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Concorso Straordinario Ter 2023 sintesi Edises Simone riassunti orale sostegno tfa 2024, Schemi e mappe concettuali di Psicopedagogia

Schemi, sintesi tratte dai manuali Edises e Simone, riassunti, mappe per affrontare l'orale sostegno tfa del Concorso Straordinario Ter 2023: L’AUTONOMIA SCOLASTICA E L’OFFERTA FORMATIVA, LA NORMATIVA SULL’INCLUSIONE, PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO, INTELLIGENZA E CREATIVITÀ, PEDAGOGIA, APPRENDIMENTO E DIDATTICA, MEDIA E TECNOLOGIE A SCUOLA... etc

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

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Scarica Concorso Straordinario Ter 2023 sintesi Edises Simone riassunti orale sostegno tfa 2024 e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Psicopedagogia solo su Docsity! CONCORSO STRAORDINARIO TER 2023 2024 Riassunti, schemi, sintesi per la preparazione alla prova scritta del concorso straordinario TER. L’AUTONOMIA SCOLASTICA E L’OFFERTA FORMATIVA 1- PRINCIPI COSTITUZIONALI E RIFORME DELLA SCUOLA 2 - L’AUTONOMIA SCOLASTICA 3 – GLI ORDINAMENTI DIDATTICI 4 – CONTINUITÀ EDUCATIVA E ORIENTAMENTO 5 – VALUTAZIONE E AUTOVALUTAZIONE DELLE SCUOLE 6 - LA GOVERNANCE DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE 7 - LA CULTURA DEL RAPPORTO SCUOLA-TERRITORIO 8 – OFFERTA FORMATIVA E PROGRAMMAZIONE LA NORMATIVA SULL’INCLUSIONE 1 - LA NORMATIVA SULL’INTEGRAZIONE DEGLI ALUNNI DISABILI: STORIA ED EVOLUZIONE 2 - L’ATTUALE QUADRO NORMATIVO IN MATERIA DI INCLUSIONE 3- CENTRI TERRITORIALI E GRUPPI DI LAVORO 4- LE TAPPE DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA 5- LA PROFESSIONE DEL DOCENTE SPECIALIZZATO NEL SOSTEGNO DIDATTICO PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO, INTELLIGENZA E CREATIVITÀ 1 - PERCEZIONE, ATTENZIONE E MEMORIA 2 -LO SVILUPPO COGNITIVO E L’INTELLIGENZA 3 - LE NEUROSCIENZE 4 - LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO 5 - SVILUPPO PSICODINAMICO, SOCIALE ED EMOTIVO 6. -L’ADOLESCENZA: TEORIE E MODELLI INTERPRETATIVI 7 - EMPATIA E INTELLIGENZA EMOTIVA 8 - CREATIVITA’ E PENSIERO DIVERGENTE 9. – CENNI DI PSICOLOGIA SOCIALE PEDAGOGIA, APPRENDIMENTO E DIDATTICA 1. FONDAMENTI DI PEDAGOGIA 2. I PRINCIPALI APPROCCI TEORICI 3. TEORIE, STILI DI APPRENDIMENTO E MEDIAZIONE DIDATTICA 4. LA DIDATTICA PER I BISOGNI DI TUTTI E DI CIASCUNO 5. METODI E METODOLOGIE DI INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO 6. LA RELAZIONE EDUCATIVA MEDIA E TECNOLOGIE A SCUOLA CAPITOLO 1 - MEDIA E TECNOLOGIE IN AMBITO DIDATTICO CAPITOLO 2 – LE TIC E LA SCUOLA CAPITOLO 3 – STRUMENTI TECNOLOGICI PER L’INCLUSIONE SEZIONE 1 CAPITOLO 1 – BISOGNI EDUCATIVI E SCUOLA DELL’INCLUSIONE CAPITOLO 2 – I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO (DSA) CAPITOLO 1 – BISOGNI EDUCATIVI E SCUOLA DELL’INCLUSIONE CAPITOLO 2 – I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO (DSA) CAPITOLO 3 – IL DISTURBO DA DEFICIT DELL’ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ (DDAI O ADHD) CAPITOLO 4 – LA SCUOLA DELL’INTEGRAZIONE MULTICULTURALE SEZIONE 2 CAPITOLO 1 – PEDAGOGIA SPECIALE E DISABILITÀ NEI MANUALI DIAGNOSTICI CAPITOLO 2 – I DISTURBI DELLO SVILUPPO INTELLETTIVO CAPITOLO 3 – I DISTURBI DELLO SPETTRO DELL’AUTISMO CAPITOLO 4 – I DISTURBI DEL LINGUAGGIO CAPITOLO 5 - DISABILITA’ SENSORIALI CAPITOLO 6 – LA VALUTAZIONE DEGLI ALUNNI CON BES CAPITOLO 1 – I DISTURBI DEL MOVIMENTO CAPITOLO 2 – DISTURBI D’ANSIA E FOBIE IN ETA’ EVOLUTIVA CAPITOLO 3 – I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO E DELLA CONDOTTA CAPITOLO 4 - LA PERSONALITA’ OSSESSIVA IN ETA’ EVOLUTIVA CAPITOLO 5- IDENTITA’ SESSUALE E DISFORIA DI GENERE CAPITOLO 6 - DISTURBO DEL COMPORTMANETO ALIMENTARE CAPITOLO 7- LA DEPRESSIONE INFANTILE con borse di studio e assegni alle famiglie. Gli interventi dello stato concernono sia la scuola che l’università e sono: sostegni economici, servizi, agevolazioni varie. Le Regioni e gli enti locali devono garantire servizi di trasporto e servizi mensa. Il D.lgs 13 aprile 2017 n. 63 di attuazione della buona scuola ha come obiettivo 1)garantire l’effettività del diritto allo studio; 2)riorganizzare le prestazioni per il sostegno allo studio, promuovendo un sistema di welfare studentesco fondato su uniformità territoriali dei servizi; 3)l’istituzione del fondo unico per il welfare dello studente; 4)individua i requisiti di potenziamento della carta dello studente. 7) Le principali riforme delle scuola negli ultimi anni Bassanini: processo riformatore degli anni ’90 portati avanti dall’allora ministro che portò ad amministrazioni più efficienti, snelle e capaci di assicurare servizi di alta qualità tramite due linee: semplificazione amministrativa e federalismo amministrativo. Legge n. 59 del 15 marzo 1997 sancisce il processo autonomistico delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi. Riforma Moratti: 1) nuova articolazione degli studi: scuola dell’infanzia (3 anni non obbligatoria e anticipabile); primo ciclo (scuola primaria di 5 anni e secondaria di primo grado di 3 anni); Secondo ciclo (licei 5 anni, e formazione professionale 3+1 anni). 2) istituiti nuovi licei: economico, tecnologico, musicale, linguistico, scienze umane; 3) valorizzazione del sistema di istruzione e formazione professionale con l’alternanza scuola lavoro per i giovani compresi tra 15 e 18 anni; 4) valorizzazione della qualità del sistema di istruzione attraverso l’istituzione dell’istituto nazione di valutazione per monitorare la qualità complessiva dell’offerta formativa. Riforma Gelmini: interventi innovativi assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico. Tra le modifiche introdotte: 1) maestro unico nella primaria; 2)reintroduzione nel primo ciclo dei voti da 1 a 10; 3)innalzamento obbligo scolastico a 16 anni; 4)introduzione indicazioni nazionali degli obiettivi specifici di apprendimento; 5)riordino istituti professionali, tecnici e licei. 8) La riforma della Buona Scuola Legge n.7 del 13/07/2015 contiene disposizioni che impattano su autonomia scolastica, poteri dei dirigenti scolastici, Piano Triennale Offerta Formativa (PTOF), organico dell’autonomia. PTOF: modifiche di tipo organizzativo, come l’apertura pomeridiana. Collegamento tra scuola e mondo del lavoro: durata dei percorsi scuola-lavoro di 3 anni, possibilità di stipulare convenzioni con ordini professionali, nei periodi di sospensione, e con la modalità impresa simulata. adozione Piano Nazionale Scuola Digitale; organico dell’autonomia, assegnato alle scuole in base al PTOF sulla base del sostegno e del potenziamento attività didattica; un piano straordinario assunzioni; Istituzione Portale unico dei dati aperti della scuola: bilanci, sistema nazionale valutazione, anagrafe edilizia scolastica, anagrafe degli studenti, piani offerta formativa, osservatorio tecnologico. L’autonomia scolastica della buona scuola -- Obiettivi specifici: innalzamento competenze degli studenti, prevenzione e recupero della dispersione scolastica, garanzia del diritto allo studio, educazione permanente. Per far questo si prevede l’istituzione dell’organico autonomia. PTOF: riflette il progetto educativo della scuola per il triennio (eventuale aggiornamento annuale) comprese le attività formative per il personale docente amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) e al fabbisogno di risorse umane e materiali. Il PTOF indica: fabbisogno posti comuni e sostegno, potenziamento, posti personale ATA, infrastrutture e attrezzi materiali. Il PTOF è elaborato dal Collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi e delle scelte di gestione e amministrazione del dirigente scolastico ed è approvato dal Consiglio di Circolo e di istituto. Negli obiettivi da raggiungere il dirigente deve tener conto: risultanze Rapporto di autovalutazione, esigenze provenienti dal territorio e dall’utenza, risorse dell’organico dell’autonomia, mission coerente con il territorio. Il Curriculum dello studente: nel PTOF le Scuole secondarie di secondo grado inseriscono per gli ultimi 3 anni insegnamenti opzionali utilizzando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità. Tali insegnamenti sono inseriti nel curriculum dello studente, associato ad un’identità digitale che raccoglie tutti i dati utili ai fini dell’orientamento e dell’accesso al mondo del lavoro. Un apposito decreto del MIUR definisce le modalità di trattamento dei dati, di trasmissione al Ministero, i criteri e le modalità di mappatura. In sede di esame di stato la commissione terrà conto del curriculum. L’alternanza scuola lavoro: è uno degli obiettivi prioritari della riforma della buona scuola. Tra i soggetti: ordini professionali e i musei e gli altri istituti pubblici e privati operanti nei settori del patrimonio e delle attività culturali, artistiche e musicali. E’ prevista la “Carta dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti in alternanza”. Il dirigente scolastico stipula le convenzioni con le aziende x l’alternanza. Il Nuovo comitato di valutazione dei docenti: c’è stato un allargamento dei soggetti valutatori all’interno del Comitato per la valutazione dei docenti, che può attribuire dei bonus retributivi in base ai seguenti criteri: 1) qualità dell’insegnamento e miglioramento apportato 2)risultati ottenuti dai docenti in relazione al potenziamento competenze, all’innovazione didattica e alla collaborazione ricerca; 3)responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo. Il Comitato esprime parere sull’anno di prova del personale docente nel primo anno di ruolo. 2- L’autonomia scolastica 1) L’autonomia delle istituzioni scolastiche La legge Bassanini aveva come obiettivo l’autonomia finanziaria, organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche, nel quale la scuola diventava un centro di erogazione dei servizi, soggetto protagonista in grado di progettare, programmare percorsi didattici, elaborare nuovi metodi, ottemperare a ricerca e sperimentazione. Si sono concretizzati nel potere attribuito al capo di istituto: 1) offerta di servizi didattici diversi, 2) introduzione di nuove tecnologie, 3)corsi extracurriculari finalizzati sia a raccordare la formazione scolastica sia ad attribuire una formazione agli adulti. Il nuovo sistema formativo nazionale ha come attori: stato, regioni, comuni e provincie, istituzioni scolastiche autonome. Le singole scuole hanno facoltà di prendere decisioni autonome in materia di: didattica, organizzativa e di sperimentazione, ricerca e sviluppo. 2)L’autonomia didattica (art. 4, DPR 275/1999) Si estrinseca: rimodulare monte ore annuale di ciascuna disciplina; percorsi formativi specifici (es. insegnanti in lingua straniera); organizzare recupero e sostegno; ampliare offerta formativa; definire unità di insegnamento inferiore a 60 minuti; attivare percorsi didattici per alunni stranieri, svantaggiati, disabili; definire modalità e criteri di valutazione degli alunni; aggregare ambiti disciplinari; definire criteri di riconoscimento crediti scolastici. Organico dell’autonomia: la legge n. 107/2015 ha istituito l’organico dell’autonomia, costituito da posti comuni, posti per il sostegno e posti per il potenziamento dell’offerta formativa. Definiti nel PTOF concorrono ad attività di insegnamento, potenziamento, sostegno, organizzazione, progettazione e coordinamento. 3)L’autonomia organizzativa (art. 5 DPR 275/1999): la libertà progettuale si esprime: 1)diversificazione modalità di impiego dei docenti, 2)possibilità di modificare il calendario scolastico, 3)flessibilità del curriculo in non meno di 5 giorni. Vi sono poi: 1) apertura pomeridiana delle scuole, 2)riduzione numero alunni e studenti per classe, 3)articolazione di gruppi di classi con potenziamento del tempo scolastico. Nell’ambito dell’autonomia organizzativa, ogni istituzione adotta criteri flessibili di svolgimento delle attività formative e stipula accordi di rete, consorzi o intese. 4) L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo (art. 6 DPR 275/1999) Le istituzioni scolastiche possono effettuare ricerca e sperimentazione didattica permanente garantendo la possibilità di elaborare progetti, attuarli e modificarli. Fra le prerogative assegnate figurano: a) progettazione formativa e ricerca valutativa; b) formazione e aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico; c)innovazione metodologica e disciplinare; d) ricerca sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione; e) la documentazione educativa e la sua diffusione nella scuola; f)scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici; g)integrazioni tra le diverse articolazioni del sistema scolastico. Il modello di ricerca più diffuso è la ricerca-azione finalizzato ad analizzare una pratica relativa a un campo di esperienza con lo scopo di introdurre dei cambiamenti migliorativi. 5) L’autonomia finanziaria Consiste nella gestione autonoma di fondi pervenuti da contributi statali, tasse, contributi degli studenti, più altre forme di finanziamento. Le istituzioni scolastiche godono di autonomia contabile, amministrativa e di bilancio e la gestione finanziaria e amministrativo contabile deve comunque ispirarsi a criteri tipici aziendali di efficacia, efficienza ed economicità e devono concretizzarsi in un atto di programmazione che deve ispirarsi a principi di trasparenza, annualità, integrità, universalità, unicità, veridicità. La scuola gode anche di autonomia negoziale, in quanto il dirigente scolastico, con l’autorizzazione del Consiglio di istituto può chiedere finanziamenti, accettare mutui, eredità, donazioni, acquisire e vendere immobili, aderire a reti di scuole e concorsi. 6) Le reti di scuole Nell’ambito dell’autonomia scolastica le scuole, sia singolarmente che in reti, possono stipulare convenzioni con università statali o private, con istituzioni, con enti, con associazioni o agenzie, con l’obiettivo del potenziamento delle attività didattiche, di ricerca, di sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento, di amministrazione e contabilità, di acquisto di beni e servizi, di organizzazione. Le reti di scuole hanno per oggetto: 1) attività didattiche o di ricerca e sperimentazione; 2) la circolazione di ricerche, esperienze documenti e informazioni; 3) la gestione amministrativa e contabile; 4)la formazione del personale; 5)l’orientamento scolastico e professionale; 6)l’acquisizione di beni e servizi; 7) lo scambio temporaneo di studenti; 8)l’organizzazione di laboratori teatrali. Le reti territoriali della buona scuola: reti territoriali per la gestione dell’organico dei docenti tra istituzioni scolastiche all’interno del medesimo ambito territoriale. Possono essere attribuiti compiti istruttori riguardanti pensioni, carriere e TFR meglio se negli stessi ambiti territoriali. 3 –Gli ordinamenti didattici 1)La scuola dell’infanzia L’ordinamento delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo è stato disciplinato dal DPR 89/2009 (Contenuto nella Riforma Gelmini). La scuola dell’infanzia dura 3 anni e la frequenza non è obbligatoria. Le sezioni devono essere costituite da un numero non inferiore a 18 e non superiore a 26, se presente un bambino - pesca commerciale e produzioni ittiche; - industria e artigianato per il Made in Italy; - manutenzione e assistenza tecnica; - gestione delle acque e risanamento ambientale; - servizi commerciali; - enogastronomia e ospitalità alberghiera; - servizi culturali e dello spettacolo; - servizi per la sanità e l’assistenza sociale; - arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico - arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico. 5) i Licei (Quadro normativo D.lgs 17 ottobre 2005 n. 226 e D.P.R. 15 marzo 2010 n. 89.) Sono accomunati dal monte ore obbligatorio: 891 ore/anno per il primo biennio, 990 ore/anno nel secondo biennio e ultimo anno, prolungato a 1023 ore per il liceo classico (rafforzamento lingua straniera e area matematico-scientifica). L’orario annuale, comprensivo della quota delle Regioni, è articolato in attività e insegnamenti obbligatori e in insegnamenti eventualmente previsti dal PTOF. Tutti i percorsi hanno durata quinquennale e divisi in primo biennio, secondo biennio e quinto anno, i percorsi si concludono con un esame di stato. Le indicazioni nazionali degli obiettivi specifici di apprendimento del sistema dei licei prevedono che: nel liceo classico è rafforzato l’insegnamento della lingua straniera, l’asse matematico-scientifico e della storia dell’arte; nel liceo scientifico è confermato lo studio del latino; nel liceo delle scienze umane (economico sociale) si studiano le due lingue straniere; nel liceo musicale e coreutico bisogna superare prova specifica; in tutti i licei sono previsti stage e tirocini; L’insegnamento Cittadinanza e Costituzione è svolto nell’ambito aree storico geografica e storico-sociale. 5.1) I percorsi liceali: liceo artistico (art. 4 DPR 89/2010) Studio dei fenomeni estetici e pratica artistica, ricerca della produzione artistica e padronanza dei linguaggi e delle tecniche, conoscenza del patrimonio artistico, sviluppo conoscenze e competenze per la propria creatività. Dal secondo biennio i seguenti indirizzi: arti figurative, architettura e ambiente, design, audiovisivo e multimediale, grafica, scenografia. Per gli insegnamenti obbligatori abbiamo: nel primo biennio 34 ore (1122 annuali), nel secondo biennio 23 ore (759 annuali), nel quinto anno 21 ore (693 annuali). Per gli insegnamenti di indirizzo 12 ore settimanali (396 annuali) nel secondo biennio, 14 ore settimanali(462 annuali) nel quinto anno. 5.2) I percorsi liceali: liceo classico (art.5 DPR 89/2010) Studio della civiltà classica e della cultura umanistica, formazione letteraria, storica e filosofica, favorisce acquisizione dei metodi propri degli studi classici e umanistici, oltre alle scienze matematiche, fisiche e naturali. Nel primo biennio 27 ore settimanali (891 annuali), nel secondo biennio e quinto anno 31 ore settimanali (1023 annuali). 5.3) I percorsi liceali: liceo linguistico (art.6 DPR 89/2010) Studio dei sistemi linguistici e culturali, sviluppo della padronanza comunicativa in tre lingue, per comprendere l’identità storica e culturale. Nel primo anno del secondo biennio insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica, e dal secondo anno del secondo biennio, insegnamento, in una diversa lingua straniera, di una disciplina non linguistica. Nel primo biennio 27 ore settimanali (891 annuali), nel secondo biennio e quinto anno 30 ore settimanali (990 annuali). 5.4) I percorsi liceali: liceo musicale e coreutico (art.7 DPR 89/2010) Studio indirizzato all’apprendimento tecnico-pratico della musica e della danza nella storia e nella cultura, ad acquisire padronanza dei linguaggi musicali e coreutici negli aspetti della composizione, interpretazione, esecuzione e rappresentazione. L’accesso è subordinato al superamento di una prova per verificare il possesso delle competenze musicale e coreutiche. L’orario obbligatorio è di 18 ore settimanali (594 annuali) a cui si aggiungono 14 ore (462 annuali) nel primo e nel secondo biennio e nel quinto anno. 5.5) I percorsi liceali: liceo scientifico (art. 8 DPR 89/2010) Studio del nesso tra cultura scientifica e tradizione umanistica, con l’acquisizione di conoscenze della matematica, fisica e scienze naturali, con l’approfondimento delle conoscenze per lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica e interazione tra le diverse forme di sapere. Può essere applicata la specializzazione scienze applicate, con competenze relative a cultura scientifico-tecnologica con riferimento alle scienze matematiche, fisiche chimiche biologiche, della terra, informatica. Nel primo biennio 27 ore settimanali (891 annuali), nel secondo e quinto anno 30 ore settimanali (990 annuali). Il DPR 52/2013 ha permesso di costituire un indirizzo sportivo. 5.6) I percorsi liceali: Liceo delle scienze umane (art. 9 DPR 89/2010) Studio delle teorie esplicative dei fenomeni collegati alla costruzione dell’identità personale e delle relazioni umane e sociali, studio dei linguaggi, metodologie e tecniche nel campo delle scienze umane. Può essere attivata l’opzione economico-sociale all’interno della programmazione regionale. Nel primo biennio 27 ore settimanali (891 annuali), nel secondo e quinto anno 30 ore settimanali (990 annuali). 6) Gli Istituti professionali (D.Lgs 61/2017) Due riforme: DPR 87/2010 e D.Lgs 61/2017. Con il DPR 87/2010 ha definito gli Istituti Professionali percorsi quinquennali che operano in 2 settori che comprendono 6 indirizzi. Con il D.Lgs 61/2017 si definisce il PECUP (Profilo educativo culturale e professionale degli Istituti tecnici) che innova l’assetto organizzativo e didattico attraverso la revisione dei piani studio, improntati alla personalizzazione attraverso il Progetto Formativo Individuale (PFI). Gli studenti che intendono proseguire con un’istruzione di taglio professionale possono scegliere tra: Percorsi di istruzione professionale (I.P.): 5 anni finalizzati al conseguimento del diploma, realizzati da scuole statali e paritarie riconosciute; Percorsi di istruzione e formazione professionale (F.P.): 4 anni per diplomi professionali quadriennali realizzati da istituzioni formative accreditate dalle Regioni e provincie autonome. Dal punto di vista organizzativo: un biennio: 2112 ore (1056 ore l’anno) di cui 1188 ore complessive di attività e insegnamenti di istruzione generale e 924 ore di attività e insegnamenti caratterizzanti l’indirizzo (compreso il laboratorio). Nelle 2112 sono comprese 264 ore destinate alla personalizzazione apprendimenti per realizzare il Progetto Formativo Individuale (PFI) che può comprendere l’alternanza scuola/lavoro; un triennio con forte caratterizzazione laboratoriale e lavorativa. L’orario annuale è di 1056 ore, 462 ore di istruzione generale e 594 ore di attività e insegnamenti di indirizzo. Le attività e gli insegnamenti nel biennio sono caratterizzati da assi culturali, che raccolgono insegnamenti omogenei e irrinunciabili. Il primo biennio è articolato in periodi didattici attraverso l’utilizzo di metodologie didattiche induttive nei laboratori e alternanza scuola lavoro. La quota di autonomia resta invariata al 20% ed è destinata a potenziare gli insegnamenti laboratoriali. Il decreto attuativo della buona scuola disciplina il passaggio tra i percorsi di istruzione professionale (IP) e i percorsi di Istruzione e Formazione professionale (FP), come la tabella di seguito: Indirizzi, articolazioni e opzioni nell’ordinamento previgente Nuovi indirizzi di studio - servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale - Agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei (indirizzo) - gestione risorse forestali e montane (opzione) - valorizzazione e commercializzazione dei prodotti agricoli del territorio prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane - produzione industriale e artigianali (indirizzo) collegate al settore produttivo economia del mare - pesca commerciale e produzioni ittiche - produzioni industriali e artigianali (articolazione industria) - arredi e forniture per interni (opzione) - produzioni industriali e artigianali (articolazione artigianato) - produzioni tessili sartoriali (opzione) - produzione artigianale del territorio (opzione) - coltivazione e produzione di materiali lapidei (opzione) - industria e artigianato per il Made in Italy - manutenzione e assistenza tecnica (indirizzo) - apparati, impianti e servizi tecnici industriali e civili (opzione) - manutenzione dei mezzi di trasporto - manutenzione e assistenza tecnica Gestione delle acque e risanamento ambientale - Servizi commerciali (indirizzo) - promozione commerciale e pubblicitaria (opzione) Servizi commerciali - servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera (articolazione enogastronomia) - prodotti dolciari artigianali e industriali (opzione) - Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera (articolazione servizi di sala e di vendita) - Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera (articolazione accoglienza turistica) Enogastronomia e ospitalità alberghiera - Produzioni industriali e artigianali (articolazione industria- opzione produzioni audiovisive) Servizi culturali e di spettacolo - Servizi socio-sanitari (indirizzo) Servizi per sanità e l’assistenza sociale - Servizi socio sanitari delle professioni sanitarie: odontotecnico (articolazione arti ausiliarie) Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico - Servizi socio sanitari delle professioni sanitarie: ottico (articolazione arti ausiliarie) Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico Il passaggio tra i sistemi è diretto a conseguire un percorso personalizzato, non è irreversibile ed è possibile con domanda dello studente e valutazione del suo apprendimento. Per favorire questo il MIUR ha emanato: Linee guida per favorire e sostenere l’assetto didattico e organizzativo dei percorsi di istruzione professionale 2019. Nel Triennio esiste la possibilità di modificare il monte ore assegnato a ciascun insegnamento. Il percorso degli istituti professionali si concludono con un esame di stato, al cui superamento viene rilasciato il diploma di istruzione professionale. Dopo il completamento degli studi secondari, i diplomati hanno una terza possibilità oltre al mondo del lavoro e all’università: iscrizione a percorsi brevi di 800/1000 ore per specializzazione tecnica superiore (IFTS) iscrizione a percorsi biennali per diploma di tecnico superiore presso gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) 7) Gli istituti Tecnici (DPR n. 88 del 15 marzo 2010) procede verso i sistemi simbolico/culturali giungendo dal pre-disciplinare alle discipline. Continuità vuol dire successione non traumatica di esperienze diverse. 4) Gli istituti comprensivi La legge n.111 del 2011 ha imposto dall’anno scolastico 2011-12 che le scuole dell’infanzia, la scuola primaria e la secondaria di primo grado devono essere obbligatoriamente aggregate in istituti comprensivi. Questo ha permesso l’affermazione di una scuola unitaria di base che prende in carico bambini dall’età di 3 anni per guidarli fino al termine del primo ciclo di istruzione e che sia capace di riportare i molti apprendimenti entro un unico percorso strutturante. E’ prevista l’unitarietà degli organi collegiali dei 3 ordini di scuola, un unico consiglio di istituto e un unico collegio dei docenti articolato in sezioni. Il decreto 65/2017 ha disposto la costituzione dei poli per l’infanzia presso direzioni didattiche e istituti comprensivi. 