazie a due mutagenesi. Oppure abbiamo la sostituzione della Pro con l’Asp per far sì che l’insulina abbia maggiore solubilità e minore formazione di polimeri, e farla quindi agire più velocemente (l’insulina naturale agisce in ritardo perché è un esamero che deve dividersi). Nei pazienti in cui c’è una forte carenza di insulina, ma un minimo viene prodotta, nell’ottica di personalizzare le terapie si formano mutazioni in grado di far precipitare il pH dell’insulina dopo l’iniezione: quando l’insulina in soluzione a pH 6,5 viene iniettata, si ritrova ad un pH neutro, per cui precipita e si ha un rilascio graduale. In questi protocolli di cura viene fatta un’iniezione al giorno e il rilascio dura per tutta la giornata. Farmaco prodotto con mutagenesi: attivatore tissutale del plasminogeno (tPA). Questo è uno dei farmaci che hanno cambiato la cura delle malattie trombotiche, da una parte l’infarto, da una parte l’ictus, il sangue coagula quando non dovrebbe: i trombi vanno ad ostruire arteriole critiche per l’irrorazione di parti del cuore. 11 L’attivatore tissutale del plasminogeno è usato come farmaco nel trattamento di queste patologie. La fibrina, che deriva dalla trombina, forma la crosta se è esterna o il coagulo all’interno del sangue. La fibrina deve essere prodotta ma anche digerita e questo avviene tramite la plasmina. La plasmina deriva dal plasminogeno che viene attivato tramite proteolisi, fatta da alcune proteine tra cui tPA. Il tPA media la digestione della fibrina. Se in una situazione di emergenza in cui sappiamo che dei coaguli di fibrina stanno facendo danni: aumentiamo il tPA abbiamo la speranza che si limitino i danni e vengano sciolti i coaguli. Nella ricerca medica prima venne purificato il tPA dal sangue di donatori, poi venne testato. Questo tPA è una proteasi a serina, perché nel proprio sito attivo ha una serina critica. Per definire che quella Ser era critica si fece una mutagenesi sito-specifica sostituendo la Ser con una Cys o un Ala. Così si definì che quella particolare Ser e poi anche una His e un Asp erano aminoacidi critici. Viene prodotto sia in Coli che in cellule. Ormai oggi non viene più usato il tPA tale e quale perché sono stati prodotti mutanti migliorati farmacologicamente tipo: Thr103Asn (oppure T103N) aumenta di 10 volte la stabilità della proteina nel siero rispetto al prodotto naturale. Attivatori tissutali del plasminogeno ricombinanti: ● Alteplase, tPA normale umano (hrtPA): prodotto in cellule animali in coltura e usato per il trattamento di infarti, ictus ed emboline polmonari. ● Reteplase, tPA umano non glicosilato e più corto (è per questo che viene prodotto in cellule animali quello normale, perché è glicosilato): prodotto in E. Coli, usato prevalentemente nel trattamento dell’infarto. ● Tenecteplase, tPA umano con due modificazioni aminoacidiche: prodotto in cellule animali in coltura, ha maggiore affinità per il coagulo di fibrina: il tPA in realtà si lega al coagulo di fibrina, non ha nessuna azione su questa, ma quando arriva il plasminogeno, lo trasforma in plasmina, aumentando l’affinità aumenta la velocità della reazione. ● Desmoplase, tPA della saliva dei pipistrelli vampiri: versione tPA particolare, indicato per l’ictus, nel momento in cui mordono, se il sangue si coagulasse subito non riuscirebbero a succhiare, ha un’emivita doppia nel sangue ed è prodotto in cellule animali in coltura. Primo vaccino ricombinante: pertosse La pertosse è una di quelle malattie come il colera o il botulismo, dovute a un’infezione batterica, ma la pericolosità non deriva tanto dall’infezione in sé, ma alla tossina prodotta dal batterio. Non è pericolosa solo nei bambini perché se un adulto ha figli, può essere infettato e può essere fatale la pertosse se c’è anche solo una piccola complicanza. ● La tossicità della tossina deriva dall’attività enzimatica di ADP-ribosilasi, che opera un ADP ribosilazione sulle proteine G trimeriche dell’adenilato ciclasi. Questa ADP-ribosilazione è inattivante per le proteine G trimeriche. ● Il NAD è il donatore di ADP; esce come nicotinammide e dona un ADP-ribosio all’arginina di una proteina G trimerica. ● L’adenilato ciclasi produce cAMP e smette di essere inattivata dalla proteine G (la subunità Gα è quella effettrice e, in questo caso ha un’azione inibitoria che servirebbe a fermare l’adenilato ciclasi). ● Quindi si ha un aumento di cAMP e poi interferenza con la segnalazione cellulare. Questo porta disordine a livello dell’adenilato ciclasi di membrana che porta, di conseguenza, alla morte cellulare. Per fare il vaccino è stato mutagenizzato il sito attivo della tossina: viene fatto diventare un enzima totalmente inattivo. La tossina che perde l’attività enzimatica non è più una tossina. La sua attività è totalmente azzerata. Ci sono voluti 10 anni di ricerca a definire quale fosse il sito attivo. Questa proteina è particolarmente complessa e fatta da più subunità. 12 Questo è una sorta di vaccino perfetto: molti hanno avuto la pertosse da piccoli, il batterio ha prodotto la tossina e il sistema immunitario ha reagito in maniera adeguata e per tutta la vita sarà coperto grazie alle cellule memoria: la risposta è stata robusta verso la proteina batterica. Il vaccino è più ideale tanto più vicino è alla proteina naturale. Una mutagenesi potrebbe anche cambiare la conformazione tridimensionale della proteina, ma gli epitopi derivano non solo dalla sequenza primaria ma anche dalla struttura terziaria, se la mutagenesi interferisse con la struttura terziaria non sarebbe un granché: prima si prendeva la tossina naturale, si bolliva o si metteva a contatto col fenolo, e perdeva la conformazione naturale. Questi vaccini erano abbastanza buoni, ma non proteggevano tanto, e gli effetti collaterali erano abbastanza. Con la mutagenesi invece si modifica solo il sito attivo: i siti attivi sono interni, sono tasche all’interno della proteina, modificando parti interne della proteine, le proteine mutate sono identiche a quelle naturali perché il sistema immunitario non va a guardare all’interno della proteina. Meccanismo: Vengono inserite due mutazioni; perché se fosse una sola ci sarebbe una certa probabilità di retromutazione per cui se la produzione fosse andata avanti per 10 anni, ci sarebbe stata la probabilità della retromutazione in questi batteri che si riproducevano nel fermentatore. Due mutazioni rendono improbabile che ci siano retromutazioni. Questa