Scarica DIDATTICA SPECIALE E INCLUSIONE SCOLASTICA – COTTINI e più Appunti in PDF di Neuropsichiatria infantile solo su Docsity! DIDATTICA SPECIALE E INCLUSIONE SCOLASTICA – Cottini CAP. 1: L'EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO A SUPPORTO DELL'INCLUSIONE: In Italia la storia dell'integrazione scolastica è legata ad una normativa orientata a rimuovere qualsiasi tipo di discriminazione per gli allievi con disabilità. i principi espressi nel tempo sono innovativi e lungimiranti, tanto da portare a frequenti affermazioni circa il fatto che le realizzazioni concrete non fossero spesso all'altezza. Negli ultimi anni il dibattito si è ulteriormente evoluto abbracciando l’inclusione, che non rinnega la dimensione dell'integrazione, ma la orienta verso una visione più sociale e contestuale. 1.la scelta italiana per l'integrazione totale: A.1: il periodo dell'istruzione separata: l’inserimento scolastico del bambino in situazione di disabilità è stato caratterizzato fino alla fine degli anni 60 da un approccio prevalentemente medico in una situazione di diffusa emarginazione. La convinzione comune era che l'allievo in situazione di disabilità potesse essere aiutato con la massima incisività quando si trovava inserito in gruppi di coetanei con deficit simili. lo stato istituisce delle sezioni speciali presso le scuole materne statali, per i casi speciali scuole materne speciali. B.1: le prime esperienze di inserimento: la constatazione di quanto limitati fossero stati i risultati ottenuti con l'inserimento in classi differenziali in scuole speciali alla fine degli anni 60 aveva investito l'intero sistema scolastico. Questo ha portato alla crisi delle istituzioni separate e si sono autorizzate le prime esperienze di inserimenti degli allievi. La legge 30 del 1971 riconosce il diritto all'educazione in classe comune escludendo però i soggetti affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche da impedire l'apprendimento e l'inserimento nelle classi normali. questa legge ha una svolta nel 1975 quando gli specialisti hanno cominciato a rifiutarsi di attestare la gravità della disabilità, sempre in questo anno un documento famoso, il documento Falcucci ribadisce il principio che il superamento di qualsiasi forma di emarginazione passi attraverso un nuovo modo di concepire e attuare la scuola. C.1: il cammino dall'inserimento all'integrazione: nel 1977 il quadro normativo era chiaro relativamente all'inserimento degli allievi in situazione di disabilità nella scuola. Tale legge ha rappresentato un momento di svolta della scuola italiana hai reso obbligatoria la presenza di alunni in situazioni di disabilità nella scuola comune con la conseguente abolizione delle classi differenziali delle scuole speciali. D.1: la legge quadro sulla disabilità: la legge quadro 104 del 1992 per l'assistenza l'integrazione dei diritti delle persone con disabilità ha rappresentato un'ulteriore tappa nell'evoluzione della normativa. Il testo da un lato raccoglieva le disposizioni precedenti in un quadro organico e dall'altro tendeva a riempire vuoti legislativi che si erano venuti a verificare nei diversi ambiti. Viene messo in risalto come una vera integrazione possa realizzarsi solo ponendo in primo piano non soltanto i bisogni della persona con disabilità, ma anche desideri risorse e potenzialità nell'ambito dell'apprendimento e della comunicazione delle relazioni. Un ruolo sempre più attivo viene attribuito alle famiglie nella formulazione sia del profilo dinamico funzionale (pdf) che del piano educativo individualizzato (pei), in particolare la legge ha introdotto esplicitamente il principio della programmazione coordinata tra i servizi scolastici sanitari socioassistenziali culturali e ricreativi e sportivi. E.1: le disposizioni applicative della legge quadro: all'emanazione della legge quadro seguono una serie di decreti di esecuzioni finalizzati a specificare in maniera più puntuale gli strumenti dell'integrazione, fra questi atti due sono significativi: -il decreto 1992, che fissa i criteri per la stipula degli accordi di programma da sottoscrivere fra le istituzioni scolastiche le amministrazioni comunali e provinciali, questa la finalità di favorire il miglioramento dell'integrazione scolastica e una più efficace e ampia azione riabilitativa a favore della persona disabile. -il decreto 1994 fissa in maniera precisa i compiti delle unità sanitarie in materia di alunni in situazione di disabilità. tali compiti prevedono l'individuazione della disabilità, l'attestazione di tale condizione deve essere corredata poi dalla diagnosi funzionale che insieme al successivo PDF costituisce la documentazione fondamentale richiesta dell'amministrazione scolastica. il PDF fissa le linee dello sviluppo potenziale del bambino a medio breve termine e consente di individuare obiettivi attività in modalità del progetto di integrazione che trova la sua definizione nel pei. Sono state fatte critiche sul fatto che non siano coinvolti nella sua delineazione il personale educativo e di genitori, questa esigenza viene raccolta nel 2017 con una legge che prevede successivamente all'accertamento della condizione di disabilità la redazione di un profilo di funzionamento secondo i criteri del modello Biopsicosociale della classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute adottato dall’ OMS ai fini della formulazione del progetto individuale. F.1: le scuole dell'autonomia e le ripercussioni sul processo di integrazione scolastica: nel 1997 le scuole acquisiscono autonomia in termini giuridici finanziari e amministrativi didattici e di ricerca di sperimentazione organizzativi. il cambiamento significato anche la scomparsa dei programmi nazionali e a maggiore responsabilità progettuale alle scuole esercitato attraverso un nuovo strumento il pof; esso comprende il curriculum didattico ma si occupa del progetto complessivo incluse le questioni di organizzazione interna di uso delle risorse di relazioni con il territorio. Nel 2015 la legge 107 istituisce il piano triennale dell'offerta formativa ptof che apporta alcune modifiche al pof sia in riferimento alle tempistiche che ai contenuti. L’integrazione degli alunni in situazione di disabilità è affrontata ribadendo il principio dell'individualizzazione degli interventi didattici che fa particolare riferimento a processi formativi adeguati alle caratteristiche degli allievi. Un ulteriore elemento importante riguarda la formazione degli insegnanti specializzati per il per il sostegno. La sintesi di tutto questo percorso di progressiva attenzione diversi bisogni degli allievi in situazione di disabilità può essere rintracciata nelle linee guida sull'integrazione scolastica degli alunni con disabilità, documento che delinea un rinnovato impegno per una qualità sempre maggiore dei processi di integrazione scolastica nella prospettiva dell'inclusione. 2: la curvatura normativa verso la prospettiva dell'inclusione: l'emergere della prospettiva inclusiva non rappresenta uno stacco, una modifica radicale del percorso, quanto un'opportuna curvatura che amplia l'orizzonte della considerazione della diversità come caratteristica di tutti e di ognuno, d'altrocanto orienta la riflessione e le prassi di individualizzazione delle barriere degli ostacoli sociali. B.2: le disposizioni internazionali: la riflessione che si è andata sviluppando in altri paesi ha preso lo spunto da una realtà che vedeva mantenuto un sistema parallelo di educazione per allievi con disabilità significative. Negli anni 70 in Inghilterra il 20% degli studenti in un momento nell'altro della loro scolarità sono destinati ad incontrare difficoltà e avranno bisogno di particolari supporti per aiutare la loro frequenza scolastica. Viene introdotto il concetto di special education needs, il quale ha contribuito indubbiamente orientare poi la discussione verso un approccio inclusivo centrato l'individualizzazione di obiettivi comuni a tutti gli allievi. Con la dichiarazione di Salamanca nel 1994 si è fatto un deciso passo avanti a livello internazionale. si apre con un chiaro impegno nei confronti del principio dell'educazione per tutti e per ciascuno, riconoscendo la necessità che bambini, giovani e adulti BES frequentino percorsi di formazione all'interno dei comuni sistemi educativi. il raggiungimento di questo obiettivo richiede che le scuole predispongano corsi educativi in grado di considerare anche i bes degli allievi. Due anni dopo con la carta di Lussemburgo si struttura un documento finalizzato a costruire la condizione per promuovere una scuola davvero per tutti: articolato in tre parti: Per mettere in pratica quest'idea di fondo Oliver con l'espressione modello sociale della disabilità, che non nega l'importanza al valore di interventi appropriati nella vita delle persone con disabilità, ma indirizza l'attenzione sui limiti di questi interventi tesi a favorire l'inclusione in una società costruita da soggetti non disabili per soggetti non disabili. Nel modello sociale c'è il tentativo di spostare l'attenzione delle limitazioni funzionali delle persone in situazioni di agibilità ai problemi causati dagli ambienti disabilitanti, fra queste gli impedimenti fisici e architettonici, gli ambienti di lavoro e il trasporto. In questo modello le difficoltà di alcuni allievi non sono negate ma considerate una condizione con la quale la professione dell'insegnante deve confrontarsi. A livello educativo non ci si deve organizzare per intercettare il bisogno educativo degli allievi normali ma per rispondere ai bisogni di apprendimento di ciascuno. In questa prospettiva i BES non sono i bisogni dei diversi ma costituiscono tutte quelle esigenze che rinviano a difficoltà di sviluppo di apprendimento temporanee o permanenti che possono manifestarsi a prescindere da una condizione di disabilità. Le argomentazioni sviluppate dagli esponenti dei disability studies in relazione al sistema educativo italiano