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Deriva dei continenti, Appunti di Scienze della Terra

Appunti dettagliati sulla deriva dei continenti

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 21/01/2022

madalina-bruno
madalina-bruno 🇮🇹

4.4

(18)

38 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Deriva dei continenti e più Appunti in PDF di Scienze della Terra solo su Docsity! LA DERIVA DEI CONTINENTI E L’ESPANSIONE DEI FONDI OCEANICI La deriva dei continenti è una teoria geologica secondo la quale i continenti migrano, spostandosi analogamente a zattere galleggianti sullo strato inferiore della crosta terrestre. Fu introdotta nel 1915 da Alfred Wegener, quando pubblicò “la formazione dei continenti e degli oceani”, in cui ipotizzò che i due continenti, America meridionale e Africa, originariamente uniti, si fossero spostati lateralmente, separandosi e provocando l'apertura dell'Oceano Atlantico meridionale. Osservando e studiando altri profili costieri, arrivò a supporre che nel passato fosse esistito un unico supercontinente, la Pangea (tutte le terre), circondato da un unico grande oceano, la Panthalassa (tutti i mari). Circa 200 milioni di anni fa la Pangea si sarebbe rotta in vari blocchi continentali, che si sarebbero allontanati gli uni dagli altri "andando alla deriva"come fossero delle zattere, fino a raggiungere la posizione attuale. La ricostruzione della Pangea proposta da Wegener era piuttosto approssimativa e venne contestata dagli studiosi dell'epoca sulla base del fatto che le linee di costa vengono continuamente modificate dall'erosione, quindi la loro forma attuale potrebbe non rispecchiare quella iniziale. Con il passare del tempo successive ricerche consentirono di stabilire che la forma dei continenti è meglio delineata dal margine esterno della piattaforma continentale, una specie di estensione sommersa dei continenti, piuttosto che dalla linea di costa emersa che viene continuamente modificata dall'erosione. Nei primi anni sessanta del secolo scorso fu realizzata una carta in cui venivano accostati i margini delle piattaforme continentali a una profondità di 900 m, ottenendo una corrispondenza migliore. LE CORRISPONDENZE PALEONTOLOGICHE Ciò che convinse Wegener a sviluppare nei dettagli la sua teoria fu la notizia del ritrovamento, sia in Africa, sia in America meridionale, di fossili di organismi identici risalenti al Permiano e al Mesozoico. Per diffondersi in entrambi i continenti, tali organismi avrebbero dovuto attraversare l'oceano a nuoto, o su ipotetici "ponti” tra un continente e l'altro, dei quali però non esiste traccia. LE CORRISPONDENZE LITOLOGICHE Se due continenti in passato erano uniti, le rocce che si trovano in una particolare regione di un continente dovrebbero corrispondere per tipo ed età a quelle che si trovano nella posizione corrispondente sull'altro continente. È proprio ciò che Wegener scoprì in Brasile, individuando rocce ignee risalenti a 2 miliardi di anni fa molto simili a rocce della stessa età presenti in Africa. Un altro elemento che fa presupporre che due continenti erano uniti è l'interruzione delle catene montuose presenti lungo una costa, e dalla loro "ricomparsa" sulla terraferma dall'altra parte dell'oceano. I CLIMI DEL PASSATO Wegener era meteorologo di professione ed era particolarmente interessato a trovare eventuali dati relativi ai climi del passato, a sostegno della sua teoria e effettivamente li trovò scoprendo eventi climatici verificatisi su scala globale e risalenti alla fine del Paleozoico. Dalla presenza di antichi depositi glaciali in Africa e in America meridionale, in Australia e in India egli dedusse che circa 300 milioni di anni fa vaste zone dell'emisfero meridionale erano coperte da calotte glaciali. Oggi la maggior parte delle aree emerse che presentano le tracce di questa glaciazione si trova nella fascia climatica tropicale e subtropicale. In molte zone dell'emisfero settentrionale si trovano invece vasti depositi di carbone, attribuibili allo stesso periodo, che testimoniano la presenza di un clima caldo e umido. Per spiegare la presenza di antiche coperture glaciali, Wegener fece notare che, nella sua ricostruzione, i continenti meridionali a quell'epoca erano uniti e si trovavano vicino al Polo Sud. Le aree emerse attualmente situate nell'emisfero settentrionale, invece, erano prossime all'Equatore, il che giustifica la formazione degli accumuli di carbone. LE OBIEZIONI ALLA TEORIA DELLA DERIVA DEI CONTINENTI Per molti anni, la teoria di Wegener venne molto criticata e una delle obiezioni principali si basava sul fatto che lo studioso tedesco non aveva proposto alcun meccanismo che potesse giustificare e spiegare il movimento dei continenti. Wegener aveva ipotizzato che la forza di attrazione della Luna potesse aver causato una migrazione verso ovest delle masse continentali, e che queste masse avessero attraversato la crosta oceanica in modo simile a un rompighiaccio. Sia le forze sia le modalità indicate da Wegener apparivano comunque inadeguate e di conseguenza la sua teoria fu accantonata per alcuni decenni. UNA NUOVA TEORIA: HESS E I FONDI OCEANICI Nel 1960 il geologo statunitense Harry Hess riprese una teoria elaborata precedentemente dal geologo inglese Arthur Holmes, uno dei pochi sostenitori delle idee di Wegener. Secondo Holmes, le rocce semi-fuse dell'astenosfera dovevano comportarsi come l'acqua di una pentola sul fuoco: il liquido caldo a contatto con la fonte di calore sale verso l'alto, mentre quello