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Concorso Docenti PNRR 2- SINTESI (Preparazione al Concorso DOCENTI Scuola 2025), Schemi e mappe concettuali di Psicopedagogia

Sintesi dettagliata ed esaustiva per la preparazione al Concorso Docenti PNRR 2. La sintesi, in aderenza al programma d’esame, è suddivisa in tal modo: – pedagogia; – psicopedagogia; – metodologie e tecnologie didattiche; – inclusione scolastica; – valutazione degli apprendimenti. Questo riassunto affronta tutti gli aspetti in cui si articolano gli argomenti oggetto delle prove del concorso docenti del 2025 (Concorso Scuola PNRR 2. Concorso Docenti PNRR 2. 2024-2025) N.B. La parte legislativa (che al momento non è menzionata nelle Bozze Ministeriali) non è stata inserita nella sintesi (trovate diversi documenti, anche gratuiti, facilmente consultabili). La sintesi è frutto di un attento studio dei diversi Manuali presenti sul mercato. CONCORSO SCUOLA PNRR 2 -2025 Sintesi, Manuale. CONCORSO DOCENTI PNRR 2 Sebbene la pagina iniziale faccia riferimento al precedente concorso, il riassunto è aggiornato a dicembre 2024, in occasione del NUOVO CONCORSO SCUOLA.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

In vendita dal 07/10/2023

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Scarica Concorso Docenti PNRR 2- SINTESI (Preparazione al Concorso DOCENTI Scuola 2025) e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Psicopedagogia solo su Docsity! CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI DETTAGLIATA ED ESAUSTIVA PARTE PSICOPEDAGOGICA PARTE PEDAGOGICA METODOLOGIE E TECNOLOGIE DIDATTICHE VALUTAZIONE E AUTOVALUTAZIONE (Esclusa parte legislativa) In bocca al lupo! PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E DELL’APPRENDIMENTO Ci sono 3 grandi filoni teorici della moderna psicologia dello sviluppo: comportamentista organismico psicoanalitico L’approccio comportamentista muove dall’assunto che l’individuo è plasmabile dalle influenze ambientali ed è predisposto a sviluppare processi di apprendimento costanti e progressivi, se sottoposto a giuste stimolazioni esterne: il bambino tenderà a ripetere quelle sequenze comportamentali rinforzate dall’esterno e a eliminare quelle che ottengono rinforzi negativi. Il focus di indagine è rappresentato dai processi di apprendimento, utilizzando come metodologia la sperimentazione di laboratorio e l’osservazione sistematica e controllata. La corrente più radicale si esprime con i concetti di condizionamento classico e operante, sintetizzabili nell’espressione apprendimento associativo, ovvero per stimolo-risposta. Noti a questo proposito sono gli studi del Nobel per la medicina Ivan Pavlov (1849- 1936), il fisiologo russo che dimostrò, attraverso l’osservazione sistematica di cani sottoposti a particolari stimolazioni, il legame tra stimoli e risposte, secondo uno schema che viene definito condizionamento classico. Pavlov osservò che nei cani si produceva un’aumentata salivazione in conseguenza all’assunzione di cibo. Sfruttando quest’associazione di stimoli e introducendo quello che definì SC, ovvero uno stimolo neutro come un suono, ottenne ugualmente la reazione di 5 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 Rappresentazione iconica: è legata alle percezioni di vista e udito; la realtà viene codificata attraverso le immagini, che possono essere visive, uditive, olfattive o tattili, e costituiscono forme di riorganizzazione della realtà. L’immagine mentale consente di evocare una realtà assente ma non di descriverla mentalmente. La rappresentazione iconica è il sistema di decodifica più utilizzato fino ai 6-7 anni, benché il linguaggio verbale compaia già alla fine del secondo anno di vita. Rappresentazione simbolica: è legata alle capacità linguistiche; la realtà è codificata attraverso il linguaggio e altri sistemi simbolici, come il numero e la musica. Grazie al linguaggio il bambino dispone di un sistema di codifica più potente e flessibile delle forme di rappresentazione precedenti: il bambino e l’adolescente sviluppano modi più evoluti e raffinati di trattare l’informazione, che vanno al di là dell’informazione data; formulano aspettative e inferenze, costruiscono ipotesi, concetti e conoscenze che manipolano e trasformano la realtà, oppure la inseriscono in sistemi più ampi. Non esiste una relazione gerarchica fra le 3 forme di pensiero, ma sono compresenti nei diversi momenti di vita del bambino, e inoltre sono tra di loro legati e interdipendenti. L’ approccio psicoanalitico considera l’individuo come un organismo simbolico capace di attribuire significato a sé stesso e all’ambiente circostante. Il cambiamento è visto come l’esito di conflitti interni (es. tra amore e odio, tra serenità e ansia). La teoria psicoanalitica di Sigmund Freud (1856-1939) si basa sullo sviluppo come un susseguirsi di fasi psicosessuali. Erik Erikson (1902-1994) aggiunge alla dimensione psicosessuale quella sociale, dividendo il ciclo di vita in 8 età, e prolunga lo sviluppo nell’intero arco di vita. William Stern (1871-1938), psicologo e filosofo tedesco, è noto per lo sviluppo della psicologia personalistica, che poneva l’accento sull’individuo esaminando i tratti misurabili della personalità e l’interazione di quei tratti all’interno di ogni persona per creare il sé. Il suo nome è legato soprattutto all'impiego del concetto di quoziente intellettivo (Q. I.) come misura dell'intelligenza. LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO Imparare a parlare significa acquisire una capacità estremamente complessa in un tempo breve: di norma, i primi tre anni di vita. In seguito il linguaggio si specializza e si consolida fino all’inizio dell’età scolare, che vede un altro progresso importante: la conquista della lingua scritta. I bambini imparano lingue diverse a seconda della cultura in cui crescono: con il termine linguaggio ci si riferisce agli aspetti comuni alle diverse lingue. Per imparare ad utilizzare efficacemente il linguaggio, il bambino deve: analizzare i suoni linguistici che ascolta, per identificarne le unità costituenti (fonemi, morfemi, parole e frasi); padroneggiare i pattern articolatori necessari a produrre i suoni della propria lingua madre; acquisire e ampliare un vocabolario con voci lessicali e relativi significati; padroneggiare le regole morfologiche e sintattiche per combinare le parole in frasi grammaticalmente corrette; 8 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA 23/24 imparare a conversare utilizzando le diverse funzioni del linguaggio in base al contesto e all’interlocutore. Lo sviluppo del linguaggio è un aspetto della capacità comunicativa caratterizzato da due proprietà: la creatività, cioè la possibilità di produrre innumerevoli messaggi combinando tra loro un numero limitato di unità-base, cioè fonemi e parole; l’arbitrarietà della relazione tra suoni e significati. La teoria innatista Noam Chomsky ipotizza l’esistenza di un dispositivo innato per l’acquisizione del linguaggio (LAD – Language Acquisition Device), un programma biologico per imparare a parlare, una sorta di grammatica universale (GU) contenente la descrizione degli aspetti strutturali condivisi da tutte le lingue naturali. L’acquisizione del linguaggio non consiste dunque nell’imitazione degli adulti, ma è un processo attivo di scoperta di regole e di verifica di ipotesi. Le ipotesi di partenza sono in numero limitato e già presenti nel LAD: questo spiega la rapidità con cui si impara a parlare e il fatto che le tappe dello sviluppo linguistico siano le stesse in tutte le culture e le classi sociali. Chomsky critica violentemente la posizione comportamentista di Skinner, secondo il quale sono fondamentali l’apprendimento per imitazione e l’insegnamento degli adulti: Infatti: il bambino è creativo nell’usare il linguaggio, cioè è in grado di capire e produrre espressioni nuove; il bambino produce un linguaggio più ricco di quello a cui è stato esposto. Sono stati criticati tre diversi aspetti della teoria: considerare il linguaggio indipendente sia dall’intelligenza che dalla capacità comunicativa; affermare che la competenza linguistica precede l’esecuzione (il bambino possiede le regole prima di saperle usare); ritenere irrilevanti i discorsi che il bambino ascolta nel suo ambiente. Negli anni ’70, infatti, va in crisi l’idea che il linguaggio si sviluppi indipendentemente dalle capacità cognitive e sociali. La teoria interazionista Si ritiene che i bambini debbano sviluppare una sufficiente conoscenza del mondo prima di cominciare a parlare e che tale conoscenza consentirà loro di esprimere verbalmente concetti e relazioni. L’ipotesi cognitiva riprende le ipotesi di Piaget sui rapporti tra linguaggio e pensiero: il linguaggio è un aspetto della capacità simbolica (sesto stadio sensomotorio) e segna il passaggio dall’intelligenza sensoriale a quella rappresentativa. Sempre in questo periodo (circa 18 mesi) i bambini acquisiscono altre capacità simboliche, come imitare e giocare a fare finta. Lo sviluppo cognitivo precede la comparsa del linguaggio e ne è l’origine. Piaget è in contrasto con Chomsky in quanto sostiene che l’esecuzione viene prima della competenza, cioè che il bambino impara facendo, agendo sulla realtà. Gli approcci funzionalisti Le prime espressioni verbali dei bambini sono “atti linguistici”, cioè frasi in cui il contenuto e il significato non coincidono (ad es. “Mamma calze”, nelle intenzioni di un bambino piccolo, può voler 9 0 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 Le prime parole (11-13 mesi): indicano persone della famiglia, oggetti quotidiani (piccoli e manipolabili, oppure che si muovono), azioni consuete. Inizialmente sono usate in contesti specifici: sono perciò legate a situazioni particolari (es.: chiamare “mamma” in determinati contesti di necessità), ma in seguito si assiste ad una progressiva decontestualizzazione, per cui il bambino comprende la relazione tra il suono (la parola) e il suo significato. Lo stesso processo di decontestualizzazione ha luogo nella comprensione del linguaggio, che precede e influenza la produzione verbale: il bambino inizialmente comprende semplici frasi dell’adulto solo in specifici contesti, ed in seguito sarà capace di produrne spontaneamente. L’esplosione del vocabolario (2 anni): tra i 17 e i 24 mesi il ritmo di apprendimento di nuove parole accelera notevolmente, assumendo la forma di esplosione del vocabolario (da 5 a 40 nuove parole/settimana, 300/600 parole alla fine del 2° anno). Secondo gli studiosi tale esplosione non è una tappa universale: è stata riscontrata specialmente nei bambini di lingua inglese e inoltre può verificarsi in tempi e fasi diverse da bambino a bambino. Il bambino attribuisce al significato delle parole aspetti diversi da quelli che vi associa l’adulto, e commette frequentemente: errori di sovraestensione: definisce “cane” ogni animale a 4 zampe; errori di sottoestensione: chiama “bambola” solo la sua; errori di sovrapposizione: dice “aprire” anche per accendere la luce. Il bambino impara inizialmente nomi categorizzabili ad un livello-base di generalità (es.: fiore), e soltanto in seguito apprende nomi più specifici (categorie subordinate: rosa, tulipano) o nomi più generali e astratti (categorie sovraordinate: piante, per indicare sia fiori che alberi). L’evoluzione del linguaggio infantile tende verso la progressiva convenzionalizzazione nell’uso delle categorie concettuali, cioè tende ad avvicinarsi al modello adulto. Già tra i 6 e gli 8 anni il bambino sa utilizzare termini sovraordinati e descrivere oggetti in modo complesso tenendo conto di diversi aspetti percettivi e funzionali: si avvia ad una conoscenza più astratta e condivisa della realtà. Lo sviluppo della grammatica (dalla fine del 2° anno ai 9 – 10 anni) si distingue in due componenti: la morfologia (le regole che guidano la formazione delle parole: suffissi e prefissi per formare femminile/maschile, singolare/plurale, coniugazione dei verbi, ecc.); la sintassi (le regole che guidano la formazione delle frasi: l’ordine delle parole, ecc.). Katherine Nelson (1973) ha distinto due diversi stili di acquisizione del linguaggio: lo stile referenziale, caratterizzato da una produzione maggiore di nomi (oltre il 50% delle parole) e dalla rapidità dello sviluppo lessicale (vocabolario); lo stile espressivo, caratterizzato dalla predominanza di pronomi, nomi propri e formule di interazione sociale e dalla rapidità dello sviluppo sintattico (formazione delle frasi). Oggi questi due stili vengono caratterizzati non solo come referenziale-espressivo, ma anche nominale-pronominale o analitico-olistico. Secondo quest’ultima proposta (Peters) il bambino impara a parlare ricorrendo a due diversi approcci, entrambi presenti: uno analitico, che gli permette di segmentare il linguaggio nelle sue unità minime, le parole; uno olistico, che gli permette di usare unità linguistiche più ampie (le frasi) senza averle analizzate. I bambini differiscono a seconda del grado in cui ricorrono all’uno o all’altro. 1 1 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 invisibile”, detta “spazio personale”, nella quale non è gradita l’intrusione altrui. Egli parla di una “dimensione nascosta” con cui definisce la distanza interpersonale, quella che la persona mette tra sé e gli altri, la quale identifica l’intimità del rapporto tra gli interlocutori, le relazioni di dominanza e i ruoli sociali e ne distingue quattro tipologie: Distanza intima (da 0 a 45 cm circa), tipica delle relazioni intime; permette di toccarsi, percepire l’odore, il respiro e le emozioni dell’altra persona. Distanza personale (da 45 a 120 cm circa), tipica delle relazioni amicali; gli sguardi sono estremamente ravvicinati ma non è possibile percepirne gli odori. Distanza sociale (da 1,20 a 3,60 m), tipica delle relazioni meno personali di tipo formale in cui il contatto fisico è per lo più escluso; in quest’area possono entrare colleghi, clienti, persone con cui vogliamo o dobbiamo interagire. Distanza pubblica (oltre i 4 m), tipica delle circostanze pubbliche in cui generalmente non si conoscono le altre persone e ciò comporta un’accentuazione dei movimenti e un aumento del volume vocale. Come fa notare lo stesso Hall queste distanze non sono da ritenersi universali, in quanto spesso dettate da caratteristiche culturali e socio-ambientali del contesto in cui avviene l’interazione. Per comprendere l’ambito di variazione della comunicazione non verbale in varie culture e paesi, Hall ha classificato le culture in due categorie principali: le culture di contatto e le culture senza contatto. Le culture “di contatto” sono quelle che hanno un’alta propensione al contatto fisico durante una conversazione, contatto ritenuto indispensabile per stabilire e mantenere una relazione interpersonale. Esempi di questo tipo di cultura includono le culture arabe, italiane, francesi, latino-americane e del Medio Oriente. Le culture “senza contatto” mancano di questa inclinazione, il contatto fisico si verifica solo in caso di amici intimi e parenti. Questo tipo di culture includono la cultura nordamericana, norvegese, giapponese e la maggior parte delle altre culture asiatiche. Basandosi sulla categorizzazione delle culture di Hall, Richard Lewis ha ulteriormente ampliato i tipi di culture basati su stili di comunicazione non verbale e verbale diversi. Questa classificazione culturale è chiamata “The Lewis Model” ed include anche un test che gli individui possono fare per determinare il proprio stile di comunicazione culturale. Nel modello, Lewis delinea tre categorie, di cui una rappresenta la cultura del contatto, mentre le altre due sono una biforcazione delle culture senza contatto: Multi-attivo: questo sottotipo rappresenta le culture di contatto, dove le persone sono calde e impulsive. Gli individui sono entusiasti ed esprimono le loro emozioni in modo acceso raccontando storie personali ed emotive. Il loro entusiasmo è evidente nel modo in cui interrompono ogni flusso di conversazione. Questo tipo di persone sono impulsive ed apertamente impazienti. Esempi di queste culture sono quelle del Brasile, del Messico e della Grecia. Attivo – lineare: È un sottoinsieme delle culture senza contatto ed è caratterizzato da azioni fredde, logiche e decise degli individui. Le persone con questo tipo di cultura tendono ad essere talmente dirette che spesso sono percepite come impazienti. Il loro comportamento generale è riservato. Includono culture come le culture nord-americane e del nord Europa. 