tendono a far rilevare come lo stesso sia ancora di fatto dominato da una visione individuale: -nella centralità e pervasività della diagnosi della certificazione clinica che rimandano al grado di inabilità come condizione per avere il diritto ad un'insegnante specializzato. -nella richiesta di figure specializzate in grado di occuparsi degli specifici problemi. Modello ICF: L'approccio che fa riferimento all'adozione del modello ICF si pone come un anello di congiunzione di due modelli precedenti considerando come elemento centrale concetto di salute, il quale rappresenta un'ideale che nessun individuo sperimenta in maniera completa in quanto in momenti diversi della sua esistenza può manifestare difficoltà in certe dimensioni del suo funzionamento. Tenta di arrivare ad una sintesi in grado di fornire una prospettiva coerente delle diverse dimensioni della salute a livello biologico individuale e sociale. Questo sistema considera due tipi di fattori alla base del funzionamento di ogni individuo: -quelli personali e corrispondono agli attributi caratteristici di ogni persona -quelli ambientali che includono il contesto fisico e sociale e l'impatto dei comportamenti di ognuno Modello delle capacità: Viene formulato a metà degli anni ‘80 del secolo scorso da Amartya Sen ed è stato promosso in numerosi ambiti. Il concetto di riferimento è rappresentato da un'idea di qualità della vita lo “star bene” di Sen, che dipende non tanto dai mezzi che ogni individuo ha a disposizione, quanto piuttosto dalla capacità di trasformare tali disponibilità in concrete realizzazioni. In altre parole, l'insieme di questi traguardi potenzialmente raggiungibili, spazio delle capacità, ho effettivamente realizzati, spazio dei funzionamenti, che contribuisce nel complesso determinare il benessere e la qualità di vita delle persone. L’ enfasi viene posta sulla possibilità di scegliere quali azioni intraprendere, quali traguardi realizzare, tale approccio in grado di prendere in considerazione tutta la mia ampia gamma di esperienze superando la limitata ottica basata sulla tipizzazione delle menomazioni. La persona con disabilità ha il diritto di scegliere come gestire la propria vita e sviluppare le proprie potenzialità. Il benessere dell'individuo e la sua partecipazione alla vita sociale diventano i pilastri di questo approccio. Il superamento delle disabilità non coincide con l'adeguamento a una normalità quanto piuttosto con l'ampliamento delle possibilità di scelta, ovvero della sua capacità di autodeterminazione. Uno dei punti di forza di questo orientamento consiste nella centralità che viene attribuita all'individuo nella determinazione delle sue capabilities e rilevanti. Sono le persone con disabilità stesse ad avere il diritto di determinare cosa ritengono importante e significativo per la loro vita. CAP 3: L’ICF: QUANDO LA CLASSIFICAZIONE DIVENTA LO STRUMENTO DI GUIDA DIDATTICA Nel 1980 l’ OMS pubblicò l’ ICDH all'interno della quale veniva fatta l'importante distinzione fra menomazione, disabilità e handicap. A questo documento fece seguito a distanza di vari anni la revisione apportata nell'ICDH2 che in linea con il mutato quadro di riferimento e tentava di correggere l'imposizione e lineare fra i concetti di menomazione disabilità e andicap ponendo una dinamica più complessa e introduce un'importante nozione di partecipazione attiva. Nel 1999 il tentativo di evoluzione operato con l’ICDH2 trova il suo compimento nella proposta di un nuovo strumento l’ICF, attraverso il quale descrivere misurare la salute e la disabilità della popolazione. Non ci si riferisce più ad un disturbo strutturale funzionale, senza prima rapportarlo uno stato considerato di salute, menomazione handicap sono sostituiti da attività e partecipazione sociale. Si afferma così un modello di tipo Biopsicosociale nel quale la qualità della vita e della persona risultano dall'interazione di sistemi complessi che agiscono in maniera integrata e non separabile. Nel 2007 L’OMS ha provveduto alla pubblicazione della classificazione internazionale del funzionamento, delle disabilità e della salute dei bambini e adolescenti, che è stata sviluppata per rispondere alle esigenze di una versione dell'ICF che potesse essere universalmente utilizzata per bambini e adolescenti nel settore della salute, dell'istruzione e dei servizi sociali. La classificazione ripropone la stessa struttura concettuale dell’ ICF con l'impiego di un linguaggio di una terminologia comune per documentare i problemi relativi alle funzionali strutture corporee che si manifestano nella prima infanzia e nell'adolescenza. Per comprendere e apprezzare completamente le novità portate all’ICF E ALL’ICF-CY nel sistema di classificazione delle condizioni connesse alla salute alle disabilità delle persone si descrive brevemente di seguito L’ICD 10 ED IL DSM 5. ICD 10: favorisce la diagnosi delle malattie e dei disturbi e questa conoscenza e si arricchisce poi dalle informazioni aggiuntive fornite daLL’ ICF relative al modo di operare dal soggetto all'ambiente. Comprende la codifica di 300 sindromi, disturbi descritti in diverse sezioni e per ciascun disturbo riporto una divinazione delle principali caratteristiche cliniche, nonché alcuni aspetti associati, fornisce indicazioni diagnostiche per formulare una diagnosi attendibile. DSM 5: il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali è una delle modalità più conosciute utilizzate dagli operatori sanitari a livello internazionale per delineare la diagnosi nell'ambito di deficit mentali. L’ultima versione ,2013 propone una visione maggiormente improntata ad analizzare le sindromi con un approccio basato sul ciclo di vita. Inizia infatti con i disturbi più diagnosticati nelle prime fasi della vita, e termina con quelli pertinenti all'età avanzata. Fra i disturbi del neuro sviluppo troviamo: -disabilità intellettive -disturbi della comunicazione -disturbi dello spettro dell'autismo -disturbo da deficit di attenzione e iperattività -disturbo specifico dell'apprendimento -disturbi del movimento il disturbo autistico nel DSM 5: Per dare un esempio della modalità di classificazione si riporta allo schema previsto per il disturbo dello spettro dell'autismo che è descritto da una dieta di sintomi afferenti a -deficit di interazione comunicazione sociale -comportamenti interessi e attività ristretti e ripetitivi questi sintomi devono manifestarsi in differenti contesti attraverso tutti i fattori indicati nel riquadro, è necessario che i sintomi siano presenti fin dall'infanzia, anche se possono manifestarsi pienamente solo quando le richieste sociali eccedono la capacità di limitate dei bambini e che gli stessi sintomi limite ne compromettono le funzioni del quotidiano. I criteri definiscono questa sindrome come una categoria diagnostica unica con le specifiche autori che permettono di definire il quadro per ogni individuo consentendo di fatto una valutazione della gravità e del grado di sostegno necessario ad ognuno. L’ICF: si pone in continuità con le classificazioni precedenti, non viene considerata la menomazione ma la salute, le potenzialità dell'individuo e le sue eventuali disabilità in relazione all'attività alla partecipazione. In questo modo si pongono le premesse per individuare completamente i bisogni e superare fino al possibile i limiti dell'attività e le restrizioni della partecipazione. L’ICF è organizzato in due parti: -la prima è formata dalle seguenti componenti: • .Funzioni corporee • .Strutture corporee • .Attività • .Partecipazione -la seconda prevede: • fattori ambientali • fattori personali Ogni componente viene poi diviso in una serie di capitoli, le funzioni corporee sono le funzioni fisiologiche dei sistemi corporei, le strutture corporee sono parti anatomiche del corpo come organi arti e i loro componenti, attività e l'esecuzione di un compito di una azione da parte di un individuo, partecipazione è coinvolgimento di un individuo in una situazione di vita, fattori ambientali sono caratteristiche del mondo fisico sociale degli atteggiamenti che possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto. All'interno di ciascun capitolo ci sono categorie a 2, 3, o quattro livelli ognuno con una breve descrizione un elenco di elementi inclusi ed esclusi. Qualificatori: L’ICF non riguarda solo le persone con disabilità ma è applicabile a ogni persona che si trova in qualsiasi condizione di salute dove vi sia la necessità di valutarne lo stato di salute a livello corporeo personale e sociale. I codici per questo motivo richiedono l'uso di uno più qualificatori quali denotano l'entità del livello di salute o la gravità del problema in questione, vengono codificati con 1 ,2 o più numeri dopo un punto, senza questo i codici non hanno un valore intrinseco. L’ICF-CY: cerca di rispondere alle esigenze connesse alla classificazione delle condizioni di salute delle manifestazioni di disabilità di bambini e adolescenti. Deriva dall’ICF e prevede modifiche ampliamenti che riguardano soprattutto alcuni codici e qualificatori per consentire una migliore inclusione di aspetti legati allo sviluppo in età evolutiva. In particolare, sono diventati oggetti di attenzione: lo sviluppo cognitivo del linguaggio, il gioco, l'apprendimento, vita familiare, l'istruzione per i diversi domini. Per quanto riguarda l'istruzione viene definita più nel dettaglio e arricchita di ulteriori aspetti ritenuti importanti in funzione dello sviluppo. I principali obiettivi operativi per determinare la prospettiva di attivare processi educativi orientati all'inclusione sono: quelle consuete in grado di richiedere anche particolari sussidi tecnologici. Pure i sistemi di valutazione dovrebbero essere rivisti uscendo da un approccio tradizionale che prevede di presentare le stesse prove a tutti. l'orientamento dovrebbe essere quello di privilegiare forme di valutazione autentica nella quale gli allievi vengono chiamati a svolgere compiti