5)L’orientamento L’orientamento non riguarda uno specifico periodo, ma di una attività che accompagna la persona lungo l’arco di tutta la vita, si parla per questo di Lifelong Learning. L’orientamento può avere varie sfaccettature: Orientamento educativo: conoscenza di sé, consapevolezza attitudini, test per far emergere interessi personali; Orientamento formativo: serve per sviluppare competenze di base quali: analisi del contesto, ricerca autonoma fonti, strategie per prendere decisioni, tecniche di risoluzione problemi, capacità di elaborare progetti; Orientamento informativo: distribuzione di materiale informativo, informazioni fornite da insegnanti ed esperti, visite a strutture di vario genere (aziende, istituzioni, aziende, mostre); Orientamento personale: aiuta le scelte individuali, si tratta di un rapporto a due nel quale ci si rivolge a qualcuno di cui si ha fiducia. 5 – Valutazione e autovalutazione delle scuole 1)La valutazione nel sistema scuola Possiamo rintracciare diversi profili di valutazione: didattica: che deve apprezzare i processi e gli esiti dell’apprendimento; di istituto: rilevare le caratteristiche del servizio scolastico rogato; del sistema scuola: orientata a cogliere le tendenze, il rapporto qualità/costi ed i macro-indicatori di riferimento. Nell’autonomia scolastica c’è una valutazione interna, che coinvolge i soggetti stessi che compiono un’attività e che sono chiamati ad “autovalutarsi” ed una valutazione di sistema, condotta da soggetti esterni, finalizzata a testare il raggiungimento di obiettivi definiti per il sistema scuola. 2) Il Sistema nazionale per la valutazione del sistema educativo Con l’entrata in vigore dell’autonomia, la valutazione esterna svolta da organismi nazionali si combina con l’autovalutazione di istituto tesa a determinare il grado di raggiungimento degli obiettivi che essa stessa si è prefissata. Il D.Lgs 286 del 19/11/2004 ha istituito il Servizio nazionale di valutazione (SNV) del sistema educativo di istruzione e formazione, con l’obiettivo di valutare l’efficienza e l’efficacia del complessivo sistema di istruzione e formazione, inquadrandone la valutazione nel contesto internazionale ed europeo. Il SNV è articolato su 3 livelli: 1)Invalsi; 2) Indire; 3) Contingente ispettivo con l’obiettivo di attivare processi di miglioramento della didattica, dell’apprendimento e dei comportamenti professionali. Invalsi: proporre i protocolli di valutazione e i programmi delle visite alle istituzioni scolastiche da parte di ispettori esterni; definire indicatori di efficacia e di efficienza per le scuole in crisi e per la valutazione dei Dirigenti; redigere un rapporto periodico del sistema scolastico e formativo. Anche l’autovalutazione delle scuole deve seguire il quadro di riferimento predisposto dall’Invalsi. Indire: fornisce sostegno ai processi di miglioramento e innovazione educativa, di formazione in servizio del personale della scuola e di documentazione e ricerca didattica. Corpo ispettivo: ha la funzione di valutare le scuole e i Dirigenti scolastici ed è caratterizzato da autonomia e indipendenza. Questo corpo è coadiuvato dal coordinamento funzionale del SNV e dai nuclei di valutazione esterna. 3) L’invalsi (Istituto Nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione) Soggetto alla vigilanza del MIUR, oltre ad avere un ruolo di coordinamento funzionale, è un ente di ricerca che ha come obiettivo: 1) verificare periodicamente le conoscenze e le abilità degli studenti, l’offerta formativa; 2) svolgere ricerca nell’ambito delle finalità istituzionali; studiare le cause dell’insuccesso e della dispersione scolastica; 3) assumere iniziative per assicurare la partecipazione italiana a progetti di ricerca europei sulla formazione; 4) supportare e assistere l’amministrazione scolastica, le regioni, gli enti territoriali; 5) svolgere formazione del personale docente e dirigente; 6) formulare proposte al Ministero per la valutazione dei dirigenti scolastici; 7) monitorare il sistema di valutazione; 8) studiare e predisporre strumenti e modalità di valutazione degli apprendimenti; 9) predisporre prove a carattere nazionale per gli esami di stato; 10) svolgere attività di ricerca e innovazione al fine di realizzare iniziative di valorizzazione del merito; 11) svolgere attività di ricerca e assistenza tecnica alle regioni e Enti territoriali per realizzare iniziative di monitoraggio, valutazione e autovalutazione. L’INVALSI elabora le cosi dette prove Invalsi attraverso le quali le istituzioni scolastiche sono obbligate a periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti e sulle competenze degli studenti. 4) L’INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione, innovazione e ricerca educativa) E’ un ente di ricerca articolato in 3 nuclei territoriali con sedi a Torino, Roma e Napoli e si raccorda con le Regioni. Ha competenze in materia di: 1) formazione del personale docente (comportamenti professionali); 2) formazione del personale non docente e dei dirigenti scolastici; 3) utilizzo di nuove tecnologie per l’innovazione della didattica; 4) sviluppo della dimensione di collaborazione internazionale delle istituzioni scolastiche ed universitarie; 5) monitoraggio dei fenomeni scolastici e delle esperienze di innovazioni; 6) aggiornamento continuo alle scuole e agli insegnanti, dirigenti e personale ATA; 5) Il processo di valutazione e autovalutazione delle scuole Il processo di valutazione delle scuole può sintetizzarsi nelle seguente tabella: FASE 1 Autovalutazione Prevede l’analisi e la verifica del proprio servizio sulla base dei dati resi disponibili dal sistema informativo del Ministero. Le scuole devono elaborare anche un Rapporto di Autovalutazione (RAV) in formato elettronico secondo un quadro predisposto da INVALSI e formulare un Piano di miglioramento. La gestione del processo di autovalutazione interna è affidata al Dirigente scolastico. Tutte le scuole FASE 2 Valutazione esterna Prevedere l’individuazione delle situazioni da sottoporre a verifica, ovvero quanti e quali siano le scuole in difficoltà, sulla base degli indicatori di efficienza e di efficacia definiti dall’INVALSI e le conseguenti visite dei nuclei di valutazione che portano alla ridefinizione dei Piani di miglioramento in base alle analisi effettuate dagli stessi. 10% delle scuole ogni anno FASE 3 Azioni di miglioramento Si realizzano mediante la definizione e attuazione degli interventi migliorativi, anche con il supporto di INDIRE e degli istituti nazionali, o attraverso la collaborazione con università, centri di ricerca, istituzioni professionali e culturali. Tutte le scuole 6) L’autovalutazione delle scuole: il RAV Il primo passo per il processo di valutazione è il RAV (Rapporto di autovalutazione) che è compilato da tutte le istituzioni scolastiche, sia statali che paritarie, è curato dal dirigente scolastico e dal NIV (Nucleo Interno di valutazione, di cui fanno parte tutti i docenti in possesso di casella istituzionale). Il RAV, come versione semplificata del modello INVALSI CIPP (Contesto Input Processi Prodotti) si compone di 5 sezioni: 1) Contesto e risorse: la scuola esamina il contesto socio-economico, le opportunità, i punti di debolezza, la popolazione scolastica, il territorio, il capitale sociale, le risorse economiche e materiali, le risorse professionali; 2) Esiti degli studenti: sono analizzati i risultati scolastici in particolare il raggiungimento delle competenze europee e di cittadinanza; 3) Processi messi in atto dalla scuola: si analizzano le pratiche educative e didattiche attuate nella scuola, lo stato degli ambienti di apprendimento, le metodologie innovative e relazionali, i processi di inclusione e differenziazione, continuità e orientamento, pratiche gestionali e organizzative. Esiti: valutazione dei risultati raggiunti; Processi: le attività e gli interventi effettuati dalla scuola per realizzare un progetto e perseguire obiettivi. Contesto Esiti Processi Pratiche educative e didattiche Pratiche gestionali e organizzative Popolazione scolastica Risultati scolastici Curriculo, progettazione e valutazione Orientamento strategico e organizzazione della scuola Territorio e capitale sociale Risultati nelle prove standardizzate nazionali Ambiente di apprendimento Sviluppo e valorizzazione delle risorse umane Risorse economiche e Competenze chiave e di cittadinanza Inclusione e differenziazione Integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie b) Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca; c) Dipartimento per la programmazione e gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali; Il Ministro si avvale dei seguenti uffici: Ufficio di Gabinetto, segreteria del Ministro, l’ufficio legislativo, l’ufficio stampa, le segreterie del viceministro e dei sottosegretari di Stato, il servizio di controllo interno, la segreteria tecnica. 2.1) Le competenze del Ministro Il Ministro promuove l’istruzione scolastica e pubblica, è nominato dal Presidente della Repubblica su designazione del Capo del Governo. Al ministro spetta: definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali; l’individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie ed assegnale risorse ai dirigenti; la definizione dei criteri e dei parametri per l’organizzazione della rete scolastica; la valutazione del sistema scolastico; la determinazione e l’assegnazione delle risorse finanziarie dello Stato al personale e alle istituzioni scolastiche; le funzioni relative ai conservatori di Musica, alle accademie delle belle arti, agli istituti superiori per le industrie artistiche, all’accademia nazionale di arte drammatica, all’accademia nazionale di danza, alle istituzioni culturali straniere in Italia. 2.2) Conferenza permanente dei capi Dipartimento e dei direttori generali I capi dei dipartimenti, i dirigenti preposti e i dirigenti titolari degli Uffici scolastici regionali si riuniscono in conferenza per trattare le questioni attinenti al coordinamento delle attività nei rispettivi uffici e per formulare al Ministro proposte per l’emanazione di indirizzi e direttive. 3) Altri organi collegati all’amministrazione centrale A) Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI): è un organo collegiale di supporto tecnico scientifico, composto da 36 membri, il cui compito principale è formulare proposte al Ministro sulle politiche da perseguire in materia di istruzione universitaria, ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione generale. B) L’osservatorio per l’edilizia scolastica promuove iniziative di studio, ricerca, sperimentazione relativamente alla riqualificazione e manutenzione delle scuole, ai criteri di progettazione, ai costi e alla sicurezza. C) L’istituto nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI) è un ente di ricerca che si occupa di: 1) effettuare verifiche periodiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa; 2) studiare cause dell’insuccesso e della dispersione scolastica con riferimento al contesto sociale e alle tipologie dell’offerta formativa.; 3)promuovere periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti che interessano le istituzioni scolastiche. D) L’istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE) è un ente di ricerca che si occupa di definire e attuare i piani di miglioramento della qualità dell’offerta formativa e dei risultati degli apprendimenti degli studenti. 4) Amministrazione scolastica periferica: gli uffici scolastici regionali (USR) Il MIUR è articolato a livello periferico in Uffici Scolastici regionali che si configura alla stregua di un ministero regionale con poteri autonomi, in quanto persegue lo scopo primario di realizzare una pianificazione delle scelte educative e organizzative integrata con la programmazione dell’offerta formativa regionale, nonché di vigilare sul rispetto delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni, sull’attuazione degli ordinamenti scolastici, sui livelli di efficacia dell’azione formativa e sull’osservanza degli standard programmati. Vigila sulle scuole non statali paritarie e non paritarie, sulle scuole straniere in Italia, assegna alle istituzioni scolastiche le risorse finanziarie nonché le risorse di personale. In ciascun ufficio scolastico regionale operano 2 organi collegiali: 1) organo collegiale a composizione mista (rappresentanti dello Stato, Regioni e Autonomie) cui compete coordinamento gestionale e valutazione obiettivi programmati; 2) consiglio regionale dell’istruzione con competenze consultive e di supporto all’amministrazione a livello regionale. Gli USR sono organizzati in USP (Uffici Scolastici provinciali). 5) Gli ambiti territoriali La riforma della buona scuola definisce la composizione dell’organico e individua il meccanismo per la sua ripartizione tra Regione, ambiti territoriali e singole istituzioni scolastiche. I ruoli del personale docente sono regionali, articolati in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posti. Gli ambiti sono definiti da USR secondo: a) devono avere una dimensione subprovinciale e non comprendere scuole di provincie diverse; b) comprendere scuole sia del primo che del secondo ciclo; c) non possono prevedere una popolazione scolastica superiore ai 40.000 alunni e inferiore ai 22.000, per le aree metropolitane sino a 70.000. 6) Le competenze in materia di istruzione degli enti territoriali L’art. 117 della Costituzione prevede la POTESTÀ LEGISLATIVA ESCLUSIVA dello Stato in tema di norme generali: ordinamenti scolastici, ordini e gradi, durata, disciplina. L’art. 117 della Costituzione attribuisce alle Regioni la COMPETENZA LEGISLATIVA ESCLUSIVA sul sistema di istruzione e formazione professionale e quindi: rispetto standard formativi minimi. In materia di Istruzione scolastica Stato e Regioni hanno COMPETENZA LEGISLATIVA CONCORRENTE: lo stato stabilisce i principi generali, le Regioni l’organizzazione sul territorio, quindi ad esempio il calendario e l’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione. Le competenze del Comune in MATERIA DI ISTRUZIONE riguardano: educazione adulti; orientamento scolastico; supporto alla continuità verticale e orizzontale; prevenzione alla dispersione scolastica. Per quanto riguarda le scuole dell’infanzia e primaria: l’istituzione, aggregazione e fusione di scuole; servizi di supporto organizzativo; mensa scolastica; pianificazione rete scolastica; fornitura di attrezzatura e arredi. Le competenze delle Provincie è in materia di scuole secondarie: istituzione, soppressione e fusione di scuole; fornitura uffici, arredi e strumenti per le secondarie superiori; rete di trasporti; piani organizzativi della rete di istruzione; supporto agli alunni con disabilità. 7) Comunità scolastica e organi collegiali territoriali L’istituzione degli organi collegiali risponde all’esigenza di dar vita ad organismi rappresentativi degli interessi non solo pedagogici, ma anche squisitamente politici e sociali. Con la legge 477/1973 venne sovvertito l’assetto piramidale con l’istituzione del Consiglio Nazionale Pubblica Istruzione (CNPI), del Consiglio Scolastico Provinciale (CSP) il Consiglio di Circolo e di Istituto. Il D.Lgs 297/1994 suddivise il territorio in comprensori detti Distretti scolastici, con la presenza di scuole di ogni ordine e grado, il cui organo di governo era il Consiglio scolastico distrettuale. 8) Organi collegiali a livello di circolo e di Istituto Il Testo Unico Istruzione D.Lgs 297/1994 individua e disciplina gli organi collegiali che operano a livello di circolo e di istituto: Consiglio di intersezione nella scuola dell’infanzia; Consiglio di interclasse della scuola primaria;Consiglio di classe negli istituti di istruzione secondaria; Collegio dei docenti; Consiglio di circolo o d’istituto e la Giunta esecutiva; Comitato per la valutazione del servizio docenti; Assemblee studentesche e dei genitori. 9) Il Consiglio di Intersezione, di Interclasse e di Classe Il Consiglio di Intersezione (scuola dell’infanzia) è composto dagli insegnanti delle sezioni dello stesso plesso e dai docenti di sostegno, dal rappresentante dei genitori e dal Dirigente scolastico che lo presiede. Il Consiglio di Interclasse (scuola primaria) è composto dai docenti dei gruppi di classi parallele o dello stesso ciclo o dello stesso plesso, dai rappresentanti dei genitori per ciascuna classe interessata, dai docenti di sostegno e dal dirigente scolastico che lo presiede. Il Consiglio di Classe (scuola secondaria) è composto da docenti di ogni singola classe ed è presieduto dal dirigente scolastico. I Consigli di intersezione, interclasse e classe hanno il compito di formulare al Collegio dei docenti proposte in ordine all’azione educativa e didattica e ad iniziative di sperimentazione e di agevolare ed estendere i rapporti reciproci tra docenti, genitori e alunni. Spettano al Consiglio di Classe altre competenze: quali accoglimento domande di trasferimento da e per altri istituti italiani ed all’estero, formulazione del giudizio analitico sul profitto conseguito, sanzioni disciplinari. 10) Il collegio dei docenti Il collegio dei docenti è costituito esclusivamente da personale docente con qualifica di insegnante di ruolo o non di ruolo in servizio nel circolo e nell’istituto. L’organo è presieduto dal Dirigente scolastico, si insedia all’inizio dell’anno, ed è convocata dal Dirigente o da 1/3 degli iscritti, una volta ogni trimestre o quadrimestre. Le riunioni avvengono in orario di lavoro non coincidenti con le lezioni. Il Collegio esercita poteri: deliberanti: delibera su tutto quello che riguarda il funzionamento didattico del circolo o dell’istituto, la più importante di queste è il PTOF a cui si aggiunge: adeguamento programmi, adozione libri, scelta sussidi didattici; di proposta: formazione e composizione delle classi, assegnazione ai docenti, formulazione orario, svolgimento altre attività; propulsivi: promuove iniziative di innovazione e aggiornamento dei docenti, iniziative per alunni disabili, accoglimento alunni stranieri; valutazione: valuta periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica, proponendo opportune misure di miglioramento attività; indagine: esamina casi di scarso profitto o di comportamento irregolare degli alunni, ascolta i parere di specialisti; Il principio, definito dall’Enciclica Quadragesimo Anno, consisteva nell’affermazione che non si possono togliere ai singoli per trasferirli alla comunità, attributi che essi stessi sono in grado di acquisire di propria iniziativa e con i propri mezzi. Gli enti di ordine superiore devono aiutare, sostenere e promuovere lo sviluppo di quelli minori che si trovano in qualche modo tra il singolo cittadino e lo Stato e che vengono definiti corpi intermedi. Se i corpi intermedi svolgono una funzione sociale, lo stato non deve privarli delle loro competenze, ma piuttosto sostenerli, anche finanziariamente, e al massimo coordinare gli interventi. Nella seconda metà degli anni ottanta, il concetto giuridico di sussidiarità fa l’ingresso nell’Unione Europea, e in questo il principio assume il ruolo di criterio regolatore delle competenze tra più enti appartenenti a diversi livelli di governo: Unione Europea e Stato Membro. Con la Legge Bassanini (legge 59 del 1997) il Parlamento si proponeva di realizzare la massima espressione possibile di regionalismo avanzato a Costituzione invariata. In concreto, la sussidiarità colloca l’attuazione delle funzioni amministrative a livello di governo più vicino ai cittadini tenendo conto delle effettive dimensioni e potenzialità degli enti locali con l’affermazione di uno stato funzione in grado di sostituirsi allo stato persona. L’autonomia funzionale riconosciuta alle istituzioni scolastiche si inserisce nel nuovo disegno del sistema dell’istruzione evidenziando la relazione funzionale tra i diversi soggetti: Ministero, Uffici scolastici regionali, istituzioni scolastiche. Nella logica programmatoria questo comporta un ruolo attivo dell’Ufficio Scolastico Regionale nella proposta degli obiettivi strategici di politica scolastica. Tali obiettivi vanno incorporati nella direttiva annuale sull’azione amministrativa e la gestione. 3.2) Gli obiettivi della sussidiarità Gli obiettivi sono sostenuti da cinque principi: apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia, coerenza. L’apertura consiste nella comunicazione istituzionale affidata a tutti i soggetti pubblici. La scuola deve spiegare all’utenza quale è la sua azione, come viene costruita e in che cosa consistono le decisioni che adotta. La partecipazione deve essere la più ampia possibile dal momento dell’elaborazione al momento dell’esecuzione, l’interesse dei cittadini va sollecitato attraverso forme collaborative e partecipative. Le politiche scolastiche devono essere efficaci e tempestive, producendo risultati richiesti in base ad obiettivi chiari. La coerenza riguarda le politiche dei vari soggetti che si occupano della scuola e che devono essere tra di loro coerenti. Nel sistema scolastico la sussidiarità verticale si riconosce nell’allocazione delle diverse funzioni, da quella legislativa all’erogazione dei servizi, a quattro livelli: nazionale, regionale, territoriale e singola scuola. Il principio di sussidiarità orizzontale, nell’istruzione, è stato consolidato con la Legge n. 62 del 2000, legge sulla Parità scolastica, l’interesse pubblico è sostituito dall’interesse della collettività. La sussidiarità orizzontale si attua attraverso una libera scelta della famiglia che valuta il livello di offerta formativa da parte della scuola pubblica o privata ed esercita il suo diritto di scelta. 4) Glocalismo e analisi del territorio Il termine glocalismo è un neologismo che nasce dalla fusione tra globale e locale. L’impegno delle scuola su tematiche generali: economica, demografica, socioculturale. Per cogliere la vitalità economica è importante: 1) conoscere i dati relativi alla consistenza della popolazione attiva, non attiva, tassi di disoccupazione e di occupazione; 2) stimare le risorse economiche investite nel territorio da parte di enti locali a favore dell’istruzione; 3)conoscere il sistema produttivo del territorio, le tipologie produttive, i modelli organizzativi in uso, le strategie di sviluppo; 4) verificare la possibilità di stringere alleanze col mondo economico. 5) Disegnare la mappa dell’identità socio-culturale di un territorio Per disegnare l’identità socioculturale è necessario: 1) stimare il livello di istruzione della popolazione e dei genitori; 2) acquisire elementi circa le domande di formazione in età non scolare interessate alla formazione; 3) rilevare la diffusione degli strumenti culturali di accesso individuale alla cultura: lettura di quotidiani, possesso di pc; 4) conoscere strutture che contribuiscono alla diffusione della cultura: biblioteche, emeroteche, teatri, cinema, circoli ricreativi, oratori, cineforum; 5) evidenziare bisogni linguistici particolari di minoranze; 6)stimare il rischio alfabetico; 7) censire e intercettare e associazioni che si occupano di free time, cura di se e volontariato; 8) individuare la diffusione di agenzie nei settori culturali e formativi. Il territorio potrebbe essere rappresentato da una sorta di mappa valida e da essa può scaturire il piano dell’offerta formativa. 6) Le principali forme di collaborazione interistituzionale 6.1) I partenariati educativi Con l’espressione partenariato si intende la realizzazione di un confronto tra più soggetti diversi coinvolti nello stesso settore i quali cercano una soluzione comune, che raggiunga il massimo consenso, per il raggiungimento degli obiettivi condivisi. Le istituzioni operano per la realizzazione di patti formativi- educativi sul territorio con partenariati a livello: locale, regionale nazionale ed europeo. I protocolli d’intesa, le convenzioni, gli accordi, i consorzi di scuole sono gli strumenti più utilizzati nella creazione delle reti di scuole e prevedono la partecipazione di diversi componenti: enti locali (comuni, provincie, comunità montane), organismi di partecipazione decentrata (consigli di circoscrizione), camere di commercio, associazioni culturali, musei e biblioteche, istituti di ricerca e Università, privato sociale e terzo settore, centri e enti di formazione professionale, ordini e associazioni professionali, servizi assistenziali e socio sanitari. Il risultato sarà dunque un progetto educativo, frutto della collaborazione, che tiene conto della pluralità dei bisogni, della molteplicità delle risorse, ma anche della complessità dei vincoli. 6.2) Le reti di scopo e le reti di ambito L’art. 7 del DPR 275/1999 prevede la possibilità di fare accordi tra scuole che reputano di poter condividere percorsi di vario genere, in base ad affinità strutturali o per finalità condivise, al fine di migliorare il servizio erogato all’utenza. La tipologia di reti realizzabili è molto variegata: reti di libero scambio (associazionismo e gruppi spontanei); reti locali di scuole su tematiche di progetto, sulla base di apposite convenzioni e protocolli d’intesa; reti di servizi per la messa in comune di risorse; reti nazionali di progetti e partenariati anche a livello europeo. Dopo aver messo a punto uno studio di fattibilità, e predisposto un progetto da realizzare, il collegio dei docenti, sentito il Dirigente scolastico, propone alle altre istituzioni scolastiche la realizzazione di reti di scopo. Con l’avvento della Buona scuola, si sono costituite delle reti di scuola in proporzione all’ambito territoriale di riferimento, note come reti di ambito, all’interno delle quali è possibile individuare delle scuole-capofila e diverse scuole-polo. 6.3) Il Piano educativo territoriale Si tratta di una particolare forma di contratto formativo tra scuola, famiglia e territorio (enti locali, agenzie, associazioni, Asl) sulla base di reciproci impegni assunti in vista di un miglioramento di un determinato e specifico ambito dell’attività dell’istituzione scolastica. Il Piano è un documento che attesta l’identità progettuale del territorio e costituisce l’applicazione pratica dell’esigenza di integrazione dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche con le risorse presenti sul territorio. 7) Il ruolo delle famiglie 7.1) Il patto educativo di corresponsabilità Il Patto educativo di corresponsabilità nasce in un provvedimento (D.P.R. 235/2007 di modifica dello statuto degli studenti della scuola secondaria) che era destinato ad inasprire le misure sanzionatorie previste per gli allievi autori di illeciti, e che richiama le famiglie all’assunzione delle proprie responsabilità nell’educazione dei propri figli. Il patto è una sorta di contratto tra la comunità della scuola e le famiglie da firmare all’atto dell’iscrizione, in maniera da definire la misura della condivisione delle responsabilità, i diritti e i doveri necessari per la gestione corretta del rapporto scuola-famiglia. Gli elementi sono: riconoscimento della parità tra le parti, condivisione degli strumenti educativi e comportamentali. 