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CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 - MANUALE EDISES, Dispense di Pedagogia

Il file contiene riassunti dettagliati riguardo le competenze pedagogiche e psico-pedagogiche (capitoli 1 - 5) e sulle competenze su intelligenza emotiva, creatività e pensiero divergente (SOLO capitoli 6-7). Il capitolo 7 non contiene gli ultimi due sottoparagrafi. Il file segue fedelmente il manuale EDISES 2023.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 12/01/2024

francesca_romanap
francesca_romanap 🇮🇹

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Scarica CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 - MANUALE EDISES e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! PARTE PRIMA COMPETENZE PEDAGODIGHE E PSICOPEDAGOGICHE CAPITOLO 1 - LO SVILUPPO SOCIALE E LE RELAZIONI DI GRUPPO 1.2 LA PSICOLOGIA SOCIALE, L’INDIVIDUO E I SUOI CONTESTI L’oggetto di studio della psicologia sociale sono le attività mentali e i comportamenti dei soggetti immersi nella vita sociale. Le nostre azioni sociali sono intenzionalmente rivolte verso gli altri. Per struttura sociale si intende il complesso di posizioni occupate e ruoli svolti da soggetti individuali e collettivi, interagenti nel quadro di norme regolative che limitano la varietà degli atti consentiti a ciascun individuo. La famiglia, la scuola e il lavoro sono i contesti principali. Di cui un individuo viene a far parte nel corso della vita. Nella famiglia il bambino trova le prime corrispondenze ai suoi bisogni., la famiglia è una base sicura1 dal punto di vista affettivo e relazionale. La scuola, invece, è organizzata in modo ciclico per quanto riguarda i contenuti didattici, gli apprendimenti relativi, ma anche per la sua struttura. Infine, il terzo contesto è quello del lavoro, che entra a far parte del mondo del bambino in modo indiretto, attraverso i genitori. È chiaro che una sinergia tra scuola e famiglia e tra maestri e genitori è fondamentale per mettere in atto una coerenza educativa e permettere al bambino una crescita e uno sviluppo armonici. - Età della prima infanzia: dai 0 ai 3 anni. Contesto esclusivamente familiare. - Età prescolare: da 3 a 6 anni. Contesto scolastico e familiare. - Età scolare: da 6 a 10 anni. Maggiore autonomia del bambino. - Preadolescenza e adolescenza. Età delle crisi, gestione autostima. - Fase adulta. Nuova famiglia e vita lavorativa. L’ambiente ecologico di Urie Bronfenbrenner: il modello ecologico rappresenta l'ambiente di sviluppo del bambino. Al centro ci sono i microsistemi, cioè i contesti di attività, ruoli e relazioni, come per esempio la classe, la famiglia e il gruppo dei pari. L'insieme di queste relazioni che legano più microsistemi costituisce il meso sistema all'interno del quale il bambino vive e fa esperienze, per esempio la scuola. Il meso sistema è a sua volta inserito nell’esosistema, il quale si riferisce a situazioni il cui soggetto non è direttamente coinvolto, ma da cui viene comunque influenzato, per esempio la condizione lavorativa dei genitori. Infine, ad abbracciare il tutto c'è il macrosistema che costitusce la situazione culturale e complessiva, per esempio le politiche sociali ed economiche del paese in cui il bambino vive. 1.2.1 LA FAMIGLIA La famiglia è regolata da norme familiari, cioè regole di comportamento comunicate tramite comandi. Le regole chiare e coerenti producono certezza e i figli conoscono in anticipo ciò 1 Lo psicologo John Bowlby definisce base sicura il luogo da cui un bambino parte per esplorare il mondo e può far ritorno in qualsiasi momento di difficoltà. che può provocare un determinato comportamento, mentre formulazione più morbide e indirette risultano molto meno efficaci. Inoltre, di fondamentale importanza è anche l'equilibrio all'interno della sfera delle aspettative; infatti, un livello adeguato di autostima e di motivazione al successo sarà raggiunto soltanto se i genitori crederanno nelle capacità dei figli senza aspettarsi ciò che essi non possono dare. La nascita delle relazioni familiari Quando un bambino viene concepito, i futuri genitori attraversano tre momenti significativi: attesa, nascita e relazione primaria. Il momento dell'attesa è caratterizzato dalla preparazione alla genitorialità e alla consapevolezza dei cambiamenti oggettivi, determinati non solo dalla nascita del figlio, ma anche da una nuova dimensione psicologica, la triade. L'evento della nascita, invece, è forte dal punto di vista emotivo e pone le basi per la creazione di una relazione primaria con la madre. Gli studi dimostrano che la coppia madre bambino già dai due mesi di vita, è capace di stabilire schemi interattivi. Inoltre, verso i 5 mesi, grazie alle capacità di manipolazione e di coordinazione oculo manuale, il bambino comincia ad utilizzare gli oggetti per stabilire relazioni. Invece, dai 12 mesi ai due anni il bambino acquisisce la capacità di riconoscere la propria immagine allo specchio. Dai 18 mesi il bambino amplia anche le relazioni all'esterno della sfera familiare, cioè oltre i genitori. Per esempio, la relazione tra fratelli pone le basi per la socialità con i coetanei, poiché consentirebbe di sperimentare diversi livelli di interazione, conflitto e confronto. Questo è anche il periodo in cui maggiormente si presenta la pressione dei genitori sui meccanismi di controllo finalizzati all'acquisizione di regole di comportamento, per cui il bambino oscilla tra autocontrollo e controllo esterno. Importanti in questo senso sono le routine2, ovvero le attività ricorrenti, soprattutto quelle domestiche che consentono di abituarsi alla regolarità dello schema. Attorno ai due anni, aumenta la curiosità del bambino che vuole scoprire e esplorare. Il mondo del bambino è dominato da una forma di egocentrismo, nel senso che l'unica cosa che conta per il bambino e il soddisfacimento dei suoi desideri, che si protrarrà fino ai 4 - 5 anni. Lo sviluppo delle relazioni familiari Le prime relazioni che il bambino instaura sono di tipo diadico (dal latino Dias, termine psicoanalitico introdotto da René Spitz per indicare la relazione madre figlio nei primi anni di vita). La madre è infatti la chiave di lettura della realtà. John Bowlby con la sua teoria dell'attaccamento indica il legame con una persona specifica, in particolare il legame tra madre e bambino. J. B. individua tre tipi di attaccamento: 1) Attaccamento ansioso evitante, tipico del bambino che non sceglie significativamente la madre tra altre figure estranee. Indica quindi una scarsa reciprocità con nella relazione con questa. 2) Attaccamento sicuro, tipico del bambino che sceglie la madre. Forte relazione con questa. 2 La routine sviluppa nel bambino una capacità di previsione e di attese. In particolare, essa rassicura, è legata ad uno specifico contesto, favorisce esperienze di tipo cognitivo, emotivo e sociale e pone le basi per le regole. L'importanza della routine non è solo all'interno del contesto familiare, ma anche in quello scolastico. Una comunità di pratica è composta da un gruppo di persone che condividono un interesse e un codice comuni, alla base di questo gruppo è importante il mutuo aiuto e i ruoli vengono. assunti in base alle competenze. Il fine ultimo della Comunità è il miglioramento collettivo. Marshall McLuhan è tra i più importanti teorici delle comunità di pratica. 1.3.3 L’EDUCAZIONE INTERCULTURALE Per educazione interculturale si intende l'individuazione all'interno di un progetto educativo, di uno specifico percorso di interazioni fra soggetti appartenenti a diverse culture. Questa educazione mira quindi all'acquisizione di strumenti che mettano in luce il riconoscimento dei valori appartenenti alle diverse culture, le differenze, la verbalizzazione e l'empatia. Questa educazione dovrebbe prevedere attività che alternino linguaggi e lingue, promuovendo competenze trasversali. Parlando di integrazione, agli inizi del Novecento nel contesto statunitense, si parlava di paradigma assimilazionista (Robert E.Park, Ernest w, Burgess), secondo cui lo straniero si inserisce nella società in maniera lineare, rinunciando ai suoi valori e assorbendo quelli della nuova società. Questo modello, tuttavia, non descrive l'integrazione di oggi. Infatti, la teoria classica è stata riformulata nel paradigma dell'assimilazione segmentata (Alejandro Portes), secondo cui l'integrazione degli stranieri dipende dal segmento della popolazione cui essi aspirano. Secondo l'UNESCO, l'educazione multiculturale usa apprendimenti delle altre culture per produrre accettazione di quelle culture. L’ educazione interculturale invece si propone di andare oltre la passiva coesistenza, per raggiungere un modo di vivere insieme in evoluzione e sostenibile. CAPITOLO 2 – IL LINGUAGGIO E LA COMUNICAZIONE 2.1 LA COMUNICAZIONE E I SUOI ELEMENTI Tra due interlocutori il messaggio verbale è perfettamente comprensibile quando il messaggio ha un valore univoco e il livello sintattico è da tutti ugualmente percepito. Il processo comunicativo è composto da una serie di elementi: - l'emittente, che invia il messaggio. - il messaggio, l'insieme di informazioni. - il codice, che può essere verbale, cioè la lingua e non verbale, cioè gestualità, mimica facciale, intonazione. - Il canale. - Il ricevente. - Il feedback o la risposta di ritorno da parte del ricevente. - Il contesto. - Le interferenze, cioè ostacoli che disturbano il processo comunicativo. La comunicazione può essere verticale quando avviene tra soggetti con livelli diversi di autorità e orizzontale, quando avviene tra persone dello stesso livello della scala gerarchica. Inoltre, tutti gli scambi di comunicazione possono essere simmetrici, vale a dire quando i due soggetti si pongono sullo stesso livello o complementari nel momento in cui uno dei due interlocutori sia in una situazione di superiorità e l'altro di inferiorità. La scuola di Palo Alto studia i problemi della comunicazione e sostiene che qualsiasi comportamento assunto in una relazione può essere definito comunicativo, indipendentemente dal fatto che l'atto sia intenzionale o meno. Questa scuola fa riferimento all'approccio sistemico che si occupa principalmente degli effetti della comunicazione sul comportamento dell'individuo. 2.2 CARATTERISTICHE E FUNZIONI DEL LINGUAGGIO Il linguaggio è una delle manifestazioni dell'attività simbolica dell'uomo. Questa facoltà non appartiene esclusivamente alla specie umana, ma anche le api sono in grado di comunicare grazie al ritmo dei loro spostamenti sul favo (Karl Von Frisch). Il linguaggio è fondato sull'associazione di un significato (detto anche contenuto semantico) e di schemi e di suoni (detti il significante o espressione verbale) che insieme producono il segno linguistico. Il linguaggio e il pensiero sono intimamente connessi. Benjamin Lee Wolf con la sua ipotesi della relatività linguistica, sostiene come le esperienze significative acquisite dai membri delle varie popolazioni influiscano sulle modalità di espressione (gli eschimesi usano parole diverse per indicare numerosi tipi di neve). Il linguaggio verbale ha quattro funzioni fondamentali: - Espressiva , il linguaggio consente l'eliminazione o allentamento di una tensione interna; - Comunicativa , il linguaggio consente la regolazione delle interazioni tra gli individui; - Cognitiva , il linguaggio permette la rielaborazione interna delle conoscenze (memorizzazione, astrazione, eccetera) - Regolativa , il linguaggio facilità l'autoregolazione del comportamento, offrendo una guida delle condotte da assumere in vari contesti. Roman Jacobson condivide sei funzioni del linguaggio: - funzione emotiva, esprime il vissuto. - funzione fatica, quando la lingua viene utilizzata per controllare l'efficienza del contatto con il destinatario; - funzione conativa per indurre un atteggiamento nel destinatario; - funzione poetica legata al messaggio; - funzione metalinguistica, cioè si focalizza su un linguaggio adottato per descriverne un altro; - funzione referenziale legata al contesto in cui si svolge la comunicazione. Inoltre, tramite il messaggio si trasmette la cultura, cioè quell'insieme complesso che raccoglie conoscenza, credenze, arte, diritto e costume e di qualsiasi altra capacità acquisita dall'uomo. 2.3 LA COMUNICAZIONE NON VERBALE E LE SUE FUNZIONI Paralinguistica è un termine che indica quei segnali non verbali che accompagnano il parlato, attraversando il canale uditivo vocale. La comunicazione non verbale viene utilizzata soprattutto per svolgere: - la funzione espressiva ; - la funzione interpersonale e cioè la relazione tra gli interlocutori; - la funzione di regolazione dell'interazione , tenendo sotto controllo lo scambio faccia a faccia; - la funzione di supporto al linguaggio , caricando di senso l'espressione linguistica. La combinazione delle parole può essere rafforzata da vari elementi non verbali: - la forza vocale, cioè l'intensità della voce; - l'intonazione vocale legata all'altezza della voce; - la velocità di eloquio, cioè il numero di sillabe pronunciate al secondo; - il ritmo, cioè la cadenza data dalla distribuzione degli accenti nel tempo: - L'enfasi, la messa in rilievo di una parola o di una parte di essa. Inoltre, per prosodia si intende il complesso di regole che governano la collocazione dell'accento tonico sulle parole. Tra gli aspetti della comunicazione non verbale rientra anche la prossemica, cioè la disposizione e i movimenti degli interlocutori nell'ambiente e la distanza interpersonale (anche fisica). Altro segnale molto importante per la comunicazione è la postura, che dipende molto dalle convenzioni sociali insieme alla mimica facciale. I gesti utilizzati per mandare segnali possono essere: - Simbolici , (segno di OK); - Di Automanipolazione o adattivi, come rosicchiarsi le unghie; - Illustratori , che accompagnano il discorso per chiarirne i significati. Anche la multimedialità può essere considerata una tecnica di comunicazione che impiega linguaggi diversi, per esempio testi, scritti, immagini e suoni. I nuovi media si caratterizzano per un processo comunicativo interattivo. 2.4 LE ABILITA’ COMUNICATIVE NEL BAMBINO Il bambino usufruisce delle risorse non verbali per porre domande e fare commenti. Nella fase dello sviluppo, infatti, il neonato utilizza il pianto e la madre sin dai primi giorni comunica con lui attraverso le un linguaggio semplificato denominato Baby talk. L'attenzione del bambino nei primissimi mesi di vita è rivolta prevalentemente alla madre, mentre intorno al quinto mese viene diretta agli oggetti e solo verso il nono mese di vita il bambino è in grado di direzionare l'attenzione materna sull'oggetto. 2.5 L’ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO Un linguaggio per essere definito tale deve avere alcune caratteristiche di base: semanticità (deve riprodurre tutto ciò che fa riferimento a oggetti, emozioni o concetti), dislocazione (deve essere possibile tenere in considerazione presente, passato e futuro) e produttività, (consentire la produzione di una serie infinita di messaggi). Katherine Nelson distingue gli stili individuali di apprendimento del vocabolario: - lo stile referenziale: i bambini hanno uno sviluppo lessicale più rapido: - Lo stile espressivo: i bambini hanno uno sviluppo sintattico più rapido. La Nelson distingue anche stili cognitivi diversi: - i bambini referenziali sono interessati a nominare gli oggetti: Secondo Gordon, l'insegnante e il genitore rappresentano il ruolo del facilitatore, cioè colui che, attraverso l'empatia, sostiene il processo di sviluppo e di crescita della persona. Egli, quindi, è in primo luogo un buon comunicatore e per esser tale deve possedere due competenze fondamentali, l'ascolto attivo e il messaggio io. - L'ascolto attivo consiste nel porsi in ascolto con le orecchie, ma anche con il cuore e con la mente, mostrandosi attenti e lanciando messaggi di accoglienza verbali e non verbali e riproponendo il contenuto del suo discorso con parole diverse per cercare di capire quali sono i bisogni. - La tecnica del messaggio io invece consiste nel comunicare all'altro come ci si sente in una determinata di circostanza. Una frase come “io mi sento triste, quando tu non mi ascolti perché mi sento ignorato” porterà sicuramente ad un ad un risultato migliore, che se usassimo la tecnica del tu: “è colpa tua”. 