tossina è così complessa che si sono dovuti inventare un sistema di espressione in bordetella pertussis stessa perché Coli non riusciva a produrla. TNF - Tumor Necrosis Factor Citochina prodotta dai macrofagi, con un ruolo chiave nella regolazione della risposta infiammatoria, se ne trova in abbondanza in condizioni patologiche. I farmaci che ne bloccano l’azione sono fondamentali nelle malattie indotte da infiammazione cronica come l’artrite reumatoide o il morbo di Chron. Il TNF è un induttore della via estrinseca dell’apoptosi quando viene legato dal suo recettore trimerico di membrana. La molecola che è stata creata per curare queste malattie è un TNF alternativo dominante negativo: ossia una molecola che si lega al suo recettore ma che è incapace di attivarlo anche se ne è presenta una sola copia. Questa azione è dominante perché è sufficiente il legame ligando-recettore per dominare sulla proteina in circolo. Vantaggi dell’espressione di proteine ricombinanti in sistemi procariotici ● Quantità virtualmente illimitate, semplicemente amplificando il volume del fermentatore ● Proteine altamente purificate: nell’uso terapeutico, qualsiasi contaminante della coltura batterica, sarà un antigene e un allergene molto pericoloso. Ma il fatto che le proteine nel sistema batterico vengano espresse in altissima quantità rende facile la purificazione. ● Economia 15 I liposomi sono fosfolipidi in soluzione: essenzialmente faccio un’emulsione di fosfolipidi in presenza di dna, generalmente si usa dna in forma circolare. Mi si formano spontaneamente micelle con doppio strato fosfolipidico che ricorda lo stesso doppio strato della membrana cellulare: questi sono liposomi e così riescono a fondersi con la membrana cellulare. Fondendosi riescono a riversare dna all’interno della cellula. Confezionare questo dna in qualcosa che ricorda una cellula è il trucco per far entrare il dna dentro la cellula. A questo punto i casi sono due: 1) il plasmide non si integrerà nel genoma, quindi la proteina verrà espressa ma il plasmide non si duplicherà, quindi nel ciclo successivo di replicazione della cellula la proteina non verrà più espressa. 2) il plasmide si integra nel genoma tramite eventi di ricombinazione, e la proteina verrà espressa stabilmente ad ogni ciclo replicativo (il plasmide integrato si duplicherà insieme al genoma). Tale evento di ricombinazione accade in media una volta su centomila, è molto rara. L’evento è molto raro, per cui lo devo selezionare. Quando il gene si è inserito, non solo esprimerà il cDNA ma esprimerà anche la resistenza a G418, le cellule saranno quindi resistenti. Io ho il mio milione di cellule, faccio la trasfezione, in 500.000 entra il dna, e in 5 cellule sull’intera piastra succede questo. Allora io, dopo due/tre giorni, aggiungo G418, la prima impressione sarà che muore tutto, quando laverò il tutto, vedrò che si staccheranno tutte le cellule, mentre le altre cellule sopravvissute cominceranno a formare dei foci, ossia delle colonie di cellule che derivano da una prima cellula fondatrice che può proliferare anche in presenza di G418. Si prendono sempre tutti i cloni che si creano, perché la ricombinazione è casuale e può essere che ci siano grosse differenze di espressione a seconda del contesto cromosomico in cui è inserita. Vedo solo quegli eventi in cui il dna che si è inserito è anche trascritto: sia G418 sia il cDNA. Mettiamo che ottengo 10 foci. Le vado ad analizzare e vi assicuro che se faccio l’analisi esprimono sicuramente la resistenza a G418, ma di questi 10 cloni, 5 o 4 non esprimono la proteina che ci interessa. Perché? Per integrarsi, il plasmide, deve linearizzarsi e per integrarsi devono avvenire 2 DSB. Se il DSB nel plasmide, avviene nel gene del cDNA lo perdo totalmente, anche se la resistenza è acquisita. Il gene d’interesse in questo caso non viene espressa, ma la resistenza sì. Se noi esprimiamo il cDNA cosa succede? La rna pol trascrive il cDNA e produce già pronto l’mRNA. Ma noi sappiamo che i geni dei genomi animali contengono introni, non solo, la rna pol trascrive prima un trascritto primario, che subisce splicing. Quando avviene lo splicing rimangono adese all’mRNA delle proteine di giuntura. Se noi mettiamo un vettore, in cui esprimiamo semplicemente il cDNA, è un vettore che sicuramente funzionerà, ma in modo difficoltoso, per cui il livello di espressione è abbastanza basso. Per questo conviene che subisca splicing. L’introne che aggiungo solitamente è un introne delle Beta o Alfa globine e inserisco quello perché è uno dei più piccoli che si conosca, anche se contiene tutto ciò di cui necessita per lo splicing. Quando il promotore trascrive, trascriverà un trascritto primario che conterrà anche questo introne. Quindi nel nucleo subirà lo splicing per dare l’rna definitivo che sarà arricchito dalle proteine dello splicing e il suo trasporto nel citoplasma sarà facilitato. L’introne non influenza la parte codificante perché tutto il cDNA sarà sempre nel primo esone. Per evitare che delle cellule in coltura siano infettate da un virus, che infetti l’uomo, si usano cellule di specie distanti. Sistema del Baculovirus Il baculovirus è un virus che infetta le larve microscopiche. Questo virus, nel suo genoma, codifica per la poliedrina, una proteina che viene secreta nell’ambiente esterno della cellula, e questa proteina forma una sorta di spugna nella quale vanno a inserirsi i virioni quando escono dalla cellula. Questa spugna è molto resistente anche all’essiccazione e rimane di anno in anno andando ad infettare anche le larve dell’anno dopo. Questo promotore però è il più forte che si conosca se usato in larve di insetto. In ambiente di Drosophila ci sono fattori che attivano il gene sotto il controllo di questo promotore. Viene preso un vettore di espressione con il promotore del gene per la poliedrina, se questo plasmide lo trasferisco in cellule di insetto questo promotore trascrive in maniera abnorme il gene della mia proteina. Anche 10 volte di più di quanto ne ottengo in altri sistemi. Questo ha riduzione di costi, diminuzione di possibilità di infezione, più facilità nella purificazione. Studiare un gene 16 ● Overespressione di una proteina: espressione ectopica per trasferimento genico con un’overespressione. Il normale promotore porta alla sua naturale espressione, ma se usiamo un promotore forte si ottiene un’espressione 10 ma anche 100 volte maggiore. Nelle cellule dove