Scarica CODICE DEONTOLOGICO DEGLI PSICOLOGI COMMENTATO e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Deontologia solo su Docsity! Il Codice deontologico è lo strumento scritto che stabilisce e definisce le concrete regole di condotta che devono essere rispettate nell'esercizio dell'attività professionale. È stato predisposto dal Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi ed è entrato in vigore il È una guida operativa che consente allo psicologo in casi dubbi, di adeguare la propria condotta professionale a quanto ritenuto deontologicamente corretto. Le norme del codice si basano su quattro PRINCIPI ETICI FONDAMENTALI: Rispetto del diritto alla privacy, la confidenzialità, l'autodeterminazione e l'autonomia della persona. Riconoscere i limiti delle competenze specifiche e i confini dei loro ambiti di intervento per cui forniscono servizi per la quale sono qualificati. Si parla anche di COMPETENZA ETICA -> obbligo di avere buona conoscenza del CD. Delle proprie azioni verso i clienti, società e comunità. Assicurarsi di non creare danno e che i servizi non vengano usati in modo sbagliato. Nella scienza, nell'insegnamento e nella pratica della psicologia. Lo psicologo chiarisce il ruolo che ricopre e agisce di conseguenza. L'ordine è tenuto a vigilare sulla condotta dei suoi iscritti per cui prevede un sistema di sanzioni che possono essere inflitte a seconda della gravità del caso. A seguito di una segnalazione il Consiglio valuterà se archiviare il caso o aprire un procedimento disciplinare. Le sanzioni disciplinari sono di due tipi: Non hanno implicazioni dirette sull'esercizio della pratica professionale, sono: - Diffida a non protrarre/ricadere nella mancanza commessa Biasimo formale/ disapprovazione per la trasgressione Hanno implicazioni dirette nell'esercizio della professione, sono: - Da un giorno a un anno; può avvenire anche in conseguenza a un mancato pagamento Espulsione con divieto di esercizio. Nell'elaborazione del CD sono state individuate quattro finalità: CODICE DEONTOLOGICO DEGLI PSICOLOGI Nuova sezione 1 Pagina 1 Il codice deve essere per legge sottoposto a periodica revisione. Ultimi articoli aggiornati: Aggiunta di mezzi di comunicazione a distanza come nuovi contesti in cui lo psicologo può operare. -> Le regole del CD vengono ampliate anche a questi contesti. La nuova formulazione stabilisce che la violazione dell'obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare. La psicologia è una scienza in continua evoluzione per cui necessita di continui aggiornamenti; allo stesso modo lo psicologo è visto come uno scienziato con obbligo di aggiornamento continuo. Aggrava le responsabilità di coloro che insegnano tecniche di intervento a persone estranee alla professione. Il codice si suddivide in quattro sezioni Nuova sezione 1 Pagina 2 Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate. La norma prevede: Obbligo di mantenere un livello adeguato di preparazione e competenza professionale: richiede una reale e compiuta competenza professionale sia per quanto riguarda la teoria sia l'approccio al caso concreto. Obbligo di formazione continua: distinto e prescinde dal primo poiché impone un preciso obbligo di aggiornamento -> partecipazione a seminari o congressi; attraverso lo studio di pubblicazioni rilevanti, in particolare di articoli pubblicati in riviste di carattere internazionale. Nell'ultimo capoverso l'art. impone di non suscitare aspettative infondate, ad es., magnificando i propri risultati precedenti o la potenza della sua metodologia. Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine. Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze. Può capitare che lavorando in determinati contesti allo psicologo venga richiesto di aderire a regole non sue -> questo il codice lo vieta. Lo psicologo deve saper affermare la propria autonomia professionale e metodologica. Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile. La norma prevede che lo psicologo formuli interpretazioni sulla base di informazioni valide e attendibili, indicando dati e fonti, presentando il suo giudizio come ipotetico e pertanto non potendo escludere altre ipotesi interpretative. Lo psicologo evita di esprimere giudizi su fatti e persone di cui non ha conoscenza professionale. L’esame diretto può essere escluso SOLO se i giudizi professionali sono fondati su una documentazione adeguata e attendibile ( es. cartella clinica, o relazione orale di altro terapeuta) Nuova sezione 1 Pagina 5 Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive. La professione è definita dalla legge istitutiva 56 del 18 02 1989 ed esplica chiaramente le competenze del professionista abilitato alla professione di psicologo -> ne discende che chiunque svolga atti di competenza dello psicologo SENZA abilitazione incorre in REATO DI ESERCIZIO ABUSIVO. Lo psicologo ha l'obbligo di contrastare l’esercizio abusivo della professione. Lo psicologo non abusa del suo titolo per frodare o coprire millantatori. Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso. Nell’ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l’obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta. Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato. Lo psicologo è tenuto a informare i soggetti coinvolgi nella sua attività di ricerca, per ottenere il consenso informato. Questi sono liberi di concedere - rifiutare - ritirare il consenso. Se per motivi scientificamente dimostrabili non è possibile ottenere il consenso preventivamente, lo psicologo ha l'obbligo di fornire le info dovute alla fine della prova, per ottenere il consenso. Per soggetti i quali per età o altri motivi non sono in grado di esprimere il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo deve tutelare il diritto dei partecipanti alla RISERVATEZZA - NON RICONOSCIBILITA' - ANONIMATO. Nuova sezione 1 Pagina 6 Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze. Lo psicologo si impegna al rispetto, alla cura e alla protezione nei confronti degli animali partecipanti alle ricerche. L'articolo richiama una regola già espressa nel Codice Etico della Ricerca Psicologica approvato dall'A.I.P nel 2015 in cui si prescrive che: il benessere fisico e psicologico dell'animale utilizzato dal ricercatore debba essere assicurato anche al di fuori della sua prestazione sperimentale. Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti. Il rapporto che lo psicologo intrattiene con il paziente/utente è per sua natura confidenziale, pertanto il segreto professionale ha lo scopo di difendere il rapporto di fiducia con il destinatario della prestazione. -> La norma si applica anche alle informazioni digitali. Può essere derogato per -> l'esercizio della difesa personale: Es., essere vittima di stalking; venire a sapere che il pz ha commesso/sta per commettere qualcosa che danneggi l'incolumità di terzi; -> se abbiamo il consenso valido e dimostrabile del paziente. NB: purché possa verificarsi la violazione del segreto occorre che tra lo psicologo e il soggetto si sia effettivamente costituito un valido rapporto professionale. Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso. Lo psicologo deve mantenere il segreto professionale anche nel caso di una testimonianza, a meno che non abbia previo consenso valido e dimostrabile del soggetto destinatario della prestazione. Perché il CONSENSO sia valido deve essere INFORMATO e cioè il soggetto deve rendersi conto delle conseguenze della testimonianza e deve essere VALIDO nel senso che deve essere prestato da persona in grado di vagliare, giudicare e decidere per quanto lo riguarda in argomento. Nell’interesse dello psicologo tale consenso sarà meglio che sia DIMOSTRABILE o documentabile con una dichiarazione o testimonialmente. -> la necessità terapeutica viene privilegiata rispetto a quella giudiziaria. Nuova sezione 1 Pagina 7 La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale. Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche. Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all’Ordine professionale. Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all’uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati. Lo psicologo, comunque e dovunque si svolga la sua attività, deve mettere in atto una serie di comportamenti e accortezze per tutelare la privacy del paziente/cliente. Se lo psicologo lavora in un organizzazione per cui la documentazione non è sotto il suo diretto controllo basterà che questi si assicuri che tutto il materiale sia conservato al riparo da occhi indiscreti. In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del paziente, del professionista cui rivolgersi. Lo psicologo può dover fare riferimento ai fini diagnostici e terapeutici ad altri specialisti. È necessario che la libertà di scelta del cliente/paziente sia rispettata e che egli sia informato sul perché della richiesta di un intervento di altro professionista, di esami diagnostici o di una qualsivoglia consulenza. Il paziente ha totale libertà di interrompere la terapia, farsi aiutare da altri o anche di non curarsi. Se la relazione asimmetrica è mal gestita il paziente/cliente può sentirsi obbligato alla scelta di un determinato professionista perché ha paura di contrariare lo psicologo. Questa si configura come una limitazione della libertà del paziente/cliente. Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi. Questa disposizione specifica i contenuti degli artt. 5 e 7. La tematica è relativa ad un attività diagnostica specifica, che nella fattispecie riguarda la selezione e la valutazione di individui. Lo psicologo non può e non deve avventurarsi al di fuori della propria competenza, qualificazione e preparazione. -> Alcuni documenti offrono linee guida e metodologiche per operare in ambiti specifici, chiarendo entro quali limiti l'esercizio della professione di psicologo deve essere limitato, es: Linee guida per casi di abuso sessuale collettivo su minori Linee guida per la consulenza tecnica in materia di affidamento dei figli Regole da mettere in atto in caso di abuso su minore e regole per l'ascolto del minore testimone. Nuova sezione 1 Pagina 10 Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale. Non essendo la deontologia una materia formalmente riconosciuta nel curriculum degli studi universitari e di tirocinio essa deve permeare l’attività dei docenti, dei professori, dei tutor. Lo studente, il tirocinante devono essere posti nella condizione di apprendere il “fare” dello psicologo come governato da una bussola che costantemente indica i principi deontologici cui ispirarsi. L’ultima parte dell’articolo raccomanda che avvenga sia attraverso contenuti informativi e sia attraverso