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Commento al Libro I dell’Eneide, Dispense di Italiano

Attenta analisi dei contenuti del primo libro del grande poema virgiliano

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 16/10/2019

peter-ventu
peter-ventu 🇮🇹

4.4

(15)

18 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Commento al Libro I dell’Eneide e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! PIETRO MARIA VENTURA CLASSE IIC RIASSUNTO DEL COMMENTO AL PRIMO LIBRO DELL’ ENEIDE L’incipit del primo libro dell’Eneide è costituito dalle parole Arma virumque, cioè le armi e l’uomo, che rappresentano la diade tematica del corpus omerico, Iliade e Odissea, Achille e Odisseo, rievocati nella figura di Enea nelle due diverse esadi del poema virgiliano. In particolare l’”odissea” di Enea è un viaggio verso l’ignoto, che, nella seconda esade, terminerà con la guerra per la fondazione di una nuova città. La narrazione delle sue vicende è molto legata al volere e all’agire divino, che costituiscono la dynamis della trama narrativa del poema. Dopo l’incipit, infatti, compare per la prima volta Giunone che, per salvaguardare la propria dignità offesa, induce Eolo a provocare una tempesta affinché colpisca i Troiani. Successivamente, in una delle scene olimpiche del poema, simmetrica a quella nel libro XII, Venere ricorda a Giove le promesse da lui fatte sul destino di Enea e Giove ne riconferma la grandiosità. Nella frase sum pius Aeneas (v.378) Enea offre di sé la figura di salvatore dei Troiani, costretto dal Fato a proseguire per la strada verso l’Italia. Nel racconto, però, la pìetas di Enea si manifesta dando la sensazione che all’eroe manchino vera capacità e spazio d’iniziativa e che egli sia un personaggio costretto a subire in maniera passiva gli eventi che si trova a dover affrontare. Nella sua prima apparizione all’interno del poema, infatti, durante la tempesta scatenata da Eolo, Enea, impotente di fronte a tale circostanza, si rammarica di non aver potuto difendere fino in fondo la patria e rimpiangendo di non esservi morto. Sbarcato sulle coste Cartaginesi, l’eroe virgiliano ritrova in sé coraggio e abnegazione, consolando i compagni e rammentando loro l’importanza divina della loro missione. Seguendo le indicazioni fornitigli dalla madre, si reca insieme ad Acate a Cartagine, ove, seppur tra le lacrime nell’ammirare i bassorilievi della guerra di Troia, gli rivolge parole di conforto. In questo modo Virgilio ci mostra come nell’animo dell’eroe ci sia ancora speranza. Questo riscontro si può determinare ulteriormente e maggiormente dopo la dimostrazione, da parte della principessa Didone, dell’infinita benevolenza verso i Teucri, grazie ad una solidarietà animata dalla comune sperimentazione del dolore. La principessa Didone è condotta ad Enea grazie a Venere, la quale, con la stessa apprensione materna, precedentemente aveva domandato a Giove quale fosse la ragione di tante sofferenze toccate al figlio, richiamando le parole pronunciate dal poeta nello stesso proemio dell’Eneide (v.8-11). L’avvicinamento tra Enea e Didone costituisce un ostacolo per l’eroe all’adesione incondizionata al volere del Fato che caratterizza la sua pìetas. Questo epiteto, dunque, rappresenta la capacità di assolvere tutti i doveri, senza escludere la partecipazione affettiva e la reciprocità tra uomini e dèi, ma rende anche l’intera narrazione una “figura” di questo sentimento dell’eroe, che lo rende anche modello per tutti i cittadini Romani.