Scarica Dal disagio alla rinascita del sÉ1 e più Prove d'esame in PDF di Pedagogia Sperimentale solo su Docsity! DAL DISAGIO ALLA RINASCITA DEL SÉ G. AMENTA Capitolo 1: lo sviluppo del sé, tra esigenze interne e disposizioni esterne L'evoluzione della specie umana si può distinguere in tre periodi fondamentali: 1. Sviluppo della corteccia cerebrale dell'homo sapiens, fondamentale per la lotta al la sopravvivenza. Si sviluppa la capacità di differire le risposte, di controllare e di monitorare le tendenze istintive e di agire in maniera deliberata. 2. Sopravvivenza legata al gruppo, dunque controllo del comportamento stintivo per gestire le dinamiche conflittuali. 3. Sviluppo della consapevolezza della “mente” e del proprio sè. Ognuno di noi ha la necessità di stabilire un equilibrio ottimale tra l'espressione e l'attualizzazione del proprio sè, da una parte, e le limtazioni sociali, dal'altra. In senso piagetiano, si può definire, come ricerca di equilibrio dinamico tra assimilazione e accomodamento, ovvero come ricerca di equilibrio ta aspettative antagoniste e contrastanti, tra esigenze personali e sociali, in sostanza si può definire con il termine Integrità. Essa si può concepire ome l'esito dell'espressione e dell'appagamento dei propri bisogni vivendo con gli altri e continuando a mantenere i confini tra sè e gli altri. Tra le finalità educative fondamentali da promuovere per consentire all'educando di risolvere efficacemente i conflitti tra esigenze personali e sociali, si possono segnalare: • L'empatia • Consapevolezza di sé e dell'altro • L'assertività, intesa come atteggiamento alternativo alla passività • La capacità di partecipazione attiva al sociale • L'autodeterminazione nei rapporti interpersonali Capacità di negoziare le aspettative reciproche evitando di prevaricare o sopraffrare gli uni e gli altri nelle transizioni tra esigenze individuali e sociali 1. IL SÉ E LA SUA RAPPRESENTAZIONE. Sulla base delle transazioni ciascuno costituisce e ricostruisce il proprio sè e la sua rappresentazione che via via evolvono, si definiscono e si ridifiniscono. Si tratta di percorsi che si avviano fin dai primi giorni di vita, parallelamente allo sviluppo della consapevolezza del bambino di essere separato dalla madre. Riflettendo sullo sviluppo del concetto di sè: ALLPORT, evidenziava che la mente umana risulta in grafo di osservare e di analizzare se stessa. SCILLINGO, rivela che il sè costituisce l'insieme di rappresentazioni mentali riguardanti se stessi, elaborate in modo analogo a quelle relative a qualsiasi altro oggetto del modo esterno e che vengono conservate in memoria. Ogni rappresentazione di sè risulta plurima, articolata, organizzata. Costituisce la sintesi delle molteplici esperienze derivanti dal contatto col mondo esterno e interno, che rappresentano pur sempre occasioni per esprimere e per attualizzare se stessi, per definirsi e per ridefinirsi. Nello sviluppo del concetto del sè intervengono processi di natura cognitiva, affettiva ed emotiva, quindi le informazioni e le conoscenze che lo connotano risultano costruite e ricostruite sulla base di una serie di processi di natura transazionale e costruzionista. La rappresentazione del sè, si origina all'interno del'individuo e costituisce in buona misura l'esito dei processi di costruzione e ricostruzione di credenze e di sistemi di conoscenza che, in seguito all'impatto con la realtà, vengono incessantemente testate, verificate e ridefinite. É sulla base dei processi di interazione - confronto che ciascuno seleziona, abbandona, scarta, modifica, elabora e rielabora il concetto di sè, nonchè la rappresentazione degli altri, del mondo e della realtà. Pertanto è preferibile ragionare in termini di gerarchia di rappresentazione a seconda che prevalgono aspetti centrali o periferici del sè. La proposta, è di superare l'idea dell'esistenza di un unico concetto di sè preferendo quella di "sinfonia di molti sè" di altrettante gerarchie di rappresentazione degli altri diversi da sè ( la personalità si rivela in maniera contraddittoria, ovvero caratterizzata da molteplici sè o secondo identità plurali, composta da diverse parti talora dissonanti e conflittuali. L'Analisi Transazionale ripropone l'idea di molteplicità di schemi-persona presenti all'interno della personalità, denominati Stadi dell'Io). 2.CRESCITA E ATTUAOIZZAZIONE DEL SÉ • Nella rappresentazione del sè affonda le radici il progetto di sè e il progetto di vita. • Esistono varie interpretazioni: 1. Il processo di crescita del sé può essere interpretato tramite variabili intrapsichiche , interne al soggetto e tramite fattori di tipo dinamico come la nascita, lo sviluppo, l'evoluzione. Secondo questa idea esistono dentro l'individuo delle forze interne all'interno della personalità che sono la base dell'evoluzione del sè. 2. Un'altra interpretazione può essere di tipo ambientalista, in quanto il sé può essere formato da una serie di sistemi di reazioni specifiche agli stimoli ambientali, quantificabili, misurabili e osservabili. 3. Altra interpretazione sostiene che il sè, il progetto e la sua attualizzazione scaturiscono dall'interazione tra persona e situazione, ovvero costituiscono l'esito dell'interazione tra due variabili complesse in cui la condotta sarebbe funzione dell'interdipendenza tra fattori appartenenti alla perdona e all'ambiente situazione. controllato, copiacente, servizievole, offensivo, ribelle, dato che costituiscono espressione dell'agire adattato sia le forme compiacenti che ribelli ("agire per ottenere qualcosa"). 