7.2) Il contratto formativo Il contratto formativo costituisce la dichiarazione esplicita e partecipata dell’operato della scuola per quel che riguarda il ruolo dei docenti e degli alunni nella quotidiana azione didattica. Il Dirigente scolastico e i docenti dichiarano ed esplicitano l’offerta formativa, e le famiglie e gli allievi riconoscono il Curriculo di Istituto, esprimono il loro parere e collaborano alla sua realizzazione. 8- Offerta formativa e programmazione 1) Il Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF) Il POF prende il posto dei programmi ministeriali, attribuendo a ciascuna scuola il compito di definire, nel rispetto delle indicazioni nazionali e delle linee guida, la propria identità culturale e progettuale. Con la Legge n.107/2015 il POF è stato sostituito dal PTOF, progettazione formativa triennale, inteso come strumento di programmazione e gestione interna, atto a rilevare la situazione di partenza, evidenziare le linee di sviluppo e possibili scostamenti dagli obiettivi. Contiene in dettaglio: la programmazione curriculare ed extracurriculare, la programmazione educativa, didattica e organizzativa. Attraverso il PTOF la scuola presenta le proprie attività e i propri obiettivi, mettendosi in concorrenza con le altre scuole. 1.1)Il vecchio Progetto educativo di istituto Con il DPCM del 7 giugno 1995 la scuola si doveva dotare del PEI che conteneva le scelte educative e organizzative delle risorse, e costituiva un impegno per l’intera comunità scolastica. 2) Elaborazione e struttura del PTOF Tutte le scuole devono predisporre, entro il mese di ottobre dell’anno scolastico precedente al triennio, il Piano Triennale dell’offerta formativa. Il Piano è elaborato dal Collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi e delle scelte di gestione e amministrazione definiti dal Dirigente Scolastico, che tiene conto, delle proposte formulate dalle associazioni di genitori e dagli studenti. Il piano è approvato dal Consiglio di Circolo o di Istituto. Gli ambiti di intervento del PTOF, in ottemperanza agli obiettivi formativi: 1) predisposizione del curriculo verticale, linguistico, matematico, tecnologico, digitale, musicale e sportivo; 2) progettazione di attività didattiche curriculari e extracurriculari in coerenza con i risultati di apprendimento; 3) individuazione dei posti comuni e di sostegno, del personale ATA, delle infrastrutture e attrezzature materiali; 4)promozioni di iniziative volte a contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali; 5)pianificazione di attività che comportano lo sviluppo di 8 competenze chiave di cittadinanza così come indicate dalla Raccomandazione UE; 6) attuazione di principi di pari opportunità. Il Piano dell’offerta formativa può articolarsi in quattro parti: 1) le fonti (situazione istituto, esperienza passata, prospettive di sviluppo, situazione locale, fabbisogni formativi, aspettative degli studenti); 2) le offerte e i programmi (didattica, l’orario, il curriculo, l’integrazione, gli impegni relazionali e strutturali); 3) il regolamento (autoregolazione dei diritti e dei doveri di docenti e alunni, il rapporto reciproco tra gli stessi e il rapporto tra docenti e genitori); 4)la valutazione (metodi, modalità di verifica, valutazione delle prestazioni). La commissione europea ha individuato 3 motori di crescita dell’Europa da realizzare mediante azioni concrete a livello europeo e nazionale: 1) crescita intelligente (promuove la conoscenza, l’innovazione, l’istruzione e la società digitale); 2) crescita sostenibile (rendendo la produzione dell’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse e rilanciando la competitività) 3) crescita inclusiva (partecipazione al mercato del lavoro, acquisizione di competenze e lotto alla povertà). L’obiettivo della STRATEGIA DI LISBONA del 2000 era di rendere entro il 2010 il sistema economico europeo basato sulla conoscenza, competitivo e dinamico, definendo le competenze base che ogni alunno deve raggiungere al termine del periodo obbligatorio di istruzione. L’istruzione avrebbe dovuto garantire: istruzione e formazione offrono a tutti i giovani gli strumenti per sviluppare le competenze chiave; si tenga conto degli studenti che, a causa di svantaggi educativi determinati da circostanze personali, sociali, culturali o economiche hanno bisogno di un sostegno particolare; gli adulti siano in grado di sviluppare e aggiornare le loro competenze chiave in tutto il corso della vita. Le competenze chiave sono 8: 1) comunicazione nella madre lingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere; 3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4) competenza digitale; 5) competenze sociali e civiche; 6) imparare ad imparare; 7)Spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8) Consapevolezza ed espressione culturale. 3.1) Le competenze chiave di cittadinanza Le competenze precisate dalla Raccomandazione europea sono state richiamate dal decreto 22 agosto 2017 n. 139 e ha richiamato le competenze chiave di cittadinanza: 1)Imparare ad imparare: appropriarsi del proprio metodo di studio; 2)Progettare: sapersi dare obiettivi significativi e realistici; 3)comunicare: comprendere e produrre messaggi nelle varie forme comunicative; 4)collaborare e partecipare: interagire con gli altri; 5) agire in modo autonomo e responsabile: riconoscere il valore delle regole; 6)risolvere problemi: affrontare e contribuire a risolvere situazioni problematiche; 7) individuare collegamenti e relazioni: possedere strumenti che permettano di affrontare la complessità del vivere nella società; 8) acquisire ed interpretare l’informazione: acquisire criticamente l’informazione valutandone l’attendibilità e l’utilità. 3) Le raccomandazioni sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente del 2018 Il 22 maggio 2018 il Consiglio dell’Unione Europea ha introdotto le nuove raccomandazioni sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente che rinnova e sostituisce la precedente raccomandazione del 2006. Tenendo conto delle profonde trasformazioni economiche, sociali e culturali degli ultimi anni nonché delle gradi difficoltà nello sviluppo delle competenze base dei più giovani, il documento fa emergere una crescente necessità di maggiori competenze imprenditoriali sociali e civiche. Il Pilastro europeo dei diritti sociali, adottato dall’UE il 17 novembre 2017, durante il vertice di Goteborg, sancisce come suo primo principio, che ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transazioni nel mercato del lavoro. Promuovere lo sviluppo delle competenze è uno degli obiettivi europei, mentre indagini internazionali indicano che una quota costantemente elevata di adolescenti e adulti dispone di competenze di base insufficienti, pertanto è diventato importante investire nelle competenze di base 4.1) Le nuove competenze chiave Le competenze sono definite come una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti: la conoscenza si compone di fatti, cifre, concetti, idee e teorie per comprendere un certo settore o argomento; per abilità si intende sapere ed essere capaci di eseguire processi ed applicare le conoscenze esistenti; gli atteggiamenti descrivono la disposizione e la mentalità per agire o reagire a idee, persone o situazioni. Le conoscenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, l’occupabilità, l’inclusione sociale, uno stile di vita sostenibile e si sviluppano in una prospettiva di apprendimento permanente. Il quadro delinea otto competenze chiave: alfabetica funzionale, multilinguistica, matematica e scienze, tecnologie e ingegneria, digitale, personale e sociale e capace di imparare, materia di cittadinanza, imprenditoriale, materia di consapevolezza ed espressione culturale. 5) La raccomandazione sulla promozione di valori comuni europei del 2018. Il 17 gennaio 2018 il Consiglio Europeo ha adottato anche la Raccomandazione sulla promozione di valori comuni, di un’istruzione inclusiva e della dimensione europea dell’insegnamento. Obiettivi delle Raccomandazioni sono rafforzare la coesione sociale e contribuire a contrastare l’avanzamento del populismo, della xenofobia e del nazionalismo. Alcune indagini condotte dall’UE nei Paesi Membri hanno evidenziato un livello notevolmente basso di conoscenza dell’unione, per tale motivo è necessario promuovere l’identità europea grazie all’istruzione e alla cultura, nonché i valori comuni come vettori di coesione sociale e di integrazione. 6) Le competenze nelle Indicazioni nazionali 2007 e 2012 Per adeguarsi alle direttive UE del 2006 e per garantire maggiore autonomia alle scuole nella progettazione educativa, con il DM 31 luglio 2017 furono emanate le nuove indicazioni per il Curriculo per la scuola dell’Infanzia e per il primo ciclo di istruzione. Le nuove indicazioni intendevano preparare i giovani al futuro e alla vita adulta fornendo loro le competenze indispensabili per essere protagonisti nella realtà socio-economica. Le indicazioni nazionali 2012 confermano il tema delle competenze chiave soprattutto per la scuola primaria. Il termine competenze rimanda a un’idea di apprendimento attivo, a qualcosa che rimane negli alunni al di fuori della scuola. Viene dunque promossa una didattica per competenze destinata a: valorizzare esperienze e conoscenze degli alunni; promuovere interventi adeguati per le singole diversità;promuovere l’apprendimento per esplorazione e scoperta; promuovere l’apprendimento collaborativo; stimolare la consapevolezza del proprio stile di apprendimento;sviluppare la laboratorietà. Sezione 2: La normativa sull’inclusione 1- la normativa sull’integrazione degli alunni disabili: storia ed evoluzione 1)Dall’integrazione all’inclusione I termini integrazione e inclusione sembrano sinonimi, ma sono nati in periodi differenti. L’integrazione è un concetto superato, anche se innovatore rispetto all’impostazione originaria che riteneva che i disabili dovessero seguire percorsi di istruzione separati da quelli ordinari. Negli anni ’70 si incentivava l’inserimento del disabile in una classe comune pensata per normodotati. Dal 2009 si è passati al concetto di inclusione: non è l’alunno con problemi che deve integrarsi all’interno di una classe di normodotati, ma è la scuola, la classe che deve includerlo, accoglierlo, rimodellando il suo stesso approccio didattico e valorizzando la diversità che diventa risorse anche per il gruppo. L’inclusione investe la sfera della didattica, quella psicopedagogica, antropologica e culturale in cui la posta in gioco è la progressiva capacità di intendersi, condividere progetti, coltivare speranze comuni. L’inclusione di allievi stranieri, potrebbe essere una preziosa occasione per mettere a confronto storie diverse, recuperare il senso della nostra memoria. Partire dalla propria storia non significa solo dire chi siamo stati e capire chi siamo adesso, ma anche ricavare dall’intreccio biografico di esperienze passate e presenti i segni che ci indichino quali sono le nostre attitudini e quali direzioni intraprendere. Questo richiede per i docenti un profondo cambiamento di stile e di comportamento e una precisa capacità di progettare percorsi formativi in stretta collaborazione con giovani, famiglie, territorio ed enti locali. 2)L’integrazione scolastica in Italia L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un processo avviato da oltre trent’anni, radicato nella scuola italiana e dinamico perché necessita di continui interventi di riprogettazione, finalizzati all’adeguamento di casi sempre diversi. L’idea della scuola aperta a tutti nasce in Italia negli anni della contestazione giovanile del 1968. Le lotte studentesche diedero una spallata alle arretrate strutture scolastiche e universitarie e sensibilizzarono la collettività nei confronti di alcune contraddizioni di fondo della società occidentale contribuendo a modificare i rapporti tra cittadino e istituzioni. 2.1) Dall’inserimento all’integrazione: la legge 118/1971 Con la legge 30 marzo 1971 n.118 si introduce il principio secondo il quale per i minori invalidi civili l’istruzione obbligatoria debba avvenire nelle classi normali della scuola pubblica salvi i casi di gravi deficienze intellettuali o menomazioni fisiche tali da impedirne l’inserimento. Questo è il presupposto normativo per l’inserimento scolastico degli alunni portatori di qualsiasi tipo di handicap. La norma contiene delle misure per garantire la frequenza scolastica tra le quali: 1) il trasporto gratuito dalla propria abitazione alla sede della scuola, a carico dei patronati scolastici o dei consorzi dei patronati scolastici. 2)l’accesso mediante il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche; 3) l’assistenza durante gli orari scolastici degli invalidi più gravi. 2.2) Il documento Falcucci (1975) Il Documento Falcucci del 1975 racchiude la filosofia dell’integrazione scolastica e apre la strada alla frequenza degli alunni disabili nelle classi comuni. Questo documento fu allegato alla circolare ministeriale n.227 dell’8 agosto 1975 “interventi a favore degli alunni handicappati”. Nello stesso documento si parlava di “Progetto educativo”, un modello di insegnamento che superava il concetto dell’unicità del rapporto insegnante-classe attribuendo ad un gruppo di insegnanti interagenti la responsabilità globale verso un gruppo di alunni, con la conseguente necessità di programmare, attuare e verificare il progetto educativo, servendosi della collaborazione di specialisti. Nella scuola primaria questo ha portato a prevedere un insegnante in più ogni tre gruppi di allievi, insegnante particolarmente qualificato, pensato come esperto specialista di metodologia didattica. 2.3) La legge n. 517 del 1977 E’ il primo testo legislativo diretto a disciplinare in maniera completa ed esauriente l’integrazione degli alunni portatori di handicap. Vengono abolite le classi differenziali per gli alunni svantaggiati e introduce gli strumenti necessari per attuare tale integrazione: l’insegnante di sostegno nelle scuole elementari e medio e il principio dell’individuazione dell’insegnamento. Per la scuola elementare si parla di interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni…devono inoltre essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico- pedagogico, e forme particolari di sostegno. La strategia europea sulla disabilità, nasce all’interno della più ampia strategia politica Europa2020 con lo scopo di implementare l’inclusione sociale dei soggetti deboli, garantendone il benessere e il pieno esercizio dei propri diritti. L’obiettivo è far crescere l’Europa sotto tre profili: intelligenza, promuovendo lo sviluppo delle conoscenze e dell’innovazione; sostenibilità, con un’economia sempre più orientata alla biocompatibilità; inclusività, e dunque volta a promuovere l’occupazione, la coesione sociale e territoriale. La Commissione europea ha individuato otto aree d’azione congiunta, tra gli stati membri dell’UE: 1) accessibilità: i disabili devono poter fruire liberamente di beni, servizi, dispositivi di assistenza specifica alla propria patologia (trasporti, strutture e tecnologie); 2) partecipazione: pieno esercizio dei diritti fondamentali legati alla cittadinanza dell’Unione; 3) uguaglianza: la Commissione si impegna a far si che i paesi membri diano applicazione della legislazione europea in materia di contrasto alle discriminazioni per la disabilità; 4) occupazione: si evidenzia l’aumento del numero di lavoratori disabili sul mercato da ridurre incentivando l’occupazione attraverso politiche di miglioramento dell’accessibilità ai luoghi di lavoro; 5) istruzione e formazione: grande attenzione è riservata agli studenti disabili che devono poter accedere all’istruzione e alla formazione mediante misure di accompagnamento individuale. 6) protezione sociale: rientrano le misure messe in campo per contrastare i rischi di disparità di reddito, povertà ed esclusione sociale ai quali sono esposti i disabili; 7) salute: prescrive che i paesi membri adeguino i costi delle strutture e dei trattamenti in modo da rendere il costo accessibile e le prestazioni idonee. 8) azione esterna: il raggio d’azione delle politiche promosse nell’ambito del documento ha portata internazionale. 2-L’attuale quadro normativo in materia di inclusione 1) La legge 107/2015 e il decreto attuativo D. Lgs n. 66/2017 Negli ultimi anni la materia dell’INCLUSIONE è stato oggetto di rivisitazioni sul piano operativo e organizzativo. L’art.1 del decreto legislativo n. 66/2017 si legge: l’inclusione riguarda le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti. Risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto di autodeterminazione, all’accomodamento ragionevole, alla prospettiva del miglioramento della qualità della vita”. Il primo elemento è il coinvolgimento di tutte le componenti scolastiche. L’inclusione si realizza attraverso la definizione del progetto individuale tra tutti gli enti che devono poter collaborare per la crescita e la formazione degli studenti; scuola, famiglia, altri enti, pubblici e privati, operanti sul territorio. Il PEI realizzato e condiviso a livello scolastico è parte integrante del progetto individuale. Il documento illustra i compiti spettanti a ciascun attore istituzionale coinvolto nel processo di inclusione (stato, regioni, enti locali), incrementa la qualificazione professionale specifica delle commissioni mediche, riordina e rafforza i gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica. All’art. 3 del D. Lgs 66/2017 stabilisce che lo stato provveda ad assegnare: docenti di sostegno, personale ATA, risorse economiche. Presso il Miur è istituito l’Osservatorio Permanente per l’Inclusione Scolastica (soggetti pubblici e privati, associazione disabili, ministro) a cui vengono assegnati compiti di monitoraggio, analisi e proposta su leggi e norme, attività e sperimentazione nel campo dell’inclusione. Un altro elemento fondamentale è la valutazione della qualità dell’inclusione (art. 4) e fa parte del Regolamento sul Sistema Nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione (art. 6 del DPR n. 80/2013). A valutazione è prodotta da INVALSI sulla base delle rilevazioni predisposte da Osservatorio e tiene conto: livello di inclusività del PTOF; realizzazione di percorsi personalizzati, individualizzati e differenziati; coinvolgimento interno nell’elaborazione PAI e nella realizzazione dei processi di inclusione; valorizzazione delle competenze professionali; accessibilità e fruibilità di risorse, attrezzature, strutture e spazi. La domanda per l’accertamento della disabilità (Legge n. 104 del1992) è presentata all’INPS. La novità più significativa è l’adozione del modello bio-psico-sociale della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nell’ambito del nuovo Profilo di funzionamento. La struttura del PEI (Piano educativo Individualizzato) non cambia ma tiene conto delle indicazioni introdotte dalla legge n. 107/2015 ed in particolare: 1) è redatto sulla base della certificazione di disabilità e del profilo di funzionamento; 2) definisce gli strumenti per l’alternanza scuola-lavoro; 3)nel passaggio tra i gradi di istruzione è assicurata l’interlocuzione tra i documenti della scuola di provenienza e quelli di destinazione. Il Progetto individuale, redatto da Servizi sociali e le famiglie (previsto dalla legge n. 328/2000) costituisce una novità in materia di inclusione e riguarda l’insieme delle misure che l’ente locale deve assicurare al soggetto disabile. Il Piano di inclusione, costituisce il principale documento programmato-attuativo delle istituzioni scolastiche in materia di inclusione, illustra i necessari interventi educativi, coordina i processi di accoglienza e formula un’ipotesi globale di utilizzo funzionale delle risorse finanziarie, professionali e funzionali. Il Piano è ricompreso nel Piano triennale dell’offerta formativa. L’art. 16 del decreto n.66/2017 affronta la problematica dell’istruzione domiciliare: le istituzioni scolastiche, in collaborazione con l’URS, gli enti locali e le Asl. Un elemento fondamentale del decreto riguarda la formazione iniziale universitaria specifica degli insegnanti per il sostegno della scuola dell’infanzia e primaria con un aumento dei crediti per la didattica inclusiva e la pedagogia sociale. 2) Le modifiche e le integrazioni del D.Lgs 96/119 Noto come Decreto inclusione amplia la prospettiva inclusiva e introduce significative novità relative alla Governance per l’integrazione, stabilisce che la responsabilità dell’integrazione deve essere assunta non dalla singola classe, ma si realizza nell’identità culturale, educativa, progettuale, nell’organizzazione e nel curriculo delle istituzioni scolastiche. Tre principi: - principi dell’accomodamento ragionevole: categoria valoriale di riferimento per l’utilizzo delle risorse e la realizzazione delle prestazioni per l’inclusione scolastica; - principio dell’autodeterminazione: pone gli studenti nelle condizioni di esprimersi nella massima misura possibile per poter essere protagonisti del proprio progetto di vita; - principio di corresponsabilità educativa: che richiama l’intera comunità scolastica all’adozione di strategie, interventi, scelte operative, volte al soddisfacimento dei bisogni educativi. L’art. 5 del D. Lgs 66/2017 prevede una più dettagliata composizione delle commissioni mediche: medico legale, due medici specializzati scelti tra pediatria e neuropsichiatria infantile, e di un medico specializzato nella patologia dell’alunno. Le commissioni mediche effettuano l’accertamento delle condizioni di disabilità in età evolutiva che è permesso grazie all’estensione dell’approccio bio-psico-sociale del modello ICF, il quale permette di delineare un quadro completo e funzionale dell’alunno a livello scolastico, personale e famigliare. Il PEI (Piano educativo Individualizzato) va redatto secondo la classificazione ICF, ossia sulla base della descrizione dello stato di salute, al fine di cogliere le difficoltà nel contesto socio culturale. Il decreto 96/2019 stabilisce che il PEI deve contenere la quantificazione delle ore e delle risorse necessarie per il sostegno nonché gli strumenti, le strategie e gli interventi educativi e didattici e il PEI è definito come facente parte del progetto individuale (strumento omnicomprensivo). Il decreto 96/2019 rafforza la sinergia all’interno della scuola e la collaborazione inter-istituzionale sul territorio. Il progetto individuale NON è più affidato alla competenza esclusiva dell’ente locale (D.Lgs 66/2017), ma all’azione sinergica di quest’ultimo con l’ASL competente, su richiesta e con la collaborazione dei genitori o di chi ne esercita la genitorialità. Al fine di coordinare le politiche di inclusione è rinnovato l’assetto dei Gruppi di inclusione: il GLIR (Gruppo di lavoro inter-istituzionale regionale) ha compiti di consulenza e proposta all’USR per la definizione, attuazione e verifica degli accordi di programma; il GIT (Gruppo per l’inclusione territoriale) istituito a livello provinciale è costituito da un nucleo di docenti esperti che ha il compito di supportare le scuole nella redazione del PEI e del Piano di inclusione; il GLI (Gruppo di lavoro per l’inclusione) composto da docenti e docenti di sostegno, personale ATA e ASL, genitori e associazioni persone con disabilità, ha il compito di supporto al Collegio dei docenti nella definizione e attuazione del Piano di Inclusione, e di supporto ai docenti contitolari e ai consigli di classe nell’attuazione del PEI; il GLO (Gruppo di lavoro operativo) composto da docenti, genitori alunno con disabilità, figure professionali specifiche, con il supporto dell’unità di valutazione multidisciplinare, di un rappresentante designato dall’ente locale opera in sinergia con il GLI e svolge i compiti concernenti la redazione del PEI e quantifica le ore di sostegno. Il decreto riconosce la valenza dell’azione di rete e istituzionalizza i Centri territoriali di supporto come contesti di consulenza delle azioni di formazione e monitoraggio finalizzate all’inclusione sociale e definisce la formazione in ingresso per diventare docenti di sostegno dell’infanzia e della primaria si dovrà seguire e superare un “Corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l’inclusione sociale”. 3- Centri territoriali e Gruppi di lavoro 1) Centri Territoriali di Supporto (CTS) e Centri Territoriali per l’Inclusione (CTI) I Centri Territoriali di Supporto sono stati istituiti dagli Uffici Scolastici Regionali in accordo con il MIUR mediante il progetto Nuove tecnologie e Disabilità al fine di renderli punto di riferimento per le scuole, in sinergia con Provincie, Comuni, Municipi, Servizi Sanitari, Associazioni di persone con disabilità, Centri di ricerca di formazione e di documentazione. I CTS: 1) informano sulle risorse tecnologiche disponibili sia gratuite che commerciali; 2) organizzano iniziative di formazione sui temi dell’inclusione scolastica e sui BES, nell’ambito delle tecnologie per l’integrazione; 3) offrono consulenza, coadiuvando le scuole nella scelta dell’ausilio e accompagnandolo gli insegnanti nell’acquisizione di competenze e pratiche didattiche; 4) possono promuovere intese e accordi territoriali con i servizi socio sanitari del territorio. I Centri Territoriali per l’inclusione, a livello territoriale meno esteso (può coincidere con il distretto socio sanitario) assicura la massima ricaduta possibile delle azioni di consulenza, formazione, monitoraggio e raccolta buone pratiche perseguendo l’obiettivo di sempre maggior coinvolgimento degli insegnanti. 