una cellula tumorale overesprime una certa proteina: è molto più difficile l’apoptosi. Il meccanismo chemioterapico danneggia il dna che induce l’apoptosi. Un gene che controlla la proliferazione (un oncogene), se si overesprime questo gene abbiamo la proliferazione. Un fattore trascrizionale overespresso controlla l’espressione di alcuni geni, quindi si ha il cambiamento del fenotipo in base a quali geni controlla. ● Inibire l’espressione di un particolare gene: altra tecnica, quella dell’interferenza a RNA. I miRNA servono alla modulazione dell’espressione genica. Per via della complementarietà non perfetta si spiega perché un miRNA agisce su molti diversi mRNA. I siRNA sono tradizionalmente quelli che provengono da rna esogeni che per esempio nelle piante sono rna esogeni di virus a rna. Dicer ritaglia da questi lunghi genomi virali dei filamenti complementari al genoma virale e usando lo stesso pathway dei miRNA diventa una sorta di sistema immunitario della pianta. I siRNA (somministrazione sperimentale) complementari all’mRNA messaggero di una particolare proteina, una volta entrati nella cellula mediati dai liposomi (lipofezione), andranno a riconoscere l’mRNA per cui la sequenza è stata costruita. Hanno un’ottima resa nella riduzione dell’espressione della proteina. Anticorpi Prima dell’avvento delle tecnologie basate sul DNA ricombinante, le immunoglobuline venivano estratte dai sieri bovini ed equini, che erano tipicamente usati al posto dei vaccini. L’animale era stato immunizzato con la tossina del tetano. Tuttavia il riscontro negativo era che le immunoglobuline equine o bovine per noi sono anche degli antigeni essendo proteine non-self. Nonostante le immunoglobuline di tutti i mammiferi siano strutturalmente identiche, la sequenza primaria ha delle differenze. Il rischio era di shock anafilattico perché il nostro sistema immunitario è pronto a reagire contro l’antigene non-self. Per la rabbia non c’è un vaccino, infatti si fanno le immunoglobuline, ma in questo caso umane: i problemi derivanti da queste immunoglobuline è che sono emoderivati quindi possono essere vettori di malattie. Negli anni 70 fu messa a punto la tecnica degli anticorpi monoclonali: Questa tecnica permette di osservare un clone di plasmacellule di topo produrre un certo anticorpo. 1. Se noi immunizziamo un topo contro un antigene, ad esempio contro il recettore delle PDGF (fattore di crescita derivato dalle piastrine) umano: purifichiamo il recettore delle PDGF da delle cellule umane e poi le iniettiamo nel topo. 17 2. Quando il sistema immunitario vede questi antigeni non-self, sviluppa una risposta policlonale all’antigene non-self. (anticorpi policlonali: geneticamente diversi perché derivanti da plasmacellule diverse, ognuno riconosce un epitopo diverso di un certo antigene). 3. Se noi a questo punto prendiamo delle cellule che hanno reagito agli antigeni, come ad esempio le cellule del sangue di topo, molte di queste saranno cellule che producono o stanno per produrre anticorpi, ognuna di queste cellule come un clone singolo. Quindi: tanti tipi diversi di un certo clone. (Tutti gli anticorpi reagiscono contro lo stesso antigene ma in modo diverso) 4. Se noi prendiamo queste cellule singolarmente, e le facciamo proliferare ognuna in una provetta, abbiamo in ognuna di queste provette un anticorpo monoclonale. Quindi ogni provetta ha anticorpi che riconoscono un certo antigene ma ognuna in modo diverso. 5. Tuttavia le plasmacellule non proliferano. Il problema fu risolto fondendo le plasmacellule con le cellule di un mieloma (usando il polietilen glicole che rende più facile la fusione delle membrane cellulari di due cellule) per formare un ibridoma. Non ha luogo la ricombinazione, si ha somma di due cellule. I due nuclei si fondono e danno luogo ad un corredo tetraploide. L’ibridoma ha la capacità da una parte di proliferare indefinitamente, e dall’altra produce l’anticorpo della plasmacellula da cui deriva (la cellula tumorale avrebbe perso la capacità di produrre l’anticorpo). Questa è una plasmacellula immortalizzata. La maggior parte degli ibridomi produrranno anticorpi specifici che potrò studiare da un punto di vista cinetico (posso vedere l’affinità e la specificità). Esistono anticorpi monoclonali verso ogni proteina conosciuta. Quando furono messi a punto gli anticorpi monoclonali venivano chiamati “pallottola magica”. E in terapia non potevano essere usati perché di topo e non di umano. Naturalmente gli anticorpi monoclonali umani terapeutici non possono essere fatti con questa tecnica appena descritta, ma vengono fatti con l'ingegneria genetica. Gli anticorpi monoclonali umani che possiamo ottenere sono due: ● chimerici: formati dal primo dominio della catena leggera e della catena pesante clonati dall'anticorpo monoclonale murino, ed il resto della molecola da un qualsiasi anticorpo umano perchè questi hanno più o meno la stessa struttura di quelli murini (o meglio sono uguali solo la struttura secondaria e terziaria, mentre la primaria no). 20 In questo caso si usa la tecnologia del “Reverse Vaccinology”. Si parte dalla sequenza genica per arrivare alla proteina, e non il contrario. In primo luogo si deve individuare tutte le possibili ORF del Meningococco (essendo un batterio è molto più facile perché le ORF sono continue) che risultarono essere circa 8000 geni. Per il vaccino ci interessano le proteine di membrana, pertanto, per eseguire la selezione vado a vedere la sequenza segnale tipica di questo tipo di proteina: si tratta di 20 aminoacidi idrofobici in sequenza che creano una porzione di α-elica. Queste sequenze furono amplificate per PCR e ognuna inserita in un vettore di espressione per produrre quella determinata proteina. Si ebbe la produzione di 400 proteine diverse e iniettate nel topo si ebbe la risposta immunitaria protettiva contro il batterio solo con 2-3 delle 400 proteine. Vaccini a DNA Un altro approccio per i vaccini è stato quello di iniettare il DNA codificante di certi antigeni nell’organismo. Ovvero inserisco questo DNA in un vettore d’espressione sotto un promotore forte, che poi inserirò nelle cellule animali di un tessuto, e vedrò come questo DNA entra nella cellula e a volte viene anche trascritto e tradotto. Si formerà quindi una proteina di secrezione che entrerà in circolo e se questa tecnica funziona vediamo come il Sistema immunitario viene massimamante stimolato, mentre in un vaccino normale