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DE OFFICIIS: TRADUZIONE E COMMENTO STILISTICO, Appunti di Lingua Latina

Introduzione dell'opera, della sua genesi e delle fonti. Traduzione e commento stilistico dei paragrafi 1-69 compreso del II libro del De Officiis di Cicerone.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 04/09/2020

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Scarica DE OFFICIIS: TRADUZIONE E COMMENTO STILISTICO e più Appunti in PDF di Lingua Latina solo su Docsity! DE OFFICIIS: È l'ultima opera di cicerone, è una summa del suo pensiero filosofico. Bibliografia: Michael Winterbottom 1994 " SCRIPTORUM CLASICORUM BIBLIOTHECA OXONIENSIS" (ee-i- cicero-15-cons) Holden Cambridge 1879 Paolo Fedeli, Milano 1965 (bur) OPERE FILOSOFICHE: Altare 10 opere (rivedi titoli), redatte nell'ultima parte di vita di Cicerone, dalla primavera del 46 (Paradoxa stoicorum) fino all'autunno del 44 (de off.) →scrive oltre 10 opere in due anni e mezzo Periodo storico: È un periodo di crisi politica, è il periodo di instaurazione della dittatura a vita di cesare Cicerone è in primissima un uomo politico, la sua carriera è stata improntata sulla vita politica. (nel 63 è console). Dal 46 si approccia alla filosofia, perché si allontana dalla vita politica e la sua vita personale inizia a subire delle incrinature. Nel proemio del De Officiis giustifica il fatto di scrivere di filosofia Cicerone anche anche nello scrivere di filosofia svolge un'attività frenetica Il 46 è un anno particolare. Muore la figlia Tullia (Tulliola) di parto, nel febbraio 45. Cicerone è devastato da questo fatto, è inoltre un periodo nefasto sia per la sua vita privata sia per la sua vita pubblica, nel 46 divorzia da sua moglie Terenzia, successivamente si risposa con una donna molto giovane di cui si era momentaneamente infatuato, si separa anche da Publia (2 moglie). Cicerone inizia a comporre il De Officiis nell'autunno del 44. Gli studiosi ritengono che sia stato composto in questo periodo, non perché ci sia una data che indica l'inizio di composizione, ma da una lettera che Cicerone scrive ad attico (ATT 16,3,4 LUGLIO 44). In questa lettera Cicerone scrive ad attico di dover rinunciare a un viaggio in Grecia per andare a trovare il figlio Marco che si trovava in Grecia per studiare, era anche allievo del filosofo peripatetico CRATIPPO. Cicero scrive ad attico di non poter andare in Grecia perché il primo settembre ci sarebbe stata un'assemblea straordinaria in senato. (Cicero scrive proprio in questo periodo il de off e lo dedica al figlio marco) Nella lettera ad ATT 16,11, 45 NOVEMBRE, scrive di aver concluso due dei tre libri del De Officiis. Si ritiene che il DE OFFICIIS sia in stato redazionale: infatti abbiamo numerose forme non definite. Dal 1 settembre 44 a.C. Cicerone ritorna alla vita politica e scrive infatti le filippiche contro Marco Antonio in 14 libri. Questo significa che più o meno in quel periodo aveva anche concluso l'ultima sua opera filosofica. Il 7 dicembre del 43 a.C. Viene assassinato dai sicari di Marco Antonio a Formia. Il DE OFFICIIS è un testo filosofico scritto da Cicerone che ha come destinatario il figlio Marco, è quasi sotto forma di lettera (cfr o marco, o figlio mio, o Tullio) [cfr usanza romana di chiamare qualcuno per COGNOMEN è più affettivo] La maggior parte delle opere filosofiche di cicerone sono dialoghi, ma il DE OFFICIIS è scritto sotto forma di lettera. Argomento fondamentale: filosofia Pratica Officia = dovere morale che riguarda il MOS, il giusto modo di vivere la SOCIETAS romana. 1° libro → HONESTUM << ciò che è retto, moralmente buono>> [diverso dal TURPIS] → l'honestum è costituito da 4 VIRTUTES: SAPIENTIA <<prudenza>> IUSTITIA <<giustizia>> FORTITUDO << fortezza>> DECORUM << temperanza, moderazione >> 2° libro → UTILE Che cosa è utile? È utile farsi amare, cooperare. 3° libro → contrasto tra UTILIA e HONESTA (le cose utili e le cose oneste), in realtà come dimostra Cicerone questo contrasto è solo un contrasto apparente, poichè ciò che è utile è necessariamente anche onesto. FONTI: Nell' epistola ad ATTICO (16,11,4) Cicerone illustra le fonti di cui si è servito per comporre la sua ultima opera filosofica. Stoiche medio stoicismo: ➔ 1° e 2° libro → PANEZIO DI RODI che scrive "περί του κατεκοντος" <<sul conveniente>>. Questa di PANEZIO DI RODI è un'opera perduta di cui non abbiamo più notizie, secondo alcuni studiosi in alcune parti il DE OFFICIIS è proprio una traduzione latina dell'opera greca di PANEZIO. Cicerone stesso afferma di discostarsi soltanto alla fine del 1° libro, in cui ci propone il confronto tra HONESTUM e HONESTUM, e alla fine del 2° libro, in cui i propone il confronto tra UTILEM e UTILEM. ➔ 3° libro →POSEIDONIO DI APAMEA (Siria) che scrive anch'egli un "περί του κατεκοντος" , anch'esso perduto. 1-8: PROEMIO 5-6: ESALTAZIONE ED ESORTAZIONE ALLA FILOSOFIA 7-8: METODO ACCADEMICO PROBABILISTA, non si può raggiungere il verum, ma si può comprendere e distinguere ciò che è più probabile e ciò che è meno probabile. 9-10: SPIEGAZIONE, qui inizia ad addentrarsi maggiormente nella spiegazione dell’utile e di ciò che è utile. 23 = CICERO tratta 3 strumenti in questione per conseguire gli STUDIA, cioè il favore ela simpatia degli uomini che sono necessari a raggiungere l’UTILE. 3 STRUMENTI: 23-31: BENEVOLENTIA → farsi ben volere > DEPRECAZIONE DEL METUS 32-51: GLORIA → come mezzo necessario all’uomo politico per il conseguimento dell’utile (non come fine!) Primum enim, ut stante republica facere solebamus, in agendo plus quam in scribendo operae poneremus, deinde ipsis scriptis non ea quae nunc sed actiones nostras mandaremus, ut saepe fecimus. << in promo luogo infatti come ero solito fare quando vigeva ancora la repubblica, rivolgerei più impegno all’azione che allo scrivere, e poi avrei affidato agli scritti non questi argomenti di cui ora mi occupo, ma i nostri discorsi, come abbiamo fatto spesso.>> Cum autem respublica, in qua omnis mea cura cogitatio opera poni solebat, nulla esset omnino, illae scilicet litterae conticuerunt forenses et senatoriae. << ma poiché lo stato, nel quale ero solito riporre ogni mia preoccupazione, pensiero, azione non esiste più, di certo sono state messe a tacere quelle opere letterarie proprie dell’attività forense e senatoria>>. [4] Nihil agere autem cum animus non posset, in his studiis ab initio versatus aetatis, existimavi honestissime molestias posse deponi si me ad philosophiam rettulissem. << non potendo fare nulla nella mia mente, essendomi applicato fin dalla giovinezza a questi studi, ho pensato che i miei dolori potessero essere deposti in modo molto onorevole, se mi fossi rivolto (di nuovo) alla filosofia: >>. SI + CONGIUNTIVO= periodo ipotetico dell’irrealtà nel passato (3° tipo) ➔ SI RETULISSE, POSSE DEPONI EXISTIMAVI= principale enunciativa VERSATUS= participio congiunto valore causale NIHIL AGERE= unico sintagma in posizione forte Qui si giustifica ancora del fatto che scriva di filosofia Molestias= dolori inerenti alla vita politica, ma anche privata (cfr introduzione) Cui cum multum adulescens discendi causa temporis tribuissem, posteaquam honoribus inservire coepi meque totum reipublicae tradidi, tantum erat philosophiae loci quantum superfuerat amicorum et reipublicae tempori. Id autem omne consumebatur in legendo, scribendi otium non erat. << e a questa avevo dedicato molto tempo da ragazzo, per imparare, mentre dopo che incominciai a rivestire incarichi pubblici e mi dedicai intensamente alla politica, alla filosofia rimaneva il poco tempo lasciato libero dagli amici e dallo stato; questo veniva consumato tutto nella lettura, non avevo momenti liberi da dedicare alla scrittura.>> Cui= nesso relativo riferito alla filosofia Cum= c narrativo con valore concessivo Autem= valore copulativo Temporis= genitivo pstitivo Anche qui cicerone si giustifica ancora di star parlando di filosofia. [5] Maximis igitur in malis hoc tamen boni adsecuti videmur, ut ea litteris mandaremus quae nec erant satis nota nostris et erant cognitione dignissima. << in mezzo ai mali più grandi, credo tuttavia di aver perseguito questo buon obbiettivo, di mettere per iscritto quelle cose che non erano sufficientemente note ai nostri concittadini ed erano assai degne di essere conosciute.>> ut mandaremus= completiva quae nec erant= relativa antecedente ea Quid enim est, per deos, optabilius sapientia, quid praestantius, quid homini melius, quid homine dignius? << che cosa c’è infatti, in nome degli dei, di più desiderebile della sapienza, che cosa c’è di più importante, che cosa c’è di meglio per l’uomo, che cosa c’è di più degno dell’uomo?>> Serie di interrogative quasi retoriche, ritmo concitato → concinnitas tipica ciceroniana Hanc igitur qui expetunt philosophi nominantur, nec quicquam aliud est philosophia, si interpretari velis, praeter studium sapientiae. <<coloro che vanno in cerca della (sapienza) sono chiamati “filosofi”, e nient’altro è la filosofia, se vuoi intenderne il significato, se non il desiderio di sapienza;>> Sapientia autem est, ut a veteribus philosophis definitum est, rerum divinarum et humanarum causarumque quibus eae res continentur scientia. Cuius studium qui vituperat haud sane intellego quidnam sit quod laudandum putet. <<la sapienza è, come è stata definita dagli antichi filosofi, lo studio/ conoscenza delle cose divine, delle cose umane e delle loro cause, che li regolano, e chi biasima l’interesse per tale scienza, invero non riesco a capire che cosa sia ciò che ritengono si debba lodare.>> [6] Nam sive oblectatio quaeritur animi requiesque curarum, quae conferri cum eorum studiis potest qui semper aliquid anquirunt quod spectet et valeat ad bene beateque vivendum? << infatti piuttosto che si chieda/ si cerchi il diletto per l’animo e il risposo dall’affanno, quale può essere paragonato agli interessi di coloro che cercano sempre qualcosa che miro e sia in grado di realizzare (per vivere bene e felicemente) una vita buona e felice?>>. Sive ratio constantiae virtutisque ducitur, aut haec ars est aut nulla omnino per quam eas adsequamur. << se si cerca la norma nella coerenza e nella virtù, o è questa l’arte (filosofica) o nulla, questa per mezzo della quale seguiamo tali obbiettivi.>> Nullam dicere maximarum rerum artem esse, cum minimarum sine arte nulla sit, hominum est parum considerate loquentium atque in maximis rebus errantium. << affermare che non esiste nessuna arte degli scopi più importanti, non essendoci nessun obbiettivo per quanto minimo che possa essere raggiunto senza arte, è proprio degli uomini che parlano poco a riguardo e che sbagliano nelle questioni più importanti.>> Si autem est aliqua disciplina virtutis, ubi ea quaeretur cum ab hoc discendi genere discesseris? <<se esiste una qualche disciplina per la virtù, dove questa si ricercherà, qualora ci allontanassimo da questo genere di studi/ di apprendimento?