Scarica Cure palliative in Infermieristica e più Sbobinature in PDF di Infermieristica solo su Docsity! Il termine palliativo deriva dal latino pallium che significa “mantello”. Questa etimologia indica l’essenza stessa delle cure palliative → controllare i sintomi delle malattie inguaribili e offrire un mantello di protezione a coloro che non possono più essere guariti. L’OMS definisce le cure palliative come “la cura attiva globale di malati la cui patologia non risponde più a trattamenti volti alla guarigione o al controllo dell’evoluzione delle malattie (medicina curativa). Il controllo del dolore, di altri sintomi e degli aspetti psicologici, sociali e spirituali è di fondamentale importanza. Lo scopo delle cure palliative è il raggiungimento della miglior qualità di vita possibile per i malati e le loro famiglie” (2002) “ Le cure palliative sono un approccio che migliora la qualità della vita dei pazienti e delle famiglie che si confrontano con i problemi associati a malattie mortali, attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza per mezzo dell’identificazione precoce, dell’impeccabile valutazione e del trattamento del dolore e di altri problemi fisici, psicosociali e spirituali”. Approccio di cura allo scopo di alleviare la sofferenza e migliorare la qualità del vivere e del morire. Approccio di cura che si sforza di aiutare i pazienti e le famiglie: Individuare e farsi carico dei problemi fisici, psicologici, sociali, spirituali e pratici, le loro aspettative associate, i bisogni, le speranze e le paure. Preparare e gestire il termine della vita in modo autodeterminato e il processo della morte. Fronteggiare la perdita e il dolore durante la malattia e il lutto Le cure palliative sono composte dalle seguenti aree fondamentali: • non intendono né affrettare né posporre la morte • integrano aspetti psicologici e spirituali nell’assistenza al malato • danno sollievo al dolore e agli altri sintomi che provocano sofferenza • offrono un sistema di supporto per aiutare il malato a vivere quanto più attivamente possibile fino alla morte • sostengono la vita e guardano al morire come a un processo naturale • offrono un sistema di supporto per aiutare la famiglia a far fronte alla malattia del congiunto e al lutto • utilizzano un approccio di équipe per rispondere ai bisogni del malato a della famiglia, incluso, se indicato, il counselling per il lutto • migliorano la qualità della vita e possono anche influenzare positivamente il decorso della malattia • sono applicabili precocemente nel corso della malattia insieme con altre terapie che hanno lo scopo di prolungare la vita, come la chemioterapia e la radioterapia, e comprendono le indagini necessarie per una miglior comprensione e un miglior trattamento delle complicazioni cliniche che causano sofferenza. INTRODUZIONE COSA FANNO LE CURE PALLIAT IVE? Perché è importante identificare i malati che si avvicinano alla fine della vite? → la precoce identificazione delle persone vicine alla fine della vita conduce ad una precoce pianificazione delle cure e ad un loro migliore coordinamento. • prevedere i bisogni dei malati • l’obiettivo è quello di anticipare i bisogni prevedibili dei pazienti in modo da garantire le cure più appropriate al momento giusto COME FACCIO A IDENTIFICARLI? 1. La domanda sorprendente → “quali fra i pazienti che sto curando sono tanto malati che non sarei sorpreso se morissero entro un anno?” 2. Indicatori generali di declino-deterioramento: aumentati bisogni o decisioni per nessuna ulteriore cura attiva → riduzione delle attività, presenza di co-patologie, deterioramento fisico generale, malattia avanzata con sintomi difficili da trattare, diminuita risposta ai trattamenti, scelta di non intraprendere altre terapie specifiche in futuro, eventi sentinella, ripetuti e non previsti acuti con ricoveri 3. Specifici indicatori clinici legati alle specifiche malattie I malati si avvicinano al fine della vita quando è probabile che essi muoiano entro i prossimi 12 mesi → in questa definizione sono inclusi: • pazienti in cui la morte è imminente • pazienti con → malattie inguaribili, progressive o in fase avanzata, una condizione clinica fragile ossia con molte patologie concomitanti, condizioni cliniche per le quali questi pazienti sono a rischio di morte per una crisi acuta ed improvvisa legata alla loro situazione, condizioni acute a rischio per la vita causate da eventi improvvisi e catastrofici FINE DELL A VITA • Evitare il senso di abbandono nella fase avanzata e terminale. L'integrazione tra le terapie mediche e le Cure Palliative nel continuum della cura è essenziale È opportuno individuare e farsi carico dei problemi e delle aspettative dei malati, preparare ed accompagnare i malati al fine della vita, accompagnare nelle fasi di distacco del fine vita. Quali sono i domini per sviluppare le cure palliative? 1. Ricevere adeguata gestione del dolore e dei sintomi 2. Evitare il prolungamento inadeguato del morire 3. Raggiungere un senso di controllo 4. Alleviare il peso 5. Rafforzare i rapporti con i propri cari Le cure di fine vita sono parte integrante delle cure palliative e si riferiscono alle cure dell'ultima fase della vita, caratterizzata da segni e sintomi specifici, il cui pronto riconoscimento permette di impostare quei cambiamenti che sono necessari per riuscire a garantire ai malati una buona qualità del morire e ai familiari che li assistono una buona qualità di vita, prima e dopo il decesso del loro caro. Le cure di fine vita non sono una semplice continuazione di quanto è stato fatto fino a quel momento, ma si caratterizzano per una rimodulazione dei trattamenti e degli interventi assistenziali in atto in rapporto ai nuovi obiettivi di cura. La valutazione dei risultati è fondamentale per valutare la qualità dell’assistenza, aumentare le conoscenze sulle esperienze dei pazienti, stabilire l’efficacia degli interventi diretti verso un miglioramento dei sintomi e della qualità di vita. Non c’è un gold standard, la scelta dello strumento che dipende dal sinfolo caso clinico e da ciò che si ritiene prioritario valutare (es. ADL) Determinare in modo accurato la prognosi permette di migliorare le strategie terapeutiche e assistenziali minimizzando i rischi di un sottostimato o sovrastimato trattamento terapeutico. - Karnofsky Performance Status: grado di autonomia - Pap Score: suddivide i pazienti in tre classi di rischio (quantificazione della sopravvivenza attesa) - Domanda sorprendente: classificazione dei pazienti con prognosi infausta (esperienza) VALUTARE LE QUALITà DI VITA percezione soggettiva che in un individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un insieme di valori nei quali egli vive, anche in relazione ai propri obiettivi, aspettative e preoccupazioni PROGNOSI La morte e la malattia sono esperienze molto impegnative per la famiglia sia dal punto di vista emotivo sia dal punto di vista fisico in particolar modo nella nostra attuale società che tende a negare la morte e la malattia. Queste situazioni sono eventi naturali e prevedibili in età senile, mentre rappresentano un evento inatteso nelle altre fasi della vita. La famiglia è il primo sistema di supporto del malato ed è il protagonista della cura e dell’assistenza. Ha la funzione di ammortizzatore della sofferenza, contenitore delle paure e delle ansie della nuova condizione che si è costretti ad affrontare la malattia e la morte modificano l’equilibrio famigliare e sono esperienze impegnative dal punto di vista fisico ed emotivo per la famiglia nel processo di cura l’assistenza alla famiglia costituisce un tassello importantissimo. La famiglia di fronte alla malattia può strutturarsi secondo tre modelli: La malattia può mettere in evidenza problematiche già preesistenti con diverse reazioni difensive da parte della famiglia. Alla comunicazione della diagnosi possono esserci reazioni di ansia, paura e disperazione e il professionista deve essere disponibile ad ascoltare i vissuti del paziente favorendo l’adattamento della situazione e attivare risorse. Il professionista deve anche rispettare i tempi della famiglia, essa va coinvolta in tutto il percorso. È importante dare informazioni sugli effetti del trattamento, sia quelli benefici, sia quelli collaterali negli ultimi giorni di vita invece, la sofferenza psichica del paziente si associa spesso a disturbi depressivi nei famigliari, va ricercata la privacy e la vicinanza con il congiunto. La corretta identificazione dei malati suscettibili di cure palliative facilita l’attivazione di un supporto proattivo ai loro bisogni e conduce un miglior coordinamento delle cure rispettose delle preferenze dei malati → tutto ciò è il linea con l’attenzione sempre maggiore alla necessaria condivisione delle scelte terapeutiche con il paziente e la discussione rispetto alla pianificazione delle cure. Non si tratta di fare previsioni precise sui tempi di sopravvivenza, quanto piuttosto di valutare in anticipo i bisogni, per dare risposte più puntuali ed appropriate. L A MAL AT T IA E L A FAMIGLIA Al giorno d’oggi la morte improvvisa è meno frequente rispetto al passato e si ha una maggior aspettativa di vita. PATOLOGIA TUMORALE Nuove tecnologie e trattamenti → aumento del decorso clinico con conseguente rapido declino clinico-funzionale Conseguenze: - Ridotte abilità di self-care - Limitazione attività di vita quotidiane -Mancanza di appetito con progressiva perdita di peso LUNGHI DECORSI INTERVALLATI DA PEGGIORAMENTI • Pazienti con patologie croniche con frequenti riacutizzazioni (es BPCO) • Potenzialmente ogni riacutizzazione può portare a morte • Ogni riacutizzazione comporta un graduale peggioramento dello stato funzionale • Stabilire la prognosi non è facile, morte inaspettata PROGRESSIVO DETERIORAMENTO • Legata a problematiche quali demenze o stato di indebolimento di più organi e più apparati • Associata a progressiva disabilità e limitazioni di carattere cognitivo-funzionale • Morte sopraggiunge a seguito di un evento acuto (frattura, polmonite) IMPLICAZIONI DELLE TRAIETTORIE DI MALATTIA SULLE CURE PALLIATIVE: • Storicamente le cure palliative erano offerte solo ai pazienti oncologici per la loro prevedibilità del decorso clinico • In passato cure palliative solo nelle ultime settimane di vita, ma invece questi pazienti sono sottoposti a terapie con molteplici effetti collaterali → necessità di un approccio simultaneo fin da subito • Bilanciare evidenze scientifiche con aspettative di pazienti/famiglia • Difficoltà per i pazienti affetti da altre patologie a capire quel è il momento giusto per iniziare un approccio palliativo • I sintomi e la loro intensità sono gli stessi, a volte anche più forte dei pazienti oncologici TRAIET TORIE EVOLUT IVE DELLA MALAT T IA Dimensioni strutturali e di un processo di cure palliative → la rete di cure palliative è una struttura organizzata che coordina la rete locale di palliative, tutte le cure devono essere fruibili a tutte le