2) Storia dei Gruppi di lavoro per l’integrazione (art. 15 legge 104/1992) Istituiti presso l’ufficio scolastico provinciale dall’art. 15 della legge 104/1992 i Gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica (GLH da gruppi di lavoro handicap)“hanno compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi, di consulenza alle singole scuole, di collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell’esecuzione degli accordi di programma di cui agli articoli 13, 39, 40, per l’impostazione e l’attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché per qualsiasi altra attività inerente all’integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento”. Essi sono costituiti da insegnanti, operatori dei servizi, familiari, studenti, con il compito di collaborare alle iniziative educative e di integrazione degli alunni in difficoltà. I GLH si suddividono in GLIP (Gruppi di lavoro inter-istituzionali Il profilo di funzionamento ricomprende la diagnosi funzionale e il profilo dinamico-funzionale ed è redatto da un’Unità di valutazione multidisciplinare nell’ambito del SSN, composta da: 1) uno specialista in neuropsichiatria infantile o un medico specialista, esperto nella patologia che connota lo stato di salute del minore; 2) due delle seguenti figure: un esercente di professione sanitaria nell’area della riabilitazione, uno psicologo nell’età evolutiva, un assistente sociale o un pedagogista o un altro delegato, in possesso di specifica qualificazione professionale, in rappresentanza dell’ente locale di appartenenza. Il Profilo di funzionamento contiene indicazioni relative anche alle competenze professionali e alla tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali utili ai fini dell’inclusione. Esso viene aggiornato ad ogni passaggio di grado di istruzione e in caso di sopravvenute condizioni di funzionamento. I Genitori dell’alunno/a disabile inviano il Profilo di funzionamento alla scuola per la redazione del Piano educativo individualizzato e all’Ente locale per la predisposizione del Progetto individuale. Il Progetto individuale, di cui il PEI fa parte, è redatto dall’Ente locale di competenza, d’intesa con la ASL, sulla base del Profilo di funzionamento, su richiesta e con la collaborazione dei genitori 2) Il Piano educativo individualizzato (PEI) Il PEI rappresenta il progetto di vita scolastica di ogni alunno con disabilità, nel quale sono esplicitati i diversi interventi didattico-educativi, riabilitativi, di socializzazione e integrazione predisposti in favore dell’alunno. In base all’art. 7 D.Lgs 66/2017, modificato dal decreto n. 96 del 2019, il PEI individua gli obiettivi educativi e didattici, strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento nelle dimensioni della relazione, della socializzazione, della comunicazione, dell’interazione, dell’orientamento, anche sulla base della corresponsabilità educativa. Nel PEI sono esplicitate le modalità di sostegno didattico, la proposta del numero di ore di sostegno, le modalità di verifica, i criteri di valutazione, gli interventi di assistenza igienica e di base svolti presso il plesso. Il documento viene elaborato e approvato dal Gruppo di Lavoro Operativo per l’inclusione, composto dal team dei docenti contitolari o dal Consiglio di Classe, con la partecipazione dell’alunno con disabilità, delle figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica, nonché con il supporto dell’unità di valutazione multidisciplinare, oltre all’alunno nel rispetto del principio di autodeterminazione. Nella redazione del PEI, a partire dalla scuola dell’infanzia, occorre tenere dell’accertamento delle condizioni di disabilità e del Profilo di funzionamento. Il documento indica le modalità di coordinamento degli interventi in esso previsti e come questi si intersecano con il Progetto Individuale. Il PEI viene redatto, entro giugno in modalità provvisoria, ed entro ottobre in via definitiva. Sulla base dei singoli PEI di ogni alunno, nell’ambito del PTOF la scuola predispone il piano per l’inclusione. La Diagnosi funzionale La Diagnosi Funzionale permette di evidenziare non solo il tipo di deficit, ma anche le potenzialità di ciascun alunno con disabilità, unitamente alle previsioni degli obiettivi da raggiungere a medio-lungo termine. La Diagnosi funzionale deve contenere: 1) anamnesi familiare; 2)aspetti clinici (anamnesi fisiologica e patologica , diagnosi clinica); 3) aspetti psicosociali relativi all’area cognitiva, affettivo relazionale, linguistica, sensoriale, motorioprassica, neuropsicologica. La D.F. deve essere aggiornata in relazione all’evoluzione dell’alunno e al passaggio dei vari ordini di scuola. Il Profilo Dinamico funzionale Il Profilo Dinamico Funzionale è formulato sulla base della Diagnosi Funzionale e sulla conoscenza che gli operatori hanno del soggetto, documentata dal Fascicolo personale dell’alunno. I CONTENUTI riguardano i seguenti ambiti: cognitivo, affettivo relazionale, comunicazionale, linguistico, sensoriale, motorio prassico, neuropsicologico. Per ogni asse va analizzato il funzionamento e il prevedibile livello di sviluppo. FONTI PER LA REDAZIONE DEL PDF sono: la diagnosi funzionale, il fascicolo personale dell’alunno, le informazioni della scuola precedente, le informazioni della famiglia, le osservazioni sistematiche. IL PDF E’ SOGGETTO A VERIFICHE per un bilancio diagnostico e prognostico alla fine del secondo e quarto anno della scuola primaria, del secondo anno della secondaria di primo grado e del secondo e quarto anno della secondaria di secondo grado. IL PDF DEVE ESSERE AGGIORNATO ala fine dell’infanzia, scuola primaria, secondaria di primo grado e durante la secondaria di secondo grado. 3) La progettazione del PEI Per elaborare un PEI efficace e funzionale occorre sapere cosa l’alunno sa fare, cosa non sa fare e cosa potrebbe fare. L’insegnante di sostegno deve fornirsi di tutte le informazioni necessarie di buona riuscita e deve coinvolgere i docenti della classe e tutto il personale che opera nella scuola. I documenti necessari all’elaborazione del PEI sono: PEI anno precedente; programmazione didattica individualizzata; profilo di funzionamento; verbali riunioni previste dalla 104/92; eventuale progetto di continuità (C.M. 1/88), progetti di tempo integrato (extrascuola, rieducativi); progetti significativi per l’integrazione e presenti nel PTOF. Interventi educativi Area Socio-affettiva e Psico-motoria Interventi didattici Area Linguistico-comunicativa, logico-matematica, tecnico-pratica e singole discipline. Il PEI deve essere stilato, seguendo la classificazione ICF, e nella stesura del progetto educativo occorre: 1) raccogliere informazioni con strumenti oggettivi (schede, griglie, questionari); 2)utilizzare e progettare griglie per la registrazioni di abilità; 3) analizzare le certificazione e i documenti scolastici; 4)esaminare i dati. Nel lavoro di classificazione possono essere utili schemi (asse cognitivo e asse della comunicazione) che mettono in relazione: 1) scuola, famiglia, operatori sanitari, assistenza, ente locale/comune, con 2)Obiettivi, tempi, metodi, attività, verifiche. L’osservazione sistematica dovrà interessare varie aree: cognitivo, affettivo relazionale, linguistico, sensoriale, motorio-prassico, neuropsicologico, autonomia personale e sociale. Il MIUR definisce 5 sezioni per la stesura del PEI: 1) storia clinica e familiare del ragazzo; 2) valutazione aree fondamentali dello sviluppo; 3) valutazione della dimensione psicologico-emotiva; 4) progetto educativo; 5) verifica finale e in itinere. 3.1) Osservazione sistematica e aree di osservazione L’osservazione può essere libera o effettuata con il supporto di griglie. L’atteggiamento osservativo del docente deve essere continuo e sistematico e deve avvalersi di indicatori di caratteristiche quali: partecipazione all’attività didattica, disponibilità a conoscere ed apprendere, stili cognitivi, capacità critica, consapevolezza educativa, osservazione del comportamento e dello stato emotivo. 3.2) Definizione degli obiettivi Sono di sue tipi: 1) educativi: trasversali a tutte le discipline e formativi; 2) didattici: sono specifici di una o più discipline e devono tradursi in conoscenze, competenze e capacità. Fanno parte della programmazione: contenuti, tempi, metodi, strumenti, verifiche, valutazione. La programmazione per l’alunno con difficoltà di apprendimento si inserisce all’interno della programmazione della classe e segue le stese regole progettuali della programmazione, con la sola differenza di essere rivolta al singolo e non al gruppo classe. La tipologia di programmazione che seguirà l’alunno con disabilità: 1) riferita agli obiettivi della classe; 2)produce obiettivi minimi semplificati; 3) programmazione differenziata. L’insegnante di sostegno deve cercare di avvicinare gli obiettivi individuali a quelli di classe e individuare gli obiettivi, i metodi, gli strumenti e i tempi funzionali allo scopo. Una volta focalizzati gli obiettivi, si passa alla scelta degli strumenti più idonei al loro raggiungimento. Gli obiettivi in termini di performance riguarda le manifestazioni osservabili dell’apprendimento. Quando si parla di obiettivi generali si intendono comunemente le finalità generali di un processo educativo, per obiettivi immediati e operativi si intende l’acquisizione di singole abilità all’interno delle classificazioni precedenti. 3.3) Il PEI e la continuità didattica Nel passaggio da un grado di scuola ad un altro, il DS deve prendere accordi con la scuola che accoglierà in seguito l’alunno per garantire la continuità e la presa in carico. 3.4) Il PEI differenziato Si prevede un PEI differenziato se sono presenti obiettivi formativi non riconducibili ai programmi ministeriali solo per alunni con disabilità frequentanti le scuole secondarie di secondo grado. 3.5) Metodi e strumenti I metodi utilizzati modificano la relazione educativa, gli apprendimenti, il processo di insegnamento/apprendimento. La ricerca-azione è caratterizzata da una continua evoluzione metodologica volta all’analisi dei fabbisogni formativi degli alunni e dalla ricerca appunto di risposte metodologiche e azioni concrete finalizzate al raggiungimento di adeguate competenze specifiche e sociali. Un processo progettuale implica la conoscenza del livello di partenza degli alunni e gli interventi per pianificare la buona riuscita dell’azione formativa. Il processo di definizione degli obiettivi rende trasparente il lavoro didattico oggettivandolo in azioni concrete e verificabili. 4) Prassi di programmazione didattica: una lezione inclusiva Nella declinazione della programmazione curriculare delle discipline, i docenti dovranno tener conto di ciascun obiettivo e di ciascun traguardo previsto per la classe di appartenenza, raggiungibile tramite la proposta di contenuti adeguati. La progettazione di un intervento didattico, in presenza di un alunno con disabilità deve tener conto di numerose variabili: 1) analisi del contesto e la situazione di partenza degli alunni; 2) gli elementi di forza e di debolezza dei processi di integrazione e inclusione; 3) le conoscenze, le abilità e le conseguenze da promuovere nell’alunno; 4) l’unità di apprendimento di riferimento in relazione alla programmazione e alla valutazione diagnostica: discipline coinvolte e raccordi, classe di riferimento, docenti coinvolti, età degli alunni, periodo di proposta, modello di progettazione scelto, traguardi previsti, obiettivi di integrazione e inclusione, nuclei di contenuto, attività/esperienze, ambienti di apprendimento, metodologie, tecniche e strategie, mediatori, modalità di verifica, valutazione. Vi sono elementi della progettazione che devono essere previsti e individuati nel dettaglio, deve essere indicato: il percorso/intervento didattico , suddiviso in fasi (per ogni fase: durata, luogo, alunni e docenti coinvolti, curriculari e di sostegno, attività, materiali, l’individualizzazione e la personalizzazione per l’alunno certificati e/o altri Bes, le metodologie, le tecniche e le strategie inclusive per favorire l’integrazione degli alunni; le diverse fasi dell’attività didattica: input; nucleo dell’intervento (innesco, potenziamento, azione, costruzione); output. 5- La professione del docente specializzato nel sostegno didattico classe; 2) nel predisporre modalità, contenuti e strategie rispondenti ai bisogni; 3) evidenzia durante i consigli di classe e di programmazione il proprio orario e del personale assistenziale e il percorso scolastico (se differenziato o meno); 4) concorda e predispone le valutazioni; 5)concorda con il consiglio, le famiglie e gli operatori tutti percorsi speciali dell’alunno. 7) I compiti di pianificazione e programmazione Il numero complessivo di ore di sostegno è stabilito nei documenti per la richiesta di sostegno didattico elaborati dal Consiglio di Classe e può essere su base settimanale di 18 ore (rapporto 1 a 1); 9 ore (rapporto 1 a 2); 6 ore (rapporto 1 a 3); 4,5 ore (rapporto 1 a 4). Il docente di sostegno nelle scuole del primo ciclo, nel momento della pianificazione dell’attività, deve proporre al Consiglio di Classe una programmazione didattica per l’alunno disabile e deve contenere: le strategie didattiche, i criteri per la valutazione dei risultati; gli obiettivi didattici. Per la programmazione curriculare con obiettivi minimi, le finalità e i criteri di valutazione rimandano a quelli della discipline curriculari. Gli obiettivi differenziati sono quelli in cui si possono perseguire obiettivi comuni alla classe, utilizzando percorsi diversi. Sezione I – Psicologia dello sviluppo, intelligenza e creatività 1) Percezione, attenzione e memoria 1) Sviluppo neuronale e interazione con l’ambiente Il sistema cerebrale si consolida progressivamente e gradualmente. Il suo sviluppo non è determinato dal solo bagaglio genetico, ma attraverso l’interazione con l’ambiente i geni possono trovare espressione in quella determinata struttura che rende unico ciascun essere umano. Nel corso dello sviluppo il cervello umano è in costante interazione con l’ambiente esterno; processo che avviene in parte durante la gravidanza, quando l’interazione è mediata dal corpo della madre, e che prosegue dopo la nascita, fino alla maturità. Questa maturazione corrisponde anche alla migrazione dei neuroni alla superficie della corteccia, migrazione che può essere ostacolata da diversi fattori (droghe e alcol) con conseguenti deficit cognitivi. Mentre il numero dei neuroni alla nascita è già quasi completo, i dendridi dei neuroni e le connessioni simpatiche, che permettono la trasmissione dei segnali tra i neuroni, e quindi la formazione di mappe neurali, si moltiplicano, mentre la rete neurale diviene sempre più complessa. Di queste connessioni alcune verranno rafforzate, altre eliminate (pruning), a secondo delle stimolazioni ricevute dall’ambiente; le connessioni che non hanno ricevuto stimolazione adeguata muoiono, così che la struttura neurale si semplifica e si specializza. Ogni sistema, visivo, linguistico e come qualunque altro in cui è organizzato il sistema nervoso, acquisterà le sue particolari caratteristiche quando sarà stimolato in un certo modo in un dato periodo critico, mentre se non sarà stimolato ne perderà la possibilità. 2) Il cervello e la sua struttura 2.1) Cenni anatomici Il Cervello, evolutosi in milioni di anni, è l’organo fondamentale delle attività cognitive, oltre che l’organizzazione biologiche più complessa. Il cervello è composto da un numero smisurato di cellule nervose (o neuroni) circa 100 miliardi nell’uomo, e ognuno di essi comunica con un numero notevole di altri neuroni: da questi contatti si originano da 1000 a 10.000 connessioni (sinapsi). Nella corteccia ci sono circa 100.000 miliardi di sinapsi. Le funzioni della corteccia celebrale sono molteplici: 1) controllo delle attività motorie dell’organismo; 2)produzione del linguaggio; 3)funzioni di attenzione; 4) elaborazione del pensiero e organizzazione della mente. Nonostante le diverse aree della corteccia sono fortemente specializzate, in ragione delle differenti funzioni sensoriali, la struttura delle varie zone celebrali risulta molto simile. Il sistema nervoso centrale (SNC) ha una struttura in larga parte simmetrica ed è composto dall’encefalo e dal midollo spinale. L’encefalo si divide in strutture corticali e subcorticali, la corteccia celebrale, composta da due emisferi, è suddivisa in 4 lobi: frontale, parietale occipitale e temporale. Nel lobo frontale sono localizzate le funzioni di elaborazione delle azioni e il controllo dei movimenti; nella parte più mediale e orbitale, le proprietà che regolano il complesso della personalità; Nel lobo parietale vengono elaborate funzioni complesse che riguardano le sensazioni somatiche, l’immagine corporea e la localizzazione spaziale; Il lobo occipitale è la sede della percezione visiva; il lobo temporale è connesso alle funzioni uditive, all’apprendimento, alla memoria, al linguaggio e alle emozioni. I centri dei linguaggi sono localizzati nei lobi temporale e frontale posti nell’emisfero sinistro. 2.2) Caratteristiche del sistema nervoso centrale La nozione di plasticità implica la capacità, tipica dei circuiti nervosi, di mutare le loro caratteristiche funzionali e strutturali in ragione delle stimolazioni sensoriali esterne ed adattarsi progressivamente all’ambiente. Si tratta di una proprietà che della corteccia celebrale, particolarmente feconda nella vita neonatale. Prima infanzia Tra la nascita e l’inizio del funzionamento degli apparati sensoriali esiste un periodo di particolare sensibilità del sistema nervoso centrale alle influenze del mondo esterno, denominato periodo critico. Esso può essere definito come un fenomeno di progressiva sintonizzazione tra mondo celebrale e mondo esterno. Si tratta di un periodo complesso che implica forme di accomodamento e di selezione di determinati circuiti celebrali. La riprova è che l’assenza di stimolazione nel periodo critico produce danni, spesso irreversibili nello sviluppo, dal momento che numerose competenze vengono acquisite durante il corso della vita Lo sviluppo del sistema nervoso nell’adulto Ricerche recenti mostrano che esistono zone di plasticità anche nel cervello adulto, questo fenomeno e alla base della capacità di apprendimento continuo che dura per tutta l’esistenza dell’essere umano. Studi recenti hanno mostrato la possibilità che in adulti soggetti a lesioni periferiche o amputazione di arti è possibile una cospicua riorganizzazione delle cortecce sensoriali, si tratta di modificazioni rapide e precoci. Il fatto che il cervello rimanga plastico, cioè sensibile alle molteplici tipologie di input provenienti dall’esterno, pone il problema dell’utilità di un esercizio celebrale preventivo, volto a migliorare, o a garantire la stabilità nel tempo, delle nostre performance. Circuiti neurali tenuti inattivi per lungo tempo tendono a perdere in efficienza e funzionalità sinaptica. 3) Percezione e attenzione 3.1) La percezione: definizione e teorie Per percezione si intende il processo cognitivo che consente all’individuo di trarre informazioni dal mondo esterno attraverso l’integrazione tra le sensazioni raccolte mediante gli organi di senso e le esperienze pregresse. L’atto di percepire non è un’operazione del tutto obiettiva, ma viene influenzato da una serie di fattori, come il proprio bagaglio di esperienza, lo stato d’animo in quel momento, la presenza di altre persone. Il fenomeno della percezione implica un concorso di elementi fisiologici e condizioni soggettive. E’ impossibile una coincidenza piena tra la realtà fisica e quella esperita, si tratta di processi inconsapevoli, che coinvolgono anche l’intelligenza, l’affettività, l’intera personalità dell’individuo. La prospettiva psicofisiologica Uno dei temi maggiormente affrontati è la capacità di discriminare i colori, la cui teoria fu formulata dal tedesco Hermann Von Helmholtz che sostenne l’esistenza nell’uomo di recettori differenti sensibili agli spettri del rosso, azzurro e verde e considerava fondamentale per l’esperienza percettiva l’attiva organizzazione dei dati sensoriali. Il cervello opererebbe delle interferenze inconsce. La prospettiva gestaltica La teoria di Gestalt (teoria della forma) sviluppatasi dopo le ricerche di Max Wertheimer sulla percezione del movimento apparente, sostenne che la percezione non dipende dai singoli elementi, ma dalla strutturazione di questi elementi in un insieme organizzato. La prospettiva funzionalista (NEW LOOK) Questo indirizzo si è interessato all’aspetto soggettivo della percezione, cioè al modo in cui le sensazioni vengono integrate in relazione alla personalità dell’individuo. Lo psicologo Jerome Bruner mette in luce le variabili che si frappongono fra la presentazione dello stimolo e la risposta dell’individuo. La valenza affettiva che un dato oggetto ha per la persona che lo percepisce influenza i tempi di riconoscimento, modificando i valori della sua soglia percettiva. Secondo la teoria funzionalista il soggetto interviene attivamente nel processo percettivo, mostrando il bagaglio di esperienze passate che ne hanno determinato lo stato sociale, culturale e affettivo. La prospettiva cognitivista Analizza i processi con cui l’individuo acquisisce le informazioni dall’esterno, le elabora e le consolida. Nel comportamentismo ogni esperienza è l’effetto di associazioni S-R (stimolo risposta), i cognitivisti rivalutano le operazioni che consentono quel tipo di risposta. Per i cognitivisti bisogna comprendere i meccanismi mentali che permettono di trasformare input sensoriali in organizzazioni complesse e valutare i tempi che intercorrono tra uno stimolo e l’output da parte del soggetto. 3.2) L’attenzione Si può definire come la capacità cognitiva di mettere a fuoco specifici contenuti e inibire informazioni valutate come irrilevanti. L’attenzione opera sull’informazione in entrata (input), selezionandola in base ad interessi e aspettative. La definizione di attenzione come processo o insieme dei processi con cui la mente opera una selezione dell’informazione proveniente dal mondo esterno, mette in evidenza il ruolo dell’attenzione nei processi di elaborazione attuati in stadi distinti. La mente come filtro (Broadbent) che avrebbe operato in relazione: alle finalità, ai compiti, alle aspettative del soggetto. Tale azione avverrebbe selezionando gli stimoli rilevanti e scremando quelli irrilevanti. Gli studi poi proseguirono allo studio dell’attenzione (Hirst e Kalmar) secondo i quali i soggetti potevano prestare attenzione simultaneamente a due compiti di natura diversa compiendo un minor numero di errori nella situazione in cui i due compiti erano diversi (grammaticale e aritmetico) piuttosto nella situazione in cui i due compiti erano uguali. E’ in questo caso che interverrebbe l’attenzione selettiva, spostandosi ora su un compito ora su un altro. L’attenzione può essere distribuita più facilmente, se i compiti riguardano abilità diverse o se vengono utilizzate risorse cognitive differenti. L’attenzione è considerata come un sistema di organizzazione di risorse cognitive che vengono dislocate in funzione della complessità del compito e delle istruzioni in compito primario e compito secondario, quindi ora si è passati a considerare l’attenzione un sistema di controllo delle operazioni cognitive. Nel modello di Tim Shallice l’attenzione interviene nella selezione tra un processo cognitivo e l’altro qualora questi siano in conflitto tra loro (selezione competitiva) ed è effettuata automaticamente dal cosi detto sistema attenzionale supervisore. 4) La coscienza 2.2) Una nuova disciplina: l’epistemologia genetica Per quanto riguarda le teorie dello sviluppo, Piaget critica sia le impostazioni di tipo associazionista, definendole genesi senza struttura, sia quelle di tipo geltaltista, definendole strutture senza genesi, Piaget afferma che il suo fine non è di natura psicologica né pedagogica, ma epistemologica relativo alla filosofia della scienza. Egli introduce una nuova disciplina epistemologia genetica secondo cui la conoscenza avviene attraverso un processo di continua evoluzione che permette all’individuo di adattarsi all’ambiente circostante. Lo sviluppo psicologico assume le seguenti caratteristiche: 1) l’intelligenza non compare con il linguaggio, seguendo una linea di continuità con l’attività psicomotoria; 2) il bambino è il protagonista attivo del suo sviluppo mentale; 3) l’intelligenza si sviluppa per stadi che il lavoro pedagogico deve rispettare. Piaget considera l’intelligenza come adattamento all’ambiente esterno sulla base di due meccanismi: 1)l’assimilazione, inteso come processo (passivo) consistente nell’integrare i dati dell’esperienza all’interno delle conoscenze che già si possiedono, ovvero di mappe e schemi mentali che già si possiedono; 2)l’accomodamento, inteso come processo (attivo) nel quale, invece vengono modificati gli schemi preesistenti in funzione di nuove esperienza vissute. L’interazione tra i due porta al terzo fenomeno, il principio di equilibrazione, al termine del quale ha luogo una crescita cognitiva e un conseguente passaggio di stato. Piaget ritiene che gli stadi dello sviluppo cognitivo nel bambino siano sostanzialmente: 1) universali: tutti i bambini li attraversano in maniera abbastanza simile; 2) sequenziali: ogni stadio deriva dal precedente, lo incorpora, lo trasforma: non è possibile invertire né mutare l’ordine tra stadi; 3) determinati: egli sostiene che alcuni schemi, tendenze e caratteristiche di fondo del nostro sviluppo biologico e cognitivo siano in qualche modo presenti ad un livello originario. 2.3) Dall’embriologia agli stadi dello sviluppo Secondo Piaget il processo conoscitivo avviene in maniera embrionale, per tale motivo si parla di embriologia mentale che avviene attraverso un approccio strutturalistico che prevede 4 tappe specifiche denominati stadi: stadio senso-motorio, lo stadio preoperatorio, lo stadio operatorio concreto, lo stadio operatorio formale. 