>> Sed haec cum ad philosophiam cohortamur accuratius disputari solent, quod alio quodam libro fecimus. <<ma questi (motivi) sono soliti essere dibattuti in modo più accurato, quando esortiamo alla filosofia, questi che sono stati già passati in rassegna in un altro libro>>. Hoc autem tempore tantum nobis declarandum fuit cur orbati reipublicae muneribus ad hoc nos studium potissimum contulissemus. <<ma in questo momento devo soltanto chiarire il motivo per cui privato dalle cariche pubbliche mi sono dedicato preferibilmente a tali studi >>. [7] Occuritur autem nobis, et quidem a doctis et eruditis, quaerentibus satisne constanter facere videamur qui, cum percipi nihil posse dicamus, tamen et aliis de rebus disserere soleamus et hoc ipso tempore praecepta officii persequamur. << mi viene obbiettato e certo da domande di (uomini) dotti ed eruditi, se credo di operare con coerenza, io che affermo che niente può essere pienamente conosciuto, tuttavia sia sono solito discutere di altri argomenti sia in questa particolare circostanza mi occupo di seguire insegnamenti su ciò che si deve fare (officii)>>. Quibus vellem satis cognita esset nostra sententia. << a questi (uomini) vorrei che fosse noto il mio sentire/pensiero.>> Quibus: nesso relativo Non enim sumus ii quorum vagetur animus errore nec habeat umquam quid sequatur. Quae enim esset ista mens vel quae vita potius, non modo disputandi sed etiam vivendi ratione sublata? <<non sono un uomo/ tale che il mio animo se ne vada vagando nell'incertezza e non abbia mai una norma/ un qualcosa da seguire. Quale sarebbe codesto intelletto o piuttosto quale la nostra vita, se si eliminasse ogni regola non solo di discussione, ma anche di vita?>> Nos autem, ut ceteri alia certa, alia incerta esse dicunt, sic ab his dissentientes alia probabilia, contra alia dicimus. <<Io, per parte mia, come alcuni sostengono esservi alcune cose certe ed altre incerte, in disaccordo con questi, dico che alcune cose sono probabili, altre no.>> [8] Quid est igitur quod me impediat ea quae probabilia mihi videantur, sequi, quae contra improbare, atque adfirmandi adrogantiam vitantem fugere temeritatem, quae a sapientia dissidet plurimum? <<che cosa dunque c’è che mi potrebbe impedire/ mi impedisca di seguire quelle cose che mi sembrano probabili e rigettare ciò che mi sembra improbabile, e, evitando l’arroganza dell’affermare, rifuggire la presunzione/ temerarietà che è la più lontana dalla vera sapienza?>> Contra autem omnia disputantur a nostris, quod hoc ipsum probabile elucere non posset nisi ex utraque parte causarum esset facta contentio. <<invece tutto/ ogni argomento è posto in discussione dai nostri (dai filosofi che la pensano come noi), perché non potrebbe risplendere chiaramente ciò che è probabile, se non si facesse un confronto delle ragioni dall'una e dall'altra parte.>> Sed haec explanata sunt in Academicis nostris satis, ut arbitror, diligenter. Tibi autem, mi Cicero, quamquam in antiquissima nobilissimaque philosophia Cratippo auctore versaris, iis simillimo qui ista praeclara pepererunt, tamen haec nostra, finitima vestris, ignota esse nolui. Sed iam ad instituta pergamus. <<ma questi procedimenti sono stati ampiamente spiegati, io credo, nei nostri “Academica”. E invero, o mio Cicerone, benché a te, che frequenti gli insegnamenti di Cratippo nella più antica e nobile scuola di filosofia, dal pensiero assai affine a coloro che elaborarono queste teorie famose, ti stia dedicando a questa filosofia che è una delle più antiche e nobili, tuttavia non voglio che questa mia dottrina così vicina alla tua ti sia sconosciuta. Ma proseguiamo nel nostro proposito/ secondo il progetto che mi sono prefissato>>. Pergamus: da pergo, congiuntivo esortativo [9] Quinque igitur rationibus propositis officii persequendi, quarum duae ad decus honestatemque pertinerent, duae ad commoda vitae, copias opes facultates, quinta ad eligendi iudicium, si quando ea quae dixi pugnare inter se viderentur, honestatis pars confecta est, quam quidem tibi cupio esse notissimam. <<essendo state proposte cinque questioni di ricercare il dovere, delle quali due riguardano il conveniente e l’onesto, due la comodità della vita, le ricchezze, i mezzi, le disponibilità, la quinta la facoltà della scelta, se talvolta quelle cose che ho detto sembrassero combattere tra loro, è stata completata la parte dell’onestà, che desidero che per te sia ben conosciuta.>> Pertinerent: verbo impersonale confecta est: principale enunciativa si pugnare viderentur: sub 3° ipotetica irrealtà nel presente quae dixi: sub 4° attributiva relativa propria propositis: sub 1° circostanziale, ablativo assoluto quarum pertinerent: sub 2° attributiva relativa propria quam cupio esse: sub 1° attributiva relativa propria Nel primo libro cicerone ci dice che il cuore della TEMPERANTIA si traduce nel DECUS, duae ad decus honestatemque, è un chiaro riferimento a ciò che dice nel libro 1. Hoc autem de quo nunc agimus id ipsum est quod utile appellatur. In quo verbo lapsa consuetudo deflexit de via, sensimque eo deducta est ut honestatem ab utilitate secernens constitueret esse honestum aliquid quod utile non esset et utile quod non honestum, qua nulla pernicies maior hominum vitae potuit afferri. [14] Adde ductus aquarum, derivationes fluminum, agrorum inrigationes, moles oppositas fluctibus, portus manu factos, quae unde sine hominum opere habere possemus? << Aggiungi gli acquedotti, le deviazioni dei fiumi, le irrigazioni dei campi, le dighe opposte ai flutti, i porti creati dall'uomo/ artificiali, da dove potremmo avere tali cose, se non dall’opera umana?>> Ex quibus multisque aliis perspicuum est, qui fructus quaeque utilitates ex rebus iis quae sint inanima percipiantur, eas nos nullo modo sine hominum manu atque opera capere potuisse. << Da questi e da molti altri (esempi) appare chiaro quali frutti e quali vantaggi siano derivati dalle cose inanimate, e non avremmo potuto ottenerli in alcun modo senza il lavoro manuale/attivo degli uomini>>. Qui denique ex bestiis fructus aut quae commoditas, nisi homines adiuvarent, percipi posset? << Infine, qual frutto o qual vantaggio si sarebbe potuto ricavare dalle bestie, se gli uomini non ci aiutassero?>>. Nam et qui principes inveniendi fuerunt quem ex quaque belua usum habere possemus, homines certe fuerunt, nec hoc tempore sine hominum opera aut pascere eas aut domare aut tueri aut tempestivos fructus ex iis capere possemus; ab isdemque et eae quae nocent interficiuntur et quae usui possunt esse capiuntur. << Infatti furono certamente uomini i primi scopritori dell’utilità che si poteva ottenere da ogni bestia e ora senza l'opera dell'uomo non potremmo pascolarle o domarle o custodirle o conseguire da esse opportuni utili; e da loro sono state eliminate le bestie pericolose e catturate quelle che potevano essere d’aiuto.>> [15] Quid enumerem artium multitudinem, sine quibus vita omnino nulla esse potuisset? << poiché dovrei enumerare il gran numero di arti, senza le quali la vita non avrebbe potuto esistere?>> Qui enim aegris subveniretur, quae esset oblectatio valentium, qui victus aut cultus, nisi tam multae nobis artes ministrarent, quibus rebus exculta hominum vita tantum distat a victu et cultu bestiarum? <<chi sarebbe venuto in aiuto ai malati, quale sollievo avrebbero i sani, quale vitto e quale comodità, se non ce li avessero forniti le tante arti, grazie ai quali ritrovati la vita civilizzata degli uomini risulta tanto distante dal modo di vivere e dalle abitudini delle bestie?>> Urbes vero sine hominum coetu non potuissent nec aedificari nec frequentari, ex quo leges moresque constituti, tum iuris aequa discriptio certaque vivendi disciplina. <<Le città, poi, senza l'unione degli uomini non avrebbero potuto né essere edificate né popolate: da questo hanno trovato costituzione le leggi e i costumi, l'equa ripartizione dei diritti e dei doveri e una condivisa regoladi vita.>> Quas res et mansuetudo animorum consecuta et verecundia est, effectumque ut esset vita munitior atque ut dando et accipiendo mutandisque facultatibus et commodandis nulla re egeremus. << Si tratta di obbiettivi raggiunti dall’incivilimento degli animi e dall’autocontrollo, e ne è conseguito che la vita fosse più sicura, e che dando, ricevendo e scambiandosi mezzi e utilità non avessimo bisogno di nulla>>. [16] Longiores hoc loco sumus quam necesse est. <<ci stiamo dilungando su questo punto più di quanto sia necessario>>. Quam: comparativa + avverbio comparativo hoc loco: stato in luogo figurato, solitamente si esprime con in+ ablativo, ma in può essere omesso quando il sostantivo ha un senso locale o anche figurato. Es: pars e res Anche in espressioni in cui rientra l’aggettivo totus o anche omnis. Longiores: comparativo di longius posto in posizione predicativa Quis est enim cui non perspicua sint illa quae pluribus verbis a Panaetio commemorantur, neminem neque ducem belli nec principem domi magnas res et salutares sine hominum studiis gerere potuisse? << chi c’è infatti, a cui non siano chiare quelle cose che in modo diffuso sono ricordate da Panezio, quelle cose che nessuno, né comandante in guerra, né capo di stato in pace avrebbe potuto realizzare imprese grandi e salvifiche senza la partecipazione di altri cittadini?