è necessario fare dei richiami, perché il turnover della proteina iniettata direttamente è molto più breve. Questo tipo di vaccino è facile da somministrare, e non dà reazioni allergiche perché non si usano coadiuvanti. Il vaccino a DNA non è diffuso se non quello per un’infezione di bovini del virus del Nilo Occidentale: mantenendosi a temperatura ambiente, poiché il dna è una molecola molto stabile è pratico. Un vaccino del genere è stato usato anche per le cellule tumorali del melanoma. BLOT Questa parola significa “asciugare, stampare” e si tratta di tecniche che prevedono l’uso di una piastra di gel di agarosio per permettere la migrazione (separazione) degli acidi nucleici mediante una corsa elettroforesica dove il risultato è rilevabile grazie all’aggiunta dell’etidio bromuro che, essendo fluorescente, attraverso i raggi UV si rilevano i miei acidi nucleici. Southern Blot (è una metodologia usata in biologia molecolare per rilevare la presenza di specifiche sequenze di DNA in una miscela complessa.) In questo caso si analizza il DNA, che per farlo correre su gel deve essere frammentato: quindi utilizzo degli enzimi di restrizione. Questi frammenti derivanti da una porzione di DNA genomico si trovano livello del gel separati a seconda del loro peso molecolare. Ora queste porzioni sono trasferite su una membrana di nylon o nitrocellulosa in modo che si abbia una sorta di stampa dei frammenti. Aggiungendo soda caustica alla membrana farò sì che il DNA si denaturi e si leghi covalentemente alla membrana. Mettendo tutto in un liquido e aggiungendo una sonda specifica per un determinato gene, questo si legherà al filamento complementare: abbiamo fatto l’ibridazione del DNA. Il polimorfismo di restrizione è una caratteristica delle molecole del DNA che consente di distinguerle le une dalle altre, grazie alle differenze delle sequenze di nucleotidi che la compongono; inoltre si indica la tecnica di laboratorio che sfrutta tali caratteristiche per mettere a confronto le varie molecole di DNA (realizzazione di impronte genetiche e test di paternità). Northern Blot (è una tecnica che permette di visualizzare ed identificare l'RNA purificato da un campione, in particolare per studiare l'espressione genica.) 21 Sul gel stavolta è presente l’RNA che però non viene sottoposto all’azione degli enzimi di restrizione. Il meccanismo è pressoché lo stesso, tranne per alcune differenze: non si tratta con soda perché altrimenti avremmo la degradazione dell’RNA stesso. Si fa l’ibridazione per un particolare gene, andando ad ottenere una sola banda corrispondente (mentre per il DNA sono sempre molteplici). Con questo meccanismo posso capire la quantità di RNA e la sua misura; inoltre a seconda del numero di bande posso capire la presenza o meno dello splicing alternativo o di geni che danno lo stesso prodotto. Le sonde che vengono usate sono sintetizzate da un DNA plasmidico linearizzato che poi dovrò marcare mediante radioattività. Per sintetizzarle uso un innesco a livello di un filamento del cDNA dove sotto azione della polimerasi verrà sintetizzato il frammento complementare. Per marcare la sonda uso un fosfato radioattivo 32P. Western Blot (o immunofissazione, permette di identificare una determinata proteina in una miscela di proteine, mediante il riconoscimento da parte di anticorpi specifici.) Le proteine vengono fatte correre su gel di poliacrilammide, poi vengono trasferite su una membrana dove verranno usate come sonde degli anticorpi monoclonali per l’identificazione della proteina. La differenza di potenziale applicata permette la migrazione delle proteine, ma dato che presentano un punto isoelettrico, ovvero una caratteristica che rende la proteina neutra perché le cariche sono bilanciate, si usa il sodio-dodecilsolfato (SDS) che crea una nuvola carica negativamente che permette la migrazione della proteina in modo inversamente proporzionale al peso molecolare. La sonda usata è un anticorpo monoclonale primario murino che per essere rilevabile deve essere colorato e per essere riconosciuto aggiungo l’anticorpo secondario che riconosce le parti costanti dell’anticorpo di topo; e dato che questo è unito ad una porzione colorata (fluoroforo) ecco che potrò vedere le mie sonde. Agisco in questo modo perché io possa usare il secondario anche per altri esperimenti; perché se dovessi colorare il primario dovrei avere delle molecole specifiche per quel determinato anticorpo. Modelli animali Una volta purificato il mio plasmide di clonaggio e/o espressione, oltre che ad inserirlo e farlo trasformare nei lieviti e nelle cellule animali in coltura posso anche inserirlo a livello di animali e piante transgeniche. Quando si parla di modelli animali è importante ricordare i concetti di: ➔ Gain of function che riguarda l’overespressione di proteine e quindi animali transgenici (ma anche knockin) ➔ Loss of funzion che si riferisce all’inibizione dell’espressione di un gene, quindi riguarda tecniche di RNAi e topi Knock out. Sono entrambi modi di regolare l’espressione di una proteina Animali transgenici 22 Gli animali transgenici hanno dei geni diversi: se io voglio inserire un gene in un animale devo partire dallo zigote, modificando il suo genoma in modo tale da essere tranquillo che tutte le cellule che deriveranno da lui avranno il gene in più inserito da me. Il topo transgenico ricorda la trasfezione del plasmide che si integra a caso nel genoma quella volta ogni tanto che entra nel nucleo: è una ricombinazione non omologa, si va a inserire in un punto a caso del genoma. Lo stesso avviene con questa tecnica, quando iniettiamo il dna, che viene proprio iniettato nel nucleo, è relativamente probabile che una ricombinazione casuale in certi punti non prevedibili del genoma avvenga. Il topo transgenico ha questo gene in più, ma un po’ dove capita. Se poi gli mettiamo accanto un promotore tessuto-specifico, e il gene è in una zona del dna che viene trascritta, verrà trascritta tessuto-specifico, se invece gli mettiamo un promotore forte, viene espresso sempre. Quindi facciamo trasferimento genico a livello dell’uovo fecondato: essenzialmente partiamo da una fecondazione in vitro da cui otteniamo uova fecondate che diventeranno zigoti; una volta ottenuto lo zigote, si inserirà il gene (un cDNA lineare sotto un promotore forte) nel pro-nucleo maschile dello zigote in modo meccanico con delle micro-pipette e otterremo che nella maggior parte dei