2.4) Lo stadio senso-motorio Lo stadio senso-motorio (prima fase) Il primo stadio è quello senso motorio che va dalla nascita ai 2 anni, e che a sua volta si suddivide in altre 6 fasi, la prima delle quali è la fase dei riflessi innati che va dalla nascita al primo mese di vita. Tipici di questa fase sono una serie di riflessi innati quali la suzione, il rooting (riflesso di ricerca), i movimenti oculari e degli arti e i riflessi prensili considerati molto importanti da Piaget perché rappresentano i primi schemi senso-motori del bambino che fungono da base per lo sviluppo cognitivo, anche se le percezioni in questa fase non sono coordinate né tra di loro, né rispetto alle azioni. Lo stadio senso-motorio (seconda fase) La seconda fase di questo stadio è quella delle reazioni circolari primarie che va dal primo al quarto mese di vita. E’ il momento in cui, si formano le prime coordinazioni tra percezione e movimento, poiché si registra un’evoluzione degli schemi senso-motori di base. Gli schemi d’azione progressivamente acquisiti vengono perfezionati e interiorizzati dal bambino, nella ricerca naturale di adattamento all’ambiente che si realizza attraverso il continuo susseguirsi delle due fasi dell’assimilazione e dell’accomodamento, al fine di raggiungere un equilibrio fluttuante , definito omeostasi. Il bambino utilizza due schemi senso-motori molto importanti per esplorare l’ambiente esterno e acquisire nuove nozioni; si tratta del vedere-afferrare, consistente nel prendere in mano tutto ciò che si vede, e dell’afferrare-succhiare, consiste nel portare alla bocca gli oggetti per conoscerli. Questo è il periodo in cui il bambino sperimenta il gioco di esercizio, un gioco che ha come soggetto il suo stesso corpo, sgambettando, aprendo e chiudendo le mani, cercando di sollevarsi. Il Bambino nel sentire un suono, gira la testa e gli occhi nella direzione della fonte sonora, oppure segue con lo sguardo un oggetto che entra nel suo campo visivo finché non lo perde di vista. A questo punto si verifica una situazione composta da due momenti: il primo in cui il bambino aspetta per qualche istante che l’oggetto riappaia, senza però cercarlo, fenomeno che Piaget denomina aspettativa passiva, e il secondo in cui, se l’oggetto non riappare, il bambino perde interesse per lui e scompare denominato aspettativa passiva. Il bambino ah con la realtà un rapporto immediato, primo di finalità, coincide con ciò che egli percepisce al momento, vivendo il cosiddetto egocentrismo radicale. Lo stadio senso-motorio (terza fase) La terza fase dello stadio senso motorio è quello delle reazioni circolari secondarie che va dal quarto all’ottavo mese di vita. Il bambino grazie all’acquisizione di nuove capacità senso-motorie, compie ripetutamente azioni, notando cosa accade nel momento in cui le compie, interagendo con l’esterno: queste ripetizioni vengono definite reazioni circolari secondarie. Il bambino afferra e scuote un giocattolo: se questo produce un suono, il bambino, stupito dal risultato ottenuto, continua a ripetere l’azione per sentire nuovamente il suono, anche se non è in grado di comprendere che c’è una reazione tra la sua azione e il risultato ottenuto. In questa fase il bambino diventa più sociale, spostando la sua attenzione anche al mondo esterno. Lo stadio senso-motorio (quarta fase) Quarta fase di questo stadio è quella della coordinazione e differenziazione mezzi-fine che va dall’ottavo al dodicesimo mese di vita, durante la quale compaiono i primi movimenti intenzionali, diretti verso uno scopo. Il bambino può tirare una coperta su cui è posizionato un giocattolo per poterlo avvicinare a se ed afferrarlo; oppure può intenzionalmente puntare il dito verso qualcosa che desidera per farselo prendere dall’adulto. Così facendo il bambino mostra una maggiore interazione sia con il mondo esterno che con le persone, tant’è che in questa fase il bambino gioca meno con se stesso e di più con gli oggetti che lo circondano, agitandoli, scuotendoli, lasciandoli cadere, rendendo partecipe nel gioco anche gli adulti, in particolare la madre, in quanto principale figura di riferimento, comportando l’emergere dell’attenzione condivisa. Lo sviluppo dell’intelligenza senso-motoria consente al bambino di interrompersi e riprendere l’azione in qualsiasi punto intermedio (reazioni circolari differite), mentre prima doveva ripartire sempre dall’inizio. Lo stadio senso-motorio (quinta fase) Nel momento in cui il bambino riesce ad utilizzare una sorta di ragionamento, si entra nella quinta fase dello stadio senso-motorio, ovvero quella delle relazioni circolari terziarie che va dai dodici ai diciotto mesi di vita. E’ una fase di esplorazione e interazione attiva e intenzionale in cui il bambino esplora il mondo esterno per scoprirlo e conoscerlo. Il bambino può prendere un giocattolo posto in alto, non raggiungibile allungando le braccia, aiutandosi con un oggetto lungo, oppure dopo aver tentato invano di aprire una scatola agendo in un determinato modo, ritenta in altri modi finché non riesce ad aprirla. In questa fase il bambino inizia ad esplorare l’ambiente e ad allontanarsi dalla madre, alternando i momenti diadici (rapporto madre-bambino) con le prime relazioni triadiche. Lo stadio senso-motorio (sesta fase) L’ultima fase dello stadio senso-motorio è quello della funzione simbolica che va dai diciotto ai ventiquattro mesi di vita e che vede la sostituzione della precedente rappresentazione sensoriale degli oggetti con quella mentale (nota come: rappresentazione cognitiva). Il bambino ad esempio mette più sedie una dietro l’altra per fingere che sia un treno, oppure lanciare coriandoli per simulare la pioggia o la neve. Il bambino comincia ad imitare i comportamenti e le azioni di un modello di riferimento, anche a distanza di tempo, dimostrando di averne conservato una rappresentazione interna, fenomeno definito imitazione differita. Il bambino inizia ad esprimersi tramite il linguaggio verbale seppur dotato di un modesto vocabolario che utilizza non solo per accompagnare le azioni che compie, ma anche per descrivere cose non presenti e raccontare quello che ha fatto o visto in precedenza. Questo è il momento in cui il bambino raggiunge la piena acquisizione della permanenza dell’oggetto, che si manifesta con la consapevolezza che gli oggetti esistano prima di essere percepiti e continuino ad esistere anche fuori dal campo percettivo. 2.5) Lo stadio preoperatorio Lo stadio preoperatorio (prima fase) Il raggiungimento di tutti i suddetti traguardi consente il passaggio ad uno stadio successivo, ovvero quello preoperatorio che va dai due ai sette anni. Questo stadio è suddiviso in altre due fasi, la prima delle quali è la fase preconcettuale che va dai due ai quattro anni. Questo periodo è caratterizzato da una serie di progressi cognitivi che portano all’acquisizione di funzioni complesse, come il linguaggio e la scoperta delle relazioni tra gli oggetti e le figure di riferimento. E’ fortemente presente l’egocentrismo intellettuale per cui il bambino, totalmente concentrato su se stesso, percepisce il mondo solo dalla sua prospettiva, non essendo ancora in grado di cogliere punti di vista, emozioni e pensieri diversi dai propri. La difficoltà di discernere l’io dal non-io comporta l’attribuzione di istanze proprie di sé anche alle cose, con l’insorgere di un fenomeno denominato animismo infantile che procede per gradi, secondo cui il bambino è portato a credere che tutti gli oggetti, anche quelli inanimati, siamo vivi producendo, pertanto, pensieri come “il sasso nel fiume sente freddo” oppure “il bambolotto se cade si fa male”. In questo periodo egli imita, anche se in maniera generica, tutte le persone che gli sono vicine, in particolar modo gli adulti, imparando a comportarsi come questi ultimi vogliono, ancora prima di aver compreso il concetto di obbedienza. Il pensiero che riesce a sviluppare è di tipo trasduttivo, immaginando relazioni causali in realtà inesistenti tra diversi elementi, pensando che il vento soffia per spostare le nuvole oppure che l’erba cresce per far mangiare le mucche. 2) Lo stadio preoperatorio (seconda fase) La seconda fase dello stadio pre-operatorio è quella del pensiero intuitivo che va dai quattro ai sette anni. L’animismo infantile si evolve e il bambino proietta solo verso gli oggetti in movimento, come i fiumi o il fuoco, l’idea che siano vivi, pensando ad esempio che “il sole tramonta perché ha sonno”. Lo sviluppo del pensiero pre-logico intuitivo porta il bambino ad interpretare le situazioni in base alle caratteristiche presenti momento per momento e non come l’esito di un insieme di processi. Il bambino riesce a percepire gli aspetti qualitativi e quantitativi di un oggetto solo in maniera separata e non contemporaneamente, così come pure le azioni mentali sono irreversibili, poiché composte da azioni mentali isolate. Se gli si mostrano 2 bicchieri uguali con la stessa quantità di acqua e poi si versa il contenuto di uno dei due in un terzo bicchiere più alto e stretto, il bambino penserà che in questo ultimo bicchiere ci sia più acqua rispetto all’altro perché visivamente vedrà il livello dell’acqua più alto, ciò è dovuto all’incapacità di portare avanti 2 pensieri paralleli. 2.6) Lo stadio operatorio concreto Il possesso di schemi di azione interiorizzati reversibili segna l’ingresso nello stadio successivo, ovvero quello operatorio concreto, che va dai 7 agli 11 anni. L’animismo si evolve e il bambino attribuisce la vita solo agli oggetti dotati di movimento proprio, come il mare che, ad esempio usa le onde per giocare e non agli oggetti dotati di movimento indotto come, ad esempio, la bicicletta. Verso la fine di questo stadio si passa all’artificialismo, caratterizzato dalla convinzione che tutte le cose siano il risultato dell’opera dell’uomo, il quale ha creato le stelle e le ha lasciate in cielo oppure che ha creato i laghi scavando grossi fossi e riempiendoli di acqua. Il pensiero in questa fase è di tipo induttivo come ad esempio: teddy è un peluche, teddy è morbido, tutti i peluches sono morbidi. Il bambino in questa fase, rispetto all’esperimento dei due bicchieri pieni di acqua, riesce a comprendere che le quantità sono uguali grazie al concetto di reversibilità. Si struttura l’acquisizione dei concetti di conservazione dei materiali e delle quantità, e quello di conservazione delle superfici. Con reversibilità s’intende non solo la capacità di comprendere quando Lo sviluppo cognitivo procede passando da sistemi poveri a sistemi sempre più ricchi ed efficaci nell’elaborazione delle informazioni. Tale passaggio avviene a attraverso tre forme di rappresentazione della realtà: l’azione, l’immagine il linguaggio, cui corrispondono tre diversi tipi di elaborazione cognitiva: esecutiva, iconica, simbolica. La rappresentazione esecutiva: è caratteristica del primo anno di vita, in cui il bambino utilizza la manipolazione, la percezione, l’attenzione e l’interazione sociale; La rappresentazione iconica: si basa su rappresentazioni mentali e immagini interne, che costituiscono una riorganizzazione mentale della realtà. La fase della rappresentazione iconica, permane sino ai sei-sette anni, ma non esclude che il bambino possa ricorrere alla rappresentazione successiva, già dai due anni. La rappresentazione simbolica è un’espressione della realtà attraverso segni e simboli convenzionali ossia stabiliti socialmente. La parola rappresenta il significato dell’oggetto ed esprime il concetto. Tutti i processi mentali hanno un fondamento sociale: la struttura della conoscenza umana è influenzata dalla cultura attraverso i suoi simboli e le sue convenzioni. L’attività dell’individuo è guidata sia da scopi individuali che dal bisogno di relazioni sociali. Gli elementi fondamentali di sviluppo della mente umana sono sia i contesti socio-culturali sia i sistemi simbolici. Nella prospettiva di Bruner, ciò che deve essere maggiormente approfondito è il rapporto tra individui: l’apprendimento si produce nell’ambito di una varietà di pratiche socialmente e culturalmente determinate (leggere, scrivere, eseguire operazioni matematiche) e si configura come un fenomeno sociale in cui intervengono molti elementi diversi, tutti egualmente importanti: il linguaggio, le strumentazioni, le immagini, i ruoli sociali, i sistemi di giudizio, le regole e gli stili di vita e così via. L’educazione ha luogo ovunque ci sia incontro e confronto tra soggetti diversi. Le principali linee proposte da Bruner: 1) la mente umana ha dei limiti; 2)la realtà si costruisce attraverso processi cognitivi dei singoli individui, ma anche dei gruppi; 3)l’apprendimento è un processo iterativo in cui le persone apprendono le une dalle altre, attraverso la narrazione delle proprie esperienze lo scambio reciproco di informazioni; 4) l’educazione deve generare abilità, delle capacità nuove, dei modi di pensare e di sentire che possano essere rielaborati, accettati e sviluppati; 5) l’educazione è un processo fondamentale non solo per produrre cultura, ma anche per lo sviluppo psicologico dell’individuo. Bruner a partire dagli anni ’80 del 900 studia il pensiero logico scientifico e il pensiero narrativo: il pensiero umano deve la sua ricchezza alla collaborazione e integrazione di questi due tipi di pensiero, tra loro irriducibili. il pensiero logico scientifico permette di spiegare ciò che succede, per messo delle proposizioni generalizzabili e oggettive della scienza; il pensiero narrativo permette di interpretare ciò che succede, attraverso il punto di vista parziale e variabile del singolo soggetto. La partecipazione ad una cultura si conferma così una condizione imprescindibile per l’attività mentale. Il ruolo della cultura è duplice: 1) plasma la mente, 2)fornisce il materiale per le nostre personali attività conoscitive. Non a caso l’uomo è tra gli animali maggiormente disposta all’intersoggettività e da questo dipende anche l’esistenza di un sistema di insegnamento e apprendimento intenzionale, fuori dal contesto in cui il conoscenze trasmesse verranno effettivamente utilizzate. 5) La teoria dell’elaborazione delle informazioni Alla fine degli anni cinquanta negli USA si diffuse nell’ambito della psicologia cognitiva, l’approccio dell’elaborazione dell’informazione (HIP: Human Information Processing). Essa identifica un criterio investigativo sulle modalità con le quali un sistema cognitivo mette in atto l’elaborazione delle informazioni provenienti dall’ambiente oppure su come l’informazione viene codificata e immagazzinata. La metafora è quella del computer, gli input consistono in dati in arrivo, gli output consistono in dati derivanti dall’elaborazione dei precedenti e che assumono forme tali da essere memorizzate, stampate, visualizzate su uno schermo. I ricercatori dell’elaborazione dell’informazione condividono le seguenti caratteristiche: 1) individuo è considerato strumento dell’elaborazione delle informazioni; 2)lo sviluppo è considerato come un’auto modificazione; 3) si evidenzia l’esistenza di una propedeutica analisi del compito; 4) utilizzano una metodologia sperimentale. 6) Il ragionamento: elementi e strategie Il ragionamento è un procedimento che, in base ad ipotesi, articola passaggi e approda ad una conclusione. Per strategia si intende una successione organizzata di risposte, guidate da ipotesi, nel tentativo di arrivare alla soluzione di un problema. La strategia di ragionamento più comune è quella per prova ed errori, che implica la ricerca di una soluzione a un problema utilizzando le possibilità a disposizione e scartando quelle che non portano ad un risultato. 6.1) Tipologie di pensiero Esistono diverse tipologie di pensiero: Pensiero intuitivo: afferra la situazione senza essere in grado di descrivere i passaggi compiuti per arrivare alla soluzione; Pensiero logico: utilizza strumenti logico-relazionali giustificando a ogni passaggio gli strumenti e le strategie che adotta; Pensiero produttivo: si tratta di una modalità di pensiero utilizzata ogni qual volta ci si trova in una situazione problematica nuova, che non consente l’impiego di schemi di comportamento acquisiti in precedenza. Il pensiero produttivo ci permette di cogliere nuove proprietà degli elementi del problema, si attua in questo modo la ristrutturazione del problema; Pensiero meccanico: si attua applicando regole, e generalmente utilizza vecchie soluzioni per problemi nuovi; Pensiero creativo: con scarsi vincoli e costrizioni esterne, ma con profonda dipendenza dal mondo interno. La persona creativa, di fronte ad un problema, cerca di recuperare informazioni dalla propria memoria per immaginare soluzioni possibili. Pensiero rigido: si limita all’elaborazione e all’ordinamento delle informazioni; Pensiero divergente: capace di risposte flessibili e soluzioni molteplici e originali; Pensiero convergente: non si lascia influenzare dagli spunti dell’immaginazione per limitarsi ad utilizzare l’informazione in vista di una sola risposta corretta; Pensiero realistico: si attiene ai dati della realtà; Pensiero magico: tipico dello stadio infantile e del modo primitivo di pensare; Pensiero estroverso: ha in vista l’oggetto nella sua fisicità, nella sua concretezza e realtà; Pensiero introverso: si alimenta dal riflesso interiore, che gli oggetti esteriori provocano sul soggetto. 3- Le neuroscienze 1) Il rapporto mente-cervello Alla base c’è il riconoscimento dell’interazione tra discipline tra loro apparentemente distanti quali la psicologia e la biologia, quest’ultima è quella che maggiormente aiuta a riflettere sul concetto di natura e, sul tema dell’interazione uomo e ambiente. Di fronte alla sua insufficienza biologica, l’uomo può contrapporre una impressionante capacità di adattamento che gli proviene dallo sviluppo dei processi psichici superiori, dalla sua attitudine tecnica, che gli permette di intervenire sul mondo e di modificarlo. Questi dati pongono alla psicologia l’evidenza di tre punti di riflessione relativi all’interazione tra natura e tecnica: 1) la natura umana in quanto caratterizzata dalla capacità tecnica; 2) la trasformazione della natura umana rispetto alla tecnica; 3) la sopraffazione della tecnica sul mondo naturale. Per la psicologia è fondamentale l’apporto della teoria evoluzionistica che legge il mondo biologico attraverso i concetti di evoluzione, cambiamento e differenza. Dal punto di vista evoluzionista: 1) non esiste una natura originariamente già data e immutabile; 2)si da piuttosto una evoluzione continua; 3)sussiste una sostanziale continuità tra le specie viventi; 4)la stessa mente umana risulta essere un prodotto dell’evoluzione. Bisogna tenere d’occhio due prospettive rispetto alla pedagogia che riguardano il pieno dei rapporti tra natura e apprendimento, e quello dei rapporti tra intelligenza umana e intelligenza artificiale. Rispetto al binomio natura/apprendimento la pedagogia dovrà: 1)ideare percorsi formativi che favoriscano lo scambio e l’interazione tra patrimonio genetico e stimoli ambientali; 2)valorizzare le differenze del cervello umano individuando i processi formativi; 3)facilitare un intervento tempestivo nei periodi di massima capacità di apprendimento; 4)organizzare l’offerta formativa per favorire e ottimizzare la naturale capacità e tendenza all’apprendimento. Rispetto al binomio intelligenza naturale/intelligenza artificiale, la pedagogia dovrà affrontare: 1) i codici attraverso i quali si elaborano informazioni; 2) l’ampliamento e l’integrazione linguistica offerta dal sistema multimediale; 3) i problemi che dipendono dall’esposizione a stimoli ambientali eccessivamente frantumati e disarticolati e dall’impoverimento che deriva dalla deprivazione degli stimoli; 4) il rapporto computer/scuola/studente. Due scienze cercano di dare risposte: 1) le neuroscienze, che approfondiscono la struttura fisica del cervello per analizzarne il funzionamento; 2) la psicologia, che si occupa del comportamento dell’uomo analizzandone i processi mentali attraverso la ricerca sperimentale. La psicologia cognitiva, si giova dell’apporto della cibernetica e dell’intelligenza artificiale. Le neuroscienze studiano il sistema nervoso centrale e periferico relativamente alla struttura, alla funzione, allo sviluppo, alla biochimica, alla fisiologia, alla farmacologia e alla patologia. A livello superiore, i metodi delle neuroscienze si legano con le scienze cognitive e con la filosofia della mente per cui si parla di neuroscienze cognitive che si occupano di: a) funzionamento dei neurotrasmettitori nelle sinapsi; b) funzionamento delle strutture neurali; c) il modo in cui i geni contribuiscono allo sviluppo neurale nell’embrione e durante la vita; d) i meccanismi biologici alla base dell’apprendimento; e) la struttura e il funzionamento dei circuiti neurali complessi nella percezione, nella memoria e nel linguaggio. La psicologia cognitiva è caratterizzata da un approccio interdisciplinare, in quanto in essa convengono metodi, quadri di riferimento teorici, dati empirici di discipline diverse. L’obiettivo della psicologia cognitiva consiste nello stabilire una connessione tra lo studio dei comportamenti e delle capacità cognitive negli 3-stadio ortografico: in questa fase il bambino comprende che l’ordine delle parole non è causale ma dato da particolari fonemi 4- stadio lessicale: si forma il magazzino lessicale che permette l’automatizzazione della lettera e della scrittura. 2- FISIOLOGIA DEL LINGUAGGIO 2.1 FONETICA E FONOLOGIA La fonetica è lo studio dei suoni linguistici intesi come eventi fisico/ acustici e vengono chiamati foni per esempio la R o la r. La fonologia invece è una parte della linguistica che studia come nelle varie lingue è organizzato il sistema dei suoni che hanno nelle varie lingue una funzione distinta. Questi vengono chiamati fonemi per esempio gn, li, ecc 3.LE TAPPE DELLO SVILUPPO 1. FASI DELLO SVILUPPO LINGUISTICO Fin dalla nascita il cervello dei bambini sembra predisposto ad essere ricettivo e sensibile al linguaggio. Dalla 30ª settimana di gestazione infatti comincia ad essere attivo il processo linguistico all'interno dell'utero materno. Gli esperti hanno mostrato che i neonati hanno un udito particolarmente sensibile alla gamma dei suoni corrispondente alla voce umana che parte già prima della nascita e per questo riescono a distinguere appena nati i suoni linguistici dagli altri rumori. Alcune ricerche hanno mostrato che i neonati hanno una predilezione per il parlato materno. Verso la fine del primo mese di vita appaiono forme di vocalizzazione caratterizzate da suoni vocalici mentre a 3-4 mesi compaiono i suoni consonantici . Verso la metà del primo anno comincia la lallazione ( pa-pa, da-da) in cui il bambino produce una vasta gamma di suoni privi di significato. Tra i 10 e i 20 mesi il bambino dice le prime parole singole che vengono definite. Gi errori che vengono commessi sul linguaggio sono di due tipi: gli errori di iper generalizzazione quando il bambino chiama cane anche i gatti solo perché sono animali a 4 zampe e quello di ipo generalizzazione per esempio quando chiama il cane unicamente per riferirsi al cane di casa sua. Ttra 18:24 mesi i bambini iniziano a produrre intere frasi. Le frasi sono solitamente composte da due classi: la prima classe viene chiamata classe perno formata da un numero piuttosto ristretto di elementi come verbi aggettivi avverbi, la seconda classe chiamata classe aperta e comprende sostantivi che si riferiscono a oggetti concreti o persone. Per formare le frasi il bambino segue la regola di inserire un elemento della prima classe con uno della seconda classe. Questo tipo di linguaggio viene detto linguaggio telegrafico. Dai 18 a 20 mesi il bambino comincia ad esplorare il vocabolario comincia quindi a sviluppare il suo patrimonio grammaticale individuando e scoprendo termini funzionali come articoli congiunzioni e le desinenze. 4.LA COMUNICAZIONE NON VERBALE 4.1Cenni generali La comunicazione non verbale riguarda gesti postura movimenti e sguardi.La comunicazione non verbale è spesso involontaria ed è formata dall'insieme di un sistema motorio gestuale e da un sistema para linguistico. In senso più generale la comunicazione non verbale si esprime attraverso tre componenti: - il comportamento spaziale definito prossemico e che si riferisce al significato della distanza tra i corpi -il comportamento motorio gestuale che esprime particolari significati attraverso i movimenti di mani e capo per dare maggiore rinforzo alla conversazione - il comportamento mimico del volto che invece è dato dall'uso dei muscoli facciali 4.2 LA PROSSEMICA La prossemica è stata coniata da un antropologo statunitense Hall per individuare le modalità con cui l’uomo percepisce lo spazio personale e sociale nell’ambito della comunicazione interpersonale. La prossemica dimostra che la disposizione dei corpi nello spazio fisico può avere valore comunicativo. Infatti durante la conversazione più si è distanti più i rapporti sono convenzionali e formali. 4.3 LA CINESICA La cinesica indaga la mimica e la gestualità. In questo ambito importantissimi sono i gesti e le posture. I gesti possono essere • rituali • emblematici • gesti illustratori • gesti non intenzionali come quelli che esprimono stati emotivi • gesti regolatori che permettono il sincronismo convenzionale • i gesti adattivi quelli privi di significato. L'altro campo fondamentale della cinesica è la postura infatti le posizioni del corpo possono riflettere lo stato emotivo nell'andamento della relazione e possiamo anticipare espressioni verbali. 5- SVILUPPO PSICODINAMICO, SOCIALE ED EMOTIVO 1. LE TEORIE DI FREUD ED ERIKSON Vi sono alcune teorie che intendono studiare quei fattori dinamici del comportamento umano e anmale che attivano e spingono un organismo al raggiungimento di una meta. Esistono quindi diversi tipi di motivazioni e questo ci fa capire la complessità dell’analisi psicoanalitica. 1.1LA TEORIA DI FREUD Freud,neurologo e psicoanalista austriaco fondatore della psicanalisi ritiene che durante i primi anni di vita vengano gettate le basi per la costruzione della personalità del soggetto adulto I conflitti che l'individuo deve fronteggiare si manifestano come sequenza invariante e dipendono dalla facoltà di saper scaricare o meno l'energia pulsionale su soggetti esterni o interiorizzati. Per questo la psicologia di Freud concepisce lo sviluppo dell’individuo attraverso la sessualità . Le fasi dello sviluppo sono 5 : • la prima fase è la fase orale che è rappresentata dall’ attività della suzione come fonte di piacere e nutrimento • la seconda fase è la fase anale e quella in cui l'ano rappresenta il luogo più importante dei desideri • la terza fase è la fase Fallica è quella in cui l'unico organo conosciuto è il fallo che crea un'opposizione tra i due sessi È qui che nasce il complesso edipico inteso come coacervo dei sentimenti Amorosi e ostili. Si verifica una inconscia competizione tra bambino e genitore dello stesso sesso mentre c'è attrazione per il genitore del sesso opposto • la quarta fase è quella di latenza e va dai 6 ai 12 anni . è qui che si conclude il periodo fallic. La sessualità appare sopita e spostata verso attività considerate più accettabili come il gioco • l'ultima fase è la fase genitale dove c'è il passaggio alla vera e propria organizzazione genitale 1.2 LO SVILUPPO PSICOSOCIALE DI ERIKSON Erickson, psicoanalista statunitense di origine tedesca elabora una sequenza di stadi di sviluppo che vanno dalla prima infanzia all'età matura dove insieme alla dimensione psicosessuale di Freud si aggiunge la dimensione psicosociale. Erikson divide il ciclo di vita dell'uomo in otto età in cui tra un ciclo e l'altro l'individuo si trova a dover affrontare delle crisi psicosociali sullo sfondo delle quali si colloca il problema dell'identità. Erikson rispetto a Freud ritiene che lo sviluppo psicosociale continua anche oltre adolescenza e prosegue per tutta la vita. 1. la prima fase è caratterizzata da una fiducia di base data dell'attaccamento alla madre e una sfiducia di base nel momento in cui deve subire delle provvisorie assenze dalla madre. 