1 3 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 Reattivo: È l’altro sottoinsieme delle culture senza contatto. Le persone che ne fanno parte sono accomodanti e non conflittuali. Sono per lo più calme e non istigano o incoraggiano comportamenti aggressivi. Apprezzano il decoro e la diplomazia piuttosto che le emozioni per condurre le attività quotidiane. Sono ascoltatori molto pazienti e mostrano una comunicazione non verbale piuttosto neutra con espressioni poco marcate. Questo tipo include le culture del Vietnam, Cina e Giappone. Paul Watzlawick (1921–2007) è stato uno psicologo e filosofo esponente della statunitense Scuola di Palo Alto e tra i fondatori dell'approccio sistemico. Nel 1967 pubblica Pragmatics of Human Communication in cui sistematizza le conoscenze relative alla teoria della comunicazione formulando i fondamentali assiomi della comunicazione umana: L'impossibilità di non-comunicare (non si può non comunicare); Livelli comunicativi di contenuto e di relazione (ogni messaggio ha un aspetto di contenuto e uno di relazione); La punteggiatura della sequenza di eventi (una relazione va letto in funzione della punteggiatura delle sequenze di comunicazione); Comunicazione numerica e analogica (si comunica sia con la modalità numerica – linguaggi – che analogica – cinesica); Interazione complementare e simmetrica (le posizioni possono essere simmetriche o complementari – one-up / one-down). LO SVILUPPO DELL’IDENTITÀ Strettamente connessa allo sviluppo della dimensione emotiva è la formazione dell’identità, ovvero dell’idea che il bambino costruisce di sé. Si tratta di un aspetto dello sviluppo delle competenze sociali di un individuo che ne condiziona profondamente le capacità empatiche, essendo queste ultime basate sulla capacità di cogliere la prospettiva dell’altro e metterla in relazione con quella propria. Durante la fanciullezza, l’essere umano sviluppa la capacità di comprendere il ruolo dell’altro e assumere il suo punto di vista; inoltre, comincia a essere in grado di intendere alcuni aspetti del funzionamento della società, raggiungendo un primo accostamento al livello di conoscenza macro-sociale. Parallelamente alle conoscenze sugli altri, si sviluppano nel bambino le conoscenze sul sé. Durante gli anni della scuola elementare, la descrizione di sé passa gradualmente da un elenco di attributi fisici, comportamentali ed esterni, a rappresentazioni dei loro tratti, delle qualità interiori, delle credenze, dei valori. Questo sviluppo si rivolge verso un ritratto di sé psicologico e più astratto. Esiste un altro aspetto del concetto di sé, quello dell’autostima, basato sul giudizio dei sentimenti o delle qualità che si percepiscono come proprie. A partire dai 6 anni, i bambini cominciano a fare paragoni tra le informazioni sociali che ricevono, se sono più o meno competenti dei loro compagni. Questo tipo di paragone sociale aumenta con l’età e può diventare più forte se nell’ambiente della classe o sul campo del gioco è presente un’atmosfera competitiva. Tutto questo ha un riflesso sulla costruzione del sé del bambino: insorgono i primi dubbi sulle proprie capacità e il bambino comincia a percepire la differenza tra competenza e impegno. 1 4 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA 23/24 È in questo periodo che il bambino avrà costituito le tre strutture fondamentali della personalità: o l’Es, che rappresenta il serbatoio pulsionale ed è presente fin dalla nascita; o l’Io, che si forma nel rapporto di mediazione tra le forze aggressive e distruttive dell’Es e il mondo esterno; o il Super Io, che costituisce la base del dovere e della moralità. Nella fase di latenza, che emerge dai 6 agli 11 anni, l’energia libidica si rafforza ma non viene espressa. La fine della conflittualità edipica lo porterà a impegnare le proprie energie nella ricerca, nello studio, nel rapporto con i coetanei. Nell’ultimo stadio, quello genitale, le pulsioni sessuali vengono orientate verso un partner e finalizzate a costruire una relazione sessuale. Con la pubertà si risvegliano le cariche libidiche e aggressive che dovranno trovare una modalità espressiva sempre più matura per giungere ad un’identità sessuale. Se questo non avviene, l’adolescenza da crisi passeggera può trasformarsi in situazione di patologia più o meno grave. Per Sigmund Freud ci sono due tipi principali di processi che regolano le idee: processi primari, liberi dalla logica; processi secondari, strettamente razionali e logici. Ciò che succede ad un individuo che matura è proprio il fatto che egli è sempre obbligato a dipendere dal processo secondario. Il processo primario, la tolleranza delle contraddizioni e la formazione di connessioni molto ampie fra le idee, sono fermamente respinti dalla maggior parte delle persone ed il pensiero diviene, in tal modo, molto logico, razionale, conformistico. I pensatori creativi, d’altro canto, mantengono la capacità di ammettere il materiale del processo primario nel loro pensiero, che è in tal modo notevolmente arricchito di legami tra le idee. Le teorie sviluppate da Freud hanno avuto ampio seguito e molti studiosi sono partiti dalla sua scoperta dell’inconscio per elaborare e approfondire nuovi approcci. Tra questi, il più importante fu Carl Gustav Jung (1875-1961). La sua tecnica e teoria è chiamata “psicologia analitica” o “psicologia del profondo”. Inizialmente vicino alle concezioni di Sigmund Freud, se ne allontanò nel 1913, dopo un percorso di differenziazione concettuale culminato con la pubblicazione, nel 1912, di La libido: simboli e trasformazioni, in cui esponeva il suo orientamento, ampliando la ricerca analitica dalla storia del singolo alla storia della collettività umana. C’è un inconscio collettivo che si esprime negli archetipi, oltre a un inconscio individuale. La vita dell’individuo è vista come un percorso, chiamato processo di individuazione, di realizzazione del sé personale a confronto con l’inconscio individuale e collettivo. In questo percorso l’individuo incontra e si scontra con delle organizzazioni archetipiche (inconsce) della propria personalità: solo affrontandole egli potrà far emergere la propria coscienza. Gli archetipi, una sorta di DNA psichico, secondo Jung sono: la Persona (dal latino che indica la “maschera teatrale”), può essere considerata come l’aspetto pubblico che ogni persona mostra di sé, come un individuo appare nella società, nel rispetto di regole e convenzioni. Rispecchia ciò che ognuno di noi vuol rendere noto agli altri, ma non coincide necessariamente con ciò che realmente si è. L’Ombra, coincide con gli impulsi istintuali che l’individuo tende a reprimere. Impersona tutto ciò che l’individuo rifiuta di riconoscere e che nello stesso tempo influisce sul suo 1 7 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 comportamento esprimendosi con tratti sgradevoli del carattere o con tendenze incompatibili con la parte conscia del soggetto. È, in un certo senso, l’evoluzione junghiana dell’Es freudiano. L’Ombra è un grande potenziale energetico, la sua integrazione comporta un ampliamento della consapevolezza, una solidificazione della personalità ed è fonte di creatività. L’Animus e l’Anima rappresentano rispettivamente l’immagine maschile presente nella donna e l’immagine femminile presente nell’uomo. Si manifesta in sogni e fantasie ed è proiettata sulle persone del sesso opposto, più frequentemente nell’innamoramento. il Sé è il punto culminante del percorso di realizzazione della propria personalità, nel quale si portano a un’unificazione tutti gli aspetti consci e inconsci del soggetto. Il nucleo centrale della teoria di Melanie Klein (1882-1960) è la relazione, in particolare la relazione con la madre, che riveste un ruolo centrale e determinante per lo sviluppo psichico del bambino e, quindi, dell'adulto. Nel passaggio da un'organizzazione patologica della psiche ad un pensiero ambivalente (che, cioè, vive in modo maturo la coesistenza di qualità opposte nell'oggetto) si dimostrano fondamentali i concetti kleiniani di riparazione e invidia. Secondo Melaine Klein, il mondo interno del bambino è abitato dalle pulsioni di vita e di morte e popolato di oggetti: rappresentazioni interne sulle quali avviene l'investimento pulsionale. Tali rappresentazioni sono fantasmatiche, preesistenti, indipendenti dalla percezione del mondo esterno, e servono ad orientare le pulsioni istintuali. L'oggetto parziale: nei primi giorni di vita il bambino vive in simbiosi con la madre e non distingue il proprio corpo dal suo. Le relazioni oggettuali a questo livello sono esclusivamente intrapsichiche. Il bambino percepisce il seno materno come parziale a sé, cioè come prolungamento di sé stesso, e come "parziale" rispetto alla madre, un oggetto cioè dotato di caratteristiche proprie ed onnipotenti. L'oggetto totale: nel passaggio dalla fase schizoparanoide a quella depressiva gli oggetti da parziali diventeranno totali, cioè separati e indipendenti dalla percezione che il bambino ha di sé. La relazione oggettuale, quindi, è l'interazione tra le pulsioni e gli oggetti parziali e totali. Avviene principalmente a livello fantasmatico e anche nella vita adulta la relazione con gli oggetti totali verrà sempre condizionata dalla modalità con la quale si è vissuta la relazione con gli oggetti parziali. Nella teoria psicoanalitica classica, le fasi dello sviluppo psicosessuale consistono in uno spostamento dell'investimento libidico dall'una all'altra zona erogena (la bocca, gli sfinteri e i genitali). Tale spostamento avviene in modo endogeno, secondo un determinismo fisiologico innato. Per la Klein, invece, l'Io si trova coinvolto fin dalla nascita in un drammatico conflitto tra la pulsione di vita e la pulsione di morte. Poiché la natura dell'Io è fondamentalmente relazionale, la mente adotta una posizione nei confronti degli oggetti interni che la abitano (che, come abbiamo detto, sono preesistenti e indipendenti dalla percezione esterna), investendoli dei portati della posizione di vita, della posizione di morte o di entrambe. Posizione schizo-paranoide: in questa fase di sviluppo da 0 a 4-5 mesi, le relazioni oggettuali si fondano sui meccanismi di difesa della scissione e della identificazione proiettiva. La posizione schizo-paranoide è quell'espressione usata da Melanie Klein per indicare quello 1 8 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA 23/24 realtà oggettiva condivisa, e lo fa rappresentando in maniera pre-simbolica l'area (o spazio) transizionale, uno spazio dove la madre non è né costruita soggettivamente né esistente oggettivamente. Winnicott definisce madre sufficientemente buona quella madre che, in maniera istintiva, possiede le capacità di accudire il bambino dosando opportunamente il livello della frustrazione che il bambino subisce. La madre sufficientemente buona possiede la cosiddetta preoccupazione materna primaria, uno stato psicologico indispensabile perché essa possa fornire le cure adeguate al piccolo e che le permette di "fornire il mondo" al bambino con puntualità, facendogli sperimentare l'onnipotenza soggettiva. Tra i compiti della madre, infatti, vi è anche quello di presentare il mondo al bambino (presentazione degli oggetti); la madre sufficientemente buona sa istintivamente quando presentare gli oggetti al piccolo, quando accudirlo, quando e come fargli sperimentare frustrazioni lievi facendo sì che il suo sviluppo proceda senza intoppi e senza traumi per lui soverchianti. Allo stesso modo Winnicott parla di madre non sufficientemente buona intendendo quella madre, in genere vittima di psicopatologie depressive o simili, che fornisce al bambino cure senza creatività, senza adattarsi a lui e in maniera meccanica; con una madre non sufficientemente buona il bambino smetterà presto di vivere nell'illusione che sia lui a creare e distruggere gli oggetti, e vivrà in un mondo, presentatogli dalla madre, alla quale egli dovrà essere accondiscendente: la creatività nascente potrebbe così essere uccisa. Anziché essere la madre ad adattarsi al piccolo, in questo caso sarà il piccolo a doversi adattare alla madre (o alla principale figura di accudimento). La madre non sufficientemente buona può distruggere in maniera traumatica l'esperienza dell'onnipotenza soggettiva del bambino, favorendo in particolare lo sviluppo di un falso sé o doppio legame. Winnicott indica, con il termine Falso sé, le situazioni nelle quali il paziente avverte un pesante senso di inutilità soggettiva, di non esistenza. Il Falso Sé deriverebbe da un rapporto primario madre-bambino insoddisfacente, quindi da una madre che non ha risposto in maniera soddisfacente ai bisogni del bambino. In questo caso non si parla tanto di bisogni fisiologici, quanto dei bisogni di crescita, di onnipotenza, di creazione e distruzione dell'oggetto. Inizialmente, infatti, è importante che il bambino sperimenti l'onnipotenza soggettiva, vivendo nell'illusione di essere lui (con i suoi desideri) a creare e distruggere la madre. Successivamente, grazie all'esperienza e all'oggetto transizionale, potrà muoversi verso un terreno di realtà condivisa, meno egocentrico. Per fare ciò ha bisogno di una madre sufficientemente buona che lo sottoponga a delle frustrazioni ottimali, che il piccolo possa recepire in maniera non traumatizzante. La madre non sufficientemente buona, invece, interrompe bruscamente l'onnipotenza soggettiva del bambino, tarpandone le ali e impedendo la crescita del vero sé: è in questo modo che si forma il falso Sé, un Sé privo di energia soggettiva, fatto di accondiscendenze, non creativo, senza spinta. Al contrario, il Vero Sé è quello nato dal normale superamento dell'onnipotenza soggettiva, la quale rimane come base del vero nucleo della personalità, la fonte di energia dalla quale si sviluppano gli aspetti periferici della personalità. Il Falso Sé non corrisponde però ad una psicopatologia, ma viene piuttosto ad indentificarsi come una non creatività, ad un non stato del vero Sé dovuto a delle carenze nelle cure materne; si passa così da una teoria del conflitto, tipica della psicoanalisi freudiana, della psicologia dell'Io e delle concezioni kleiniane, a una teoria del deficit che presuppone l'assenza o la carenza di importanti elementi dello sviluppo. 