reali in grado di consentire l'applicazione significativa di conoscenze e competenze essenziali. Proposta di un modello per l'adattamento dei curriculi didattici: sono previste tre dimensioni che caratterizzano momenti specifici della programmazione educativa: • la modalità con la quale possono venire presentate le proposte didattiche • le forme utilizzabili dagli allievi per manifestare le proprie competenze e acquisizioni • le procedure di elaborazione delle informazioni e di pensiero che è opportuno vengano stimolate le prime due dimensioni ricalcano aspetti centrali evidenziati nelle linee guida del cast: presentare i contenuti con modalità che possano incontrare la particolarità di tutti gli allievi e consentire agli stessi di dimostrare quanto hanno appreso attraverso forme personalizzate di azioni di espressione. Questa condizione viene ad assumere una rilevanza particolare in alcune situazioni di disabilità quando si possono presentare approcci molto selettivi per certi mediatori. Si pensi alla propensione per gli stimoli visivi che manifestano gli allievi con disturbi dello spettro autistico. La terza dimensione considera cosa avviene fra la presentazione degli stimoli e le risposte che gli allievi manifestano: le procedure di elaborazione delle informazioni con particolare riferimento alle funzioni esecutive, le strategie cognitive e metacognitive che possono essere messe in campo, le quali culminano con l'acquisizione di un metodo di studio personale, le forme di pensiero che caratterizzano ogni allievo, qualunque sia il suo livello di dotazione personale. Quest'ultimo aspetto riprende soprattutto la posizione espressa da Sternberg: il quale propone una teoria dell'intelligenza in versione plurale identificando tre forme diverse di pensiero: • analitico che si distingue per la capacità di scomporre confrontare memorizzare • creativo caratterizzata dall'immaginazione della scoperta dell'abilità di produrre nuovo • competenze pratiche che consentono loro di leggere adeguatamente i bisogni di capire quali iniziativi possono essere adeguate quali nodi mettere in atto piani operativi per affrontare situazioni problematiche. Essere intelligenti secondo la visione di Sternberg significa riuscire a pensare bene in uno o più di questi modi. La condizione che vede un utilizzo equilibrato fra queste tre modalità di elaborazione delle informazioni è quella in grado chiaramente di determinare la più funzionale capacità di apprendimento e di interazione con l'ambiente, non esiste infatti un modo giusto di insegnare ad imparare che funzioni per tutti gli studenti. CAP 5: CERCARE I PUNTI DI CONTATTO PER UNA PROGRAMMAZIONE INCLUSIVA: In questo capitolo si ricercano i punti di contatto e di integrazione con la programmazione curriculare, la sfida è di ricercare la massima individualizzazione delle attività garantendo un'inclusione per gli alunni BES nel gruppo classe e trovare il punto di contatto fra che programmazione curricolare programmazione individualizzata. lo scopo è di presentare alcune piste di lavoro coordinato che possono facilitare una reale presenza quali qualitativa degli allievi con bisogni speciali nel proprio gruppo classe. In alcune occasioni si riuscirà a lavorare su obiettivi comuni, in altre gli stessi dovranno essere ridotti modificati o tradotti. Programmare congiuntamente per ricercare obiettivi comuni: la prospettiva inclusiva può trovare una reale possibilità di concretizzarsi soltanto se si fonda su processi di programmazione integrata. Osservando la realtà di molte scuole appare evidente come la programmazione individualizzata sia redatta spesso dal suo insegnante di sostegno senza particolari coinvolgimenti dei colleghi curricolari e di altri operatori. Esistono ancora dei pregiudizi molto pericolosi: da un lato alcuni docenti di sostegno pretendono di essere gli unici titolari dell'insegnamento, dall'altro sono gli insegnanti curriculari che pensano di non avere titolo o competenza per lavorare con l'alunno che pone problemi didattici particolari ritengono giusto delegare. Quando le cose si presentano in questo modo bisogna porsi nella prospettiva di pensare obiettivi comuni, è un lavoro molto complesso e spesso ci si limita a sovrapposizioni durante alcune attività di ascolto musicale e motorio o laboratorio. Esistono possibilità di risposta positiva però a questi quesiti e si abbraccia la filosofia flessibile della programmazione. l'esperienza dimostra che questa integrazione è possibile ed anche proficua. A titolo di esempio può essere utile riportare il contributo di Celi e collaboratori sul teacher training, gli autori ritengono che alcuni obiettivi della scuola primaria come ascoltare, comunicare siano quasi sempre alla portata degli allievi in difficoltà. Altri come leggere, comprendere si prestano bene a essere utilizzati come punto di partenza per una programmazione individualizzata. Nella scuola secondaria di primo grado la situazione si complica, certamente alcuni obiettivi pianificate in relazione a quelli della classe, impegneranno l'allievo con disabilità in attività per lui poco funzionali, poco spendibile nella sua esperienza concreta. Eppure anche questi momenti sono giustificabili in funzione delle finalità inclusiva e del potenziamento dell'autostima connessa al fare lavori dello stesso tipo dei compagni. I compagni ne possono trarre dei considerevoli vantaggi di tipo sia cognitivo che sociale. Un altro momento nel quale le competenze metacognitive possono risultare sollecitate e quello connesso ai processi d'aiuto che vengono forniti a dai compagni in difficoltà. Nel momento in cui un allievo si trova a supportare un coetaneo con problemi capisce come per insegnare qualcosa a qualcuno sia necessario prioritariamente avere le idee chiare sull'argomento, non basta fornire una soluzione bisogna invece guidare il compagno passo dopo passo cercando di prevedere di anticipare con opportuna assistenza le difficoltà comprensive connesse all'apprendimento di particolari contenuti. Gli obiettivi possono essere avvicinati: in molte situazioni non risulta possibile determinare i punti di contatto fra la programmazione curricolare e quella individualizzata. La presenza in classe dell'allievo con bisogni speciali soprattutto nel momento in cui presenta forme di disabilità intellettiva può essere facilitata avvicinando i suoi obiettivi a quelli della classe attraverso un'azione sui contenuti didattici. Si tratta di perseguire degli obiettivi personalizzati con attività che hanno qualche somiglianza con quella dei compagni. Il lavoro di avvicinamento degli obiettivi richiede un'azione sui contenuti didattici i quali possono essere modificati ridotti o tradotti per renderli adeguati alle esigenze dell'allievo in situazioni di disabilità. L'utilizzo di disegni e immagini è uno dei mezzi più efficaci per far sì che le attività da svolgere risultino più semplici e comprensibili. L'insegnante può anche decidere di agire sui libri di testo per renderli più semplici e comprensibili, può predisporre dei quadernoni ad anelli che affianchino sostituiscono completamente il libro di testo della classe o prevedere degli specifici adattamenti degli stessi. Questa procedura è senz'altro da preferire, in confronto alla prassi di frequente adottata di utilizzare i libri riferiti alle classi inferiori quali certamente negativo le differenze e non favoriscono la determinazione in un senso di appartenenza al gruppo. Ianes descrive tre modi di semplificazione dei libri di testo, gli accorgimenti sono i seguenti: • Primo livello: evidenziare il testo attraverso cornici ingrandite contenenti concetti essenziali e le relative immagini, si rivolge a quegli allievi che pur essendo in grado di seguire il ritmo della classe hanno difficoltà percettive nell'approccio al testo, la semplificazione si riferisce all’evidenziazione percettiva dei concetti principali per portarli in primo piano facilitare l'acquisizione • Secondo livello: schematizzare ristrutturare il testo attraverso l'eliminazione di parti non essenziali l'uso di un linguaggio semplice il rafforzamento dell'idea principale con altre informazioni, l'evidenziazione delle parole chiave. il secondo livello di semplificazione si propone di integrare e completare e rendere disponibili fin dall'inizio le informazioni essenziali per la comprensione. alleggerendo il testo da parti non essenziali e ridondanti e fornendo fin dall'inizio l'idea principale con un linguaggio alla portata dell'allievo si facilita il riconoscimento delle Nazioni necessarie per rispondere a dei quesiti sul contenuto. • Terzo livello: ridurre il testo con interventi miranti ad elaborare brevi periodi riferite ai concetti fondamentali evidenziati e resi accessibili grazie immagini affiancate e concetti chiave. Questo terzo livello di semplificazione si rivolge agli allievi che presentano le maggiori difficoltà comprensive per i quali l'approccio a un testo scritto può risultare proibitivo, si può rendere necessario ridurre al minimo la parte linguistica per lasciare quasi del tutto spazio a sequenze iconiche altamente espressive e motivanti. partecipare alla cultura del compito: l'esigenza di far rimanere l'allievo in situazioni di disabilità insieme ai suoi compagni il più a lungo possibile facendolo partecipare agli stessi apprendimenti è stata affrontata fin dai primi passi della politica dell'integrazione scolastica, distinguendo fra apprendimento di un compito e partecipazione alla cultura di un compito. Anche quando non è possibile creare adattamenti degli obiettivi e delle metodologie che consentono apprendimenti significativi su compiti dello stesso tipo di quelli dei compagni, è comunque utile farlo partecipare all'attività della sua classe, mettendolo nelle condizioni di cogliere almeno alcuni elementi per apprezzare l'argomento di cui si sta trattando. In alcune occasioni poi gli apprendimenti che l'allievo riesce a ottenere sorprendono e