2. la seconda fase corrisponde più o meno a quella anale di Freud caratterizzata da controllo e disciplina dove il bambino limita il proprio egocentrismo di base e inizia a percepire psicologicamente la presenza degli altri 3. la terza fase è quella psicosociale caratterizzata dal gioco e quindi dalla sperimentazione dell'iniziativa È qui che nasce anche il senso di colpa. il bambino sente che per raggiungere i propri fini può potenzialmente utilizzare qualsiasi mezzo anche l'aggressività 4. La quarta fase è caratterizzata dal senso di competenza e di efficacia.Si tratta di uno stadio in cui il bambino inizia impegnare le proprie energie in compiti più maturi quindi nasce il bambino industrioso questo si concretizza con la scuola lo sport le attività artistiche 5. la quinta fase è fondamentale nell'economia dello sviluppo psicosociale e cognitivo dell'individuo .L'adolescente si trova di fronte al problema psicologico di sviluppare un'identità stabile .Inizia Cioè a prendere consapevolezza dei tratti fondamentali della propria personalità attitudini desideri aspirazioni eccetera.La crisi d'identità nasce proprio dai suoi tentativi di superare questa confusione e questa ambivalenza per lasciare spazio alla propria personalità. E in questa fase infatti Che si genera il senso di aderenza ai propri schemi fondamentali di riferimento come le mode le tipologie eccetera 6. con la sesta fase ha iniziò l'età adulta propriamente detta.Ill cardine è l'amore.Qui la persona lega la propria individualità a quella di altre persone 7. la settima fase segna il periodo della generatività. Siamo al momento della vita delle persone adulte che manifestano appieno le loro capacità lavorative sociali e familiari 8. l'ottava fase è caratterizzata da integrità e disperazione . Nella vecchiaia aggiunge infatti il momento della riflessione sulla propria esistenza del bilancio.Ciò che si è realizzato è un periodo che può prevedere un'affermazione finale della propria individualità caratterizzato da integrità oppure fallimento 2. LA PSICOANALISI INFANTILE POST-FREUDIANA 2.6 LA TEORIA DI STERN Daniel stern ,psichiatra e psicoanalista statunitense, studia le fasi di sviluppo del sé, in maniera particolareggiata. Nei primi due mesi di vita il piccolo si impegna attivamente nel costruire un se’ emergente attraverso la stabilizzazione del ciclo sonno-veglia e alle funzioni di regolazione fisiologica. Il culmine di questa fase giunge intorno alle otto settimane, quando il piccolo instaura con la madre un contatto oculare. Dall’inizio del terzo mese circa avviene lo sviluppo del sé nucleare, nel quale emerge la capacità di percepirsi come agente di quella comunità fisica contraddistinta da confini ben precisi come gli stati fisici ed emotivo dell’altro.In questa fase si verifica il passaggio dallo stato in cui si pone di fronte all’altro come esterno a quello in cui si inizia ad interagire con l’altro e a concepirlo anche come soggetto regolatore sia di principi fisiologici, sia di quelli emotivi. Successivamente, tre settimane di vita, si sviluppa un se’ oggettivo, riscontrabile nel momento in cui il bambino capisce di avere una mente, che anche gli altri la hanno e che i contenuti di questa si possono condividere. Sviluppa così lo stato empatico, il processo di inferenza sociale e della capacità di comprendere i propositi altrui. L’ultima tappa è costituita dallo sviluppo del sé verbale con la manifestazione del linguaggio che cambia profondamente la concezione dell ambiente del bambino. 3. AMBIENTE E RELAZIONI DI ATTACCAMENTO 1. I PRIMI PASSI DELL’ETOLOGIA L’etologia studia la vita degli animali nel loro habitat naturale. I massimi esponenti di questa corrente sono Lorenz e Nikolaas. Lorenz studia i fattori che determinano l’evoluzione e li rivede nel cambiamento e nella selezione. Secondo Lorenz la vera minaccia nella vita degli animali non è il nemico ma il concorrente . Gran parte degli impulsi aggressivi vengono infatti utilizzati per la conservazione del territorio. L’aggressività animalesca viene sprigionata per lottare per la sopravvivenza. 2. L’APPROCCIO ETOLOGICO DI BOWLBY Bowlby è uno dei massimi esponenti dell’etologia poiché ha portato lo studio del comportamento di una specie nel proprio ambiente all’attenzione della psicologia dello sviluppo. Le sue osservazioni su neonati separati precocemente e per lungo tempo dalla madre evidenziano che un attaccamento precoce tra il neonato e chi se ne cura (caregiver) è fondamentale per uno sviluppo normale. Così andò a studiare l’attaccamento tra madre e figlio nei primati , cioè la necessità del bambino di percepire la vicinanza e il contatto fisico con una persona di riferimento, soprattutto in momenti di stress e pericolo. Secondo lo studioso avere un sistema di attaccamento sereno permette al bambino di sviluppare modelli operativi interni (MOI) che servono per le relazioni future al di fuori della famiglia. Bowlby distingue due tipi di attaccamento principali: - attaccamento sicuro: questo si ha quando il bambino si sente capito e protetto dalla madre -attaccamento insicuro: quando il bambino nutre nei confronti della madre un sentimento di instabilità,dipendenza, abbandono. Bowlby identifica nello sviluppo 4 fasi diverse per l’attaccamento: 1. dalla nascita alle 12 settimane: il bambino non riconosce il caregiver 2. dai 6-7 mesi: il bambino inizia a riconoscere il caregiver tramite l’odore, ecc 3. dai 9 mesi in poi il bambino riesce a salutare la maddre,servirsi come strumento per esplorare il mondo e ricevere protezione 4. dai 3 anni in su il bambino dovrebbe riuscire a stare con altre figure di riferimento in un ambiente protetto e sempre in presenza della madre senza manifestare particolare insicurezze 3. LA STRANGE SITUATION DI MARY AINSWORTH Mar Ainsworth ha elaborato una procedura chiamata strange situation per osservare le reazioni del bambino nei 9-18 mesi alla presenza ed allontanamento della madre in un tempo di 20 minuti in cui il bambino gioca con nuovi giocattoli. Così ha potuto studiare le reazioni del bambino all’allontanamento ed al ritorno della madre e la quantità di comportamento esplorativo dello stesso. Sulla base del comportamento si stabiliscono dei pattern di comportamento: -Attaccamento sicuro sicuro (reso possibile da una madre capace di accogliere, e rispondere, ai bisogni espressi dal bambino), in cui il piccolo si muove con fiducia nell’ambiente, esprime disagio alla separazione (ma la tollera) e riaccoglie poi la madre con un sorriso; -Attaccamento insicuro evitante insicuro evitante (il bambino tende a “disattivare” l’attaccamento: non trovando risposte materne alle sue richieste di aiuto, deve diventare autonomo e, per questo, iperattiva il suo sistema di esplorazione, non teme l’estraneo e non esprime disagio o felicità quando la madre si allontana o ritorna); -Attaccamento insicuro ambivalente insicuro ambivalente (emerge quando la madre ha comportamenti imprevedibili, a volte accoglie le richieste del figlio, altre le ignora oppure diventa invadente), caratterizzato da un atteggiamento ipervigilante del bambino che può sviluppare un attaccamento eccessivo poiché non riesce a stare sereno nell’ambiente, è preso dall’angoscia al momento del distacco (anche quando la madre torna, gli serve molto tempo per calmarsi). -Attaccamento disorganizzato Infine abbiamo l’attaccamento disorganizzato: conseguenza di situazioni di maltrattamento, abuso (o traumi irrisolti dei genitori che si esprimono nelle interazioni che hanno con il bambino). 4. HARLOW E GLI STUDI SULLA SEPARAZIONE Harlow fa degli studi sull’attaccamento prendendo come campioni delle scimmiette e ponendole appena nate accanto a dei surrogati materni, una di filo di ferro con un biberon e l’altro di spugna. Le scimmie preferivano il surrogato di spugna poiché più confortevole al tatto mentre verso il filo di ferro si dirigevano solo quando dovevano mangiare. In entrambi i casi comunque le scimmie erano incapaci di adattarsi alla vita sociale e presentavano gravi difficoltà nel comportamento sessuale. Quindi secondo lo studioso, senza una relazione primaria sana , la vita sessuale ed affettiva potrebbe presentare delle difficoltà nell’età adulta. 5. BRONFENBRENNER E LA SCUOLA ECOLOGICA Lo psicologo statunitense Bronfenbrenner costituisce la figura più rappresentativa della scuola ecologica che concepisce il soggetto come entità dinamica che si sviluppa e agisce in una propria struttura, in interazione vicendevole e bidimensionale con l’ambiente. Bronfenbrenner distingue nell’ambiente ecologico una sequenza ordinata di strutture concentriche inserite l’una nell’altra, identificate come micro sistema, meso sistema e Macro sistema. All’interno di ognuna di esse il ruolo e’ dato dal complesso delle attività e delle relazioni delle persone facenti parte di un determinato contesto sociale e da ciò che viene posto in essere da altri nei confronti di tali persone. 4. TEORIE DELLO SVILUPPO EMOTIVO L’emozione è la relazione fisica e psichica con cui un soggetto risponde alle situazioni reali nelle quali viene a trovarsi , sia alle proprie elaborazioni mentali, a ciò’che sta pensando. la funzione primordiale dell’emozione era motivazionale :in particolare attraverso quella si garantisce la sopravvivenza, al fine di poter innescare le condotte complesse e necessarie a svolgere funzioni vitali come l’autodifesa. Pertanto le emozioni innate sono automatiche. Tuttavia l’emozione e il processo di cognizione interagiscono intensamente, soprattutto nelle emozioni complesse, ponendosi alla base dei processi dell’ empatia e della motivazione. 4.1 LA TEORIA DI SROUFE Lo psicoanalista americano Sroufe, è il principale esponente della teoria della differenziazione emotiva, secondo la quale l’individuo possiede fin dalla nascita un corredo emotivo indifferenziato e le emozioni si differenziano con lo sviluppo dell’individuo stesso.Sroufe delinea in otto stadi le fasi di sviluppo delle emozioni, passando da una eccitazione indifferenziata ad una differenziazione delle emozioni: uno primo stadio: il bambino, grazie a un meccanismo di difesa, e’vulnerabile agli stimoli esterni. In tale periodo appaiono dei precursori delle emozioni. Secondo stadio: il bambino si apre al mondo esterno e diventa sensibile alle stimolazioni, a cui risponde con un repertorio di meccanismi pre programmati di elaborazione delle eccitazioni, come ad esempio l’attività motoria. Terzo stadio: inizia col sorriso sociale. In questa fase con la comparsa della distinzione tra mondo interno e mondo esterno, comincia una vita emotiva : piacere, disappunto, rabbia, eccetera. Quarto stadio: si assiste ad una sempre più ampia differenziazione delle emozioni come gioia, paura, rabbia, sorpresa. Quinto Stadio: è il periodo dell’attaccamento, in cui si stabiliscono profondi rapporti tra il bambino e le persone che si prendono cura di lui. Espressione delle emozioni diventa altamente raffinata. Sesto stadio: È definito dall’autore come lo stato della sperimentazione in cui bambino comincia descrivere l’ambiente e a sperimentare la separazione. Settimo stadio: dalla tensione tra attaccamento e separazione ha origine lo sviluppo della coscienza del sé e delle corrispondenti emozioni, come l’affetto per se stessi, la vergogna, eccetera. Ottavo stadio: cominciano le espressioni di emozioni complesse e il bambino comprende le conseguenze delle sue emozioni, iniziando a maturare e a nasconderle. 4.2 LA TEORIA DI IZARD La teoria differenziale elaborata da Izard sostiene che il bambino possiede sin dalla nascita un corredo emotivo, costruito da emozioni quali la rabbia, la tristezza, la gioia, il disprezzo. Per Izard l’emozione è comunque un’organizzazione innata che concorre a motivare il comportamento. In particolare tale teoria afferma che: - l’esperienza soggettiva e L espressione facciale di ciascun emozione manifestano proprietà permanenti fin dal loro prima comparsa - il processo emotivo e’ funzione del sistema nervoso centrale, mentre il sistema autonomo ha un ruolo ausiliario -emozioni compaiono secondo un programma maturativo innato, quando sono funzionali all’ adattamento - -emozioni si combinano in configurazioni complesse. Izzard pone lo sviluppo emotivo in una forte relazione genetica con lo sviluppo della coscienza infatti, dal punto di vista dell’esperienza soggettiva, i correlati cognitivi delle emozioni cambiano con l’età, con l’esperienza, qualificazioni, mentre le emozioni fondamentali restano inalterate costanti fino alla loro prima comparsa. 4.3 BANDURA E IL RINFORZO SOCIALE Bandura fece uno studio per valutare l’influenza di mass-media sui bambini. lo studioso selezionò tre gruppi di bambini: al primo mostrò un filmato in cui un bambino picchiava una bambola e veniva premiato, al secondo gruppo mostra un filmato in cui lo stesso bambino picchiava la bambole e veniva punito.Al terzo gruppo mostra un filmato in cui un bambino giocava tranquillamente con la bambola. Dopo la visione di questo video si è riscontrata aggressività nel primo gruppo, quelli del secondo gruppo un po' meno aggressivi e quelli del terzo equilibrati.Da questo esperimento si evidenzia non solo il peso che i mass- La terza sfida riguarda la continuità dell'io, quella particolare istanza della personalità la cui funzione è di mediare i rapporti con la realtà esterna. In questa fase è L'io che deve svolgere un'importante funzione integrativa tra Passato presente e futuro. Infine, la quarta sfida, riguarda la formazione dell'identità sessuale e la capacità del soggetto di allacciare rapporti affettivi e Amorosi all'infuori della famiglia. 2.3 LE FIGURE GENITORIALI: CONFLITTI ED INTEGRAZIONI Nelle teorie psicoanalitiche classiche i genitori sono considerati come oggetti dal quale l'adolescente deve distaccarsi. Le discussioni non minacciano la coesione dei legami affettivi genitori figlio ed entrambe le parti partecipano attivamente ad una ridefinizione dei rapporti che tendono a basarsi più sulla negoziazione cooperativa che non sull’autorità unilaterale dei genitori. Nel nostro contesto il fenomeno recente viene chiamato dell'adolescenza lunga, ed è oggetto di numerose ricerche e riflessioni. Questa è dovuta al prolungamento degli studi e la crescente difficoltà nell' entrare nel mondo del lavoro dei giovani. In questo contesto La famiglia e la casa di origine danno sicurezza e sostegno e costituiscono una sorta di ammortizzatore sociale di molti problemi ancora da risolvere durante l'adolescenza. Non sono soltanto i figli che cambiano, ma anche i genitori evolvono, poiché' si trovano ad attraversare un periodo del ciclo di vita personale denominata crisi di mezza età. Da una attenta analisi emerge che i genitori e figli hanno problemi e preoccupazioni evolutive che in parte si sovrappongono, in parte divergono. 2.4 L’ADOLESCENZA COME PRODOTTO CULTURALE E FENOMENO STORICO L'adolescenza è stata studiata da una prospettiva storica e antropologico-culturale. Questa prospettiva ha messo in rilievo i connotati sociali e storico culturali di questo periodo di vita. Secondo alcuni autori, la condizione giovanile e' un prodotto culturale e anche un fenomeno storico, il cui contenuto non rimane fisso e immutabile, ma cambia notevolmente in funzione della struttura e delle condizioni socio- economiche della società. Alcuni studiosi hanno messo in risalto i legami dialettici che intercorrono tra adolescenza e struttura socio-economica politica, Legami che lasciano intravedere le diverse funzioni che l'adolescenza assume a secondo della società in cui si struttura. Alcune recenti ricerche esamino l' adolescenza come fenomeno culturale e prodotto storico, allo scopo di indagare sull' adolescente di oggi inteso come frutto ed espressione dei nuovi processi di accudimento e di socializzazione. I compiti di sviluppo presi in considerazione sono: 1. il processo di soggettivazione nei confronti della rete familiare. 2. La costruzione mentale di nuova immagine del corpo 3. la costruzione di nuovi legami affettivi e sociali. Questi tre compiti di sviluppo sono accomunati dallo stesso obiettivo finale: riuscire a conquistare nitide rappresentazioni di sé ,del proprio corpo, della propria identità di genere e dei motivi per cui hanno le relazioni significative con i coetanei. Emerge, quindi che l'adolescente ha bisogno di relazioni verticali, con adulti competenti. Il giovane ha bisogno di un sostegno alla crescita che è una dimensione molto importante in questo periodo di vita, poichè l'adolescente ha il bisogno che le azioni vengono rispecchiate dagli adulti e vengono per questo ammirate. 7. EMPATIA E INTELLIGENZA EMOTIVA 1. EMPATIA: EVOLUZIONE DEL CONCETTO L'empatia è il segno distintivo dell'uomo, è quello che lo distingue dagli altri esseri viventi. L'empatia è un'abilità sociale ed emotiva indispensabile per sentire e comprendere le emozioni, le circostanze, le intenzioni, i pensieri e i bisogni degli altri. Capire il loro mondo di significati, capire come vivono, come e cosa pensano serve per allacciare relazioni profonde, significative e costruttive e, condividere gli stati d'animo ed il mondo interiore dell'altro. Il termine empatia deriva dal greco empateia, ovvero sofferenza o sentimento. Essere empatici, quindi significa essere dentro, sintonizzarsi in modo profondo con gli stati d'animo e le emozioni altrui fino a percepirlo come se fossero nostre. Vischer, studioso di arti figurative ed estetiche chiama questa capacità Einfuhlung ,vale a dire la facoltà di cogliere la vita esterna come fosse interna al nostro corpo. L'empatia viene studiata attraverso due Nature: la natura affettiva e la natura prevalentemente cognitiva. Hoffman, definisce l'empatia la scintilla che fa scaturire l'interesse umano per gli altri, il collante che rende possibile la vita sociale e ritiene che in essa è possibile rinvenire tre componenti: • la componente affettiva insita nei neonati, • la componente cognitiva che riguarda il pensiero e consiste nella capacità di riconoscere e dare un nome agli stati emotivi propri ed altrui • la componente motivazionale che riguarda il desiderio di aiuto che nasce in seguito all'esperienza empatica. Inoltre vengono aggiunti 4 altri tipi di empatia: • l'empatia culturale: ovvero la disponibilità di un individuo ad accettare modi di fare ,abitudini tipiche di una cultura diversa dalla propria, • l'empatia etno- culturale rivolta a persone che appartengono ad etnie diverse • empatia positiva ovvero il partecipare pienamente alla gioia altrui • l'empatia negativa, cioè quando non si riesce ad empatizzare con la gioia altrui. Un' altro studio fatto in quest'ambito è quello dei neuroni specchio. La peculiarità dei neuroni specchio è che si attivano non solo nella persona che compie un determinato movimento, ma anche in chi la osserva. Questi neuroni, quindi, riflettono come uno specchio quello che vedono nel cervello altrui. In tempi più recenti, la ricerca sull'empatia è stata approfondita da McLaren, ricercatrice biologica, la quale ha elaborato un modello unificato sulle emozioni attraverso un lavoro condotto con i Sopravvissuti di traumi dissociativi. Secondo questo modello l'empatia è costituita da 6 aspetti essenziali separati l'uno dall'altro ma legati da un rapporto di interdipendenza. La piramide delle emozioni è così formata: I. contagio emotivo: Le emozioni si provano in modo automatico; II. accuratezza empatica, riguarda la capacità di identificare e comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri; III. regolazione emotiva saper regolare gestire le proprie emozioni, sia positive che negative; IV. cambio di prospettiva, mettersi nei panni degli altri; V. preoccuparsi per gli altri, Ovvero la capacità di entrare in connessione con gli altri; VI. coinvolgimento intuitivo dove l'intuizione significa vedere dentro. Essa ci permette di dialogare con la nostra parte inconscia ed entrare in una relazione profonda con quella degli altri. 2. EMPATIA E PRASSI EDUCATIVA È stato scoperto che l'empatia ha degli importanti effetti nell'ambiente classe. Si richiamata l'attenzione quindi su quello che era l' apprendimento olistico, vale a dire l'integrazione degli aspetti cognitivi, sociali ed emotivi dell'apprendimento. A tale proposito, Rogers afferma che l'empatia è qualcosa che può essere sviluppata tramite l'addestramento. Gli insegnanti possono essere aiutati a diventare empatici in quanto l'empatia non è qualcosa di innato, anzi, può essere appresa rapidamente in un clima empatico. Ciò prevede Naturalmente un percorso di crescita interiore continuo, una motivazione profonda a stabilire una vera comprensione empatica, intesa come la condizione di efficacia più potente all'interno della relazione educativa. In Danimarca l'empatia è una vera e propria materia scolastica. I bambini la studiano dai 6 ai 16 anni. Gli alunni preparano una torta di classe da condividere con i compagni dopo la discussione. In alcune classi, vengono predisposte delle scatole in cui gli alunni possono lasciare anonimamente domande o argomenti di cui vogliono discutere. nessun argomento e' tabù. L'atmosfera è molto aperta, tollerante e senza giudizio. Uno spazio sicuro. 3. EMOZIONI ED INTELLIGENZA In psicologia le emozioni sono definite come è stato complesso dei sentimenti che si traducono in cambiamenti fisici e psicologici. Le emozioni si suddividono in emozioni fondamentali ed emozioni complesse. Emozioni primarie sono quelle apprese nei primi anni di vita e sono rabbia, paura, tristezza piccola gioia, sorpresa, disgusto, attesa, accettazione. Le emozioni secondarie o complesse sono date dalle esperienze di crescita dell'individuo ed all'interazione sociale e sono invidia, allegria, vergogna, ansia, rassegnazione, gelosia, speranza, perdono, offesa, nostalgia, rimorso, delusione. 4. LA TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE DI GARDNER Gardner, psicologo statunitense, sostituisce la vecchia concezione di intelligenza,ovvero quella misurabile tramite il QI con una visione più dinamica e complessa: quella delle intelligenze multiple. Gardner distingue 9 tipologie di intelligenza: Quella logico-matematica, quella linguistico verbale, Quella spaziale, musicale, cinestetica o procedurale, interpersonale, intrapersonale, naturalistica, esistenziale. Gardner sostiene che i giovani dispongono di 5 canali strategici per affrontare la vita: 1. intelligenza disciplinare data dai saperi teorici, 2. intelligenza sintetica data dall'abilità nel raccontare le informazioni attinte, 3. intelligenza creativa che permette di individuare soluzioni originali a problemi inediti, 4. intelligenza rispettosa dell'alterità 5. intelligenza etica, mediante la quale è possibile stare al mondo in modo consapevole. Per questo l'attività mentale e’ differenziata, anche se le diverse intelligenze operano sinergicamente. L' insegnamento e la didattica si devono districare in campi di esperienza, per riuscire a stimolare adeguatamente le diverse funzioni della mente. 5 LA TEORIA DELLE TRE INTELLIGENZE DI STENBERG Stenberg ha elaborato una propria teoria sul pensiero intelligente. Il pensiero umano si fonda su tre intelligenze fondamentali: • quella analitica capace di analizzare, • quella pratica,ovvero quella capace di usare strumenti applicare procedure e proporre progetti • quella creativa, legata all'intuizione. Secondo Stenberg molte difficoltà degli studenti possono avere origine da due fattori: • la discordanza tra il modo di insegnare del docente e il apprendere dell'alunno • o la dalla tendenza a confondere la discordanza di stile con la mancanza di abilità e quindi a sottovalutare dei risultati di per sé buoni ma percepiti come inadeguati. Per questo la scuola dovrebbe cercare di attuare attività didattiche chiavarino spesso i loro obiettivi e che abbracciano tutti nel loro preferenze e lei predisposizione intellettive degli alunni. 6.LA TEORIA DI GOLEMAN SULL’INTELLIGENZA EMOTIVA La definizione ufficiale di intelligenza emotiva è stata data da due studiosi Salovey e Mayer che definiscono l'intelligenza come ” l'abilità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie e degli altri, di distinguere tra di loro e di usare tali informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”. A sua volta Goleman definisce l’intelligenza emotiva “come la capacità di motivare, se stessi, di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, di controllare gli impulsi settore possiamo anche parlare di mappe creative che ti consentono di fermare le idee, di registrarle, predisponendole ad una successiva rielaborazione. Essendo il pensiero laterale una forma strutturata di creatività cii sono varie tecniche di utilizzo che possono essere 1. la ricerca di alternative 2. l'entrata casuale 3. la provocazione che consiste nel produrre idee sotto forma appunto di provocazioni. 3.1 TECNICHE METACOGNITIVE I sei cappelli per pensare di cui parla Edward De Bono favoriscono l'attivazione di differenti settori della mente in grado di guidare efficacemente dall'intenzione all'attuazione. Si tratta di una tecnica metacognitiva utile per scorporare il flusso di pensieri che si affollano nella nostra mente, permettendoci di esaminare le questioni sotto differenti punti di vista. In questo esperimento si suppone di indossare un cappello di diverso colore che rappresenta la concentrazione su determinati aspetti del nostro pensiero. -Il cappello bianco individua e caratterizza l'analisi dei dati. Pensare con il cappello bianco significa essere neutrali ed obiettivi, valutare soltanto ciò che può essere determinato da prove. -il cappello rosso indica emotività, espressione estintiva e liberatoria di intuizioni. - Il cappello giallo rileva gli aspetti positivi, i vantaggi, le opportunità. -Il cappello nero e’ L'avvocato del diavolo. Eleva gli aspetti negativi, le ragioni per cui la cosa non può andare. -il cappello verde indica sbocchi creativi, nuovi, analisi e proposte migliorative, visioni insolite. -cappello blu stabilisce priorità, metodi, sequenze funzionali, pone domande esplorative, unifica il pensiero, stabilisce le regole e conduce il gioco. 