2 1 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 John Bowlby (1907–1990) è stato uno psicologo, medico e psicoanalista britannico, che ha elaborato la teoria dell'attaccamento, interessandosi in particolare agli aspetti che caratterizzano il legame madre-bambino e quelli legati alla realizzazione dei legami affettivi all'interno della famiglia. Il termine attaccamento può essere interpretato in tre diversi modi: comportamento di attaccamento; sistema comportamentale di attaccamento; legame d'affetto. Uno degli aspetti più importanti della teoria è il riconoscimento della componente biologica del legame di attaccamento. Il comportamento di attaccamento ha infatti come funzione quella di garantire la vicinanza e la protezione della figura di attaccamento. Tali legami svolgono quindi una funzione fondamentale per la sopravvivenza dell'individuo. Bowlby è stato infatti influenzato dagli studi sull’imprinting di Lorenz. Secondo Bowlby, l'attaccamento è un qualcosa che perdura nel tempo dopo essersi strutturato nei primi mesi di vita intorno ad un'unica figura; è molto probabile che tale legame si instauri con la madre, dato che è la prima ad occuparsi del bambino, ma, come Bowlby ritiene, non sussiste nessun dato che avalli l'idea che un padre non possa diventare figura di attaccamento nel caso in cui sia lui a dispensare le cure al bambino. La qualità dell'esperienza definisce la sicurezza d'attaccamento in base alla sensibilità e disponibilità del caregiver (madre) e quindi la formazione di modelli operativi interni (MOI), che andranno a definire i comportamenti relazionali futuri. Con la crescita, l'attaccamento iniziale che si viene a formare tramite la relazione materna primaria o con un caregiver di riferimento, si modifica e si estende ad altre figure, sia interne che esterne alla famiglia, fino a ridursi notevolmente: nell'adolescenza e nella fase adulta il soggetto avrà infatti maturato la capacità di separarsi dal caregiver primario, e di legarsi a nuove figure di attaccamento. I modelli operativi interni sono flessibili e modificabili sulla base di nuove esperienze, sulla base dei cambiamenti della realtà esterna e della relazione con la figura di attaccamento che muta con il mutare del bambino. Tuttavia, Bowlby credeva che i primissimi modelli che costruiamo siano tendenzialmente più persistenti, perché sono al livello inconscio e quindi non sono prontamente accessibili. Questi modelli hanno la funzione di veicolare l'interpretazione e la percezione degli eventi da parte dell'individuo, consentendogli di fare previsioni e crearsi aspettative su ciò che accade nella propria vita relazionale. Bowlby riteneva che l'attaccamento si sviluppasse attraverso alcune fasi, e che potesse essere di tipo "sicuro" o "insicuro". Un attaccamento di tipo sicuro si ha se il bambino sente di avere dalla figura di riferimento protezione, senso di sicurezza, affetto; in un attaccamento di tipo insicuro invece il bambino riversa sulla figura di riferimento comportamenti e sentimenti come instabilità, prudenza, eccessiva dipendenza, paura dell'abbandono. Bowlby identifica quattro fasi attraverso le quali si sviluppa il legame di attaccamento: Preattaccamento (8-12 settimane): in questo periodo il bambino non è in grado di discriminare le persone che lo circondano anche se può riuscire a riconoscere, attraverso l'odore e la voce, la propria madre. In questa fase infatti, per Bowlby, l’attaccamento del piccolo al caregiver non è presente per cui mette in atto comportamenti di segnalazione e di avvicinamento senza però aver ancora selezionato il proprio caregiver: questo fa sì che i 2 2 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA 23/24 biologiche 2 4 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 e li allevò in gabbie insieme a madri “surrogate”. Le scimmiette dovevano effettuare una scelta tra due alternative: una surrogata fatta di fil di ferro con un biberon di latte attaccato e l’altra, fatta di spugna morbida e soffice ma priva di biberon. Harlow scoprì che le scimmiette passavano la maggior parte del tempo aggrappate alla mamma di spugna, sebbene questa non offrisse loro alcun nutrimento. In un altro esperimento collocò le scimmiette in gabbie contenenti solo una delle due surrogate. Le scimmie che erano nella gabbia con la madre di spugna si sentivano relativamente sicure e si lasciavano andare al nuovo ambiente esplorandolo, correndo dalla “mamma” e aggrappandosi a lei non appena un forte rumore le spaventava. In modo differente le scimmie in gabbia con la madre surrogata fatta di fil di ferro non esploravano l’ambiente, se spaventate rimanevano immobili e si rintanavano oppure correvano all’impazzata da una parte all’altra della gabbia. Harlow dimostrò che le scimmiette avevano un bisogno innato di contatto e conforto, fondamentali quanto il cibo. Tale constatazione mise in dubbio le teorie dell’attaccamento basate sull'”amore interessato” (molto popolari tra i comportamentisti e gli psicoanalisti) secondo cui il neonato si legherebbe alla madre soprattutto perché quest’ultima è in grado di soddisfare il suo istintivo bisogno di nutrimento. A tal proposito Harlow si spinse a ritenere che gli stessi padri fossero capaci, proprio come le madri, di prendersi cura della prole. Daniel Stern è un esponente del movimento dell’Infant Research, importante filone di ricerche sullo sviluppo psichico infantile secondo cui lo sviluppo del bambino è reso possibile grazie alle particolari esperienze che avvengono all’interno delle interazioni tra il bambino e i suoi caregiver. Il modello teorico alla base del contributo di Stern è la teoria dell’attaccamento elaborata da Bowlby, secondo la quale il bambino possiede sin dalla nascita una naturale tendenza alla ricerca e al mantenimento della relazione con l’altro. È proprio questa spinta motivazionale che guida l’evoluzione individuale e rende possibile l’interiorizzazione di un’immagine di Sé e dell’altro sulla base delle dinamiche che si instaurano all’interno delle relazioni con le figure primarie e, successivamente, che accompagnano la persona nel corso della propria vita. Secondo Stern il bambino possiede un Sé emergente sin dalla nascita, il cui percorso può essere ostacolato o facilitato sin dalle prime esperienze relazionali. Lo sviluppo del Sé avviene per tutto l’arco di vita, ma si concentra soprattutto in una zona di massimo potenziale che attraverso quattro fasi. Questi stadi sono temporalmente collocati nei primi due anni di vita così suddivisi: Fase del Sé emergente (dalla nascita al compimento del secondo mese di vita): si tratta del primo contatto che il neonato fa con il mondo esterno. La relazione primaria gli permette di fare esperienza e di confrontarsi con un’ampia varietà di stimoli che il piccolo impara man mano a mettere insieme. Tale integrazione permette al bambino di gettare le fondamenta per acquisire la capacità di apprendere e creare, dando un senso al mondo. Fase del Sé nucleare (fino ai sei mesi): mira all’ampiamento delle prime capacità di attribuzione di senso acquisite nello stadio precedente. Il bambino è ora in grado di organizzare la propria esperienza in ricordi episodici caratterizzati dall’associazione di determinati stimoli e risposte relazionali, come accade nel caso del pianto e del successivo nutrimento da parte della madre. Partendo dai fatti episodici e circoscritti, il bambino impara pian piano a generalizzare tali conoscenze ad altri ambiti e a fare previsioni che ne 2 5 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 influenzano le aspettative future. Il traguardo principale raggiunto in questo stadio evolutivo è pertanto rappresentato dall’acquisizione di una prima immagine di sé come centrale, dotata di caratteristiche proprie e distinte dagli altri. Le previsioni rispetto agli eventi futuri che maturano in questa fase influenzano ciò che il bambino si aspetta dall’altro, configurandone lo stile di attaccamento primario che lo accompagnerà dall’infanzia e, solitamente, resterà pressoché invariato anche nell’età adulta. Fase del Sé soggettivo (dai 7 ai 15 mesi): questo step rimarca ulteriormente la rappresentazione del Sé come di qualcosa di distaccato dall’altro, separando la propria realtà soggettiva da quella percepita dagli altri. In questo momento di vita la sintonizzazione emotiva tra il bambino e le figure primarie riveste un ruolo cruciale in quanto aiuta il bambino ad affrontare tale divario. La presenza di eventuali lacune all’interno di tale sintonizzazione rappresenta un potenziale pericolo nello sviluppo del Sé in quanto può privare il bambino delle competenze relazionali necessarie a interagire con l’altro. Fase del Sé verbale (15 mesi): il bambino acquisisce importanti abilità legate alla rappresentazione simbolica e allo sviluppo del linguaggio, iniziando ad elaborare rappresentazioni mentali più complesse ed astratte. L’acquisizione delle competenze comunicative legate all’utilizzo del linguaggio gli permette di interagire con l’altro vivendo la relazione sulla base dei propri bisogni individuali e sul riconoscimento di quelli altrui, facilitato dall’apprendimento della competenza linguistica e della maturazione raggiunta attraverso il superamento delle fasi precedenti. Secondo Margaret Mahler la nascita psicologica e quella biologica non coincidono; ma la prima è un processo le cui tappe fondamentali si svolgono nelle prime fasi di vita, ma che comunque proseguono anche oltre. Nel modello Mahleriano, sono previste diverse fasi della nascita psicologica. Nelle prime quattro-cinque settimane di vita il bambino vive una fase di cosiddetto autismo normale, che si caratterizza per la mancanza relativa di investimento agli stimoli esterni. In questo periodo il bambino ha lunghi periodi di sonno, sonnolenza, e semi-veglia, di durata maggiore rispetto alla veglia attiva. Il bambino non ha consapevolezza del suo caregiver, ma ciò che regola il suo ritmo sonno/veglia sono lo stimolo della fame e l'alternanza bisogno-soddisfazione. La seconda fase del modello Mahleriano è detta simbiotica, e dura fino al quarto mese. Il bambino comincia ad avere una vaga consapevolezza dell'agente di cure. Il bambino si comporta e agisce come se lui e la madre fossero una sorta di unità onnipotente, racchiusa dentro uno stesso confine; si tratta di uno stato di non- differenziazione (definito "fusione somatopsichica allucinatoria o illusionale onnipotente"), con la rappresentazione della madre. È una simbiosi impropriamente detta, perché il rapporto non è alla pari, ma il bambino è estremamente dipendente. L'ultima fase del modello è il cosiddetto processo di separazione- individuazione, che avviene tra il quarto mese e il terzo anno di vita. L'individuazione riguarda la maturazione e la strutturazione del senso di identità; mentre la separazione ha una dimensione 2 6 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA 23/24 proprie esigenze individuali in un dato contesto sociale ed ambientale. Il processo di formazione ha dunque due principali dimensioni: sociale e individuale. L’uomo instaura poi relazioni positive con il mondo attraverso: l’assimilazione (acquisizione dell’ambiente); la socializzazione (tensione verso l’altro). La socializzazione può essere tuttavia turbata dalla comparsa di almeno uno di 4 atteggiamenti che Fromm identifica nel masochismo, nel sadismo, nella distruttività e nel conformismo. René Arpad Spitz (1887 – 1974) è stato uno psicoanalista austriaco e valorizzò il ruolo formativo della madre tramite l’osservazione diretta dell’interazione madre-bambino. Egli affermò che lo sviluppo infantile non avviene in modo lineare, ma per stadi: lo stadio pre-oggettuale (alla nascita): nel bambino si osservano fenomeni/sorrisi connessi non a stimoli esterni (condizione di autismo) lo stadio dell'oggetto precursore (tra i 3 e i 5 mesi): il neonato sorride indifferentemente alla comparsa di un viso noto. Questa fase detta "del sorriso indiscriminato" è un periodo critico in cui si formano i legami sociali (uscita dall’autismo). A partire dai 6 mesi, i bambini sorridono solo in presenza di visi conosciuti. Spitz scopre che ci sono alcune esperienze esistenziali che fungono da veri e propri organizzatori di varie tappe dello sviluppo psicologico del bambino. Ne identifica 3: Il sorriso del terzo mese. Alla nascita il bambino vive in uno stato di autismo, nel quale è completamente ripiegato in se stesso, e di indifferenziazione identitaria nella quale non vi è distinzione tra lui ed il mondo esterno, in particolare tra lui e la madre. Nel corso del III mese il bambino incomincia a riconoscere il viso umano, in particolare la zona rappresentata dagli occhi e dal naso che Spitz riproduce con delle maschere, a cui rivolge dei sorrisi. Ciò sta ad indicare il riconoscimento del volto (della madre) come altro da sé, un inizio di relazione con il mondo esterno e l’uscita dall’autismo dei primi tempi di vita. L’angoscia dell’ottavo mese. In questo periodo il bambino incomincia a manifestare gioia quando sta con le persone che conosce e timore nei confronti delle persone che non conosce. Ciò sta ad indicare che il bambino non solo riconosce l’altro da sé, ma che nell’altro inizia a distinguere la madre dagli estranei. La fase del No. Verso i due anni il bambino inizia a dire no alla madre, incomincia cioè a manifestare una volontà propria in contrapposizione con quella della madre. Ciò sta ad indicare la definitiva separazione identitaria del bambino dalla madre che da quel momento viene riconosciuta come una persona affettivamente importante, ma diversa da lui. Spitz, reso famoso dai suoi studi sui bambini ospedalizzati, quindi in situazioni di deprivazione di stimoli, elaborò la teoria sulla depressione anaclitica e descrisse in ordine progressivo i comportamenti di bambini che vengono separati dalla persona che si prendeva cura di loro. Tali comportamenti furono: Primo mese: lamentele e richiami. Secondo mese: pianto e perdita di peso. Terzo mese: rifiuto del contatto fisico, insonnia, ritardo nello sviluppo motorio, assenza di mimica, perdita continua di peso. 2 8 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 progressivamente più chiara. Il rischio, in questa fase, è che il bisogno di trovare una propria identità si trasformi in ricerca di modelli in cui identificarsi per incapacità di definire una propria identità. VI stadio (19 – 25 anni): intimità/isolamento ormai costituita una propria identità, l’individuo tende a conservare sé stesso e a stabilizzare il rapporto con gli altri componenti del suo ambiente, tipicamente il partner e i colleghi di lavoro. La ricerca di rafforzare il rapporto con i propri punti di riferimento ha sul versante opposto la possibilità di chiudersi al rapporto con gli altri (isolamento) al di fuori della propria cerchia. VII stadio (26 – 40 anni): generatività/stagnazione per Erikson il concetto di generatività non riguarda solo il desiderio di mettere al mondo dei figli e di allevarli, ma anche quello di creare qualcosa di utile con il proprio lavoro, di insegnare agli altri la propria esperienza. VIII stadio (+ 40 anni): integrità dell’Io/disperazione si tratta dell’ultima fase dello sviluppo sociale degli individui, in cui occorre accettare tutto ciò che si è fatto, ciò che si è e ciò che si potrebbe essere ancora. Chi ha costruito un Io forte riesce ad accettare il tempo trascorso e, quindi, anche un nuovo stadio della propria vita. Diversamente, chi non è riuscito a costruire un Io forte vivrà questa fase con rimpianto e grande rimorso, sfociando nella disperazione. Erikson ha formulato una teoria dello sviluppo umano il cui importante merito è quello di aver rivalutato la forte interazione tra sviluppo psichico e ambiente sociale. LO SVILUPPO DEL SENSO MORALE Una norma morale contiene un valore affettivo-emotivo, ovvero contiene un’indicazione emotiva di colpa, vergogna o imbarazzo se viene trasgredita, soddisfazione e orgoglio se viene rispettata. In questo senso una norma è una guida per la condotta, poiché delinea i comportamenti desiderabili e quelli non desiderabili. Le tre grandi teorie che hanno provato a descrivere lo sviluppo morale degli individui sono: la teoria cognitiva, per la quale lo sviluppo intellettivo promuove quello morale; la teoria dell’apprendimento sociale, per cui le norme vengono acquisite attraverso l’imitazione di modelli esterni, proposti dalla famiglia e dagli agenti sociali; la teoria psicoanalitica, che ritiene che l’uomo sia dominato dal principio del piacere, per cui sia amorale per natura. Il Super Io, generato dalla interiorizzazione di norme e divieti parentali e sociali, determina il passaggio dal principio di piacere al principio di realtà. 