vanno ben oltre i confini di quanto si era prevista a livello di programmazione. svolgere attività personalizzate all'interno all'esterno della classe: la programmazione individualizzata per l'allievo con disabilità contiene sempre una serie di obiettivi molto specifici e funzionali che richiedono la promozione di attività differenziate in confronto a quelle della classe. In alcune situazioni tali attività possono essere sviluppate all'interno del contesto integrato. Ad esempio, possono essere previsti spazi per la lettura individuale o per il lavoro al computer. Tali spazi fruibili in determinate situazioni da tutti gli allievi si presentano molto bene per lo svolgimento di attività individuali all'interno della classe. Al contrario risulta poco produttivo alla situazione che vede l'allievo in condizione di disabilità per tutto il tempo che rimane in classe seduto accanto al proprio insegnante che si dedica interamente a lui impegnato in attività totalmente diverse da quelle dei compagni. Questa circostanza può essere giustificata per alcuni momenti indispensabili a impostare un argomento, ma non può rappresentare la routine. Le nostre classi di rado sono ampie da consentire un'organizzazione come quella ipotizzata ma è altrettanto evidente che è una certa dose di flessibilità e fantasia può facilmente fare individuare in ogni occasione delle modifiche strutturali e organizzative tali da rendere il contesto accogliente per tutti. In alcuni momenti precisamente programmati è però non solo possibile ma anche utile prevedere attività di insegnamento uno a uno fuori dalla classe. E’ fondamentale che tali momenti rappresentino delle esperienze limitate temporalmente e che siano programmate nell'interesse delle alunne della sua integrazione. Sono giustificate soltanto se l'obiettivo è perseguito e di estrema importanza e se non esistono le condizioni per pensare un insegnamento in classe con le modalità descritte precedentemente. è quella di porre la scuola al centro nell'individuazione dei bisogni della richiesta di risorse senza privarsi del contributo essenziale dato dalle altre componenti. Le certificazioni verrebbero così a rappresentare un elemento per la nomina di insegnanti specializzati. le politiche della formazione in Italia: sintetizzando l'insegnante inclusivo di qualità si caratterizza per una serie di competenze che investono il piano specifico della professione e quello più prettamente personale e relazionale con l'attenzione posta anche sul contesto nel quale si opera e sulla capacità di riflettere criticamente sul proprio operato. Pertanto la formazione degli insegnanti deve essere vista come un processo che occupa e qualifica l'intera carriera di ogni docente con l'accompagnamento alla professione e la formazione in servizio che rivestono un ruolo non certamente supplementare accessorio. La formazione degli insegnanti della scuola dell'infanzia e primaria: molto opportunamente non vengono previste modifiche sull'organizzazione del corso di Scienze della formazione primaria, il quale con lezioni teoriche laboratori e tirocinio supportate per supervisionato costituisce un modello di riferimento per l'implementazione dei corsi formativi e anche per gli altri livelli di scuola. All'interno del curricolo quinquennale la prospettiva inclusiva enfatizzata dalla presenza di 31 CFU denominati insegnamenti per l'accoglienza di studenti disabili. Non altrettanto può dirsi per quanto riguarda la specializzazione per l'attività di sostegno didattico per l'accesso al corso annuale già in vigore si prevede l'acquisizione di 65 o aggiuntivi a quelli già previsti nel curriculo, il sostanziale raddoppio della durata della formazione specifica sul sostegno avrà ripercussioni sicuramente favorevoli sulle politiche e sulle prassi inclusive. la formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo e secondo grado: primo passo di questo percorso il concorso nazionale è regolato da alcune disposizioni, che possono avere un impatto significativo sulle prospettive inclusive della scuola. Due aspetti appaiono rilevanti a questo proposito: la differenziazione fra i percorsi curricolari e di sostegno e la dotazione di CFU necessari per accedervi. Per quello che riguarda il primo punto si prevedono due itinerari del tutto indipendenti nella formazione degli insegnanti su posto Comune di sostegno. Nella decretazione successiva nel momento in cui verranno definiti i piani formativi, riconoscimenti dei crediti, sarà necessario prefigurare una facilitazione di queste transizioni ad esempio prevedendo che i docenti di sostegno di ruolo possano accedere al corso di specializzazione FIT e relativo alle classi previste per i loro titoli accademici, senza superare altri concorsi è conforme di riconoscimento dei crediti formativi già maturati. la formazione in servizio: la formazione dei docenti deve essere vista come un processo che occupa e qualifica l'intera carriera di ogni insegnante con la formazione in servizio che riveste un ruolo non certamente supplementare accessorio. Chi sceglie di essere docente da deve fare nella consapevolezza che lo svolgimento del ruolo richiede una formazione continua come strumento per rimodulare le proprie competenze rispetto al variare dello scenario educativo e del contesto sociale e culturale di riferimento. il nido come ulteriore prospettiva: un aspetto che va sottolineato con interesse soddisfazioni riguarda la formazione degli educatori dei servizi educativi per l'infanzia. si afferma fin dalle premesse che i servizi educativi per l'infanzia devono: • -concorrere a ridurre gli svantaggi culturali sociali relazionali e favorire l'inclusione di tutte le bambine di tutti i bambini • -accogliere le bambine bambini con disabilità certificata • -rispettare accogliere le diversità in tutte le sue forme punti di forza dubbi e criticità: per quanto riguarda i servizi educativi per la prima infanzia non si può che salutare con soddisfazione il tentativo che la legge 65 del 2017 fortemente persegue, di considerare sempre più i nidi le sezioni primavera e i servizi integrativi come segmenti iniziali del percorso educativo per i bambini. Quanto alla scuola dell'infanzia e primaria va giudicato favorevolmente il mantenimento dell'impianto del corso di Scienze della formazione primaria che ha dimostrato di costituire un modello formativo efficace. La scuola secondaria di primo e secondo grado è quella più toccata dalle nuove disposizioni applicative anche in questo caso e soprattutto per quanto concerne il percorso della fit il giudizio che esprime positivo relativamente all'impianto anche se rimane sospeso in attesa di verificare i percorsi di studio. CAP 7: LA DETERMINAZIONE DELLE POTENZIALITÀ DI SVILUPPO E LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: La valutazione riveste un ruolo fondamentale per la programmazione la conduzione del monitoraggio dell'attività didattica. Le procedure che gli insegnanti mettono in atto a questo scopo sono in grado di incidere fortemente sul processo di insegnamento apprendimento. Gli allievi, da un lato, hanno necessità di avere dei feedback dagli insegnanti, i docenti allo stesso modo, hanno l'esigenza di verificare le prestazioni e gli atteggiamenti degli studenti per regolare il procedere dell'azione didattica. Due elementi assolutamente centrali per la didattica speciale sono: la delineazione delle potenzialità di sviluppo degli allievi e la necessità che la valutazione assuma ,fin dall'inizio della frequenza scolastica, una funzione orientativa con l'attenzione rivolta anche alle competenze oltre che alle conoscenze e alle abilità. La determinazione dello sviluppo potenziale: La rilevazione della capacità e delle difficoltà che possono essere manifestate in compiti di varia natura non è sufficiente per predisporre adeguatamente gli obiettivi del lavoro didattico. E’ indispensabile conoscere anche le prospettive di apprendimento, cioè cosa si ritiene che i nostri allievi possano acquisire in tempi abbastanza contenuti. risulta senz'altro fondamentale enfatizzare la dimensione diacronico-procedurale della valutazione che per gli studenti in situazioni di disabilità deve caratterizzarsi nel progetto di vita. Quando si affrontano temi attinenti allo sviluppo potenziale il riferimento principale sicuramente rappresentato da Vygotsky. il contributo di Vygotsky alla didattica: lo sviluppo cognitivo della persona deve essere ricondotto alle sue interazioni nell'ambiente. La trasformazione da forme di comportamento mentale di base a modalità di livello superiore va dall'esterno all'interno, interiorizzazione. Il comportamento deve esistere socialmente prima che possa diventare parte del comportamento interno dell'individuo. Le forme superiori delle funzioni mentali umane come l'attenzione selettiva, la memoria strategica alla comprensione del linguaggio e la capacità di problem solving sono prodotte dell'attività di mediazione semiotica, cioè dalle possibilità di utilizzare segni che conferiscono il potere di regolare e modificare forme naturali di comportamento e cognizione. Per effettuare queste operazioni un ruolo fondamentale è giocato dal linguaggio dell'interazione fra le persone, il quale a sua volta ha un'origine sociale, successivamente diventa egocentrico fino ad assumere la valenza di discorso interno. Un'ulteriore specificazione viene posta sullo sviluppo delle forme superiori dei processi mentali nei bambini che avviene attraverso la loro acculturazione nella società mediante l'educazione. La pratica educativa deve enfatizzare l'aspetto interattivo: fra educatore bambino fra bambini adulto fra bambini e bambini. Senza l'interazione sociale il significato di contesto e contenuto non esisterebbero, allo stesso tempo il mezzo del passaggio dallo sconosciuto al noto scomparirebbe, l'interiorizzazione e l'apprendimento non avrebbero mai luogo. L’apprendimento collaborativo cooperativo, quindi, influenza sia l'alfabetizzazione