patologie e a tutte le età: • Struttura organizzativa che coordina la rete locale • Cure fruibili per tutte le patologie e setting di cura • Equipe multi professionali con personale dedicato • Unitarietà del percorso delle cure palliative e domiciliare • Continuità delle cure • Formazione continua dei professionisti • Supporto psicologico all’equipe • Misurazione della qualità di vita • Utilizzo di specifici protocolli • Supporto sociale e spirituale • Formazione e discussione dei problemi • Valutazione della qualità delle cure erogate CURE PALLIATIVE DOMICILIARI Il servizio sanitario nazionale garantisce le cure palliative domiciliari, nell’ambito della rete di cure palliative a favore di persone affette da patologie ad andamento cronico ed evolutivo per le quali non esistono terapie, o se esistono, sono inadeguate o inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita. Le cure sono erogate dalle unità di cure palliative sulla base di protocolli formalizzati nell’ambito della rete e sono costituite da prestazioni professionali, accertamenti diagnostici, fornitura dei farmaci e dispositivi medici, aiuto infermieristico, assistenza tutelare e spirituale. Per accedere alle cure palliative domiciliare è richiesta una valutazione multidimensionale le cure domiciliari palliative sono integrate da interventi sociali in relazione agli esiti della valutazione multidimensionale le cure palliative domiciliari sono costituite da due livelli: Pertanto le cure palliative di base garantiscono un approccio palliativo attraverso l’ottimale controllo dei sintomi e un’adeguata comunicazione con il malato e la famiglia sono rivolte a pazienti con aspettative di vita superiore a tre mesi. I bisogni assistenziali non sono particolarmente intensivi e per i quali non è prevista la conclusione delle cure attive necessitano di trattamenti di base del dolore e dei sintomi base dell’ansia. Mentre per quanto riguarda le cure domiciliari specialistiche sono rivolte a malati con aspettativa di vita di solito inferiore a tre mesi tale paziente possiede bisogni complessi per i quali gli interventi di base non sono adeguati richiedono un elevato livello di competenza e modalità di lavoro interdisciplinare. L A RETE DI CURE E L’INFERMIERE CURE PALLIATIVE IN OSPEDALE Approccio palliativo garantito per tutti i malati durante l’intero percorso di cura, in funzione dei bisogni e l’integrazione con le fasi terapeutiche delle malattie croniche evolutive è fondamentale valutare i bisogni perché è proprio in funzione dei bisogni che si individuano i pazienti che hanno le caratteristiche per poter usufruire alle cure palliative quindi è importante che quest’ultime siano identificate anche all’interno dell’ospedale. Le caratteristiche delle cure palliative che si erogano in ospedale sono: La rete locale di cure palliative garantisce la continuità delle cure attraverso l’integrazione dei professionisti e dei diversi setting assistenziali → evitare la frammentazione delle referenze nei luoghi previlegiati di cura Favorire omogeneità nei processi di cura, continuità assistenziale, equità nell’accesso ai setting assistenziali della rete locale di cure palliative. Dimissione protetta → trasferimento ospedale-territorio → per l’attivazione delle cure domiciliari devono essere soddisfatti i seguenti requisiti: ambiente familiare idoneo a sostenere il carico assistenziale ambiente abitativo idoneo per spazi adeguati, servizi igienici e riscaldamento livello di complessità ed intensità di cura compatibili con il domicilio consenso del malato o della famiglia alle cure domiciliari HOSPICE “Hospice” è una parola inglese, derivante dal termine latino “hospitium”, che da noi viene tradotta con: “luogo di accoglienza e ricovero per malati verso il termine della vita, in particolare, ma non esclusivamente, malati di cancro”. Hospice designa, quindi, una struttura socio-sanitaria residenziale per malati terminali, luogo d’accoglienza e ricovero temporaneo dove il paziente, per il quale non è più possibile svolgere una adeguata assistenza a domicilio, viene accompagnato nelle ultime fasi della sua vita con un appropriato sostegno medico, psicologico e spirituale, affinché le viva con dignità nel modo meno traumatico e doloroso possibile, con la presenza e il sostegno psicologico e sociale anche delle persone che sono particolarmente legate al paziente → ambiente simile a quella di casa → all’interno dell’hospice operano in team multidisciplinare per i pazienti che necessitano di un aiuto terapeutico, di sostegno alla famiglia e al malato → l’assistenza infermieristica all’interno dell’hospice è garantita h 24 → nell’hospice è possibile portare un animale domestico. L’accesso all’hospice si inserisce per modalità e tempi, nel processo in essere per le transizioni protette già attive nel territorio aziendale → esso è parte di un percorso di cure che avviene con il consenso del malato o qualora l’interessato si trovi in condizioni cognitive compromesse, con il consenso dei famigliari → nella nostra regione l’accesso avviene con i seguenti criteri: aspettativa di vita non superiore a tre mesi completamento di tutte le indagini diagnostiche relative alla patologia esclusione delle terapie volte alla guarigione indice di Karnofsky inferiore a 50 È importante sottolineare che l’accoglienza in hospice non sostituisce le cure domiciliari né supplisce ai ricoveri ospedalieri. Le cure palliative possono venir erogate anche nelle strutture residenziali per anziani o per disabili → sono garantite dall’equipe di cura attraverso interventi di base e specialistici. Tale legge prevede: • consenso informato • disposizioni anticipate di trattamento • pianificazione condivisa delle cure La pianificazione condivisa delle cure riguarda un processo che si origina e si evolve nelle relazione tra medico e paziente, può essere espressa solo da una persona affetta da una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta → pertanto è da considerare un esito di un processo di comunicazione fra l’equipe sanitaria e con il paziente. COSA SONO LE DAT (DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO)? In previsione di un’eventuale futura capacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte → la legge prevede la possibilità per ogni persona di esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari nonché il consenso o il rifiuto su: accertamenti diagnostici scelte terapeutiche singoli trattamenti sanitari Le persone che possono effettuare le DAT possono essere persone maggiorenni e devono essere capaci di intendere e di volere. Le disposizioni anticipate di trattamento possono essere fatte: DISPOSIZIONI ANT ICIPATE DI TRAT TAMENTO INFERMIERE DI CURE PALLIAT IVE
LE CINQUE COMPETENZE PIÙ IMPORTANTI PER L'INFERMIERE IN CURE PALLIATIVE
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Capacità di esercitare la professione in accordo con i principi etici, deontologici, giuridici riconoscendo e
affrontando, in équipe, le questioni etico\morali e le situazioni cliniche difficili e controverse.
PLI
Capacità di personalizzare l'assistenza per migliorare la qualità di vita della persona assistita e della sua
famiglia, alleviando la sofferenza fisica, psicosociale e spirituale, in équipe e in tutti i servizi della Rete.
Capacità di prendersi cura di ogni persona (persona assistita, famiglia, di sé e dei componenti
dell'équipe), con sensibilità ed attenzione in modo globale, tollerante e non giudicante.
qa
Capacità di prendersi cura della persona assistita e della sua famiglia, garantendo il rispetto dei loro
diritti, delle loro credenze, del loro sistema di valori e dei loro desideri.
Capacità di comunicare in modo efficace con la persona assistita e con la sua famiglia, anche nei casi in
cui sì presentino alterazioni della comunicazione verbale e/o non verbale.
Le persone con una prognosi infausta, nella maggior parte dei casi presentano molteplici complicanze, che possono essere collegate alla malattia ma anche problemi legati alla sfera, psicologica e affettiva. Fra gli obiettivi principali nelle cure palliative vi è il controllo dei sintomi che rappresentano sempre la priorità assistenziale. I sintomi rappresentano la vera complessità nelle cure di fine vita, il loro controllo viene effettuato tramite una corretta pianificazione assistenziale che sia multidisciplinare. I sintomi principali che si riscontrano in un paziente sottoposto a cure palliative sono: DISPNEA la dispnea è un’esperienza personale di disagio durante la respirazione, definita come «fame d’aria» → deriva dall’interazione tra molteplici fattori fisiologici, psicologici, sociali e ambientali e può o meno essere associata a ipossiemia, tachipnea e ortopnea. La dispnea crea nel paziente forme di angoscia, panico, ansia e paura di morire, responsabili dell’ulteriore aumento della dispnea. Anche i famigliari vengono coinvolti emotivamente la dispnea è un fattore prognostico negativo ed è presente nel 15- 55% dei pazienti alla presa in carico e nel 18-79% nell’ultima settimana di vita. Accertamento della dispnea → è importante chiedere al paziente “quanta difficoltà ha avuto nel respirare nelle ultime 24 ore, posso aiutarmi con delle scale come la NRS o la VAS, devo considerare inoltre i fattori scatenanti e allevianti, i dati oggettivi e gli eventuali esami (solo se il beneficio è maggiore). GESTIONE DELLA DISPNEA PER RIDURLA/RISOLVERLA: 1. Analisi delle cause • Tumorali (polmonare primitivo o metastatico, complicanze) • Correlata alle terapie antitumorali (chemioterapia, radioterapia, chirurgia) • Scompenso cardiaco • BPCO • Malattie neurodegenerative (SLA) • AIDS 2. Discussione con il paziente e la famiglia gli approcci terapeutici (farmaci, radioterapia, terapia endobronchiale, misure non farmacologiche) PROBLEMI DEL PAZIENTE SINTOMI DI FINE VITA RANTOLO E’ un respiro rumoroso, solitamente dovuto alle secrezioni che ristagnano in trachea e faringe e che vengono mobilizzate ad ogni atto respiratorio → i presenta in oltre il 90% dei pazienti nella fase finale, quando sono spesso incoscienti. Rantolo “vero” (Real DR) → causato da secrezioni tracheo-bronchiali alte Pseudo-rantolo (Pseudo-DR) → causato da secrezioni bronchiali e delle basse vie aeree (espansione massa, infezioni, aspirazione etc..) Rantolo terminale “refrattario” → non correla con eccessiva secrezione bronchiale e/o salivare, ma aumenta in rapporto a un respiro patologico (da infezione, da ritenzione fluidi, da aspirazione..) COME GESTIAMO IL RANTOLO? • Evitare l’aspirazione (inefficacie e aggressiva, può aumentare le secrezioni) • Se il paziente è in coma, spiegare ai familiari che non sta soffrendo, ed invitarli a fare delle pause per ridurre la tensione emotiva • Controllare il sintomo riducendo idratazione (discutere se stoppare la terapia infusiva), con alte dosi di anticolinergici (scopolamina/ioscina, Buscopan®) s/c ed eventuale sedazione terminale GESTIONE DEI VARI TIPI DI RANTOLO: Rantolo “vero” → risponde bene alle