4. RESTRIZIONI E LIMITAZIONI NELLO SVILUPPO DEL SÉ Durante la crescita le persone non sanno quello che vogliono e non hanno la più pallida idea di quello che sentono e quindi di ciò che sono. Numerosi sono i fattori che possono interferie sul processo di crescita del sè. Al fine di comprednere tali dinamiche o possibile riferirsi a più di un modello: STONE-STONE (2009): il sè si può concepire come un insieme dinamico di subsistemi che concorrono per il diritto di esistere, si esprimersi e di appagare le proprie esigenze. Si possono identificare due categorie essenziali di subsistemi: a) quella dei sè primari : comprende la parte del sè con cui ciascuno si è potuto identificare fin dall'inizio della sua esistenza. Si tratta di atteggiamenti, di sentimenti, di emozioni, variament autorizzati, approvati e incoraggiati dalla famiglia o dall'ambiente di appartenenza. Il sè primario costituisce l'esito del processo di adattamento, inteso come conformità alle prescrizioni su come essere e su "come dover essere", derivanti dall'ambiente di provenienza. b) quella dei sè rinnegati : comprenderebbero quelle parti del sè disconosicute e rifiutate, a seguito dell'accettazione dlle prescrizioni su "come non bisogna essere" derivanti dall'eseterno. Si tratta di aspetti del sè giudicati in manera poco favorevole dalla famiglia, dal gruppo, dall'ambiente e quindi ripudiate dal soggetto, determinato a eludere il rischio di non essere riconosciuro e accettato, specie dei momenti di maggiore vulnerabilità tipici delle prime fasi dello sviluppo. ANALISI TRANSAZIONALE DI BERNE: ogni persona nasce con un bagaglio di potenzialità ideali per diventare un principe o una principessa ma, a causa di determinai eventi traumatizzanti e delle decisioni assunte per fronteggiarle, si riduce a vuvere come una rana. L'immagine proposta da Berne per descrivere il processo di sviluppo e di crescita del sè, implica il costrutto di "copione di vita" simile ad una rappresentazione teatrale. Costituisce un piano di vita personale, che può contenere meccanismi e processi che possono variamente condurre all'allienzazione e al diniego del sè. Il copione di vita può essere concepito come progetto alternativo a quello naturale e proprio dell'individuo, che si fonda su determnate decisioni autolimitanti, assunte nelle prime fasi dello sviluppo, per fronteggiare gli eventi stressanti o traumatici. Ciascun copione consta di uana particolare costellazione di disposizioni interne cronicizzate e pensare, a sentire, ad agire in modi determianti che possono limitare o distorcere l'interpretazione della realtà, nonchè lo sviluppo e l'attualizzazione autentica e naturale del sè. Richiamando la metafra della sepoltura, i copioni distruttivi implicano lpattivazione di determiati percorsi sotterranei, automatici e ripetitivi che possono condurre in tutto o in parte alla tumulazione del sè. 4.1 GENESI DELL'ALIENAZIONE DEL SÉ • Oltre alla tumulazione, altra mmagine utile per rappresentare il diniego del sè può essere quella dell'innesto, impiegato in agricoltura per ottenere un nuovo essere, più fecondo e più giovane. (in una pianta, detta innesto, attraverso un taglietto si impianta una parte di un atra pianta detto nesto). Riferito al bambino pul riferirirsi a tagliare il bambino adattato con il suo passato rinnegando il contatto con le sue origini. L'educando, rispondento a un tale stimolo, può maturare l'idea di essere inadeguato, indegno. • Numerosi atti vandalici e di violenza inaudita sono alimentati dal bisogno di emergere, di dimostrare di essere coraggiosi, duri, forti solo per ottenere considerazione. La convinzion che si possa essere accettati soltanto mostrano prestrazioni sfolgoranti, sottenda la credenza di essere difettsi e di non potere essere accettati per come si è. 4.2 ALIENAZIONE INTEGRAZIONE • Determinant è il ruolo della compiacenza e della determinazione di assumere le apsettative, le idee, le risorse di qualcun altro. • Lo stile di vita che si fonda sul diniego e sulla svalutazione del sè difficilmente rislta vincente o soddisfacente. • L'atteggiamento cinvente si caratterizza per l'unicità, l'attendibilità, le genuinità che vincere non sosnsote necessariamente nel perseguire il successo, ma nel conoscere e nell'attualizzare il proprio sè. • L'individuo autentico vive nella realtà, prende atto di ciò che è, dei propri limiti, delle proprie potenzialità e delle proprie risorse. Si impegna ad attualizzare la sua specificità, evitando di sprecare energie per realizzare qualche immagine ideale e discrepante del vero sè, giungendo a simulare o a interpretare l'esistenza di qualcun altro. Invece di trasformarsi o di apparire come suppone che dovrebbe, pur di guadagrare amore, accettazione, riconoscimento, accetta di essere semplicemente Se Stesso. Si conseguenza raramente avrà èaura di pensare, sentire e agire a suo modo e di sbagliare manifestando ciò che è. • L'autenticità rappresenta un presupposto fondamentale alla base della spontaneità e della naturalezza. Capitolo 2: Complessità e opportunità nella relazione del sè • Non sempre i bisogni educativi dei ragazzi difficili ricevono le risposte sperate nei contesti educativi, per: 1. assenza di sintomatologia evidente dei disagi, non vengono riconosciuti 2.le relazioni educative declinano in