che tutte le acquisizioni tipiche delle funzioni cognitive superiori dell'uomo. In sintesi, l'apprendimento umano presuppone una specifica natura sociale, un processo volto a consentire ai bambini di far propria la vita intellettuale di coloro che li circondano. Una prospettiva così ancorata alle origini sociali delle funzioni psicologiche assegna un ruolo preponderante all'ambiente nel quale i bambini crescono, con particolare riferimento alla funzione svolta dagli adulti o comunque dai più grandi in quanto già esperti di cultura. E’ da questa considerazione sociale dello sviluppo individuale che trae origine il concetto di zona di sviluppo prossimale che rappresenta sicuramente l'aspetto più conosciuto fra quelli proposti da Vygotsky. Il concetto di zona di sviluppo prossimale: l'origine sociale dello sviluppo mentale sottolineato dalla teoria di Vygotsky richiede l'elaborazione di un concetto che descriva le Interrelazioni fra esterno interno, fra i processi sociali e quelli cognitivi. Tale costrutto è quello di zona di sviluppo prossimale, che si riferisce all'area situata fra le competenze della persona e il suo livello di prestazione potenziale. Vygotsky ha elaborato la nozione di zona di sviluppo prossimale pensando ad un'alternativa ai test psicologici nella valutazione dell'abilità dei bambini. La sua critica riguarda l'assunto secondo il quale le misure statistiche ottenute con un test stimino effettivamente ed in modo esauriente il funzionamento mentale di un individuo. Dal punto di vista di Vygotsky le funzioni mentali che si stanno sviluppando nel bambino devono essere osservate proprio là dove si costruiscono e cioè nelle attività di collaborazione e non nel singolo bambino. Sulla scorta di questi principi è stato elaborato il metodo funzionale della doppia stimolazione. la metodologia è la seguente: si presenta agli allievi nel loro normale ambiente di vita un compito considerato al di sopra della loro possibilità del momento in quanto le competenze cognitivi di cui dispongono non risultano sufficienti e individuare la soluzione. A questo punto vengono offerti agli allievi nuovi stimoli e si osserva in che modo questi vengono utilizzati. In tal modo l'insegnante può rendersi conto di come gli allievi si approcciano ai compiti e di quali sono le loro potenzialità di sviluppo. Vygotsky ha opportunamente sottolineato come la valutazione della zona di sviluppo prossimale risulti di fondamentale importanza per gli allievi in situazione di disabilità. Con tali allievi non è sufficiente verificare la possibilità o meno di manifestare certe performance ma è necessario appurare se tali livelli possono essere raggiunti con aiuto. Esiste una stretta congruenza fra la qualità dell'attività da svolgere e le caratteristiche del soggetto, se il compito è troppo complesso per l'allievo è facile che si verifichi un blocco dell'apprendimento. L'educatore per evitare questa opportunità non può però commettere l'errore contrario cioè proporre attività che non presentino alcune difficoltà. Anche l’insegnante, dunque, diviene uno stimolatore dello sviluppo dell'alunno provocando apprendimenti in cui si sollecitano potenzialità non ancora espresse a divenire evidenti a evolversi. L'insegnamento è utile solo quando si colloca oltre il livello di sviluppo attuale. In altre parole, perché si possa dire che un bambino sta operando all'interno della sua area di sviluppo prossimale deve essere coinvolto in compiti troppo complessi per poter essere effettuati in modo indipendente ma nel contempo non al punto da essere impossibili nel momento in cui l'alunno venga aiutato da un educatore o da un compagno. L’insegnamento all'interno dell'area di sviluppo potenziale comporta per l'insegnante l'assunzione di tre elementi metodologici chiave: • l'educatore deve mediare, aiutare l'apprendimento del bambino, egli è tenuto a dare sostegno agli allievi attraverso l'interazione sociale nel momento in cui essi costruiscono cooperativamente consapevolezza, conoscenza e competenza • il ruolo dell'educatore deve essere flessibile, la sua azione dipende dal feedback che danno gli allievi mentre sono impegnati in attività di apprendimento • l'educatore deve concentrarsi sulla quantità di sostegno necessaria senza cedere e rischiare di sostituirsi completamente all'allievo inibendo così la sua motivazione svilendo il senso nell'apprendimento collaborativo. Bruner e Ross hanno utilizzato per delineare questo concetto il termine scaffolding per significare il sostegno dialogico fornito da chi è più esperto che orienta senza dirigere che aiuta a risolvere un problema e ad appropriarsi di nuovi mezzi cognitivi. Come valutare lo sviluppo potenziale in allievi con BES: la metodologia osservativa da sviluppare deve ispirarsi al metodo funzionale della doppia stimolazione elaborato da Vigotsky con un approccio interattivo e un utilizzo adeguato di aiuti supplementari. • -le ancore le quali forniscono esempi concreti di prestazione riferite agli indicatori prescelti e riconoscibili come rilevatori dei criteri considerati • -i livelli i quali precisano i gradi di raggiungimento dei criteri considerati sulla base di una scala ordinale che si dispone dal livello più elevato indicante il pieno raggiungimento del criterio quello meno elevato che si concretizza nel mancato raggiungimento nel criterio. livelli sono espressi con degli aggettivi: avanzato intermedio base iniziale. Questo livello di analisi può concretizzarsi soltanto attraverso una procedura di tipo auto valutativo che l'individuo chiamata ad osservare a giudicare riferire la sua esperienza di apprendimento e la sua capacità di rispondere ai compiti richiesti nel contesto della realtà nel quale si trova ad agire 8. STAR BENE A SCUOLA: CLIMA E REGOLE CONDIVISE Il clima che si respira nella classe incide in maniera significativa sulla qualità dell'apprendimento di tutti gli allievi. Si tratta di quell'insieme di atteggiamenti relazioni e comportamenti che caratterizzano lo stare insieme e operare in uno spazio condiviso da parte di alunni e insegnanti. Come sostiene anche Mitchell, ci sono tre fattori principali, strettamente integrati fra loro virgola che devono essere tenuti in primo piano per la promozione di un clima positivo e favorevole: • la qualità e l'intensità delle relazioni che si vengono a determinare • lo stimolo all'apprendimento di tutti e di ciascuno • la modalità di conduzione gestione della classe da parte dell'insegnante Va considerata con attenzione anche l'organizzazione della classe come ambiente fisico virgola che deve avere connotazione accogliente e gradevole in modo da suscitare un senso di piacere e benessere personale. Un ambiente classe produttivo e un clima positivo si costruiscono attraverso l'attenzione e il rispetto per gli allievi da parte del docente: quando i ragazzi si sentono valorizzati sono più inclini ad accettare l'autorità, più disponibile a collaborare e a rispettare le norme di convivenza sociale. 8.1. La classe come contesto relazionale. Gli elementi che giocano un ruolo fondamentale per la promozione di un'adeguata e significativa rete di relazioni e nella classe sono relativi alla attenzione che viene dedicata a ogni allievo, all'accettazione alla valorizzazione di ciascuno, alla coesione che si riesce a ottenere nella classe anche attraverso la promozione di lavori cooperativi. In primo luogo, è necessario che tutti avvertono di essere importanti per il proprio insegnante, il quale stabilisce una relazione significativa con ognuno attraverso modalità comunicative verbali e non verbali. Gli allievi devono sperimentare un senso di appartenenza. Allo stesso modo per facilitare le relazioni e il rispetto reciproco è fondamentale per l'insegnante usare sempre un atteggiamento cortese e quando rivolge delle richieste, pretendendo allo stesso tempo il medesimo approccio da parte degli allievi. Va messo in evidenza come le relazioni vengano attivate pure attraverso una conoscenza e valorizzazione delle differenze che avvicini le singole individualità e agevoli la percezione dei bisogni di ognuno. Un'ulteriore aspetto sul quale è possibile lavorare per migliorare il clima della classe nel senso dell’inclusività e quello di stimolare un reale senso di appartenenza di tutti gli allievi al gruppo. Le informazioni sulle situazioni di disabilità possono essere integrate nel curricolo in modi diversi: − invitando in classe studenti con disabilità più grandi − presentando discutendo in classe filmati, libri, articoli sulle disabilità − svolgendo ricerche su personaggi celebri con disabilità − informandosi sugli ausili e sulle tecnologie per la riduzione delle disabilità − proponendo attività che, attraverso la simulazione, permettono agli allievi di comprendere come ci si possa sentire ad avere un deficit fisico, sensoriale o cognitivo 8.2. La classe come contesto di apprendimento. Per quanto riguarda la stimolazione dell'apprendimento di tutti gli allievi e fondamentale che oltre alle attenzioni particolari da dedicare a ciascun alunno l'insegnante adotti alcune procedure metodologiche che possano stimolare il successo formativo di tutti e promuovere un clima adeguato nella classe. A questo proposito, tre aspetti sembrano di sostanziale significato: 1. COMUNICARE GLI OBIETTIVI E LE ASPETTATIVE → è importante illustrare chiaramente gli obiettivi in relazione all'apprendimento della classe e dei singoli allievi. Comunicare il lavoro che si andrà a sviluppare in funzione del raggiungimento di certi risultati può enfatizzare ulteriormente l'importanza di perseguire finalità collettive, nel senso della convinzione che solo agendo come gruppo che si supporta si potranno affrontare le difficoltà. Le aspettative devono essere di alto livello ma realistiche ed effettivamente raggiungibili. L'allievo comprende sin da subito si si trova in un ambiente nel quale gli è concessa l'opportunità di sbagliare. Gli errori se vissuti con consapevolezza e come opportunità diventano funzionali l'apprendimento, come strumenti essenziali per capire la strada giusta da percorrere e per imparare dall'esperienza. È fondamentale comunicare le aspettative non solo in relazione agli apprendimenti ma anche ai comportamenti da adottare attraverso un sistema di regole condivise. Quando le condizioni lo permettono è importante coinvolgere gli allievi anche in alcune scelte curricolari virgola che dovrebbero riguardare anche le procedure di valutazione. Quest'ultimo è un passaggio utile per insegnare agli allievi ad autovalutarsi e a confrontare la propria autovalutazione con quella dell'insegnante. 