terapie con anticolinergici Pseudo-rantolo → refrattario al trattamento Rantolo terminale “refrattario” → steroidi, antibiotici, diuretici, oppiacei DEPRESSIONE La depressione è un disturbo dell’umore primario che comprende uno stato d’animo depresso e/o incapacità di provare piacere in atti normalmente piacevoli (anedonia). Le manifestazioni tipiche sono: - Tono dell’umore basso, pianto, irritabilità, stress - Perdita di interesse o di piacere nelle attività quotidiane - Sintomi fisici intrattabili o sproporzionati rispetto al grado della malattia - Senso di colpa e rifiuto delle cure COME GESTIRE LA DEPRESSIONE? • Impostazione di una buona assistenza, comunicazione e ascolto attento dei bisogni del paziente • Terapia psicologica • Terapia farmacologica (antidepressivi, prima di procedere però con una terapia con farmaci antidepressivi è importante considerare la prognosi) NAUSEA E VOMITO La nausea è una sensazione soggettiva sgradevole, Il vomito è un riflesso neuromuscolare e può essere o meno preceduto da nausea. Entrambi i sintomi, da soli o associati, possono essere molto invalidanti e fonte di stress per il paziente e la famiglia. GESTIONE DI NAUSEA E VOMITO: • Individuare le cause (post-radioterapia/chemioterapia, dolore, occlusione/sub- occlusione intestinale, stress, assunzione di farmaci, …) • Trattare le cause reversibili • Interventi comportamentali e farmacologici → farmaci sintomatici come metoclopramide, ondansetrone e aloperidolo, da somministrare con regolarità, non al bisogno e avendo cura nel rispettarne l’orario di somministrazione → conoscere e GESTIONE NUTRIZIONALE: Per quanto riguarda l’alimentazione artificiale è opportuno esplorare la capacità del paziente anoressico di accettare un tipo di alimentazione non convenzionale (conoscere attitudini, credenze, miti riguardo alla malattia, valutare l’impatto di una decisione interventistica e coinvolgere il paziente nella decisione) → non esistono studi che dimostrano che l’alimentazione artificiale migliori la qualità di vita oltre a prolungare la sopravvivenza. IDRATAZIONE Quali dati raccogliere per l’accertamento dell’idratazione? • Valutazione della situazione clinica in base a età, stato generale, malattie concomitanti, tipo di malattia a progressione attesa • Capacità di assunzione di liquidi • Presenza di sintomi • Percezione della sete • Presenza di diarrea, vomito, febbre, sudorazione L’IDRATAZIONE DEL FINE VITA → l’assenza di fame e sete non sempre è direttamente riconducibile alla malattia prevalente (depressione, ansia, farmaci, squilibrio idroelettrolitico, disfagia neurologica, costipazione, insufficienza renale, dolore, sepsi, dolore del cavo orale, tosse) e può essere trattata e corretta anche nel paziente terminale → alla fine della vita è fisiologico che l’appetito diminuisca progressivamente, spesso invece lamentano secchezza delle fauci GESTIONE DELL’IDRATAZIONE NEL FINE VITA: Gli obiettivi devono essere realisticamente perseguibili e funzionali al paziente, discussi con il paziente e la famiglia → alleviare i sintomi per favorire la qualità di vita Sete o sensazione di bocca asciutta (non è correlata con i parametri laboratoristici): bevande fresche (fase faringea) o ghiaccioli, igiene del cavo orale e revisione del trattamento farmacologico Utilizzare creme idratanti per la cute disidratata Paziente con malattia cervico-facciale può avere gastrostomia (rischio di iperalimentazione, trascurando il rischio di polmonite ab ingestis) Sng vissuto come fastidioso e intrusivo (riservato a casi accuratamente selezionati e per un periodo massimo di 2 settimane) Via parenterale: accesso venoso spesso difficoltoso e gestione crea ansia nella famiglia → via ipodermica L’idratazione non apporta vantaggi nei pazienti con breve prognosi, anzi potrebbe complicare il quadro clinico. In presenza di alcuni sintomi terminali come tosse, vomito, dispnea la disidratazione favorisce la riduzione delle secrezioni bronchiali e intestinali, favorendone così il controllo Trattamento delle infezioni orali, prodotti che neutralizzano l’alitosi, aerazioni della stanza Igiene e reidratazione orale e trattamento delle lesioni delle mucose per consentire la masticazione e la funzione gustativa Mantenere il pasto per via orale per maggior soddisfazione del paziente Pasto effettuato agli stessi orari dei famigliari in un ambiente comune, curando la presentazione dei cibi ed evitando limitazioni per alimenti altrimenti sconsigliabili Evitare l’allettamento immediatamente dopo il pasto Considerare le difficoltà masticatorie e digestive (accorgimenti nella preparazione e nella cottura dei cibi per favorire l’assorbimento di nutrimenti a livello intestinale) TRATTARE O NON TRATTARE LA DISIDRATAZIONE? ELIMINAZIONE - INCONTINENZA FECALE L'incontinenza fecale è un disturbo caratterizzato dalla perdita involontaria di feci e gas intestinali → l’incontinenza fecale può essere causata da immobilità, demenza, farmaci, dieta povera di fibre, scarsa idratazione → incide in modo negativo sulla salute fisica e mentale del paziente → determinando una qualità di vita scadente VALUTAZIONE INCONTINENZA FECALE → COSA VALUTARE NEL COLLOQUIO CON IL PAZIENTE ELIMINAZIONE - INCONTINENZA URINARIA L'incontinenza urinaria è una condizione caratterizzata dalla perdita involontaria di urina → si tratta di una situazione di estremo disagio, soprattutto dal punto di vista sociale e relazionale, che colpisce in prevalenza le donne → l’incontinenza urinaria può essere causata da delirium, farmaci, infezione delle vie urinarie, fecalomi, vaginite atrofica, mobilità limitata, problemi psicologici, malattia terminale. ACCERTAMENTO INCONTINENZA URINARIA: • Funzionalità cognitive • Desiderio di modificare i propri comportamenti • Capacità di cooperare • Volontà di partecipare a programmi di rieducazione alla continenza (diretti o autodiretti) Per quanto riguarda il programma di rieducazione o di ricondizionamento vescicale → è opportuno accertare il modello nutrizionale del paziente, accertarsi l’orario delle minzioni e verificare la quantità di liquidi che assume, controllare ogni due ore le condizioni della cute, garantire riservatezza e ambiente stressante Eziologia (patologie concomitanti, pregressi interventi chirurgici addominopelvici) Farmaci Storia, entità, tipo e cause scatenanti l’incontinenza fecale ed eventuale associazione con incontinenza urinaria → scala di pescatori (frequenza episodi di incontinenza) Alimentazione (consistenza e composizione delle feci) Altri sintomi a livello anorettale (sanguinamento, dolore, presenza di muco, tenesmo, …) Impatto psicologico, modifiche imposte alla vita sociale, soluzioni adottate, presidi utilizzati SONNO E INSONNIA L’insonnia è una sensazione soggettiva di sonno insufficiente, insoddisfacente o non riposante che causa disagio e può indurre disturbi diurni come sonnolenza, ansia e deficit di concentrazione e memoria. Le principali cause sono → stress psicosociali, disturbi psichiatrici, sindromi dolorose, bruxismo, apnee notturne, disturbo del ritmo circadiano da fase del sonno anticipata, disturbi ambientali. ACCERTAMENTO DEI DISTURBI DEL SONNO: • Abitudini personali (es pisolini pomeridiani) • Problemi di riposo notturno • Indagare fattori scatenanti (eventi stressanti) • Idoneità dell’ambiente (interruzioni) METODI DI ACCERTAMENTO: • Self report (diari del sonno, questionari, racconto del sonno) • Comportamentale (osservazione e movimenti del corpo) • Fisiologico (registrazione di parametri fisiologici multipli e simultanei durante il sonno) TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL SONNO: Educazione ed igiene del sonno (andare a letto quando si sente il bisogno di dormire, spegnere subito la luce, non dormire durante la giornata impiegando il tempo in attività gradite, cercare forme di rilassamento prima di andare a letto) Intervento psicologico Terapia psicofarmacologica (benzodiazepine ipnotiche, benzodiazepine ansiolitiche, antidepressivi, neurolettici) Nella fase terminale della malattia gli interventi devono essere contestualizzati al quadro clinico e con un approccio in equipe. Le conseguenze psicologiche del disturbo del sonno nei pazienti terminali sono l’aumento della fatica, disturbi cognitivi, disturbi del tono dell’umore e aumento del dolore → il paziente crede che nel sonno possa sopraggiungere la morte INTOLLERANZA ALL’ATTIVITÀ FISICA Qualsiasi fattore che comprometta il trasporto di ossigeno, provochi decondizionamento fisico o causi una richiesta energetica eccessiva, che va oltre le capacità fisiologiche e pratiche della persona, può determinare intolleranza all’attività fisica. Obiettivo → aumentare la tolleranza facendo intraprendere ai pazienti trattamenti finalizzati ad aumentare la forza e la resistenza. DI CHE COSA SI DEVE ACCERTARE L’INFERMIERE? • Capacità del paziente di portare avanti un’attività specifica • Rilevare la resistenza ad assolvere alle attività necessarie a soddisfare i bisogni primari quotidiani • Rilevazione pa, fc e fr a riposo, tempo di recupero • Individuare incentivi all’attività condividendo gli obiettivi a breve termine • Individuazione dei fattori che indeboliscono la fiducia della persona (paura di cadere, demotivazione) Le emergenze che si possono riscontrare nell’ambito delle cure palliative non sono tutte frequenti → è però indispensabile riconoscerle e saperle gestire al fine di prevenire un’ulteriore sofferenza del paziente soprattutto nella fase terminale. Le principali sono le seguenti: EMORRAGIE L’emergenza che si può definire più rappresentativa nelle cure palliative, esistono diversi tipi di emorragia che richiedono a loro volta approcci diversi Emorragie di entità minore e reversibili (maggior frequenza) → in queste situazioni bisogna agire con tempestività avvisando il medico, tranquillizzando il malato senza mai lasciarlo solo e rassicurare i famigliari Emorragie massive (6-10%) → rappresentano un evento traumatico che terrorizza il malato e i famigliari (prendere in considerazione la possibilità di sedazione palliativa) I pazienti a maggior rischio di emorragia sono quelli che presentano neoplasie del tratto gastroenterico, del polmone, dell’apparato genito-urinario della zona testa-collo COME GESTIAMO UN’EMORRAGIA? • Mantenere la calma, tranquillizzare il malato e rassicurare i famigliari • Garantire la posizione di miglior comfort, se possibile tale da assicurare la pervietà delle vie aeree • Valutare il posizionamento di un CVP (liquidi, trasfusioni) • Tamponare l’emorragia qualora sia evidente il gemizio emorragico e utilizzare teli scuri • Tenere al caldo il paziente (coprire) AVERE A DISPOSIZIONE: • Materiale per la compressione • Farmaci topici (astringenti a base di alluminio, acido tranexamico) • Farmaci sistemici (acido tranexamico → antifibrinolitico) → escludere la causa di turbe coagulazione (anticoagulanti, antiaggreganti, piastrinopenia). → una cospicua perdita di sangue può rendere il paziente incosciente in pochi