dinamiche improduttive, riduttive, ripetitive così i bisogni educativ sottesi rimangono disattesi. • Uno schema di riferimento utile per inividuare alcune categorie di bisogni inappagati ele dinamiche coinvolte nelle questioni educative, è quello del Copione di vita. Per comprendere l'individualità e la condotta umana è possibile avvalersi di 4 tipologie di indagini: a. analisi strutturale e funzionale della personalità -Andrea, senza accorgersene, ha ripetuto il copione che lo ha segnato da piccolo: l'abbandono dei genitori naturali. Nell'intento di guadagnare accettazione e sostegno, inaugura un percorso che coinvolge gli adulti e i compagni in una sorta di gioco psicologico "il tribunale", infatti la prima mossa consiste nell'accuasare il compagno per provare che il cattivo non è lui a qualcun altro. - Il bisogno è quello di essere accolto e protetto, ma l'aspettativa è di essere ripudiato. -Il comportamento di Andrea, si può considerare di tipo Scenico. Si può interpretare come l'attualizzazione inconscia di pattern relazionali, conflittuali, irrisolti e presenti nella dua storia passata • Si possono identificare 3 tipi di comportamenti scenici o transferali: 1. ID: caratterizza un rapporto in cui l'allievo proieta sull'educatore i suoi bisogni infantili inconsci e insoddisfatti. 2. SUPER-IO: si realizza quando gli alliei proiettano sull'interlocutore talune esperiene irrisolte legate al comportamento di controllo e normativo da parte delle figure significative. 3. IO: si realizza quando viene attribuita alle figure significative una specie di funzione di Io ausiliare. In particolare, gli allievi si posono identificare con l'educatore, che diventa una specie di riferimento di importanza basilare. • Per quanto riguarda l'intervento educativo è necessario fornire risposre efficaci alla necessitò di recuperare il proprio sè, evitando interventi che potrebbero disconfermarlo o evitando percorsi che potrebbero alienarlo. Risultano appropriati i messaggi di stima incondizionata, rivolti all'essere, sono riconosciemnti gratuiti, interventi comunicativi indipendenti dall'agire dell'educando, che vengono somministrati perchè egli esiste e non per quello che fa. 2.2 DISTRUTTIVITÀ, RIPETITIVITÀ E VALENZA DIFENSIVA DEL COPIONE. • Quando le esperienze infantili sono traumatiche, penose è facile che abbiano il potere di riemergere, riaffiorare. • Secondo Freud, le pulsioni alla base dell'agire umano e di cui l'uomo è vittima, sono due: - quella della vita o Eros, -quella di morte o Thanatos: la distruttività e la coercezione a ripetere rappreseterebbero la diretta manifestazione dell'istinto di morte. • Bisogna distingue: - conoscenza dichiarativa: riguarda il apere cosa, comprende fatti, eventi, teorie; è conservata nella memoria a lungo termine ed è rappresentata e riprodotta tramite proposizioni, -conoscenza procedurale: riguarda il sapere come fare qualcosa; rappresenta una froma di conoscenza dinamica e più prossima alla realtà, quando viene attivata, ne deriva un riconoscimento i forme, azioni che implica una trasformazione o una modifica della realtà. Narrare l'esperienza legata a un trama implica la rievocazione del ricordo a livello di memoria dichiarativa esplicia. Ma alcune esperienze tramatiche, prima dei 3-4 anni raramente vengono codificate sotto forma dichiarativa, verbale, consapevole. Al contrario è facile che vengano codificate sotto dorma di conosceza procedurale implicia. Ne cnsegue la tendenza a evocate tali esperienza non in forma dichiarativa quanto rimettendole in scena. Le esperienze che vengono rimesse in scena sono quelle rimaste aperte e irrisolte e che attivano una specie di Effetto Zeigarnik, che conssite nella tendenza impellente a prosguire un'azione fino a portarla a termine. Tramite questo effetto un'esperiezna irrisolota può permanere in memoria in maniera più intensa e prolungata, rispetto a un'altra che è stata chiusa, determinando una sorta di otivazione al completamento. Quindi un modo di ricordare le esperienze consiste nella drammatizzazione. 2.3 PERCORSI DI COPIONE TRA FUGA E ATTACCO • Alcuni percorsi distruttivi e difensivi sono contrassegnati dalla relazione fuga- attacco e paura-rabbia. • L'emozione che contrassegna l'attivazione delle condotte aggressive è la rabbia. Generalmente è accompagnata da altri sentimenti e da uno o più fantasie inconscie che amplificano un aspetto specifico di sè o dell'interazione tra sè e l'altro. • JOHNS, al riguardo osserva che la rabbia costituisce un sentimento di copertura della paura. A suo parere i sentimenti essenziali che costituiscono la matrice degli effetti umani sono due: paura, limita e riduce il ventaglio di opzioni e le possibilità decisionali; speranza, intesa come apertura, aumenta le opportunità di trovare ulteriori spazi per pensare, agire, sentire in modo personale e creativo. • In merito alle relazioni tra rabbia e paura, analoga posizione assume BERKOWITZ, che asserisce che la persona giunga a odiare chi teme, e quella di GAYLIN, che considera paura e odio connessi e che la rabbia è il volto pubblico della paura nella maggior parte degli uomini e in molte donne. I due possono essere considerati due facce della stessa medaglia. • Anche alcune ricerche condotte sugli animali dimostrano che un soggetto in gabbia, di fronte a un pericolo, solitamente tende a fuggire o evitare la situazione avversa, ma quando questo non è possibile e non può liberarsi dalla minaccia è portato ad assalire l'avversario. • In sostanza nel rapporto tra paura e rabbia esitono due possibilità di reagire agli attacchi: l'agire aggressivo o la fuga. Ma entrambi gli impulsi sono inoperosi quando non si verificano attacchi, non ci siano minacce, nè bastano da soli a produrre una tendenza all'aggressiva o alla fuga . Infatti i percorsi difensivi, risultano congruenti on la sensazione di pericolo avertita, sulla base del contatto con la situazione avversa e ostile. L'interpretazione del repentaglio, costituisce l'esito di una serie di processi influenzati da molteplici fattori, ad esempio, il concetto di sè. l'esperienza passata e alcune disposizioni interne caratterizzanti il copione. 