2. ABBASSARE I LIVELLI DI COMPETITIVITÀ E FAVORIRE LA COOPERAZIONE → in ogni classe le attività didattiche prevedono diverse modalità di organizzazione, possono essere: − individualistiche: gli allievi sono sollecitati a lavorare da soli senza chiedere e ricevere aiuto − competitive: simulano il raggiungimento degli obiettivi cercando di primeggiare sui compagni − cooperative: basati sullo sforzo condiviso e sull'interdipendenza positiva Nessuno di questi approcci può essere eliminato e non è auspicabile il ricorso esclusivo a una sola modalità di organizzazione: la sfida deve essere giocato sull'integrazione dei diversi orientamenti con una prevalenza di forme di condivisione e cooperazione e un contenimento di situazioni eccessive di competizione. L'atteggiamento cooperativo favorisce una forte integrazione sociale la creazione di uno spirito di solidarietà e di interdipendenza, dove tutti si sentono importanti e utili. In tale contesto di apprendimento risulta necessaria una professionalità del docente le cui poi culia Rita si configurano: nella mediazione dei contenuti, delle modalità di relazione con gli alunni considerati come soggetti attivi del proprio apprendimento, nella capacità di guidare costruttivi e produttivi rapporti sociali e relazionali all'interno del gruppo. Tuttavia, puntare solo al lavoro di gruppo, impedendo i momenti di riflessione personali e di sfida individuale di gruppo, può creare a lungo andare un eccessivo timore di fare da soli, una dipendenza troppo forte dal gruppo, un abbassamento del senso di sfida e della motivazione. 3. PORRE ATTENZIONE AL LOCUS →lo star bene a scuola è legato alla percezione da parte degli allievi di quanto sia importante lo sforzo personale per la determinazione dei risultati. Si tratta di quel processo di attribuzione del proprio successo cause interne o esterne che va sotto il nome di locus of control. L'assunto di base di questa teoria ipotizza che l'analisi delle cause alle quali le persone attribuiscono il successo l'insuccesso delle proprie azioni risulta di fondamentale importanza per determinare l'atteggiamento che assumeranno nei riguardi di vari compiti. Oltre alla dimensione di internalità ed esternalità possiamo considerarne altre 2: stabilità e controllabilità. Lo stile più funzionale al successo nei processi di apprendimento e quello che attribuisce la massima valenza all'impegno personale. Per questo motivo è molto importante rendere evidente agli allievi che sono responsabili del loro successo, enfatizzando lo sviluppo di un locus of control interno e controllabile. Connessa allo stile di attribuzione vi è un'altra variabile cognitiva, la percezione di autoefficacia. Si tratta della convinzione che ogni allievo ha sulla propria capacità di raggiungere i risultati desiderati nell'esecuzione dei compiti. Quest'auto consapevolezza del proprio livello di efficacia, deficitarie • abilita di ICPS: l'obiettivo è quello di aiutare a generare il maggior numero di alternative per risolvere i problemi la anticipare cosa potrebbe accadere come conseguenza di ogni azione e pianificare i mezzi per raggiungere gli scopi prefissati. 9.2. Educare all'aiuto: la prosocialità. Educare gli allievi alla messa in atto di condotte prosociali rappresenta chiaramente una condizione di grande importanza per lo sviluppo didattiche finalizzate all'inclusione. Infatti, promuovere un atteggiamento orientato alla valorizzazione degli aspetti positivi dei compagni è la base sulla quale cercare di costruire quel clima favorevole all' inclusione. Il comportamento prosociale si caratterizza per la messa in atto di azioni che: senza ricercare gratificazioni estrinseche o materiali favoriscono altre persone o gruppi o il raggiungimento di obiettivi sociali positivi o aumentano la possibilità di dare inizio a una reciprocità positiva e solidale relazioni interpersonali conseguenti, salvaguardando l'identità, la creatività e l'iniziativa delle persone o dei gruppi coinvolti. La messa in atto di azioni prosociali di aiuto nei confronti di compagni in situazioni di disabilità o con altri BES dipende da una serie di condizioni che fanno riferimento al possesso delle seguenti capacità: • abilità cognitive → si sottolinea l'esigenza della capacità di leggere interpretare lo stato di bisogno del compagno della valutazione della propria possibilità di portare un aiuto fattivo della valutazione conseguente accettazione del costo connesso all'emissione della condotta prosociale, del monitoraggio degli effetti dell'appropriazione su di sé, sul compagno e su eventuali altre persone. • Assertività → Descrive la capacità della persona di affermare e perseguire i propri obiettivi con modalità socialmente adeguate e rispettose dell'interlocutore. Il fatto di possedere adeguate abilità cognitive e un buon livello di empatia non garantisce l'adozione di condotte per sociali se non si connetta l'individuazione dei percorsi più idonei per ridurre lo stato di disagio dell'altra persona • Empatia → rappresenta la capacità di discriminare, comprendere e assumere il punto di vista dell'altro, dal punto di vista sia cognitivo che emozionale • Autocontrollo → spesso ci si trova nella condizione di dover scegliere se perseguire un fine personale o prestare ascolto alla richiesta di aiuto di un compagno virgola che sicuramente rappresenta l'alternativa meno gratificante. L'adozione della condotta per sociale in questi casi richiede una forma di autocontrollo. I momenti essenziali sui quali soffermarsi nel lavoro educativo sono quelli legati a favorire il riconoscimento dei bisogni dell'altro, a stimolare la decisione di intervenire, a guidare nell'adozione di modalità adeguati di aiuto, a indirizzare la riflessione sull'efficacia dell'azione prosociale condotta. Roche e i suoi collaboratori in vari anni di lavoro hanno elaborato un programma educativo molto dettagliato sulla prosocialità. Tale programma si articola su un sistema di valutazione degli atteggiamenti prosociali e su una serie di esercitazioni per incidere su seguenti fattori: − valutazione positiva dell' alunno − empatia − espressione dei propri sentimenti − creatività − relazioni interpersonali − non aggressività e non competitività − modelli positivi − collaboratività − aiuto − condivisione Per valutare le competenze iniziali degli allievi, il programma propone un ampio inventario di comportamenti prosociali. Al fine di verificare i progressi che si registrano in seguito a particolari interventi sono state elaborate delle schede riassuntive che prevedono la valutazione partendo da tre punti di vista differenti: quello degli insegnanti, quello dei compagni e quello dell'allievo stesso. Le proposte operative formulate da Roche nei suoi lavori sono sequenziati per difficoltà riuscendo in questo modo ad adattarsi ad allievi di età diversa e distinte in relazione alle materie e ai contenuti. 10. LE STRATEGIE COOPERATIVE L'educazione fra pari e la promozione di strategie collaborative fra compagni di classe si è dimostrata molto efficace per facilitare apprendimenti curricolari, per potenziare l'autostima, la percezione di autoefficacia e le competenze sociali e per promuovere processi inclusivi. L'interazione con i compagni assume un'importanza fondamentale alla luce del concetto di zona di sviluppo prossimale di Vygotsky. 10.1. Il Peer Tutoring. Come sostiene Mitchell il peer tutoring è una strategia potente per accrescere l'efficacia complessiva dell'insegnamento nelle classi inclusive. Consiste nel coinvolgimento di allievi in funzione di tutor, per favorire l'apprendimento di compagni che vengono ad assumere il ruolo di tutees. La sua efficacia è riscontrabile sia a livello educativo sia sociale. I motivi che stanno alla base dell'efficacia della procedura peer tutoring sono da ricercare sulle seguenti caratteristiche: − consente un approccio individualizzato dedicando maggior tempo al singolo allievo − determina una forte motivazione in entrambi gli alunni coinvolti − espone ognuno prospettive diverse a seguito dei vari stili di insegnamento e relazione con i quali vengono contatto − fornisce più fonti di feedback e di correzione degli errori − aumenta le abilità comunicative degli allievi − promuove l'indipendenza e alimenta forme di autodeterminazione − sollecita le relazioni dirette fra compagni Va messo in evidenza un altro aspetto molto interessante scarsamente considerato nell'applicazione di questi programmi che coinvolgono in maniera specifica allievi con disabilità o altre forme di BES: la possibilità che si svolgano il ruolo di tutor e non soltanto quello di tutees. in queste situazioni l'allievo può risultarne fortemente gratificato a livello di autostima e di conseguenza attivare un curricolo virtuoso centrato sul miglioramento della percezione di autoefficacia. In sintesi, il Peer Tutoring può portare benefici: • ai tutees → Incremento dell'attenzione individuale, la possibilità di ripetizione del lavoro relativamente certe parti del programma didattico, il feedback immediato, il supporto del compagno un tempo aggiuntivo impiegato con i compiti • ai tutor → possono fare progressi essendo le loro stesse abilità rinforzate ed espanse come la loro autostima e la sensibilità per gli altri. Una delle modalità più efficaci di elaborazione cognitiva è infatti la spiegazione del materiale ad un'altro studente • Agli insegnanti → sperimentano un modello di lavoro efficace in grado di supportare la loro azione accrescere il livello di cooperazione nella classe. Si trovano inoltre a poter gestire un tempo maggiore da dedicare ad attività funzionali al miglioramento della didattica • al sistema educativo → nel suo complesso valutandolo nella dinamica costi-efficacia 1.1 I programmi di Peer Tutoring: tipologie e metodologia applicativa. Stainback e Stainback sottolineano come i programmi di Peer Tutoring postano caratterizzarsi in maniera diversa in relazione all'età degli alunni al tipo di scuola alle materie di insegnamento. a questo proposito, elencano tre modalità principali di tutoring: 1. Fra pari età → Si prevede solitamente un livello di partenza simile fra gli alunni i quali articolati in coppie o piccoli gruppi hanno l'opportunità di rispondere ed essere attivi e vedere subito confermata o corretta la loro risposta o prestazione. All'interno della coppia infatti un alunno opera come tutore assiste i compagni per un certo periodo di tempo, trascorso il quale quello ruolo viene assolto da un altro ed egli torna ad essere un discente. Quando è sviluppato a favore di allievi in situazioni di disabilità, si determina sempre un gap fra le competenze del tutor e quella del tutees virgola che rende difficoltosa l'alternanza dei ruoli. 