4. IL PENSIERO CONVERGENTE ED IL PENSIERO DIVERGENTE Pensare impiega una produzione autonoma di contenuti e una filtrazione dei dati provenienti dall'esterno. Le componenti emotive intervengono al momento di compiere una scelta, nella creazione delle idee e anche quando un'intuizione originaria ancora vaga ed uniforme viene modellata e raffinata fino ad assumere la sembianza pura razionale dell'idea. Guilford è stato il precursore dell'espressione “pensiero divergente” ovvero quel pensiero che è strettamente connesso all'atto creativo. Il pensiero divergente è la capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni alternative per una data questione, in particolare per un problema che non prevede un'unica risposta corretta. Secondo Guildford, il pensiero divergente è misurato da tre indici: la fluidità, ovvero il parametro quantitativo basato sull'abbondanza delle idee proposte, la flessibilità ovvero la capacità di cambiare strategia e l'originalità ovvero l'attitudine a formulare soluzioni uniche e personali. Guildford si sofferma su un secondo modello di pensiero, appunto quello convergente, tramite il quale gli individui convergono, appunto invece che di discostarsi dall l'unica risposta accettabile ad un problema. Il pensiero convergente e’ il ragionamento logico e razionale e consiste in un procedimento sequenziale deduttivo in un'applicazione meccanica di regole e in un'analisi metodica di informazioni. Questo pensiero si adatta a problemi chiusi, cioè quelli adatti ad avere un'unica soluzione. La scuola negli ultimi tempi si è direzionata maggiormente verso il pensiero convergente e per questo Guildford sostiene che dando maggior rilievo a questo tipo di pensiero, siamo stati portati a trascurare completamente l'altra tipologia e di conseguenza non si è fatto abbastanza sviluppo di questo pensiero creativo. 4.1 INCORAGGIARE IL PENSIERO DIVERGENTE Secondo Bruner il sistema scolastico dovrebbe premiare anche il pensiero divergente. Ciò non significa affatto che non bisogna tenere in considerazione l'accuratezza o la precisione: si ricordi, infatti, che l'atto creativo implica sempre la verifica e la valutazione. La soluzione deve essere esaminata e controllata per capire se funzionerà. Se fallisce deve essere indubbiamente scartata, poichè anche questo fallimento può essere apportatore di nuove idea. Secondo Bruner, il pensiero creativo e’ olistico mentre il pensiero convergente e’ algoritmico. 5. IL METODO P.A.P.S.A DI HEBERT JAOUI Secondo il metodo P.A.P.S.A il pensiero divergente e’ complementare a quello convergente. L'alternanza tra pensiero divergente e convergente è detta del doppio imbuto e si applica in tutte le tappe del metodo creativo. E’ stato ideato da Hubert Jaoui, considerato tra i maggiori esponenti della creatività applicata. La combinazione tra pensiero convergente e pensiero divergente permette di accogliere le idee nuove senza soffocarle. Le tappe individuate per risolvere situazioni problematiche comprendono l'uso del pensiero convergente e l'uso del pensiero divergente. Queste tappe sono : -La percezione ovvero l'obiettivo di cogliere opportunità - l'analisi ovvero studiare la situazione per scoprirne la struttura profonda - la produzione che ha lo scopo di trovare soluzioni pertinenti al caso -la selezione,ovvero la scelta tra tutte le idee prodotte di quelle che meglio rispondono agli obiettivi -l'applicazione ovvero studiare come attivare e fare applicare le idee e le soluzioni scelte e individuare gli strumenti adeguati per evitare il rifiuto automatico dell'Innovazione. 6. EDUCARE ALLA CREATIVITA’ Robinson parla invece dell'immaginazione che non è una facoltà separata della mente ma è la mente stessa nella sua interezza; e’ un modo di operare nella mente umana, una facoltà del pensiero che possiede una vitale ed insostituibile funzione. L’immaginazione dovrebbe essere premiata come la creatività poich’ se non fosse così sarebbe un freno allo sviluppo mentale e sociale degli studenti impedendo loro di accedere in ciò che in cui sono portati. Esattamente il contrario di quello che l'educazione dovrebbe fare ovvero consentire agli studenti di comprendere il mondo intorno a sé. Solitamente però alla fine del percorso di istruzione molti perdono i loro talenti perché la scuola non ha dato ad essi valore o addirittura gli ha stigmatizzati neutralizzando loro curiosità e voglia di imparare. 6.1 PEDAGOGIA SULLA CREATIVITA’ Per attuare la pedagogia della creatività bisogna distinguere due interventi differenti: l'insegnamento creativo e l'apprendimento creativo.L'insegnamento creativo consiste nel pianificare compiti fuori dal comune, attuando una vera e propria didattica della creatività. L'apprendimento operativo permette all'alunno di costruire competenze specifiche che hanno ruolo importante nell'acquisizione di nuove competenze e nell’arricchimento delle sue esperienze. Per favorire lo sviluppo della creatività, l'attività didattica dovrà puntare sullo sviluppo del pensiero ipotetico che porta L'alunno a problematizzare l'esperienza e ricercare nuove soluzioni.Alla creatività si accende quando c'è un problema da risolvere e un ostacolo da superare. Il pensiero divergente richiede il coraggio, il coraggio di rompere gli schemi dell'esperienza, di abbandonare le certezze e di interrogarsi sempre. 6.2 CREATIVITA’ E METODOLOGIE DIDATTICHE Per stimolare la creatività è opportuno che ci sia un clima che solleva la manifestazione di comportamenti creativ,i favorisce l'esposizione di idee originali o soluzioni non scontate. Inoltre è importante premiare l'alunno per lo sforzo immaginativo compiuto e creare un ambiente di gioco. A. IL BRAINSTORMING Il brainstorming è letteralmente la tempesta di cervelli. E’ stato ideato da Osbourne, teorico della creatività, che la definisce una tecnica di conferenza con la quale un gruppo cerca di trovare una soluzione per un problema specifico, accumulando tutte le idee spontaneamente sorte dai suoi membri. Le regole per la buona conduzione di un brainstorming sono: nessuna critica delle idee altrui, tutte le idee vengono accolte, prima si punta sulla qualità poi al lavoro di perfezionamento. Con questo metodo si riducono le naturali inibizioni dei partecipanti stimolando il pensiero divergente. B. CONCASSAGE Dal francese, significa frantumazione. La tecnica consiste nell'esaminare la problematica da risolvere da tanti punti di vista differenti e anche insoliti. L'animatore introduce il problema da risolvere o l'idea da generare e verifica la comprensione del gruppo. Intento è quello di modificare sistematicamente la questione in oggetto cambiando il punto di vista attraverso un certo numero di chiavi di lettura. Le idee proposte vengono,annotate in una lista e al termine l'animatore le rilegge al gruppo ,cancella le idee simili e accorpa le altre. Solo successivamente si passerà alla valutazione delle idee. 9.CENNI DI PSICOLOGIA SOCIALE 1.DEFINIZIONI La psicologia sociale e’ lo studio scientifico di come i pensieri, le sensazioni e i comportamenti delle persone sono influenzati dalla presenza effettiva, immaginata o implicata degli altri. 2.IL GIUDIZIO SOCIALE La psicologia sociale si basa su un assunto fondamentale: il giudizio sociale guida i comportamenti delle persone. In questo paragrafo ci occuperemo di studiare i seguenti concetti: atteggiamenti, pregiudizio e formazione delle impressioni. 2.1 DEFINIZIONE DI ATTEGGIAMENTO Gli atteggiamenti sono associazioni tra un oggetto e la sua valutazione che guidano l'azione. L'oggetto può essere sociale o fisico. Allport definiva gli atteggiamenti come uno stato neurologico di prontezza, organizzata attraverso esperienza, che esercita un'influenza direttiva o dinamica sulla risposta dell'individuo nei confronti di ogni oggetto e situazione su cui entra in relazione. Rosenberg e Hovland, hanno autorizzato il modello tripartito degli atteggiamenti. Gli autori sostengono che un atteggiamento è composto da tre fattori: Fattore cognitivo: che riguarda le informazioni e le credenze riguardo l'oggetto dell'atteggiamento. Fattore affettivo: dato da una reazione emozionale Fattore comportamentale: che riguarda la risposta di comportamento. Fazio, ideatore della Social cognition, afferma che l'atteggiamento è una struttura cognitiva basata sull' associazione tra un oggetto e la sua valutazione. L'atteggiamento, quindi si basa su due concetti: la disponibilità, ovvero l'associazione tra oggetti e la valutazione e l'accessibilità, ovvero il tempo e lo sforzo necessario per recuperare l'associazione tra oggetto e valutazione. 2.2 COME SI MISURANO GLI ATTEGGIAMENTI L'atteggiamento è una chiave di comprensione del comportamento. I metodi per rilevare gli atteggiamenti sono suddivisi in due punti: metodi espliciti: in cui si richiede apertamente una valutazione sull'oggetto dell'atteggiamento metodi impliciti: in cui la valutazione del soggetto si deduce da altri indicatori, non esplicitati direttamente dal soggetto. Metodi espliciti sulle relazioni e un leader focalizzato sul compito, adeguati in contesti complementari. Dunque, ciò che manca in entrambi gli approcci e’ lo studio dell'interazione tra i membri. 5.4 L’APPROCCIO TRANSAZIONALE L'approccio transazionale si focalizza sulle relazioni bidirezionali tra leader e componenti del gruppo. E’ questo approccio quello che supera i limiti dei due approcci precedenti, così come il leader può influenzare i membri del gruppo, i membri del gruppo possono influenzare il leader. 5.5 IL POTERE Il potere è l'influenza di una persona su un'altra. La classificazione del costrutto di potere e’: - il potere di ricompensa :si basa sull'abilità di promettere ricompense materiali e simboliche -potere coercitivo: si basa sulla possibilità di somministrare punizioni, e’ dunque l'opposto del potere di ricompensa - potere legittimo: si basa sul norme interiorizzate -potere d'esempio: si basa sulle identificazione con il soggetto che ha potere - potere di competenza: si basa sul fatto che chi ha potere è riconosciuto come competente in un determinato settore. 6. DINAMICHE DI GRUPPO Tajfel, fondatore della teoria dell'identità sociale (SIT), definisce l'identità sociale come legata alla conoscenza dell’ appartenenza dell'individuo a certi gruppi sociali e dal significato emozionale e valutativo che risulta da tale appartenenza . L’ identità sociale, non è un fattore stabile, ma può attivarsi in determinate circostanze. Questa attivazione è chiamata in psicologia “salienza” 6.1 IL GRUPPO 1. Deriva dalla definizione di un obiettivo comune 2. E’ psicologicamente significativo per i suoi membri 3. traduce regole, criteri e credenza relative all'adeguatezza di comportamenti ed atteggiamenti 4. il gruppo influenza atteggiamenti e comportamenti 5. si basa sulle interdipendenza dinamica dei partecipanti L'interazionismo, sostiene che il gruppo sia di più della somma delle sue parti. I componenti del gruppo sono trasformati dalla loro appartenenza al gruppo stesso, già che quest'ultimo fa emergere nuove proprietà psicologiche comportamentali. In altre parole, quando due o più persone interagiscono, il gruppo diventa un sistema interdipendente da un punto di vista percettivo e comportamentale. Questo dà luogo a nuove caratteristiche della totalità che inglobano le nostre realtà individuali e le modificano. Le proprietà emergenti positive sono Cooperazione, coesione, leadership. 6.2 CARATTERISTICHE DESCRITTIVE DEL GRUPPO PSICOLOGICO La misura della Cooperazione è il grado in cui componenti di un gruppo agiscono in modo da trarre mutuo vantaggio. La sua efficacia, dipende da: • assunzione di Un orientamento Cooperativo • intensità della comunicazione • grado di vicinanza sociale • credo di somiglianza percepita tra membri del gruppo • esperienza di condividere un obiettivo, un destino comune • compiere le scelte in una situazione pubblica condivisa • incoraggiare lo sviluppo di reciproca fiducia ed empatia • evocare norme condivise • La salienza Coesione La coesione può essere definita come la proprietà di un gruppo che descrive le forze psicologiche che conservano l'appartenenza delle persone al gruppo stesso. Molte sono le determinanti come somiglianza, Destino comune, minaccia condivisa, eccetera. 6.3 EFFETTI NEGATIVI DELLE DINAMICHE DI GRUPPO Effetti negativi delle dinamiche di gruppo sono la depersonalizzazione che può avvenire sia all'interno che all'esterno del gruppo. Gli altri fenomeni negativi sono: - diffusione di responsabilità poiché se si è soli in qualche scomoda situazione ci si sente in qualche misura pronti ad agire per risolvere il problema. Nella condizione di gruppo invece i membri tendono a deresponsabilizzarsi In quanto ogni persona può di fatto agire contro l'infrazione. -Bullismo: insieme di comportamenti verbali e fisici e psicologici reiterati nel tempo, possono essere svolti da un individuo o da un gruppo di individui -Group thinking: riduzione del contraddittorio della discussione di gruppo. Riduzione del confronto all'interno del gruppo che annulla la normale dialettica che può animare un gruppo e facilitare il pensiero critico ed una buona presa di decisione. SEZIONE II PEDAGOGIA, APPRENDIMENTO E DIDATTICA 1. FONDAMENTI DI PEDAGOGIA 1. PEDAGOGIA, EDUCAZIONE FORMAZIONE La pedagogia dal greco Pais, ovvero fanciulla e agogè ovvero guida e’ oggi comunemente definita come la scienza o il complesso delle Scienze e dei saperi relativi all'educazione. L’Educazione fa dunque riferimento sia alla dimensione dello sviluppo delle potenzialità umane che all’ affinamento dei valori, degli affetti, delle relazioni sociali. Educare significa effettuare un complesso processo di intervento culturale sugli individui, presi singolarmente oppure come gruppo. Con il termine formazione Si indica il complesso di eventi in grado di esercitare un'influenza globale sul individuo. 1.1 EFFETTI DEI PROCESSI EDUCATIVO-FORMATIVI Formare significa stimolare un individuo a raggiungere una migliore coscienza e conoscenza di sé e del suo mondo, a potenziare la propria personalità lungo l'intero ciclo di vita. La formazione è un gioco che mette in moto contemporaneamente tutti i seguenti aspetti dell'individuo: quello psichico, quello etico e quello sociale, incentrato sui complicati e stratificati processi di scambio simbolico ed esistenziale con l'ambiente circostante. Quindi formare significa sviluppare armonicamente tutti i lati della persona. 1.2 EDUCARE ALLA COMPLESSITA’ Educare alla ragione problematica significa educare a pensare in maniera complessa, a conoscere la natura stessa della conoscenza del processo conoscitivo. C'è dunque un autoriflessività della conoscenza e la consapevolezza di una complessità di presupposti punti di vista che possono essere selezionati, ma anche interconnessi e incrociati. 2. SVILUPPO DELL'IDENTITÀ’ PERSONALE Per lo sviluppo dell'identità personale ci sono due teorie: la prima e’ la teoria sociocentrica, volta a preservare la solidità e stabilità del sistema sociale nel suo complesso piuttosto che le libertà del singolo. Questo è il classico tipo di educazione facente parte dei totalitarismi politici. Le seconde, sono le teorie individualistiche, che alludono apposizioni, secondo le quali l'educazione deve costruire il processo base che consente ad ogni singolo individuo di affermarsi autonomamente rispetto all'ambiente socio politico di appartenenza. Si tratta di una posizione largamente dominante oggi a livello di elaborazione teorica generale. Anche se ancora di incerta e precaria realizzazione pratica. Bruner pone l'accento proprio sull'importanza di considerare i fenomeni di apprendimento come una sintesi tra abilità personali, quindi teoria individualistiche e capacità di relazionarsi con gli altri ovvero le teorie socio centriche. 3. PEDAGOGIA COME METODOLOGIA SCIENTIFICA La pedagogia è la scienza o meglio l'insieme di scienze che riguardano i fenomeni educativi. Questo sapere riguarda due aspetti, ovvero gli scopi e le finalità che si vogliono raggiungere insieme con i mezzi con cui si intende procedere. A questo va aggiunto anche un terzo aspetto che è l'oggetto specifico delle pratiche educative che possono essere alunni, allievi, discenti, eccetera eccetera colti nella loro individualità, nei loro bisogni e, nelle loro motivazioni, ma anche nei loro problemi. In questo caso parliamo di pedagogia speciale. La pedagogia studia quindi vari ambiti come il fine e gli scopi dell'educazione, i metodi e gli strumenti, e le attenzioni teorico-pratiche nei confronti dello studente. 4. LA PROGETTUALITÀ’ PEDAGOGICA La progettualità pedagogica implica specificare i modelli di formazione che la pedagogia deve abbracciare in relazione alla complessità dell'essere umano. 4.1 FORMAZIONE INTELLETTUALE La formazione intellettuale è la capacità di sviluppare l'esperienza in tutta la sua molteplicità, rispetto alla capacità di impostare la questione da indagare, proporre soluzioni ipotetiche, giustificare la plausibilità e verificare l'efficacia. Per una buona formazione intellettuale è necessario avere le caratteristiche della creatività cognitiva come flessibilità, prontezza, costruttività e versatilità. L'uso creativo dell'intelligenza porterà l'essere a svilupparsi autonomamente e a combattere le passività e le dipendenze. 4.2 FORMAZIONE ESTETICA La creatività estetica riguarda le esperienze sensoriali, razionali e immaginative. L'educazione estetica e’ funzionale alla creatività in quanto garantisce rinnovamento del rapporto col mondo e con gli altri attraverso la cura. 4.3 FORMAZIONE DEL CORPO E DEL MOVIMENTO La dimensione mentale dell'essere umano è legata alla dimensione corporea che si offre come mezzo di conoscenza del mondo esterno, degli altri e di se stessi. Educazione fisica e motoria deve essere in grado di cogliere e valorizzare le molteplici valenze legate al corpo. Una corretta formazione corporea contribuisce alla formazione intellettuale, etico-sociale, affettiva, estetica. 4.4 FORMAZIONE AFFETTIVA E RELAZIONALE La formazione affettiva riguarda le passioni, i sentimenti, le emozioni palesi e le pulsioni inconsce e connota di particolari modalità ogni processo relazionale dell'individuo. La vita affettiva pone in relazione l'organismo e l'ambiente da un lato per il soddisfacimento dei bisogni e dall'altro per lo sviluppo dei processi cognitivi legati alla conoscenza di sé e del mondo. Le caratteristiche affettive attribuite a persone, individua le leggi fondamentali dello sviluppo alle quali l'educatore deve rifarsi per individuare le concrete modalità di sviluppo di interessi e bisogni dell'allievo: 1. Legge della successione genetica, lo sviluppo avviene per tappe costanti. 2. Legge dell'esercizio genetico funzionale, l'esercizio di ogni funzione, premessa dello sviluppo di quelle successive. 3. Legge dell'adattamento funzionale, l’esercizio nasce da un bisogno 4.Legge dell’autonomia funzionale ,il bambino è un essere completo 5.legge dell'individualità, unicità in ogni individuo. Il bambino deve essere libero di farsi da sé in relazione ai propri bisogni ed interessi. L'educazione, deve partire dei bisogni del bambino per realizzare la formazione dell'individuo. Il fanciullo è il centro dei programmi e dei metodi scolastici, E considera l'educazione come adattamento progressivo dei processi mentali a determinati desideri. 2.4 L’ATTIVISMO DI JOHN DEWEY Dewey è uno dei precursori dell'attivismo. L'uomo, secondo Dewey ha bisogno di cultura e tecnica, teoria e pratica scuola e lavoro. I bambini apprendono gli aspetti elementari del leggere e dello scrivere e del far di conto mediante il lavoro che viene considerato uno strumento di formazione attraverso il quale l'allievo può svolgere attivamente la sua professione di alunno. Nella scuola di dewey, l'educatore ha la funzione di guidare e stimolare l'esperienza infantile, senza imposizioni e forzature. L'educazione quindi risulta appunto essere attiva. 3. LA SVOLTA DI MARIA MONTESSORI La Montessori è un alto esponente del Movimento attivista europeo. 3.1 LE ORIGINI DEL METODO La Montessori idea il suo metodo studiando i casi dei bambini selvaggi e ritardati. La Montessori sostiene che L’infanzia non deve essere studiata partendo dal punto di vista dell'adulto poiché esso rappresenta lo stadio di sviluppo finale dal raggiungere. Per la studiosa , l'educazione deve studiare l'energia latente in ogni individuo che si sviluppa solo secondo modalità autonoma e che può essere stimolata ma non generata da interventi didattici. La Montessori e’ quindi una forte sostenitrice della autoeducazione. Essa pensa che la pedagogia e la metodologia siano solo dei mezzi preparatori ed ausiliari allo sviluppo interiore. La sua scuola sarà quindi a misura di bambino. Infatti essa allestisce per la sua scuola un ambiente totalmente innovativo, una struttura dotata di autonomia istituzionale ed educativo pedagogica ed una sorte di micro istituzione sociale infantile. 3.2 GLI SPAZI A MISURA DI BAMBINO Gli spazi a misura di bambino devono essere: 1. Privi del tradizionale arredamento scolastico, 2. collegati al tessuto urbano, 3. le classi devono essere a numero ridotto E collocate in locali non troppo ampi 4. suppellettili devono essere scientificamente fabbricate rispettando le dimensioni fisiche e le potenzialità dei bambini, 5. spazi esterni come giardini, sono indispensabili, l'aula diventa una sala di lavoro e quindi c'è l'abolizione del Banco, 6. la cura dell'igiene dei luoghi viene affidata ai bambini, 7. cambia il ruolo dell'insegnante poiché essa diventa direttrice coordinatrice delle attività dei bambini. 3.3 L’EDUCAZIONE SENSORIALE Anche il materiale didattico diventa importante per la prassi montessoriana poiché la psiche infantile è considerata come attività energetica ritmata dalla comparsa nello sviluppo di particolari periodi di fertilità ,detti periodi sensitivi in cui il bambino ha la possibilità di autocontrollarsi nel suo processo di crescita e di autoeducarsi in piena Libertà. L'ambiente va considerato come la totalità degli oggetti e dei materiali prescelti per stimolare la loro sensibilità. In questo metodo il bambino è concentrato parti elementari: attraverso un processo di analisi dovrà pervenire professionalmente alla maturazione cognitiva. Tutti gli strumenti sono scientifici e sono solitamente oggetti solidi da incastrare come blocchi, tavole, figure, forme geometriche da incastrare secondo diverse caratteristiche, colore ,forma ,eccetera. Così facendo si cominciano a conoscere le lettere dell'alfabeto riprodotto in dimensioni grandi e si impara a distingue le lettere.La lettura procede simmetricamente alla scoperta delle lettere ed esplode all'improvviso. 4. ROSA E CAROLINA AGAZZI Rosa e Carolina Agazzi sono i precursori del convenzionalismo mnemonico. Insieme a Pietro Pasquali vengono ricordate tra gli esponenti dell'attivismo in Italia, poiché artefici di una riforma degli asili infantili. 5. CENTO LINGUAGGI DEL BAMBINO: LA SCUOLA DELL’INFANZIA DI REGGIO EMILIA Nel 45 in un piccolo borgo vicino a Reggio Emilia, donne uomini e ragazzi costruiscono una scuola per bambini con i soldi ricavati dalla vendita di un carro armato e di alcuni camion e cavalli abbandonati dai tedeschi in fuga.In otto mesi costruirono la scuola. Questa esperienza aveva fatto maturare una serie di consapevolezza: la scuola per il bambino deve essere amabile, operosa, vivibile, documentabile, comunicabile, luogo di ricerca apprendimento riflessione nel quale i bambini stanno bene. Il bambino apprende quando interagisce con il suo ambiente, trasforma gli eventi e le cose insieme con i coetanei. Gli auto apprendimenti hanno particolare importanza. I contenuti e le forme delle diverse aree disciplinari devono essere tradotti in cento linguaggi diversi poiché possono arrivare a tutti i bambini. Nelle scuole dell'infanzia di Reggio Emilia, sono presenti aula di musica e atelier. 3. TEORIE, STILI DI APPRENDIMENTO E MEDIAZIONE DIDATTICA 1. GLI STUDI SULL’APPRENDIMENTO 1.1 DEFINIZIONI E CONCETTO DI APPRENDIMENTO L’apprendimento è una modificazione del comportamento più o meno stabile che consegue a un'interazione con l'ambiente. Questo processo è il risultato di esperienze che determinano nuovi schemi di risposta agli stimoli esterni. L'apprendimento e’ quindi un mutamento che avviene tramite uno stimolo per generare una risposta. L'apprendimento è essenziale per adattarsi all'ambiente. Il comportamento umano e animale non è predeterminato totalmente dalla eredità genetica ma si modifica per effetto dell'esperienza. 1.2 IL CONDIZIONAMENTO CLASSICO DI PAVLOV Le teorie sperimentali sull'apprendimento hanno due orientamenti: il condizionamento classico e il condizionamento operante. Il condizionamento classico è stato studiato da Pavlov, Thorndike e Skinner. Per quanto riguarda il condizionamento classico Pavlov studia lo stimolo incondizionato, come per esempio inserire un pezzo di carne in bocca ad un cane che determina automaticamente un riflesso incondizionato o una risposta incondizionata, per esempio un flusso di saliva. Si definisce quindi riflesso incondizionato. quella risposta che dipende solo dalle condizioni naturali dell'individuo. Uno stimolo neutro, invece come per esempio il suono di un campanello normalmente non determina il flusso della saliva. Ma potrebbe determinarlo anche in assenza di uno stimolo incondizionato come il cibo. La nuova risposta viene definita, quindi riflesso condizionato o risposta condizionata a causa del suono di un campanello. Il condizionamento è dunque un processo di sostituzione dello stimolo, per cui uno stimolo neutro diventa capace di produrre una risposta prodotta da uno stimolo incondizionato. Questo avviene per via associativa, ovvero associo il suono del campanello al cibo. 1.3 IL CONDIZIONAMENTO “OPERANTE” ( O “STRUMENTALE”) Nel condizionamento operante troviamo invece Thorndike e Skinner. Lo Lo psicologo americano studia l’ apprendimento tramite prove ed errori notando che procedendo per tentativi si può trovare il comportamento giusto e si tende a ripeterlo. Thorndek arrivo così a formulare la legge dell'effetto, secondo la quale si tende a ripetere quei comportamenti che produconoun risultato vincente, cioè funzionale al nostro scopo.L’esperimento di questo studioso viene chiamato “Skinner box” poichè all'interno di una scatola viene messo un topo libero di muoversi. Dopo vari percorsi il ratto comincia a premere una levetta collocata nella scatola ed ogni volta che esegue questo comportamento gli veniva dato un pezzo di cibo che l'animale consumava. Dopo una serie di volte in cui riceveva la ricompensa, Il ratto cominciò a premere la levetta intenzionalmente per ottenere il cibo. Questi esperimenti mostrarno che il comportamento del ratto era funzionale al procurarsi premi o ad evitare punizioni. Skinner, studiò, anche il fenomeno del modellamento che consiste nel premiare in maniera progressiva tutte le azioni che portano al comportamento voluto dallo sperimentatore. Come abbiamo visto mentre il condizionamento classico sembra realizzarsi indipendentemente dalla volontà del soggetto il condizionamento operante produce volontariamente quella risposta. 