>> Cui sint: relativa impropria caratterizzante con sfumatura consecutiva Belli- domi: stato in luogo figurato, sono locativi sine hominum studiis: pensiero di matrice filosofica, appartiene alla filosofia stoica. Commemoratur ab eo Themistocles Pericles Cyrus Agesilaos Alexander, quos negat sine adiumentis hominum tantas res efficere potuisse. << sono ricordati da quello Temistocle, Pericle, Ciro, Agesilao, Alessandro, che Panezio nega che abbiano potuto compiere imprese tanto grandi senza l’aiuto degli uomini>>. Commemoratur: principale enunciativa Temistocle 480 a.C. vittoria battaglia SALAMINA Pericle 429 a.C. PROTETTORE ARTI E SVILUPPO CULTURALE Ciro 401 a.C. PRINCIPE PERSIANO, RACCOLSE L’ESERCITO DI MERCENARI CONTRO IL FRATELLO ARTESERSE Agesilao 400 a.C. SCONFIGGE NELLA BATTAGLIA DI CORONEA LA COALIZZIONE TEBE-ATENE Alessandro 323 a.C. IL MAGNO, muore nel 323, inizia il periodo ellenistico. Utitur in re non dubia testibus non necessariis. Atque ut magnas utilitates adipiscimur conspiratione hominum atque consensu, sic nulla tam detestabilis pestis est quae non homini ab homine nascatur. <<utilizza testimonianze non necessarie in una questione che non presenta dubbi. E come otteniamo grandi vantaggi con la cooperazione degli uomini e con il consenso, così nessuna disgrazia è tanto detestabile, da non nascere per l’uomo dall’uomo>>. homini ab homine: poliptoto conspiratione atque consensu: iterazione sinonimica con allitterazione e climax crescente Est Dicaearchi liber de interitu hominum, Peripatetici magni et copiosi, qui conlectis ceteris causis eluvionis pestilentiae vastitatis, beluarum etiam repentinae multitudinis, quarum impetu docet quaedam hominum genera esse consumpta, deinde comparat quanto plures deleti sint homines hominum impetu, id est bellis aut seditionibus, quam omni reliqua calamitate. << c’è un libro di Dicearco “Sulla distruzione degli uomini”, Dicearco peripatetico, grande ed eloquente, che raccolte altre cause/ passate in rassegna le cause dell’alluvione, della pestilenza, della devastazione, dell’invasione improvvisa di bestie feroci, dall’assalto delle quali insegna che furono distrutte alcune stirpi di uomini, poi confronta quanti più uomini sono stati distrutti dall’assalto degli uomini, cioè con guerre o rivolte, di quelli distrutti da ogni altra calamità>>. La costruzione con DEINDE dopo l’ablativo assoluto è assolutamente usuale per cicerone, tipica del suo USUS SCRIBENDI. homines hominum: poliptoto Dicearco: peripatetico discendente dalla scuola di Aristotele Quanto: avverbio di quantità seguito da un comparativo, la desinenza diventa da UM a O [17] Cum igitur hic locus nihil habeat dubitationis, quin homines plurimum hominibus et prosint et obsint, proprium hoc statuo esse virtutis, conciliare animos hominum et ad usus suos adiungere. << Dal momento che non c’è dubbio che siano soprattutto gli uomini a giovare e a ostacolare i propri simili / gli altri uomini, dichiaro che è proprio della virtù conciliare gli animi degli uomini e trarli ai propri vantaggi.>> Itaque, quae in rebus inanimis quaeque in usu et tractatione beluarum fiunt utiliter ad hominum vitam, artibus ea tribuuntur operosis, hominum autem studia, ad amplificationem nostrarum rerum prompta ac parata, virorum praestantium sapientia et virtute excitantur. << Perciò quegli utili che si ricavano dalle cose inanimate e quelli che si ricavano dall'uso e dall'utilizzazione degli animali per la vita dell'uomo sono dispensati dalle arti manuali, mentre gli interessi degli uomini volti all’ingrandimento delle nostre conoscenze, sono stimolati dalla sapienza e dalla capacità di uomini migliori>>. [18] Etenim virtus omnis tribus in rebus fere vertitur, quarum una est in perspiciendo quid in quaque re verum sincerumque sit, quid consentaneum cuique, quid consequens, ex quo quaeque gignantur, quae cuiusque rei causa sit, alterum cohibere motus animi turbatos, quos Graeci pathe nominant, appetitionesque, quas illi hormas, oboedientes efficere rationi, tertium iis quibuscum congregemur uti moderate et scienter, quorum studiis ea quae natura desiderat expleta cumulataque habeamus, per eosdemque, si quid importetur nobis incommodi, propulsemus ulciscamurque eos qui nocere nobis conati sint, tantaque poena adficiamus quantam aequitas humanitasque patiatur. <<Infatti la virtù è riposta, nella sua interezza, in tre ambiti: l’osservazione di ciò che è vero e autentico in ogni cosa, di ciò che è proprio di ciascuna cosa e a essa conseguente, gli effetti e le cause di ogni cosa; il controllo delle passioni e dei turbamenti dell’animo che i Greci chiamano pathe, e dei desideri, che chiamano hormai, perché obbediscono alla ragione; la frequentazione moderata e consapevole di coloro con i quali siamo riuniti in comunità, attraverso le occupazioni dei quali possiamo mantenere compiute e completate le cose che la natura richiede e scacciamo e puniamo coloro che hanno tentato di farci del male, e li condanniamo a una pena tale quale consente la giustizia comune e la comune condizione>>. Paragrafi 19-20 contengono un breve excursus sulla fortuna e sul ruolo che essa gioca nella vita degli uomini. [19] Quibus autem rationibus hanc facultatem adsequi possimus, ut hominum studia complectamur eaque teneamus, dicemus, neque ita multo post, sed pauca ante dicenda sunt. << in quali modi possiamo ottenere questa possibilità, cioè di guadagnarci il favore degli uomini e di mantenerlo, lo diremo non tra molto, ma prima si devono dire poche cose.>> Quibus: interrogativa indiretta, subordinata completiva Ut: completiva di fatto epesegetica volitiva Dicemus: principale enunciativa Magnam vim esse in fortuna in utramque partem, vel secundas ad res vel adversas, quis ignorat? <<chi ignora che grande sia la potenza della fortuna e in entrambi i sensi, quello favorevole e quello sfavorevole.>> quis ignorat: principale enunciativa Nam et cum prospero flatu eius utimur ad exitus pervehimur optatos, et cum reflavit adfligimur. Haec igitur ipsa fortuna ceteros casus rariores habet, primum ab inanimis procellas tempestates naufragia ruinas incendia, deinde a bestiis ictus morsus impetus. <<infatti quando possiamo sfruttare il suo soffio favorevole, siamo guidati ai risultati sperati e, quando ci soffia contro, ci affliggiamo. Dunque la fortuna stessa porta con sé i restanti più rari avvenimenti casuali, come quelli che provengono da cause inanimate, ovvero le tempeste, i naufragi, i crolli, gli incendi, gli assalti, i colpi, i morsi delle belve feroci.>> Enumerazione degli effetti climatici, simmetria → ablativo + esemplificazione [20] Haec ergo, ut dixi, rariora. At vero interitus exercituum, ut proxime trium, saepe multorum, clades imperatorum, ut nuper summi et singularis viri, invidiae praeterea multitudinis atque ob eas bene meritorum saepe civium expulsiones calamitates fugae, rursusque secundae res, honores imperia victoriae, quamquam fortuita sunt, tamen sine hominum opibus et studiis neutram in partem effici possunt. << Ma questi eventi, come ho detto, sono piuttosto rari. Ma la fine degli eserciti, di tre recentemente, e spesso di molti altri, le stragi dei comandanti, come poco tempo fa di un importantissimo uomo in vista (pompeo magno), il risentimento della folla anche per le espulsioni die cittadini benemeriti, le cadute in disgrazia, gli esili, e al contrario gli eventi favorevoli, le cariche pubbliche, gli incarichi militari, le vittorie, sebbene siano fortuiti, tuttavia non possono essere realizzati senza il contributo partecipato degli uomini, in nessuno dei due sensi>>. dementius. <<ma coloro che controllano i sottoposti con la forza, impieghino pure la crudeltà, come i padroni con i servi, se non possono fare diversamente; invece coloro che, in una libera città, si preparano a farsi temere, questi non possono che essere i più folli.>> L’uso dei pronomi neutri è tipico sia in Cicerone sia nei comici per esprimere qualità negative. Quamvis enim sint demersae leges alicuius opibus, quamvis timefacta libertas, emergunt tamen haec aliquando aut iudiciis tacitis aut occultis de honore suffragiis. << sebbene infatti le leggi siano calpestate non dalle azioni di qualcuno, sebbene la libertà sia soffocata dal terrore, tuttavia queste cose emergono o nei fatti di nascosto o con votazioni segrete riguardanti le cariche>>. Metafora di tipo marittimo Timeo+ facio → soffocato da Quamvis: chiasmo + insistenza sul lessico Acriores autem morsus sunt intermissae libertatis quam retentae. << più aspri sono invece i morsi / stimoli della libertà perduta, non di quella mantenuta.>> Siamo di fronte a una COMPARATIO COMPENDIARIA: un riassunto, una situazione di confronto abbreviata. In latino succede che quando si ha nei due termini di paragone un complemento di specificazione, esso si abbrevi. Morsus: metafora Quod igitur latissime patet, neque ad incolumitatem solum sed etiam ad opes et potentiam valet plurimum, id amplectamur, ut metus absit, caritas retineatur. <<accogliamo questa (regola) che ha una vastissima applicazione e non solo vale per l’incolumità, ma anche di più per il potere e la potenza, cioè che il timore sia lontano, l’amore sia tenuto stretto.>> Quod: prolessi del relativo con effetto di ritardare ciò che viene detto dopo Parallelismo Asindeto avversativo Ita facillime quae volemus et privatis in rebus et in re publica consequemur. << così assai facilmente conseguiremo le cose che vorremo sia nelle faccende private sia in quelle pubbliche.>> FINE: essere ben voluti → concetto FILANTROPICO Etenim qui se metui volent, a quibus metuentur, eosdem metuant ipsi necesse est. << e infatti è necessario che quelli che vorranno essere temuti, è necessario che temano coloro dai quali desiderano essere temuti.>> necesse est: chiusura del paragrafo incisiva, non lascia scampo a dubbi metuo: poliptoto chiusura paragrafi 23-24: DEPRECAZIONE DEL METUS paragrafi 25-26: esemplificazione dei TIRANNI (Dioniso, Alessandro) ➔ Sono presenti solo EXEMPLA greci, tratti dalla sua fonte, greca anch’essa. Paragrafi 29-30: esemplificazione tiranni latini, parte genuina in cui cicerone cita Cesare e Silla. > emerge il grande pessimismo politico di Cicerone [25] Quid enim censemus superiorem illum Dionysium quo cruciatu timoris angi solitum, qui cultros metuens tonsorios candenti carbone sibi adurebat capillum? << da quale tormentosa paura pensiamo infatti che fosse solito lasciarsi angosciare Dionisio il vecchio, che avendo paura del coltello del barbiere era solito bruciare i suoi capelli con il carbone ardente?>> Quid Alexandrum Pheraeum quo animo vixisse arbitramur? << con quale animo pensiamo che abbia vissuto Alessandro di Fere?>> Qui, ut scriptum legimus, cum uxorem Theben admodum diligeret, tamen ad eam ex epulis in cubiculum veniens barbarum et eum quidem, ut scriptum est, conpunctum notis Thraeciis destricto gladio iubebat anteire, praemittebatque de stipatoribus suis qui scrutarentur arculas muliebres et ne quod in vestimentis telum occultaretur exquirerent. <<questi, come leggiamo, pur amando oltre misura la sua sposa Tebe, tuttavia, quando la raggiungeva nella camera da letto di ritorno dal banchetto, a uno che, come è stato raccontato, era tutto coperto da tatuaggi traci, ordinava di precederlo con la spada sguainata, e mandava avanti, delle sue guardie del corpo, uno che perquisisse gli scrigni delle donne e cercasse qualche arma nascosta tra i vestiti.>> O miserum, qui fideliorem et barbarum et stigmatiam putaret quam coniugem! Nec eum fefellit; ab ea est enim ipsa propter pelicatus suspicionem interfectus. Nec vero ulla vis imperii tanta est quae premente metu possit esse diuturna. << O uomo infelice, che riteneva più degno di fiducia un barbaro, uno schiavo marchiato, della propria moglie! Non aveva torto: fu ucciso da lei, che lo sospettava di avere una concubina. E non esiste nessuna forza del potere che possa durare quando incombe il timore.>> [26] Testis est Phalaris, cuius est praeter ceteros nobilitata crudelitas, qui non ex insidiis interiit, ut is quem modo dixi Alexander, non a paucis, ut hic noster, sed in quem universa Agrigentinorum multitudo impetum fecit. <<Ne è testimone Falaride, la cui crudeltà è ben più famigerata degli altri, il quale non morì in un agguato, come Alessandro, non ucciso da pochi, come il nostro, ma fu il popolo intero degli Agrigentini ad aggredirlo.