2. tra alunni di età diversa → Prevede che alunni più grandi e preparati forniscano assistenza aiuto a compagni più giovani. In questa tipologia di tutoring gli allievi con BES possono ricoprire anche il ruolo di tutor e non solo quello di tutees , con prospettive positive relativamente alla dimensione emozionale, motivazionale e cognitiva. 3. con allievi in difficoltà nel ruolo di tutor A queste tipologie va aggiunta la forma che prevede il coinvolgimento dell'intera classe. Gli allievi della stessa età lavorano in questo caso in coppia per svolgere un compito, alternandosi nella funzione di tutor e tutees: il primo fornisce le istruzioni legate ai contenuti didattici, mentre il secondo risponde a quesiti. L'allievo che svolge la funzione di tutor controlla e valuta se le risposte sono corrette. Mitchell suggerisce alcuni spunti operativi per l'adeguata implementazione di esperienze di tutoring estesa all'intera classe: − assegnare in maniera random gli studenti in coppia e dire loro di alternare i ruoli − riassegnare le coppie settimanalmente − organizzare uno spazio orario di 15- 20 minuti per sessione su tre o quattro giorni per settimana − selezionare il materiale di autocorrezione con le risposte ai quesiti − supervisionare attentamente gli allievi, specie nelle fasi iniziali di implementazione Può inoltre essere aggiunto un osservatore per ogni coppia per controllare lo svolgimento del lavoro, con ciascuno dei tre ruoli che vengono svolti a rotazione. Per la progettazione l'implementazione di programmi di Peer Tutoring a favore di allievi in situazioni di disabilità o con altre forme di bisogni speciali l'insegnante deve considerare una serie di variabili: • il contesto: collaborazione da parte di docenti curricolari e di sostegno, coinvolgimento del dirigente scolastico e dei genitori • la selezione degli allievi: l'idea che l'allievo più bravo più disciplinato sia sempre più idoneo ad aiutare un compagno in difficoltà e da ritenersi inadeguata. Nell'espletamento del suo ruolo infatti il tutor oltre a conoscere i contenuti del programma deve saper ascoltare, aver pazienza, saper osservare e monitorare, dare feedback, incoraggiare e gratificare, saper affrontare i conflitti… • i contenuti: possono essere rappresentati non solo da discipline scolastico aree curricolari, ma anche da abilità sociali e di autonomia, giochi… • i materiali didattici: devono essere attentamente predisposti dalle insegnanti in modo da consentire al tutee di procedere gradualmente e al tutor di ridurre la complessità e la durata della fase di preparazione al compito • gli aspetti organizzativi: tempi, luoghi, collocazione nell'orario scolastico possono condizionare fortemente la buona riuscita del programma finale del lavoro. Ogni studente riceve un foglio di informazioni su un argomento diverso e dopo averlo letto alcuni studenti si incontrano in un gruppo di esperti temporaneo. Dopo una discussione, questi studenti ritornano nei rispettivi gruppi originali per insegnare tutto quello che sanno su quel tema. La valutazione avviene allo stesso modo dei modelli precedenti. 4. Team Assisted Instruction (TAI): è un programma di matematica che prevede l'utilizzo congiunto di apprendimento individualizzato e cooperativo. Si realizza mettendo studenti di livello basso, medio e alto in gruppi di 4 o 5 componenti. Le fasi di lavoro sono le seguenti: ° gli studenti vengono testati e posti in un punto appropriato di un programma individualizzato ° lavorano in modo indipendente ciascuno al proprio livello ° si incontrano in gruppi in cui si aiutano a vicenda e si scambiano documenti ° compilano una prova di verifica individuale ° al completamento ogni gruppo riceve un punteggio complessivo ricavato dal numero medio di esercizi completati individualmente Questa strategia risulta idonea per favorire l'integrazione scolastica di allievi in situazioni di disabilità, permettendo loro con una programmazione individualizzata di contribuire al successo del gruppo. 5. Cooperative Integrated Reading and Compositions (CIRC): è specifico per l'insegnamento della lettura e della scrittura. I gruppi vengono formati da coppie con pari livello di competenze. Le componenti principali sono 3: ° vengono proposti i compiti di lettura, con gli studenti che possono aiutarsi a identificare gli elementi letterari di un brano, a predire come va a finire la storia, a raccontarla di nuovo… ° gli studenti si aiutano nel redigere scritti o storie originali ° è prevista la componente cooperativa che implica il lavoro di due allievi provenienti da diversi gruppi di lettura che lavorano in coppia • GROUP INVESTIGATION → e centrato sulla ricerca. L'insegnante assegna un'area di studio e gli studenti, in gruppi da due a sei elementi, scelgono un argomento relativo all'area di loro interesse. Attraverso una programmazione fatta in cooperazione l'insegnante gli studenti decidono come indagare l'argomento e vengono poi assegnati i compiti di gruppo. Ogni membro del gruppo svolge una ricerca individuale poi il gruppo riassume i risultati e prepara un'interessante presentazione da fare alla classe intera. L'insegnante presenta l'argomento generale, supporta il reperimento dei materiali, valuta l'apprendimento di nuove conoscenze e guida alla riflessione sul processo di ricerca. • STRUCTURAL APPROACH → Le attività cooperative che si svolgono in classe possono assumere una diversa conformazione in relazione a tre elementi: l’agente, il tipo di azione e il ricevente. La diversa organizzazione di questi elementi dal luogo alle strutture che possono avere svariate applicazioni nel contesto del lavoro di classe. I gruppi devono essere selezionati in maniera da risultare eterogenei e suddivisi in coppie per favorire l'interazione simultanea e la partecipazione uguale fra i membri. Assume grande rilevanza l'insegnamento diretto delle abilità sociali e la valutazione è incentrata sui progressi individuali i quali vanno poi a costituire la base per la valutazione di gruppo. 11. STRATEGIE COGNITIVE E METACOGNITIVE Le strategie cognitive e metacognitive consistono in percorsi didattici per favorire l’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze, supportando gli allievi nell’organizzazione delle informazioni, così da ridurne la complessità, e nel collegamento delle stesse con quanto già padroneggiato. Si tratta di percorsi applicabili in tutti gli ambiti curricolari, che possano facilitare l'impiego efficace delle risorse cognitive personali e una riflessione sulle procedure messe in atto e sull'utilità delle stesse. La maggior parte degli individui sviluppo efficienti ed efficaci abilità cognitive attraverso l'esperienza di vita, altri invece non appaiono capaci di impiegare strategie efficaci in grado di supportarli nei processi di apprendimento perché non conoscono le procedure da utilizzare. Nel capitolo vengono illustrate alcune metodologie didattiche che possono favorire lo sviluppo di un approccio strategico ai compiti e di una capacità di riflessione metacognitiva. si prenderanno in considerazione: − strategie di potenziamento della memoria − didattica metacognitiva e procedure per l'acquisizione del metodo di studio − training sulle funzioni esecutive − strategie di autoregolazione − flipped classroom I princìpi di base dai quali prendono spunto sono in gran parte comuni e riguardano il tentativo di potenziare l'apprendimento attraverso l'azione sui processi cognitivi di: • attenzione • memoria • funzioni esecutive • problem solving • riflessione metacognitiva associata a tali processi 11.1. Processi cognitivi implicati nell’apprendimento. I processi cognitivi implicati nell'apprendimento possono essere rappresentati nel seguente schema: Nel rettangolo interno sono inseriti i processi cognitivi che vengono definiti “guidati dai dati”, nel senso che si manifestano nel momento in cui una persona è chiamata effettuare una prestazione conseguente a una particolare situazione che lo stimola ad operare. Nell’ellissi interna sono citate una serie di capacità e condizioni personali che sono in grado di condizionare i processi riportati nel rettangolo. Ultimo, va considerata l'importanza ai fini dell'apprendimento del patrimonio di conoscenze abilità possedute dall'individuo e del ruolo esercitato dal contesto sociale e culturale di riferimento. →Tutto ciò sottolinea il carattere dinamico dell'acquisizione della conoscenza, che procede non solo per arricchimento, ma anche per ristrutturazione più o meno profonda, sulla quale incidono fattori di tipo cognitivo, emotivo, socioaffettivo