3.2.2 LE BARRIERE DELLA COMUNICAZIONE Nel libro “insegnanti efficaci”, Thomas Gordon elenca le 12 barriere alla comunicazione che costituiscono il linguaggio del rifiuto. - Essere imperativi, ordinare, esigere. Il comando genera spesso ostilità e rabbia, fa sentire l'adolescente inferiore rispetto all'adulto; - Avvertire e minacciare. Quando l'adolescente si sente minacciato contrattacca per il semplice gusto di opporsi o si sottopone per timore. - Fare la morale, fare la predica. Crescono sensi di colpa e diminuisce la fiducia. - Dare soluzioni già pronte o consigli non richiesti. Questi impediscono di riflettere con attenzione; - Cercare di persuadere con argomentazioni logiche; - Complimentarsi. Gli apprezzamenti non meritati possono ferire l'adolescente perché li percepiscono come falsi; - Giudicare e criticare . - Umiliare, ridicolizzare, prendere in giro ; - Diagnosticare, analizzare comportamenti altrui ; - Consolare, minimizzare ; - Cambiare argomento, fare sarcasmo . Fare del fare dello spirito conduce l'adolescente a pensare che i suoi problemi siano sottovalutati; - Interrogare e mettere in dubbio . Se l'adolescente si sente interrogato, tenderà a chiudere la comunicazione e a non raccontare più nulla di sé. 3.2.3 LA RISOLUZIONE DEI CONFLITTI Il modello di Gordon offre risoluzioni costruttive dei conflitti, anche quelli interculturali o interrazziali. Le parti in conflitto possono unirsi nella ricerca di soluzioni accettabili per entrambi attraverso il “problem solving”. Il modello di risoluzione proposto da Gordon si articola in sei stadi: - proporre le possibili soluzioni; - valutare le soluzioni proposte; - scegliere le soluzioni in virtù delle proprie ed altrui attitudini di esperienze; - formulare un piano d'azione; - concordare i criteri di verifica dei risultati. In altre parole, secondo Gordon i conflitti non si possono risolvere con l'uso di tecniche costruttive, ma solamente attraverso una comunicazione efficace. 3.3 GLI ADOLESCENTI E LE NUOVE FORME DI COMUNICAZIONE La rete può essere definita come un luogo, un ambiente culturale che determina uno stile di pensiero, crea nuovi ambiti e nuove forme di comunicazione. Una realtà che però non deve configurarsi come sostituta alienante delle relazioni personali, ma capace invece di arricchire le nostre potenzialità. Nella vita, l'utilizzo tra gli adolescenti di PC, tablet e smartphone è cresciuto vertiginosamente negli ultimi 10 anni e per alcuni ciò ha portato ad una perdita della capacità di riuscire a discriminare la realtà da tutto ciò che accade in rete. Una caratteristica che accomuna Facebook, Twitter, Instagram eccetera è che sono fatti dagli utenti. Se da un lato i social danno voce a tutti, dall'altro non tutti sono portatori di messaggi positivi. In assenza di mediazione il rischio è di incappare innotizie false o in realtà distorte o imbattersi negli haters, individui spesso disturbati, che seminano insulti e spingono alla violenza. Il fenomeno del cyberbullismo, che consiste nel molestare ripetutamente e sistematicamente sulla rete una vittima, è strettamente connesso al mondo adolescenziale, ma rispetto al bullismo tradizionale, l'uso dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo l'anonimato. In realtà questo anonimato è illusorio, perché ogni comunicazione elettronica lascia delle tracce. CAPITOLO 4 – LA PSICOLOGIA DELLO SVULUPPO E DELL’APPRENDIMENTO 4.1 IL CONCETTO DI SVILUPPO Per sviluppo si intende il processo evolutivo di un organismo, con modificazioni, di struttura di funzione e di organizzazione. Tale processo può avvenire per tre ordini di cause: - maturazione intrinseca , ovvero sviluppo di capacità innate; - influenza dell'ambiente ; - apprendimento . Per apprendimento si intende qualunque cambiamento della condotta prodotto dall'esperienza. 4.2 PSICOLOGIA DELL’ETA’ EVOLUTIVA, PSICOLOGIA DEL CICLO DI VITA E PSICOLOGIA DELL’ARCO DELLA VITA La psicologia dell'età evolutiva si occupa di osservare e studiare tutto ciò che avviene nella fase dell'infanzia sino all'adolescenza, due periodi ricchi di importanti acquisizioni, sia cognitive sia affettive. Il periodo dell'infanzia comprende la fase della vita che va dal momento della nascita al dodicesimo anno (La neotenia è una caratteristica che contraddistingue l'uomo dagli animali e riguarda il progressivo aumento della durata dell'infanzia), mentre la fase dell'adolescenza va dal dodicesimo al diciottesimo anno di età (si parla comunque sempre più spesso di tarda adolescenza riferendosi al prolungamento di alcune caratteristiche psicologiche fino al venticinquesimo anno di età). Il raggiungimento della maturità è l'obiettivo del percorso di crescita che dovrebbe condurre all'acquisizione delle capacità cognitivo-sociali. Il campo della psicologia del ciclo della vita, al quale ha dato forte con un grande contributo il lavoro di Erik Erickson, studia come le persone agiscono in relazione al calendario BIOSOCIALE, ovvero quell'insieme di scadenze che riguardano i passaggi evolutivi come il matrimonio o l'arrivo dei figli. Per Erikson l'uomo ha come scopo quello di costruire un senso di identità. Infine, la prospettiva della psicologia dell'arco della vita, con i grandi contributi teorici di Lev Semënovic e Vigotskij, cerca di comprendere lo sviluppo psicologico dell'individuo tenendo in considerazione i fattori sociali e culturali in cui la persona è inserita. In generale i concetti di cambiamento e sviluppo devono essere inquadrati in una prospettiva interazionista e costruttivista. Per questo motivo occorre porre attenzione sulle diverse funzioni psicologiche dello sviluppo: - lo sviluppo fisico motorio; - lo sviluppo cognitivo; - lo sviluppo affettivo-emozionale; - lo sviluppo sociale e della personalità; - lo sviluppo morale. In aggiunta a queste considerazioni, bisogna tenere presenti la variabilità interindividuale, che è possibile riscontrare tra soggetti della stessa età e la variabilità intra individuale che riguarda invece il modo in cui ciascun soggetto vive le diverse fasi della propria esistenza. La visione ambientalista John Locke ritiene che il bambino nasca come una tabula rasa, secondo lui il neonato è estremamente influenzato dall'ambiente circostante. La visione ambientalista di Locke tendeva a negare ogni contributo dei fattori innati allo sviluppo psicologico. La visione naturalista Jean Jacques Rousseau sostiene che i bambini sono per natura buoni, per cui non hanno bisogno di una particolare guida morale né di imposizioni per non sviluppo normale. I bambini crescono dunque secondo il disegno della natura. Locke vs Rosseau = natura vs cultura La teoria evoluzionistica (vs approccio sociologico) Charles Darwin si focalizza sugli animali e sugli uomini, secondo lui le differenze tra gli uni e gli altri sono solo di natura quantitativa e non qualitativa. In questo senso egli teorizza e crede di dimostrare l'esistenza di una continuità biologica tra vertebrati e uomini e indaga sulle componenti istintuali comuni come l'istinto materno. Le differenze individuali che egli chiama mutazioni sono frutto di un processo di adattamento dell'individuo all'ambiente. Queste differenze si mantenevano nel corso delle generazioni per la loro utilità.  Percettiva, ci permette di comprendere come quel particolare oggetto che stiamo percependo si presenta anche ad altri che sono spazialmente in una prospettiva diversa dalla nostra. Alcuni autori come Robert Selman usano le espressioni “Prespective taking” e “role taking” come sinonimi per indicare un'abilità socio cognitiva essenziale che consiste nel bilanciare e considerare contemporaneamente a livello cognitivo e percettivo gli stimoli provenienti da un oggetto e permette di vedere il mondo, incluso il Sé, dal punto di vista di un'altra persona. Robert Selman è il pioniere nello studio dello sviluppo dell'abilità di “role taking e individua nell'età compresa tra i sei e gli 11 anni il momento in cui la persona costruisce avanzate competenze sociali. - Livello 0 / Egocentrico / 3-6 anni: il bambino non distingue tra caratteristiche fisiche e psicologiche di una persona. Confonde il mondo soggettivo con quello oggettivo. Non differenziando i punti di vista, non può metterli in relazione tra loro. - Livello 1/ Soggettivo/ 6-8 anni : il bambino comprende la differenza tra caratteristiche fisiche e psicologiche, distingue gli atti intenzionali da quelli che non lo sono. Comunque, non riesce ancora a mettere in relazione le prospettive diverse. - Livello 2/ Autoriflessivo/9 anni : il bambino riconosce la prospettiva dell'altro come diversa dalla propria e è capace di riflettere sul proprio comportamento, ponendosi nella prospettiva di un'altra persona. - Livello 3/ Reciproco/ 11 anni : il ragazzo comprende che la sua prospettiva può essere diversa da quella generale. Quindi comprende che sia lui che gli altri possono prendere in considerazione reciprocamente i rispettivi punti di vista; - Livello 4/Sociale e convenzionale/ oltre 12 anni . Il ragazzo scopre che esistono punti di vista differenti tra differenti tra individui, ma anche tra gruppi o intere società. 4.4 LO SVILUPPO DELL’IDENTITA’ Lo sviluppo dell'identità è stato analizzato dalla psicoanalisi e la teoria dello sviluppo psicosociale. Il termine psicoanalisi è stato coniato nel ventesimo secolo dalla diffusione di psiche e analisi. Psiche è un termine greco che significa anima, ma che con il tempo è divenuto prima sinonimo di spirito e successivamente di mente. Il termine analisi, invece, è formato dalla preposizione greca Ana-, che significa “in parti uguali”, e -lisi, che significa “sciogliere”. 4.5 SIGMUD FREUD E LA PSICANALISI Sigmund Freud elabora la sua teoria psicoanalitica. Freud teorizza la divisione della psiche umana in conscio, preconscio e inconscio. Parte dal presupposto che la base di tutte le relazioni di un individuo sia il rapporto madre bambino. La sua teoria è una teoria stadiale, cioè lo sviluppo viene suddiviso in diverse fasi: 1) stadio orale. Corrisponde ai primi 18 mesi di vita. I contatti del bambino si sviluppano tramite la bocca che fa da tramite per il rapporto con la madre, vissuta come un oggetto che gratifica il bambino tramite l'alimentazione. Questo stadio termina con lo svezzamento. Il bambino deve abituarsi ad un tipo di alimentazione diversa e, di conseguenza ad avere anche con la madre un rapporto diverso. 2) Stadio anale. Inizia a 18 mesi e finisce a 36 mesi. In questo stadio tutta l'energia è concentrata nella ritenzione - espulsione delle feci. Spesso in questa fase i genitori possono diventare ossessivi circa il controllo degli sfinteri affinché il figlio acquisti al più presto questa capacità. Ma in questo stadio che può sorgere un conflitto tra autonomia del bambino e regole dei genitori. 3) Stadio fallico. Inizia a 36 mesi fino ai 5 anni. L 'attenzione si sposta ai genitali e alle differenze legate al possesso del pene. Freud colloca in questo periodo il famoso complesso di Edipo, che si manifesta nei desideri sessuali nei confronti del genitore del sesso opposto e rivalità e gelosia verso il genitore dello stesso sesso. Questa fase per il maschio viene superata con il complesso di castrazione, cioè col timore di essere castrato dal genitore prima odiato e ora elevato a modello. In questa fase, quindi, il bambino si identifica con il padre. Questo processo di identificazione è dovuto a quello che Freud considera il tabù dell'incesto. Lo stesso processo avviene anche per le femmine, solo che la bambina proverà meno angoscia perché per lei la vagina rappresenta già una castrazione avvenuta. Ciò costituirà poi, secondo Freud, il problema irrisolvibile della donna, cioè l'invidia del pene. Inoltre, in questo periodo il bambino avrà costituito tutte le strutture fondamentali della personalità: L'Es: serbatorio pulsionale presente dalla nascita; l'Io: sta nel rapporto di mediazione tra le forze aggressive e distruttive dell'Es e il mondo esterno; Super Io: costituisce la base del dovere, della moralità. 4) Stadio di latenza. Dai 6 agli 11 anni, emerge la fase di latenza in cui l'energia libica si rafforza, ma non viene espressa. 5) Stadio genitale, dai 12 ai 18 anni. Le pulsioni sessuali vengono orientate verso un partner e finalizzate a costruire una relazione sessuale. Per Freud ci sono due tipi di principali di processi che regolano le idee: processi primari e processi secondari. I processi primari sono liberi dalla logica, mentre quelli secondari sono relazionali e logici. Il processo primario permette di mettere insieme le idee, apparentemente del tutto distinte. Sono moltissime le opere pubblicate da Freud: - Progetto per una psicologia scientifica 1890 - L'interpretazione dei sogni 1899 - Psicopatologia della vita quotidiana 1901. - Tre saggi sulla teoria sessuale, 1905. - Totem e tabù 1913. - Introduzione al narcisismo 1914. - Introduzione alla psicoanalisi 1915-17 - Psicologia delle masse e analisi dell'Io 1921 - L'io e l'Es 1923. 4.5.1 GUSTAV JUNG E LA PSICOLOGIA ANALITICA Le teorie sviluppate da Freud hanno avuto ampio seguito. Una delle figure più importanti è Carl Gustav Jung (900). La sua tecnica e teoria di matrice psicoanalitica è chiamata “psicologia analitica” o “psicologia del profondo”. Lui amplia la ricerca analitica dalla storia del singolo alla storia della collettività umana. La psiche si compone della parte inconscia, individuale e collettiva, e della parte conscia. La dinamica tra le due parti è considerata da Young come ciò che permette all'individuo di affrontare un lungo percorso per realizzare la propria personalità in un processo che egli denomina individuazione. In questo percorso l'individuo incontra e si scontra con dei prototipi inconsci della propria personalità: solo affrontandoli egli potrà far emergere la propria coscienza. Questi modelli, secondo Young, sono: - la Persona rispecchia ciò che ognuno di noi vuol rendere noto agli altri. Ma non coincide necessariamente con ciò che realmente si è; - L'Ombra coincide con gli impulsi istintuali che l'individuo tende a reprimere e che sfociano in atti sgradevoli. Ciò nonostante, l'ombra è un grande potenziale energetico e fonte di creatività. - L'Animus e Anima rappresentano rispettivamente l'immagine maschile presente nella donna e l'immagine femminile presente nell'uomo. Si manifesta in sogni e fantasie e è proiettata sulle persone del sesso opposto. - Il Sé è il punto culminante del percorso di realizzazione della propria personalità, nel quale si uniscono tutti gli aspetti consci e inconsci del soggetto. 4.6 ERIK ERIKSON E LO SVILUPPO PSICOSOCIALE (O DELL’APPRENDIMENTO PSICOSOCIALE) A differenza di Freud, Erik Erikson ridimensiona la componente sessuale e attribuisce importanza alla sfera socioculturale ai fini dello sviluppo del ciclo vitale dell'uomo. Erikson rivolge il proprio interesse verso l'interazione tra individuo e ambiente (familiare e sociale). Secondo l'autore, nel ciclo vitale l'individuo passa, attraversa una serie di tappe evolutive, anche chiamate stadi, che sono caratterizzate sia da una conquista che da un fallimento. - 1° stadio: fiducia/sfiducia. 0-1 anno. La condizione di fiducia nasce grazie al rapporto con la madre che trasmette fiducia al bambino nella misura in cui è supportata dall'intero nucleo familiare che rappresenta per il bambino il contesto sociale di riferimento. - 2° stadio, autonomia/vergogna, dubbio. Da 1 a 3 anni. L'acquisizione del linguaggio, la capacità di controllare gli sfinteri rende autonomo il bambino, ma nel complesso lo espone a dei rischi, cioè il timore di essere giudicato deriso dagli altri. In questo stadio, quindi, il bambino ha bisogno di essere guidato e rassicurato. - 3° stadio, iniziativa/senso di colpa. 