casi questo cDNA si ingloba nel genoma della cellula dello zigote. Di conseguenza circa il 50% delle uova fecondate sono diventate transgeniche, ovvero hanno inglobato nel loro DNA il nuovo gene da me inserito: questo avviene perché la ricombinazione è casuale, il problema è che l’inserimento può avvenire in ogni punto del genoma. Una volta ottenute le uova fecondate transgeniche, si fanno crescere fino a livello di blastocisti per poi iniettarle nell’utero di una femmina pseudo-gravida (trattata con ormoni) che determinerà la nascita di topi di cui la buona parte saranno transgenici. Per verificare che siano transgenici dobbiamo prima prendere un pezzettino di coda di questi animali, da cui otteniamo il DNA che analizzaremo per PCR per vedere se c’è il gene da me inserito. Se saranno transgenici questi animali o produrranno una loro proteina in grandi quantità, o una loro proteina non verrà prodotta. Fare animali transgenici è costoso, ma comunque una possibile applicazione produttiva è l’espressione di proteine ricombinanti nel latte di mammiferi, dove vengono utilizzati dei vettori con promotori tessuto-specifici. In particolare si può usare il promotore per la proteina caseina che è attivo solo nelle cellule delle ghiandole mammarie. Otterrò così degli animali trans-genici che producono del latte in cui c’è un’alta quantità della proteina ricombinante, perché il gene che codifica per questa ha un promotore molto forte. Topi knock out I topi knockout sono frutto di una ricombinazione omologa, nei quali rendiamo un gene non funzionale. 25 Metodologie di trasferimento: A. Agrobacterium Tumefacens: è un batterio che normalmente crea tumori nelle radici delle piante perché contiene nel suo citoplasma il plasmide T che viene trasferito dentro la cellula vegetale, si inserisce nel genoma andando ad esprimere un gene che codifica per un oncogene che porta alla formazione di tumori. L’infezione del batterio quindi fa sviluppare il tumore perché questo trasferisce il DNA nella cellula vegetale e lo inserisce nel genoma. Utilizzando questo sistema biologico, si nasconde il gene che vogliamo trasferire nel genoma della cellula all’interno del plasmide T al posto del gene tumefacens. Quando il plasmide verrà incorporato nelle cellule vegetali, il DNA plasmidico si integra nel genoma della cellula la quale si arricchisce del gene che ho scelto. B. Gene gun: un apparecchio che spara microsfere d’oro su cui è adeso il DNA da trascrivere. Queste entrano nella cellula e si ritrovano nel citoplasma dove il DNA viene rilasciato e va a finire nel nucleo. Si possono selezionare positivamente quelle dove è avvenuto il trasferimento genico per ottenere piante transgeniche Molte delle piante transgeniche sono state modificate aggiungendo un gene che le rende resistenti al glifosato (roundup), che è un erbicida: questo è causa di molte proteste verso le piante OGM da parte delle grandi compagnie alimentari. Terapia genica Consiste nell’inserimento di una copia di un gene normale in cellule che ne possiedono una copia anormale o non funzionante. Lo scopo quindi è quello di ripristinare la funzione normale del gene e di conseguenza “guarire” la cellula. Le malattie genetiche possono essere dovute a: ➢ Carenza di una proteina circolante: emofilia (mancanza fattore VIII e IX, quindi difficoltà nella coagulazione), nanismo (carenza di somatotropina, o fattore della crescita) , diabete giovanile (mancanza di insulina). Sono quelle più facili da curare perché produciamo la proteina ricombinante in colture batteriche e questa viene iniettata nel paziente ripristinando le normali funzioni. ➢ Carenza di proteine endocellulari: queste carenze sono alla base delle malattie genetiche come ○ l’ADA (adenosin-deaminasi) gli affetti da questa malattia sono i cosiddetti bambini nella bolla perché non riescono a vivere nell’ambiente a causa del contatto con gli agenti esterni. La carenza dell’adenosin deaminasi, che degrada le purine porta ad una severa immunodeficienza.. ○ Un altro esempio è la fibrosi cistica, dove il difetto si trova a livello di una pompa per il cloro non funzionante, ciò si ripercuote a livello del rene e a livello del tratto respiratorio poiché si crea un muco molto denso che dà difficoltà respiratorie e facilita l’insorgenza di infezioni. Per curare queste malattie genetiche è necessario inserire il gene funzionante nel genoma mediante terapia genica, tuttavia, questo è possibile sulle cellule circolanti, bensì molto difficile nelle cellule di tessuti solidi. Le classi di malattia trattabili almeno in teoria con terapia genica sono: 26 - Le malattie ereditarie - I tumori - Le malattie del Sistema Immunitario Il problema principale della terapia genica è far arrivare il DNA esogeno alle cellule bersaglio e farlo integrare nel genoma, infatti la lipofezione non è efficiente e per risolvere questo problema sono stati messi a punto vettori di espressione virali. Retrovirus: quando infetta una cellula compie di fatto trasferimento genico inserendo il proprio genoma (provirus) a livello del DNA genomico della cellula ospite. Il provirus è caratterizzato da sequenze specifiche che sono le LTR per indicare l’inizio e la fine della trascrizione, dove nel mezzo ci sono 3 geni diversi per codificare varie proteine per il capside e altre proteine virali (GAG, POL, ENV). Una volta trascritto, alcune porzioni di questo mRNA verrà tradotto per la produzione di proteine, mentre un’altra porzione costituirà l’RNA virale che verrà inglobato nel nuovo virus. Quindi nel mio plasmide io inserisco le due LTR a distanza di circa 6000 basi come nel provirus,, un transgene e il gene per la selezione (G418). Il vettore retrovirale in cellule normali non riesce a integrarsi per l’assenza della trascrittasi inversa e degli altri enzimi virali, ma se io utilizzo cellule helper, precedentemente modificate al fine di produrre le proteine virali, ecco che il mio plasmide viene integrato, si ha la trascrizione e di conseguenza la formazione di particelle virali che, tuttavia, sono virus difettivi, non avendo bisogno di produrre proteine virali che già vengono prodotte dalla cellula. 