minuti e il tempo al letto del malato diventa più importante di ogni trattamento. SINDROME MEDIASTATINICA La sindrome mediastinica si verifica quando una massa comprime e/o ostruisce le strutture anatomiche del mediastino superiore, in particolare la vena cava superiore. Tale compressione impedisce il drenaggio venoso dalla testa e dalla parte alta del tronco provocando la comparsa di edema caratteristico alla faccia, turgore delle vene del collo e una sintomatologia che può essere caratterizzata dalla presenza di uno o più sintomi tra cui i più frequenti e gravi sono la cefalea e stridor. EMERGENZE IN CURE PALLIAT IVE SEGNI E SINTOMI DELLA SINDROME MEDIASTINICA: APPROCCIO TERAPEUTICO: • Riposo a letto con testata del letto elevata • Somministrazione di ossigeno • Terapia diuretica (furosemide + spironolattone) e corticosteroidea • Trattamento radiante palliativo se neoplasia radiosensibile (tenendo conto del performace status e della prognosi) → la diagnosi deve essere confermata con Rx torace e TC e il decorso è variabile in rapporto al meccanismo causale e all’efficacia del trattamento. DELIRIUM Il delirium è un disturbo della coscienza con ridotta capacità di fissare, mantenere e spostare l’attenzione; è caratterizzato da un’alterazione della sfera cognitiva non giustificabile da demenza preesistente o in evoluzione che si manifesta in un periodo di tempo breve, con andamento fluttuante durante la giornata. Il delirio è reversibile in circa il 50% dei pazienti con malattia avanzata e lo è con maggiore probabilità al primo evento → mentre il delirio che insorge nelle ultime 24-48 ore di vita è solitamente irreversibile e necessità di una sedazione palliativa continua. Il decorso clinico può essere rappresentato da: • Agitazione, tremori, allucinazioni, mioclonie, convulsioni → delirio iperattivo • Sonnolenza, letargia, obnubilamento → delirio ipoattivo • Delirio misto (delirio ipoattivo + delirio iperattivo) A CCERTAMENTO → C ONFUSION ASSESMENT METHOD 1. insorgenza acuta e andamento fluttuante 2. perdita dell’attenzione 3. disorganizzazione del pensiero 4. alterato livello di coscienza Necessari i criteri 1 e 2, e alternativamente i criteri 3 e 4 → verificare che non vi siano altre cause di agitazione: ritenzione urinaria, dolore sottrattato, occlusione intestinale, … → in tal caso vanno trattate prima queste cause FATTORI PREDISPONENTI IL DELIRIUM: FATTORI SCATENANTI IL DELIRIUM: MISURE NON FARMACOLOGICHE PER LA GESTIONE DEL DELIRIO: • Creare un ambiente sicuro per il malato non lasciare solo il malato • Aiutare il malato nell’orientamento spazio-temporale (ridurre i rumori) • Ridurre al minimo il numero di visitatori (preferire i volti famigliari) e i cambiamenti degli spazi circostanti • Aprire un dialogo con i famigliari, istruirli a fornire rassicurazioni gentili e ripetute e coinvolgerli nel processo decisionale • Camera illuminata, ambiente tranquillo • Agevolare riposo notturno ( ridurre i rumori, le luci,...) • Presenza dei familiari rassicurare il paziente • Counselling familiare: spiegare che i sintomi sono causati dalla malattia, possono oscillare e non solo controllabili dal malato • Durante gli episodi di confusioni concentrarsi su aspetti affettivi della comunicazione e non verbali attenzione alla sicurezza nel paziente iperattivo, non dev’essere mai lasciato solo • Prevenire lesioni da decubito, disidratazione, malnutrizione nel paziente ipoattivo MISURE FARMACOLOGICHE MIRATE PER IL DELIRIUM: • In presenza di tratti psicotici (confusione, allucinazione) → aloperidolo • In presenza di tratti psicotici e agitazione → promazina o prometazina cloridrato • Agitazione tale da richiedere la sedazione → midazolam, midazolam e aloperidolo MISURE FARMACOLOGICHE, TRATTAMENTO EZIOLOGICO: o Correggere squilibri elettrolitici (iper-ipoNa+, iper Ca++) o Idratare (accumulo farmaci) o Trattare encefalopatia epatica o Correggere ipossia o Trattare stati infettivi o Sospendere farmaci non essenziali (anticolinergici, benzodiazepine,…) o Switching o riduzione degli oppiodi Gli effetti collaterali da chemioterapia sono dati dal fatto che gli agenti chemioterapici agiscono anche su cellule che non sono malate, ogni persona può avere effetti collaterali diversi I principali sono i seguenti: NAUSEA E VOMITO NAUSEA E VOMITO DA RADIOTERAPIA: La tossicità dipende principalmente dalla zona irradiata • alto rischio: total body irradiation • rischio moderato: RT dell’addome superiore • basso rischio: RT del torace inferiore, pelvi, cranio e colonna vertebrale • rischio minimo: RT di testa, collo, estremità, cranio e seno La probabilità di nausea e vomito aumenta al crescere di • dose frazionata giornaliera • dose totale (alto rischio se > 180 Gy) • frequenza del trattamento • volume irradiato • in caso di concomitante chemioterapia CONSEGUENZE DI NAUSEA E VOMITO: ω disordini elettrolitici e metabolici ω disidratazione ω perdita di peso fino alla malnutrizione ω compromissione della capacità di concentrazione ω ansia e disturbi depressivi ω riduzione della aderenza alla terapia ω riduzione della qualità di vita TIPOLOGIE DI ANTIEMETICI: Antagonisti 5ht3: soprattutto per nausea e vomito acuti: Antagonisti dopaminacorticosteroidi Antagonisti dei recettori della neurochinina-1 (nk1) Benzodiazepine GEST IONE DEGLI EFFET T I DELLA CHEMIOTERAPIA INTERENTI NON FARMACOLOGICI: ال Possono diminuire la componente ansiogena e ridurre la sensazione generale di disagio Possono servire come distrattori cognitivi, reindirizzando l'attenzione dei pazienti e ال rifocalizzandola su immagini neutre o rilassanti Possono promuovere la sensazione di avere controllo di alcune conseguenze delle ال terapie, riducendo quindi la sensazione di impotenza che spesso i pazienti provano Possono essere facilmente attuati e appresi all'interno del contesto dove il ال trattamento antineoplastico viene eseguito, possono essere messi in atto dai pazienti a domicilio e hanno pochi effetti collaterali RACCOMANDAZIONI AMBIENTALI E DIETETICHE: Cibi asciutti (pane tostato asciutto o dei cracker) prima di alzarsi al mattino se nausea mattutina Evitare cibi fritti, grassi, molto dolci, speziati o troppo caldi, dal sapore o odore intenso Preferire i cibi facilmente digeribili Bere molti liquidi chiari durante la giornata sorseggiandoli lentamente Mangiare prima che venga la fame ed evitare di saltare pasti e spuntini (nausea peggiora a stomaco vuoto) Mangiare in piccole quantità e lentamente (cinque o sei spuntini, uno ogni 2-3 ore) Non mangiare forzatamente – scegliere alimenti preferiti Bere liquidi non densi e gassati a piccoli sorsi lontano dai pasti Limitare odori all’interno della stanza (cucinare), suoni o immagini che possono ricordare e scatenare la nausea Non coricarsi per le 2 ore successive al pasto ma riposarsi in posizione seduta Ambiente tranquillo con possibilità di distrarsi (TV, radio) Evitare la vicinanza ad altri pazienti con emesi Prima della chemioterapia cucinare e conservare il cibo in monoporzioni Preferire cibi a cottura breve o che non richiedo molto tempo per la preparazione Chiedere a un familiare o a un amico un aiuto per fare la spesa e cucinare Il giorno della chemioterapia pianificare i pasti preferendo cibi leggeri: alcuni fanno un piccolo spuntino prima del trattamento mentre altri preferiscono essere a stomaco vuoto Eseguire l’igiene del cavo orale dopo il pasto Provare a respirare con la bocca in modo lento quando si avverte il senso di nausea In caso di vomito non cercare di ingerire nulla fino a quando la situazione non sarà completamente sotto controllo, cominciando poi a bere piccole quantità di liquidi chiari e aumentando gradualmente la consistenza degli alimenti Integrare l’alimentazione se necessario con supplementi nutritivi Tenere un diario in cui appuntare cosa/quando si scatena il vomito e quali strategie sono più di aiuto ALOPECIA Antracicline e taxani → sono farmaci che determinano alopecia completa, talvolta anche di ciglia/peli, a 15- 20 giorni dall’inizio della chemioterapia ↓ impatto importante sull’immagine corporea Meccanismi per ridurre l’alopecia • Riduzione del flusso sanguigno • Protezione farmacologica del bulbo • Inattivazione locale dei chemioterapici STRATEGIE PER LIMITARE L’IMPATTO: Tagliare i capelli molto corti Utilizzare parrucche oppure foulard/capellini Se i farmaci non fanno cadere completamente i capelli: usare shampoo delicati, evitare permanenti e tinture chimiche, non spazzolare i capelli troppo vigorosamente, evitare phon, arricciacapelli, bigodini, asciugare i capelli tamponandoli MUCOSITE E’ un’infiammazione della mucosa della bocca che va dall’arrossamento a severe ulcerazioni, con una sintomatologia che varia dal dolore e disagio all’intolleranza ai cibi e ai fluidi. È il risultato degli effetti: • sistemici degli agenti citotossici chemioterapici • locali delle radiazioni sulla mucosa orale La mucosite del cavo orale (stomatite) è una complicanza nel 40% al 100% dei pazienti trattati → la mucosite si può estendere a tutto il tratto gastroenterico Incide negativamente sulla qualità di vita del paziente: il dolore e le ulcerazioni del cavo orale influiscono in modo importante sulla capacità di parlare, di deglutire la saliva e di assumere cibo ed acqua ↓ calo dell’umore e isolamento sociale ↓ esperienza multidimensionale ↓ che coinvolge la sfera fisica, emotiva e della vita di relazione ↓ disagio percepito ed grado di severità della mucosite non sono direttamente proporzionali: anche mucositi di basso grado possono inficiare pesantemente la qualità di vita dei pazienti QUALI INTERVENTI VENGONO MESSI IN ATTO? INTERVENTI EDUCATIVI → prima di un qualsiasi protocollo di chemioterapia sottoporsi ad una accurata visita dentistica per eliminare carie e patologie dentali preesistenti, educare il paziente ad un’accurata igiene del cavo orale ripetuta più volte al giorno con l’utilizzo di spazzolino, filo i nterdentale e sciacqui (a ttenzione nei piastrinopenici): riduce carie, infezioni, allevia dolore e bruciore, educare il paziente ad eseguire l’ispezione del cavo orale per rilevare la presenza di eritema o ulcerazioni: una valutazione continua riduce sia incidenza che severità delle complicanze orali, far rimuovere e pulire giornalmente le protesi dentarie e non posizionarle durante il riposo, consigliare di evitare cibi caldi, piccanti, alcool e fumo; si a cibi freddi e/o semiliquidi FATIGUE E ANEMIA → somministrazione dell’eritropoietina → efficace perché da un beneficio sul sintomo, ma dobbiamo stare attenti agli effetti avversi → complicanze cardiovascolari e tromboemboliche. Va utilizzata con la dose più bassa possibile e solo in casi selezionati, non se l’obiettivo è solo di migliorare la fatigue è opportuno sospendere il trattamento se non vi è una risposta dopo 6-8 settimane TARGHT TERAPY Farmaci mirati, colpiscono solo alcuni recettori cellulari specifici alla base dello sviluppo e della crescita dei tumori, senza intaccare le cellule sane. • Tossicità