4/5 anni. Tale periodo è contraddistinto da all'iperattività. In questa fase il bambino si interfaccia con gli oggetti, talvolta rompendoli e con i suoi compagni di gioco, assumendo a volte un atteggiamento di sfida nei confronti di genitori. Erikson ritiene che questo stadio sia fondamentale per lo sviluppo di un Io equilibrato senza la presenza di un senso di colpa. - 4° stadio, industriosità/senso di inferiorità, 6/11 anni. L'inserimento nel contesto scolastico dà la possibilità al bambino di ottenere l'approvazione sociale grazie alla crei negli individui componenti intrinseche che percorrono una sequenza di passaggi obbligati. Fonda la sua teoria sullo strumento definito “dilemma morale”, cioè delle storie da proporre a soggetti diversi presi in esame, in cui il protagonista ha la possibilità di fare decisioni diverse. Dalle sue osservazioni emerge uno sviluppo in tre livelli, ciascuno suddiviso in due stadi. Livello preconvenzionale (4-10 anni) - Stadio 1: orientamento punizione-obbedienza. Comportamento: obbedienza per evitare punizione. - Stadio 2: individualismo e scambio. Comportamento: Regole per ottenere vantaggi. Livello convenzionale (adolescenti/adulti) - Stadio 3 - Moralità per mantenere buone relazioni. Comportamento: conformità alle regole per avere buone relazioni. - Stadio 4 – Mantenimento dell’ordine sociale. Comportamento: conformità alle regole per non avere censura delle autorità. Livello postconvenzionale (raggiunto solo da alcuni adulti) - Stadio 5: morale del contratto dei diritti individuali e delle leggi condivise. Comportamento: desiderio di mantenere un buon funzionamento della società. - Stadio 6: principi universali. Comportamento: conformità a dei principi individuali per evitare l'auto condanna. Negli anni 70 ci furono mosse delle critiche alla teoria di Kohlberg. Per esempio, lo psicologo statunitense Elliott Turiel ha elaborato la teoria del dominio secondo la quale a partire dai 39 mesi si differenziano due rispettivi domini (ambiti) concettuali: le convenzioni sociali e gli imperativi morali. La seconda maggiore rete di critica è stata sviluppata dalla psicologa Carol Galligan, che ha sviluppato un concetto di moralità del prendersi cura in alternativa alla moralità della giustizia e dei diritti. 4.8.2 L’APPROCCIO COMPORTAMENTISTA La prospettiva comportamentista si basa sullo sviluppo del comportamento morale. Si fa riferimento ad Albert Bandura e alla teoria del Social Learning (apprendimento sociale) secondo cui le norme vengono apprese in base all’esperienza, cioè grazie a rinforzi positivi o negativi. Bandura assume una prospettiva di interazionismo cognitivo-sociale, sottolineando nello sviluppo morale un processo interattivo globale nel quale intervengono sia fattori individuali personali sia fattori ambientali-sociali. Questa teoria si fonda sui meccanismi di autoregolazione che permettono alla persona di comportarsi in funzione delle conseguenze previste, consentendole di arrivare. Alla soddisfazione personale e al senso di autostima, evitando così auto sanzioni dovute alla trasgressione dei valori maggiore e il disimpegno morale e minore è il senso di colpa. - Per giustificazione morale si intende un meccanismo altramente attraverso il quale i comportamenti socialmente deleteri vengono resi accettabili, sia personalmente che socialmente. - Per dislocazione delle responsabilità si intende un meccanismo che permette alle persone di compiere azioni che solitamente ripudiano poiché non si sentono direttamente responsabili del loro operato. - Per diffusione delle responsabilità si intende un meccanismo che permette di distribuire fra membri diversi la responsabilità del derivante dall'attività rischiosa. 4.8.3 L’APPROCCIO PSICOANALITICO La prospettiva psicoanalitica è concentrata sulla dimensione affettivo-emotiva alla base del controllo morale. Freud sostiene che la coscienza morale, ovvero il Super-io, sia il risultato del complesso di Edipo e del legame di dipendenza con le figure genitoriali. Diversamente da Freud, Melanie Klein ritiene che per parlare di coscienza morale non si debba attendere il superamento dell'Edipo, ma che il bambino manifesti una comprensione di questa dimensione fin dalla primissima infanzia. Egli, infatti, manifesta spinte aggressive nei confronti della madre che, causando senso di colpa, lo spingono a tenere comportamenti riparatori. Infine, dal punto di vista di Edith Jacobson, l'io ideale riveste una funzione primaria, di guida del bambino nella comprensione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. 4.8.4 SEREJ HESSEN:LA FILOSOFIA DEI VALORI E L’EDUCAZIONE COME SVILUPPO MORALE A Sergej Hessen viene associata la filosofia dei valori che assumono il ruolo di ideali alla base della storia. Hessen individua nell'uomo tre diversi momenti di vita a cui l'educazione deve rivolgersi e che si identificano in tre stadi attraverso i quali l'educazione opera anche in termini di sviluppo morale. 1) biologico, periodo dell'anomia in cui il soggetto dipende da totalmente dalla forza delle cose. È la fase della prima infanzia e del gioco in cui non è ancora presente alcun tipo di norma morale poiché il bambino non è capace di comprenderlo; 2) sociale. Periodo dell'eteronomia. Quando il bambino entra a scuola è già capace di comprendere il significato di una norma esterna e adattare la propria condotta a tali regole. Nella scuola di Hessen non c'è spontaneità, tutto è regolato dall'esperienza didattica del docente, il quale deve guidare il lavoro in tutto questo periodo; 3) spirituale, periodo dell'autonomia . Ultima fase dello sviluppo morale dell'individuo che coincide con l'uscita dalla scuola e l'inserimento nelle strutture parascolastiche. Opere principali: - Fondamenti filosofici della pedagogia 1923; - Ideologia ed autonomia dell'educazione della pedagogia 1938; - Struttura e contenuto della scuola materna, 1939; - Pedagogia e mondo economico, 1949. CAPITOLO 5 – I PRINCIPALI CONTRIBUTI PEDAGOGICI IN TEMA DI SVILUPPO E APPRENDIMENTO La pedagogia è la scienza che si occupa della formazione dell'uomo e della donna per l'intero corso della vita e nella pluralità dei tempi di vita e di esperienza. 5.1 LA PEDAGOGIA DAGLI ALBORI AL 1600 5.1.1 AGOSTINO Agostino è uno dei maggiori esponenti della filosofia cristiana. Il tema della conoscenza viene affrontato in particolar modo nel De Magistro, scritto nel 389, in cui Agostino analizza la dinamica esistente tra il maestro e il discepolo. Egli afferma che per comprendere le cose è necessario passare dai segni, cioè le parole, ai significati, bisogna fare spazio dentro di noi alla verità che è definita come maestro interiore che permette la comprensione delle cose. In chiave più attuale si può affermare che l'educatore deve fornire l'apprendimento con le parole, ma anche permettendo al discepolo di conoscere in maniera diretta le cose. 5.1.2 COMENIO Comenio è considerato tra i maggiori pedagogisti dell'età moderna. Egli parla di Pansofia, una sintesi unitaria delle diverse forme di sapere. L' unitarietà è legata al fatto che esiste un unico creatore, cioè Dio per la natura, per la mente umana e l'intelletto e per le sacre scritture. Nell'ideale pansofico trova spazio la Pampaedia, l'idea di un'educazione universale che riguardi qualsiasi ambito e che possa essere rivolti rivolta a tutti. Si nota come Comenio fu il primo a concepire una scuola universale, aperta a tutti. Omnia omnibus omnio: si può insegnare tutto a tutti in modo completo e interconnesso. Il metodo e la centralità dell'alunno Il metodo di Comenio parla di un metodo che avvicini gli studenti all'apprendimento e di una didattica in cui l'alunno è il protagonista del proprio sviluppo. Nell'idea di Comenio un sistema scolastico deve avere: - la scuola materna fino ai sei anni in cui l'attenzione è rivolta ai sensi e all'intuizione; - la scuola vernacula, dai 6 ai 12 anni ed è la scuola dove si impara la lingua nazionale e aspetti legati alla memoria e all'immaginazione. - la scuola latina in cui si studiano le lingue classiche, greco, ebraico, latino, le arti e la fisica; - l'Accademia in cui si studiano campi specifici del sapere e si ha la possibilità di viaggiare per ampliare le proprie conoscenze. 5.2 IL MODELLO EDUCATIVO ILLUMINISTA Il 700 è caratterizzato dall’Illumisimo (lume della ragione) affinché l’uomo raggiunga la ragione tramite l’intelletto. L’istruzione deve partire dalla realtà. Per la prima volta si parla di istruzione gratuita e obbligatoria. Quindi, questo processo educativo, ricordato anche come concetto di educazione del cuore, mira a unire le forze che il bambino possiede e che Pestalozzi suddivide in sentimento, pensiero e volontà (azione). Queste tre forze vengono rappresentate simbolicamente dai tre organi: il cuore rappresenta i sentimenti, in particolare quelli di stampo morale come l'amore e la fede; la testa equivale alla capacità dell'uomo di operare un giudizio razionale, di usare la memoria e l'immaginazione; la mano rappresenta la forza che spinge l'uomo alle attività di carattere pratico. Il metodo elementare Così chiamato perché fondato su una didattica mirata alla comprensione degli elementi costitutivi del sapere. È un metodo che coinvolge le tre forze presenti nel bambino (sentimento, pensiero e volontà) e si basa su tre principi fondamentali. - Il principio di necessità meccanica, cioè l'educazione deve produrre nel discente; - il principio di organicità e continuità, il decente deve essere guidato in modo graduale; - il principio di vicinanza e lontananza che permette di esplorare la realtà partendo da elementi più accessibili fino ai meno accessibili e astratti. Il metodo intuitivo e lo sviluppo cognitivo In relazione alla testa e allo sviluppo della mente, Pestalozzi elabora il metodo intuitivo che parte dall'intuizione fatta sull'esperienza. Infatti, tramite osservazioni dirette, l'intuizione conduce il bambino a individuare tre concetti fondamentali per ordinare il suo pensiero: - la forma, alla base della geometria e del disegno; - il numero alla base della matematica; - il nome alla base del linguaggio. 5.3.2 FRIEDRICH WILHELM FRÖBEL Nel 1837 fonda un istituto scolastico destinato ad accogliere tutti i bambini appartenenti alle classi sociali più svantaggiate e inoltre nel 1840 conia per questa scuola il termine Kindergarten, giardino dei bambini, parola che tuttora viene associata alla sua didattica. Le fasi evolutive del bambino Fröbel associa alcune fasi evolutive che caratterizzano il processo di crescita del bambino: - il lattante, periodo durante il quale il mondo esterno viene conosciuto attraverso i sensi; - il fanciullo, periodo incentrato sul linguaggio; - lo scolaro, il periodo dell'adolescenza caratterizzato dall'intelletto. Ciascuna fase è caratterizzata da tre campi esplorativi, la religione, le scienze e il linguaggio. 5.3.3 JOHANN HERBART Egli considera la pedagogia come una scienza autonoma e specifica, un sistema di concetti intorno al mondo dell'educazione; infatti, egli parla di pedagogia scientifica che trova i suoi fondamenti nell'etica e nella psicologia4. Secondo Herbart, è importante che il discente riconosca i 5 valori etici: - la libertà interiore; - la perfezione, cioè l'equilibrio interiore; - la benevolenza; - il diritto; - l'equità. Le tappe educative Il percorso che educa alla morale è suddiviso in tre tappe. La prima tappa è costituita dal piano di governo, in cui l'educatore ha un ruolo importante perché domnina le passioni e gli impulsi dello studentee. La tappa successiva è il piano di istruzione in cui il docente mette in atto una didattica che stimoli l'interesse dell'allievo. La tappa conclusiva e l'autogoverno, fase in cui si si determina la sintesi tra la volontà e il giudizio. La classificazione degli interessi Per Herbart l'interesse è la condizione essenziale per cui avviene l'apprendimento. Egli distingue: - Gli interessi conoscitivi che riguardano la conoscenza del mondo e sono di carattere oggettivo. Si suddividono in interesse empirico, speculativo ed estetico; - gli interessi partecipativi sviluppano i rapporti sociali e sono di carattere soggettivo. Essi si suddividono in interesse simpatetico, sociale e religioso. Le discipline di tipo scientifico favoriscono gli interessi conoscitivi, mentre quelle di tipo umanistico favoriscono gli interessi partecipativi. L'insegnamento Herbart divide l'insegnamento in gradi: - il primo grado è la chiarezza, cioè l'insegnante descrive l'oggetto nelle sue caratteristiche, come se l'allievo potesse vederlo; quindi, favorisce la sua intuizione; - il secondo grado è l'associazione, in cui l'insegnante stimola l'associazione tra oggetto presentato e quello che è nella mente dello studente. - Il terzo grado è la sistemazione, cioè una sistemazione delle rappresentazioni che stabilisce dei veri e propri legami tra esse; - l'ultimo grado è il metodo, fase in cui si applica quanto si è appreso. In questo processo di insegnamento vengono richiamati dai concetti nella didattica attuale, basti pensare agli obiettivi di una lezione e i prerequisiti per un argomento (cioè le rappresentazioni già presenti nell'allievo). 5.4 IL POSITIVISMO 4 Nell'ambito della psicologia Herbart si allontana, le idee non sono innate nel soggetto, ma si costruiscono con l'esperienza tramite le sensazioni. Il Positivismo è nato in Francia a metà dell'Ottocento e il termine Positivismo fu introdotto per la prima volta da Harry de Saint Simon. Il Positivismo prende spunto dall'illuminismo, di cui condivide la fiducia nella scienza, ma anche dalla concezione romantica della storia. 5.4.1 AUGUSTE COMTE È ritenuto il fondatore del Positivismo e secondo lui la conoscenza si fonda direttamente sull'esperienza. Lo sviluppo individuale si forma attraverso tre periodi che sono gli stessi attraverso i quali è passata l'umanità: stato teologico, stato metafisico e stato positivo. Per quanto riguarda l'educazione Comte suggerisce un'educazione positiva cioè che segue la nuova epoca e le esigenze della civiltà moderna, alla cui base c'è la scienza. 5.4.2 ROBERT ARDIGO’ È considerato tra i padri della psicologia scientifica italiana. Egli lavorò molto sul ruolo delle abitudini. Inoltre, conia il termine di confluenza mentale. Infatti, non tutte le abitudini sono educative. Dal punto di vista didattico, privilegia l'intuizione e bisognerebbe insegnare poche cose alla volta, ritornando più volte sulle cose spiegate. 5.5 IL FUNZIONALISMO E L’ATTIVISMO William James è il padre del Funzionalismo e afferma che la mente è caratterizzata dal flusso di coscienza, cioè tante esperienze. A tal proposito ha senso chiedersi quale sia la finalità dei processi psichici e come essi avvengano, ecco perché si parla di Funzionalismo. Il funzionalismo è lo studio della funzione del pensiero umano. Il funzionalismo si contrappone allo strutturalismo e rimanda all'evoluzionismo di Darwin. Inoltre, il funzionalismo ritiene che lo scopo dei processi mentali sia adattare l'organismo all'ambiente e favorire la sopravvivenza. Un altro aspetto importante del funzionalismo è il pragmatismo in base al quale lo studio della mente deve riguardare soprattutto verso le funzioni che mostrano una loro utilità pratica. 5.5.1 LE SCUOLE NUOVE, LA SCUOLA ATTIVA E L’ATTIVISMO Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del 900 si diffondono in Europa e negli Stati Uniti le New schools che hanno caratteristiche che variano da paese a paese. Tuttavia, è possibile riconoscere alcuni tratti in comune in comune. Innanzitutto, si tratta di una serie di esperienze educative che pongono attenzione all'istruzione di tipo scientifico, allo studio della lingua e all'esperienza diretta sulla realtà circostante. Nel 1917 il pedagogista Pierre Bovet utilizza per la prima volta l'espressione scuole attive per riferirsi alle nuove scuole. Queste scuole attive hanno dei principi fondamentali; - Il fanciullo ha un'energia vitale. - Ciascun fanciullo ha i propri bisogni e interessi; - l'azione educativa deve necessariamente avvenire favorendo la cooperazione tra gli alunni. LE FASI DELL'INSEGNAMENTO Ci sono tre tipi di attività che i fanciulli possono svolgere: - Nell'attività di osservazione gli allievi acquisiscono esperienze e informazioni in modo diretto e personale. - Nelle attività di associazione, i fanciulli acquisiscono conoscenza in modo indiretto, attraverso richiami di cognizioni acquisite prima. - Nelle attività di espressione, gli studenti riproducono ed esprimono quanto appreso. LA FUNZIONE DI GLOBALIZZAZIONE Il centro di interesse ha carattere globale perché corrisponde alla modalità con la quale gli alunni percepiscono la realtà. Gli oggetti o i fenomeni si presentano a loro nella loro complessità e globalità. Decroly è convinto che le idee ei concetti vadano presentati agli alunni in modo globale, rispecchiando la complessità dei fenomeni nella vita reale. 