3 1 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 Nell’ambito delle teorie cognitive evolutive, uno dei primi psicologi a occuparsi dell’acquisizione del giudizio morale fu Jean Piaget, che nei primi suoi scritti si focalizzò specificatamente sulla morale dei bambini, studiando il modo in cui essi giocano per capire il loro concetto di bene e di male. Basandosi sull’osservazione delle regole dei giochi e su interviste riguardanti azioni come il rubare o il mentire, Piaget scoprì che anche la moralità può considerarsi un processo evolutivo: i bambini cominciano con lo sviluppo di una morale basata sulla stretta aderenza alle regole, ai doveri e all’obbedienza all’autorità: questo tipo di morale è dettato dalla convinzione che ad un’azione errata segua automaticamente una punizione. Successivamente, attraverso l’interazione con altri bambini, sviluppano uno stadio autonomo di pensiero morale, caratterizzato dalla capacità di interpretare le regole criticamente e selettivamente, basandosi sul mutuo rispetto e sulla cooperazione. Piaget concluse così che la scuola dovrebbe enfatizzare i processi decisionali basati sulla cooperazione, la soluzione di problemi e richiedere che gli studenti lavorino su regole comuni basate sul rispetto dei ruoli. Con l’applicazione del metodo clinico e con l’osservazione diretta, Piaget arriva a delineare diverse fasi dello sviluppo morale: anomia (0 – 4 anni): è la fase premorale, di assenza totale di regole. realismo morale (5 – 9 anni): adotta un punto di vista egocentrico. Il giudizio si basa pertanto sul danno oggettivo arrecato e non prende in considerazione l’intenzionalità dell’atto. Il bambino manifesta una morale eteronoma. La validità della regola dipende da chi la impone – i genitori, gli insegnanti etc. – e prevale il criterio della responsabilità oggettiva, per cui la gravità di un atto è data dalle sue conseguenze. relativismo morale (+ 9 anni): il bambino comprende il concetto di responsabilità soggettiva di un’azione o di una scelta. La comprensione delle regole e lo sviluppo morale sono processi che risentono in modo determinante dello sviluppo delle funzioni cognitive, poiché è attraverso la maturazione cognitiva che il bambino è in grado di comprendere, rielaborare, scegliere. Piaget si sofferma anche sul concetto di giustizia, che passa dall’essere retributiva, ovvero legata al danno, all’essere distributiva nella fase di autonomia morale, funzionale a riportare l’ordine sociale e non solo a punire. Gli studi di Piaget furono sviluppati successivamente da Lawrence Kohlberg (1927- 1987) che, anch’egli, ritiene determinante nell’acquisizione della morale la maturazione delle strutture cognitive e aggiunge un concetto portante, quello di convenzione (“convenzionale” significa attinente alle regole, alle aspettative dell’autorità, della società). Pur riconoscendo l’importanza di fattori estrinseci, socio-culturali e ambientali, Kohlberg ritiene che lo sviluppo morale, al pari di quello cognitivo cui è strettamente correlato, manifesti negli individui componenti intrinseche caratterizzate da specifici ritmi evolutivi, che percorrono una sequenza di passaggi obbligati. Dalle sue osservazioni emerge uno sviluppo in tre livelli, ciascuno suddiviso in due stadi: Livello pre-convenzionale (4 – 10 anni): Stadio 1 – Orientamento punizione-obbedienza: obbedienza alle regole al fine di evitare la punizione (simile al primo stadio di Piaget). Stadio 2 – Individualismo e scambio: adeguamento alle regole per ottenere vantaggi. Livello convenzionale (adolescenti/adulti): 3 2 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 Bandura ha approfondito i meccanismi e le condizioni che, nel corso della socializzazione, determinano l’attivazione o meno dei controlli morali interni, agendo così come cause del comportamento immorale di persone pur capaci delle più elevate forme di ragionamento morale. La giustificazione morale è un meccanismo attraverso il quale i comportamenti socialmente deleteri vengono resi accettabili, sia personalmente che socialmente, attraverso la ricostruzione cognitiva o forme di ideologizzazione. L’etichettamento eufemistico è un meccanismo che si fonda sul potere del linguaggio. Questo se elaborato, permette di mascherare un’azione riprovevole conferendole un carattere di rispettabilità proprio grazie all’attribuzione di caratteristiche positive alla condotta deviata, in modo tale che il soggetto si senta libero da ogni responsabilità. Il confronto vantaggioso consiste nel mettere a confronto la propria azione deplorevole con una peggiore, in modo da alterarne la percezione ed il giudizio. La dislocazione della responsabilità è un meccanismo che permette alle persone di compiere azioni che solitamente ripudiano poiché non si sentono direttamente responsabili del loro operato. La diffusione della responsabilità è un meccanismo che permette di distribuire fra membri diversi la responsabilità derivante dall’attività rischiosa, della quale vengono eseguiti aspetti parziali che sembrano quindi innocui in sé, ma che sono pericolosi nella loro totalità. Secondo la prospettiva psicoanalitica, Sigmund Freud sostiene che la coscienza morale, ovvero il Super Io, sia il risultato del complesso edipico e del legame di dipendenza con le figure genitoriali. Il senso di colpa si configura come la conseguenza dell’azione censoria del Super Io. In questa prospettiva assume una funzione importante anche l’Io Ideale, derivante dall’identificazione con gli adulti di riferimento, poiché costituisce un modello a cui il bambino tende ad assomigliare. L’austriaca Melanie Klein (1882-1960), diversamente da Freud, ritiene che per parlare di coscienza morale non si debba attendere il superamento dell’Edipo, ma che il bambino manifesti una comprensione di questa dimensione fin dalla primissima infanzia. Egli, infatti, manifesta spinte aggressive nei confronti della madre che, causando senso di colpa e paura di perdere l’oggetto d’amore, lo spingono a tenere comportamenti riparatori. Per Edith Jacobson (1897-1978) riveste una funzione primaria l’Io ideale, che si formerebbe prima del Super Io e che concorrerebbe, con la sua funzione vicariante, a guidare il bambino nella comprensione di ciò che è giusto e di ciò che non lo è. LA PEDAGOGIA IN TEMA DI SVILUPPO E DI APPRENDIMENTO La Pedagogia è la scienza che si occupa della formazione dell’uomo e della donna per l’intero corso della vita e nella pluralità dei tempi di vita e di esperienza. Tra le più rilevanti branche ricordiamo: la pedagogia sociale che opera all’interno dei problemi sociali; 3 4 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 la pedagogia speciale che si occupa dei soggetti con bisogni educativi speciali, come le persone con disabilità, favorendo la loro inclusione scolastica e sociale lungo tutto l’arco di vita; la pedagogia sperimentale che si occupa della ricerca scientifica in pedagogia, guardando agli aspetti oggettivi e misurabili dell’esperienza; la pedagogia comparativa che si occupa dell’analisi delle pratiche educative in rapporto ai sistemi educativi e formativi di altre nazioni e culture; la pedagogia della comunicazione che studia i fenomeni comunicativi dal punto di vista educativo, descrivendone gli effetti sulla persona; la pedagogia interculturale (o approccio transculturale) che si fonda sullo scambio interattivo tra individui appartenenti a culture diverse e si occupa di favorire il superamento del monoculturalismo e il riconoscimento dei valori appartenenti alle diverse culture in maniera dinamica; la pedagogia degli adulti, detta anche andragogia, si occupa dei problemi specifici degli adulti, come la rieducazione e formazione continua (Lifelong Learning); il problematicismo pedagogico è un modello elaborato da Giovanni Maria Bertin per analizzare il problema educativo nella sua complessa fenomenologia, anche attraverso un serrato confronto con le principali correnti filosofiche e pedagogiche contemporanee e nella prospettiva di un'etica e pedagogia dell'impegno razionale. Si parla invece di sociometria riferendosi a una teoria che, usando un’adeguata metodologia, si propone di descrivere la struttura dei processi socio-affettivi e socio- cognitivi nei piccoli gruppi. Tra le altre scienze sociali vi è la gnoseologia, chiamata anche teoria della conoscenza, cioè quella branca della filosofia che studia la natura della conoscenza. L’epistemologia invece designa quella parte della gnoseologia che studia i fondamenti della conoscenza scientifica. La docimologia è un ramo della pedagogia che si occupa dello studio dei sistemi di valutazione delle prove di verifica e si pone come obiettivo quello di trovare metodi di valutazione oggettivi, tramite varie tipologie di prove, come test, prove strutturate. La pedagogia dagli albori al 1600 Agostino (354 d.C.-430 d.C.) è uno dei maggiori esponenti della filosofia cristiana; tra i numerosi argomenti trattati nelle sue opere, vi è anche il tema della conoscenza e della strada da percorrere per raggiungerla. Il tema viene affrontato in particolar modo nel De Magistro (389), dove Agostino analizza la dinamica tra il maestro e il discepolo, alla luce dell’intervento divino. Il maestro spiega con proprie parole la natura delle cose al discepolo. Tuttavia, queste parole non sono che un riflesso delle cose, ne costituiscono un’indicazione, un segno, ma non sono la cosa in sé. Per comprendere le cose è necessario passare dai segni ai significati. Agostino conclude che la vera comprensione intellettuale non avviene tramite le parole: essa avviene perché tracciamo al nostro interno una via che porta alla conoscenza, facciamo spazio al nostro Maestro interiore (che Agostino identifica con Cristo), il quale, tramite l’illuminazione divina, permette la comprensione delle cose. 3 5 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 distacco completo dalla madre: il bambino, infatti, deve avvicinarsi alla conoscenza senza abbandonare i naturali affetti familiari. La schola vernacula è concepita per gli alunni dai 6 ai 12 anni (il periodo della puerizia o fanciullezza). Si tratta della scuola dove si impara la lingua nazionale (quella, appunto, vernacolare). In essa l’insegnante cura gli aspetti intellettivi legati alla memoria e all’immaginazione, mentre l’alunno inizia a maturare livelli di astrazione che lo conducono ad utilizzare i simboli per rappresentare il mondo circostante, sviluppando pertanto capacità simboliche e linguistiche. La schola latina è rivolta agli alunni dai 12 ai 18 anni (il periodo dell’adolescenza). Questa scuola permette un accesso al sapere più dettagliato e approfondito, in quanto in essa si studiano le lingue classiche (greco, ebraico, latino) che rappresentano il maggiore veicolo di conoscenza formale. Allo studio delle lingue si affianca quello delle arti e della fisica; il tutto si svolge in una profonda ottica religiosa. L’accademia è frequentata dai ragazzi dai 18 ai 24 anni (il periodo della giovinezza). In questa scuola si approfondiscono campi specifici del sapere e, nel periodo finale, si ha la possibilità di viaggiare per ampliare le proprie conoscenze e i propri orizzonti. Comenio immagina anche una formazione successiva all’accademia, destinata alla preparazione dei futuri insegnanti: si tratta della schola scholarum. Il Positivismo Auguste Comte (1798-1857) è ritenuto il fondatore del Positivismo: il suo scopo era quello di creare una politica positiva che avesse la ragione come guida e la conoscenza come elemento essenziale. La conoscenza, secondo Comte, si fonda direttamente sull’esperienza, che permette all’uomo di giungere alla comprensione dei rapporti che uniscono le varie cose e i vari fatti fra di loro. La conoscenza avviene mediante l’osservazione dei singoli fatti della realtà e della vita, che si manifestano in relazioni costanti di successione e di somiglianza in virtù delle loro proprie leggi. Scoprire queste leggi significa ricostruire la società su basi scientifiche e non più religiose o filosofiche, e riformare la vita socialmente e politicamente. Lo sviluppo individuale si forma attraverso tre stadi che corrispondono a tre età o periodi, che sono gli stessi attraverso i quali è passata l’umanità (stato teologico, metafisico e positivo). Nell’opera Discorso sull’insieme del positivismo Comte delineò le norme secondo cui si doveva impartire la nuova educazione. Egli suggerisce di sostituire l’educazione europea, essenzialmente teologica, metafisica, letteraria, con un’educazione positiva, conforme allo spirito della nuova epoca e alle esigenze della civiltà moderna. Fondamento di questa educazione è la scienza che, essendo opera dell’intera umanità, sviluppa la coscienza della solidarietà umana, che deve essere posta a fondamento dell’insegnamento morale. Roberto Ardigò (1828-1920) è considerato tra i padri della psicologia scientifica italiana per aver promosso una concezione scientifica della psicologia. Ardigò insistette sulla necessità di una pedagogia scientifica, soffermandosi sul ruolo delle abitudini. L’educazione infatti può essere ricondotta all’acquisizione di comportamenti sedimentati e certi; questo significa il passaggio da una pedagogia metafisica ed astratta ad una pedagogia intesa come scienza dell’educazione. 3 7 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 Seguendo comunque l’assioma comtiano che “non ci può essere scienza se non di fatti” egli conia inoltre il termine di “confluenza mentale”. Per Ardigò non tutte le abitudini sono educative. Dal punto di vista didattico privilegiò l’intuizione, il metodo oggettivo, il passaggio dal noto all’ignoto, insegnando poche cose alla volta, ritornando più volte sulle cose spiegate e facendo continue applicazioni di teorie a casi nuovi. Egli punta a far rinascere un’etica laica, naturalistica, non prescrittiva, che pone l’uomo davanti a scelte, dandogli strumenti conoscitivi per una scelta razionale. La Pedagogia dell’Illuminismo L’inglese John Locke (1632-1704) è considerato uno dei precursori dell’Illuminismo, in quanto ne ha affermato con anticipo alcune idee. Nel suo Saggio sull’intelletto umano (1690), il filosofo afferma che la conoscenza proviene soprattutto dall’esperienza. Inizialmente, la mente dell’uomo è come una tabula rasa, che viene scritta progressivamente dalle esperienze svolte; queste a loro volta producono sensazioni che vengono elaborate in idee semplici. Locke afferma che queste idee non sono innate nell’uomo, ma sono frutto di esperienze che vengono compiute fin dal grembo materno. Tuttavia, egli non esclude che alcune idee semplici possano nascere anche da riflessioni circoscritte dell’intelletto, senza necessariamente avere accesso dalla via sensoriale. In seguito, l’intelletto associa molte di queste idee per analogia o le separa per differenze, creando idee complesse e più generali; in tal modo si costruisce l’impianto conoscitivo dell’uomo. L’ideale pedagogico di Locke è espresso nell’opera Pensieri sull’educazione, una raccolta di pensieri scritti in forma epistolare che contiene una serie di proposte orientate alla formazione della nuova aristocrazia inglese, rappresentata soprattutto dalla borghesia. Per le classi proletarie e poco facoltose, Locke propone le Working schools, delle scuole che possano avviare le nuove generazioni alla vita lavorativa e che abbiano come obiettivo primario quello di prevenire la delinquenza e il vagabondaggio. In queste scuole viene impartito un insegnamento obbligatorio e coatto; inoltre, gli studenti possono usufruire di vitto e alloggio. Si tratta di scuole che hanno anche un impianto correttivo e che prevedono l’obbligo di assistere alla funzione religiosa. Il francese Nicolas de Condorcet (1743-1794) tra gli autori dell’Encyclopedie degli illuministi in qualità di uomo politico e rivoluzionario, si è occupato del problema dell’organizzazione di un sistema di istruzione che potesse affrontare in modo efficace le problematiche della società moderna. Il Progetto sull’organizzazione generale dell’istruzione venne presentato all’assemblea legislativa francese nel 1792. Le caratteristiche del sistema di istruzione sono le seguenti: l’istruzione deve essere universale e accessibile a tutti, comprese le donne e le classi meno abbienti; l’istruzione deve essere gratuita: solo in questo modo è possibile garantire la sua universalità; l’istruzione deve essere libera. Lo Stato deve garantire un’istruzione oggettiva, basata sui fatti, che tralasci orientamenti religiosi o morali, che spettano alla sfera delle scelte familiari; 3 8 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 l’istruzione deve essere efficace e specialistica, legata, cioè, alle reali esigenze della società produttiva del paese. Occorre istruire le persone per le professioni che sono richieste nella sfera sociale ed economica. Questo sistema di istruzione vuole perseguire chiaramente degli obiettivi di stampo illuminista. In particolare, si tratta di uno strumento sociale e politico che vuole: eliminare ogni tipo di emarginazione sociale che spesso sfocia in fenomeni delinquenziali; garantire l’effettiva uguaglianza dei cittadini, non solo come principio, ma nei dati di fatto; garantire la libertà dell’uomo, affrancandolo dall’ignoranza e permettendogli di contribuire alla crescita sociale. Si noti come tutti questi principi siano presenti nell’attuale Costituzione italiana. Per tale motivo l’Illuminismo