>> Quid? Macedones nonne Demetrium reliquerunt, universique se ad Pyrrhum contulerunt? Quid? Lacedaemonios iniuste imperantes nonne repente omnes fere socii deseruerunt, spectatoresque se otiosos praebuerunt Leuctricae calamitatis? << cosa? I Macedoni non abbandonarono Demetrio e si rifugiarono tutti presso Pirro? Cosa? Tutti gli alleati non abbandonarono i Lacedemoni che davano ordini ingiusti, per offrirsi come spettatori inattivi alla sconfitta di Leuttra?>> Externa libentius in tali re quam domestica recordor. Verum tamen quam diu imperium populi Romani beneficiis tenebatur, non iniuriis, bella aut pro sociis aut de imperio gerebantur, exitus erant bellorum aut mites aut necessarii, regum populorum nationum portus erat et perfugium senatus, nostri autem magistratus imperatoresque ex hac una re maximam laudem capere studebant, si provincias, si socios aequitate et fide defendissent. << A tale proposito ricordo più volentieri fatti accaduti tar popoli stranieri, piuttosto che da noi. Ma tuttavia finchè il potere del popolo romano era mantenuto con buone azioni e non con le prevaricazioni, si facevano guerre in difesa degli alleati o per la conquista/per espandersi, gli esiti delle guerre erano forse o clementi o imposti dalla necessità, il senato era approdo e rifugio per i re, per i popoli, per le nazioni, e inoltre i nostri magistrati e comandanti si impegnavano a prendere una grandissima lode da questo solo fatto, cioè se avessero difeso le province e gli alleati con giustizia e fedeltà>>. Qui emerge un cicero malinconico e nostalgico. Guerre giuste: - In difesa degli alleati e imperialistiche, di conquista Guerre ingiuste: - Legate al saccheggio e alla violenza gratuita Inoltre cicero afferma che NECESSARIUS significa imposto dalla necessità e quindi dipendevano dal comportamento del nemico. REGUM- POPULORUM→ organizzazioni politiche NAZIONUM →insieme etnico, sinonimo di etnia Magistratus: colui che ricopre una carica politica Imperator: comandante che porta l’esercito vittorioso in battaglia Commento stilistico: - tricolon temporale e di genitivi oggettivi - iperbato tra soggetto e verbo - lessico politico di una repubblica che non funziona [27] Itaque illud patrocinium orbis terrae verius quam imperium poterat nominari. << e così quello poteva essere nominato più giustamente patrocinio e difesa di tutta la terra.>> Sensim hanc consuetudinem et disciplinam iam antea minuebamus, post vero Sullae victoriam penitus amisimus; <<a poco a poco avevamo diminuito già da tempo questa consuetudine e questa norma, ma le abbiamo perse completamente dopo la vittoria di silla. >> Si riferisce alla vittoria di Silla nell’82 si autoproclama dittatore e fa le liste di proscrizione, di questi che finirono nelle liste fece vendere all’asta i loro beni. È sottinteso un forte sed/autem in apertura. desitum est enim videri quicquam in socios iniquum, cum exstitisset in cives tanta crudelitas. <<si cessò infatti di ritenere iniquo un qualche atto contro gli alleati, poiché si era utilizzata una tanto grande crudeltà nei confronti dei cittadini>>. Videor: con valore di ritenere Quicquam: è qui pronome indefinito Termini chiave: socios- cives Commento stilistico: -climax ascendente -enfasi sul termine crudelitas -asindeto avversativo all’inizio di frase - climax minuo-amitto, completato dall’avverbio penitus Ergo in illo secuta est honestam causam non honesta victoria. <<perciò riguardo a quello a una causa onesta non è seguita una onesta vittoria>>. Commento stilistico: -litote -> honestam causam non honesta victoria -poliptoto Cicerone gioca in questo passo. L’obbiettivo di silla era pressochè il medesimo quello degli optimates, tuttavia una volta diventato dittatore Silla non si era comportato bene. Paucos: Ottaviano, nipote della sorella di cesare, e altri due cugini di Ottaviano, Pinario e Pedio. Sappiamo questa informazione da svetonio vita di cesare paragrafo 83. La differenza tra ottaviano e gli altri due è che ottaviano nel testamento è stato adottato. Multos: marco antonio e gli altri cesariani (inprobi, in prefisso negativo) Licentia: ha un rilievo particolare poiché posto alla fine Poliptoto: multorum- multos [29] Nec vero umquam bellorum civilium semen et causa deerit, dum homines perditi hastam illam cruentam et meminerint et sperabunt, quam P. Sulla cum vibrasset dictatore propinquo suo, idem sexto tricensimo anno post a sceleratiore hasta non recessit, alter autem, qui in illa dictatura scriba fuerat, in hac fuit quaestor urbanus. (29) <<Né mai mancherà il seme e il motivo di una guerra civile, finchè uomini dissoluti ricorderanno e desidereranno di quell’asta ingiusta, e spereranno in essa, l’asta che silla aveva bandito quando era dittatore un suo parente; egli stesso non si tenne lontano da un’asta ancora più scellerata 35 anni dopo; un altro invece che era stato durante quella dittatura scribano, divenne in questa questore urbano.>> Dictatore propinquo suo: ablativo assoluto nominale PUBLIO SILLA: nipote di silla maggiore (dittatore) Hastam: asta di silla, tramite la quale aveva depredato ricchezze di uomini ricchi e buoni Silla si proclama dittatore nell’82 e circa 35 anni dopo c’è la dittatura di cesare. Questo “altro silla” prende parte sia alla dittatura di Silla sia a quella di Cesare. CORNELIO SILLA: liberto del dittatore omonimo, cicero ci dice che era stato scribano nella dittatutra di silla, mentre in “questa” e quindi in quella di cesare era questore. Si noti bene l’utilizzo di aggettivi, ille-illa-illud indica lontananza di chi parla e di chi ascolta, mentre hic- haec-hoc indica vicinanza nello spazio e nel tempo, iste-ista-istud indica vicinanza di chi ascolta. Semen et causam: iterazione sinonimica e inoltre semen ha un significato traslato (metafora) Bellorum civilium: posto in posizione forte Sceleratiore: insistenza sui significati negativi e il lessico riguardante il campo semantico della scelleratezza, accentuato dal comparativo. DUM e valori: DUM+ INDICATIVO (SPESSO FUTURO) → SI INDICA UN FATTO REALE DUM+ CINGIUNTIVO → ASPETTATIVA Ha valore temporale. Ex quo debet intellegi talibus praemiis propositis numquam defutura bella civilia. <<Da ciò bisogna capire che mai mancheranno guerre civili una volta fissati questi premi (si riferisce ai premi ricavati dalla vendita delle aste)>>. Defutura: c’è il verbo essere sottinteso e infatti è un’infinitiva oggettiva INFINITIVE: L’infinitiva rispetta la consecutio temporum. INTELLEGO, IS, INTELLEGI, INTELLECTUM, INTELLEGERE Numquam: “mai” → cfr inizio 29, si ripete il medesimo avverbio. Itaque parietes modo urbis stant et manent, iique ipsi iam extrema scelera metuentes, rem vero publicam penitus amisimus. <<E così solo i muri della città sono in piedi e rimangono tali temendo colpi esistenziali, ma abbiamo perso totalmente lo stato/ la repubblica>>. Penitus amisimus: si conclude l’excursus sulla storia romana nel paragrafo 27 → struttura circolare Vero: 2 valori→ asseverativo o avversativo. Metuentes: participio congiunto Parietes: personificazione, muri che temono, provano sentimenti. Scelera: delitti e nefandezze, anche se già di per sé è molto negativo è accompagnato dall’attributo extrema. Atque in has clades incidimus (redeundum est enim ad propositum) dum metui quam cari esse et diligi malumus. <<siamo caduti in tali sciagure (dobbiamo infatti ritornare al nostro proposito), finchè abbiamo preferito essere temuti piuttosto che amati>>. Quae si populo Romano iniuste imperanti accidere potuerunt, quid debent putare singuli? << se cose del genere poterono capitare al popolo romano che esercitava il potere ingiustamente, che cosa devono pensare i singoli?>> Quod cum perspicuum sit benivolentiae vim esse magnam, metus imbecillam, sequitur ut disseramus quibus rebus facillime possimus eam quam volumus adipisci cum honore et fide caritatem. <<poiché appare chiaro che la forza della benevolenza è grande, quella della paura invece debole, ne consegue che dobbiamo discutere attraverso quali mezzi possiamo assai agevolmente conseguire l’amore che desideriamo ottenere, con onore e lealtà>>. 31-51: gloria come strumento per raggiungere l’utile. 20 paragrafi in cui cicero tratta questo unico tema, al paragrafo 31 si cerca di definire la gloria, che viene poi data in modo preciso nei paragrafi successivi (32-42). Per cicero la gloria è l’essere amati dalla moltitudine, godere della fiducia della moltitudine, essere ammirati e rispettati dagli altri. Paragrafo 32: approfondisce il concetto dell’essere amati dalla moltitudine Paragrafi 33-35: godere della fiducia della moltitudine Paragrafi 36-42: essere ammirati e rispettati dal prossimo Paragrafi 43-52: consigli pratici, concreti per ottenere la gloria Paragrafo 45: primo strumento → servire nelle file della milizia Paragrafi 46-47: pratica del tirocinium fori → iniziava all’età di 17 anni, quando il ragazzo solitamente conseguiva la maggiore età Paragrafi 48-51: praticare costantemente l’eloquenza in qualsiasi causa CUM-TUM: “non solo, ma anche”, “da una parte e dall’altra”, “tanto quanto”→ si usano quando si vuole mettere in rilevo il secondo elemento. De gloria: opera di cicero in due libri che non ci è pervenuta. Cfr traduzione paragrafo 31 Relativa prolettica: spesso accade che l’antecedente sia anticipato nella relativa Influere: ha valore materiale→ cicero è consapevole di star utilizzando un traslato, una metafora In ha valore negativo solo davanti ad aggettivi e sostantivi, nei verbi ha valore di moto a o stato in luogo. [30] Sed ea non pariter omnes egemus; nam ad cuiusque vitam institutam accommodandum est a multisne opus sit an satis sit a paucis diligi. <<di tale amore non abbiamo bisogno tutti ugualmente; infatti va riferito alla struttura di vita di ognuno, se abbiamo bisogno di essere amati da molti o se sufficiente essere amati da pochi>>. Certum igitur hoc sit, idque et primum et maxime necessarium, familiaritates habere fidas amantium nos amicorum et nostra mirantium. << un dato saldo e necessario, prima di tutto, sia questo: avere legami fidati con amici che ci vogliono bene e ammirano le nostre azioni;>> Haec enim est una res prorsus, ut non multum differat inter summos et mediocres viros, eaque utrisque est propemodum comparanda. << questa infatti è l’unica cosa che non fa molta differenza tra gli uomini più o meno importanti, e bisogna che entrambe le tipologie di uomini se la procurino>>. [31] Honore et gloria et benivolentia civium fortasse non aeque omnes egent, sed tamen, si cui haec suppetunt, adiuvant aliquantum cum ad cetera, tum ad amicitias comparandas. << forse non tutti hanno bisogno di onore, gloria, affetto dei cittadini, ma tuttavia, se tali cose sono a disposizione di qualcuno, aiutano un poco tanto a procurarsi tutto il resto, quanto a procurarsi le amicizie>>. Sed de amicitia alio libro dictum est, qui inscribitur Laelius; nunc dicamus de gloria. << ma dell’amicizia ho parlato in un altro libro,intitolato LELIUS, ora parliamo della gloria>>. Quamquam ea quoque de re duo sunt nostri libri; sed attingamus, quandoquidem ea in rebus maioribus administrandis adiuvat plurimum. << sebbene anche intorno ad essa io abbia scritto in due libri; ma tocchiamola/trattiamola dal momento che essa offre un contributo importante al compimento delle imprese maggiori.