significativamente minore rispetto alla chemioterapia tradizionale • Possibile utilizzo in concomitanza di chemioterapia o radioterapia • Possibile somministrazione di alcuni farmaci per via orale ↓ RASH CUTANEI DEF. esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno. Possiamo considerare il dolore come un campanello d’allarme che segnala che il nostro organismo non sta funzionando in maniera corretta → forma di difesa P ONIAMOCI UNA DOMANDA → il dolore è universalmente vissuto e letto allo stesso modo? Ciò che è universale in questo sintomo è il danno, interpretato in modo singolare secondo la cultura, appartenenze e credenze COSA COMPORTA IL SOFFRIRE: • Separazione e individuazione → perdita di progettualità e senso di appartenenza sociale ed affettiva. • La sofferenza è soggettiva → modo in cui ognuno vive e percepisce il dolore. • Entrano in gioco diversi fattori → esperienza personale, la ricezione sociale e la rappresentazione culturale del dolore. TIPI DI DOLORE ASSOCIATI ALLA MALATTIA NEOPLASTICA: Nocicettivo → segnale risultato di una stimolazione diretta dei nocicettori, sia esso di tipo meccanico che chimico → manifestazioni usuali: localizzato, intenso, pulsante o crampiforme Neuropatico → generazione di segnali nervosi disordinati → manifestazioni usuali: formicolio o scossa elettrica. Idiopatico → il dolore idiopatico o psicogeno è un tipo di dolore riferito senza una causa evidente → può essere riferito un dolore il cui livello di intensità non abbia corrispondente motivazione organica Criteri per la valutazione del dolore: ABCDE 1 1. ASK e ASSES → (chiedere al paziente e valutare): il sintomo è soggettivo. Chiedere sede, irradiazione, intensità, tipo, insorgenza, tempo, posizione antalgica, beneficio della terapia va monitorato 2. BELIVE (credere) → il dolore è un esperienza e se il paziente ce lo comunica la presenza vuol dire che quel dolore esiste (avvalersi di strumenti- contestualizzato al pz) 3. CHOOSE (scegliere) → con il paziente terapia farmacologica o non farmacologica → mai imporre interventi al paziente 4. DELIVER (intervenire) → mettere in atto le azioni IL DOLORE VALUTAZIONE DEL DOLORE 5. EMPOWER (dare pieni poteri) ENABLE (mettere in grado) → dando pieno potere al paziente, metterlo in grado di essere curato → accompagnarlo nella consapevolezza della sua scelta Per ottenere un trattamento efficace e soprattutto personalizzato è fondamentale fare un’adeguata diagnosi e valutazione del dolore ELEMENTI DA VALUTARE: COSA MISURARE? → intensità del dolore e il sollievo dato dalle terapie COME MISURARE? → utilizzare scale unidimensionali e multimensionali CRITERI DI SCELTA DEGLI STRUMENTI DI MISURAZIONE: • Scopo clinico • Tempo di compilazione • Integrità della funzione o motoria • Cultura e scolarità • Età • Capacità di comunicazione, espressione e comprensione Sempre una continuità, non confrontar il dolore tra i pazieni, evitare di modificare lo strumento e conoscerlo → la scala di valutazione che andrò a scegliere dovrà essere semplice e breve da compilare Monitorare il dolore 2-3 volte al giorno! SEDI SOTTOCUTANEE CONSIGLIATE: • fascia superiore esterna delle braccia • zona periombelicale • fascia antero-laterale della coscia • zona periscapolare • zona sotto clavicolare DISPOSITIVI → ago metallico 22-25 Gauge (butterfly) - non molto consigliato → catetere flessibile (intima) → esso è molto più tollerato e più consigliato rispetto al butterfly, perché stand in sede h 24 il butterfly dovrebbe essere cambiato ogni giorno mentre il catetere flessibile no. Posizionato nel senso della circolazione venosa. La pompa elastomerica è un dispositivo monouso per infusione continua di farmaci in soluzione, a velocità di flusso costante preimpostata. È costituita da un palloncino/serbatoio in materiale elastico (elastomero) che esercita, sul fluido in esso contenuto, una pressione costante; tale fluido viene spinto lungo una linea di infusione direttamente in sottocute. DEF. esacerbazione transitoria del dolore, di intensità moderata-elevata, che insorge, sia spontaneamente sia a seguito di un fattore scatenante (dolore procedurale), in pazienti con dolore di base mantenuto per la maggior parte della giornata sotto controllo o di intensità lieve CARATTERISTICHE: • rapida insorgenza • durata limitata • intensità severa • da 1 a 10 episodi al giorno Come valutare? Attraverso l’eziologia, la durata, l’intensità e i meccanismi fisiopatologici.Va rivalutato dopo l’inizio del trattamento e ad ogni modifica o variazione del quadro clinico. CONSEGUENZE: • distress psicologico riduzione qualità di vita • interferenza con ADL e vita sociale aumento ricoveri Un approfondita valutazione del paziente permette un’ottimizzazione del trattamento analgesico con controllo dolore di base, mediante un’appropriata titolazione degli oppiacei. REAZIONI AVVERSE Gonfiore, edema locale, indurimento, eritema e dolore ESEMPIO: DOLORE DA METASTASI OSSEE Dolore difficile da controllare con un forte impatto sulla qualità di vita. Il rachide è la sede più frequente. Si sviluppa gradualmente è di tipo profondo, persistente e localizzato. • Quadro clinico complesso per le frequenti complicanze scheletriche. • Causato più frequentemente da metastasi: cancro a → mammella, rene, prostata, polmone e localizzazioni mieloma multiplo Per quanto riguarda il trattamento può essere → radioterapico o farmacologico (bifosfonati associati a corticosteroidi - antiedemigeno e antiinfiammatorio. I primi possono provocare ipocalcemia e vomito; iperglicemia, per il secondo osteoporosi e danni gastrici - desametazone) BTP: Breakthrough Cancer Pain DEF. la cirrosi epatica è il risultato di un danno epatico cronico che può avvenire con svariati meccanismi, la cirrosi può portare a necrosi e infiammazione del fegato. Ogni complicanza data da tale condizione riduce la qualità di vita del paziente. → è importante ricordare che è opportuno effettuare una valutazione globale della persona affetta da cirrosi 1.) STORIA E SITUAZIONE DEL PAZIENTE Stili di vita, in particolare la presenza di fattori causali del danno epatico Cosa possiamo chiedere? • Ha avuto problemi al fegato in passato? • Beve vino ai pasti? e fuori pasto? • Sta assumendo farmaci? quali? Valutare il grado di consapevolezza e motivazione rispetto alla modifica dei comportamenti a rischio e indagare la rete di supporto sociale, attività lavorativa e livello di istruzione. 2.) MANIFESTAZIONI CLINICHE • Stanchezza e astenia: Si sente più stanco nell’ultimo periodo? La stanchezza è costante o legata a qualche attività? In quale momento della giornata si sente più stanco? Sente il bisogno di dormire di più? • Malnutrizione (dovuta alla scarsa assunzione di cibo per mal assorbimento dei grassi e deficit di vitamine liposolubili): L’appetito è ridotto? Ci sono cibi he digerisce con più difficoltà? È calato di peso? • Dolenzia o male al fegato: Sente fastidio/dolore nella zona del fegato? • Ittero, prurito e xantelasmi (deposito di colesterolo che si trova intorno alle palpebre): Colorito delle sclere e della cute (nelle persone nere ricerca dell’ittero nella zona sotto la lingua) Presenza di segni di grattamento, Ha prurito? Urina normalmente? Le urine sono più scure, color marsala? Come sono le feci? ha notato se sono diventate molto chiare ultimamente? CIRROSI EPAT ICA SEGNI E SINTOMI CON L A LORO GEST IONE • Crampi muscolari: Sente talvolta crampi muscolari? • Ascite ed edemi declivi: Le sembra di essere aumentato di peso? Le sembra di avere le gambe molto gonfie o di fare fatica ad allacciare i pantaloni? Osservare presenza di ernia ombelicale • Sanguinamenti: Come sono le feci? ha notato se sono diventate nerastre ultimamente? Ha avuto episodi di epistassi? di gengivorragia? • Livello di attenzione e di capacità/velocità nel rispondere alle domande, coerenza e fluidità del linguaggio: Sa dove ci troviamo ora? sa in che periodo dell’anno siamo? Ci sono stati cambiamenti del comportamento dell’ultimo periodo nel comportamento dei propri cari? (chiedere ai famigliari) Osservare attenzione, capacità/velocità nel rispondere alle domande, coerenza e fluidità del linguaggio COSA POSSIAMO MISURARE? PRESSIONE ARTERIOSA → peso ipotensione arteriosa, soprattutto se cirrosi in fase avanzata: • Bassa volemia efficace (liquidi nel terzo spazio/interstizio, vasodilatazione determinata da sostanze non metabolizzate dal fegato, sequestro splancnico) • Possibile segno di stillicidio o emorragia acuta • Effetto dei farmaci (diuretici e beta bloccanti) FREQUENZA CARDIACA → spesso tachicardia per aumento del tono simpatico e possibile riscontro di bradicardia se in terapia beta bloccante FREQUENZA RESPIRATORIA E QUALITA’ DEL RESPIRO → se ascite voluminosa possibile tachipnea e dispnea atelectasia delle basi polmonari da sollevamento del diaframma TEMPERATURA CORPOREA → possibile febbricola da processi flogistici necrotici a livello epatico → se febbre elevata sospettare una peritonite batterica spontanea in presenza di ascite PESO → fornisce indicazioni sulla ritenzione di liquidi 3.) INDICATORI DI COMPENSO/SCOMPENSO E COMPLICANZE → stanchezza e astenia, perdita di appetito, perdita di peso e riduzione della massa muscolare, ittero sclerale, prurito, effetti dei sintomi sulla vita quotidiana (ADL) e sociale della persona SEGNI E SINTOMI DELL’IPERTENSIONE PORTALE E DELLE SUE COMPLICANZE: • faccia → ittero, segni di grattamento, spider naevi, fetor hepaticus • torace → ginecomastia, perdita dei peli, spider naevi, ecchimosi, ipotrofia muscoli pettorali • addome → epatosplenomegalia, ascite, segni di ipertensione portale, atrofia testicolare • arti inferiori → edema, ipotrofia muscolare, ecchimosi, petecchie • mani → ippocratismo, eritema plamare, ecchimosi, flapping Markers per valutare la severità della fibrosi: - Indice di FORNS (età, colesterolo, GGT e piastrine) → informazioni sulla fibrosi, dati più limitati sulla cirrosi - FIBROTEST (GGT, bilirubina totale, aptoglobina, a1 e a2 macroglobulina) → stadio fibrosi epatica (valutazione del danno epatico nei pazienti con epatite virale, alcolica o metabolica) - Screening epatite C per persone a rischio (storia di tossicodipendenza per via endovenosa, tatuaggi, piercing, procedure mediche invasive in condizioni igieniche scadenti, sesso non sicuro) Sostenere la persona alla normalizzazione del peso corporeo - Se il paziente è sovrappeso è consigliato il calo ponderale. - L’obesità con sindrome metabolica si associa a un maggior grado di fibrosi e a cirrosi in tutte le epatopatie croniche, aumenta la probabilità di scompenso, ipertensione portale e riduzione dell’albuminemia - Alimentazione a basso contenuto di grassi per minimizzare la steatosi epatica Sostenere la persona ad aderire a una alimentazione equilibrata Dieta IPERCALORICA con introito calorico di 35-40 Kcal/kg con calorie supplementari in carboidrati (55- 60%) preferibilmente complessi rispetto ai semplici, introito proteico 1,2-1,5 gr pro kg. - preferire carboidrati