2.4 REAZIONI ABNORMI, COPIONE E FRAGILITÀ DEL SÉ • Le reazioni difensive risultano abnormi rispetto ai pericoli e alle minacce oggettive che auspicherebbero prevenire o fronteggiare. Alla base di alcune reazioni incongruenti ci sono esperienze pregresse non adeguatamente elaborate e risolte, che possono essere assunte come una specie di occhiale per leggere e per interpretare la realtà. Le esperienze passate possono, come una lenta, attenuare, oscurare, amplificare, distorcere e ridefinire gli stimoli situazionali. • Quando si verificano reazioni abonrmi il soggetto è: ostile, scarsa autostima di sè, diffidente. 3. COPIONE, CAMBIAMENTO, EDUCAZIONE • Berne, ha evidenziato che il copione si fonda su determinate decisioni assunte dal bambino in età precoce, in seguito automatizzate e cronicizzate. • Tecnicamente il copione di considera decisionale, ovvero frutto di decisioni fondamentali assunte dal soggetto. Ne consegue che, per modificare il copione e i percorsi che ne derivano, occorre agire sulle decisioni primodiali su cui si fondano, ovvero sulle determinazioni originariamente assunte. • Il primo passo consiste nell'ESPLORARE e se necessario MODIFICARE in tutto o in parte le rappresentazioni e le interpretazioni della realtà su cui le decisioni di copione si basano. • Il secondo passo conssite nell'EDUCARE A ORIENTARE L'ESISTENZA IN DIREZIONE COSTRUTTIVE, motivando e intervenendo nei singoli momenti dei percorsi che man mano vengoo inaugurati e realizzati. 3.1 INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO E INTERVENTO EDUCATIVO • La psicoterapia rappresenta una forma di aiuto intensivo extrascolastico che prende le mosse dalla rilevazione e dall'analisi del piano di vita del paziente per procedere poi in maniera esplicitia e diretta, alla modifica dei percorsi distruttivi partendo dalla riappropriazione dei permessi negati. Ci si propone, in pratica, di aiutare ciascuno ad assumere percorsi cotruttivi per soddisfare i propri bisogni legittimi, abbandonando quelli illusori, ambivalenti, disfunzionali. • Nel caso dei contesti educativi si tratta di tradurre in pratica la difficile convivenza tra insegnante, fautore dell'alfabetizzazione culturale dell'alunno, ed educatore, promotore della formazione integrale della sua personalità. (= per sviluppo armonico e integrale della persona). • Il docente utilizzerà modelli e interpretazioni alternative che gli consentano di Utilizzato per esprimere la tendenza ad adempiere le aspettative e i bisogni altrui, ovvero la condotta legata alla velocità di assecondare qualcuno, di piacere e di essere graditi. In alternativa si usa il termine Lecchino. • Una seconda esrpessione è quella di Desiderabilità sociale: descrive la condotta tipica di chi intende fare buona impressione o di costruire un'immagine positiva di sè. Tecnicamente designa la tendenza a fornire risposte non autntiche in sede di esame o di valutazione, pur di fare bella figura, pur di apparire migliori rispetto a come di ritiene di essere e tenetando di conformarsi a una rappresentazione ideale di sè, costruita immaginando le aspettative dell'asaminatore. • Si possono identificare due percorsi comportamentali tipici dell'agie degli educandi che si prodigano a costruire un'immagine positiva di sè: 1. Il primo stile si caratterizza per il tentatico di eludere le eventuali reazioni negative dell'interlocutore, impressionandolo tramite l'ostentazione di qualità e di successi personali, di titoli posseduti, di proprietà. Si può osservare in Cci assume questo stile, un grado elevato di ambizione e la difficoltà a cogliere l'impatto che si esercita sugli altri attraverso il proprio agire (es. noia, fastidio). 2. Nel secondo stile, c'è il tentativo di tutelarsi evitando le situazioni poco protettive, anaizzando attentamente le reazioni dell'interlocutore, intercettando le sue aspettative e conformandosi ad esse. Si può cogliere una sensibilità spiccata riguardo ai giudizi e alle reazioni altrui, secie delle persone significiative. L'edicando tende costantemente a sintonizzarsi sugli altri. In pratica li osserva, li ascolta nell'intento di cogliere la reazione critica nei suoi riguardi. Tende a mostrarsi timido, inibito, piccolo ed evita di mettersi n evidenza per timore di venire umiliato. • Il senso di inadeguatezza risulta connesso alla tendenza a confrontarsi con un ideale di sè elevato, connesso al desiderio segreto di esibirsi in maniera grandiosa, ovvero tramite prestazio somme o folgoranti. • Il rapporto tra il senso di inferiorità e scelta di un orientamento esistenziale aperto al sociale o volto alla chiusura e all'evitamento è stato esplorato da ALFRED ADLER: nello stile pre-sociale, l'educando risulta