5.5.4 DON BOSCO Fu il fondatore dei Salesiani e creatore di una pedagogia povera volta ad aiutare i giovani negli ambienti più disagiati. Il suo principio educativo era il metodo preventivo secondo il quale è necessario occuparsi dell’educazione dei giovani per prevenire il disagio morale della società. Il sistema preventivo si basa su: - Ragione - Religione - Amorevolezza (parte fondamentale del metodo perché gli educatori devono essere amorevoli e comprensivi) 5.5.5 DON MILANI Don Lorenzo Milani si lega all’esperienza della Scuola di Barbiana e sperimenta il metodo della scrittura collettiva. Voleva costruitre un’istituzione incusiva cercando di garantire euguaglianza. Fu il primo ad adottare il motto “I care”. La sua concezione pedagogica era detta del professore amico (in contrapposizione a quello autoritario e distaccato). Ha utilizzato il metodo del mutuo insegnamento, metodo didattico secondo cui l’insegnamento del docente non è rivolto agli alunni ma inizialmente viene impartito al gruppo di alunni puù capaci che a loro volta comunicano con gli altri allievi. 5.5.6 MARIA MONTESSORI È stata la prima donna ad esercitare la professione medica in Italia. L’esperienza più importante è quella della Casa dei Bambini a Roma. L'opera in cui viene presentato il metodo Montessori si intitola il metodo della pedagogia scientifica applicato all'educazione infantile. Le convinzioni pedagogiche della Montessori trovano le proprie radici nel positivismo, nel funzionalismo e nelle convinzioni pedagogiche di Rousseau e Frobel. La Montessori comunque ha rielaborato queste prospettive e le ha collocate nel quadro dell'attivismo pedagogico. Secondo questo quadro: - il bambino deve esprimersi e svilupparsi cognitivamente grazie ad attività che reputa stimolanti e per le quali prova interesse o bisogno; - le lezioni devono prevede un ruolo attivo per l'alunno cioè devono essere costruite attorno al bambino. Come conseguenza il maestro assume un ruolo diverso e infatti il suo compito è quello di osservare e studiare il comportamento dei bambini. IL METODO MONTESSORI La scuola dell'infanzia deve preparare i bambini alla scuola elementare e per questo è necessario agire su quattro rami di coltura: - il disegno che abitua al riconoscimento di forme e colori; - l'aritmetica per i rapporti di quantità; - la scrittura che coinvolge abilità manuali, abilità visive e quella uditiva; - la lettura per arricchire il proprio linguaggio. Queste quattro attività vengono definite dalla Montessori come quadrica trionfante delle conquiste intellettuali del bambino. L’AMBIENTE SCOLASTICO E I MATERIALI DIDATTICI Un aspetto specifico della didattica montessoriana è l'ambiente scolastico che viene ricreato a misura di bambino in cui egli può essere autonomo completamente attivo. Le lezioni non si svolgono solo in aula ma anche in luoghi più ampi come spazi dedicati alla lettura e giardini. Per quanto riguarda i materiali didattici, si tratta di materiali per i quali ogni aspetto è scientificamente studiato. Questi materiali aiutano il fanciullo a promuovere un determinato senso o aspetto cognitivo accrescendo il suo interesse sull'esercizio. LA NUOVA FIGURA DEL MAESTRO Secondo la Montessori, l'insegnante più che insegnare deve svolgere il ruolo di direttrice cioè deve dirigere le attività degli alunni assicurandosi che le svolgano secondo le regole prestabilite. LO SVILUPPO DEL BAMBINO Secondo la Montessori ci sono caratteristiche universali e innate identificate come tendenze umane. Queste sono viste come comportamento guida in ogni fase di sviluppo (tra queste istinto di conservazione, orientamento nell'ambiente, manipolazione dell'ambiente, ripetizione, esplorazione, auto perfezionamento). La Montessori parla di mente assorbente che è dotata sia di capacità selettiva nel senso che trattiene solo le informazioni che reputa importanti sia di capacità organizzativa cioè in grado di organizzare il sapere che recepisce dalle esperienze. La Montessori parla anche di una realtà che inizialmente per il bambino è una nebula cioè confusa e indistinta. Da questa gradualmente si formano le esperienze. Il periodo della mente assorbente è da zero a tre anni di età dopodiché le caratteristiche di questa continuano in parte a persistere ma ad essa si affianca alla mente cosciente cioè una fase in cui il bambino inizia a sentire l'esigenza di organizzare i contenuti che ha acquisito. IL PENSIERO COSMICO DI MARIA MONTESSORI L'esistenza di un piano cosmico implica che ogni essere vivente ha un compito a cui deve adempiere nella propria vita e che costituisce la sua ragione di esistere. Di fronte all'esistenza di questo piano la Montessori sente la necessità di educare l'uomo e il suo potenziale affinché possa costruire un mondo nuovo. 5.5.7 JOHN DEWEY E’ il maggiore esponente dell’attivismo di cui è considerato il padre. Il suo lavoro importante è: il mio credo pedagogico (1897). In questa opera egli scrive 5 articoli fondamentali per la sua idea di pedagogia legata alle scuole nuove. 1) Art. 1: l’educazione ti permette di essere a contatto con risorse intellettuali e morali dell’umanità; 2) Art. 2: la scuola che mira a rendere un alunno capace di partecipare alla vita sociale. Si parla di scuola laboratorio. 3) Art 3: I contenuti dell’educazione 4) Art 4: Metodo educativo 5) Art. 5: Progresso sociale Secondo Dewey, il compito della scuola deve essere quello di preparare alla vita, deve essere la vita stessa. Si deve partire quindi dai bisogni e dagli interessi degli alunni e replicare attività della vera vita sociale. Al centro del suo pensiero c'è la democrazia non solo come forma di governo ma come un modo di intendere la vita individuale e sociale la cui caratteristica è permettere a ciascun individuo di esprimersi e realizzarsi al meglio. Nella sua opera Democrazia ed educazione usa l'espressione learning by doing, imparare facendo. Egli infatti sostiene che l'apprendimento attraverso il fare aiuta il fanciullo ad organizzare la sua conoscenza: i libri sono uno strumento utile ma l'esperienza deve essere affiancata ai testi. Collegato a questa metodologia è il project work che rappresenta una sperimentazione attiva dei contenuti appresi durante un percorso didattico. Ha come oggetto un progetto reale realizzato in aula da parte degli studenti. Dewy parla anche di pensiero riflessivo cioè quella modalità di pensiero che permette all'uomo di elaborare la sua conoscenza. Si tratta di un flusso controllato di idee che mira ad un obiettivo e che può essere un'idea che trova o meno conferma nella nella verifica sperimentale. Si distingue dall'immaginazione, dalla credenza e dal flusso della coscienza. Le fasi in cui il pensiero riflessivo si snoda sono: - la suggestione che determina la presenza di un'incertezza o un dubbio; - la seconda fase è l'intellettualizzazione nella quale il problema inizia ad essere inquadrato; - il rinforzo è utilizzato per rimuovere determinati comportamenti. Inoltre, è importante definire la modalità con la quale il rinforzo viene fornito; - È fondamentale strutturare il programma in cui i risultati di insegnamento siano ottenuti progressivamente e quindi possono essere certificabili. Skinner parla anche di macchine per insegnare che possono organizzare le domande in modo da creare sequenze di apprendimento che mirino all'acquisizione di specifiche conoscenze; in pratica possono essere programmate con molteplici obiettivi. Attraverso queste macchine lo studente ha un feedback continuo e impara a valutare il proprio apprendimento e studia in modo consapevole. 5.7 IL NEOCOMPORTAMENTISMO E LA GENESI DEL COGNITIVISMO Il neo comportamentismo prova a ricondurre lo studio scientifico su aspetti che vanno oltre il semplice comportamento l'osservazione degli studiosi: si sofferma su concetti nuovi come lo scopo e la memoria. In breve, si sostituisce al paradigma stimolo risposta un nuovo paradigma che prevede la presenza del soggetto tra lo stimolo e la risposta, pertanto il nuovo paradigma è stimolo organismo risposta. 5.7.1 EDWARD C. TOLMAN Lo psicologo si dedica allo studio di un comportamento globale del soggetto che definisce comportamento molare in riferimento alla mole che contiene un alto numero di molecole. Quindi nell'osservare come i ratti si muovono all'interno di un di un labirinto non è necessario soffermarsi sulle singole azioni ma sul risultato complessivo di uscita dal labirinto in un numero di determinato di mosse. Tolman, dopo questo esperimento, formula diverse ipotesi: - l'apprendimento può avvenire anche senza rinforzo e può avvenire anche se non si manifesta alcuna variazione del comportamento. Infatti introduce il concetto di apprendimento latente, cioè i topi del gruppo c apprendono anche se non lo manifestano. - Occorre distinguere anche tra apprendimento e performance: il rinforzo non favorisce l'apprendimento ma semplicemente la performance. Inoltre le evidenze sperimentali mostrano che i ratti hanno una sorta di memoria di quanto appreso: i loro apprendimenti cioè emergono dalla memoria quando sono necessari ad ottenere un rinforzo. Tolman parla di comportamentismo intenzionale perché i comportamenti sono fatti intenzionali dettati da una volontà. Infine Toleman parla di variabili indipendenti, variabili dipendenti legate al risultato che i topi esibiscono nell'esperimento e variabili intervenienti che si propongono tra quelle indipendenti e dipendenti. 5.7.2 ALBERT BANDURA Deve la sua fama ad una serie di esperimenti sull'apprendimento per imitazione e sull aggressività che la che lo portano a formulare la teoria dell'apprendimento sociale di stampo comportamentista. Esperimenti con la bambola Bobo Dai risultati di questi esperimenti emerge che: - i maschi risultano più aggressivi delle femmine dal punto di vista fisico mentre dal punto di vista verbale il livello di aggressività è identico; - quando un bambino osserva un modello aggressivo del proprio sesso tende ad essere maggiormente aggressivo; - un modello aggressivo tende ad essere giustificato e imitato dai bambini quando questi si trovano in uno stato di irritazione. Questi risultati aprono le porte al concetto di apprendimento osservativo un tipo di apprendimento avviene osservando un modello. Apprendimento osservativo L'apprendimento osservativo o vicario è sicuramente il punto centrale della teoria dell'apprendimento sociale. Volendo far replicare ad un soggetto un determinato comportamento risulta più immediato fargli apprendere il comportamento dall'osservazione di qualche altro soggetto che lo mette in atto. Bandura chiama questa procedura modeling che si riferisce proprio all'azione di osservare un modello di comportamento e di conformarsi ad esso. Lo stimolo che viene fornito al soggetto per replicare il comportamento può essere di tre tipologie: - l'osservazione fisica diretta di un modello; - la descrizione verbale di un comportamento; - la rappresentazione pittorica o simbolica ossia l'uso di immagini disegni e filmati per illustrare un determinato comportamento. Il processo di apprendimento osservativo viene suddiviso in tali fasi: - processi di attenzione; - processi di ritenzione; - processi esecuzione; - processi motivazionali e di rinforzo. Bandura parla anche di determinismo reciproco cioè l'ambiente e la persona influenzano il comportamento e quest'ultimo influenza gli aspetti interni della persona e l'ambiente circostante. 5.7.3 BENJAMIN S. BLOOM Lo psicologo e pedagogista statunitense parla di Mastery Learning, espressione che può essere tradotta come apprendimento per padronanza. L'attitudine è definita come l'ammontare di tempo richiesto dallo studente per raggiungere la padronanza di un apprendimento. E’ espressa in termini di tempo necessario per apprendere un qualsiasi contenuto complesso o basilare che sia. Per padroneggiare un argomento studenti con un'attitudine minore hanno bisogno di tempo maggiore e rispetto agli studenti con attitudine maggiore. Un problema fondamentale per elaborare una strategia di Mastery Learning è trovare il modo di ridurre la quantità di tempo richiesta dallo studente più lento per apprendere in maniera soddisfacente un argomento. E’ possibile che il tempo diminuisca se si fornisce un ambiente appropriato ed esperienze di apprendimento efficaci. La qualità dell'istruzione si esprime in termini di livello con il quale la presentazione e spiegazione e organizzazione dei contenuti di apprendimento si avvicinano alla condizione ottimale per uno studente. Pertanto la qualità non è espressa in termini di buoni o cattivi docenti o di materiali: ciascuno studente può trovare un particolare docente o libro o materiale adeguato al proprio stile di apprendimento. L'abilità nel comprendere l'istruzione può essere definita come abilità di un apprendente di comprendere la natura del compito assegnato e il docente può adottare diverse metodologie e strumenti per adeguare l’istruzione ai singoli: - i gruppi di studio, il tutor che cura lo sviluppo dell'alunno, il libro di testo, i quaderni di lavoro, le schede esercitative e il software di istruzione programmata ma anche materiale audiovisivo e giochi educativi. La perseveranza è intesa come il tempo che il discente è disposto a spendere per apprendere un determinato argomento e si tratta di un parametro cruciale. Infine, il tempo a disposizione per l'apprendimento è l'ultima variabile critica del Mastery Learning. La procedura del Mastery Learning prevede che un corso di studi di una disciplina sia frammentato in piccole unità di apprendimento. Al termine di ciascuna unità ci deve essere un processo che Bloom chiama valutazione formativa: questo tipo di valutazione è parte integrante del processo di insegnamento apprendimento, pertanto, si distingue dalla valutazione sommativa. Mentre quest'ultima è una valutazione finale, la valutazione formativa viene attuata in itinere durante lo svolgimento del corso di studio. L'esito di una valutazione formativa è di indicare se sia stata raggiunta o meno la padronanza; nel caso in cui ciò non accada la valutazione formativa deve indicare quali sono i punti critici. I risultati di una procedura di Mastey Learning sono di carattere diverso: innanzitutto ci sono risultati cognitivi e poi ci sono risultati di carattere affettivo nei confronti della disciplina (la padronanza della stessa accende un interesse spontaneo dello studente). Il Mastery Learning è una procedura di apprendimento che può essere inquadrata nell'ambito del comportamentismo. Questo per diversi motivi come la riduzione dei contenuti da apprendere in unità elementari conduce alla pratica diffusa tra i comportamentisti di scomporre i comportamenti in unità elementare; il paradigma stimolo - risposta – rinforzo; alcune metodologie che comportano la ripetizione dell'unità. Bloom nel 1956 pubblica Handbook I: Cognitive Domain: si tratta di un'opera in cui viene proposta una tassonomia cioè una classificazione degli obiettivi educativi, in particolare questo volume si concentra sugli obiettivi educativi del dominio cognitivo che hanno a che fare con aspetti della conoscenza. Il dominio cognitivo viene suddiviso nei seguenti obiettivi didattici: conoscenza, comprensione, applicazione, analisi, sintesi, valutazione (nell'ordine dal più semplice al più complesso). Nel 1964 invece viene pubblicato Handbook II: The Affective Domain in cui vengono trattati gli obiettivi educativi del dominio affettivo in cui rientrano gli interessi, desideri e attitudini. Infine, il dominio psicomotorio riguarda le abilità di carattere fisico e la manipolazione e l'uso di strumenti e oggetti, anche se questa area non è stata analizzata profondamente da Bloom. 