complessi (esempio cereali, pasta, pane e legumi), rispetto ai carboidrati semplici (esempio dolci) - pasti piccoli e frequenti, compreso uno spuntino prima di dormire spuntino prima di andare a dormire per evitare picchi ipoglicemici - alimenti ricchi di vitamina K e altre vitamine liposolubili (A, D, E), calcio, vitamina B1, B12 e acido folico Potenziale ruolo di prevenzione della cirrosi: cibi e bevande ricchi di antiossidanti - Caffè: almeno 2 tazze al giorno x significativa riduzione della fibrosi nelle epatopatie - Cioccolato fondente e acido ascorbico a breve termine à riduce l’aumento della pressione portale post prandiale nella cirrosi Motivare la persona ad aderire ai programmi di vaccinazione epatite A e B, influenza e pneumococco Razionale: la risposta antigenica diminuisce con l’aggravarsi della cirrosi Istruire a evitare farmaci e fitofarmaci potenzialmente epatotossici e ridurre il dosaggio in quelli che vengono metabolizzati e inattivati a livello epatico Rischio: tossicità dei farmaci - alcuni FANS,paracetamolo: chiedere al proprio medico - vitamine (in particolare la vitamina A): ad alte dosi può dare steatosi ed epatite cronica - prodotti botanici (estratto di senna, genziana, valeriana) e supplementi di ferro Motivare il paziente ad aderire ai trattamenti prescritti, differenziati in base all’eziologia della cirrosi AREE DI INSEGNAMENTO DIETA → discutere dell’importanza di sospendere l’assunzione di alcool e fumo. Sottolineare l’importanza dell’alimentazione per l’elevato rischio di malnutrizione e dell’assunzione di verdura e frutta; indicare alimenti ad alto contenuto calorico e alimenti proteici che possono sostituire la carne (legumi, latticini, pesce). Fornire al paziente o a chi prepara i pasti una lista di alimenti che contengono molto sodio; suggerire strategie per insaporire i cibi in alternativa al sale o al dado. Indicare di evitare cibi fritti e funghi. Informare la persona e il caregiver che se si nutre meno del previsto, nota una riduzione del peso deve avvertire il medico di medicina generale. TERAPIA → indagare gli stili di vita e riflettere criticamente con il paziente sulla loro appropriatezza rispetto alla malattia; informare sull’azione dei farmaci, sull’effetto atteso e possibili effetti collaterali. Discutere su problemi più probabili nella gestione della terapia, come dimenticanza, sovradosaggio, diarrea, meteorismo, ecc. AUTOCONTROLLO → rilevazione del peso almeno 2-3 volte in settimana alla stessa ora e con le stesse modalità. Dare indicazioni personalizzate per la frequenze del controllo della pressione arteriosa e frequenza cardiaca in base alla situazione clinica, trattamento con betabloccante, co-morbidità. Consigliare al paziente l’utilizzo di un diario dove riportare il controllo di peso, parametri vitali, alvo, dubbi e domande RICONOSCERE SEGNI E SINTOMI DA SCOMPENSO → in base al grado di cirrosi motivare la regolarità dell’alvo e il controllo delle caratteristiche delle feci. Descrivere i segni e sintomi che richiedono un intervento tempestivo del medico. Avvertire di prestare attenzione ad alcune situazioni di rischio (es. febbre, infezioni, cadute) PAZIENTE CON ASCITE L’ascite è una raccolta di liquido nella cavità peritoneale dovuto al processo di malattia. La causa più frequente dell’ascite è l’ipertensione portale e la vasodilatazione splancnica legata alla cirrosi, tuttavia anche patologie cardiache, neoplastiche o infettive possono essere frequenti cause di ascite. L’ascite costituisce il segno clinico più evidente di maldistribuzione dei liquidi ed è la più comune complicanza di cirrosi che porta al ricovero ospedaliero. Prima che i pazienti notino un aumento della circonferenza addominale vi è già stato un accumulo di almeno 1-2 litri di liquido Se il liquido ascitico è notevole vi può essere mancanza del respiro, malnutrizione, atrofia muscolare, eccessiva stanchezza e debolezza. Nei casi avanzati l’addome è teso, la cicatrice ombelicale è appiattita o estroflessa e alla palpazione si apprezza il segno del fiotto. Circa il 50-60% dei pazienti con cirrosi compensata sviluppa ascite nell’arco di 10 anni di osservazione. A seguito dell’insorgenza di ascite, il 15% dei pazienti muore entro un anno e il 44% entro 5 anni, la sopravvivenza media è di due anni. COMPLICANZE DEL PAZIENTE CON ASCITE: • Maldistribuzione dei liquidi • Difficoltà respiratoria/alterazione degli scambi gassosi • Alterazione dell’immagine corporea • Limitazione delle ADL PAZIENTE CON PERITONITE BATTERICA La peritonite batterica spontanea è una complicanza frequente e grave dell’ascite caratterizzata da infezione spontanea del liquido ascitico che si manifesta con febbre, alterazione dello stato mentale, leucocitosi, dolore e fastidio addominale. Il meccanismo presunto è la traslocazione batterica e gli organismi più comunemente in causa sono l’Escherichia coli e altri batteri intestinali, tuttavia si possono trovare anche gram-positivi. GEST IONE CIRROSI EPAT ICA AVANZATA E CON COMPLICANZE INTERVENTI PER UN PAZIENTE CON MALDISTRIBUZIONE DEI LIQUIDI ESITI ATTESI I. Riequilibrare la distribuzione dei fluidi II. Ridurre il peso di 0,5-1kg/die III. Migliorare ADL e respiro Il trattamento dei pazienti con ascite dipende dalla causa e dalla ritenzione dei liquidi. Il gradiente di albumina nel siero è utile per pianificare il trattamento: • < 1g/dl generalmente non vi è ipertensione portale → non rispondono alla restrizione di sale e diuretici • 1.1g/dl hanno ipertensione portale → generalmente rispondono alla restrizione di sale e diuretici GLI INTERVENTI VERI E PROPRI CHE ANDREMO A METTERE IN ATTO IN UN PAZIENTE CHE PRESENTA UNA MALDISTRIBUZIONE DEI LIQUIDI: Istruire il paziente e il caregiver a un piano dietetico → (ipercaòlorico, normoproteico, restrizione di sale (meno di 2 gr al giorno), sospensione dell’alcool), dieta moderamente iposodica (restrizione di sodio) non va fatta restrizione di liquidi Somministrare la terapia diuretica su indicazione medica → il diuretico di prima scelta è lo spironolattone o il canreonato di potassio (Aldactone®- Kanrenol®). La dose iniziale è di 100-200 mg/die, progressivamente si può arrivare fino a 400 mg/die, se insufficiente viene associato furosemide 40-80mg/die, fino ad un massimo di 160mg/ die. Controllare quotidianmente il peso corporeo → Il peso è il dato di monitoraggio più attendibile per valutare l’evoluzione nel tempo del problema di maldistribuzione dei liquidi. La persona deve pesarsi tutti i giorni e tenere un diario con la misurazione del peso. La riduzione non deve superare 1kg al giorno se sono presenti edemi periferici, 0,5 kg se presente solo ascite. Istruire il paziente a evitare o usare con cautela alcuni farmaci → FANS (ins.renale), ace inibitori e beta-bloccanti (rischio ipotensione) Coinvolgere il paziente nel mantenimento delle ADL e dell’attività fisica → Il riposo a letto tradizionalmente raccomandato non migliora gli esiti, al contrario riduce l’espansione toracica dovuta alla presenza dell’ascite aumentando dunque la percezione di difficoltà respiratoria. Ascoltare il bisogno di riposo in base alla gravità. Assistere durante la paracentesi: La paracentesi è il drenaggio di una parte del liquido ascitico dalla cavità peritoneale tramite ago o catetere ed è un intervento di seconda scelta per ascite imponente refrattaria alla terapia medica che causa dispnea e anoressia. Scopo: Diagnostico: evacuazione 50-100 cc di liquido ascitico per individuare la causa dell’ascite o rilevare presenza di peritonite batterica spontanea → paracentesi ESPLORATIVA Terapeutico-palliativo: evacuazione fino a 10 litri per drenare un’ ascite massiva o refrattaria, diminuendo sintomi e disagio al paziente → paracentesi EVACUATIVA (nei pazienti con tensione addominale per ascite marcata o refrattaria) ATTENZIONI PARTICOLARI: • importante piastrinopenia (< 42.000 Plt/mm3)→ se < 20.000 Plt/mm3 prevedere un’infusione di piastrine • allungamento del PT (PT INR > a 2.2) → se INR > 2 prevedere infusione di plasma fresco congelato prima della paracentesi • rischio di sviluppare/peggiorare sindrome epato-renale (controllo stretto indici di funzonalità renale i giorni successivi) • pazienti confusi, agitati COME GESTIRE LA DIETA IPOSODICA DEL SIG. SERGIO? Analizzare in modo più approfondito col sig. Sergio e con la moglie (è lei che cucina i pasti) cosa sta mangiando nell’ultimo periodo il sig. Sergio e come vengono cucinati gli alimenti. Parlando con la moglie scopriamo che il signor Sergio mangia tutti i giorni a pranzo 50 gr di pasta che lei cucina salando l’acqua, non mangia il secondo, se non carne di manzo e a volte di pollo o prosciutto cotto, mediamente 2-3 volte a settimana. A cena la moglie cucina minestrina in brodo e verdure, mentre a colazione assume latte e biscotti secchi (ne mangia mediamente almeno 8- 10 da 11 gr ciascuno). Se stimolato Sergio mangia volentieri anche la frutta di tutti i tipi dopo pranzo o nel pomeriggio. COSA CONSIGLIARE A SERGIO? Cucinare la pasta senza sale, non aggiungere il sale a tavola, utilizzare sostituti del sale (attenzione perché contengono potassio) Rendere appetibili i cibi con aromi quali: succo di limone, cipolla, aceto, aglio, maionese senza sale, alloro, salvia, chiodi di garofano Limitare i cibi che contengono bicarbonato di sodio o lievito in polvere (es: dolci, biscotti, farine autolievitanti ad esempio per pizza). i biscotti se sono graditi non devono essere tolti, ma limitata la quantità (es.4-5 biscotti al giorno, alternati a fette biscottate o pane senza sale) Evitare di proporre cibi conservati: insaccati, carni sotto sale, carne in scatola, formaggi (sono consentiti i più freschi come mozzarella o ricotta). limitare l’assunzione di prosciutto cotto a non più di una volta in settimana, preferire pesce, ricotta, legumi Favorire l’assunzione di frutta e verdure di ogni tipo (limitando il consumo di carciofi, finocchi, spinaci e sedano), crude o cucinate senza aggiunta di sale. orientare il sig. sergio a mangiare gli spinaci solo saltuariamente, preferendo altri tipi di verdure. stimolare invece l’assunzione di frutta a piacere COME GESTIRE IL CONTROLLO DEI LIQUIDI DI SERGIO? Nella preparazione degli alimenti suggerire alla moglie di utilizzare poca acqua per la minestrina in brodo (minestra molto densa). Tener conto della tipologia di frutta/verdura assunte, es. Se il signor Sergio mangia molte arance o altra frutta ricca di acqua ridurre i liquidi assunti in altro modo. Suggerire strategie per ridurre la sensazione di sete e per migliorare il comfort: • Considerare le preferenze del paziente: quando bere? Come? Il signor Sergio riferisce di avere sete soprattutto lontano dai pasti • Offrire l’acqua in bicchieri piccoli e frequentemente piccoli sorsi d’acqua • Ridurre l’arsura con ghiaccioli o ghiaccio nell’acqua (vanno calcolati nelle entrate) • Educare/eseguire più volte al giorno l’ igiene del cavo orale per ridurne la secchezza (evitare collutori a base alcolica) • Applicare emollienti per le labbra, come burro di cacao Le linee guida NICE (2016) raccomandano lo screening endoscopico con EGDS in tutti i pazienti con cirrosi per stadiare le varici esofagee. In 1/3 dei pazienti con cirrosi vengono individuate varici esofagee, le quali, se non adeguatamente curate possono rompersi determinando un’emorragia. L’emorragia comporta un pericolo immediato per la vita, con un tasso di mortalità del 20-30% per ogni episodio. IL PROBLEMA DEL PZ CON VARICI ESOFAGEE Il rischio di sanguinamento è maggiore con l’aumentare della gravità della cirrosi (classificazione CHILD- PUGH o MELD score) e dipende dalla dimensione delle varici, dalla loro posizione e dalla presenza di alcune stigmate endoscopiche (segni rossi, macchie emostatiche, eritema diffuso, colore bluastro, macchie rosso ciliegia). COMPRENDIAMO IL RISCHIO EMORRARGICO BASANDOCI SUL PRECEDENTE CASO: • quali sono gli altri fattori di rischio emorragico? • quali informazioni vi servono per comprendere la rilevanza del rischio emorragico nel signor sergio? QUALI SONO I FATTORI DI RISCHIO EMORRAGICO NELLA PERSONA CON CIRROSI EPATICA? 