segna, in un certo senso, la nascita dello stato moderno. Il sistema di istruzione proposto da Condorcet si articola nei seguenti livelli: una scuola comune suddivisa in: una scuola primaria, della durata di 2 anni, nella quale si insegnano diritti e doveri del cittadino e in cui si apprendono tutte le nozioni fondamentali per partecipare alla vita sociale e produttiva. Si tratta del livello minimo di istruzione, che dovrebbe essere raggiunto anche dalle classi più indigenti; una scuola secondaria, della durata di 2 anni, nella quale si ha accesso alle discipline scientifiche e alla storia. Si tratta di un livello successivo di istruzione che è pensato per essere accessibile a chi non ha la necessità di dover contribuire al bilancio familiare lavorando; gli Istituti, che possono essere ricondotti alla nostra istruzione secondaria di secondo grado, nei quali si specializzano le conoscenze, secondo vari indirizzi; i Licei, riconducibili alle nostre attuali università; la Società nazionale delle Scienze e delle Arti, che supervisiona su tutti gli altri livelli di istruzione e conduce ricerche nei vari settori della conoscenza. Il contributo del filosofo Giambattista Vico (1668-1744) alla questione dell’educazione può essere ricondotto in parte alle tesi dell’Illuminismo. L’educazione deve essere diretta a tutti, mirando alla piena realizzazione di ogni individuo. Il pensiero di Vico si incentra sulla storia quale prodotto della natura umana: egli vuole codificare un metodo che possa far emergere delle verità dallo studio della storia e che, più in generale, si possa applicare alle scienze umane. Questo metodo deve essere affiancato con pari dignità al metodo scientifico di Galilei e al metodo matematico di Cartesio. L’opera in cui Vico affronta questo problema è la Scienza Nuova. Il pensiero pedagogico di Vico emerge in una delle sue Orazioni, tenute durante la cerimonia iniziale dell’anno accademico dell’Università di Napoli: si tratta della De nostri temporis studiorum ratione, in cui si asserisce che gli studi di carattere umanistico devono essere affiancati, con pari dignità, a quelli di tipo scientifico. Vico traccia anche un profilo dell’evoluzione del bambino, che è proprio il riflesso del ciclo storico dell’evoluzione dei popoli: il bambino passa da una fase in cui è legato soprattutto ai sensi come veicolo di conoscenza ad una in cui fa particolare uso dell’intuizione, della fantasia e dell’immaginazione; solo più tardi, perviene ad una fase in cui raggiunge la piena razionalità ed usa in modo efficace l’intelletto. Proprio sulla base di queste tre fasi evolutive, lo dell’educatore sta nell’assecondare i reali bisogni manifestati dal bambino, tralasciando i capricci e i desideri frivoli. Il secondo libro affronta il periodo della seconda infanzia, che va dai 3 ai 12 anni. È l’età in cui il linguaggio è pienamente sviluppato e il bambino entra in contatto con gli altri in modo consapevole; in questa fase vi è una propensione al gioco che può essere un utile strumento educativo. È importante che il bambino impari attraverso l’esperienza. L’educatore deve astenersi dall’impartire precetti in modo diretto, il bisogno di regole deve nascere dalle esperienze che quotidianamente il bambino vive. Occorre assecondare i suoi tempi di apprendimento, senza forzare il suo cammino verso la conoscenza: al bambino deve sembrare che le attività in cui è impegnato avvengano in modo naturale e non per scelta del precettore. Il terzo libro parla dell’età della pubertà che va dai 13 ai 15 anni. In questo periodo, il precettore lavora affinché il fanciullo possa mitigare i propri istinti. Lo studio delle discipline avviene sia attraverso una partecipazione attiva del ragazzo sia attraverso la proposta di situazioni di utilità concreta, che possano destare la sua motivazione facendo riferimento ai suoi reali bisogni. Il quarto libro è dedicato all’adolescenza, fase che va dai 16 ai 20 anni; l’adolescente diventa un essere spiccatamente sociale. L’educazione di Emilio viene completata dalla dottrina religiosa. Il quinto libro, infine, tratta dell’età adulta, periodo che si colloca tra i 21 e i 25 anni. Emilio viene introdotto nella società, dove conosce Sophie, una ragazza semplice, educata con rigore e lontana dai vizi. Emilio potrà sposare Sophie solo dopo aver compiuto, con il suo precettore, un lungo viaggio per completare la sua istruzione, viaggio durante il quale conoscerà popoli e culture diverse da quella francese e compirà la scelta del paese in cui stabilirsi con la sua famiglia. Dal racconto fatto nell’Emilio emergono tutti i concetti fondamentali della pedagogia di Rousseau. Innanzitutto, si parla di educazione naturale, in quanto l’autore evidenzia la contrapposizione tra stato naturale dell’uomo e civiltà. L’educazione non deve tenere conto di quanto la società stabilisce o dichiara, ma deve essere orientata verso il soggetto che è il protagonista dell’apprendimento, risvegliando in lui quelle attitudini e quelle facoltà che gli appartenevano già nello stato naturale e che la società ha col tempo corrotto. In particolare, viene introdotto il concetto di educazione negativa che vede l’educatore come uno strumento di rimozione degli elementi potenzialmente dannosi alla formazione del discente. Più nello specifico, il compito del precettore è quello di mettere il fanciullo nelle condizioni di compiere esperienze, piuttosto che intervenire direttamente nella formazione dello stesso proponendo la propria esperienza e conoscenza. Altro concetto fondamentale è quello della progressività dell’educazione: il fanciullo apprende mediante l’esperienza, che, però, deve essere calibrata sulle sue capacità, ossia su quanto il ragazzo realmente in grado di fare e comprendere. Tuttavia, anche questo non basta: la scelta dell’esperienza da proporre deve essere guidata dai reali interessi del fanciullo. In pratica, egli deve avvertire la necessità, il bisogno, l’interesse di compiere quell’esperienza; viceversa, non ne trarrà alcun beneficio, in quanto non ne comprenderà il bisogno. 4 1 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 Questo concetto rivoluzionario scaturisce da una considerazione che verrà ripresa in seguito da altri pedagogisti: il fanciullo non è un uomo in miniatura, ma ha una sua propria natura, ben diversa da quella dell’adulto. Per tale motivo, la sua mente non si può riduttivamente considerare come quella di un adulto con capacità limitate da fattori di sviluppo e di esperienza, ma come dotata di una struttura del tutto diversa, risultando maggiormente orientata ai bisogni, alle necessità, agli interessi e all’azione pratica. Su queste considerazioni porrà le proprie basi l’attivismo. La pedagogia nell’età romantica Nel XIX secolo, la pedagogia risente degli influssi del movimento romantico: alla razionalità e alla scientificità dell’Illuminismo, il Romanticismo contrappone l’irrazionale, il sentimento, l’intuizione. L’interiorità dell’essere umano viene rivalutata; vi è una nuova predisposizione verso il sentimento religioso, quale strumento di tensione verso l’Infinito. L’uomo, in quanto essere vivente, è concepito come parte di un essere vivente più vasto, identificato con la Natura. Questa visione differisce molto dalla prospettiva meccanicistica dell’Illuminismo, per la quale delle rigide leggi, studiate dalle scienze naturali, descrivono la realtà circostante. Un aspetto fondamentale della pedagogia romantica è l’educazione alla moralità. Johann Heinrich Pestalozzi (1746-1827) è un pedagogista svizzero che ha ripreso l’idea dello stato naturale dell’uomo di Rousseau e l’ha riproiettata in ambito prettamente romantico. La sua vita è stata contraddistinta da alcune iniziative tese a favorire l’educazione delle classi sociali più deboli ed altre indirizzate alla formulazione di un nuovo metodo educativo. In particolare, si possono ricordare gli orfanotrofi di Neuhof e Stans e le scuole di Burgdorf e Yverdon. Per Pestalozzi l’educazione deve risvegliare gli aspetti morali della natura umana. L’uomo morale è colui che si lascia guidare dall’amore e dalla fiducia, che riesce ad anteporre il prossimo a se stesso e che ha una profonda fede religiosa. Spesso, però, a questo aspetto si contrappone una natura egoistica e violenta. Il compito dell’educazione è quello di risvegliare l’uomo morale e sopire gli istinti brutali: per raggiungere questo scopo, l’educatore deve essere in prima persona un esempio per il bambino. Per conseguire un’educazione morale è necessario che lo sviluppo umano attraversi tre fasi: lo stato di natura, in cui l’uomo segue l’istinto e può lasciar prevalere le virtù oppure l’egoismo e gli interessi personali; lo stato sociale, nel quale l’uomo vive in contatto con gli altri, sebbene non sempre in maniera armoniosa. Talvolta, infatti, si verificano contrasti tra gli oppressori, che cercano di prevalere, e i più deboli, che cercano protezione; lo stato morale, che rappresenta l’approdo finale al quale occorre tendere. Questo stato si realizza se l’educazione riesce a far prevalere la moralità dell’uomo che domina le proprie passioni e accoglie gli altri. Pertanto, il processo educativo – ricordato anche come “Educazione del cuore” – mira a far convergere in senso positivo e morale le forze che il bambino possiede e che Pestalozzi suddivide in sentimento, pensiero e volontà (azione). Queste tre forze, o aree di sviluppo, vengono rappresentate simbolicamente dai tre organi: 4 2 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 il cuore, che rappresenta i sentimenti che accompagnano la vita dell’uomo, in particolare quelli di stampo morale come l’amore, la fede e la gratitudine; la testa, che rappresenta la capacità dell’uomo di operare un giudizio razionale, di usare la memoria e l’immaginazione. Ci si riferisce quindi all’area cognitiva che Pestalozzi vuole sviluppare mediante il metodo intuitivo; la mano, che rappresenta invece la forza che spinge l’uomo alle attività di carattere pratico, professionale, tecnico o artistico. Si noti come cuore, testa e mano possano essere ricondotti, in un linguaggio più moderno, alle tre aree fondamentali dello sviluppo del bambino, ossia l’area affettiva (cuore), cognitiva (testa) e psicomotoria (mano). L’educazione deve basarsi su di un metodo che favorisca lo sviluppo delle tre forze presenti nell’essere umano. A tal proposito, Pestalozzi propone il metodo elementare, così chiamato perché fondato su una didattica mirata alla comprensione degli elementi costitutivi del sapere2. Su questi mattoni fondamentali sarà possibile erigere la futura formazione culturale del discente. È un metodo che coinvolge le tre forze presenti nel bambino (sentimento, pensiero e volontà) e si basa su tre principi fondamentali: il principio di necessità meccanica: l’educazione deve operare in modo da produrre nel discente, senza forzature o artifici, ma in maniera del tutto naturale, la moralità e le facoltà intellettuali; il principio di organicità e continuità: il discente deve essere guidato in modo graduale, secondo tempi che rispettino il suo sviluppo e la sua maturazione; il principio di vicinanza e lontananza: esso permette di esplorare la realtà, partendo dagli elementi che sono più accessibili e prossimi al bambino, da esperienze concrete che egli può comprendere, fino a giungere agli aspetti più generali e astratti. In relazione all’area cognitiva (la testa) e allo sviluppo della mente, Pestalozzi elabora il metodo intuitivo, così definito perché parte dall’intuizione fatta sull’esperienza concreta e sensibile, per giungere alla formulazione delle leggi che regolano la natura e il comportamento umano. Tramite osservazioni dirette, fatte sul campo, l’intuizione conduce il bambino a individuare tre concetti fondamentali per ordinare il suo pensiero. Tali concetti sono: la forma, alla base della geometria e del disegno; il numero, alla base della matematica; il nome, alla base del linguaggio. La matematica serve per quantificare fenomeni, cose e rapporti; la geometria e il disegno permettono lo studio della forma della realtà, mentre il linguaggio consente di descriverla in modo qualitativo, identificando gli oggetti con termini precisi. Friedrich Wilhelm August Fröbel (1782-1852) è un pedagogista tedesco che opera presso la scuola di Yverdon, dove entra in contatto con Pestalozzi, da cui mutua alcune idee che arricchisce successivamente con spunti e metodi educativi originali e che raccoglie nell’opera L’educazione dell’uomo (1826). La “scuola-città” Pestalozzi di Firenze, finalizzata alla formazione sociale dei ragazzi, ha costituito un esempio di attivismo pedagogico ispirato all’opera di Pestalozzi. 4 3 la volontà. L’obiettivo principale è la moralità dell’allievo e tale obiettivo non può essere raggiunto senza l’intervento di una morale esterna, quella dell’educatore. Herbart prende in considerazione diverse modalità di attuazione del governo. L’insegnante può fare leva su: 4 4 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 la minaccia, ossia la costrizione a svolgere qualche compito o il divieto di fare qualcosa; la sorveglianza, che consiste nel vigilare continuamente sull’attività svolta dall’allievo con l’eventuale correzione; l’autorità, ossia la capacità del maestro di porsi come figura di alto valore morale e spirituale; l’amore, ossia un’unità di intenti che il maestro instaura con l’allievo, in quanto capace di leggerne bisogni e interessi.” Mentre le prime due modalità limitano l’iniziativa dell’allievo e ne frenano lo sviluppo, le successive due promuovono in lui la capacità di valutare e di auto- educarsi. La tappa successiva è il piano di istruzione: il docente deve porre in essere una didattica che stimoli l’interesse dell’allievo e che sia attuata in rapporto alla sua fase di sviluppo. L’allievo deve maturare le proprie idee e un proprio giudizio morale. La tappa conclusiva è l’autogoverno: fase in cui si determina la sintesi tra la volontà e il giudizio, elementi caratteristici delle due fasi precedenti. Herbart ritiene l’interesse quella condizione essenziale grazie alla quale avviene l’apprendimento. Egli distingue due tipologie di interessi: conoscitivi: riguardano la conoscenza del mondo e della realtà circostante, per tale motivo sono di carattere oggettivo. Essi si suddividono in: o interesse empirico, che deriva dalla sensazione e dalla percezione stimolata in modo diretto dagli oggetti; o interesse speculativo, che deriva da ragionamenti e riflessioni fatte sugli oggetti; o interesse estetico, che deriva dall’interesse per l’armonia e la bellezza della natura. Compartecipativi: sviluppano il versante dei rapporti umani e sociali. Sono di carattere soggettivo e si suddividono in: o interesse simpatetico, che deriva dal provare gli stessi sentimenti degli altri e dal condividerli con loro; o interesse sociale, che deriva dal mostrare attenzione per le virtù sociali (la solidarietà, la cooperazione); interesse religioso, legato alla riflessione sulle finalità dell’uomo e sul divino. L’insegnamento deve riuscire a stimolare tutti questi interessi nel discente, in modo da creare un equilibrio generale che risulti armonico. Per tale motivo, entra in gioco il ruolo fondamentale delle discipline, che Herbart raggruppa in due categorie: quelle di tipo scientifico – scienze naturali e matematica – che favoriscono in particolar modo gli interessi conoscitivi, e quelle di tipo umanistico – storia e studio del linguaggio – che favoriscono, in special modo, gli interessi partecipativi. Secondo Herbart, la programmazione dell’insegnamento si delinea in momenti che sono detti gradi formali: Il primo grado è la chiarezza. In questo contesto si attua un insegnamento rappresentativo, durante il quale l’insegnante deve rappresentare l’oggetto o l’argomento dell’apprendimento descrivendolo nelle sue caratteristiche, come se l’allievo potesse “vederlo”. In tal modo si imita il processo tipico dell’esperienza diretta. Questo tipo di 4 5 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 presente la fase di sviluppo che il discente sta attraversando, in quanto ogni fase ha le sue specificità; l’azione educativa deve necessariamente avvenire favorendo la cooperazione tra gli