aperto e diaponibile al ontatto con gli altri, assume atteggiamenti collaboratici e cooperativi, si mostra capace d integrarsi dei gruppi e di mettersi nei panni degli altri; nello stile Esistenziale, l'educando dubita del proprio valore personale e ritiene di possedere scarse risorse per fronteggiare le situazioni sociali e interpersonali. Può mettere in atto strategie di evitamento per garantirgli protezione contro eventuali atacchi, critiche e confronti che lo riporterebbero in contatto con proprio senso di inadeguatezza. • Per riflettere sull'atteggiamento ipercompiacente può essere utile riflettere sulla distinzione proposta dell'esperienza psichica. Per forntegiarla al meglio, il bambino avrebbe necessità di ottenere determinate risposte positive, rassicuranti e non frustranti- Si tratta di atteggiamenti fondamentali ai fini dello sviluppo del senso di unitarietà e di individualità, ovvero ai fini dell'istituzione di un Sè che ha un'esistenza continua, che acquisisce un'esistenza psicosomatica e che sviluppi la capacità di metttersi in rapporto con gli oggetti. • Il supporto attento, autentico e rispettoo elle proprietò individuali del bambino incoraggerebbero lo sviluppo del vero sè. • Il falso sè, sarebbe correlato a una laterazione dell'interazione madre-bambino fondata sulla rischiesta di diventare accondiscendenti e compiacenti come condizione per essere accettato. Il falso sè, contrassegnato dalla confusione e dal senso di smarrimento, colmerebbe la carenza della risposra genitoriale relativa alla conferma dell'unicità e delle qualità del bambino. 2. MANIFESTAZIONI E FORME DELL'AGIRE IPERADATTATO. • Secodo l'analisi transazionale ci sono 5 modi tipici di compiacere im maniera smisurata che costituiscono manifestazioni esterne della realizzazione di 5 rispettivi ordini interni: sbirgati, compiaci, sii forte, sfrozari, sii perfetto. 2.1 RITROSIA, INIBIZIONE E PERFEZIONISMO • Uno dei modi in cui si manifesta l'iperadattamento è rintracciabile nell'agire tipico di chi assume atteggiamenti esageratamente educati, attenti, controllati che possono tradursi nella ritrosia, nell'inibizione, nel blocco e nell'inazione. • Esempio di stile inibito e controllato: Luca, 9 anni, è: educato, non disturba, non parla con i compagni, rimane sempre seduto. Il suo comagno di banco, Giorgio, viene mandato in un altra classe perchè presenta disagio e difficoltà di apprendimento. Luca è angosciato per questo evento. La maestra rinforza l'iperadattamento dicendo a Luca "tu mi servi" perchè vuole affidarlo agli altri compagni che distrubano. Il diasgio che si cela dietro il perfezionismo eccessivo, rischia di rimanere disconosciuto e disatteso. • Dietro la ritrosia e la scupolositò si cela la para del rifuto, del ripudio, dell'abbandono, coonnessa all'immagine che alcuni tentano di matruare di sè, dominata dala credenza che dentro abbiano qualcosa di difettoso che non consente loro di poter essere accettati e amati così come sono. • Dietro l'inibizione e il perfezionismo, è presente la paura delle coneguenze che potrebbero derivare dal comportarsi in modo difforme rispetto a quanto immaginato dalle persone signigicative. La ragione per cui si impegnano a non sbagliare è che temono le conseguenze. Tanto più elevato è l'autocontrollo, tanto più elevato è la paura, e al contrario, tanto più è elevata la paura, tanto più sono alti autocontrollo, inibizione, perfezionismo. • Inibizione e ritrosia, possono degenerare fino all'inazione. In sostanza, pur di evitare di sbagliare, alcuni stabiliscono di non fare nulla. Tentano di proteggersi dalle conseguenze, derivanti dagli eventuali errori che potrebbero commettere, rifugiandsi nell'inoperosità e in una specie di blocco di opzioni. In questo caso, in classe, ad esempio, in caso di inibizione, blcco, inazione, occorre prodigarsi per attenuare la pressione promuovendo climi relazionali costruttivi, meno formali e meno ansiogeni e insegnando che è umano sbalgiare. • Un intervento utile può essere di invitare gli allievi a riflettere su come utilizzare gli sbagli in ma iera produttiva, ad esempio scorgendovi i risvolti positivi; Un secondo intervento valido consiste nel suggerire agli allievi di riflettere dulle importanti scoperte fatte grazie a degli errori; altra possibilità è di invitare ciascuno a esprimere e a verbalizzare quel che sente, ovvero la paura di sbagliare, di balbettare, di arrossire, di inibirsi, di confondersi, di bloccarsi. Chiedendo all'educando di esprimere quel che sente, si inaugura un percorso volto alla consapevolezza, all'accettazione e alla integrazione di quelle parti di sè denegate perchè ritenute improprie. 