raffreddatosi in superficie scende lateralmente. L'idea di Holmes però non fu presa in considerazione da Wegener. Ma da Hess si, spiegando che i continenti non hanno avuto parte attiva nel loro spostamento, ma sono semplici "zattere" trascinate da moti convettivi nel mantello, a loro volta causati dalla distribuzione non omogenea del calore endogeno. L'idea di Hess, oggi nota come teoria dell'espansione dei fondi oceanici, fu elaborata quando furono scoperte le dorsali oceaniche ovvero dei sistemi di fratture e rilievi sottomarini che si estendono in tutti gli oceani. Secondo Hess, lungo una dorsale oceanica il magma in risalita dal mantello genera continuamente nuova crosta oceanica che, saldandosi sui fianchi della dorsale, ne provoca il reciproco allontanamento. LA TEORIA DELLA TETTONICA DELLE PLACCHE LA TERRA È SUDDIVISA IN PLACCHE Secondo il modello della tettonica delle placche, la litosfera è suddivisa in frammenti, le placche litosferiche. Esse appoggiano sull'astenosfera, la zona del mantello in cui le rocce sono prossime al punto di fusione, e quindi plastiche, il che consente alla litosfera rigida di muoversi al di sopra di esse. Questa è una delle maggiori differenze rispetto all'ipotesi di Wegener, secondo la quale i continenti si muovevano attraversando i fondi oceanici e non insieme a essi. Le placche litosferiche sono una ventina: la placca nordamericana, la placca sudamericana, la placca pacifica, la placca africana, la placca eurasiatica, la placca indo-australiana e la placca antartica. La più estesa, la placca pacifica, è costituita di sola crosta oceanica, mentre le altre contengono ciascuna un intero continente e una vasta porzione di fondo oceanico. Le placche litosferiche si muovono una rispetto all'altra in modo lento e continuo, a una velocità media di 5 cm l'anno. I MARGINI DI PLACCA Ogni placca litosferica si muove come un'unità a se stante rispetto alle altre placche. Le interazioni di maggiore entità, e dunque le deformazioni più accentuate, avvengono lungo i margini. I limiti fra le placche furono originariamente identificati riportando su una carta l'ubicazione degli epicentri dei terremoti, poiché l'attività sismica maggiore si verifica proprio per effetto di queste interazioni. In base al tipo di movimento che li caratterizza, si distinguono tre tipi di margini: I margini divergenti (o costruttivi): e si tratta di margini lungo i quali due placche si allontanano l'una dall'altra e si • ha, di conseguenza, risalita di materiale dal mantello con formazione di nuova crosta oceanica; margini convergenti (o distruttivi): margini lungo i quali due placche si muovono l'una verso l'altra e la litosfera • oceanica di una placca scende al di sotto dell'altra placca, dove viene riassorbita dal mantello, si tratta di un fenomeno chiamato subduzione; margini trasformi (o conservativi): margini che corrispondono alle grandi fratture chiamate faglie trasformi, lungo le • quali due placche scorrono parallele una vicino all'altra senza che si abbia produzione o distruzione di litosfera. I MARGINI DIVERGENTI (espansione oceanica) I margini divergenti si trovano per lo più lungo le creste delle dorsali oceaniche e vengono considerati margini costruttivi perché è in queste zone che si forma nuova litosfera oceanica in quanto mentre le due placche si allontanano dall'asse della dorsale, le fratture che si formano vengono riempite dal magma che risale dall'astenosfera calda sottostante. Gradualmente il magma si raffredda e va a costituire nuove porzioni di fondo oceanico. Questo processo di separazione e di formazione di nuova crosta è continuo: in questo modo i fondi oceanici si espandono, come Hess aveva intuito. Lungo i margini divergenti il fondo oceanico è in rilievo e forma una dorsale oceanica. La cresta della dorsale di solito è elevata di 2-3000 m rispetto ai bacini oceanici adiacenti, e la sua larghezza varia tra 1000 e 4000 km. Inoltre, lungo l'asse di alcuni segmenti di dorsale si trova un solco delimitato da grandi faglie, chiamato rift valley. Il sistema delle dorsali oceaniche interconnesse si estende per 70 000 km e rappresenta il più lungo elemento topografico del pianeta. I margini divergenti si possono sviluppare anche all'interno di un continente, del quale determinano la suddivisione in due o più parti di dimensioni minori: è proprio il meccanismo che Alfred Wegener aveva proposto per spiegare la frammentazione della Pangea. Sembra che la separazione di un continente inizi con la formazione di una depressione allungata, chiamata rift continentale, analoga al rift presente sulla cresta delle dorsali oceaniche. Un esempio attuale di rift continentale è la Great Rift Valley in Africa orientale. I MARGINI CONVERGENTI Nell'elaborare la sua teoria dell'espansione dei fondi oceanici, Hess aveva considerato il fatto che, malgrado la continua produzione di nuova litosfera oceanica lungo le dorsali, complessivamente la superficie del nostro pianeta non aumenta: così porzioni di litosfera oceanica più antica sprofondano nell'astenosfera, dove sono distrutte. Questo fenomeno avviene proprio in corrispondenza dei margini convergenti, per questo detti anche margini distruttivi. Quando la litosfera oceanica è coinvolta e due placche lentamente si scontrano il margine di una placca si ripiega verso il basso, scorrendo sotto l'altra placca e, in superficie, si forma una fossa oceanica. Distribuite in tutti gli oceani le fosse oceaniche possono essere lunghe migliaia di kilometri, profonde da 8 a 12 km, larghe da 50 a 100