27 Il virus difettivo viene inserito nelle mie cellule target dove adesso è in grado di integrarsi con il loro DNA perché il virus difettivo ha acquisito gli enzimi necessari per fare retrotrascrizione grazie alle cellule helper: viene trasformato in una molecola di cDNA e viene integrato nel genoma cellulare della cellula target; a questo punto l’infezione si blocca. Inoltre è presente la sequenza IRES, che si trova tra il transgene e la resistenza G418, in modo che si abbia la produzione di due proteine diverse, poiché questa sequenza è riconosciuta da un particolare complesso proteico (internal ribosomal entry site) che avvia la traduzione anche senza cap. 30 Editing Genomico CRISPR/Cas9 (Clustered Regulargly Interspaced Short Palindromic Reapets). CRISPR è una sorta di sistema immunitario batterico contro i propri batteriofagi. Le proteine e gli RNA coinvolti in questo processo nei batteri possono essere utilizzati per operare cambiamenti a livello del genoma di qualsiasi cellula eucariotica ad altissima efficienza. Le sequenze CRISPR costituiscono una famiglia di sequenze di DNA del genoma batterico che servono all’archiviazione di copie di frammenti di DNA virale risalenti a infezioni precedenti del batterio o di antenati. L’unica restrizione al taglio sul genoma del batteriofago era che ci fosse vicina la sequenza PAM di soli 3 nucleotidi e quindi molto comune. Infatti quando un batterio viene infettato da un virus che non è mai stato incontrato né dal batterio stesso né dai suoi antenati, appositi enzimi cercano sul DNA virale le cosiddette sequenze PAM (Protospacer Adjacent Motif). Se trovano una sequenza PAM, excidono la sequenza di DNA virale immediatamente adiacente a PAM, detta “protospaziatore”. Tale frammento, il protospaziatore, viene quindi integrato enzimaticamente nel genoma batterico tra due ripetizioni palindrome del sistema CRISPR. Una volta integrato nel genoma batterico, il protospaziatore viene indicato come “spaziatore”. 31 Vicino al locus CRISPR, sul genoma batterico, si trovano i geni che codificano per gli enzimi del sistema immunitario, i cosiddetti geni Cas (CRISPR-associated). Questo pezzettino di dna può riattivarsi, nel senso che a quando c’è l’infezione dello stesso batteriofago può essere trascritto, allora il batterio crea degli mRNA (detti crRNA ossia CRISPR-RNA) copiati su questi cluster dove uno di questi sarà complementare a quello dei virus. Con un meccanismo che ricorda vagamento quello dell’interferenza a RNA dove un siRNA o un miRNA è legato ad una parte enzimatica, nel caso del miRNA è il complesso RISC che contiene essenzialmente un’attività endonucleasica e qui invece è la proteina Cas9 ed è prodotta dal batterio stesso, si lega al primer che funge da sonda. Per svolgere la sua funzione, Cas9 ha bisogno anche di un altro piccolo RNA, detto tracrRNA, che non prende parte all’ibridazione con il DNA virale e che ha sequenza specifica per l’enzima e ripiega l’RNA in modo che venga riconosciuto da Cas9. Il complesso costituito dal crRNA e dal tracrRNA è chiamato gRNA (guide RNA). Cas9, così complessata con il gRNA, viene guidata sulla sequenza di DNA virale complementare a quella del crRNA, e taglia tale sequenza, neutralizzando così il virus. Quando il virus infetta la prima volta e il batterio ritaglia la sequenza vicina alla sequenza PAM e la inserisce nella zona CRISPR (zona del dna del batterio dove vengono stockate le sequenze dei virus che l’hanno infettato). La sequenza inserita nel genoma viene ereditata da tutti i batteri figli, c’è un parallelismo col sistema immunitario poiché la memoria dell’infezione è molto forte La tecnica di editing Una volta compreso il sistema CRISPR-Cas9 nei batteri, si è osservato che la nucleasi Cas9, guidata dall’appropriato gRNA, può introdurre una DSB in qualsiasi punto prescelto del genoma. Nell’editing genomico, lo strumento gRNA-Cas9 viene preparato in vitro: il gRNA viene costruito mediante ligazione del tracrRNA, specifico per l’enzima, con il crRNA, complementare alla sequenza bersaglio. Il gRNA viene quindi associato alla nucleasi Cas9. Lo strumento gRNA-Cas9 così allestito viene quindi introdotto nel nucleo della cellula da modificare, in modo tale che operi la DSB sito-specifica, insieme al frammento di DNA omologo che contiene la modifica da apportare al DNA nella regione bersaglio. Grazie alla DSB, viene estremamente facilitata la ricombinazione tra il DNA genomico tagliato e il frammento omologo introdotto. Quello che si cerca di fare in laboratorio è di creare un unico filamento di gDNA che funzioni da sonda per cui il mio tracrRNA e il mio crRNA vengono trascritti insieme e uniti da un linker loop. Una volta creato il costrutto del singolo RNA guida, il team di Jennifer Doudna fece un semplice esperimento per testare se realmente avevano un enzima che taglia il DNA programmabile. L’idea era di generare corti e singoli RNA guida che riconoscevano siti diversi in una molecola di DNA circolare. Gli RNA guida erano designati per riconoscere alcune sequenze diverse (GFP1, 2, 3 e 4). L’esperimento fu di prendere il plasmide e incubarlo con 2 diversi enzimi di restrizione: uno chiamato Sall, che taglia il DNA a monte delle sequenze GFP, e il secondo enzima Cas9, coordinato dall’RNA guida, che taglia il DNA sui diversi siti GFP. In seguito all’incubazione i risultati furono vari frammenti di DNA di diverse dimensioni, corrispondenti ai frammenti GFP. Una volta operato il DSB dal sistema CRISPR/Cas9, la cellula ha 2 possibilità: ● NHEJ: questo sistema opera un nodo sul taglio e questo porta ad una perdita di sequenze. Intervengono le proteine Ku e vengono trovate delle zone di micromologia fra i due filamenti ● HR: con questo sistema forniamo noi il DNA stampo con cui avere la ricombinazione omologa Per poter effettuare l’editing genomico inducendo la cellula a effettuare Homologuos Recombination col DNA stampo che fornisco io, ho bisogno di 2 vettori plasmidici: 1. pCas-Guide Vector: vettore che contiene i geni per il mio gDNA e per Cas9 e una volta trascritti nella cellula target verranno trascritti e tradotti producendo così i prodotti desiderati 32 2. DNA donatore: il plasmide ricombinante contenente una sequenza nucleotidica che presenta un gene che voglio sia inserito nel dna del genoma eucariotico o procariotico che sto editando; e allo stesso tempo presenta una porzione omologa alla porzione di DNA dove ho introdotto il DSB. L’utilizzo dell’editing genomico mediante Cas9 sta avendo un enorme successo, in quanto consente di portare a termine la ricombinazione omologa con altissima frequenza. In altri termini, il tasso di ricombinazione omologa nelle cellule trasfettate con DNA estraneo è molto più alto nelle cellule trattate