2.2 COMPIACENZA E DOCILITÀ • Un secondo modo di comformarsi alle attese degli altri e degli adulti significativi è di assumere uno stile Servizievole, disponibile, dcile accondiscendente. Alcuni educandi si mostrano altruisti, incapaci di direno e di rifiutare le ricieste e le aspettative degli altri. • Alla base della decisione di compiacere in maniera indiscriminata, qualcuno ipotizza l'intento di: -proteggersi dall'angoscia di base: in un ambiente ostile e minccioso, l'individuo troverebbe utile assumere un atteggiamento remissivo, accondiscendente, sottomesso. - dallo stress legato a determinate tipologie di relazioni: l'indivduo determina di agire in modo dimesso, pur di eludere lo stress legato ad alcune dinamiche relazionali turbolente. • La compiacenza può portare l0educando a mettersi da parte, a evitare di esprimere i prori pensieri, i propri bisogni, i propri sentimenti pur di non perdere i privilegi ipotizzati e legati al fatto di accontentare gli altri. Chi agisce in questo modo, raramente riesce a compiacere anche se stesso. La compiacenza esagerata e sconsiderata sottende dipendenza da altri e disadattamento vero di sè. Implica l'idea che non di possa vivere senza l'accettazione e il riconoscimento da parte di altri. Implica la paura che rifutarsi di compiacere comporti dei rischi: il timore di essere abbandonati, respinti, ovvero confermare la credenza di essere intrinsicamente difettosi. • Dinanzi a queste condotte, gli educatori possono incorrere nell'errore di interpretarle ome segno di docilità, di dedizion, di riconoscenza. É fondamentale chiedersi se dietro il comportamento compiacente sono presenti paure, sofferenze, senso di colpa per essere nati, diversi dagli altri o da come le persone desidererebbero che fossi. • L'educando deve imparare a portare il baricentro su di sè. Per farlo, può essere aiutato a prendere atto, a esprimere e a esplorare la paura, nonchè le minacce immaginate e conseguenti al fatto di rifiutarsi di compiacere. 2.3 L'AMBIVALENZA TRA DOCILITÀ E RIBELLIONE • L'analisi transazionale individua un ordine interno denominato Sforzati o Dacci dentro. Si tratta di una spinta che alimenta determinate forme di comportamento, contrassegnate dalla propensione a tentare e a ritentare invano di conformarsi alle aspettative degli altri. Arendt, si imbatte in aluni fattori sorprendenti che la portano ad attribuire alla banalità, la realizzazione dell'olocausto. Il profilo che affiora è quello di un uomo comune, piccolo, un insignificanre uomo, che realizza atrocità come se nulla fosse, trasformandosi in un docile strumento di morte. • Ciò che emerge da questi comportamenti è la tendenza a ubbidire senza riserve ritenendo di non avere responsabilità. 2. L'UBBEDIENZA CIECA IN UN CELEBRE SUICIDIO DI MASSA • Uno delgi esempi più drammaici di obedienza cieca si può intravedere in quanro accaduto il 18 novembre 1978, nella giungla della Guyana in cui Jim Jones, lider di una setta religiosa americana nota come Peoples Temple (tempio del popolo), ordinò ai fedeli di suicidarsi in massa. • Il fanatismo èuò spiegare in parte il suicidio collettivo.Un ruolo determonate lo ha avuto l'iperadattamento e l'abitudine all'obbedienza inveterata, radicata, cronica da parte dei fedeli. 3. L'UBBIDIENZA IN ALCUNI ESPERIMENTI CLASSICI • Per quanto riguarda la tendenza ad ubbidire, si rivolgerà l'attenzione sugli esperimenti realizzati da Stanley Milgram. • Milgran, intende verificare se e fino a che punto i complici nazisti che resero possibile l'olocausto, si fossero limitati a eseguire gli ordini ritenendo che la responsabilità non appartenesse a loro, ma a chi impartiva gli ordini. Ne deriva l'utilizzo di una morale riduttiva, tipica del bambino adattato, interessato a trovare giustificazioni dinanzi a possibili accuse, che porta i partecipanti ad assumere, come principio regolatore fondamentale del loro agire, le conseguenze e gli esiti della loro condotta, ovvero le eventuali sensazioni conseguenti al giudizio di osservatori esterni. • Le persone coinvolte, in sostanza eseguono quanto richiesto violando le regole di propri valori e del proprio buon senso. 4. OSSERVAZIONE CONCLUSIVA Dalle riflessioni sull'obbedienza, sulla docilità e sulla compiacenza, si possono derivare alcune considerazioni utili per l'educazione. Si può desumere che un potente antidoto per prevenire e per far fermare la condotta auto ed eterno ditruttivo, conssite ad ASCOLTARE SE STESSI, a evitare di abidicare a se stessi, nonchè ai propri pirncipi e ai propri valori. Si tratta di una delle premesse importanti per poter dire di NO e per opporsi ad azioni e a condotte inaccetabili. In second luogo, si può trarre l'invito a verificare se e in che misura le istituzioi educative l'ambienre familiare e sociale, prediligono lobbedienza e l'adattamento compiacente, da parte degli edcuandi, o l'autenticità, l'autonomia e in senso critico. Altro appello che si èuò ricavare, dalle riflessioni proposte, è di analizzare e di verificare la propria concezione del male. La proposta di Zimbardo, a riguardo, è di assumere che il male consista nel fare del male, ovvero nell'arrecare danno e dolore a qualcuno. Educare a prendere atto della sofferenza inflitta, a suo parere, consente di prevenire l'abitudine diffusa di tentare di legittimare il proprio o altrui agire distruttivo ricorrendo a giustificazioni superficiali o inutili tentativi di attribuire la responsabilità ad altri. Ne consegue che educare futuri eroi non consiste nel formare personalità straordinarie, potenzialmente capaci di uccidere o di morire in assoluto. Al contrario, si tratta semplicemente di formare persone comuni, che siano in grado di disobbedire quando si tratta di far del male o di attivarsi per impedire che altri lo facciano. Capitolo 5: Tecniche paradossali e riappropriamenti del sè. 1.ALCUNE TECNICHE DI INTERVENTO PARADOSSALE • L’uso del paradosso origina dalla constatazione che quanti chiedono aiutano, da una parte, dichiarano di essere interessati a cambiare, dall’altra mostrano dirifiutare ogni cambiamento. In tali situazioni si può individuare la presenza di due ordini di forze contrastanti, ovvero la tendenza verso la crescita e il cambiamento, da