1.) Alterazione dell’emostasi su base multifattoriale • trombocitopenia da ipersplenismo e, nel caso di alcolismo, da soppressione midollare • riduzione della sintesi di fattori della coagulazione (riduzione della sintesi proteica): fibrinogeno (fattore I), protrombina (fattore II) e fattori V -VII - IX e X 2.) L’ipertensione portale determina la formazione di circoli collaterali porto- sistemici che permettono al sangue di defluire nelle vene cave • varici esofagee, esposte ad insulti meccanici • dilatazione plessi emorroidari • caput medusae (circoli collaterali superficiali addominali) PROBLEMI DELLA PERSONA CON VARICI ESOFAGEE: Quali interventi assistenziali possiamo attuare per prevenire l’emorragia da sanguinamento delle varici esofagee? • FAVORIRE UNA DIETA MORBIDA PER EVITARE TRAUMATISMI: Suggerire alimenti preferiti dal paziente purè, carne tritata, crema di carote, piselli, verdure cotte, polpa di frutta – frutta frullata, yogurt, formaggi morbidi come certosa, crescenza; cuocere molto la pasta. Consigliare di raffreddare gli alimenti prima dell’assunzione e favorire l’assunzione di cibi a temperatura ambiente o freddi, evitando quelli eccessivamente ….La moglie del signor Sergio fa vedere all’infermiere gli esami ematochimici di controllo di 2 giorni fa di cui ha appena ritirato il referto; non ha ancora parlato col medico di medicina generale che li aveva prescritti. Si evidenziano questi valori: Plt 72.000/mm3 …. Il PT del signor Sergio è di 2,05. Non presenta emorroidi. Il medico di base visti i sintomi del paziente e gli esami ematochimici decide di sottoporre il signor Giuseppe ad esofagogastroduodenos copia (EGDS). IL REFERTO INDICA UNA GASTROPATIA CONGESTIZIA E VARICI ESOFAGEE CB F2 LM-I. caldi, spezie e alcool. Evitare cibi "traumatici" a livello esofageo: ad esempio grissini, cracker, frutta con la buccia • CONTROLLARE LA PRESSIONE ARTERIOSA: Mantenere una pressione arteriosa costante evitando i picchi ipertensivi. Suggerire di tenere un diario in cui vengono appuntati i valori quotidiani della pressione arteriosa. Avvertire il medico di base in caso di modifiche superiori a 20-30 mmHg rispetto alla pressione sistolica abituale. • MANTENERE L’ALVO REGOLARE: L’obiettivo è evitare la manovra di Valsalva, poiché lo sforzo dell'evacuazione aumenta la pressione addominale ed ostacola il ritorno venoso. PROFILASSI Somministrare un beta-bloccante non selettivo: Propranololo (Inderal ®) o Nadololo: riduce in modo costante la pressione portale, per effetto vasocostrittore arterioso a livello splancnico associato a riduzione della gittata cardiaca. Previene le emorragie nei pazienti con varici ad alto rischio di emorragia, previene le recidive di circa il 40% e la mortalità del 20%. Non previene la formazione delle varici esofagee e quindi non è raccomandato nel paziente cirrotico in assenza varici esofagee o del fondo gastrico. Cosa sta succedendo al signor Sergio? Intolleranza al beta-bloccante favorita dal fatto che il signor Sergio è affetto da BPCO. ↓ Il medico di base sospende la terapia con beta bloccante e suggerisce al signor Sergio la l egatura delle varici esofagee. Questa tecnica endoscopica è raccomandata in particolare per i pazienti che hanno controindicazioni o intolleranza al trattamento con B-bloccante con varici di grado medio o grave. Non ci sono sostanziali differenze nell’utilizzo dei betabloccanti versus la legatura delle varici esofagee in termini di efficacia e sopravvivenza nel prevenire emorragie da varici esofagee. L’alternativa è la terapia sclerosante endoscopica à induce una flebite chimica attraverso l’iniezione di sostanze sclerosanti sotto guida endoscopica, a cicli ripetuti, al fine di provocare un’obliterazione delle varici. INTERVENTI ASSISTENZIALI IN ACUTO Quali interventi assistenziali possiamo attuare per gestire in acuto l’emorragia da sanguinamento delle varici esofagee? La rapida valutazione ed il tempestivo rimpiazzo della perdita sono prioritari e devono precedere le indagini diagnostiche e le misure terapeutiche più specifiche per arrestare l’emorragia. L’emorragia è una complicanza molto grave, 20 pazienti su 100 muoiono la prima settimana dopo l’evento. Il rischio di risanguinamento è molto alto nella prima settimana. PERDITA < 500 ml → rari sintomi di compromissione generale che compaiono in pazienti anziani o già anemici PERDITE MAGGIORI → riduzione del ritorno venoso al cuore con calo della gittata sistolica MONITORAGGIO INTENSIVO: • FC • Riempimento capillare • FR • PAD il signor sergio dopo tre settimane dall’inizio della terapia con inderal ® presenta per due giorni consecutivi dispnea ingravescente nel camminare in giardino e/o fuori casa. • PAS • Pressione arteriosa differenziale • Diuresi • Bilancio entrate/uscite • Stato neurologico È poss ib i l e ottenere una s t ima approssimativa del volume perso seguendo la tabella delle risposte cliniche all’emorragia acuta. • Alterazioni dell’attività neuromuscolare - Flapping tremor - asterixis • Alito con odore dolciastro (fetor hepaticus) • Alterazione funzionale del fegato → mancata detossificazione di varie sostanze assorbite a livello dell’intestino o derivate dal catabolismo proteico Raccogliere dal paziente e dai famigliari informazioni sulle modalità di esordio del disturbo di coscienza SINTOMI E MANIFESTAZIONI • affaticamento, astenia • irrequietezza notturna, sonnolenza diurna • confusione episodica, alterazione della soglia di attenzione • alterazione qualità di vita • diminuzione della produttività al lavoro, alterata abilità alla guida Sintomi gravi: apatia, irritabilità, disinibizione insieme ad alternanze nello stato mentale e nelle funzioni motorie fino al coma Possibili fattori scatenanti: sanguinamento, infezioni, squilibrio idro-elettrolitico), patologie preesistenti, assunzione di farmaci e tossine. Valutare cambiamenti della memoria, concentrazione, cognitivi e della coscienza: Utilizzare la Glasgow Coma Scale e i criteri West Haven Criteria per monitorare la gravità dell’encefalopatia. Quali sono i fattori che fanno precipitare l’encefalopatia? • stipsi • sovraccarico proteico con la dieta • sanguinamento gastro-intestinale • alcalosi e ipokaliemia (aumenta assorbimento intestinale di ammoniaca e facilita passaggio dell’ammonio attraverso barriera emato-encefalica) • infezioni • interventi chirurgici maggiori • utilizzo di farmaci psicoattivi (narcotici-sedativi) PROBLEMI DELLA PERSONA CON ENCEFALOPATIA: • alterazioni cognitive e/o neuromuscolari, psichiatriche • rischio di caduta accidentale e traumi • ritiro da contatto sociale INTERVENTI PER LA GESTIONE SOMMINISTRARE UN DISACCARIDE NON ASSORBIBILE LATTULOSIO (LAEVOLAC®) E LATTILOLO (PORTOLAC®): • effetto lassativo osmotico • modifica la flora batterica intestinale da putrefattiva in fermentativa riducendo la produzione di ammoniaca • riduce il ph intestinale • aumenta la peristalsi richiamando acqua nel lume intestinale (evacuazioni osmotiche acide) e facilitando eliminazione dell’ammonio VALUTAZIONE E INTERVENT I SOMMINISTRARE ANTIBIOTICI ORALI SCARSAMENTE ASSORBIBILI (RIFAXIMINA): Modula il microbiota intestinale e riduce la flora batterica intestinale responsabile della produzione dell’ammonio → efficace nella prevenzione secondaria, nella guarigione da episodi di encefalopatia e nella riduzione della mortalità. - somministrazione per via orale, consentendo il raggiungimento di concentrazioni battericide a livello del lume intestinale. - da assumere in modo discontinuo: 2 cp da 200 mg 3 volte al giorno per 7 giorni. - associata a disaccaridi non assorbibili (lattulosio/lattilolo) ha un’efficacia superiore in termini di riduzione della mortalità, tempi di ospedalizzazione e rischio di recidiva. FORNIRE SUPPLEMENTI NUTRIZIONALI A BASE DI AMINOACIDI A CATENA RAMIFICATA (L- LEUCINA, L- ISOLEUCINA, L-VALINA): Nel paziente con encefalopatia epatica gli aminoacidi ramificati sono ridotti perché il glutammato viene condensato con l’ammonio per formare la glutamina nel muscolo schelettrico. I supplementi hanno l’obiettivo di ridurre la malnutrizione e ripristinare la perdita della massa muscolare e proteica. I supplementi vengono somministrati per via orale o endovenosa (es. Aminoram® o Aminotrofic®). Non vi sono forti evidenze per sostenere o evitare questo trattamento. Non vi sono effetti avversi rilevanti e i principali sono sintomi gastro-intestinali SUGGERIRE L’ASSUNZIONE DI PROBIOTICI A BASE DI LACTOBACILLUS SPECIES E BIFIDOBACTERIUM (DICOFLOR 60®, SB80®) Obiettivo: miglioramento delle funzioni intestinali mediante la ridotta produzione di composti quali ammonio e cresoli Meccanismo: - inibizione della crescita di batteri enterici patogeni - miglioramento della funzione di barriera della mucosa - modificazione dell’immunoregolazione Non esistono dati definitivi relativi alla loro efficacia, gli studi hanno evidenziato un possibile ruolo nel trattamento delle forme di encefalopatia minima e nella prevenzione primaria. La combinazione con lattulosio sembra ridurre la frequenza di episodi di encefalopatia. VALUTARE LO STATO NUTRIZIONALE: • storia nutrizionale, alimentazione giornata tipo • dati antropometrici e misurazione della forza muscolare, in particolare la struttura muscolare delle spalle e del muscolo gluteo • segni di ritenzione idrica • eventuali segni di obesità Se il paziente presenta una maldistribuzione di liquidi è utile calcolare l’indice creatinina/ altezza o utilizzare l’ impedenziometria. Il 75% dei pazienti con encefalopatia epatica. PREDISPORRE UN PIANO NUTRIZIONALE: - Un apporto normoproteico giornaliero di 1,2-1,5gr/kg privilegiando proteine del latte e vegetali rispetto alla carne, aumentare l’apporto di pesce (carne 1 volta alla settimana). la restrizione proteica cronica è sconsigliata perché le richieste proteiche sono maggiori rispetto al ai pazienti sani, inoltre