>> Summa igitur et perfecta gloria constat ex tribus his: si diligit multitudo, si fidem habet, si cum admiratione quadam honore dignos putat. <<dunque la gloria più grande e compiuta consta di queste tre cose: dell’amore di molti, della lealtà dell’essere considerati degni di onore con una certa ammirazione.>> Haec autem, si est simpliciter breviterque dicendum, quibus rebus pariuntur a singulis, isdem fere a multitudine. Sed est alius quoque quidam aditus ad multitudinem, ut in universorum animos tamquam influere possimus. <<se devo dirla in breve, queste cose sono conseguite dai singoli in quegli stessi modi nei quali sono conseguiti dalla moltitudine. Ma c’è anche un’altra via di accesso al popolo, per poter quasi influire sull’animo di tutti>>. [32] Ac primum de illis tribus quae ante dixi, benevolentiae praecepta videamus; quae quidem capitur beneficiis maxime. Secundo autem loco voluntate benefica benivolentia movetur, etiamsi res forte non suppetit. Vehementer autem amor multitudinis commovetur ipsa fama et opinione liberalitatis beneficentiae iustitiae fidei omniumque earum virtutum quae pertinent ad mansuetudinem morum ac facilitatem. << Osserviamo i precetti della benevolenza, che/ dei quali (tre) prima ho detto; essa la si ottiene soprattutto per mezzo dei benefici. Poi in secondo luogo la benevolenza è suscitata anche dalla volontà di fare del bene, sebbene anche se può capitare che l’effetto non sia adeguato. Poi l’amore per la moltitudine è suscitato dalla stesa fama, dalla nomea di generosità, beneficenza, lealtà e di tutte quelle virtù che riguardano la mitezza e l’amabilità del carattere.>> gen ogg: le norme per la benevolenza → paragrafo sul “bene velle” quae capitur: relativa apparente secundo loco: sintagma in contrapposizione con maxime che può significare anche “in primo luogo” vehementer: è un avverbio forte, veementemente COMMENTO STILISTICO: In queste tre frasi vengono esplicati i PRAECEPTA BENIVOLENTIAE: - compiere BENEFICIA - VOLUNTAS di fare il bene - Godere della fama di persona retta, generosa e corretta filosofico e adattarlo a tali persone (comunis opinio); cita anche a favore della sua tesi Panezio, che ha permesso la diffusione dello stoicismo, che prima di lui era considerato una dottrina oscura e incomprensibile. [35] Sed ne quis sit admiratus cur, cum inter omnes philosophos constet a meque ipso saepe disputatum sit, qui unam haberet omnes habere virtutes, nunc ita seiungam, quasi possit quisquam qui non idem prudens sit iustus esse, alia est illa cum veritas ipsa limatur in disputatione subtilitas, alia cum ad opinionem communem omnis accommodatur oratio. <<Affinché nessuno resti stupito perché, io mentre tra tutti i filosofi è chiaro ed è stato sostenuto da me stesso spesso che colui che abbia una sola virtù abbia tutte le virtù, affinché nessuno resti stupito se io ora separi le virtù così come se uno potesse essere giusto uno che non sia anche prudente/saggio altro è quella finezza quando la verità stessa è perfezionata nelle disputazioni filosofiche, altra è quella finezza quando tutto il linguaggio è conformato al modo di pensare del popolo>> Cur: interrogativa indiretta con all’interno un cum narrativo con valore avversativo Constet: regge una relativa il cui verbo è haberet, è una relativa propria al congiuntivo poiché c’è l’attrazione modale o ha valore consecutivo Virtutem: è sottinteso Quasi: comparativa Quisquam: indefinito, a cui si riferisce una relativa Iperbato tra illa e subtilitas Cum accommodatur: temporale in parallelismo con cur Qui sit: relativa propria al congiuntivo per attrazione modale o per sfumatura consecutiva COMMENTO STILISTICO: si apre il periodo con una finale negativa, è un modo singolare e abbastanza singolare di aprire un periodo. È meglio considerare admiratus come aggettivo di sit, non come participio perfetto. Quam ob rem, ut vulgus, ita nos hoc loco loquimur, ut alios fortes, alios viros bonos, alios prudentes esse dicamus. << perciò come il volgo così io parlo in questo momento così che definisco alcuni solo coraggiosi altri solo onesti altri ancora solo saggi>>. Ut-ita: sono strettamente correlati tra loro, ut ha valore consecutivo Alios, alios, alios: tricolon + costruzione trimembre alios fortes-alios bonos- alios prudentes: Parallelismo Popularibus enim verbis est agendum et usitatis, cum loquimur de opinione populari, idque eodem modo fecit Panaetius. Sed ad propositum revertamur. <<Infatti bisogna usare parole popolari e comuni, quando parliamo dell’opinione popolare, e ciò fece allo stesso modo Panezio. Ma torniamo all’argomento.>> Est agendum: perifrastica passiva impersonale Popolaribus: Iperbato Revertamur: congiuntivo esortativo Panezio si distingue di una prosa piana, ben comprensibile, ciò permette la diffusione più facilitata delle sue poesie. [36] Erat igitur ex iis tribus quae ad gloriam pertinerent hoc tertium, ut cum admiratione hominum honore ab iis digni iudicaremur. <<Dunque c’era questa terza cosa tra quelle tre cose che riguardano la gloria cioè che siamo giudicati degni della stima degli uomini insieme con l’ammirazione da quelli (dagli uomini stessi)>>. Erat igutur: principale Quae pertineret: relativa Ut iudicaremur: completiva epesegetica di fatto Cicerone utilizza qui l’imperfetto perché si riferisce a qualcosa che ha detto nei paragrafi precedenti. Un costrutto come in tale proposizione era già stato trovato al paragrafo 31 “si multitudo cum admiratione quadam honore dignos putat”, forte eco in termini di lessico. Admirantur igitur communiter illi quidem omnia quae magna et praeter opinionem suam animadverterunt, separatim autem in singulis si perspiciunt necopinata quaedam bona. <<Dunque quelli (che vale per uomini) ammirano in generale tutte le cose che si sono accorti essere grandi e superiori alla loro aspettativa, e in particolare ammirano alcune cose/qualità buone, inaspettate se (illi) scorgono quelle (sott) nei singoli individui>>. Esse: è sottinteso Praeter + accusativo: superiore a … Separatim autem: e in particolare/ e specialmente COMMENTO STILISTICO: -variatio dell’aggettivo: praeter opinionem suam Itaque eos viros suspiciunt maximisque efferunt laudibus in quibus existimant se excellentes quasdam et singulares perspicere virtutes, despiciunt autem eos et contemnunt in quibus nihil virtutis, nihil animi, nihil nervorum putant. <<E così gli uomini guardano con ammirazione e innalzano con grandi lodi quegli uomini nei quali pensano di vedere alcuni eccellenti e singolari virtù, invece disprezzano e disdegnano quelli nei quali pensano che non ci sia nessuna virtù, nessun coraggio, nessuna energia>>. Suspiciunt (sub + specio) e despiciunt (de + specio): si noti la differenza di significato. Suspiciunt (sub + specio): “guardare da sotto”→ ammirare Despiciunt (de + specio): “guardare dall’alto verso il basso” → disprezzare Despiciunt e contemnunt: Iterazione sinonimica Nihil, Nihil, Nihil: tricolon Parallelismo: nell’intero periodo verbo + relativa che regge un’infinitiva x2 Non enim omnes eos contemnunt de quibus male existimant. Nam quos improbos maledicos fraudulentos putant et ad faciendam iniuriam instructos, eos contemnunt quidem neutiquam, sed de iis male existimant. << Poiché non disprezzano tutti quelli di cui non hanno buona stima. Infatti non disprezzano per nulla disprezzano quelli che ritengono disonesti, maldicenti, fraudolenti e pronti a tendere insidie, anche se pensano male di loro.>> Quos …eos: prolessi relativo Quam ob rem, ut ante dixi, contemnuntur ii qui 'nec sibi nec alteri', ut dicitur, in quibus nullus labor, nulla industria, nulla cura est. <<Perciò come prima ho detto sono disprezzati coloro che non sono buoni né per sé né per gli altri, come si dice, nei quali non c’è nessuno sforzo, nessun impegno e nessuna cura.>> Qui + sunt sottinteso Nec sibi nec alteri: espressione proverbiale in formulazione brachilogica, manca sunt boni, perché ben noto a tutti. Labor, industria, cura: tricolon e climax decrescente Il disprezzo secondo cicerone si riserva per coloro che “nullus labor, nulla industria, nulla cura habent” (37) si concentra su coloro che sono degni di ammirazione. [37] Admiratione autem adficiuntur ii, qui anteire ceteris virtute putantur et cum omni carere dedecore, tum vero iis vitiis quibus alii non facile possunt obsistere. <<D’altra parte sono degni di ammirazione coloro che sono ritenuti essere superiori agli altri e non solo sono ritenute essere prive di ogni disonore, ma anche essere privi di quei difetti/vizi ai quali gli altri non possono facilmente resistere>>. Anteire + dativo Carere + ablativo Nam et voluptates, blandissimae dominae, maioris partis animos a virtute detorquent, et, dolorum cum admoventur faces, praeter modum plerique exterrentur; vita mors divitiae paupertas omnes homines vehementissime permovent. <<Infatti i godimenti, come signore assai seducenti, distornano dalla virtù gli animi e quando si apprestano le fiamme/punture dei dolori i più sono atterriti oltremodo; la vita, la morte, la ricchezza, la povertà turbano in modo molto violento tutti gli uomini>>. Fax,facis: metafora Vita, mors, divitiae, paupertas: espressione QUADRICOLOICA, accoppia i termini a due a due a coppie di opposti. Quae qui in utramque partem excelso animo magnoque despiciunt, * **, cumque aliqua iis ampla et honesta res obiecta totos ad se convertit et rapit, tum quis non admiretur splendorem pulcritudinemque virtutis? << tutti ammirano quelli che, dotati di un animo elevato e grande, in un senso e nell’altro disprezzano queste cose, costoro tutti li guardano con rispetto, e quando una qualche azione ragguardevole e onesta, si presenta a loro, li attrae tutti integralmente e li trascina, allora chi non ammirerebbe lo splendore e la bellezza della virtù?>>. ***: corruttela → winter battom <eos omnes suspiciunt> congettura → GOLDBACHER si ispira al paragrafo 36 e al lessico ciceroniano. Quis: pronome interrogativo Admiretur: congiuntivo presente potenziale In questo passo cicerone non procede con il parallelismo ma con la variatio, che sta nel tipo di subordinata: una relativa prima, una temporale poi. Climax concettuale tra i verbi convertit et rapit [38] Ergo et haec animi despicientia admirabilitatem magnam facit, et maxime iustitia, ex qua una virtute viri boni appellantur, mirifica quaedam multitudini videtur. <<Dunque sia questa superiorità o disprezzo dell’animo suscita una grande ammirazione, e soprattutto la giustizia, dalla quale sola virtù gli uomini sono detti per bene, sembra qualcosa di mirabile alla moltitudine.