alunni. Questa si realizza, in particolare, attraverso “il fare” che non deve essere fine a sé stesso, ma indirizzato all’apprendimento. Assumono particolare rilievo le attività manuali, l’esperienza diretta, il lavoro e il gioco. Un ulteriore aspetto cooperativo è rappresentato dalla coeducazione, ossia dalla presenza nell’ambiente scolastico di alunni di entrambi i sessi, affinché ciascuno possa riconoscere le caratteristiche dell’altro, nell’ottica di una collaborazione fattiva; l’ambiente in cui il fanciullo svolge le sue attività risulta un fattore fondamentale per il suo apprendimento, in quanto da esso devono pervenirgli stimoli positivi; pertanto, il docente deve avere particolare cura nel predisporre intorno all’alunno un ambiente di apprendimento efficace; le attività dei fanciulli devono svolgersi in piena libertà, al fine di favorire i loro bisogni; il docente deve rinunciare ad un atteggiamento autoritario, limitando i propri interventi e lasciando al bambino la possibilità di esprimersi a pieno; anche le attività di tipo intellettuale (attività non pratiche) sono impostate su di un percorso di scoperta progressiva, evitando di fare ricorso alla memoria in modo meccanico e lasciando lavorare la mente e le capacità raziocinanti; nelle scuole attive è necessario creare tra gli alunni una struttura di rapporti sociali, di compiti specifici e di responsabilità personali che insegni agli alunni l’essenza del vivere civile e l’educazione alla cittadinanza. Dalle scuole attive e dalla formalizzazione di Ferrière nasce quindi il termine attivismo. I maggiori esponenti di questa corrente pedagogica sono Claparède, Decroly, Montessori e Dewey. Lo psicologo e pedagogista svizzero Edouard Claparède (1873-1940) è stato uno dei maggiori esponenti del funzionalismo psicologico. Nel 1912 ha fondato con Pierre Bovet l’Istituto Jean-Jacques Rousseau a Ginevra, che è diventato un punto di riferimento per le ricerche psicopedagogiche. Gli elementi fondamentali alla luce dei quali è possibile leggere il pensiero pedagogico di Claparède sono: il funzionalismo psicologico. L’obiettivo della psicologia è chiedersi quali siano le finalità delle attività mentali, più che lo studio dei loro elementi costitutivi; l’evoluzionismo darwiniano. Le funzioni della mente, la curiosità, il bisogno di conoscenza sono le caratteristiche che hanno permesso all’uomo di sopravvivere e di evolversi; il metodo scientifico. Claparède si propone di descrivere le pratiche pedagogiche mediante un approccio scientifico, segnando una rottura con i precedenti pedagogisti che facevano leva sull’intuito, sul buon senso e sulle opinioni personali prive di prove scientifiche. Secondo Claparède ciascun organismo è in continuo equilibrio con l’ambiente circostante; tale equilibrio può rompersi e aprire il passo ad una fase evolutiva dell’organismo stesso. Difatti, la rottura dell’equilibrio porta l’organismo ad avvertire un nuovo bisogno per ristabilirlo: per soddisfare tale bisogno, l’organismo adotta alcuni comportamenti che generano un’evoluzione del 4 8 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA 23/24 soggetto che li attua. Pertanto, tutti i comportamenti degli esseri viventi, quindi anche quelli umani, vanno letti alla luce del soddisfacimento di un bisogno. In altre parole, un comportamento viene adottato quando vi è uno specifico interesse a porlo in essere. Nell’opera L’educazione funzionale Claparède studia le tappe evolutive del bambino alla luce del funzionalismo, individuando 6 leggi di sviluppo funzionale che possono essere alla base di una nuova concezione dell’attività educativa: La legge della successione genetica afferma che il bambino attraversa fasi di sviluppo che si succedono in un ordine determinato e costante e che si differenziano da quelle delle altre specie perché sono più lunghe ed articolate. Proprio queste fasi evolutive permettono al bambino di diventare un uomo, ossia un essere dalle complesse facoltà intellettive ed emotive. In base a questa legge, l’educazione deve conformarsi alla fase evolutiva che il bambino sta percorrendo, alla sua fase di sviluppo mentale. La legge di esercizio funzionale sostiene che ogni funzione si sviluppa se viene esercitata. La legge dell’esercizio genetico afferma che ogni funzione, se viene esercitata e quindi sviluppata, crea le premesse perché si possano manifestare nuove funzioni. Si tratta di una legge in stretto legame con la precedente: in pratica, l’esercizio di funzioni permette lo svilupparsi delle stesse e il manifestarsi di nuove funzioni. La legge dell’adattamento funzionale sancisce che un’azione si manifesta quando è finalizzata a soddisfare un bisogno, ossia vi è un interesse per il quale tale attività deve essere svolta. Da un punto di vista educativo, questa legge suggerisce che per far svolgere ad un individuo una determinata attività, occorre suscitare in lui un bisogno o un interesse. Pertanto, anche l’apprendimento si determina laddove il bambino matura un interesse o un bisogno. Inoltre, è importante che l’educatore rispetti interessi e bisogni del bambino in ciascuna delle sue fasi evolutive, utilizzando metodi di insegnamento specifici che accrescano la motivazione nel discente. La legge di autonomia funzionale sostiene che il bambino non è un essere incompleto o imperfetto: al contrario, può essere considerato autonomo e perfetto, in quanto adeguato alle circostanze che gli sono proprie. Questa legge mira a disconoscere l’approccio tipico dell’adultismo (anche definito teleiomorfismo da Claparède). Occorre riconoscere che l’attività mentale del bambino è funzionale ai suoi bisogni e al suo stadio evolutivo: la sua debolezza è solo apparente. Egli ha un’effettiva mancanza di esperienza; tuttavia, è naturalmente predisposto in modo efficace a maturare tale esperienza. Pertanto, in questa legge si ravvisa anche la rottura di Claparède con i metodi istruttivi tradizionali, che osservano il bambino sotto una prospettiva adulta. Tali metodi sono spesso coercitivi e propongono un apprendimento forzato, basato anche sulla disciplina e sull’autoritarismo. La legge d’individualità sancisce che ogni individuo differisce dagli altri per caratteristiche fisiche e psichiche e introduce il concetto di un’educazione personalizzata e individualizzata. Il modello di educazione di Claparède vuole essere calibrato su misura per ciascun individuo, in base alle sue caratteristiche peculiari. Alla luce di quanto descritto, emerge il profilo della scuola attiva così come viene concepita da Claparède. Da un punto di vista metodologico, la scuola attiva promuove: la centralità dell’alunno, adattando le attività alle fasi evolutive dell’alunno stesso; 4 5 0 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 Il pedagogista belga Jean-Ovide Decroly (1871 – 1932) è stato uno dei maggiori fautori della scuola attiva in Europa e si è anche interessato dell’educazione dei bambini diversamente abili. Nel 1901, infatti, fonda una scuola di insegnamento per i bambini portatori di handicap; nel 1907, invece, dà vita alla Scuola dell’Ermitage, in cui i bambini normali vengono educati con gli stessi metodi e materiali utilizzati per quelli con difficoltà. Per impostare il suo impianto pedagogico, Decroly parte dai bisogni del fanciullo, con un approccio che riprende il funzionalismo: il programma educativo deve riuscire a soddisfare tali bisogni, che possono essere suddivisi in: esigenze soggettivo-psicologiche, legate alle necessità del fanciullo; esse sono riconducibili a quattro bisogni fondamentali: o nutrirsi; o lottare contro le intemperie; o difendersi dai pericoli e dai nemici; o lavorare e rilassarsi, elevarsi in modo solidale. Da ciascuno di questi bisogni può nascere un particolare interesse. esigenze oggettivo-sociali, legate alla realtà che circonda il fanciullo, per le quali l’elemento fondamentale è l’ambiente in cui il bambino è immerso. Per ambiente si può intendere sia il sistema di relazioni sociali che il bambino instaura in famiglia o a scuola, sia il vero e proprio ambiente fisico nel quale egli è immerso. Il centro di interesse costituisce un elemento fondamentale della didattica di Decroly. Da ciascuno dei bisogni nasce un particolare interesse del fanciullo. Ad esempio, dal bisogno di nutrirsi nasce l’interesse per il cibo, mentre dal bisogno di proteggersi dalle intemperie può nascere l’interesse per la casa. Pertanto, è importante impostare la didattica mediante dei centri di interesse che possano attirare l’attenzione del bambino e motivarlo alla scoperta e alla conoscenza. Intorno a questo centro di interesse sono poi raggruppate in maniera organica delle nozioni ad esso pertinenti: in tal modo si evita il nozionismo e la frammentazione artificiale del sapere. Le attività non vengono suddivise in base alle discipline, ma intorno ai centri di interesse. Si imposta quindi un apprendimento più naturale, in quanto i vari concetti sono tra loro collegati ed assumono dei significati: in questo modo l’alunno non ha bisogno di ricordare meccanicamente una serie di concetti astratti e decontestualizzati. L’utilizzo dei centri di interesse crea una nuova modalità di impostare il programma educativo: Decroly parla di programma delle idee associate, proprio in riferimento all’aggregazione di idee e concetti intorno al centro di interesse. Questa strategia permette al fanciullo di ampliare progressivamente il suo sapere in modo naturale. La didattica intorno al centro di interesse si articola in tre tipi di attività che i fanciulli possono svolgere: Nelle attività di osservazione, gli allievi acquisiscono esperienze e informazioni in modo personale e diretto. In questa fase si formulano impressioni, si misurano o si stimano grandezze e quantità, si fanno particolari verifiche su ciò che si sta osservando. Nelle attività di associazione, i fanciulli acquisiscono conoscenza in modo indiretto, attraverso richiami di cognizioni acquisite in precedenza. Si tratta di una fase in cui si possono operare confronti, compiere generalizzazioni ed esprimere giudizi o valutazioni. 5 1 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 cura di educare la memoria, trascurando la vera educazione intellettuale. Naturalmente bisognerà avere riguardo dell’età dei bambini e perciò alternare molto l’applicazione della mente con esercizi fisici, giochi e canti e inoltre istruire con molta dolcezza, vivacità nell’esposizione e con tutti gli accorgimenti atti a rendere la loro fatica più leggera. Una delle caratteristiche è il configurarsi dell’asilo come un istituto pre-elementare, in funzione della scuola elementare, e che perciò anticipa esercizio e nozioni che si dovrebbero riservare al lavoro scolastico vero e proprio. La permanenza dei bambini all’asilo dura dalle 8 del mattino alle 5 del pomeriggio. Di queste ore ben 4 sono dedicate all’educazione intellettuale (esercizi di memoria, aritmetica mentale, nomenclatura, scrittura, lettura, catechismo e storia sacra, spiegazione delle “regole di civiltà”), interrotte da altre occupazioni (frequenti ricreazioni: marce, canti, esercizi ginnastici) fuori dalle aule destinate all’istruzione. Si aggiungono poi brevi preghiere, giochi e lavoretti. Alle 10, tutti i bambini fanno colazione, alle 12:30 il pranzo e alle 16 la merenda. Ci sono attività caratteristiche nel metodo aportiano, come l’esercizio di nomenclatura (presentando oggetti d’uso comune e pronunciandone il nome). Caratteristico è l’insegnamento della storia sacra, basato su appositi tabelloni illustrati (il bambino accoglie volentieri il racconto di storie e tende a chiedere spiegazioni di fronte ad un’illustrazione). L’insegnamento del catechismo s’impartisce a parte. Nell’asilo aportiano si comincia già a leggere e a scrivere, o almeno si fanno esercizi preliminari; in ogni modo il bambino non è forzato ad imparare queste cose, se non è abbastanza maturo. Nei programmi si parla anche di ginnastica, intesa come esercizi fisici atti ad irrobustire il corpo senza recare danno, ma dalla loro descrizione molti di questi esercizi sono inadatti all’età della scuola materna (corsa, salti, esercizi ginnici veri e propri, che si possono a malapena esigere dai bambini delle elementari). Sono elencati anche i giochi con la palla, con il cerchio e con la fune. I froebeliani rimproveravano all’Aporti la mancanza di un sistema filosofico di base, di non avere ben studiato la psicologia del bambino e di eccedere nell’istruzione. Gli aportiani rimproveravano a Froebel l’artificiosità e l’astrazione del suo metodo; tuttavia, il vantaggio del Froebel sull’Aporti è la concezione del gioco e il posto dato alle attività di carattere estetico. Il limite dell’Aporti, infatti, è il tenere in scarsa considerazione le attività spontanee dell’infanzia e l’eccedere nello scolasticismo; l’aver concepito l’asilo in funzione della scuola elementare è il suo merito, ma insieme il suo limite. Don Lorenzo Milani (1923 –1967), è stato un presbitero, scrittore, docente ed educatore cattolico italiano. La sua figura di prete è legata all’esperienza didattica rivolta ai bambini poveri nella Scuola di Barbiana, in Toscana, in cui avviò il primo tentativo di scuola a tempo pieno, espressamente rivolto a coloro che, per mancanza di mezzi, sarebbero stati quasi inevitabilmente destinati a rimanere vittime di una situazione di subordinazione sociale e culturale. In quelle circostanze, iniziò a sperimentare il metodo della scrittura collettiva. Gli ideali della Scuola di Barbiana erano quelli di costituire un’istituzione inclusiva, democratica, con il fine di far arrivare, tramite un insegnamento personalizzato, tutti gli alunni a un livello minimo d’istruzione garantendo l’eguaglianza con la rimozione di quelle differenze che derivano da censo e condizione sociale. 5 4 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 Nella sua opera “Lettera a una professoressa” (maggio 1967), i ragazzi della scuola, insieme a don Milani, denunciano il sistema scolastico, borghese e classista, il metodo didattico che favorisce l’istruzione selettiva delle classi più ricche. Fu don Milani ad adottare per primo il motto inglese “I care” (in dichiarata contrapposizione al “Me ne frego” fascista), che sarà in seguito fatto proprio da numerose organizzazioni religiose e politiche3. Questa frase scritta su un cartello all’ingresso riassumeva le finalità educative di una scuola orientata alla presa di coscienza civile e sociale. Don Milani abolì ogni forma di punizione corporale (canna per bacchettare, sale sulle ginocchia, ecc.) all’epoca ammesse per legge nella scuola pubblica, sostituendole con la perdita della benevolenza o del sorriso del maestro. Sebbene l’attività sportiva rivestisse un’importanza molto limitata nel modello educativo di don Milani, egli imitò l’esempio del pedagogista rinascimentale Vittorino da Feltre che sosteneva la necessità che l’esercizio mentale si alternasse alle pratiche ginniche. La sua concezione pedagogica è detta del professore-amico in contrapposizione al modello prevalente di un docente distaccato e autoritario che trovava legittimazione nel primato dell’autorità della cultura. Nell sua scuola di Barbiana, Don Milani, ha utilizzato il metodo del mutuo insegnamento, inteso come insegnamento reciproco. Si tratta di un metodo didattico elaborato nel Medioevo e poi ripreso da alcuni pedagogisti rinascimentali, come Comenio. Con tale metodo, l’insegnamento del docente non viene impartito simultaneamente a tutti i suoi discenti, ma viene impartito inizialmente al gruppo dei discenti più capaci, individuati come ripetitori delle lezioni, che a loro volta comunicano agli altri allievi – divisi in squadre o classi – quanto hanno appreso. La pedagogista italiana Maria Montessori (1870 – 1952), laureata in Medicina, è stata la prima donna ad esercitare la professione medica in Italia. Il suo lavoro l’ha portata a contatto con i bambini diversamente abili. In seguito, il metodo della Montessori è stato esteso a tutti i bambini: l’esperienza più importante è quella della “Casa dei Bambini”, istituita nel quartiere San Lorenzo a Roma. L’opera in cui viene presentato il metodo Montessori si intitola Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile, la cui prima edizione del 1909 è stata seguita da quattro revisioni, l’ultima delle quali risale al 1950 e riporta il titolo La scoperta del bambino. Le convinzioni pedagogiche della Montessori trovano le proprie radici: nel positivismo, secondo cui occorre utilizzare un approccio scientifico allo studio del bambino; nel funzionalismo, che prevede di assecondare i bisogni del bambino; nelle convinzioni pedagogiche di Rousseau e Fröbel circa l’atteggiamento che il maestro deve assumere durante lo svolgimento delle attività didattiche. ll costrutto di pensiero caring è stato presentato da Matthew Lipman nel 1991, che lo descrive come una realtà composita, all’interno della quale si interfacciano tre dimensioni: una dimensione critica, una dimensione creativa, e una dimensione caring. Il focus del pensiero caring è, quindi, sull’impegno (sostenuto da una forte spinta emotiva e motivazionale), che deriva dall’attribuire importanza e valore alle cose e alle persone (alle quali ci si sente in qualche modo connessi, anche attraverso una disposizione empatica). 