una parte, la propensione stabile verso la conversazione dello status quo, dall’altra • La richiesta di aiuto si traduce spesso in messaggi del tipo “aiutami a cambiare senza modificarmi”. • L’intento di quanti utilizzano le strategie paradossali è che, invece di avviare inutili manovre volte a proporre o a imparare il cambiamento, che rischiano di rimanere inutilizzate, si può prendere atto della resistenza e utilizzarla opportunamente anzichè subirla. DUNLAP, a partire dal 1928,fu il primo ad usare una particolare tecnica paradossale denominata “Prescrizione del sintomo” e a documentare l’utilizzo in uno scritto sulla suggestione. La strategia proposta consisteva nell’invitare il paziente a non fare una determinata cosa per stimolare la relazione opposta.; il altre parole, per elicitare la risposta realmente auspicata. Successivamente FRANKL (1957), ha sperimentato e documentato l’utilizzo di un metodo di intervento analogo, denominato intenzione paradossa o paradossale, su problematiche di tipo ossessivo, fobico, coatto. Nel trattamento della schizzofrenia, una tecnica affine, denominata analisi diretta, è stata adottata da John ROSEN (1953): nei momenti in cui constatava che il paziente era prossimo a una ricaduta o a una riacutizzazione della malattia, lo studioso prescriveva di determinare l’aumento massiccio dei sintomi e dei comportamenti problema. Tale strategia, secondo Rosen, era in grado di prevenire e di attestare il peggioramento. Le tecniche paradossali si diffondono ulteriormente grazie al contributo di DON D. JACKSON (1963), nel trattamento dei pazienti paranoici, e degli studiosi della Scuola di Palo Alto. La prescrizione impiegata, nella fattispecie, consisteva nel chiedere al paziente di diventare sospettoso o meglio diffidente. 1. L’INTENZIONE PARADOSSA SECONDO FRANKL • L’intenzione paradossa rappresenta una delle due tecniche fondamentali, insieme alla dereflessione, proposte nell’ambito della Logoterapia di Frankl. Essa consta nell’incoraggiamento della reazione opposta a quella auspicata o attesa dal paziente. In pratica, la persona viene invitata a sforzarsi di realizzare quanto teme, quanto vorrebbe evitare e, quindi, il contrario di quanto desidera. (es. Una donna ha paura di svenire in ascensore. Tramite l’intenzione paradossa , egli deve salire in ascensore con il fermo desiderio di avere un collasso. Constaterà che quanto più intensamente tenta di svenire, tanto meno ne sarà in grado). • Sia l’intenzione paradossa, quanto la dereflessione si fonderebbero su due meccansimi fondamentali che regolano la vita psichica: l’AUTOTRASCENDENZA e l’AUTO-DISTANZIAMENTO. L’intenzione paradossa promuoverebbe l’auto- distanziamento intervenendo sul particolare meccanismo dell’ansietà anticipatoria, tenendo conto che un dato sintomo, da parte del paziente, l’aspettativa, piena di timore che una certa cosa possa succedere. Il timore, tende sempre a fare accadere ciò che è temuto e, nello stesso modo, l’ansietà anticipatoria è soggetta con un certa probabilità a fare scattare ciò che il paziente con tanto timore si aspetta che succeda. Si forma un circolo vizioso. • Sarebbe l’aspettativa a determinare uno stato di insicurezza interiore e quindi a facilitare che l’esito negativo temuto si realizzi. • Ak fube di cogliere il processo sotteso all’intenzione paradossa, gli studiosi sembrano incentrarsi sulla tendenza dell’individuo a eludere le situazioni sentite ingestibili e incontrollabili che, determinando precise aspettative, inaugurerebbe una specie di profezia che si autoavvera. La constatazione è che l’ansia si dissipa, se invece di combattere contro le paure e le aspettative angoscianti, che avviano il percorso che si autoalimenta, l’individuo aimpara a desiderarle. 2. DOPPIO LEGAME E PRESCRIZIONI PARADOSSALI • Nel tentativo di aiutare una persona, le ozioni possibili sarebbero due: 1. Invitarla esplicitamente ad agire in modo diverso e quindi di cambiare: modalità efficace solo in parte perchè l’educando e il paziente non necessariamente sono in grado di controllare in modo volontario I sintomi e I comportamenti problema. 2. Invitare l’interlocutore a comportarsi così come si sta già comportando o meglio ad aumentare la frequenza o l’intensità del comportamento indesiderato: secondo gli studiosi, si innescherebbe un Doppio Legame analogo a quello che si può identificare in prescrizioni tipicamente paradossali del tipo “sii spontaneo”, che rapresenta una delle classiche ingiunzioni irrealizzabili. La spontaneità non pul essere realizzata a comando o rispondendo allinvito di un’altra persona. • Le tecniche paradossali si possono clssificare in 4 categorie: a) Strategie che si fondano su Restraning: tentativo esplicito di scoraggiare o impedire il cambiamento (es. Frasi tipiche: via piano, procedi con prudenza per la guarigione) b) Utilizzo delle connotazioni Positive: efficaci con persone che inavvertitamente boicottano lìazione dell’esperto. Sono interventi che giudicano la condizione problema attuale come la migliore imaginabile, evidenziando che perquanto possa risultare difficile qualsiasi cambiamento richiederebbe rischierebbe di Capitolo 6: Situazioni educative complesse e opzioni per il recupero del sé 1. LA GESTIONE DELLA DEMOTIVAZINE DEGLI ALLIEVI • I docenti chiedono spesso indicazioni su come attirare, catturare e mantenere l’attenzione degli allievi, su come motivarli, su come renderli partecipi. Non esistono ricette, ciascuno dovrà interpretare le situazioni, identificare i bisogni educativi sottesi e ideare strategie qualificate volte a soddisfarle. 