5.8 IL COGNITIVISMO sull’ambiente in maniera attiva. Pertanto, si introduce un nuovo concetto molto importante, che è quello di azione. L’azione può essere di due tipi: - reale : cioè dotata di una vera e propria realtà fisica (manipolare un oggetto, tirarlo a sé, il lanciarlo); - interiorizzata : cioè un’azione mentale, non prodotta dal corpo ma dalla mente e di conseguenza non agisce sugli oggetti ma sulle loro rappresentazioni. La conoscenza viene costruita dal soggetto: essa rappresenta una rappresentazione della realtà fatta dal soggetto, è frutto di un’azione che il soggetto compie in prima persona. L’apprendimento per Piaget è quindi un atto creativo. Gli invarianti funzionali Esistono degli invarianti funzionali che governano tutte le azioni degli individui e che non cambiano le loro caratteristiche di funzionamento durante lo sviluppo della persona. Un primo invariante funzionale è il principio di organizzazione. L’organismo fisico tende a crescere (evolversi) in modo che le strutture siano in armonia coerente tra loro (sviluppo del sistema nervoso, muscolare, circolatorio). Un secondo invariante funzionale è il principio di adattamento: il soggetto è in continuo adattamento con l’ambiente esterno che può determinare la comparsa di un bisogno di natura fisica (mangiare o dormire) o di natura intellettiva (conoscere). L’adattamento avviene tramite due processi: - assimilazione : quando nuove conoscenze o esperienze vengono assimilate; - accomodamento : quando nuove conoscenze non possono essere inquadrate nelle strutture esistenti. Questi due processi sono complementari e l’equilibrio tra essi dà luogo all’adattamento che per Pieget è sinonimo di intelligenza o di comportamento intelligente. Le strutture variabili Agli invarianti funzionali si contrappongono le strutture variabili che sono tali perché progressivamente modificate dai primi. Le strutture caratteristiche delle prime fasi evolutive sono chiamate schemi. Le prime strutture cognitive del neonato sono chiamate schemi d’azione e coinvolgono la sensazione, la percezione e la motricità. I primi schemi d’azione sono i riflessi. Successivamente, gli schemi d’azione diventano schemi mentali fino a diventare strutture mentali vere e proprie. Lo sviluppo come equilibrio In tema di sviluppo Piaget ha proposto una gerarchia degli stadi di sviluppo della vita psichica in correlazione con il contesto sociale e culturale in cui l’individuo vive. Piaget individua gli stadi dello sviluppo, ciascuno dei quali può dividersi in più sotto-stadi: - lo stadio senso-motorio : dalla nascita ai due anni e si suddivide in sei sotto stadi, ciascuno caratterizzato da strutture semplici definite schemi. 1) Il primo sotto-stadio copre il primo mese di vita, periodo in cui le strutture cognitive sono semplici schemi che si possono definire riflessi. Esempio di riflessi sono “rooting”, con cui il bambino volge il viso nella direzione del dito che si poggia sulla sua guancia o all’estremità delle sue labbra. 2) Il secondo sotto-stadio va da uno a quattro mesi. Il neonato fa le prime coordinazioni di schemi chiamate reazioni circolari primarie. Non si tratta di riflessi innati ma di una forma di apprendimento. Per esempio, la coordinazione mano – bocca o vista – udito. 3) Il terzo sotto-stadio va dai 4 agli 8 mesi e si caratterizza per la comparsa delle reazioni circolari secondarie. Si tratta di schemi coordinati che sono ripetuti per diletto e per definire le abilità senso-motorie. Per esempio, lo scuotimento casuale di un sonaglio che emette rumore; l’azione viene poi ripetuta. 4) Il quarto sotto-stadio va dagli 8 ai 12 mesi ed è caratterizzato dal coordinamento delle reazioni circolari secondarie, in schemi (o strutture) ancora più complessi. In pratica, le azioni vengono compiute per raggiungere un fine, un risultato. In questa fase si sviluppa il concetto importante della permanenza dell’oggetto, cioè il bambino considera gli oggetti come permanenti, cioè esistenti anche se scompaiono dal campo d’azione. Dal punto di vista del linguaggio, invece, il bambino inizia a pronunciare sequenze di sillabe, come nanana. 5) Il quinto sotto-stadio va dai 12 ai 18 mesi ed è caratterizzato dalle reazioni circolari terziarie. Il bambino modifica gradualmente le azioni che ha imparato a svolgere (che hanno delle finalità) per osservare l’effetto generato dalle modifiche. In questa fase si sviluppa il linguaggio olofrastico: vengono pronunciate le prime parole che, però, hanno il significato di un’intera frase. Ad esempio, pappa che significa voglio la pappa. 6) Il sesto sotto-stadio va dai 18 ai 24 mesi. In questo periodo emerge la funzione simbolica che permette di realizzare rappresentazioni mentali, che sono immagini di oggetti o di azioni che il bambino crea mentalmente. La rappresentazione mentale di azioni osservate in passato permette l’affiorare di due particolari attività: - La ripetizione in differita di azioni che il bambino ha visto compiere agli adulti o ad altri bambini, come lamentarsi e fare i capricci. Questa rappresentazione è possibile solo se si ha una rappresentazione mentale. - Il gioco di finzione . Quando, ad esempio, il bambino canta la ninna nanna a una bambola, è perché lo ha visto fare ai genitori. La funzione simbolica viene spesso chiamata anche funzione semiotica, in quanto delinea bene la distinzione tra significato e significante. Il significante è l’oggetto tramite il quale si vuole rappresentare una cosa o un’azione; queste ultime due rappresentano il significato. Per esempio, il linguaggio è costituito da significanti (le parole) che hanno dei significati (si riferiscono ad oggetti e azioni). - Lo stadio preoperatorio Questo stadio va dai 2 ai 7 anni e si suddivide in: 1) Il primo sotto-stadio è rappresentato dalla fase preconcettuale o del pensiero simbolico che va dai 2 ai 4 anni. In essa si delinea definitivamente la funzione simbolica che permette lo sviluppo del linguaggio. 2) Il secondo sotto-stadio è costituito dalla fase del pensiero intuitivo e va dai 4 ai 7 anni. In questa fase il bambino usa un ragionamento di tipo intuitivo, basato sulla percezione dei fatti osservati e una valutazione di questi. Si è detto che durante lo stadio preoperatorio il bambino è ormai in grado di creare molteplici rappresentazioni e immagini mentali di azioni. Tuttavia, queste rappresentazioni mantengono ancora due limiti. Limite 1 Quando il bambino osserva degli eventi e li associa a qualcosa che ha già compiuto o che ha visto compiere agli altri, nasce in lui il fenomeno dell’egocentrismo del pensiero o egocentrismo intellettuale. Il pensiero egocentrico e intuitivo scaturisce particolari aspetti che caratterizzano il comportamento del bambino: animismo (bambino attribuisce un’anima agli oggetti) o artificialismo (pensare che gli elementi naturali siano frutto della fabbricazione dell’uomo) e finalismo (qualsiasi fenomeno ha uno scopo preciso). Limite 2 Il pensiero del bambino ha la caratteristica dell’irreversibilità, ossia non ha la capacità di portare il processo indietro al punto di partenza. Un primo esperimento mette in evidenza la non conservazione della quantità (di liquido). Un secondo esperimento, invece, mette in evidenza la non conservazione del numero. Sebbene si osservino dei limiti, lo stadio preoperatorio vede la conquista di due importanti concetti. Il primo è quello di identità e il secondo è quello di funzione, cioè la capacità di mettere in relazione due grandezze, anche in modo approssimato. - Lo stadio delle operazioni concrete Va dai 7 ai 12 anni. Il ragionamento logico è più importante di quello intuitivo, di conseguenza il bambino riesce a compiere operazioni logiche. Le operazioni si riuniscono in raggruppamenti. Ecco alcuni esempi: - Operazioni di classificazione e inclusione gerarchica o addizione. Il bambino comprende il significato di una classe più ampia e di sottoclassi che le appartengono; - Operazioni di moltiplicazione di classi. Classi di forma differente (cubi, sfere, ecc.) e classi di colore differente (blu, giallo, ecc.); - Operazioni di seriazione additiva. Il bambino è in grado di mettere in ordine, secondo una classificazione specifica, un insieme di oggetti: ad esempio, ordinare in base alla lunghezza una serie di bastoncini. - Operazioni di seriazione moltiplicativa. Il bambino ordina di oggetti in base a due caratteristiche contemporaneamente. quotidiana. Sono facilmente riconducibili ad un uso empirico. Per arrivare ad un concetto spontaneo, il percorso parte dalla cosa per arrivare ad un concetto, dal basso verso l’alto. Il passaggio dal concetto spontaneo a un concetto astratto può avvenire solo quando il concetto spontaneo diventa maturo nell’esperienza del bambino. L’equivalenza tra immaginazione e sistema di regole I giochi fatti dai bambini in età prescolare sono considerati da Vygotskij come giochi di immaginazione, dove il bambino immagina di essere qualcuno. Tuttavia, seppur immaginari, questi giochi riproducono situazioni che il bambino ha visto nella realtà. Inoltre, Vygotskij afferma che dove c’è una situazione immaginaria di gioco, allora ci sono delle regole, dettate dalla situazione immaginaria stessa: non è possibile pensare ad un bambino che gioca in una situazione immaginaria senza regole. Le regole, tuttavia, sono diverse da quelle della situazione reale. Nel gioco, è il bambino ad autodeterminarle. Inoltre, il gioco determina una vasta zona di sviluppo prossimale in quanto il bambino assume ruoli al di sopra della sua età (ruoli da adulto, maestro, dottore) e agisce con dinamiche che sono più complesse di quelle della sua vita reale perché inverte i rapporti di significato-oggetto. L’evoluzione del gioco Vygotskij traccia le tappe evolutive del gioco: 1) La prima tappa è caratterizzata dal gioco in età prescolare. Si tratta di un gioco di immaginazione, le regole sono nascoste ma vincolano il comportamento del bambino. 2) In seguito, il gioco evolve verso una realizzazione conscia del suo scopo. In questo caso, le regole sono chiare e conosciute da tutti i partecipanti. Col progredire dell’età, si affrontano giochi nei quali le regole sono sempre più evidenti e complesse. 5.8.5 JEROME S. BRUNER Studioso americano che ha molto contribuito alla psicologia cognitiva. Il pensiero narrativo La narrazione secondo l’autore è uno dei meccanismi piscologici più importanti, soprattutto durante l’infanzia e riveste un ruolo importante nello scambio sociale perché ha valenza emotiva e conoscitiva. Le proprietà principali della narrazione sono: - Particolarità e concretezza; - Intenzionalità: i protagonisti compiono azioni perché mossi da scopi; - Opacità referenziale: la narrazione ha valore in quanto rappresentazione; - Componibilità ermeneutica: gli eventi di una storia possono essere compresi unicamente se in relazione al più generale contesto che li contiene; - Violazione della canonicità: nella narrazione c’è l’imprevisto, una rottura della normalità; - Composizione pentadica: una narrazione ben formata è comporta da 5 elementi (attore, azione, scopo, scena, strumento); - Incertezza: la narrazione si svolge secondo un livello di realtà incerto; - Appartenenza ad un genere. New look on perception Si tratta di una nuova corrente psicologica: un nuovo sguardo sulla percezione o semplicemente “new look”. Essa intende la percezione e gli altri processi mentali come processi attivi, nei quali concorrono anche i bisogni, le motivazioni e gli stati emotivi di un soggetto. Bruner parla di due fattori determinanti della percezione: - Fattori autoctoni rappresentati dalle proprietà del sistema nervoso e sono fattori di carattere medico, fisico e chimico; - Fattori comportamentali , che rappresentano le funzioni adattive dell’organismo come l’apprendimento, la motivazione e i bisogni sociali. La teoria dello sviluppo cognitivo Per questa teoria Bruner parte dai pensieri di Piaget (sviluppo del bambino è di carattere biologico e naturale) e di Vygotskij (lo sviluppo è determinato da fattori culturali e storici oltre che biologici). Per Bruner lo sviluppo cognitivo può essere spiegato tramite il concetto di rappresentazione con cui egli intende una modalità di elaborazione delle informazioni che provengono al soggetto dall’ambiente circostante, un sistema di codifica. Esistono 3 modalità di rappresentazione: - Rappresentazioni esecutive (o attive ) sono le prime ad emergere e svilupparsi nel primo anno di vita e sono simili agli schemi di azione di Piaget; - Rappresentazioni iconiche nascono nel secondo anno di vita e avvengono sotto forma di immagini, un esempio è un dipinto conosciuto. - Rappresentazioni simboliche che si originano più tardi delle altre e sono codifiche basate sul linguaggio e su altre basi astratte (simboli, segni). Per esempio, i simboli matematici o formule dei composti chimici. La formazione delle categorie e dei concetti L’essere umano viene in contatto con oggetti, eventi, fenomeni, azioni e accumula informazioni su di loro e li associa o li separa in base a caratteristiche. Questo processo viene definito categorizzazione e serve per creare delle categorie. Pertanto, una categoria è una collezione di oggetti a cui viene dato un nome. Le caratteristiche di questi oggetti si chiamano attributi. Esistono gli attributi ricorrenti o rilevanti che determinano l’inserimento dell’oggetto nella categoria e gli attributi irrilevanti che non contribuiscono alla categorizzazione. Il concetto rappresenta una struttura cognitiva, una rappresentazione mentale astratta della categoria. Il concetto aiuta l’uomo a ragionare in astratto. Nell ‘opera A study of Thinking Bruner studia il processo di categorizzazione e la formazione dei concetti. La conferenza di Woods Hole Nel 1959 viene organizzata a Woods Hole (Massachusetts) una conferenza nella quale si discutono gli eventuali limiti e problemi educativi del sistema americano che possono aver causato quel divario tecnico-scientifico nei confronti dei sovietici. Nel 1960 Bruner pubblica l’opera The process of education, frutto degli esiti della conferenza a Woods Hole e destinata ad essere pietra miliare in ambito educativo. La struttura delle discipline Bruner parte dall’idea che occorre apprendere ciò che sarà utile in futuro. Questo è possibile in due modi: 1) Se si tratta di un’abilità specifica, esso diventa applicabile a compiti che sono molto simili a quelli per i quali si è acquisito l’apprendimento. In questo caso si parla di transfer specifico. 2) Se si tratta di un principio, di un’idea fondante, capace di far maturare un’attitudine generale, allora si parla di transfer non specifico. Molto importante per Bruner. Un aspetto in comune a tutte le discipline insegnate negli USA è la struttura, con la quale si intende un nucleo di idee chiave, di conoscenze fondanti, alla base della comprensione degli aspetti della disciplina stessa. Alla base della struttura ci sono anche le relazioni che legano i principi fondanti. Quindi la struttura di una disciplina è formata dal nucleo delle sue idee fondanti e dalle relazioni che legano queste idee: farla comprendere ad un alunno significa favorire il transfer non specifico. Infatti, il pensiero educativo di Bruner viene definito strutturalismo. Inoltre, Bruner sostiene che saper padroneggiare le idee fondamentali di un campo della conoscenza permette anche lo sviluppo di attitudini, cioè propensioni verso un certo comportamento che Bruner definisce formativo e costruttivo. L’insegnamento della struttura ha una serie di vantaggi: comprendere, ricordare, trasferire, collegare. Il curricolo a spirale Bruner elabora il concetto di readiness for learning (prontezza all’apprendimento). Un argomento fondante di una disciplina può essere presentato in forma semplice, nelle scuole di grado inferiore. Questo fatto rende pronto il bambino a cogliere il significato complessivo di questo argomento quando verrà riproposto. Partendo da questa idea, è possibile definire un curricolo a spirale, così detto perché inizialmente presenta le idee chiave in modo semplice e intuitivo, ma periodicamente torna su tali idee, rivisitandole in forma diversa, sempre più elaborata e facendo leva su rappresentazioni sempre più formali e simboliche. Pensiero intuitivo e analitico Il pensiero analitico procede, di solito, un passo alla volta. Chi pensa in modo analitico ha piena consapevolezza delle procedure che usa per risolvere un problema. La procedura caratteristica del pensiero analitico è l’algoritmo, definito come una sequenza di operazioni da attuare in maniera rigida per raggiungere una soluzione. Il pensiero intuitivo, invece, non avanza in modo definito ma si basa su una visione complessiva del problema. Chi pensa in questo modo, trasmette ad un altro individuo con maggiore difficoltà le modalità con cui è giunto ad una soluzione. Caratteristica del pensiero intuitivo è la procedura euristica che prevede un procedere per tentativi, affidandosi Nella RAM sono contenute le informazioni che la CPU elabora mediate i programmi. Sono importanti anche le memorie di massa (hardisk, chiavi USB, supporti CD e DVD), nelle quali vengono memorizzati i programmi utilizzati da RAM e CPU e i dati prodotti dall’elaborazione. Il software invece è costituito dai programmi. L’uomo può essere paragonato ad un calcolatore che riceve informazioni provenienti dall’esterno (input), le elabora nella propria mente e, a sua vola, produce azioni che hanno effetto sull’ambiente esterno (output). Queste informazioni possono essere organizzate in modo coerente e diventano programmi, ossia compiti (istruzioni) che l’uomo riesce a svolgere. 