5 5 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 La Montessori ha comunque rielaborato queste prospettive, collocandole nel quadro generale dell’attivismo pedagogico, con degli aspetti originali e innovativi: Il bambino deve esprimersi e svilupparsi cognitivamente mediante attività che reputa stimolanti e per le quali avverte interesse o bisogno. A tal proposito, è necessario accompagnare queste attività con materiali appositamente studiati, in un ambiente che funga da stimolo per il bambino e che risulti accogliente. Il discente può scegliere in modo autonomo le attività da svolgere, a partire da un insieme di attività che il maestro propone. Ciascuna di esse è calibrata su una particolare fase di sviluppo, pertanto l’insegnante deve proporre attività che siano in prossimità del livello di abilità del bambino. Le lezioni devono prevedere per il discente un ruolo attivo, cioè devono essere costruite intorno al bambino stesso (puerocentrismo, in contrapposizione all’adultismo), che così verrà costantemente coinvolto senza subirle passivamente. Il bambino deve svolgere le attività in prima persona, sia singolarmente, sia in collaborazione con altri alunni; a tale scopo le classi non devono essere necessariamente composte di alunni della stessa età, perché lo scambio di esperienze tra quelli più grandi ed esperti e quelli più piccoli e meno esperti favorisce l’apprendimento degli uni e degli altri. Come conseguenza della parte attiva svolta dal bambino durante la lezione, il maestro assumerà un ruolo diverso. Il suo compito è, infatti, quello di osservare e studiare il comportamento dei bambini per definire quali saranno i prossimi traguardi da raggiungere. Le convinzioni pedagogiche della Montessori si concretizzano in un metodo, che presto viene definito metodo Montessori. Esso nasce inizialmente per ragazzi in difficoltà, sia da un punto di vista sociale, sia da un punto di vista strettamente cognitivo. In seguito, la Montessori estenderà l’applicazione del metodo a ragazzi che non presentano particolari aspetti problematici. Inoltre, il metodo Montessori, inizialmente pensato per la scuola dell’infanzia, verrà poi esteso anche alle scuole di grado successivo. La scuola dell’infanzia deve preparare i bambini alla scuola elementare, ponendosi in continuità con quest’ultima. Per farlo, è necessario agire su quattro rami di coltura: il disegno, che abitua al riconoscimento di forme e colori, oltre che all’acquisizione di una certa manualità, che sarà utile nell’attività di scrittura; l’aritmetica, che sviluppa abilità relative alla valutazione delle dimensioni, dei rapporti di quantità e della numerosità degli oggetti; la scrittura, che coinvolge sia abilità manuali più complesse e fini, sia l’abilità visiva di seguire i contorni, sia quella uditiva di ascoltare le parole che vengono dettate; la lettura, che aiuta ad arricchire il proprio linguaggio mediante l’accesso a documenti e scritti di altre persone. Le abilità del bambino vanno sviluppate in queste quattro attività, che la Montessori definisce come la quadriga trionfante delle conquiste intellettuali del bambino. Per sviluppare le abilità, la pedagogista delinea un metodo per ciascuna di esse che, attraverso attività di difficoltà graduale, porterà ad apprendere le tecniche della lettura, della scrittura e del calcolo. Il successo di queste attività si basa sugli stimoli che esse provocano nel bambino, sui 5 6 passivi e si limitano ad ascoltare le sue parole. La Montessori afferma che la maestra, più che insegnare, deve svolgere il ruolo di direttrice: in pratica, deve dirigere le attività degli alunni, assicurandosi che le svolgano secondo le regole prestabilite. Chi non lo fa è invitato in silenzio a seguire il compagno che svolge l’attività correttamente. La maestra funge quindi da guida e da sostegno all’attività del bambino che, sebbene apparentemente spontanea, viene eseguita secondo delle regole codificate. La direttrice conosce bene le caratteristiche dei materiali usati e ha ben presente le modalità di svolgimento delle attività e garantisce che le condizioni dell’ambiente siano favorevoli allo svolgimento dell’attività; dall’osservazione ricava informazioni sulla crescita degli alunni e sui risultati da essi raggiunti. Secondo la Montessori, vi sono delle caratteristiche universali e innate, bioantropoevolutive identificate come “tendenze umane”. Nel metodo Montessori queste tendenze umane sono viste come comportamento-guida in ogni fase di sviluppo e l’educazione dovrebbe facilitarne l’espressione. Tra queste: istinto di conservazione; orientamento nell’ambiente; manipolazione dell’ambiente; esattezza; ripetizione; ordine; esplorazione; comunicazione; lavoro; astrazione; auto-perfezionamento. ben noto che un bambino non ha raccolto molte esperienze nel corso della sua breve esistenza, pertanto ogni esperienza nuova può destare in lui una certa curiosità: è facile suscitare in lui interessi e motivazioni. È come se la mente del bambino, essendo relativamente a digiuno, avesse fame di esperienze e fosse naturalmente predisposta a immagazzinarle e custodirle gelosamente. Inoltre, è come se i suoi sensi fossero naturalmente predisposti, più di quelli di un adulto, a recepire informazioni dall’ambiente circostante, proprio perché meno stimolati fino a quel momento. Per tale motivo, la mente del bambino tende più di altre ad assorbire, anche inconsapevolmente, le sensazioni che gli provengono dall’ambiente, imparando così anche in modo non volontario. A tal proposito, la Montessori parla di mente assorbente che, tra le altre cose, è dotata sia di capacità selettiva – nel senso che recepisce e trattiene solo le informazioni che ritiene importanti – sia di capacità organizzativa, ossia è in grado di organizzare il sapere che recepisce dalle esperienze. Tuttavia, queste ultime due capacità (selezione e organizzazione) devono essere favorite e stimolate da una didattica opportuna. La Montessori parla di una realtà che inizialmente è per il bambino come una nebulosa spaziale (la nebula), ossia è confusa e indistinta. Così come dalla nebulosa si formano gradualmente, in modo distinto, astri e pianeti, analogamente, le esperienze e la mente assorbente aiutano a definire e ordinare le conoscenze del bambino. L’acquisizione del linguaggio è l’esempio più evidente di mente assorbente. Entro i tre anni, il bambino è capace di acquisire l’uso della lingua, senza imparare le regole grammaticali e dei 5 8 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 costrutti, ascoltando, ripetendo, assimilando e nuovamente ascoltando: egli si limita ad assorbire per la forza incredibile che ha di fissare le proprie esperienze e di richiamarle successivamente in modo corretto. In questo caso particolare, la nebula iniziale del linguaggio prende forma progressivamente nei costrutti e nelle parole che il bambino apprende. La mente assorbente è, quindi, naturalmente predisposta all’acquisizione del linguaggio. Tentare di acquisire un linguaggio in età adulta è estremamente più difficile, proprio perché le caratteristiche della mente dell’essere umano sono cambiate. Il periodo della mente assorbente viene individuato dalla Montessori da 0 a 3 anni di età. Il periodo successivo, che va dai 3 ai 6 anni, è caratterizzato, più che da uno sviluppo inconscio, da uno sviluppo cosciente. Le caratteristiche della mente assorbente continuano in parte a persistere, ma ad essa si affianca la mente cosciente: si tratta di una fase in cui il bambino inizia a sentire l’esigenza di organizzare e ordinare i contenuti che ha acquisito. Proprio in questo periodo, i materiali e le attività organizzate dalla Montessori aiutano il bambino nel compito di riordino cosciente delle sensazioni che provengono dall’esterno. Allo stesso modo, l’ordine ricreato nell’ambiente della classe, con i materiali disposti negli scaffali, aiuta a favorire l’ordine e l’organizzazione mentale del fanciullo. Rosa e Carolina Agazzi sono state due pedagogiste ed educatrici sperimentali, il cui metodo educativo, assieme al metodo montessoriano, inaugura l'era dell'attivismo italiano, corrente fondata sull'idea che al centro dell'apprendimento ci sia l'esperienza e che il bambino non sia più spettatore ma attore del processo formativo. Il loro Asilo di Mompiano (Brescia) fu il modello per la scuola materna, scuola dell’Infanzia statale istituita nel 1968. Pure rifacendosi al Kindergarten di Fröbel, esaltano la vitalità e la spontaneità dell'infanzia, punto principale del loro pensiero pedagogico e non condividono lo scolasticismo aportiano. Criticano la precocità dell'educazione poiché intendono formare bambini e non scolari. Il bambino deve crescere in un ambiente familiare che stimoli la sua creatività e deve avere un continuo dialogo con l'adulto. L'educatrice deve richiamare il ruolo della madre. L'attività del bambino è il punto centrale del processo educativo. L'ambiente in cui si sviluppa l'attività del bambino deve essere semplice e composto di materiali che fanno parte della sua quotidianità. Si privilegiano le attività individuali libere a quelle collettive sebbene sorvegliate dall'educatore. Il bambino deve essere libero di fare da sé pur rispettando l'ordine delle cose ed essere capace di collaborare con gli altri seguendo il metodo del mutuo insegnamento: il bambino più esperto e consapevole fornisce informazioni ed indicazioni ad un proprio compagno meno preparato. Il metodo intuitivo diviene il percorso principale dell'apprendimento: l'educatrice agisce indirettamente e pur rispettando la spontaneità del bambino organizza e predispone ambienti e situazioni. Il metodo intuitivo identifica l'insegnamento come un metodo per favorire le esperienze, in cui i bambini apprendono direttamente e spontaneamente con il loro fare e osservare. La scuola materna deve essere progettata in modo tale che rispecchi l'ambiente abituale del bambino, e quindi organizzata, sotto molti aspetti, come una piccola casa, dove il bambino può svolgere attività domestiche come a casa propria. Materiale didattico: un giardino: con animali e piante. 5 9 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 Educazione del sentimento: contro l'aggressività. Si sviluppa anche praticando religione, educazione fisica e educazione morale. Loris Malaguzzi crede fermamente che ciò che i bambini apprendono non discende automaticamente da un rapporto lineare di causa-effetto tra processi di insegnamento e risultati, ma è in gran parte opera degli stessi bambini, delle loro attività e dell'impiego delle risorse di cui sono dotati. I bambini svolgono sempre un ruolo attivo nella costruzione e nell'acquisizione del sapere e del capire. L'apprendimento è quindi sicuramente un processo auto-costruttivo. La scuola è paragonata a un cantiere, a un laboratorio permanente in cui i processi di ricerca dei bambini e degli adulti si intrecciano in modo forte, vivendo ed evolvendosi quotidianamente. L'obiettivo principale è quindi quello di fare una scuola amabile dove stiano bene bambini, famiglie ed insegnanti dove lo scopo dell'insegnamento non è produrre apprendimento ma produrre condizioni di apprendimento. Nelle scuole di Malaguzzi è posta una grande attenzione al senso estetico in quanto vi è il convincimento che esista anche un'estetica del conoscere: la tesi è che nell'impresa di apprendere e capire c'è sempre, consciamente o no, una speranza che ciò che riusciremo a realizzare ci piacerà e piacerà agli altri. Malaguzzi ha introdotto l'atelier nella scuola: se avesse potuto avrebbe sostituito la vecchia tipologia scolastica con una scuola fatta di atelier e laboratori, luoghi dove le mani dei bambini, il fare, il pasticciare, potessero conversare con la mente come è nelle leggi biologiche ed evolutive. Il pensiero di Loris Malaguzzi, dunque, privilegiava: l'attenzione primaria al bambino e non alla materia da insegnare, la trasversalità culturale e non il sapere diviso in modo settoriale, il progetto e non la programmazione, il processo e non il solo prodotto finale, l'osservazione e la documentazione dei processi individuali e di gruppo, il confronto e la discussione come alcune delle strategie vincenti della formazione, l'autoformazione degli insegnanti. Il pedagogista americano John Dewey (1859-1952) è il maggiore esponente dell’attivismo di cui ne è considerato il padre. Nell’opera Il mio credo pedagogico (1897) Dewey declina in cinque articoli fondamentali la propria idea pedagogica, legata alle scuole nuove. Art. 1 – L’educazione è un processo che permette all’individuo di giungere gradualmente a contatto con le risorse intellettuali e morali che l’umanità ha conquistato e di divenire il depositario di un capitale, quello delle conoscenze della civiltà. Il processo educativo è costituito da due aspetti fondamentali, uno psicologico e uno sociologico: il primo permette di determinare i bisogni, gli interessi e le potenzialità dei discenti; il secondo è necessario in quanto le condizioni sociali del discente e, più in generale, lo stato complessivo della società in cui vive, influenzano le caratteristiche e le attitudini del fanciullo. Art. 2 – La scuola è una comunità in cui tutti i mezzi sono destinati a rendere il fanciullo capace di partecipare attivamente alla vita sociale e di contribuire al progresso della società. 