>> Nec iniuria: nemo enim iustus esse potest qui mortem, qui dolorem, qui exsilium, qui egestatem timet, aut qui ea quae sunt his contraria aequitati anteponit. E non a torto: infatti nessuno può essere giusto e temere la morte, il dolore, l’esilio e la povertà, o che antepone all’equità quelle cose che sono contrarie a queste. Maximeque admirantur eum qui pecunia non movetur; quod in quo viro perspectum sit, hunc igni spectatum arbitrantur. Omni igitur ratione colenda et retinenda iustitia est, cum ipsa per sese (nam aliter iustitia non esset), tum propter amplificationem honoris et gloriae. <<dunque con ogni mezzo deve essere rispettata e conservata la giustizia, tanto di per sé- altrimenti non sarebbe stata giustizia- quanto per aumentare l’onore e la gloria.>> Sed ut pecuniae non quaerendae solum ratio est, verum etiam collocandae, quae perpetuos sumptus suppeditet, nec solum necessarios, sed etiam liberales, sic gloria et quaerenda et conlocanda ratione est. << ma come vi è una regola solo per guadagnare il denaro, ma anche per collocarlo/investirlo, che offre perpetua disponibilità, e non solo per ciò che è necessario, ma anche per ciò che è di lusso/superfluo, così anche la gloria si deve ricercare e sfruttare in modo ragionevole.>> [43] Quamquam praeclare Socrates hanc viam ad gloriam proximam et quasi compendiariam dicebat esse, si quis id ageret, ut qualis haberi vellet, talis esset. <<anche se il famoso Socrate, in termini significativi, diceva che questa via verso la gloria è accessibile e per così dire breve, se uno agisce/ si comporta in tale modo, cioè è realmente tale quale vuole essere ritenuto.>> Quod si qui simulatione et inani ostentatione et ficto non modo sermone sed etiam vultu stabilem se gloriam consequi posse rentur, vehementer errant. <<infatti, se ci sono uomini che credono di poter conseguire la gloria stabile mediante la simulazione, la vuota ostentazione, la falsità non solo delle parole, ma anche del volto, commettono un grave errore>>. Vera gloria radices agit atque etiam propagatur, ficta omnia celeriter tamquam flosculi decidunt, nec simulatum potest quicquam esse diuturnum. <<la vera gloria mette radici e si propaga ancora, mentre tutte le finzioni cadono velocemente, come i fiori, e non c’è atto simulato che possa durare a lungo>>. Testes sunt permulti in utramque partem, sed brevitatis causa familia contenti erimus una. <<ci sono molti testimoni di ciò in entrambe le parti, ma per esigenza di brevità ci accontenteremo di menzionare una sola famiglia>>. Tiberius enim Gracchus P. f. tam diu laudabitur dum memoria rerum Romanarum manebit, at eius filii nec vivi probabantur bonis et mortui numerum obtinent iure caesorum. << infatti Tiberio Gracco, figlio di Publio, sarà lodato tanto a lungo finchè la memoria delle vicende dei romani durerà/rimarrà, mentre i suoi figli non sono stati stimati dalle persone oneste nemmeno quando erano ancora vivi e da morti aumentano il numero di coloro che sono stati giustamente uccisi.>> Qui igitur adipisci veram [iustitiae] gloriam volet, iustitiae fungatur officiis. <<chi dunque vorrà conseguire la vera gloria dalla giustizia, dovrà assumersi i compiti che sono propri della giustizia>>. Ea quae essent, dictum est in libro superiore. << quali siano essi, l’ho detto nel precedente libro>>. [44] Sed ut facillime quales simus, tales esse videamur, etsi in eo ipso vis maxima est, ut simus ii qui haberi velimus, tamen quaedam praecepta danda sunt. <<ma affinchè possiamo apparire tali quali sembriamo essere nel modo più semplice, anche se il modo più efficacie consiste nell’essere realmente come vogliamo apparire, tuttavia si devono dare anche alcune indicazioni.>> Nam si quis ab ineunte aetate habet causam celebritatis et nominis aut a patre acceptam, quod tibi, mi Cicero, arbitror contigisse, aut aliquo casu atque fortuna, in hunc oculi omnium coniciuntur, atque in eum quid agat, quemadmodum vivat inquiritur, et, tamquam in clarissima luce versetur, ita nullum obscurum potest nec dictum eius esse nec factum. << infatti se qualcuno ha avuto un motivo di celebrità e di fama fin dalla giovinezza, o perché l’ha ereditata dal padre, come è capitato a te, o mio cicero, o per qualche casualità ed evento fortuito, gli occhi di tutti saranno puntati su di lui, e a suo riguardo si indagherà su cosa faccia, in che modo viva, e come se fosse collocato in piena luce, non ci potrà essere alcuna parola o azione al riparo dagli sguardi>>. [45] Quorum autem prima aetas propter humilitatem et obscuritatem in hominum ignoratione versatur, ii, simul ac iuvenes esse coeperunt, magna spectare atque ad ea rectis studiis debent contendere; quod eo firmiore animo facient, quia non modo non invidetur illi aetati verum etiam favetur. <<invece, coloro i quali trascorrono la prima giovinezza ignorati dagli altri, per una condizione sociale bassa o perché poco noti, essi non appena incominciano ad esser giovani, dovranno prefiggersi grandi scopi e perseguirli con onesto zelo; e ciò faranno con animo tanto più fermo, poiché quella età non solo non suscita invidia, ma anzi li favorisce.>> Prima est igitur adulescenti commendatio ad gloriam, si qua ex bellicis rebus comparari potest. In qua multi apud maiores nostros exstiterunt; semper enim fere bella gerebantur. <<dunque la prima raccomandazione per un giovane che aspira alla gloria consiste nel potersene procurare un poco a partire dalle imprese di guerra. Nelle quali (presso) molti nostri antenati si distinsero; infatti sempre sono state per lo più combattute delle guerre.>> Tua autem aetas incidit in id bellum cuius altera pars sceleris nimium habuit, altera felicitatis parum. <<la tua (generazione) invece si è imbattuta in una guerra tale, di cui una fazione conseguì il primato nel delitto, l’altra poco successo.>> Quo tamen in bello cum te Pompeius alae [alteri] praefecisset, magnam laudem et a summo viro et ab exercitu consequebare equitando iaculando, omni militari labore tolerando. <<tuttavia durante questa guerra, dopo che Pompeo ti mise a capo di un’ala, hai conseguito una grande gloria sia da parte di quell’uomo importante sia da parte dell’esercito, per le tue attività di cavalleria, per l’abilità nel lanciare il giavellotto, per la sopportazione dimostrata in ogni fatica militare.>> Atque ea quidem tua laus pariter cum republica cecidit. <<la tua gloria è precipitata insieme allo stato>>. Mihi autem haec oratio suscepta non de te est, sed de genere toto. <<faccio questo discorso non solo per te, ma anche per tutta la tua generazione>>. Quam ob rem pergamus ad ea quae restant. <<per cui ora riprendo a dirigermi verso gli argomenti che restano da trattare>>. [46] Ut igitur in reliquis rebus multo maiora opera sunt animi quam corporis, sic eae res quas ingenio ac ratione persequimur gratiores sunt quam illae quas viribus. <<come dunque in molte circostanze le opere dello spirito sono molto superiori a quelle del corpo, così quegli obbiettivi che ci prefiggiamo con l'ingegno e la ragione, sono più gradite di, quelle compiute con la forza fisica.>> Prima igitur commendatio proficiscitur a modestia, tum pietate in parentes, in suos benivolentia. Facillime autem et in optimam partem cognoscuntur adulescentes qui se ad claros et sapientes viros bene consulentes reipublicae contulerunt, quibuscum si frequentes sunt, opinionem adferunt populo eorum fore se similes quos sibi ipsi delegerint ad imitandum. << la prima raccomandazione scaturisce quindi dalla moderazione, unita al sentimento di pietà/ filiale verso i genitori e alla benevolenza verso i propri familiari. Molto facilmente si fanno riconoscere, nel migliore senso del termine, quei giovani che si dedicano alla politica seguendo il consiglio di uomini illustri e sapienti; se li frequentano, lasciano intendere al popolo che diventeranno simili a coloro che hanno scelto come modelli.>> [47] P. Rutili adulescentiam ad opinionem et innocentiae et iuris scientiae P. Muci commendavit domus. << la casa di P. Mucio raccomandò il giovane Publio Rutilio perché/nel crearsi fama di onestà morale e sapienza giuridica.>> Nam L. quidem Crassus, cum esset admodum adulescens, non aliunde mutuatus est, sed sibi ipse peperit maximam laudem ex illa accusatione nobili et gloriosa, et qua aetate qui exercentur laude adfici solent, ut de Demosthene accepimus, ea aetate L. Crassus ostendit id se in foro optime iam facere quod etiam tum poterat domi cum laude meditari. << Infatti Lucio Crasso, ancora adolescente, non mutuò da altri la sua gloria, ma se la procurò da solo con quella sua requisitoria nobile e gloriosa; e, proprio nell'età, in cui i giovani ricevono lodi perchè si esercitano e si formano - come sappiamo di Demostene - Lucio Crasso dimostrò nel foro di esser già ottimamente capace di ciò che poteva realizzare anche allora in privato con lode.>> [48] Sed cum duplex ratio sit orationis, quarum in altera sermo sit, in altera contentio, non est id quidem dubium, quin contentio orationis maiorem vim habeat ad gloriam: ea est enim quam eloquentiam dicimus; sed tamen difficile dictu est quantopere conciliet animos comitas adfabilitasque sermonis. << Essendo due le specie di discorsi, di cui l'uno è discorso familiare, l'altro dibattito/oratorio, non vi è dubbio che il discorso oratorio abbia maggiore efficacia nel procurar la gloria (è quello che chiamo eloquenza); ma è difficile a dirsi quanto la cordialità e l'affabilità del parlare concilino gli animi.>> Extant epistulae et Philippi ad Alexandrum et Antipatri ad Cassandrum et Antigoni ad Philippum filium, trium prudentissimorum (sic enim accepimus), quibus praecipiunt ut oratione benigna multitudinis animos ad benivolentiam adliciant militesque blande appellando sermone deleniant. << restano le lettere di Filippo ad Alessandro, di Antipatro a Cassandro e di Antigono al figlio Filippo, tutti e tre uomini assai avveduti (così, infatti, ci è stato tramandato); nelle quali insegnano come attirarsi l’affetto della moltitudine con un parlare affabile e di come ammansire i soldati con un parlare lusinghiero.>> Quae autem in multitudine cum contentione habetur oratio, ea saepe universam excitat gloriam. << Quei discorsi solenni che si pronunziano davanti al popolo suscitano spesso la gloria di tutti.>> Magna est enim admiratio copiose sapienterque dicentis, quem qui audiunt intellegere etiam et sapere plus quam ceteros arbitrantur. << E' grande, infatti, l'ammirazione per chi parla in modo fluente e saggio, e coloro che l'ascoltano lo credono più intelligente e sapiente degli altri.>> Si vero inest in oratione mixta modestia gravitas, nihil admirabilius fieri potest, eoque magis si ea sunt in adulescente. << Se vi è nell'orazione si trova unita serietà e moderazione, non vi può esser nulla di più ammirevole, e tanto più se quelle qualità si riscontrano in un giovane.