5.9.1 LA MEMORIA E LE FASI DI ELABORAZIONE MNESTICA La memoria può essere paragonata ad un enorme archivio all’interno del quale l’individuo può conservare tracce della propria esperienza passata e delle conoscenze acquisite. Tale archivio non ha caratteristiche statiche e passive ma può essere definito come un costruttore attivo di rappresentazioni sul mondo. In tal senso, la memoria è considerata ricostruttiva e non riproduttiva nella sua modalità di funzionamento. La natura ricostruttiva della memoria trova un riscontro empirico negli studi che hanno evidenziato il fenomeno del riconsolidamento mnestico, secondo cui i ricordi una volta recuperati divengono suscettibili di essere rielaborati e quindi immagazzinati nuovamente mediate una nuova traccia mnestica. Si tratta di un processo di elaborazione attiva che assume particolare rilevanza clinica. La letteratura scientifica descrive 3 fasi principali dei processi di elaborazione mnestica: 1) Fase di codifica : si riferisce al modo in cui l’informazione viene inserita nel contesto di informazioni precedenti; 2) Fase di ritenzione e consolidamento : il ricordo viene consolidato e stabilizzato in modo che possa essere recuperato a lungo termine; 3) Fase di recupero : consiste nel recuperare il ricordo dalla memoria a lungo termine alla memoria di lavoro affinché venga utilizzato. La memoria a breve termine ha il compito di trasformare le informazioni dei registri sensoriali in informazioni stabili. 5.9.2 I PRINCIPALI MODELLI TEORICI SULLA MEMORIA 1) il modello multi-magazzino di Atkinson e Shiffrin: il modello viene anche detto multi- store model, in quanto descrive il funzionamento della mente umana tramite un sistema di tre magazzini o memorie. Ciascuna di queste memorie ha tre aspetti: la funzione, la capacità e il tempo. Tale modello definisce l’esistenza di tre tipi di memoria: - memoria sensoriale: ha una grande capacità perché riesce a contenere tutti gli stimoli che allo stesso tempo giungono dall’esterno. È organizzata in registri sensoriali (importante è il registro uditivo e visivo). Per questo si parla di memoria sensoriale visiva e memoria sensoriale ecoica (che corrisponde alla traccia lasciata dai suoi). - Memoria a breve termine: detta anche memoria di lavoro. Contiene le informazioni per poco tempo. - Memoria a lungo termine: è un archivio avente capacità quasi illimitata, dove sono conservate tutte le esperienze e le conoscenze acquisite nel corso della vita. Troviamo la memoria esplicita (detta anche memoria dichiarativa) e memoria implicita (detta anche memoria procedurale). La memoria esplicita comprende tutto ciò che può essere descritto consapevolmente dal soggetto ed è suddivisa in memoria episodica (contenuti hanno valore specifico per ogni individuo), semantica (parte della memoria in cui sono immagazzinati concetti e schemi) e autobiografica (Tulving). La memoria implicita, invece, contiene abilità motorie, percettive e cognitive: si utilizza nel momento in cui dobbiamo fare una semplice attività quotidiana diventata routine. Definita da Gilbert Ryle come “sapere come” (knowing how). I sistemi di memoria impliciti (o non dichiarativi), rispetto a quelli della memoria esplicita (o dichiarativa), si caratterizzano per il fatto che non richiedono la coscienza per essere scritti o registrati. 2)il modello di Baddeley e Hitch: il modello di memoria di lavoro o working memory (WM). Si tratta di una forma di memoria a breve termine che mantiene una quantità limitata di informazioni in un tempo limitato. 3) il modello di Meacham e Singer (1977): la memoria prospettica fa riferimento ai processi e alle abilità utilizzate nel ricordo di intenzioni che devono essere realizzate nel futuro; si intende il ricordarsi di portare a termine quelle intenzioni che, per diverse ragioni, non possono essere realizzate nello stesso momento in cui vengono formulate. 5.9.3 LE BASI NEURONALI DEI PROCESSI MNESTICI Da questi studi è emerso che le strutture maggiormente responsabili nei processi mnestici sono l’ippocampo e l’amigdala, due strutture sottocorticali nel lobo temporale. L’ippocampo gioca un ruolo primario nella formazione della memoria a breve termine. L’amigdala consente il controllo dell’informazione sensoriale e l’attribuzione di un particolare significato affettivo e/o emotivo a tale informazione. Al mancare di queste strutture, si realizzano vere e proprie perdite di memoria. 5.10 APPROCCIO E METODO METACOGNITIVO L'attività metacognitiva è un'attività di autoriflessione che accompagna quella cognitiva e ha il compito di renderla più consapevole, di monitorarla e valutarla al fine di garantire un apprendimento più efficace. L'obiettivo è quello di sviluppare negli alunni abilità di riflessione sulle proprie modalità di apprendimento, mediante l'uso di strategie auto valutative. Le fasi dell'attività metacognitiva Le fasi sono: 1) Comprendere la natura del compito : in questo caso si parla di metacomprensione. Se la comprensione è indice dell'aver capito che cosa svolgere, la metacomprensione è un'attività che consiste nel valutare coscientemente il livello di comprensione del compito (“il capire di aver capito”). Nel 1977 Ellen M. Markman nel suo articolo Realizing That You Don’t Understan: A Preliminary Investigation, ha messo in evidenza come i bambini in età prescolare o nei primi due anni della scuola primaria siano in grado di comprendere alcuni compiti da svolgere. Tuttavia, per gli stessi compiti, i bambini mostrano scarse abilità sul piano della metacomprensione. Furono proposte due attività ai bambini: la prima riguardava lo svolgimento di un gioco e la seconda era un trucco di magia. I bambini di prima e anche di seconda hanno capito quali erano le azioni da svolgere come per esempio girare le carte, ma non hanno svolto nessuna attività metacognitiva prima del compito: non si chiedono cioè se siano in grado di giocare o di spiegare il trucco. I bambini di terza, invece, chiedono ulteriori spiegazioni alla maestra prima di iniziare mostrando un approccio volto alla meta comprensione del compito. 2) Gestire e distribuire il tempo disponibile : è importante avere tempi prefissati e scadenze ma anche individuare le giuste strategie per svolgere il compito. Parliamo della metamemoria. Flavell individua due componenti principali della metamemoria. La prima è presente già nei bambini di tre anni e riguarda la capacità di distinguere quei compiti che richiedono l'uso della memoria in modo consapevole e gli altri che non lo richiedono. La seconda componente di metamemoria è invece costituita dalla conoscenza dei fattori che ostacolano o facilitano il compito di memorizzazione: tra questi, in particolare, troviamo le caratteristiche della persona, del materiale, del compito. Le caratteristiche della persona riguardano sia le caratteristiche della memoria di lavoro che sono comuni a tutti sia le caratteristiche specifiche di ogni essere umano. 3) Prevedere gli esiti : incide sulla scelta della strategia da attuare e sui tempi da adottare; 4) Controllare l’esecuzione : durante l’esecuzione di un compito, le principali attività metacognitive possono essere legate al monitoraggio, al controllo e alla regolazione dello stesso. Monitorare un compito significa chiedersi a che punto del compito si è rispetto alla conclusione dello stesso; controllare un compito significa, invece, fare un’analisi nel merito di ritardi o anticipi sull’esecuzione del compito stesso. Infine, regolare un compito significa modificare i passaggi nei quali si articola in termini di tempi, attività svolte e risorse. 5) Valutare il risultato : occorre chiedersi se si è ottenuto quello che si era programmato. 5.11 IL COSTRUTTIVISMO Il costruttivismo è considerato il punto di arrivo delle precedenti teorie dell’apprendimento, come il comportamentismo e il cognitivismo. Esso ipotizza una serie di strutture psichiche che permettono di costruire un modo personale di interpretare la realtà. Secondo i teorici del costruttivismo, la realtà è soggettiva e conoscerla vuol dire agire su essa. Ciascun individuo, tramite la propria visione della realtà, riesce a decodificarla e a darle un senso, apprendendo quindi dall’interazione con l’ambiente. 5.11.1 I COSTRUTTIVISMI Piaget, Vygotskij e Bruner sono considerati i precursori del costruttivismo. Il concetto costruttivista di accomodamento prevede che un bambino sia in grado di imitare il comportamento altrui per modificare il proprio. Chiari e Nuzzo ritengono che questo movimento sia un ponte tra le correnti del realismo e nominalismo. Il realismo stabilisce che gli oggetti materiali esistono come realtà esterna e indipendentemente dalla nostra esperienza; il nominalismo, invece, stabilisce che non esiste 11) Il corollario della socialità afferma che se una persona contribuisce a costruire i processi di costruzione di un'altra persona, allora la prima persona può giocare un ruolo nei processi sociali che coinvolgono la seconda. 5.11.4 ERNEST VON GLASERSFELD Il suo approccio al costruttivismo è radicale e per fare questo parte dall’epistemologia genetica di Piaget. Il costruttivismo radicale Il costruttivismo radicale parte dall’assunto che la conoscenza è sempre frutto dell’esperienza personale, così come rielaborata dalla mente della persona. Le esperienze però, seppur fatte su realtà concrete, hanno una loro essenza soggettiva: non è scontato che lo stesso tipo di esperienza, fatto da due persone diverse, sia metabolizzato allo stesso modo nei due soggetti. Lo stesso vale per il linguaggio perché l’esperienza personale da alle espressioni e alle parole significati diversi a seconda del soggetto che ne fa uso. Il costruttivismo radicale propone un modello ipotetico di realtà che si rivela utile. L’educazione costruttivista Nel suo articolo Cognition Construction Of Knowledge And Teaching (1988), il filosofo analizza le implicazioni del costruttivismo nel campo dell'educazione. Un primo aspetto è la distinzione tra addestramento e apprendimento: l'addestramento pone l'attenzione su che cosa è utile saper fare e si configura come l'acquisizione di abilità, cioè la capacità di svolgere un esercizio fisico o mentale. L'apprendimento, invece, mette in rilievo che è importante conoscere e comprendere a fondo i concetti con cui veniamo a contatto e si riferisce alla costruzione di una conoscenza. Riguardo alla conoscenza un elemento importante è l'uso delle parole cioè il linguaggio scritto e parlato: infatti non è detto che la conoscenza possa essere trasferita sempre con l'uso delle parole perché molto spesso la spiegazione verbale di un problema non porta alla conoscenza. Inoltre, la conoscenza è acquisita in modo attivo perché la nuova esperienza deve essere assimilata nelle strutture preesistenti, al fine di creare una nuova conoscenza. Solo in questo modo l'individuo torna in equilibrio con l'ambiente esterno. In base a questa idea, il docente costruttivista favorisce la creazione di gruppi di apprendimento o gruppi di studio: in essi due o tre studenti discutono approcci e soluzioni ad un problema, senza che il docente si intrometta. Infine, il filosofo riguardo alla motivazione afferma che occorre lavorare in due direzioni: nell'ambito dell'addestramento non è difficile creare motivazione per l'alunno in quanto egli riconosce subito l'utilità di ciò che sta apprendendo. Per l’apprendimento, invece, la difficoltà è maggiore perché lo studente deve percepire il vantaggio di usare modelli concettuali che hanno un vasto ambito di applicazione rispetto a strumenti apparentemente più utili ma più limitanti. 5.11.5 HUMBERTO MATURANA È un biologo cileno. L’autopoiesi e i sistemi viventi Per Maturana la definizione di essere vivente deve partire dal concetto di sistema, come entità costruita da alcune parti che sono in relazione tra loro e permettono di vedere tale sistema come una unità organizzata. Un esempio di organizzazione vivente è la cellula perché è dotata di una rete di reazioni chimiche che produce molecole, le quali a loro volta, si uniscono al sistema di reazioni chimiche che le ha prodotte per crearne di nuove. L’organizzazione che caratterizza le componenti di un sistema vivente è anche detta organizzazione autopoietica. Il termine autopoiesi significa letteralmente auto-creazione. La coevoluzione e la conoscenza Si parla di coevoluzione perché gli organismi viventi e l’ambiente circostante si adattano continuamente e reciprocamente. La coevoluzione coinvolge le specie, ma anche l’ambiente. Questo concetto è chiamato accoppiamento strutturale e indica che sia l’ambiente sia l’organismo interagiscono tra loro e danno vita ad una continua storia di evoluzione. Per quanto riguarda la conoscenza, bisogna affermare che la conoscenza umana non è l’unico tipo possibile. Anche le piante, i batteri o gli animali apprendono adattandosi alla realtà circostante. Vi sono due livelli di apprendimento: il primo è di carattere ontogenico, cioè si riferisce allo sviluppo di ogni singolo essere vivente; il secondo è di tipo filogenetico e si riferisce ai comportamenti istintivi, caratteristiche tipiche che sono comuni a tutti gli organismi di una specie. Il Multiverso Maturana è stato studiato da Vincent Kenny. Un concetto fondamentale del costruttivismo di Maturana è il Multiverso, una visione della realtà opposta al concetto di Universo. L’esistenza di un Multiverso implica l’esistenza di molteplici realtà definite dalle esperienze di innumerevoli osservatori ciascuno dei quali legge la realtà circostante in modo a lui utile. Durante la sua esperienza, ogni osservatore porta in rilievo alcuni aspetti dell’ambiente circostante mediante delle distinzioni, che sono proprio delle caratteristiche dell’ambiente che l’osservatore adotta per interagire con esso. Il costruttivismo di Maturana non prevede nessuna esistenza di una realtà oggettiva: la realtà è solo ciò che ciascun osservatore mette in evidenza, creando delle distinzioni dell’ambiente circostante. 5.11.6 HEINZ VON FOERSTER Nel saggio On Costructing a Reality von Foester propone la sua definizione di processo cognitivo. Il fisico parte dall’assunto che cognizione vuol dire computare una realtà: ciascuno di questi tre termini merita osservazioni specifiche. Il processo cognitivo non è la descrizione di una realtà esterna che esiste in modo indipendente dall’osservatore, ma è un ciclo ricorsivo di computazioni (cioè di elaborazioni successive delle sensazioni iniziali) che sono opera dell’osservatore. In tal modo emerge la visione costruttivista di von Foerster. La percezione del futuro La conoscenza come processo La conoscenza è il processo che integra le esperienze passate e presenti con l’obiettivo di formulare nuove attività, siano esse di carattere interno all’individuo (come i pensieri e i desideri), siano esse manifestamente visibili all’esterno (come il linguaggio o il movimento). A tale proposito, von Foerster ricorda l’immagine dell’imbuto di Norimberga. Si tratta di una stampa del XVI secolo nella quale un insegnante è raffigurato mentre colloca un imbuto sulla testa di un bambino e in esso versa della “conoscenza” raccolta in un secchio. Questa conoscenza viene rappresentata con lettere e numeri. Non si deve pensare di aver risolto il problema della conoscenza racchiudendola in libri, filmati e lezioni che non rappresentano la conoscenza, ma solo un mezzo attraverso il quale mettere in atto il processo conoscitivo. L’uso del linguaggio Il linguaggio diventa il mezzo con il quale acquisire strutture e idee confezionate dagli altri. Il bambino associa le parole alle sue percezioni, alle sue esperienze: in questo caso si creano coppie del tipo “mela-mangiare”. E’ come se gli adulti avessero ormai perso il significato delle parole, il loro potere rappresentativo, e le avessero ricondotte ad oggetti formali che si possono catalogare secondo regole sintattiche apprese a scuola. La banalizzazione dell’istruzione Foerster parla di macchina, intesa come un’entità astratta che è in grado di svolgere alcune funzioni: essa riceve un input (stimoli, info in ingresso) e, dopo una fase di elaborazione, produce un output (info in uscita, le risposte). La macchina banale è caratterizzata da una relazione uno-a-uno tra l’input e l’output. Ad esempio, posso predisporre la macchina affinché allo stimolo A risponda B. Queste relazioni non cambiano e per questo la macchina è definita come sistema deterministico: se continuo a stimolare la macchina con A, riceverò sempre la risposta B. Per questo la macchina è un sistema prevedibile. La macchina non banale, invece, è caratterizzata da una relazione diversa tra input e output. Per lo stesso stimolo A, la macchina non risponde sempre B perché la risposta è frutto delle risposte date in precedenza. Per tale ragione, le macchine non banali non sono sistemi prevedibili e quindi difficilmente usate nella pratica. Le domande legittime e illegittime Le domande illegittime sono domande di cui si conosce già la risposta. Vengono definite in questo modo perché non ha senso proporle se già si conosce la risposta. Da questo si deduce che spesso il docente si aspetta dallo studente una pura riproduzione del sapere già conosciuto. Le domande illegittime non tramandano il sapere passato nel futuro, non aggiungono nulla al sapere complessivo. La nostra attenzione dovrebbe spostarsi sulle domande legittime, quelle degne di essere poste in quanto non se ne conosce ancora la risposta. Queste domande pongono lo studente in un atteggiamento di ricerca. La visione educativa costruttivista sostiene che l’educazione è una necessità non solo per il singolo, ma per l’intera comunità. Per far crescere la comunità, è necessario il contributo di tutti. Il percorso educativo è un percorso di scoperta e costruzione continua della conoscenza in modo vero e originale. 