6 1 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 La scuola non prepara alla vita, ma è un contesto in cui si attuano processi che costituiscono la vita stessa. In tal senso si parla di scuola laboratorio. Art. 3 – I contenuti dell’educazione, delle varie discipline, sono mediati e fusi attraverso le attività sociali del fanciullo. L’educazione deve essere attuata mediante l’esperienza che è il mezzo per educare, ma è anche la finalità verso la quale essa stessa tende. Art. 4 – Il metodo educativo deve tenere conto della natura del fanciullo. Siccome quest’ultima ha il carattere dell’azione e dell’impulso, non si può coartare il fanciullo in un atteggiamento passivo e meramente ricettivo; anche le idee teoriche sono finalizzate allo sviluppo successivo di un’azione. Art. 5 – Il progresso sociale è garantito innanzitutto dalla scuola e dalla sua azione educativa. Qualsiasi legge o qualsiasi riforma che tenda a migliorare le condizioni complessive della società risulta futile e sterile se gli individui non hanno i mezzi per intenderla e accoglierla. L’educazione aiuta a mediare e ad armonizzare le attività individuali con la vita sociale. Nell’opera Scuola e società (1899) Dewey delinea le caratteristiche della scuola attiva nella società democratica, partendo dalla sua esperienza nella scuola-laboratorio annessa all’università di Chicago. La scuola, nel preparare alla vita, deve essere essa stessa vita: solo in questo modo può svolgere al meglio il suo compito. Il contesto scolastico deve riprodurre quello di una piccola comunità nella quale si sperimentano le dinamiche (semplificate e modellizzate) della vera vita sociale. Per questa ragione, la filosofia di Dewey si basa sulla stretta relazione tra scuola e mondo esterno. Per contribuire effettivamente alla crescita sociale, la scuola deve partire dai bisogni, dagli impulsi e dagli interessi degli alunni. Sorge quindi l’interrogativo su quale debba essere l’atteggiamento del docente nei confronti degli impulsi dei fanciulli: essi non vanno repressi, né tanto meno ignorati, lasciandoli sfogare in modo disordinato. La scuola deve recepire questi impulsi e canalizzarli verso attività educative, che saranno svolte in modo interessato e partecipe. Alla base delle attività vi è l’esperienza, realizzata mediante un’azione pratica. L’aspetto conoscitivo puramente teorico e astratto resta svilito se non è corroborato dall’esperienza: anzi, è proprio dall’esperienza che occorre partire, perché quest’ultima riesce ad attribuire significati a tutto ciò che si conosce teoricamente. Inoltre, essa mostra le vere finalità delle conoscenze e fa emergere l’utilità dei concetti che si conoscono. In questo modello di scuola attiva, nella quale il discente è impegnato in prima persona, si rintracciano elementi caratteristici del pragmatismo e dell’empirismo anglosassone. Un aspetto specifico è costituito dal lavoro, un elemento che Dewey ritiene fondamentale nella scuola attiva e riformata. Avvicinare il giovane ad un lavoro non solo permette di trasmettergli conoscenze e abilità di tipo tecnico e competenze di carattere sociale, ma lo fa anche meditare sui risvolti storici e geografici di quell’attività, così come sugli aspetti scientifici. Mediante il lavoro, la scuola favorisce l’apprendimento di esperienze che abbiano un’effettiva utilità sociale. Il saggio Democrazia ed educazione (1916) è considerato uno dei più significativi di Dewey. La democrazia non è solo una forma di governo, ma un modo di intendere la vita individuale e sociale, la cui caratteristica essenziale consiste nel permettere a ciascun individuo di esprimersi al meglio e di realizzarsi secondo quelle che sono le sue attitudini. La democrazia è in grado di instaurare un 6 2 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 una determinata conclusione. In questi casi, tipicamente, stiamo affrontando un compito. Tuttavia, in altri casi, siamo in dubbio su quale possa essere l’azione migliore da svolgere. In queste occasioni, più che di fronte ad un compito da svolgere, ci troviamo di fronte ad un problema da risolvere. Pensiamo ad una possibile azione risolutiva, che viene detta suggestione, ma, contemporaneamente, avvertiamo anche una seconda o una terza possibilità, ossia altre suggestioni. A questo punto si rende necessario uno studio più approfondito del problema che affrontiamo. La seconda fase è l’intellettualizzazione, nella quale il problema inizia ad essere inquadrato nelle sue variabili fondamentali, ossia si comprende realmente quali siano le difficoltà che esso presenta. Si passa, così, dalla suggestione all’intellettualizzazione del problema, che viene rappresentato in modo preciso e definito, secondo le variabili che possono risolverlo. La terza fase è quella dell’idea guida o dell’ipotesi. Alla luce della fase di intellettualizzazione, che ha definito al meglio le caratteristiche del problema, una delle possibili suggestioni iniziali comincia ad essere considerata come eventuale soluzione: quella suggestione diventa idea guida o ipotesi risolutiva. La quarta fase è il ragionamento in senso stretto, in cui viene elaborata e codificata una risoluzione, in modo più analitico, partendo dall’idea guida. Per formulare questa soluzione si richiamano le conoscenze e le esperienze già elaborate in precedenza. L’ultima fase è il controllo delle ipotesi che avviene mediante l’azione diretta volta a verificare la validità della risoluzione elaborata nella fase precedente. La riflessione filosofica di Dewey ha toccato anche l’ambito intelligenza creativa. Nel volume Creative Intelligence. Essays in the Pragmatic Attitude (1917), Dewey parla di intelligenza pragmatica (o pensiero progettante) per descrivere il processo mentale che rende l’azione efficace in base alle necessità che di volta in volta si presentano; si tratta di un’attività creativa, non ripetitiva. Non accetta l’esistente in modo passivo ripetendo azioni già sperimentate, ma lo affronta mediante atti deliberati, seguendo intenzioni nuove. Il pensiero progettante collabora strettamente con quello meditativo; coinvolge, indirettamente, la sfera della responsabilità, dell’etica e della normatività e, direttamente, quella dell’efficacia operativa. Questo tipo di pensiero è l’opposto del pensiero responsivo che si conforma alla realtà esistente senza tentare di modificarla. Il saggio Esperienza ed educazione (1938) è una risposta di Dewey a diverse critiche che vengono rivolte alle scuole nuove e alla centralità dell’esperienza. Nell’argomentare le proprie idee in risposta alle critiche a lui mosse, il pedagogista riorganizza e approfondisce il concetto di esperienza. Nella parte iniziale del saggio, egli individua due tipologie di scuole: le scuole tradizionali, che hanno programmi statici e immutabili, lontani dall’esperienza e caratterizzati da un’impostazione teorica e formale, appresa soprattutto dai libri. Si tratta di un approccio standardizzato che può essere spesso distante dalle esigenze di ogni singolo alunno. I contenuti e i comportamenti sono imposti dall’alto, le dinamiche educative prevedono una forte autorità del docente e una passività ricettiva del discente; le scuole nuove, dette anche scuole attive, in cui si applica un’educazione progressiva, che segue, cioè, in modo specifico lo sviluppo cognitivo di ciascuno studente. Sono scuole calibrate sulle esigenze dei singoli allievi. Il punto di partenza è l’esperienza, lo studio di una 6 5 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 situazione reale, che deve essere effettuato attraverso il metodo scientifico; solo in seguito si giunge, compiendo un ulteriore percorso di scoperta, ad una formulazione teorica. In queste scuole il discente è attivo e gode di una certa libertà nel percorrere il suo iter formativo. In una società democratica, dove il cambiamento è la regola e dove ciascun individuo ha specifiche caratteristiche, l’approccio delle scuole tradizionali risulta fallimentare. Tuttavia, alcune critiche possono essere rivolte anche alle scuole nuove, nella misura in cui non realizzano o propongono esperienze valide e significative. Dewey accetta l’assunto secondo il quale non tutte le esperienze si possono ritenere educative. Alcune favoriscono la conoscenza del discente e gli aprono le porte a ulteriori esperienze; altre, invece, lo inibiscono e limitano la sua capacità di compiere nuove esperienze. Questo perché possono risultare meccaniche e generare noia e stanchezza. Il punto cruciale non è accumulare esperienze, ma proporne di realmente significative, in modo tale che aprano la strada a nuove esperienze e quindi a nuove conoscenze, motivando e centrando i bisogni degli alunni. Le esperienze positive si conformano ai seguenti principi: principio di continuità. Le esperienze devono essere fatte in continuità l’una rispetto all’altra, vale a dire che un’esperienza deve attingere da quelle precedenti e fungere da giusto presupposto per esperienze di ordine superiore che avverranno in seguito. In tal modo le esperienze precedenti trovano giustificazione nell’essere propedeutiche all’esperienza attuale e questa, a sua volta, è legittimata e motivata dalle esperienze che seguiranno; principio di crescita (o di crescenza). L’esperienza educativa ha un suo valore se permette di accrescere le abilità e le conoscenze del discente e lo rende capace di interagire in modo ancora più efficace con il mondo circostante, creando le premesse per un’ulteriore crescita; principio di interazione. Tutte le esperienze sono il frutto di due ordini di fattori. I fattori esterni (oggettivi) sono quelli legati all’ambiente, dove avviene l’esperienza; i fattori interni (soggettivi) sono invece specifici del discente e sono più difficili da prendere in considerazione da parte del docente. A questo punto emerge il ruolo dell’educatore della scuola attiva: è suo compito progettare esperienze che riprendano i suddetti principi. Deve innanzitutto conoscere i propri allievi, in modo da tenere conto dei fattori interni, per poi mettere a fuoco i loro bisogni e i loro interessi. Inoltre, deve tenere conto degli aspetti oggettivi dell’esperienza: vi sono, cioè, esperienze e contenuti che sono oggettivamente importanti per l’acquisizione di contenuti successivi. Occorre conciliare la motivazione degli allievi con la necessità di svolgere queste esperienze oggettivamente significative. Per tale motivo anche il profilo culturale del docente deve essere di ampio respiro, in modo che egli possa tenere conto di quante più variabili possibili nel progettare le sue esperienze. Roger Cousinet (1882-1973) fu docente di psicologia pedagogica alla Sorbona e direttore di numerose riviste nonché fondatore di associazioni incentrate sull’educazione nuova. Convinto sostenitore dell’attivismo pedagogico, nell’opera Un metodo di lavoro libero per gruppi (1925), Cousinet espone la sua idea di un metodo incentrato sull’autonomia del discente, ovvero sul suo libero sviluppo. Il lavoro scolastico dovrebbe essere compiuto in un ambiente stimolante per la 6 6 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 in senso largo: si riferisce al metodo, prediletto da Kilpatrick, con il quale lo studente apprende autonomamente, grazie alle proprie esperienze e scoperte che gli permettono un accesso graduale alla conoscenza. Con questo tipo di metodo, vengono quindi presi in considerazione tutti gli apprendimenti contenuti contemporaneamente in un singolo apprendimento; ad esempio un bambino piccolo che impara a socializzare con i compagni, allo stesso tempo impara anche a vincere la timidezza, a superare i propri limiti, la fiducia e il rispetto nei confronti degli altri. Il Metodo dei Progetti pensato da Kilpatrick concepisce l'allievo come il protagonista dell'educazione che apprende attraverso il fare. Egli distingue quattro tipi di progetto: Il progetto del produttore: riferito ai progetti con i quali si costruisce ciò di cui andrà a godere il consumatore; Il progetto del consumatore: il consumatore fruisce, apprezza e gode delle creazioni del produttore; Il progetto dei problemi: secondo l'autore, un problema è considerato tale soltanto nel momento in cui ci si pone l'obiettivo di risolverlo. Questo progetto ha come scopo dunque quello di far luce sulle difficoltà intellettuali inerenti ai suddetti problemi; Il progetto di apprendimento specifico: si riferisce alle abilità e alle conoscenze alle quali pervengono gli studenti dopo averne avvertito il bisogno. Il pedagogista infatti, ritiene che l'attività intenzionale provochi un apprendimento più efficace, soprattutto se si sostituisce l'esperienza vitale alla mera lettura di un libro di testo. In definitiva, l'idea di Kilpatrick era quella di promuovere uno studio fatto di progetti che mirano al coinvolgimento diretto degli alunni affinché apprendessero in maniera partecipe e creativa, lavorando anche in gruppo, così da promuovere un'educazione anche di tipo democratico. Il comportamentismo Il comportamentismo è una teoria dell’apprendimento che si è sviluppata nell’ambito della psicologia principalmente in America e si occupa dello studio di comportamenti osservabili. Il modello comportamentista parte dall’idea che l’individuo è un organismo docile e plasmabile e che l’apprendimento avviene mediante degli stimoli S che pervengono al soggetto dall’ambiente esterno. Raggiunto dagli stimoli, questi fornisce delle risposte R, ossia determinati comportamenti. Ciò che avviene nella mente e che determina la risposta R a un dato stimolo S non è oggetto di studio: a tal proposito si parla di una scatola nera (black box) che non desta l’attenzione degli studiosi comportamentisti. In generale, lo stimolo è prodotto dall’ambiente che circonda il soggetto; per tale motivo la visione dei comportamentisti è quella di un ambiente che determina le risposte di un soggetto che si pone in atteggiamento relativamente passivo. Il punto centrale dell’osservazione dei comportamentisti è cercare di associare in un individuo una risposta ad un determinato stimolo, in maniera stabile: se questa è stabile, si può affermare che il soggetto ha imparato a rispondere in un certo modo allo stimolo, pertanto si è verificato un apprendimento. L’intervento psicoeducativo di stampo comportamentale si basa sul metodo del rinforzo. In psicologia comportamentista, il rinforzo è una conseguenza che, se applicata al comportamento di 6 9 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24 un organismo, rafforzerà il suo comportamento futuro ogni volta che esso è preceduto da uno specifico stimolo antecedente. Lo psicologo russo Ivan Petrovicˇ Pavlov (1849-1936) è famoso per i suoi studi sullo stimolo e sul riflesso condizionato. Analizzando il comportamento di alcuni cani, egli nota che, alla presenza del cibo, le bestie iniziano a produrre un quantitativo maggiore di saliva, che si mostra sotto forma di una bava evidente. Il cibo rappresenta lo stimolo incondizionato, mentre la bava è la risposta incondizionata del soggetto (il cane) allo stimolo precedente. Questa connessione tra stimolo e risposta è connaturata alle caratteristiche della specie animale, come se fosse frutto dell’evoluzione della stessa. Per Pavlov, non si può affermare che questo comportamento sia realmente appreso dal singolo soggetto animale. Si consideri ora la seguente situazione: la somministrazione del cibo al cane viene fatta da un ricercatore che indossa un camice bianco. All’inizio, quando il ricercatore, tra una somministrazione e la successiva, si avvicina con il camice bianco al cane, in quest’ultimo non si intravede nessuna risposta. Almeno in questa fase iniziale, il camice bianco rappresenta uno stimolo neutro, che non induce, cioè, alcuna risposta. Dopo che la somministrazione del cibo è avvenuta più volte, contestualmente alla presenza del camice bianco, Pavlov nota che anche la sola presenza del camice (senza cibo) induce nel cane la produzione di bava. Il camice ora produce una risposta ed è diventato uno stimolo condizionato, poiché si è condizionata la presenza di questo camice alla presenza del cibo (stimolo incondizionato). Come conseguenza della presenza congiunta dei due stimoli, quello condizionato finisce per destare nel soggetto la stessa risposta dello stimolo incondizionato: questa volta si tratta di una risposta condizionata. Un esperimento analogo viene fatto adoperando un campanello elettrico: al suono dello stesso viene sistematicamente somministrato del cibo al cane. Anche in questo caso, il suono del campanello, da stimolo neutro, finisce col diventare uno stimolo condizionato. Lo stimolo condizionato e la conseguente risposta sono importanti, in quanto rappresentano il vero apprendimento. Il cane ha imparato che quando vede un camice oppure avverte il suono del campanello, probabilmente gli verrà somministrato del cibo. Il fenomeno studiato da Pavlov è conosciuto, più in generale, come riflesso condizionato, ed è stato presentato alla comunità scientifica in un congresso di Medicina tenutosi a Madrid nel 1903; l’anno successivo lo psicologo russo ha conseguito il premio Nobel per i suoi studi in campo medico. Più tardi, nel 1927, viene pubblicato in inglese un trattato completo delle teorie da lui elaborate, intitolato Conditioned Reflexes: An Investigation of the Physiological Activity of the Cerebral Cortex. Nell’ambito degli studi sul riflesso condizionato, si mettono in evidenza anche dei fenomeni specifici: l’estinzione, ossia la graduale scomparsa della risposta condizionata, se progressivamente lo stimolo condizionato non accompagna più quello incondizionato; il recupero spontaneo, ossia il progressivo riapparire (in modo più rapido e stabile) della risposta condizionata se progressivamente lo stimolo condizionato comincia a riaccompagnare quello incondizionato; la generalizzazione, ossia la tendenza a produrre la risposta condizionata anche quando lo stimolo che accompagna lo stimolo incondizionato è molto prossimo a quello condizionato. 7 0 CONCORSO STRAORDINARIO TER - 2023 SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA.23/24