>> [49] Sed cum sint plura causarum genera quae eloquentiam desiderent, multique in nostra republica adulescentes et apud iudices et apud populum et apud senatum dicendo laudem adsecuti sint, maxima est admiratio in iudiciis. << Ma poiché vi sono più generi di cause, che richiedono l'eloquenza, e molti giovani nel nostro Stato hanno conseguito la gloria parlando davanti ai giudici, al popolo e al senato, la più grande ammirazione è rivolta all'eloquenza giudiziaria.>> Quorum ratio duplex est; nam ex accusatione et ex defensione constat. <<l’eloquenza processuale è di due tipi: consta infatti dell’accusa e della difesa.>> Quarum etsi laudabilior est defensio, tamen etiam accusatio probata persaepe est. <<anche se è più lodabile la difesa, tuttavia anche l’accusa spesso riceve approvazione>>. Dixi paulo ante de Crasso. Idem fecit adulescens M. Antonius. Etiam P. Sulpicii eloquentiam accusatio inlustravit, cum seditiosum et inutilem civem, C. Norbanum, in iudicium vocavit. Parallelismo: altera …altera Ita benignitate benignitas tollitur, qua quo in plures usus sis, eo minus in multos uti possis. << la liberalità è distrutta dalla liberalità, così che tu la usi verso quanti più nei confronti della pluralità tanto meno tu la possa usare verso molti altri>>. Si noti attentamente il poliptoto iniziale che apre la frase e dà un certo tono alla frase. Tu: uso del tu generico In + accusativo= moto a luogo figurato [53] At qui opera, id est virtute et industria, benefici et liberales erunt, primum quo pluribus profuerint, eo plures ad benigne faciendum adiutores habebunt, dein consuetudine beneficentiae paratiores erunt et tamquam exercitatiores ad bene de multis promerendum. <<ma coloro che saranno benefici e liberali con i fatti cioè con la virtù e con l’operosità in primo luogo a quanto più persone saranno d’aiuto tanti più aiutanti avranno nel beneficare, in secondo luogo per l’abitudine a fare il bene saranno più pronti e per così dire più esercitati a ben meritare da parte di molti>>. Ii: Antecedente sottinteso, con funzione logica di soggetto Ablativo semplice: complemento di mezzo Primum de: in primo luogo Quo + comparativo – eo + comparativo → tanto più…quanto più Exercitatus: usato con valore traslato, ha la radice di exercitus → la radice è legata all’esercizio fisico, si tratta quindi di una metafora. virtute et industria: termini complementari, indicano il massimo del bene beneficentia: parola chiave inizia qui un piccolo aneddoto che dura fino al paragrafo 54. Praeclare epistula quadam Alexandrum filium Philippus accusat quod largitione benivolentiam Macedonum consectetur: <<filippo accusa il figlio Alessandro in una qualche lettera poiché cerca di ottenere il favore dei macedoni mediante un’elargizione in denaro>>. Praeclare: è un classico avverbio per introdurre una citazione. Sappiamo che al tempo di cicerone circolava questa epistola che cicerone cita, oggi tuttavia è perduta, molto spesso al tempo di cicerone circolavano epistolari di illustri padri a illustri figli, molto probabilmente erano per lo più falsi. Questa era probabilmente un falso. Consector: è un verbo derivato da consequor, è un esempio di verbo intensivo, indica un’azione ripetuta o cercata (cercare di…). Questi verbi seguono poi la prima coniugazione (es: consector, aris, atus sum ari) e si formano dal supino del verbo da cui derivano. 'Quae te, malum,' inquit, 'ratio in istam spem induxit, ut eos tibi fideles putares fore quos pecunia corrupisses? An tu id agis, ut Macedones non te regem suum sed ministrum et praebitorem sperent fore?' <<quale ragione ti ha spinto a codesta speranza, cioè di credere che saranno fedeli a te coloro che tu hai corrotto con il denaro? O fai questo affinchè i macedoni sperino che tu sarai non il loro re, ma il loro sottoposto (suum sott) e fornitore?>> Quae: aggettivo interrogativo che introduce l’interrogativa diretta Iste: con valore dispregiativo Ut + congiuntivo: introduce la completiva di fatto Quos: Relativa al congiuntivo per attrazione modale An: si trova di frequente nell’interrogativa diretta con sfumatura dubitativa, ha un valore molto vicino a num Dopo il discorso diretto cicerone ci dà un suo parere. Bene 'ministrum et praebitorem', quia sordidum regi, melius etiam quod largitionem corruptelam dixit esse. Fit enim deterior qui accipit atque ad idem semper exspectandum paratior. << Disse bene poiché era umiliante per un re ed è meglio ancora (est sott) il fatto che definì l’elargizione corruzione. Infatti diviene peggiore colui che la riceve e diviene più pronto ad aspettare sempre il medesimo>>. Il paragrafo 54 è un coronamento di riflessione sul paragrafo di alessandro e filippo. [54] Hoc ille filio, sed praeceptum putemus omnibus. <<Questo dice Filippo al figlio, ma noi dobbiamo giudicarlo un consiglio valido per tutti.>> Quam ob rem id quidem non dubium est, quin illa benignitas quae constet ex opera et industria et honestior sit et latius pateat et possit prodesse pluribus. << Perciò non c'è dubbio che quella beneficenza che consta dell'opera e dello zelo è più onesta e si estende più ampiamente e può giovare a più persone.>> Nonnumquam tamen est largiendum, nec hoc benignitatis genus omnino repudiandum est, et saepe idoneis hominibus indigentibus de re familiari impertiendum, sed diligenter atque moderate. << Tuttavia talvolta si devono fare delle elargizioni e questo genere di beneficenza non si deve del tutto evitare, e spesso bisogna far parte delle proprie sostanze a persone bisognose e meritevoli, pur con diligenza e moderazione.>> Multi enim patrimonia effuderunt inconsulte largiendo. << Molti hanno dilapidato i loro patrimoni col donare sconsideratamente.>> Quid autem est stultius quam, quod libenter facias, curare ut id diutius facere non possis? <<Che cosa c'è di più stolto del fare di tutto per non poter compiere più a lungo ciò che si farebbe volentieri?>> Atque etiam sequuntur largitionem vrapinae. <<E le estorsioni tengono dietro alle elargizíoni;>> Cum enim dando egere coeperunt, alienis bonis manus adferre coguntur. << quando a forza di dare si incomincia ad aver bisogno, si è costretti a porre mano ai beni altrui.>> Ita, cum benivolentiae comparandae causa benefici esse velint, non tanta studia adsequuntur eorum quibus dederunt quanta odia eorum quibus ademerunt. << Così, pur volendo esser benefici per procacciarsi la benevolenza, non si ottiene tanto l'affetto di quelli ai quali si è elargito, quanto l'odio di quelli ai quali si è tolto.>> [55] Quam ob rem nec ita claudenda est res familiaris ut eam benignitas aperire non possit, nec ita reseranda ut pateat omnibus; modus adhibeatur, isque referatur ad facultates. << Perciò non bisogna, certo, chiudere a chiave il proprio patrimonio, si che non lo possa aprire la beneficenza, né deve essere tanto dischiuso da divenire accessibile a tutti; si adotti una misura, che sia proporzionata alle proprie possibilità economiche. >> Omnino meminisse debemus id quod a nostris hominibus saepissime usurpatum iam in proverbii consuetudinem venit, largitionem fundum non habere. << Dobbiamo senza dubbio ricordarci di ciò che, ripetuto assai spesso dai nostri uomini, è en trato ormai nell'uso proverbiale: " il donare non ha fondo ". >> Etenim quis potest modus esse cum et idem qui consueverunt et idem illud alii desiderent? << Infatti quale misura potrebbe esserci, quando quelli che vi sono abituati ed altri ancora desiderano la stessa cosa?>> Omnino duo sunt genera largorum, quorum alteri prodigi, alteri liberales: prodigi qui epulis et viscerationibus et gladiatorum muneribus, ludorum venationumque apparatu pecunias profundunt in eas res quarum memoriam aut brevem aut nullam omnino sint relicturi, liberales autem qui suis facultatibus aut captos a praedonibus redimunt aut aes alienum suscipiunt amicorum aut in filiarum collocatione adiuvant aut opitulantur vel in re quaerenda vel augenda. << Vi sono, in genere, due classi di donatori, i prodighi ed i generosi. I prodighi elargiscono il loro denaro in banchetti, distribuzioni di carne e giuochi di gladiatori, nell'allestimento di spettacoli di caccia, in tutti quei divertimenti che lasceranno un breve ricordo o addirittura nessun ricordo; invece i generosi riscattano coi loro mezzi finanziari i prigionieri dai briganti o si accollano i debiti degli amici o li aiutano nel sistemare le figlie o danno loro delle sovvenzioni per acquistare un patrimonio o aumentarlo.>> [56] Itaque miror quid in mentem venerit Theophrasto in eo libro quem de divitiis scripsit, in quo multa praeclare, illud absurde: est enim multus in laudanda magnificentia et apparitione popularium munerum, taliumque sumptuum facultatem fructum divitiarum putat. << Perciò mi meraviglio di quel pensiero che è venuto in mente a Teofrasto nel suo libro sulle ricchezze, in cui ha detto molte cose egregiamente, ma è assurdo questo: è largo, infatti, di lodi per la magnificenza e lo sfarzo delle feste popolari e ritiene frutto delle ricchezze la possibilità di tali allestimenti>>. Mihi autem ille fructus liberalitatis, cuius pauca exempla posui, multo et maior videtur et certior. << A me, invece, quel frutto della generosità di cui ho fornito pochi esempi sembra molto più grande e sicuro. >> Quanto Aristoteles gravius et verius nos reprehendit qui has pecuniarum effusiones non admiremur quae fiunt ad multitudinem deleniendam! †At† ii qui ab hoste obsidentur si emere aquae sextarium cogerentur mina, hoc primo incredibile nobis videri omnesque mirari, sed cum attenderint, veniam necessitati dare, in his immanibus iacturis infinitisque sumptibus nihil nos magnopere mirari, cum praesertim neque necessitati subveniatur nec dignitas augeatur ipsaque illa delectatio multitudinis ad breve exiguumque tempus <quaeratur>, eaque a levissimo quoque, in quo tamen ipso una cum satietate memoria quoque moriatur voluptatis. << Con quale maggiore serietà e verità Aristotele ci mette in guardia perché non ammiriamo questi sperperi di denaro, che non hanno altro scopo che adescare il popolo. Dice infatti che " se degli assediati dal nemico fossero costretti a comprare un quartino d'acqua al prezzo d'una mina, sulle prime questo ci sembrerebbe incredibile e tutti si meraviglierebbero, ma, ripensandoci, farebbero una concessione alla necessità; noi, invece, non ci meravigliamo affatto di questi eccessivi sprechi e infinite spese, tanto più che così non veniamo incontro ad alcune necessità, e non si accresce la nostra dignità, e quel gran divertimento della moltitudine per breve ed esiguo tempo, ed è goduto dalla gente di rango più basso, in cui, insieme con la sazietà, si spegne anche il ricordo del piacere ">> [57] Bene etiam conligit haec pueris et mulierculis et servis et servorum simillimis liberis esse grata, gravi vero homini et ea quae fiunt iudicio certo ponderanti probari posse nullo modo. << E conclude anche giustamente: "Questo fa piacere ai fanciulli. alle donnicciole, agli schiavi e a quegli uomini liberi assai simili agli schiavi; ma dall'uomo serio, che riflette con fermo giudizio su ciò che accade, non possono essere in alcun modo approvate ". >> Quamquam intellego in nostra civitate inveterasse iam bonis temporibus ut splendor aedilitatum ab optimis viris postuletur. << Capisco, comunque, che nella nostra città ormai radicato, sin da tempo antico, l'esercizio in maniera assai splendida della carica di edile da parte degli uomini più illustri.