4) Educare all’identità terrestre : occorre mostrare come le singole parti del mondo siano diventate interdipendenti, senza nascondere le oppressioni che hanno devastato l’umanità e che non sono affatto scomparse; 5) Educare ad affrontare l’imprevisto : si dovranno insegnare strategie che permettano di affrontare i rischi, l’imprevisto e imparare a navigare in un oceano di incertezze fra alcuni arcipelaghi di certezze; 6) Educare alla comprensione : la reciproca comprensione fra gli uomini è oggi vitale per far uscire le relazioni umane dalle barbarie dell’intercomprensione che causano razzismo e violenza; 7) L’etica del genere umano : l’insegnamento deve portare alla costruzione di una antropoetica che faccia riferimento alla triplice condizione umana, cioè all’uomo come individuo, come società e come specie. CAPITOLO 6 – DEFINIRE E MISURARE L’INTELLIGENZA 6.1 L’INTELLIGENZA E LA STRUTTURA DEL CERVELLO Definizione di tipo generale: l’intelligenza è la capacità stessa di adattarsi all’ambiente. Definizione di tipo specifico: l’intelligenza è la capacità di comprendere e valutare una situazione, di risolvere un problema scegliendo i mezzi appropriati e di mettersi in discussione. Struttura del cervello - Neuroni e sinapsi. L’intelligenza ha sede nel cervello, detto anche “encefalo”. Il cervello è costituito da miliardi di neuroni (cellule specifiche del sistema nervoso). Ciascun neurone è collegato agli altri tramite sinapsi. Strutture celebrali - Inferiori: si trovano nella parte bassa del cervello e comprendono: 1) I circuiti del tronco cerebrale; 2) Il talamo; 3) L’ipotalamo e l’ipofisi; 4) Il cervelletto. - Centrali: queste strutture sono coinvolte nei meccanismi che mediano le emozioni, le motivazioni, e i comportamenti diretti a scopi specifici. Di queste strutture fanno parte: 1) Amigdala; 2) Lobo temporale mediale; 3) Ippocampo. - Superiori: costituiscono la corteccia celebrale detta anche neocorteccia. 6.1 LO STUDIO DELL’INTELLIGENZA Lo psicologo utilizza i test di abilità per lo studio delle differenze soggettive: i test attitudinali mirano a predire il successo in qualche attività, mentre i test di profitto misurano il livello delle capacità raggiunto dopo un periodo di addestramento. I più conosciuti tra i test attitudinali sono i test d’intelligenza, derivati dalle scale, elaborate in Francia nel 1905 da Alfred Binet a cui si deve il concetto di età mentale, in base al quale i ragazzi poco dotati dal punto di vista intellettivo furono considerati in ritardo nello sviluppo, mentre i bambini dotati dal punto di vista intellettivo furono considerati in anticipo. La revisione più conosciuta di questi test è quella messa in atto da Madison Terman che ha introdotto il concetto di quoziente d’intelligenza (Q.I.), indice usato per esprimere i risultati di un test d’intelligenza, dato dal rapporto tra età mentale ed età cronologica. Joy Paul Guilford ha inoltre differenziato una produzione divergente, il pensiero creativo, da una produzione convergente che sta nella soluzione logica per la formulazione dell’unica possibile riposta corretta. 6.2.1 MISURARE L’INTELLIGENZA EMOTIVA Il quoziente emotivo e i test di Reuven Bar-On Nel 1977 lo psicologo Reuven Bar-On ha messo a punto un test per valutare l’intelligenza emotiva (EQ-i test) e, più nello specifico, il funzionamento e il comportamento emotivo e sociale, in riferimento al concetto di “quoziente emotivo”, inteso come la capacità di prevedere le conseguenze delle scelte sul piano emotivo. Il quoziente emotivo va valutato sulla base di 5 aree: - Area intrapersonale: la capacità di esprimere ciò che siamo; - Area interpersonale: consapevolezza sociale; - Area della gestione dello stress; - Area dell’adattabilità: capacità di gestire il cambiamento; - Area dell’umore generale: capacità di automotivarci. Altri test per valutare la misurazione dell’intelligenza emotiva Il Reading the Mind in the Eyes test, detto anche Test degli Occhi (TDO) è uno tra i maggiori test utilizzato per valutare l’intelligenza emotiva, nello specifico la capacità di riconoscere e comprendere lo stato mentale delle altre persone. Elaborato da Simon Baron-Cohen nel 1997. La scala di abilità MSCEIT – prende il nome dagli psicologi che l’hanno elaborata – consente di valutare come le persone svolgono compiti e risolvono problemi emotivi. 6.2.2 MISURARE L’INTELLIGENZA CREATIVA Il Test of Divergent Thinking di Williams (TDT) Tradotto in italiano, si tratta del Test della Creatività e pensiero Divergente elaborato da Frank Williams. Attraverso l’analisi di 4 fattori cognitivo-divergenti del pensiero creativo e di 4 fattori emotivo-divergenti della personalità creativa, con questo test viene stilato un profilo accurato della creatività dei bambini e ragazzi ma anche per genitori e insegnanti. Il Torrance Test (TTCT) TTCT (Torrance Test of Creative Thinking) è stato ideato da Ellis Paul Torrance. Il test mira alla misurazione delle abilità di pensiero creativo e di problem solving attraverso l’esame di fluency, flexibility ed elaboration. Il test dei “nove punti neri” di Watzlawick Paul Watzlawick ha elaborato un problema noto come dei “nove punti neri”, consistente nell’unire nove punti presenti su un foglio con quattro linee rette senza mai staccare la penna dal foglio. La scala di valori di Allport, Vernon e Lindzey Questa scala di valori è uno degli strumenti più utilizzati per scoprire se gli individui creativi siano o meno diversi da quello che non lo sono. La Consensual Assessment Technique di Amabile Agli inizi degli anni 80, Teresa Amabile ha sviluppato il metodo noto come Consensual Assessment Technique (CAT) per la valutazione psicometrica della creatività che consiste nel chiedere al partecipante di creare un oggetto affinché questo venga poi valutato individualmente da un gruppo di giudici. 6.2.3 RAYMON BERNARD CATTEL: INTELLIGENZA FLUIDA E INTELLIGENZA CRISTALLIZZATA Lo psicologo distingue l’intelligenza fluida da quella cristallizzata. L'intelligenza fluida e la capacità di adattarsi e affrontare nuove situazioni in modo flessibile indipendentemente dalle conoscenze acquisite. Si tratta di un tipo di intelligenza che segue l'andamento della crescita biologica del soggetto. L'intelligenza cristallizzata, invece, è l'insieme di abilità strategie e conoscenze che rappresentano il livello di sviluppo cognitivo raggiunto da una persona lungo la sua storia di apprendimento. 6.2.4 CHARLES SPEARMAN E L’INTELLIGENZA BIFATTORIALE Charles sperma si apre il campo all'analisi fattoriale dell'intelligenza. Egli identifica un fattore generale (fattore G) e un fattore specifico (fattore S). Il fattore G interviene, seppur in forme diverse, in ogni prestazione intellettiva e rappresenta una sorta di energia mentale che è diversa per ciascun individuo. Il fattore S, invece, si specializza in diverse abilità, come quelle motoria, verbale, numerica. Il fattore G è innato, mentre il fattore S è il risultato dell'apprendimento. Egli formula la sua teoria bifattoriale dell'intelligenza secondo la quale l'intelligenza è lo specifico risultato di due fattori intimamente correlati, tra cui il fattore generale riveste un peso decisamente maggiore. CONFORTO SOCIALE: pratica che svolge la funzione di sostengo tra gli individui. 7.1.2 TEORIE DELLE EMOZIONI E MODELLI SULL’EMPATIA Le emozioni vengono espresse tramite risposte: fisiologiche interne, motorie, facciali, verbali, topologiche (vicinanza fisica a chi attrae o la lontananza da chi provoca repulsione), cognitive. Contributi teorici al tema delle emozioni La teoria darwiniana Secondo Charles Darwin, alla base dell’espressione delle emozioni vi sono tre principi generali: - il principio delle abitudini associate , si basa sull’idea che alcuni atti hanno un’utilità in certi stati d’animo (poiché magari danno sollievo) tendono a diventare abitudine; - il principio dell’antitesi afferma che quando sopravviene uno stato d’animo che è l’esatto contrario del precedente si tende in modo involontario a eseguire movimenti di natura opposta a quelli compiuti prima; - il principio degli atti determinati dalla costituzione del sistema nervoso : una forte eccitazione del sistema nervoso si trasmette ai vari sistemi del corpo producendo degli effetti che noi interpretiamo come espressivi: ad esempio, un’eccessiva sudorazione. La teoria di James-Lange Elaborata nel 1885 e detta anche teoria periferica. Sostiene che le emozioni non nascono dalla mente ma dal corpo. Secondo tale teoria, per esempio, si prova paura perché si sta tremando e non il contrario. La teoria di Cannon-Bard Conosciuta come la teoria centrale delle emozioni e proposta nel 1927. Secondo Cannon, le emozioni nascono nel talamo: uno stimolo smuove questa parte del cervello che contemporaneamente invia impulsi sia al sistema nervoso sia alla corteccia cerebrale. La teoria di Sachachter-Singer Elaborata nel 1962 e detta teoria dei due fattori, sostiene che l’emozione è caratterizzata da una componente fisiologica e una cognitiva che insieme generano l’emozione. Joseph LeDoux e il cervello emotivo Si è occupato di indagare la natura neurobiologica delle emozioni ed è stato il primo a scoprire il ruolo fondamentale ricoperto dall’amigdala nel processo emotivo. Il suo contributo eccezionale è stato l’aver scoperto che esistono delle vie neutrali emozionali che aggirano la neocorteccia. Oltre alla via dal talamo alla neocorteccia, ne esiste un’altra composta da un fascio di fibre nervose più sottili che dagli organi di senso vanno direttamente all’amigdala. Phillip R. Shaver: le emozioni come categorie Shaver propone un’interpretazione delle emozioni intese come categorie (gioia, amore, sorpresa, ecc). che si differenziano sulla base di tre dimensioni: qualità (positiva o negativa), potenza (forte o debole) e attività (alta o bassa). Matha C. Nussbaum e le emozioni come criterio valutativo e cognitivo Propone la “teoria delle emozioni” che sono reazioni intelligenti alla percezione del valore che attribuiamo alle cose, alle persone e alla situazione della nostra vita e, in quanto tali, rappresentano una parte “costituiva” del ragionamento etico. Per Nussbaum, quindi, le emozioni sono fatte di giudizio e pensiero, di criteri di valutazione e di cognizione. È possibile comprendere questa sostanza solo acquisendo consapevolezza sul rapporto che instauriamo con oggetti e persone che amiamo. Paul Ekman e la teoria dell’universalità dell’espressione delle emozioni Secondo lo studioso esistono delle displey rules cioè regole sociali di espressione delle emozioni stesse, culturalmente apprese, che determinano il controllo e la modificazione delle espressioni emozionali a seconda della circostanza sociale e si attuano attraverso 5 possibili operazioni: 1) mascheramento 2) intensificazione 3) deidentificazione 4) neutralizzazione 5) falsificazione Magda Arnold e la teoria della valutazione emotiva (o cognitiva) Questa teoria è anche conosciuta come cognitive appraisal, cioè “valutazione cognitiva”. Con questo termine si fa riferimento a quel processo cognitivo attraverso il quale noi esseri umani valutiamo se un certo stimolo può essere benefico o nocivo e se, quindi, è opportuna un’azione di avvicinamento o allontanamento. Arnold evidenzia 4 aspetti fondamentali nella valutazione di una situazione: 1) differenza tra percezione e valutazione ; 2) immediatezza nella valutazione emotiva : i giudizi sono immediati; 3) tendenza all’azione : quando valutiamo una situazione o oggetto come spiacevole o piacevole, tendiamo spesso ad agire con azioni immediate. 4) invariabilità : tendiamo a pensare che tutto sarà sempre uguale. Silvan Tomkins e gli ambienti emotivi genitoriali Questo studioso ha definito gli ambienti emotivi genitoriali individuandone 4 modelli diversi: 1) nel primo modello, definito monopolistico , l’esperienza è dominata da una singola emozione; 2) nel secondo modello, detto intrusivo , compare un elemento di minore rilevanza che però interferisce con l’emozione dominante. 3) Nel terzo modello, detto dell’emozione competitiva , l’aspetto emotivo della personalità di un genitore potrebbe entrare in competizione con quello della personalità differente dell’altro genitore. 4) Nel quarto modello , invece, gli stili di personalità del genitore sono emotivamente equilibrati; sia il padre che la madre manifestano una ricca espressività emotiva che conferisce piacere anche ai più piccoli scambi interpersonali. Carolyin I.Saarni e lo sviluppo dell’intelligenza emotiva La studiosa definisce la competenza emotiva come l’insieme delle abilità necessarie per essere efficaci soprattutto nelle transazioni sociali che producono emozioni. Saarni identifica 8 abilità. Contributi teorici al tema dell’empatia Norma Feshbach: il primo modello multidimensionale di empatia Feshbach attribuisce un carattere multimensionale in cui i processi cognitivi e affettivi si integrano ed elabora il primo strumento per rilevare la responsività empatica, il FASTE (Feshbach Affective Situation Test for Empathy). Responsività empatica: abilità di rispondere affettivamente alle emozioni di un’altra persona. Martin Hoffman: empatia e sviluppo morale Secondo Hoffman, l’empatia è la scintilla dell’attenzione umana verso gli altri, il collante che rende possibile la vita sociale. Oltre alla componente cognitiva e quella affettiva, secondo Hoffman nell’esperienza empatica interviene anche la motivazione. L’effetto motivante dipende dal fatto che condividere l’emozione dell’altro fa provare uno stato di benessere a chi lo aiuta. Hoffman definisce 5 possibili forme del sentimento empatico: 1) Distress empatico globale : al suo primo apparire, l’empatia di connota come una reazione affettiva, automatica e involontaria, che in molti autori prende il nome di contagio emotivo. 2) Distress empatico egocentrico : in questa fase i bambini mimano le emozioni provate dall’altro; 3) Distress empatico quasi-egocentrico : tra il primo e il secondo anno, i bambini iniziano a mettere in atto comportamenti tesi a confortare l’altro ma l’egoismo permane. 4) Vera empatia per lo stato d’animo o i sentimenti di un’altra persona : attorno ai 2 anni compare la consapevolezza che gli altri hanno stati emotivi diversi dai propri; attorno ai 6 compare maggiore competenza linguistica e consente di interagire appropriatamente. 5) Distress empatico oltre la situazione : a partire dai 9 anni la conoscenza della vita degli altri e delle loro esperienze passate inizia a influenzare le risposte empatiche. EFFETTO SPETTATORE: detto anche apatia dello spettatore o effetto testimone (bystander effect in inglese) è un fenomeno della psicologia sociale che si riferisce ai casi in cui gli individui non offrono alcun aiuto a persone in difficoltà quando sono presenti anche altre persone. Fenomeno studiato da Latane e Darley (1968). Il modello multidimensionale dell’empatia di Janet Strayer (donna) La teoria elaborata da Izard e colleghi, detta teoria differenziale (differential emotional theory) sostiene che fin dalla nascita l’individuo possiede un corredo emotivo costitutivo da emozioni fondamentali come rabbia, tristezza, gioia, sorpresa, disgusto, disprezzo. L’ambiente esterno rende le emozioni di base più complesse. Le emozioni che emergono nella primissima infanzia hanno lo scopo di soddisfare i bisogni primari. Successivamente, le emozioni diventano emozioni sociali cioè legate al contesto (vergogna, colpa, imbarazzo). 