con Cas9 rispetto a quelle in cui non si opera alcun DSB o in cui si introduce con sistemi diversi da quello con Cas9. Il taglio del DNA mediante la programmazione di Cas9 è molto utilizzato poiché non deve essere ingegnerizzato l’enzima stesso, bensì il gRNA che lo lega, complementare al DNA target, che guida l’enzima sulla sequenza genomica desiderata. Prima del sistema Cas9 si usavano delle nucleasi il cui meccanismo di taglio del genoma è lo stesso di quello di Cas. Tra queste abbiamo le ZFNs che sono le nucleasi a dita di zinco: una della quali è Fok I, la cui totale attivazione è promossa dalla formazione di un dimero. La dimerizzazione di quest’ultima è permessa solo quando le porzioni a dita di zinco riconoscono le sequenze volute. La particolarità di questi enzimi è che possiedono un dominio di riconoscimento del DNA dove la sequenza aminoacidica è complementare ad una specifica sequenza nucleotidica . Il limite di questi enzimi è rappresentato dal fatto che la specificità della loro sequenza di taglio dipende dalla sequenza aminoacidica e quindi per ogni intervento sul DNA è necessario progettare una nucleasi che abbia complementarietà strutturale per la sequenza d’interesse. Gli enzimi con struttura a zinc finger sono composti da circa 25 aminoacidi che si ripiegano e vengono tenuti insieme da uno ione zinco capace di creare legami di coordinazione fra Cys e His, motivo per il quale è necessario che ci siano 4 C o 2 C e 2 H. La struttura è composta da 3 zone: una a foglietto β, un’α elica e un loop. Un dito di zinco è capace di riconoscere una sequenza specifica di 3 nucleotidi. Gli Zinc Finger devono almeno essere un cluster di 3; ad esempio, il dominio che riconosce il DNA di p53 è un tetramero, formato da zinc finger, che riconoscono una sequenza di circa 12 basi. Per cui se voglio riconoscere specificatamente una sequenza con il sistema ZFN, creerò una proteina di fusione formata da vari zinc finger. Applicazioni Biotecnologiche ● Un esempio della sua applicazione si ha nella sindrome di Hunter, caratterizzata dalla carenza della proteina iduronato-2-solfatasi, causando la mucopolisaccaridosi (accumulo lisosomiale). Il turnover della proteina era talmente veloce che serviva a poco. Tentare di far esprimere la proteina direttamente al fegato del paziente è stata una possibile soluzione. ○ La terapia che viene effettuata in vivo prevede l’iniezione un vettore di espressione ZFN veicolato da virus adeno-associati a livello della vena porta, in modo che arrivi al fegato, visto che i virus adeno-associati hanno un tropismo molto forte per le cellule epatiche. Faccio sì che il mio cDNA si trovi a valle del promotore dell’albumina, che essendo forte farà sì che la mia proteina venga prodotta di nuovo da alcune cellule epatiche. La cura funziona nonostante pochissime cellule epatiche subiscano editing. ○ Le tecniche ex vivo, invece si accoppiano all’uso di iPS cell (induced pluripotent stem cells) derivate solitamente da fibroblasti. Queste cellule sono infatti riprogrammate in vitro e poi reiniettate nel tessuto danneggiato in seguito a correzione mediante CRISPR. 35 che si ordinano in strutture parallele di fasci di fibre. La polimerizzazione dell’emoglobina si associa ad importanti alterazioni della membrana degli eritrociti che diventano meno deformabili e più fragili. Queste alterazioni di membrana culminano nella formazione dei classici eritrociti a forma di falce. Tuttavia, è possibile trovare anche HbC la quale è dovuta a una mutazione che causa la sostituzione di un acido glutammico con una lisina in posizione 6 nella catena globinica. I soggetti eterozigoti per l’HbC (AC) sono asintomatici e possono presentare lieve microcitosi e aumento della resistenza degli eritrociti all’emolisi, Gli omozigoti per HbC (CC), di solito, compensano l’emolisi con la splenomegalia (aumento del volume della milza). Gli eterozigoti SC presentano un difetto falcizzante simile a quello dell’anemia falciforme, anche se di solito più lieve degli omozigoti. Anche per la fibrosi cistica è possibile utilizzare la PCR come metodo diagnostico. Questa è dovuta alla mutazione a livello di una sequenza che codifica per una pompa del cloro: si ha la produzione di muco denso che provoca un’ostruzione dei dotti principali e tendenza all’infiammazione. In omozigosi è una malattia molto problematica, ma a differenza dell’anemia, la mutazione può derivare da diverse porzioni del gene interessato, rendendo più difficile il suo sequenziamento. 2. Malattie genetiche dovute a delezione di un gene In questo caso non è necessaria l’analisi in sequenza ma basterà fare l’elettroforesi su gel dei frammenti di PCR del locus genico d’interesse, poiché questo sarà sufficiente a mostrare se è presente l’allele sano o malato, dato che avranno lunghezze diverse e se è presente in omozigosi o in eterozigosi 3. Diagnosi prenatale Il genoma può essere già analizzato a livello dello zigote e nell’embrione si preleva da cellule fetali dei villi coriali tramite villocentesi (i villi coriali sono una parte della placenta di origine fetale) oppure dal liquido amniotico rilasciate per desquamazione (amniocentesi). Oggi è possibile recuperare DNA fetale anche dal sangue della madre. Le cellule sono poi fatte proliferare in vitro, si estrae il DNA e si amplifica per PCR. La PCR viene usata anche nell’analisi pre-impianto in caso di fecondazione assistita. Se i due genitori non possono arrivare alla fecondazione, quest’ultima viene fatta in vitro: si prelevano cellule dalla blastocisti e si analizzano con PCR. Dalle varie blastocisti ottenute in vitro, si reimpiantano nella madre quelle dove l’allele non è mutato 4. Diagnosi malattie infettive Per quanto riguarda la diagnosi delle malattie infettive si effettua una PCR negativa che consiste nell’inserire un primer che contiene una sequenza nucleotidi complementare al DNA del patogeno: quindi la PCR sarà svolta con successo nel caso in cui si abbia la presenza del patogeno, mentre non avrò alcuna amplificazione delle molecole se il patogeno cercato è assente. Questa diagnosi è possibile per qualsiasi microrganismo o virus di cui si conosca la sequenza del genoma : a. HPV: uso di primer specifici per i vari ceppi virali, sono test di tipizzazione b. Chlamydia: test su un suo plasmide che aumenta la sensibilità del test, perché di plasmidi ce ne sono decine di copie per ogni cellula c. Mycobacterium Tubercolosis: uso dei primer