il paziente epatopatico a causa della riduzione della massa magra presenta un ipermetabolismo. - Introito energetico ipercalorico di 35-40 kcal/kg del peso ideale - Assumere cereali (fibre), multivitaminici e supplementi mineralicome zinco - Evitare l’eccesso di l iquidi non salini (iponatriemia) CONCORDARE CON IL PAZIENTE UN PIANO DI RIPOSO-MOBILIZZAZIONE: Riposo a letto in fase acuta se l’encefalopatia è <3° grado (disturbi dello stato di coscienza). Per stadi più lievi può essere mantenuto un certo grado di mobilità e autonomia nelle ADL. Risolta la fase acuta, in relazione alla gravità dell’encefalopatia è indicato evitare attività faticose o intense e di guidare. Importante è il riposarsi adeguatamente e dormire almeno 8 ore a notte. IN FASE DI COMPENSO: CONTATTARE IL MEDICO DI FAMIGLIA IN CASO DI: • Modifiche del comportamento abituale con o senza modifiche della frequenza delle evacuazioni (in fase di compenso l’obiettivo è mantenere in media 1-2 evacuazioni al giorno) • Cambiamento delle caratteristiche delle feci SUGGERIRE DI RIVOLGERSI IN PRONTO SOCCORSO IN CASO DI: • Grave agitazione psicomotoria oppure non risposta alla chiamata • Confusione mentale che non migliora dopo 2 giorni di terapia modificata secondo le indicazioni del medico di famiglia I pazienti con cirrosi sono tormentati da frequenti riammissioni ospedaliere per aggravamento dell’ascite, encefalopatia epatica medio-grave o emorragia gastro- intestinale. I risultati di alcuni studi evidenziano che il 22% delle riammissioni potrebbero essere prevenute attraverso un piano di dimissione con: • coordinamento delle cure assistenziali che facili il processo di transizione del paziente dall’ospedale al territorio-domicilio • riconciliazione della terapia • follow-up domiciliari • educazione del paziente e della famiglia • comportamenti di prevenzione delle complicanze-riacutizzazioni Ognuna delle complicanze della cirrosi in stato avanzato riduce la qualità di vita del paziente per: • Sintomi invalidanti fisici e psicologici: crampi muscolari, cachessia, prurito, astenia, insonnia, dolore, depressione, ansia, paura, maggior dipendenza dagli altri • Aumento della consapevolezza della progressione di malattia. La traiettoria di declino funzionale di questa malattia è caratterizzata da un costante declino dello stato di salute con intermittenti esacerbazioni che richiedono l’ospedalizzazione. Il momento di transizione alla fase di fine vita non è chiaramente definibile, per tale motivo le cure palliative dovrebbero avere delle cure simultanee con una co-presenza di approccio curativo e palliativo. CONTROLLO DEL DOLORE A RIPOSO E DURANTE IL MOVIMENTO: Valutazione della presenza e intensità Scelta della terapia analgesica in relazione a intensità del dolore, valutazione complessiva del paziente, alterazioni farmacocinetiche dei farmaci, variabilità della risposta individuale • Paracetamolo 3-4 gr die per brevi periodi, 2-3 gr die se periodo maggiore a 14 giorni • Evitare fans • Oppioidi se il dolore è moderato-severo e nel fine vita TRANSAZIONE OSPEDALE- TERRITORIO CARICO DEI SINTOMI E IL VISSUTO IN STADIO AVANZATO COMMUNICAIZONE Identificare all’interno del team assistenziale il professionista più adeguato per discutere della prognosi con la persona in fine vita e con i suoi familiari e caregiver. Fornire alla persona in fine vita e ai suoi familiari e caregiver: • Informazioni accurate sulla prognosi (a meno che non abbiano espresso il desiderio di non essere informati), chiarendo ogni incertezza e il modo in cui sarà gestita o opportunità di discutere eventuali ansie o timori • Modalità per contattare i membri del team assistenziale per ulteriori chiarimenti, anche oltre l’orario di servizio Identificare un professionista sanitario di riferimento, responsabile della comunicazione e del processo decisionale condiviso sul fine vita. Assicurarsi che tutte le modifiche concordate al piano assistenziale siano state comprese dalla persona, dai suoi familiari e caregiver. Comunicazione e processo decisionale condiviso, costituiscono un’utile risorsa per tutti i professionisti sanitari. IDRATAZIONE Incoraggiare le persone nel fine vita a bere se lo desiderano e sono in grado di farlo. Controllare eventuali difficoltà (es. problemi di deglutizione) e discutere dei rischi e benefici del continuare ad assumere bevande. Garantire igiene e cura costanti della cavità orale e delle labbra (inclusa la gestione della secchezza delle fauci), coinvolgendo familiari e caregiver. Valutare, preferibilmente con frequenza quotidiana, lo stato di idratazione e l’eventuale necessità di iniziare o continuare l’idratazione clinicamente assistita (es. parenterale per via sottocutanea o endovenosa oppure enterale con sondino nasogastrico), rispettando le preferenze della persona. Informare che negli ultimi giorni di vita l’idratazione clinicamente assistita può alleviare sintomi/segni conseguenti alla disidratazione, ma può generare altri problemi (es. sovraccarico di liquidi o irritazioni locali nel sito di infusione). Spiegare che non è noto se l’idratazione clinica- mente assistita aumenta, o meno, la sopravvivenza Considerare un periodo pilota di idratazione clinicamente assistita se la persona ha sviluppato o è a rischio di sviluppare sintomi/segni da disidratazione (es. sete, delirio) o qualora l’idratazione orale risulti inadeguata. Nelle persone sottoposte a idratazione clinicamente assistita rivalutare, preferibilmente ogni 12 ore, cambiamenti nei sintomi/segni di disidratazione e: • continuare l’idratazione in presenza di un beneficio clinico. • ridurre o interrompere l’idratazione in presenza di segni di sofferenza, • se la persona non desidera più essere idratata. TERAPIA FARMACOLOGICA Quando si coinvolgono i pazienti e i loro familiari e caregiver nelle decisioni sul controllo dei sintomi nel fine vita: Utilizzare il piano assistenziale per aiutarli a decidere quali farmaci siano clinicamente appropriati Discutere benefici e rischi di tutte le opzioni terapeutiche offerte, con particolare attenzione agli effetti sedativi Quando si valutano i farmaci per il controllo dei sintomi, tenere in considerazione: Probabile causa dei sintomi Preferenze della persona in fine vita informata di rischi e benefici del farmaco Eventuali preferenze individuali o fattori culturali che possano influenzare la scelta della persona Eventuali altri farmaci assunti per gestire i sintomi o eventuali rischi associati al farmaco che possano influenzare le decisioni sulla prescrizione. Per le persone in fine vita, considerare un trattamento non farmacologico dei sintomi o dei segni di sofferenza (es. ventilatori facciali o finestre aperte in caso di affanno, oppure il cambio di posizione o l’aspirazione per le secrezioni respiratorie rumorose). Per coloro che iniziano il trattamento e non hanno mai utilizzato farmaci per il controllo dei sintomi, iniziare con la dose minima efficace e titolare come da indicazioni cliniche. Prendere in considerazione l’utilizzo di una siringa temporizzata per l’infusione di farmaci per il controllo continuativo dei sintomi, se sono già state somministrate più di 2 o 3 dosi di farmaco “al bisogno” nelle 24 ore.Consultare uno specialista in cure palliative se i sintomi della persona in fine vita non migliorano rapidamente con il trattamento o se si presentano effetti collaterali indesiderati, come sedazione non voluta. GESTIONE DEI SINTOMI Sintomi più frequenti: Prescrizione anticipata: Personalizzare l’approccio prescrivendo farmaci a scopo anticipatorio o “al bisogno” per le persone in fine vita che verosimilmente avranno necessità di controllare i sintomi. Prendere in considerazione: o Probabilità di presentazione dei sintomi o Rischi e benefici conseguenti alla somministrazione, o meno, di questi farmaci o Rischio di deterioramento improvviso della persona (es. emorragia catastrofica, convulsioni) e la necessità di un controllo urgente della sintomatologia o Setting assistenziale e tempo necessario per avere accesso ai farmaci. Quando vengono somministrati i farmaci prescritti a scopo anticipatorio, monitorare almeno quotidianamente benefici ed effetti avversi e fornire riscontri al medico di riferimento per adattare il piano terapeutico se necessario. INTERVENTI DI ASSISTENZA Alleviare la sofferenza, fornire il comfort, gestire i sintomi e sostenere la famiglia Importante prendersi cura del paziente: • I sintomi dolorosi e umilianti possono essere controllati. • Non esistono schemi fissi di comportamento: assistenza psicologica, clinica e spirituale. • Essere coinvolti senza essere travolti dalle emozioni e dalle sofferenze. • Equilibrio tra il curare con le parole e curare con la tecnica. Aiutare il malato se lo chiede e se lo desidera a dare un senso a quello che succede. È opportuno: ascoltare molto il malato conoscerlo e capire su cosa si può fare leva E poi offrire le nostre ipotesi : • La sofferenza che il malato infligge alla famiglia → sostenere la famiglia rassicura il malato • La paura del malato per quello che accadrà → condividere con il paziente la paura. CARTA DEI DIRITTI DEL MORENTE Sono morali e non giuridici, chi sta morendo ha diritto a: • essere informato sulle sue condizioni se lo vuole • non essere ingannato e ricevere risposte veritiere • sollievo del dolore e della sofferenza • cure e assistenza continue nell’ambiente desiderato • essere considerato come persona sino alla morte • non subire interventi che prolunghino il morire • esprimere le sue emozioni • aiuto psicologico, conforto spirituale secondo le sue condizioni e fede • vicinanza dei suoi cari • non morire nell’isolamento e solitudine • morire in pace e con dignità INTERVENTI DI COMFORT Oltre alla gestione dei sintomi sono necessari interventi e attenzioni volti a salvaguardare dignità e autonomia della persona, dell’aspetto fisico e dell’ambiente. Lasciare il paziente libero di prendere decisioni sull’assistenza Informare e coinvolgere paziente e famiglia sulle terapie, effetti previsti e indesiderati. Dedicare al malato spazio per la gestione e la cura di se, concordando con il malato e valutando prima dolore, eventuale deficit scambi gassosi e stato emotivo. Dimostrare sempre rispetto per il paziente garantire la privacy. Garantire momenti privati tra paziente e familiari INTERVENTI DI SUPPORTO ALLA FAMIGLIA Alcuni bisogni dei familiari sono comuni, altri si diversificano a seconda delle situazioni e dei luoghi in cui avviene il decesso. Azioni infermieristiche per prendersi cura della famiglia: • Cogliere il loro vissuto • Cogliere le loro domande • Essere attenti alle loro risorse affettive e familiari • Porre attenzione ai loro limiti • Proporre loro di essere espliciti ed esprimere quello che sentono • Tenere un atteggiamento aperto di accoglienza I bisogni dei caregiver pazienti terminali seguiti a domicilio sono ancora più complessi. Il familiare si trova a «mettere la sua vita in pausa» sino al punto di trascurare la sua famiglia.