>> Itaque et P. Crassus, cum cognomine Dives tum copiis, functus est aedilicio maximo munere, et paulo post L. Crassus cum omnium hominum moderatissimo Q. Mucio magnificentissima aedilitate functus est, deinde C. Claudius Ap. f., multi post, Luculli, Hortensius, Silanus. Omnes autem P. Lentulus me consule vicit superiores; hunc est Scaurus imitatus; magnificentissima vero nostri Pompei munera secundo consulatu. << Perciò Publio Crasso, ricco di nome e di sostanze, adempi al suo compito di edile con il massimo splendore, e poco dopo, con grandissima magnificenza, Lucio Crasso insieme a Qiunto Muoio, il più moderato di tutti gli << Ci si deve adoperare sì da concedere al maggior numero di persone possibili i benefici, il cui ricordo si trasmetta ai figli ed ai posteri, perché non sia loro lecito essere ingrati.>> Atque haec benignitas etiam reipublicae est utilis, redimi e servitute captos, locupletari tenuiores; quod quidem volgo solitum fieri ab ordine nostro in oratione Crassi scriptum copiose videmus. << Tutti odiano colui che è immemore del beneficio, pensano che quell'offesa nell'abbandonare la generosità sia rivolta anche contro loro stessi, e che l'ingrato sia il nemico comune degli umili. Inoltre questa generosità è utile anche allo Stato, il riscattare i prigionieri dalla schiavitù, l'arricchire i poveri; che appunto questo fu, di solito, il comportamento del nostro ordine, lo vediamo scritto, con abbondanza di esempi, nell'orazione di Crasso.>> Hanc ego consuetudinem benignitatis largitioni munerum longe antepono; haec est gravium hominum atque magnorum, illa quasi adsentatorum populi multitudinis levitatem voluptate quasi titillantium. <<Preferisco, dunque, di gran lunga questa consuetudine di generosità alla concessione di donativi; il primo tipo è proprio degli uomini seri e grandi, il secondo quasi di adulatori del popolo che, per così dire, solleticano col piacere la frivolezza della massa.>> [64] Conveniet autem cum in dando munificum esse, tum in exigendo non acerbum, in omnique re contrahenda, vendendo emendo, conducendo locando, vicinitatibus et confiniis aequum facilem, multa multis de suo iure cedentem, a litibus vero, quantum liceat et nescio an paulo plus etiam quam liceat, abhorrentem. <<Converrà esser munifici nel dare e nell'esigere evitare la rigidezza e così esser giusti ed accomodanti nel trattare ogni tipo d'affare, nel vendere e nel coprare, nel dare e nel prendere in affitto, negli affari di vicinato e di confine, cedendo a molti molte cose dei proprio di ritto e tenendosi lontani dalle liti per quanto sia lecito e non so se un po' di più di quanto sia lecito.>> Est enim non modo liberale paulum nonnumquam de suo iure decedere, sed interdum etiam fructuosum. << Infatti non solo, è generoso, ma talvolta anche vantaggioso, quello di rinunziare un po', talora, al proprio diritto.>> Habenda autem ratio est rei familiaris, quam quidem dilabi sinere flagitium est, sed ita ut inliberalitatis avaritiaeque absit suspicio. Posse enim liberalitate uti non spoliantem se patrimonio nimirum est pecuniae fructus maximus. << Si deve aver cura del patrimonio familiare, in quanto è scandaloso lasciarlo cadere in rovina, ma (lo si deve curare) in modo da tener lontano ogni sospetto d'ingenerosità e di avarizia: infatti il poter essere generosi senza spogliarsi del proprio patrimonio è, certamente, il frutto più grande del denaro/ricchezza.>> Recte etiam a Theophrasto est laudata hospitalitas. Est enim, ut mihi quidem videtur, valde decorum patere domos hominum inlustrium hospitibus inlustribus, idque etiam reipublicae est ornamento homines externos hoc liberalitatis genere in urbe nostra non egere. << Teofrasto loda, a giusta ragione, l'ospitalità; infatti è assai decoroso, pure secondo il mio parere, che le case degli uomini insigni siano aperte ad ospiti insigni, ed è anche motivo di lustro per lo Stato che gli stranieri non manchino in Roma di questo genere di liberalità.>> Est autem etiam vehementer utile iis qui honeste posse multum volunt per hospites apud externos populos valere opibus et gratia. << E' peraltro anche assai utile per coloro che vogliono onestamente acquistare un gran nome, avere molto credito e favore presso i popoli stranieri per mezzo degli ospiti.>> Theophrastus quidem scribit Cimonem Athenis etiam in suos curiales Laciadas hospitalem fuisse; ita enim instituisse et vilicis imperavisse, ut omnia praeberentur, quicumque Laciades in villam suam devertisset. <<Teofrasto scrive che Cimone in Atene era ospitale anche verso i suoi compaesani/concittadini Laciadi; aveva disposto e ordinato ai suoi servi di campagna che fosse offerta ogni ospitalità a chiunque da Laciade si recasse nella sua casa.>> [65] Quae autem opera, non largitione beneficia dantur, haec tum in universam rempublicam tum in singulos cives conferuntur. <<L’attività mediante la quale si conferiscono benefici, a differenza che l’elargizione, va sia a vantaggio dello stato intero, sia a vantaggio dei singoli cittadini. >> Nam in iure cavere, consilio iuvare atque hoc scientiae genere prodesse quam plurimis vehementer et ad opes augendas pertinet et ad gratiam. <<Infatti assistere in questioni giuridiche, o aiutare con i consigli, e giovare con questo tipo di conoscenza al numero maggiore di persone, risulta assai pertinente sia all’accrescimento dei propri mezzi, sia a quello del nostro favore.>> Itaque cum multa praeclara maiorum, tum quod optime constituti iuris civilis summo semper in honore fuit cognitio atque interpretatio. <<Per questo furono sempre assai onorate tanto molte occupazioni illustri degli antenati, quanto il fatto che ci fosse una conoscenza e una interpretazione del diritto civile ottimamente costituito>>. Quam quidem ante hanc confusionem temporum in possessione sua principes retinuerunt; nunc ut honores, ut omnes dignitatis gradus, sic huius scientiae splendor deletus est, idque eo indignius, quod eo tempore hoc contigit cum is esset qui omnes superiores, quibus honore par esset, scientia facile vicisset. <<Tale competenza, prima della confusione odierna, apparteneva ai cittadini più in vista, ora invece, come le cariche, come tutti i gradi della vita sociale, così lo splendore di tale conoscenza è andato distrutto, e questo è tanto più indegno quanto più per il fatto che capita oggi, nel tempo in cui vive colui che avrebbe superato con facilità in essa tutti i suoi predecessori, che gli erano pari per onorabilità>>. Haec igitur opera grata multis et ad beneficiis obstringendos homines accommodata. <<Dunque opere del genere sono gradite a molti e adatte a unire gli uomini attraverso i benefici.>> [66] Atque huic arti finitima est dicendi gravior facultas et gratior et ornatior. <<Vicina a tale competenza sta la capacità di parlare in pubblico, che è anche l’attività più seria, più gradita, più onorata.>> Quid enim eloquentia praestabilius vel admiratione audientium vel spe indigentium vel eorum qui defensi sunt gratia? <<Cosa infatti è preferibile all’eloquenza, sia per l’ammirazione di coloro che ascoltano, o la speranza di chi ne ha bisogno, o la gratitudine di coloro che ne vengono difesi?>> Huic [quoque] ergo a maioribus nostris est in toga dignitatis principatus datus. <<Il primo posto nella visibilità sociale, fu dato dai nostri antenati ad essa.>> Diserti igitur hominis et facile laborantis, quodque in patriis est moribus, multorum causas et non gravate et gratuito defendentis beneficia et patrocinia late patent. <<I benefici di un uomo eloquente e resistente alla fatica, che, secondo i costumi tradizionali difenda molte cause senza difficoltà e gratuitamente, si diffondono per largo tratto.>> [67] Admonebat me res ut hoc quoque loco intermissionem eloquentiae, ne dicam interitum deplorarem, ni vererer ne de me ipso aliquid viderer queri. <<La cosa mi spingeva a deplorare a questo punto l’interruzione, per non dire la morte, dell’eloquenza, se non temessi di dare l’impressione di lamentare qualcosa che mi riguarda in prima persona.>> Sed tamen videmus quibus exstinctis oratoribus quam in paucis spes, quanto in paucioribus facultas, quam in multis sit audacia. <<Ma tuttavia vediamo, una volta estinti gli oratori di cui parliamo, come vi sia solo in pochi la speranza, e come in ancor meno persone vi sia la capacità oratoria, e come invece in molti si trovi l’audacia.>> Cum autem omnes non possint, ne multi quidem, aut iuris periti esse aut diserti, licet tamen opera prodesse multis beneficia petentem, commendantem iudicibus magistratibus, vigilantem pro re alterius, eos ipsos qui aut consuluntur aut defendunt rogantem; quod qui faciunt, plurimum gratiae consequuntur, latissimeque eorum manat industria. <<Dal momento che né tutti e neppure molti possono essere esperti di diritto, o eloquenti, tuttavia si può giovare a molti con le attività, chiedendo per loro benefici, raccomandandoli ai giudici e ai magistrati, vigilando in difesa degli affari di un altro, reclamando l’intervento di quelli stessi che o vengono consultati oppure rappresentano la difesa nei processi; coloro che fanno così, conseguono moltissima riconoscenza e il loro impegno si diffonde in lungo e in largo.>> [68] Iam illud non sunt admonendi, (est enim in promptu), ut animadvertant, cum iuvare alios velint, ne quos offendant. <<Non occorre ricordare loro- è infatti evidente- che devono stare attenti a non offendere coloro che invece vogliono aiutare.>> Saepe enim aut eos laedunt quos non debent aut eos quos non expedit; si imprudentes, neglegentiae est, si scientes, temeritatis. <<Spesso infatti colpiscono o coloro che non devono o coloro che non è utile colpire; se sono imprudenti, è per negligenza, se sono consapevoli, è per temerarietà.>> Utendum etiam est excusatione adversus eos quos invitus offendas, quacumque possis, quare id quod feceris necesse fuerit nec aliter facere potueris, ceterisque operis et officiis erit id quod violatum videbitur compensandum. <<A chi si offende involontariamente, bisogna rivolgere le proprie scuse in qualunque modo sia possibile, perché ciò che si è fatto è stato necessario né si poteva fare altrimenti, e bisognerà compensare colui che si è offeso con altre opere e con altre prestazioni dovute.>>