7.2 LE EMOZIONI E IL COMPORTAMENTO EMOTIVO Il comportamento emotivo è influenzato dalle ghiandole del sistema endocrino per emettere adrenalina, tiroxina e via. Il comportamento emotivo coinvolge in generale tutto il cervello e in particolare l’emisfero destro cioè la parte destinata all’immaginazione e alla fantasia. L’aspetto cognitivo dell’emozione si sviluppa in tre processi: interpretazione, valutazione e concettualizzazione. 7.2.1 A COSA SERVONO LE EMOZIONI? L’approccio funzionalista si concentra sul ruolo delle emozioni. Oggi, gli studiosi concordano sul fatto che le emozioni hanno il compito di regolare sia i processi psicologici sia i comportamenti sociali e interpersonali e che ne esistono alcune di base o fondamentali. Daniel J. Siegel nel suo testo “La mente relazionale” fa una distinzione tra emozioni primarie ed emozioni di base o fondamentali. Le emozioni primarie sono, secondo l’autore, quelle iniziale e poco definite e hanno la capacità di combinarsi come fanno i colori. Le emozioni di base o fondamentali, invece, sono più definite e possiamo dare loro dei nomi come la gioia, la tristezza, la paura, la rabbia. 7.2.2 AUTOREGOLAZIONE DELLE EMOZIONI E SCAFFOLDING Nell’interazione adulto – bambino, in particolare quella madre – bambino, la madre attribuisce un’intenzionalità comunicativa alle espressioni del bambino e, di conseguenza, sostiene il processo di autoregolazione delle emozioni. Questa funzione dell’adulto è detta scaffolding. Bruner nel 1976 introduce il termine scaffolding (impalcatura) e indica quelle strategie di sostegno e di guida ai processi di apprendimento che consentono di svolgere un compito anche se non si hanno le competenze per farlo in autonomia. Il processo di socializzazione delle emozioni, ovvero la capacità di attribuire un significato agli eventi e agli stimoli che sollecitano le emozioni appropriate, è il presupposto attraverso il quale il bambino apprende quali emozioni si confanno ad un certo concerto e quali possono essere accettate dalla propria cultura. Resilienza: la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare la propria vita positivamente davanti alle difficoltà. 7.3 DALLA RELAZIONE DIATICA ALLA RELAZIONE DI GRUPPO Il primo rapporto relazionale dell’essere umano è diadico: nei primi mesi di vita, infatti, un bambino interagisce quasi esclusivamente con la madre. Nell’arco dello sviluppo, il bambino inizia ad inserirsi in relazioni familiari e di gruppo. La formazione dei gruppi di coetanei o dei pari diventa un fatto spontaneo o naturale durante la scuola primaria. I gruppi sociali sono di due tipi: primari e secondari. - I gruppi primari sono quelli di cui fanno parte la famiglia o i coetanei in quanto racchiudono dei soggetti che interagiscono in modo diretto e molto emotivo. Tendono solitamente a durare nel tempo. - I gruppi secondari sono formati da alcuni soggetti che interagiscono per raggiungere alcuni obiettivi comuni. Generalmente non sono legati emotivamente. Oggi, le relazioni all’interno dei gruppi sono di tipo radiale o circolare. - Radiale: al centro del gruppo c’è un leader che funge da coordinatore. - Circolare: ogni membro del gruppo ha la stessa possibilità di interagire con gli altri ricevendo e trasmettendo informazioni. 7.3.1 LE DIMENSIONI EMOTIVE NELLA RELAZIONE EDUCATIVA E DIDATTICA Data l’importanza delle emozioni nello sviluppo, è necessario che il docente sia in grado di riconoscere ed eliminare quegli elementi che rappresentano un ostacolo nella realizzazione di un buon rapporto con gli alunni. Questi elementi sono: - Mutamenti sociali : molti docenti non seguono lo sviluppo della società. - Scarto generazionale , lo studente cambia e matura, il docente invecchia. - Insicurezza psicologica - Interferenze emotive , miscela di componenti intellettive ed affettive. - Stile comunicativo : il modo in cui un insegnante interagisce a livello verbale e non verbale al fine di far arrivare il messaggio. Ogni educatore dovrebbe possedere disponibilità pedagogica che permette agli educatori di considerare gli alunni come persone, dotate di uguali diritti e uguali bisogni. 7.4 I SENTIMENTI I sentimenti, a differenza delle emozioni, non sono determinati da uno stimolo esterno e quindi sono più duraturi nel tempo. Goleman parla di temperamenti per definire la propensione a evocare umori. 7.4.1 L’AMICIZIA È un sentimento positivo e piacevole che si manifesta attraverso un legame duraturo, basato sull’affetto reciproco tra due o più soggetti. È un rapporto alla pari. 7.4.1 L’AMORE È un sentimento profondo di affetto. Lo psicologo americano Robert J. Sternberg ha elaborato la teoria triangolare dell’amore secondo la quale l’amore è costituito da tre componenti fondamentali: - Intimità (fattore emotivo): confidenza e condivisione - Passione (fattore motivazionale); - Impegno (fattore cognitivo). Le diverse combinazioni di questi tre fattori danno vita a 7 tipi di relazione diversa: - La simpatia, se è presente solo l’intimità; - L’infatuazione, se è presente solo la passione; - L’amore vuoto, se c’è solo impegno; - L’amore romantico, se c’è intimità e passione; - L’amore fatuo, passione e impegno; - Sodalizio d’amore, intimità e impegno; - L’amore perfetto o completo, se ci sono tutte e tre le componenti. L’amore, inoltre, si sviluppa in alcune fasi: - Incontro - Attrazione - Dipendenza - Innamoramento : fase interessante e struggente spesso durante l’adolescenza. Rappresenta rottura e trasgressione con il passato. per chi è innamorato, solo il presente è storia. - Amore. 7.4.3 L’INVIDIA Sentimento vissuto da un soggetto che, carente di qualcosa, prova astio nei confronti di coloro che possiedono ciò che manca a loro. Esso ha una forma di ambivalenza: l’invidioso vuole possedere ciò che ha un altro oppure desidera che egli perda ciò che gli appartiene. 7.4.4 LA GELOSIA Si manifesta con una spinta di protezione nei confronti di un soggetto ma rappresenta, egoisticamente parlando, per l’individuo geloso un impulso inconscio al senso del possesso. È importante non sottovalutare questo sentimento. Gelosia infantile si verifica quando nasce il fratellino o sorellina e mostra sottoforma di regressione e ostilità. 7.5 HOWARD E. GARDNER E LA TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE La teoria delle intelligenze multiple si propone di individuare selettivamente intelligenze che affondino le loro radici nella biologia e che facciano riferimento ad operazioni neurali centrali identificabili. 7.5.1 UNA DEFINIZIONE DI INTELLIGENZA Gardner definisce l’intelligenza come un’abilità con cui risolvere un problema o con cui realizzare un prodotto che ha valore in uno o più contesti culturali. Da questa definizione emergono alcuni concetti importanti: - Problem solving : secondo Gardner la capacità di risolvere un problema è applicabile in più campi, non solo quello logico-matematico -empatia emotiva: ci permette di provare le emozioni in tempo reale. Questo genera connessioni con le persone. - preoccupazione empatica: conduce direttamente all’azione empatica. La capacità empatica ci permette non solo di comprendere i pensieri degli altri ma anche di mettere in atto comportamenti cooperativi e prosociali. I comportamenti prosociali si attuano per il benessere di un’altra persona. Nancy Eisenberg fa una distinzione tra comportamenti altruistici (azioni sulla base del desiderio di determinare il benessere di un altro anche se questo va contro i propri interessi personali) e i comportamenti prosociali (procurano un benessere all’altro e anche a noi contemporaneamente). 7.6.3 INTELLIGENZA EMOTIVA TRA FAMIGLIA E SCUOLA Nel capitolo Il crogiolo familiare, Goleman analizza la famiglia descrivendola “la prima scuola nella quale apprendiamo gli insegnamenti riguardanti la vita emotiva. E’ proprio in famiglia che impariamo come dobbiamo sentirci e quali saranno le reazioni degli altri ai nostri sentimenti. All’interno dello stesso capitolo Goleman elenca i sette ingredienti fondamentali (ambito scolatico) affinché un bambino sappia come imparare: la fiducia, la curiosità, l’intenzionalità, l’autocontrollo, la connessione, la capacità di comunicare, la capacità di cooperare. Sviluppare intelligenza emotiva è un obiettivo che la società non può mancare. Per questo motivo dagli anni 90 nasce l’idea di creare dei percorsi di apprendimento socio-emotivo, noti con l’acronimo SEL (SOCIAL EMOTIONAL LEARNING) con lo scopo di promuovere l’apprendimento di strategie legate al riconoscimento e alla gestione delle emozioni. Nel 1994 nasce anche il CASEL (COLLABORATIVE FOR ACADEMIC, SOCIAL AND EMOTIONAL LEARNING), un ente no profit che ha lo scopo di promuovere azioni di educazione all’apprendimento emotivo. Secondo il CASEL, il SEL è in grando di promuovere 5 diverse dimensioni: - autoconsapevolezza - autoregolazione - il prendere decisioni responsabilmente - la gestione delle relazioni sociali - la consapevolezza sociale (empatia). 7.6.4 INTELLIGENZA ECOLOGICA SECONDO GOLEMAN Nel suo saggio dal titolo Ecological Intelligence Daniel Goleman affronta una riflessione su quella che lui definisce intelligenza ecologica, ovvero la capacità di noi esseri umani di identificare le relazioni che ci legano all’ambiente, cogliendo anche le conseguenze del nostro comportamento e delle nostre scelte in termini di sostenibilità. Anche questa, come l’intelligenza emotiva, può e deve essere allenata. CAPITOLO 8 - SOCIALIZZAZIONE E AGGRESSIVITA’ IN ETA’ SCOLARE La famiglia, tra il 6esto e il 10cimo anno di vita del bambino, deve mettersi in ascolto e in correlazione con gli altri microsistemi come la scuola, gli altri genitori e gli insegnanti per accompagnare i comportamenti e le scelte del bambino. 8.2 AGGRESSIVITA’ E DINAMICHE RELAZIONALI Secondo Donald Winnicott l’aggressività è un impulso naturale che però deve essere incanalato nella giusta direzione perché l’aggressività, se mal gestita, può diventare energia distruttiva per sé e per gli altri. Quindi si tratta di un impulso da educare. Insegnare a gestire il piacere ma anche la frustrazione derivante dalle esperienze quotidiane diventa un elemento essenziale del processo di crescita. Alcuni studi infatti hanno dimostrati che alcuni stili educativi sono correlati con la maggiore incidenza di comportamenti aggressivi nel bambino. Tra questi: - assenza di limiti e regole; - clima educativo incoerente; - disinteresse per il piccolo da parte dei genitori; - mancanza di empatia nei confronti del bambino; - uso eccessivo di punizioni. Nei bambini al di sotto di 8 anni le condotte aggressive sono spesso dirette, attraverso l’uso della parola o del gesto. Dopo gli otto anni, invece, l’aggressività è indiretta, celata, volta a sminuire l’immagine dell’altro nel gruppo. Quando si parla di aggressività bisogna distinguere tra: - aggressività strumentale: per ottenere qualcosa - condotte ostili: arrecare un dolore o un danno all’altro; - aggressività reattiva: condotte che sono risposta a una provocazione - aggressività proattiva: non è una risposta a stimoli esterni. Altri studi hanno dimostrato che un alto livello di aggressività = assenza di competenze cognitive nell’area del problem solving e gestione dei conflitti. 8.3 QUANDO L’AGGRESSIVITA’ DIVENTA UNA PATOLOGIA Se l’aggressività è mail gestita può diventare patologica in età evolutiva, favorendo l’insorgenza di disturbi come l’iperattività o i comportamenti oppositivo-provocatori. L’iperattività (con o senza deficit di attenzione) è caratterizzata dall’aumento dell’attività motoria e difficoltà di concentrazione. I comportamenti oppositivo-provocatori, invece, sono caratterizzati da un atteggiamento aggressivo-distruttivo, nonché di disubbidienza verso tutte le figure autoritarie. Comportamenti del genere, senza un adeguato intervento, potrebbero rinforzarsi fino a diventare normali dando luogo a comportamenti antisociali, sfociando in problematiche come bullismo9, vandalismo e abuso di sostanze. 8.4 LA GESTIONE DELL’AGGRESSIVITA’ Per contenere l’aggressività è fondamentale accettare e gestire le frustrazioni. Affinché questo sia possibile è importante che il genitore sappia e dimostri di saper accettare la propria capacità come impulso naturale e che si può esprimere in modo non distruttivo (prima di 9 Il bullismo è un fenomeno complesso perché interessa il bullo, il suo gruppo e la sua vittima. Il comportamento del bullo è sistematico e duraturo (afinché sia aggressivo e lesivo). Con l’evolversi delle tecnologie e la diffusione dei social, il bullismo ha assunto le forme del cyberbullismo. Il cyberbullismo è “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, deinigrazione, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni per via telematica”. Esiste anche il fenomeno del catfish che consiste nel furto (o creazione ad hoc) di identità sui social al fine di instaurare relazioni con gli altri utenti. rimproverare il piccolo, spiego che quel comportamento sbagliato ci fa arrabbiare). E’ inoltre importante che il bambino che l’arrabbiatura in sé non ha conseguenze nel lungo periodo e che non compromette gli equilibri. 8.5 I TIPI DI CONFLITTO Ci sono 3 tipi di conflitto: appetenza-appetenza; avversione-avversione; appetenza- avversione. Si tratta di situazioni che richiedono rispettivamente una scelta tra i due incentivi positivi, tra i due negativi o tra due aspetti di un incentivo che sia allo stesso tempo positivo e negativo. 8.5.1 LA FRUSTRAZIONE Un conflitto emozionale irrisolto costituisce una fonte di frustrazione, ostacolando l’attività di un soggetto che persegue un determinato obiettivo. Il termine frustrazione è anche utilizzato per indicare uno stato emotivo, cioè il disagio generato dalle sconfitte. Tra i primi segni di frustrazione è possibile riconoscere un aumento della tensione, dell’aggressività, che trova espressione in qualche forma di attacco diretto contro l’individuo o l’oggetto che l’ha determinata. Altre risposte alla frustrazione sono anche l’apatia (in situazioni che non offrono possibilità di riscatto - prigionieri di guerra, l’indifferenza, il ritirarsi a sé. Quando il livello di frustrazione diventa intollerabile, la soluzione del problema può anche essere ricercata nella fantasticheria, che però comporta il rischio di far perdere all’individuo la capacità di discernere tra il mondo reale e quello immaginario. Altro effetto della frustrazione è la stereotipia, cioè la tendenza ad assumere un comportamento fisso e ripetitivo. In altre occasioni, la frustrazione genera retrogressione, vale a dire la ripresa di un comportamento tenuto in età precedente o anche la primitivizzazione che corrisponde alla presa di comportamenti mai tenuti in età precedenti (adulto che inizia ad essere violento anche se non lo è mai stato da bambino). 8.5.2 I MECCANISMI DI DIFESA Alcuni comportamenti sono definiti di difesa perché permettono al soggetto di mantenere o rafforzare l’autostima e proteggere se stesso dall’ansia. Tali meccanismi sono costruzioni psicologiche realizzate dall’individuo nel tentativo di risolvere i suoi problemi. Presentano un elemento in comune: l’autoinganno, che si manifesta nella negazione: un comportamento dalle motivazioni ignote a causa del rifiuto dei motivi reali o del loro camuffamento. Il fenomeno dell’amnesia, invece, cioè perdita temporanea di memoria, produce una rimozione spesso motivata da forme di angoscia e sensi di colpa. La razionalizzazione è un processo attraverso cui si attribuiscono ragioni logiche a azioni impulsive. Una particolare forma di razionalizzazione è la proiezione, un meccanismo che permette di sfuggire dalle proprie qualità indesiderabili, mediante l’attribuzione di queste agli altri - gesti coatti = gesti che il soggetto si sente costretto a ripetere continuamente e in modo automatico. Sono una manifestazione della dissociazione. - teorizzazione eccessiva= forma di dissociazione in cui pensare o parlare di una cosa diventa un sostituto dell’azione.