per fare la tipizzazione d. HIV: viene usata la PCR quantitativa per verificare quanto genoma batterico c’è all’interno dell’organismo Esiste un’altro tipo di PCR negativa: nel caso in cui il DNA bersaglio è tagliato. La PCR in questo caso non avviene perché non c’è continuità molecolare del doppio filamento tra i due inneschi in modo che un filamento possa copiare l’altro. Questo tipo di PCR può servire a saggiare le traslocazioni geniche. Come quella del linfoma follicolare, in cui si ha una traslocazione 18:14, ovvero il proto-oncogene Bcl2 trasloca dal locus 21 del cromosoma 18 al locus 32 del cromosoma 14 sotto il promotore del gene della catena pesante delle immunoglobuline. Il proto-oncogene muta in oncogene e fa sì che la cellula non vada in apoptosi. La traslocazione avviene soprattutto nei linfociti B, dove questo gene è fortemente espresso, e causa il tumore. La PCR mi permette di saggiare la continuità molecolare nelle cellule tra le zone della catena H e di Bcl2, perché se è avvenuta la formazione della continuità (PCR positiva) avrò cellule di 36 linfoma follicolare. Essendo la PCR estremamente sensibile, è in grado di rilevare anche una presenza minima. 5. Diagnosi tumorale Come sappiamo è necessario fare la diagnosi molecolare di ogni singolo tumore per determinare quali proto-oncogeni over espressi sono interessati e quali onco-soppressori disattivati sono interessati. Oggi anche i miRNA vengono controllati quando abbiamo lo sviluppo tumorale. I test per controllare onco-soppressori, proto-oncogeni e miRNA sono di tipo qualitativi e quantitativi: a. Ricerca di mutazioni: mediante PCR si ricercano le mutazioni attivanti o disattivanti che sono specifiche di proto-oncogeni e oncosoppressori. Proto-Oncogene RAS: se subisce una mutazione puntiforme (senza aumentare la sua quantità) determina tumore; quindi il test PCR consiste nel cercare la mutazione specifica amplificando il gene RAS nella zona sensibile, dai risultati emerge che se è omozigote non è coinvolto, mentre se è eterozigote è coinvolto. b. Livelli di mRNA: analizzo la sequenza dell’mRNA di eventuali oncogeni o oncosoppressori mediante PCR quantitativa perché non mi interessa analizzare la sequenza in sé ma saperne la quantità. Proto-oncogene Myc: determina una proliferazione incontrollata delle cellule diventando oncogene perché viene overespresso. In questo caso faccio un RT-PCR per dosare la quantità di un certo proto-oncogene in un tumore. Her2: per controllare se la sua overespressione interessa un determinato tumore può essere fatta una PCR quantitativa sull’mRNA; invece se Her2 subisce una mutazione puntiforme, non posso usare l’anticorpo per la diagnosi, ma mi serve una PCR mirata al dominio trans-membrana dov’è avvenuta la mutazione. 6. Genetica forense Genetica forense significa identificazione personale, dato che ognuno di noi ha il proprio patrimonio genetico può essere riconosciuto. In genetica forense sono importanti gli alleli che cambiano moltissimo nel genoma e non hanno rilevanza fenotipica. Infatti nel genoma dell’uomo ci sono sequenze altamente ripetitive dette DNA microsatellite (2-13 basi; circa il 2-3% del genoma). La ripetizione di queste sequenze lineari l’una accanto all’altra confonde il meccanismo di ricombinazione meiotica tra due cromatidi, determinando un crossing over ineguale per l’appaiamento errato fra sequenze comunque uguali fra loro. Il crossing over ineguale porta gameti con un numero diverso di sequenze, ed è questo numero che crea la singolarità di ognuno di noi. Queste sequenze altamente ripetute si trovano all’interno di loci specifici, i quali però sono distanti fra loro all’interno del genoma. Dato che si questi loci se ne conoscono tanti, l’analisi di essi può essere fatta con PCR determinando che la lunghezza delle sequenze altamente ripetute varia da individuo a individuo. Più è lontana la parentela, più i loci in cui si trovano queste sequenze sono diversi fra loro perché sono altamente polimorfici in virtù del meccanismo di ricombinazione non omologa. 37 Progetto Genoma Umano Meccanismo di sequenziamento: 1. I cromosomi, tramite tecniche di solcazione, furono spezzettati in 100 frammenti da circa 30 milioni di basi, misura comparabile a quella di un cromosoma di lievito. 2. Questi frammenti vennero inseriti in lievito mascherandoli da cromosomi di lievito semplicemente inserendo ARS (sito di origine della replicazione in lievito); per cui le cellule di lievito trattavano questi frammenti come cromosomi aggiuntivi (detti YAC) e si ottennero cloni di questo DNA. Tuttavia per sequenziare bisogna frammentare la sequenza molto di più. Questo si può fare con un enzima di restrizione, però bisogna farlo in un certo modo perché se frammentassimo totalmente il DNA con BCL2, che ha 4 basi di riconoscimento e quindi taglia frequentemente otterrei frammenti di 100/200 basi. Se facessi la sequenza di tutti i frammenti avrei nel mio computer la sequenza di qualche milione di questi frammenti, e in teoria avrei la sequenza del genoma, ma non so l’ordine dei frammenti. 3. Successivamente quindi si frammentò ulteriormente questo DNA sotto forma di YAC mediante enzimi di restrizione ma con la modalità della digestione parziale. Si sottopose il DNA a una digestione che fece sì che ogni molecola di DNA venisse tagliata in maniera diversa, così da avere, in media, frammenti di 1000 bp l’uno. Si ottenne così una library di frammenti over-lappanti (sovrapposti). Esperimenti sulla Minimal Cell di Craig Venter Esperimento Syn 1 (2010) Craig Venter prese il genoma di un micobatterio che è il batterio col genoma più piccolo che si conosca (1 milione di basi). Esistono due tipologie di questo batterio: micoplasma micoide e capricorum che contengono 901 geni ciascuno. Craig Venter fece un esperimento in cui sintetizzò tutto il cinoma del micoide in vitro, poi prese un capricorum, gli eliminò il DNA e vi inserì il DNA del micoide. Vide che il batterio capricorum diventava micoide. Questo esperimento, molto banale e intuitivo, ci fa capire che è il DNA, ossia il genotipo che decide l’espressione fenotipica della cellula. Esperimento Syn 3 (2016) Si prese il batterio costituito da un genoma minimo capace di far proliferare la cellula del micoide. L’esperimento voleva isolare i geni essenziali, ci si rese conto che bastano 473 geni per far sì che la cellula sia capace di proliferare, di questi, 149 hanno ancora oggi funzione ignota.