1.1 FENOMENOLOGIA DI UNA PROBLEMATICA RICORRENTE • Incoraggiare gli studenti ad ascoltare una lezione o partecipare a una deerminata attività didattica non sempre risulta semplice. • Dinanzi a situazioni del tipo il docente dispone delle seguenti opzioni: 1. ricorrere alle strategie comuni, come l’imposizione, l’appello alla buona educazione: implica la scelta all’adattamento e al diniego di quelle parti del sé degli alunni, che ressitono e che rifiutano di fare quanto proposto. Sotto l’effetto dell’imposizione, della minaccia dell’abbassamento del voto in comportamento, della nota, lo studente potrebbe anche sforzarsi di partecipare ma non è detto che si incoraggi la motivazione ad apprendere. 2. volgere attività didattica prefissa pur sapenso che verrà seguita soltanto da lacuni e non da altri: implica una buona stima di sé tipica di chi non si lascia andare. La decisione di ignorare in silenzio nonsembra molto efficace. Il silenzio davanti a un comportamenti inadeguato, può venire interpretato come un consenso, un’autorizzazione a continuare a realizzarlo perché nel linguaggio educativo, ciò che non è esplicitamente vietato rischia di essere semplicemente autorizzato. 1.2 OPZIONI PER L’INTERVENTO • Alcuni messaggi appropriati sono: voglio che studi , vorrei che ascoltassi. L’educando potrà limitarsi a compiacere o a ribellarsi, a ubbiddire oppure a disubidire, senza alcuna necessità di impeganrsi per trasformare se stesso. • Secondo il principio della bilateralità compendiato di Berne, si può trarre l’appello a non dimenticare che educatore e educando sono persone distinte e che ciascuno ha il suo potere e la sua responsabilità. Di conseguenza così come appare complicato costringere a ingerire del cibo a chi rifiuta di mangiare, risulta alla stessa stregua arduo interessare l’allievo che non intende partecipare, motivalro se ha deciso di resistere. • Il docente può esplorare e tentare di comprendere le dinamiche in atto nel gruppo- classe, capire le difficoltà per poi somministrare e fornire stimoli. Inviti, negoziare gli obiettivi e le modalità di lavoro. • Può aiutare ciascun allievo a prendere atto, a esplorare e ad accogliere, secondo i casi, la sua demotivazione, il suo disinteresse, la sua reticenza, il suo rifiuto. Si tratta del primo passo per consentirgli di scegliere se accettare o meno quanto proposto, atteso che, ignorare i suoi vissuti o chiedergli di intervenire per manipolarli e per convertirli, risulta inutile e paradossale. • Gli interventi efficaci passano attraverso: l’accoglienza dell’educando nella sua totalità e la prosecuzione nella direzione dell’obiettivo prefissato. 2. FRONTEGGIARE L’AGGRESSIVITÁ E LA VIOLENZA, TRA INTEGRAZIONE E RISPETTO DI Sé • Problema: la prevenzione delle condotte impulsive, aggressive o violente. • Non sempre gli interventi educativi risultano efficaci. 2.1 UN CASO DI AGGRESSIVITà CONSOLIDATA • A partire da un caso, ci si prefigge di comprendere come mai, nonostante gli sfrozi del protagonista e di quanti si sono prodigati per aiutarlo, il problema non sia stato risolto, al contrario, sia stato rimandato. • Caso di Roberto: • Il padre percuoteva il bambino e la madre • tratti: perde la pazienza subito, arrabbiarsi e sbottare realizzando reazioni impulsive; essere mandati via; pregare l’interlocutore di riammetterlo a casa; promette di non farlo più. • Roberto ha tentato di controllare in tutti i modi la sua rabbia, impoendosi di non sentirla e di non utilizzarla. Il pirmo passo consiste nel cogliere cosa non funziona nei percorsi assunti. È fondamentale comprendere come mai, nonostante le buone intenzioni, l’impegno e la forte motivazione, Roberto non sia riuscito a risolvere il suo problema. 2.2 MECCANISMI IMPRODUTTIVI E OPZIONI UTILI PER L’INTERVENTO • Il proposito che innesca il percorso che, muovendo dall’intento di controllare la rabbia, è di rimuoverla, ovvero di non sentirla e di non utilizzarla. • Roberto agisce sulla credenza distorta secondo cui, pur di guadagnare accettazione, non possa adirarsi e quindi debba eliminare la rabbia dal suo repertorio della compentenza affettiva. L’ombra di tale convincimento di intravede nel suo stile oltremodo disponibile, gentile, sorridente, da bravo ragazzo. Si tratta di un atteggiamento che segnale lo sforzo di realizzare l’immagine di persona accettabile che coincide, per Roberto, con l’idea di persona che non si arrabboa. Taòle prototipo è stato elaborato dal bambino che Roberto era all’età di 5 anni. • Il percorso realizzato da Roberto sottende il desiderio di essere accolto. Ritenendo che la sua rabbia non lo consenta. Roberto teme di: • Essere difettoso • Tumula le parti considerate indegne • Realizza comportamenti ripropevoli • Li usa per confermare l’idea negativa di sé • Si rirporpone di curarsi rimuovendo le parti di sé ritenure cattive. • Quello che fa Roberto è rimuovere la rabbia. In realtà occorrerebbe promuovere l’utilizzo di tutti i sentimenti in modo appropriato, compresi quelli che attengonoalla categoria della rabbia. Questo permette di ampliare il ventaglio di opzioni consentendo di evitare le azioni violente e di scegliere come comportarsi. È importante per questo un educazione affettiva per comprendere le dinamiche i meccanismo e le opzioni per l’intevento.