1.4 L’APPRENDIMENTO IMITATIVO Apprendimento imitativo e gli altri che seguiranno vengono classificati nell’ apprendimento cognitivo. Qui troviamo Bandura che ha dimostrato che l'apprendimento non è dato dalla semplice imitazione, ma da un processo attivo che comprende L'osservazione di un modello. 1.5 APPRENDIMENTO PER INSIGHT O INTUIZIONE Kohler invece studia l'apprendimento di tipo intuitivo ovvero “insight” poichè noto che questa comprensione immediata ed istantanea era diversa dal graduale avvicinamento a una soluzione per prove ed errori. La comprensione per insight produce una ristrutturazione concettuale dei dati di cui il soggetto disponeva fino a quel momento. Apprendere per insight significa dunque individuare soluzioni creative per risolvere problemi. 1.6 L’APPRENDIMENTO PER MAPPE COGNITIVE Tolman studio’ l'apprendimento per mappe cognitive, ovvero per mappe mentali utili a portare a termine più velocemente l'incarico. Anche lui utilizzo’ i topi per il suo esperimento e sperimento’ che anche quando in una scatola venivano messi i nuovi ostacoli al percorso, comunque il topo attraverso delle sue mappe mentali riusciva a raggiungere il suo obiettivo. Il lavoro di Tolman ha permesso di elaborare anche la teoria dell'apprendimento latente, ovvero un apprendimento che non necessariamente si traduce in un comportamento poiché non necessita di alcuna ricompensa per realizzarsi e quando è appreso può non esprimersi e restare a lungo silente. 2. IL COSTRUTTIVISMO 2.1 PIAGET, VYGOTSKIJ La corrente del costruttivismo intende l'apprendimento come un processo dinamico e non più come una pura accumulazione di informazioni da parte dell'allievo. I maggiori esponenti di questo indirizzo sono: Piacet, Vygotskij e Bruner, ai quali va riconosciuto il merito di aver apportato contributi fondamentali alle teorie dell'apprendimento, tanto da essere considerati tra i maggiori studiosi della psicologia dello sviluppo del 900 strategie nell’elaborazione delle informazioni, e le strategie messe in campo per categorizzare, le differenze cognitive e motivazionali e le differenze di personalità. 4.1 STILI COGNITIVI Stile cognitivo si intende la modalità preferenziale con cui gli individui elaborano le informazioni nel corso di compiti diversi, quindi lo stile di apprendimento è un aspetto particolare del concetto più ampio di stile cognitivo. Lo stile cognitivo tiene conto : • delle differenze individuali nei principi generali dell'organizzazione cognitiva, • delle diverse tendenze soggettive interamente coerenti, che quindi non si riferiscono al funzionamento cognitivo generale. Il termine fa riferimento alle differenze di personalità e alle differenze genetiche indotte dall'esperienza, nelle capacità e nel funzionamento cognitivo.Di fatto, opera una mediazione tra motivazione emozione e cognizione. Alcune caratteristiche generali dell'organizzazione e del funzionamento cognitivo sono la tendenza a: • differenziare progressivamente, • semplificare, • dimenticare selettivamente in relazione a nuove idee non familiari Queste tendenze vanno coniugate in rapporto a: • il tempo di imparare • lo spazio in cui voglio imparare • gli altri, • gli strumenti di lavoro che ho, • le valutazioni. Ogni persona apprende in maniera diversa elaborando una propria strategia adeguata alla sua personalità e i suoi bisogni. Queste strategie vanno scoperte e pianificate per ottenere le migliori condizioni di studio. Verranno quindi selezionati per questo tipo di stile: l'ambiente più favorevole, i materiali più adatti, le modalità di processo, un tutor o un esperto che possa verificare quanto appreso, un gruppo di lavoro con cui condividere il percorso, i tempi più favorevoli allo studio. Ogni disciplina avrà bisogno di una particolare metodologia quindi il processo di apprendimento non può mai essere uniforme. 4.2 I DIVERSI STILI COGNITIVI La costruzione di un ambiente di apprendimento si basa su diversi stili cognitivi e sull'attivazione di meccanismi che consentono di sviluppare, accanto alle conoscenze le competenze individuali. Tra gli stili cognitivi si distinguono : • stile globale/ analitico. Lo stile globale parte dal Generale per arrivare al particolare, privilegia una visione di insieme, attribuisce maggiore importanza alla visione di insieme piuttosto che ai dettagli. Lo stile analitico scorpora il generale in segmenti, analizza il singolo segmento, elabora il segmento e ha sempre diversi segmenti per giungere una visione di insieme. • stile dipendente/ indipendente dal campo.Lo stile dipendente cerca di stare sempre con gli stessi compagni e utilizza solo i propri materiali imitando i comportamenti del gruppo. ha bisogno di ricevere stimoli, indicazioni e valutazioni da compagni e insegnanti. Lo stile indipendente socializza con tutti ed è in grado di utilizzare diversi materiali che vengono fornit,i mantiene lo stesso comportamento in contesti con gruppi diversi. • stile verbale/visuale. Lo stile verbale segue la lettura di un brano senza sottolineare o evidenziare e per memorizzare utilizza il riassunto la ripetizione orale. Lo stile visuale invece evidenzia le parti importanti di un testo e per quanto riguarda la memorizzazione e’ Favorita da schemi mappe e grafici. • stile convergente/ divergente. Lo stile convergente utilizza procedure e strategie già applicate in contesti simili e richiama esercizi e procedure già affrontati mentre lo sia divergente applica procedure e strategie non utilizzate e recupera esperienze già passate. • stile risolutore/assimilatore. Lo stile risolutore cerca soluzioni rapide in tempi brevi e utilizza le conoscenze ,le risorse a disposizione mentre lo stile assimilatore ricerca una soluzione globale che vada oltre il problema e sviluppa procedure articolate. • stile sistematico/ intuitivo. Lo stile sistematico ha bisogno di indicazioni complete, precise e chiare ed è eternamente l'ultimo a consegnare una verifica. Lo stile intuitivo invece interpreterà facilmente un compito, non ha bisogno di indicazioni dettagliate ,e’ rapido nel consegnare le verifiche ed esprime ipotesi e congetture personali. • stile impulsivo/riflessivo. lo stile impulsivo prende la parola con facilità, improvvisa le argomentazioni via via che procede nell'esposizione, risponde precipitosamente mentre lo stile riflessivo non prende la parola se non è invitato e deve sentirsi sicuro prima di parlare 5. METODO FEUERSTAIN E MEDIAZIONE DIDATTICA Ogni metodo di insegnamento ha come obiettivi lo sviluppo e il potenziamento delle abilità cognitive. Il metodo di Feuerstein consente di sviluppare la consapevolezza dei traguardi raggiunti durante il percorso e al termine del processo di apprendimento. In particolare l'approccio di Feuerstein e’ di tipo sistematico ed è basato sulla teoria della modificabilità cognitiva. LA MODIFICABILITÀ’ COGNITIVA Feuerstein, contrapponendosi alla teoria innatista dell'intelligenza, ritiene che le facoltà intellettive dell'individuo possono essere accresciute sia nell'età evolutiva che durante tutto l'arco della vita. Secondo lo studioso, l'apprendimento si verifica in seguito a stimoli diretti, ma soprattutto in seguito all'azione di un mediatore. La mediazione può essere esperta o meno. Lo studioso ritiene che le carenze formative di un individuo sono imputabili soltanto a insufficienti esperienze di apprendimento mediato; risultano quindi superabili sia i deficit ambientali che genetici. I TRE VINCOLI DEL METODO FEUERSTAIN Secondo il metodo elaborato da Feuerstain chiamato PASS ( programma di arricchimento strumentale) bisogna rispettare tre vincoli: tempo, metodo e contesto: Il tempo prevede lo sviluppo di esperienze di apprendimento mediato che devono essere adeguatamente lunghe: Chi riceve stimoli deve avere la possibilità di elaborarli. Il metodo: solo formatori esperti possono operare con successo Il contesto: deve esistere un ambiente favorevole e collaborativo nel quale imparare. Tali vincoli sono presupposti indispensabili alla riuscita del progetto. La predisposizione dei mediatori didattici garantisce lo svolgimento adeguato e pertinente dell'esperienza. Se formatori non sono in grado di proporre correttamente processi di apprendimento mediato, il metodo non può che fallire 6. L’APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO Ausubel, psicologo statunitense, concentra i suoi studi sulla qualità degli apprendimenti da parte degli studenti. Per lui solo l'apprendimento significativo è degno di attenzione riferendosi a quel tipo di conoscenza che, richiede la messa in campo di percorsi cognitivi complessi e non riconducibili alla mera accumulazione di nozioni. Affinché l'apprendimento sia significativo le conoscenze nuove devono agganciarsi ad esperienze pregresse del discente, così da creare associazioni e mappe mentali che agevolano la memorizzazione. L'apprendimento significativo, avviene per scopert. A questo scopo si rivelano particolarmente efficaci le attività laboratoriali, gli esercizi di problem solving, le uscite didattiche, la messa in campo di tutti gli strumenti applicativi funzionali allo studio. 7. L’APPRENDIMENTO ESPERIENZIALE DI KOLB Kolb ha indirizzato i suoi studi in direzione del collegamento esistenziale tra apprendimento e pratica esperienziale. Secondo l'educatore si impara facendo. Questo processo viene chiamato experimental Learning Cycle ed è sintetizzato in quattro fasi: esperienza concreta, ovvero una fase in cui gli individui sperimentano. L'osservazione riflessiva ovvero un attività metacognitiva di riflessione su quanto esperito con dibattiti o attività di brainstorming. La concettualizzazione astratta dove le informazioni vengono sintetizzate in un quadro teorico più ampio e la sperimentazione attiva che prevede il ritorno sul campo, con la messa in pratica delle conoscenze acquisite e delle competenze sviluppate. Il docente ha il ruolo di predisporre situazioni laboratoriali e di contatto con la realtà e di coordinare il lavoro di metacognizione che segue l'esperienza pratica e favorisce la sperimentazione successiva alla concettualizzazione dei dati acquisiti. 8. TECNICHE ED ATTIVITÀ’ PER INDIVIDUARE GLI STILI COGNITIVI Lo scopo delle tecniche di apprendimento è quello di realizzare apprendimenti che risultano significativi per gli studenti. Per il docente, è importante partire da un lavoro metacognitivo orientato al riconoscimento del proprio stile, in modo da non essere condizionato durante la progettazione e la pratica didattica. Il passo successivo consiste nell'individuare gli stili di apprendimento degli studenti per valorizzare le potenzialità di ognuno e indirizzare tutto il gruppo verso il successo formativo. Lo scopo verso cui l'insegnante deve tendere è fare in modo che i ragazzi acquisiscono consapevolezza (metacognizione) del proprio stile e che allarghino le proprie competenze dal confronto e delle interazioni con gli altri, così da imparare ad apprendere anche in quelle modalità meno congeniali. Per individuare gli stili di apprendimento degli studenti può essere utile somministrare dei questionari mirati per indagare le abitudini di studio, i canali utilizzati, l'utilizzo di supporti digitali, eccetera. Molto più utile risulta essere l'osservazione da parte del docente delle interazioni e delle modalità di svolgimento di lavori di gruppo. 8.1 APPROCCIO MULTISENSORIALE E METODO VAK L'approccio multisensoriale si basa sulla idea che, sollecitando i vari sensi, il docente ha più possibilità di andare incontro ai diversi stili di apprendimento dei suoi allievi. Tra i più noti troviamo il VAK (visivo- auditivo e Kinestetico). Andando a sollecitare anche il tatto avremo il modello VAKT dove l'insegnamento risulta più efficace in termini di potenziamento delle capacità di comprendere E memorizzare. I canali coinvolti nella Vac sono: visivo: adatto agli studenti che utilizzano immagini, figure ,disegni e mappe auditivo: dove si apprende ascoltando attraverso una registrazione, filmato o file audio. Kinestetico: dove si impara facendo e quindi trovano particolarmente utili le attività pratiche laboratoriali. Questo tipo di approccio multisensoriale consente di andare incontro agli studenti con bisogni educativi speciali. 8.2 IL MODELLO FELDER- SILVERMAN Il modello Felder-Silverman ha lo scopo di migliorare i percorsi formativi degli studenti universitari. Gli stili di apprendimento individuati dai docenti sono suddivisi in cinque coppie: sensoriale/intuitivo: dove i primi prediligono la concretezza e la praticità e i secondi le soluzioni Creative. visivo/verbale con i primi che si concentrano sulle immagini i secondo i suoi testi. Induttivo / deduttivo: dove il primo procede dal particolare al generale e il secondo dal generale al particolare. attivo/riflessivo con studenti che prediligono la sperimentazione alla pratica e altri lo studio teorico. Sequenziale/globale dove i primi apprendono in maniera lineare e i secondi si avvantaggiano dall’avere dapprima informazioni sul Concetto generale. 4. LA DIDATTICA PER I BISOGNI DI TUTTI E DI CIASCUNO 1. LA DIDATTICA INTEGRATA COME STRUMENTO DI INCLUSIONE 1.1 DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA E PERSONALIZZATA percorso conoscitivo. Una mappa concettuale aiuta ad organizzare le informazioni e a stabilire le relazioni tra le idee, a ricordare ciò che è nuovo, scoprire errori di contenuto e di collegamento. Caratteristiche comuni alle mappe sono le seguenti: concetti espressi da frasi semplici, parole di collegamento, con legamenti crociati utili per stabilire correlazioni, concetti che devono essere una singola idea e comparire una sola volta, ogni coppia di concetti collegati, presi isolatamente con le parole di collegamento, formano una frase di significato compiuto. 5. METODI E METODOLOGIE DI INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO 1. I METODI DI INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO La didattica è la scienza che definisce i metodi e le tecniche per insegnare. Con il termine metodo didattico si intendono i concetti e i principi che sono alla base di un'azione formativa; il metodo didattico e’ dunque, insieme delle scelte operative che un docente adotta per facilitare la trasmissione delle conoscenze. Per metodo intendiamo il percorso che conduce al risultato. Esso riguarda il come insegnare ma ha origine dall'intreccio di due fattori: il che cosa e chi si vuole insegnare. Insegnare significa letteralmente fare un segno dentro qualcuno, produrre delle soggettività. Apprendere vuol dire invece cambiamento permanente del comportamento derivanti dall'esperienza. Quindi apprendere significa in qualche modo cambiare. È pertanto un processo complesso che investe la persona nella sua interezza, Nel senso che coinvolge elementi diversi: non solo cognitivi ma anche affettivi, socio-culturale, esperienziali, didattici, organizzativi, che possono influenzarsi reciprocamente. Insegnare ed apprendere sono, pertanto, in stretta correlazione e per questo molto più correttamente l'utilizzo della formula: metodi di insegnamento/apprendimento. I metodi di insegnamento/apprendimento sono di 4 categorie:apprendere attraverso la trasmissione del sapere, imitazione, approcci costruttivi, ricerca di gruppo. 1.1 INSEGNARE ED APPRENDERE ATTRAVERSO LA TRASMISSIONE DEL SAPERE Viene definito insegnare e apprendere attraverso la trasmissione del sapere un apprendimento lineare classico o del tubo in quanto presuppone che le informazioni scorrono dal mittente al destinatario come avviene in una tubatura senza che il destinatario possa in qualche modo modificarlo. 1.2 INSEGNARE ED APPRENDERE PER IMITAZIONE Albert Bandura,è il più importante studioso dell' apprendimento imitativo o basato sull'osservazione del modello. Egli, come abbiamo visto, afferma che l'apprendimento avviene anche attraverso esperienze dirette, mediante L'osservazione del comportamento di altre persone. Il termine modellamento viene utilizzato per identificare un processo di apprendimento che si attiva quando il comportamento di un individuo che osserva si modifica in funzione del comportamento di un altro individuo che ha la funzione di modello. 1.3 INSEGNARE E APPRENDERE ATTRAVERSO APPROCCI COSTRUTTIVISTI: L’APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO Il costruttivismo pone l'allievo che apprende al centro del processo formativo. Secondo l'approccio costruttivista, l'apprendimento è il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto,è strettamente collegato alla situazione concreta in cui avviene, deriva dalla collaborazione sociale e della comunicazione interpersonale. La conoscenza è un “fare il significato”, trasformando l'apprendimento da meccanico in 'apprendimento significativo. È definito significativo quel tipo di apprendimento che consente di dare un senso alle conoscenze, permettendo l'integrazione delle nuove informazioni con quelle già possedute e il loro utilizzo in contesti e situazioni differenti. L'apprendimento significativo si basa su tre principi fondamentali :la conoscenza non è trasmessa, viene costruita dall'alunno.L'apprendimento è strettamente collegato a situazioni concrete.L'apprendimento dipende anche dalla collaborazione e dalla comunicazione interpersonale. 1.4 INSEGNARE E APPRENDERE ATTRAVERSO LA RICERCA DI GRUPPO Y.sharan e s. Sharana in un loro studio hanno illustrato come gli allievi possono migliorare l'apprendimento attraverso la ricerca di gruppo. Loro affermano che nella ricerca di gruppo gli alunni assumono un ruolo attivo, in quanto stabiliscono i propri obiettivi di apprendimento, sviluppano abilità sociali e contribuiscono alla costruzione delle conoscenze. Scopo della ricerca di gruppo e’ far assumere agli studenti un ruolo attivo nello studio e sviluppare l'interazione sociale tra pari. 2. LE METODOLOGIE Le metodologie didattiche sono azioni strategiche di insegnamento, che devono essere flessibili per consentire al docente di adattarle alle concrete situazioni formative e alle caratteristiche degli alunni. Il termine metodologia indica, la ricerca e l'elaborazione dei principi regolatori e dei criteri generali di svolgimento di un'attività e rappresenta il fondamento teorico su cui si basa qualsiasi metodo , e più in generale, la riflessione critica sui metodi usati in diversi settori disciplinari. In senso più generale, riguarda le modalità operative vere e proprie che si impegnano in un'azione formativa. Nelle scuole servono didattica centrata sull'apprendimento piuttosto che sull'insegnamento ed esige una cultura profonda dei contesti di apprendimento. Le coordinate metodologiche devono seguire la valorizzazione dell'esperienza, attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità, favorire l'esplorazione e la scoperta, incoraggiare l'apprendimento collaborativo, realizzare percorsi in forma di laboratorio. 3. LA DIDATTICA LABORATORIALE La didattica di tipo laboratoriale è particolarmente rimarcata proprio per l'importanza che assume per lo sviluppo e il consolidamento delle competenze utili al cittadino di domani. Le competenze, infatti, non sono obiettivo puramente cognitivo che possa essere raggiunto con didattiche trasmissive, ma implicano didattiche partecipative che rendano il sapere concreto e spendibile anche nella realtà esterna. Il termine laboratorio è stato utilizzato per indicare attività non incluse nella normale attività didattica, come qualcosa ad essere aggiunto. Il laboratorio è una modalità utile a sviluppare la capacità di risolvere un problema o di padroneggiare una tecnica. Il laboratorio didattico prevede un lavoro personale attivo su un determinato tema o problema, la creazione di percorsi cognitivi, la produzione di idee rispetto ad un determinato compito, la soluzione di un problema. In senso lato, si può definire qualsiasi situazione didattica che presenta il carattere dell' apprendimento attivo, dell'imparare facendo. 4. LA DIDATTICA METACOGNITIVA Imparare ad imparare è l'abilità di perseverare nell'apprendimento, di organizzare il proprio apprendimento anche mediante una gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello individuale che in gruppo. Questa competenza comporta l'acquisizione, l'elaborazione e l'assimilazione di nuove conoscenze e abilità come anche la ricerca e l'uso delle opportunità di orientamento. La motivazione e la fiducia sono elementi essenziali Perché una persona possa acquisire tale competenza. Metacognizione significa letteralmente oltre la cognizione e indica la capacità di riflettere sulle proprie capacità cognitive. L'approccio metacognitivo rappresenta una modalità privilegiata per trasmettere contenuti e strategie, poiché mira alla costruzione di una mente aperta. Esso privilegia non cosa l’alunno apprende, ma come l'alunno apprende e attiva la propensione a far riflettere Gli studenti su aspetti riguardanti la propria personale capacità di apprendere, e stare attento, di concentrarsi, di ricordare. Le principali strategie didattiche metacognitive sono: selezione ,Ovvero la scelta delle informazioni ritenute rilevanti. L'organizzazione ,Ovvero la connessione tra vari pezzi di informazione. L'elaborazione ovvero il legame della nuova informazione con quanto già si conosce e della modalità più efficaci di apprendimento. La ripetizione che si basa sul ripetere le informazioni sino ad avere una completa padronanza. La memorizzazione è l'evento conclusivo di ripetute vocazioni mentali dell'informazione o della percezione. 5. LA DIDATTICA PER PROGETTI La didattica per progetti e’ stata introdotta da Kilpatrick, che propose di impostare tutto il lavoro scolastico come percorso progettuale. Il lavoro per progetti è incentrato sullo studente e l’ insegnante assume il ruolo di chi: incoraggia, facilità, coordina, creare le condizioni perché gli studenti operino al meglio, aiuta a dare significato al lavoro svolto.Nel lavoro per progetti, l'allievo viene coinvolto e chiamato a realizzare un prodotto finale in cui sono in gioco le sue competenze, il suo sapere, il suo saper essere soggetto attivo in un lavoro di gruppo. Lavorare per progetti significa quindi, pianificare, organizzare e coordinare le risorse nello svolgimento di attività tra loro correlate e finalizzate al raggiungimento di un obiettivo predefinito, in presenza di condizioni di rischio e di vincoli. 5.1 LE FASI DI STESURA DI UN PROGETTO La stesura di un progetto e’ preceduta da diverse fasi: la fase preliminare dove c'è l'individuazione del problema e del bisogno su cui si decide di intervenire. E’ indispensabile per questo, che i soggetti chiamati a realizzarlo ne facciano parte integrante. La fase della negoziazione dove è opportuno che la proposta iniziale di un progetto sia poco strutturata in modo che possa, poi accogliere tutte le integrazioni che si riterranno necessarie in corso d'opera. È il consiglio di classe infatti, il destinatario della proposta progettuale. L’educazione è sempre un lavoro di squadra in cui tutte le competenze disciplinari e professionali arricchiscono le esperienze dell'alunno. Analogamente per gli alunni occorrerebbe presentare il progetto non solo come qualcosa di definito e concluso ,ma come un quadro che essi contribuiranno a riempire .Questa fase, che tecnicamente chiamiamo fase della negoziazione o del contratto, accompagna tutti i momenti della progettazione e lo svolgimento dell'azione e richiede ai soggetti coinvolti di mettere in comune pensieri ,idee, proposte, agire insieme formulando ipotesi, individuare strategia di interventi per la cogestione dell’itinerario. 6. LA DIDATTICA COLLABORATIVA O COOPERATIVE LEARNING La didattica collaborativa si rifà alla teoria del Sociocostruttivismo, secondo la quale la conoscenza è il prodotto di una costruzione attiva del soggetto ed è ancorata al contesto in cui si svolge attraverso particolari forme di collaborazione e negoziazione sociale. La didattica cooperativa punta al miglioramento dei processi di apprendimento e socializzazione attraverso la mediazione del gruppo, i cui membri devono agire sentendosi positivamente interdipendenti tra di loro, in maniera tale che il successo di uno sia successo di tutti. Nel cooperative Learning il contatto con coetanei più capaci alll'interno del gruppo consente di operare all'interno delle zone di sviluppo prossimale, ovvero il cosiddetto potenziale di Vygotskij, Ottenendo risultati migliori di quelli conseguiti con le normali attività individuali. Nella didattica collaborativa, il docente assume ruolo di tutor: l'interazione tra gli studenti, stimola la discussione, facilita l'apprendimento ricorrendo a continue sollecitazioni, utilizza il gruppo in cui gli alunni lavorano insieme per migliorare reciprocamente il loro apprendimento, puntando sulla mediazione sociale, contrapposta alla mediazione dell'insegnante. Le caratteristiche positive del Lavoro Cooperativo sono: sviluppo di un legame concreto tra studenti, interazione faccia a faccia, stimolo alla responsabilizzazione sia verso se stessi che gli altri, sviluppo delle cosiddette abilità sociali: Il gruppo non lavoro efficacemente se i suoi membri non possiedono capacità di ascolto e di condivisione di idee e di fiducia, eccetera. Il cooperative Learning risolve anche molti problemi come il recupero di alunni problematici, l'integrazione degli allievi con bisogni educativi speciali, valorizzazione degli allievi bravi, lo sviluppo di competenze sociali e lo sviluppo di un cittadino Democratico. 7. LA DIDATTICA PER PROBLEMI: IL PROBLEM SOLVING Possiamo definire questo tipo di didattica come la possibilità di dare risposta a situazioni problematiche .Con il termine problem solving si intende Infatti il processo cognitivo messo in atto per analizzare una situazione data e trovare una soluzione. La didattica per problemi si basa su operazioni cognitive in grado di offrire una soluzione inaspettata. Nel problem solving si dividono cinque momenti: la comprensione, la previsione ovvero l'inizio del ragionamento dove ci si chiede di cosa si ha bisogno, la pianificazione, il monitoraggio durante il quale il ragazzo si chiede se sta raggiungendo la soluzione o deve cambiare approccio e la valutazione. Ad esempio può essere applicata a molteplici situazioni come anche la narrazione di una storia o in una fiaba che da un certo momento in avanti può assumere carattere vero e proprio di situazione problematica.Il procedimento del problem solving viene schematizzato in vari modi. Uno dei più noti e’ il F.A.R.E, acronimo che indica i 4 momenti di questa procedura. Focalizzare, analizzare,