l’esempio. L’insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione stessa costituisce violazione deontologica grave. Costituisce aggravante avallare con la propria opera professionale attività ingannevoli o abusive concorrendo all’attribuzione di qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi autorizzati all’esercizio di attività caratteristiche dello psicologo. Sono specifici della professione di psicologo tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali) basati sull’applicazione di principi, conoscenze, modelli o costrutti psicologici. È fatto salvo l’insegnamento di tali strumenti e tecniche agli studenti dei corsi di studio universitari in psicologia e ai tirocinanti. È altresì fatto salvo l’insegnamento di conoscenze psicologiche. Insegnare strumenti e tecniche di intervento a persone estranee alla professione equivale a facilitare l'esercizio abusivo della professione. La norma non vieta l’insegnamento della psicologia ai non psicologi, in quanto la sensibilizzazione di altre figure professionali alle tematiche della psicologia è auspicabile. Il divieto riguarda l’insegnamento di strumenti conoscitivi e di intervento, riservati allo psicologo, proprio in quanto correttamente utilizzabili solo ove il loro uso sia supportato da un bagaglio di competenze che sono patrimonio della nostra professione. Nuova sezione 1 Pagina 11 Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente, e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sè o ad altri indebiti vantaggi. La relazione professionale non può avere scopi diversi rispetto al mandato, attribuito o concordato, che deve svilupparsi all’interno della cornice data dalla specificità professionale e dai principi e dalle finalità descritti negli artt. 3 e 4 del codice deontologico. -> Egli non può agire senza una chiara regola metodologica, in coerenza con modelli teorici riconoscibili e accreditabili. Es violazioni-> minacce di sospensione della terapia o sospensione brusca; Atteggiamenti non consoni con il pz (es., amicali) Parcella troppo elevata. Pensare allo psicologo in termini di “competenza” ed “etica” significa anche tutelarlo qualora l’esito della sua prestazione non sia quello auspicato, ma comunque l’intervento sia stato effettuato in “scienza e coscienza” e rispettando ruolo e funzioni proprie. Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera. In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale. Es violazioni: aumento dell'onorario a percorso iniziato anche se lo si ritiene adeguato al l'impegno; cifre incongrue. Nuova sezione 1 Pagina 12 Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale. Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale. Es: se la vita privata dello psicologo viene esposta al pubblico, bisogna valutare che ciò non interferisca con la sua attività -> perché questo articolo combinato con l'art. 2 richiede non solo che lo psicologo sia persona corretta ed esemplare, ma anche che appaia come tale. Viola ad es; chi non adotta cautela nel consentire o meno l'accesso alla propria pagina personale, dimostrando disattenzione rispetto alla delimitazione di confini. impedisce l’attività diagnostica/terapeutica nei confronti di persone con cui lo psicologo ha o abbia avuto relazioni significative dei natura personale, in particolare di natura affettiva o sentimentale e/o sessuale. Tale attività è vietata anche nel caso che si instauri nel corso del rapporto professionale, e che, quindi, segua l’inizio della prestazione. Questa è considerata violazione “grave”. Tali relazioni possono essere fonti di conflitti, e la prestazione può essere inquinata dalla familiarità, da scarsa obiettività, mancanza di distacco; perché le persone che ne ricevono la prestazione possono avere nocumento dalla confusione di ruoli. -> Il divieto di instaurare relazioni con il pz si protrae ad infinitum. Vieta qualsiasi attività che possa produrre in lui vantaggi patrimoniali e non; Ad es; fornire attività professionali in contesti amicali per poi chiedere un compenso; o informare il pz delle proprie problematiche finanziarie per ottenere favori economici. non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale. Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico- professionale. L’articolo sanziona quella gravissima deroga deontologica, costituita da forme di “comparaggio” economico tra psicologi e presidi, istituti o luoghi di cura, che siano messe in atto NON per interesse del pz ma per far derivare da ciò vantaggi per lo psicologo. Naturalmente lo psicologo dipendente pubblico che subordina il proprio intervento a che si svolga in ambito istituzionale non infrange il dettato di questo articolo. Nuova sezione 1 Pagina 15 Nell’esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali. Doni simbolici non valutabili sul piano economico, considerati come veicolo di espressione di affetti e non come compenso -> devono essere considerati nello specifico quadro teorico di riferimento in cui si situa il rapporto professionale. Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte. Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Solo nel caso di affidamento super esclusivo, è possibile ottenere il consenso di un solo genitore. • Il consenso deve essere esplicito: NO delega, mail, pec etc., • Se una volta terminato il trattamento con persona minore di età, si ripresentasse una nuova richiesta, il consenso dei genitori deve essere acquisito nuovamente per iniziare ex novo un trattamento sanitario. • In caso di dissenso di un solo genitore, se lo psicologo ritiene necessario un trattamento può rivolgersi al giudice tutelare -> magistrato che opera presso ogni tribunale che sopraintende alle tutele e curatele. • Il consenso deve tener conto della sua Volontà, in relazione alla sua età e al grado di maturità e avere come scopo la tutela della sua salute psicofisica nel pieno rispetto della sua dignità. Se ritenuto necessario l'intervento, lo psicologo può segnalare al giudice tutelare il dissenso, attendendo le sue determinazioni. Il genitore richiedente dovrà produrre una certificazione che attesti le condizioni di lontananza dell'altro genitore oppure compilare e sottoscrivere sotto la sua responsabilità un'autocertificazione attestante la condizione di impedimento dell'altro. Si ha sempre bisogno del consenso informato da parte di entrambi. Nei casi di urgenza è possibile suggerire di rivolgersi alla guardia medica/pronto soccorso. Quest'ultimo può rivolgersi al giudice tutelare; anche lo psicologo può farlo se lo ritiene necessario. Nuova sezione 1 Pagina 16 Interruzione volontaria di gravidanza (IVG) di persone minorenni, ex art. 12 della L. 194/78. • Nei casi previsti dall'art 120 L. 309/90 in tema di accesso al servizio pubblico (o ad una struttura privata) per le tossicodipendenze in cui si consente alla persona minore di età di accedere agli accertamenti necessari. • Seppur ci sia il consenso di entrambi, lo psicologo NON può intervenire perché opererebbe discriminazioni in base all'orientamento sessuale. La "terapia di conversione" o "riorientamento sessuale" è una grave violazione della dignità. Attualmente SI secondo l'art 31 che esplicita che "qualsiasi tipo di prestazione professionale" in cui sono coinvolte persone minori di età deve essere effettuata con consenso dei genitori, ANCHE SE le attività di orientamento non sono annoverabili nell'ambito sanitario -> motivo di revisione dell'art. 31. Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell’intervento. Questo articolo mira a determinare corrette ed equilibrate condizioni di partenza tra le parti in causa, qualora committente ed utente non coincidono. Lo psicologo ha l'obbligo di informare adeguatamente il destinatario del suo intervento intorno all’intervento stesso. Deve informarlo anche se l’intervento è stato commissionato da altri, ed anche quando l’interesse del committente può essere quello di tenere il destinatario all’oscuro circa la natura e le finalità dell’intervento. Nuova sezione 1 Pagina 17 Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale. Questo articolo si collega al 2. Viene ribadito l’obbligo deontologico di osservare nella propria condotta i principi del decoro e della dignità professionale. Lo psicologo nell’esercizio della professione non deve avere contegno sconveniente e che crei scandalo, dando così un immagine negativa della professione. Le partecipazioni ad eventi pubblici quali tavole rotonde, congressi, eventi televisivi e radiofonici devono essere impostate ad un comportamento dignitoso e scientifico. Il sostenere pubblicamente posizioni contrarie all’autonomia e all’indipendenza della professione, o che contrastino i principi generali del codice deontologico è grave mancanza sanzionabile. -> Es: comportamenti ambigui nei confronti dell'utenza; CTU che fa un lavoro superficiale; messaggi promozionali non idonei; farsi prestare soldi dai pazienti. Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte. In questo articolo si focalizza l’attenzione sullo psicologo come produttore e facilitatore di chiarezza e genuinità nell’informazione, nella comunicazione e nel comportamento. Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dai competenti Consigli dell’Ordine. Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri di serietà scientifica ed alla tutela dell’immagine della professione. La mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica. Lo psicologo dovrà promuovere il proprio esercizio professionale, le proprie competenze, al fine di una progressiva affermazione e realizzazione professionale sempre in un modo corretto, non facendo corrompere i propri comportamenti da tale fine. Ricorda che la pubblicità non deve mai essere ingannevole, deve cioè rappresentare e promuovere i dati reali della formazione, delle prestazioni, dei costi ecc. Nuova sezione 1 Pagina 20 È istituito presso la “Commissione Deontologia” dell’Ordine degli psicologi l'”Osservatorio permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell’Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56. L'osservatorio deontologico (2014) - unificato con la commissione deontologica del CNOP - prende in considerazione le principali criticità derivanti dalle più frequenti violazioni al C.D. Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56. Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani, esteso dalla Commissione Deontologia e integrato dai contributi dei Consigli regionali, fu approvato dal Consiglio Nazionale del 27 e 28 giugno 1997. Fu, quindi, sottoposto al giudizio referendario degli psicologi italiani (17 gennaio 1998), entrando in vigore il 16 febbraio 1998. Nuova sezione 1 Pagina 21