e relazionale. L'ATTENZIONE è una funzione essenziale per operare una scelta fra i vari stimoli interni ed esterni, che in continuazione li colpiscono per elaborare particolari associazioni ideative e per esercitare un controllo sui programmi in azione e di comportamento. L'attenzione rappresenta infatti una funzione estremamente articolata che non può essere distinta in maniera completa dalla memoria di lavoro e, in particolare, da uno dei tuoi elementi denominato “esecutivo centrale”. Ogni atto attentivo si articola in tre fasi che prevedono l'orientamento verso gli stimoli, la loro elaborazione e la risposta specifica. La fase di elaborazione presenta un'organizzazione multidimensionale lei con specifiche funzioni: • Selettività → è la capacità di inibire tutte le fonti di stimolazione irrilevanti per portare a termine il compito di apprendimento. La selettività assolve anche al compito di dare un ordine di priorità alle procedure da mettere in campo. • Stabilità → porta in primo piano la caratteristica di mantenersi per un certo tempo centrata su un compito o su un'attività al fine di consentirne l'espletamento. Questa funzione riveste un ruolo fondamentale per l'apprendimento scolastico e può essere variabile da un allievo all'altro. • Capacità e shift →fanno riferimento alla possibilità di spostare rapidamente il focus, in relazione alle richieste del compito (shift) e a quella di avere un certo volume o capacità attentiva (capacità) per poter affrontare le diverse situazioni sulle quali ci si concentra. La MEMORIA DI LAVORO è un sistema deputato al mantenimento e all'elaborazione temporanea delle informazioni mentre si effettuano compiti cognitivi di vario tipo. Permette di mantenere vivo il ricordo degli elementi con i quali si viene a contatto per poterli utilizzare ai fini di un obiettivo. Baddeley e i suoi collaboratori hanno studiato a più riprese questo sistema, arrivando a configurarlo come composto da più componenti deputate a compiti di mantenimento ed elaborazione di specifiche tipologie di informazione: • l'esecutivo centrale → rappresenta il nucleo della memoria di lavoro, che svolge funzioni attentive, di controllo e decisione. Esso rappresenta quella componente deputata al funzionamento dei due sistemi periferici specializzati nell'elaborazione di particolari tipologie di materiale: fonologico “ciclo fonologico” e visuospaziale “taccuino”. il modello proposto da Norman e Shallice sostiene che la maggior parte delle attività sarebbe controllata da schemi cioè insieme di azioni che sarebbero eseguite automaticamente. Quando due oppure se tali insoddisfacenti performance siano in relazione a carente uso dei processi strategici necessari per analizzare adeguatamente le informazioni stesse. Il più autorevole sostenitore della presenza di deficit strutturali è sicuramente Ellis, il quale sostiene che i soggetti con ritardo mentale sono sostanzialmente insensibili a qualsiasi modalità educativa in quanto risultano compromesse quelle condizioni fisse e non rieducabili del loro sistema di memoria. La seconda posizione teorica è quella che tende a spiegare le difficoltà di memoria degli allievi con disabilità cognitiva alla luce delle carenze che essi dimostrano nell'uso delle strategie mnestiche. Appare significativo il tentativo di conciliazione operato da Baumeister, secondo cui il nodo cruciale dell'analisi dei processi cognitivi dei soggetti con disabilità mentale e risiederebbe nella constatazione che sono i limiti strutturali con i processi di controllo a dar luogo alle performance e pertanto negli uni negli altri considerati isolatamente. L'autore conclude affermando che, pur essendo ragionevole pensare all'esistenza di limiti strutturali invalicabili, il ricorso alle strategie sembra in ogni caso migliorare le prestazioni dei soggetti. Il curricolo persegue tre obiettivi principali fra loro integrati: • conoscenze delle strategie • procedure metacognitive di controllo • atteggiamenti generali verso le strategie Il programma di lavoro per ogni strategia di memoria prevede due itinerari didattici: • il curricolo prerequisiti: da adottare quando si vogliono insegnare strategie per le quali l'allievo manifesta deficit molto gravi. Non sono previsti i compiti mestici ma solo modalità di organizzazione dei materiali in relazione alla strategia che si insegna • il curricolo strategico: basato su una serie di esercitazioni di memorizzazione e recupero da adottare quando l'allievo presenta deficit lievi o di produzione. Vengono proposti inizialmente compiti di riconoscimento e, solo in seguito, compiti più complessi di rievocazione. Va ricordato che riconoscimento e rievocazione sono le due modalità fondamentali di lavoro della memoria. 11.3 La didattica metacognitiva. L'approccio metacognitivo si prefigge un obiettivo largamente condiviso nel campo dell'apprendimento e dell'educazione: offrire agli alunni l'opportunità di imparare a interpretare, organizzare e strutturare le informazioni ricevute dall'ambiente e la capacità di riflettere su questi processi per divenire sempre più autonomi nell'affrontare situazioni nuove. Infatti, nell'ottica metacognitiva l'intenzione dell'insegnante non è tanto rivolta alle lavorazioni di materiali e metodi nuovi per imparare a fare quanto formare quelle abilità mentali sovraordinate che vanno al di là dei semplici processi primari → Imparare a imparare e dunque l'obiettivo di ordine superiore al quale si mira. La didattica metacognitiva ha dimostrato la sua efficacia sia per l'affidamento di competenze trasversali (memoria, attenzione, metodo di studio) sia per l'apprendimento di abilità più prettamente curricolari (lettura, matematica…). Tali riscontri positivi sono stati osservati anche con allievi che presentano BES, in particolare nei deficit d'attenzione con iperattività, nelle difficoltà di apprendimento, nel ritardo mentale e nell'autismo. L'educatore che adotta un approccio didattico di tipo metacognitivo può operare quattro diversi livelli fra loro interconnessi: 1. Sulle conoscenze relative al funzionamento cognitivo generale → a questo primo livello l'educatore fornisce all'allievo informazioni generali sul funzionamento della mente umana. L'obiettivo è quello di favorire la strutturazione di una teoria della mente con conoscenze relative a una serie di processi cognitivi e affettivo emozionali. In ognuno di questi processi vanno considerati i tre aspetti particolari: − il funzionamento generale tipico − i limiti del processo, le caratteristiche e la variabilità individuale − la possibilità di influenzare attivamente lo svolgimento del processo cognitivo con strategie di vario tipo A questo livello, un ruolo prioritario rivestito dal tentativo di promuovere un metodo di studio funzionale alle caratteristiche del singolo individuo. Anche con allievi che presentano disabilità intellettiva è possibile spiegare aspetti del funzionamento cognitivo, ad esempio, illustrando come la mente raccolga dati informazioni dall'esterno ma possa produrre anche idee partendo dall'interno e come queste possano essere giuste o sbagliate. 2. Sull'autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo → il secondo livello prende in considerazione il funzionamento della mente del bambino, distinta da quella generale considerate in precedenza. L'educatore fornisce dei feedback sulle prestazioni dell'alunno e lo stimola a indagare aspetti connessi al modo in cui i compiti sono condotti e processi personali vengono attivati. Molto utili e interessanti a questo livello sono le strategie di autoistruzione e automonitoraggio. 3. Sull'uso di strategie di autoregolazione cognitiva →si tratta del tentativo di guidare l'allievo nel controllo dei propri processi cognitivi finalizzati alla risoluzione di compiti. I momenti che caratterizzano questo processo di autoregolazione sono: − fissarsi un chiaro obiettivo e specificarlo − darsi delle istruzioni per effettuare concretamente le operazioni − osservare l'andamento del processo di apprendimento − confrontare i dati raccolti e l'evoluzione del processo di apprendimento − prendere decisioni circa l'opportunità di continuare con le azioni intraprese in quanto risultano efficaci o attivare correzioni modifiche alle strategie in corso 4. Sulle variabili psicologiche sottostanti → alcune variabili psicologiche, come gli stili di attribuzione (locus of control), la percezione di autoefficacia, l'autostima, la motivazione, condizionano la capacità del bambino di adottare un atteggiamento metacognitive di attivare processi metacognitivi di controllo. È importante quindi sviluppare linee d'azione che tengano in considerazione queste variabili che aiutino l'allievo a sviluppare una percezione positiva di sé. 11.4 Strategie didattiche per le funzioni esecutive. Nel primo paragrafo del capitolo si è fatto cenno al ruolo che le funzioni immediate dall'esecutivo centrale esercitano nell'apprendimento e ha come una loro carenza si connetta deficit che possono investire la pianificazione, la flessibilità e il controllo cognitivo e comportamentale. In concreto, si possono distinguere: • disfunzioni esecutive riguardanti la sfera attentiva: con allievi incapaci di inibire stimoli e pensieri distraenti e non correlati al compito (allievo distratto) • disfunzioni riguardanti la memoria di lavoro: con allievi che incontrano difficoltà quando il compito richiede l'esecuzione in sequenza di una serie di passi (allievo disorganizzato) • disfunzioni riguardanti la sfera emozionale: con allievi che mostrano una ridotta capacità di tollerare le frustrazioni e ritardare la gratificazione (allievo impulsivo) oppure che si presentano emotivamente indifferenti di fronte agli eventi (allievo apatico) Tutto questo rende particolarmente rilevante le esigenze di promuovere azioni didattiche orientate al potenziamento di tali funzioni, attraverso un approccio indirizzato non soltanto gli allievi che presentano difficoltà ma tutta la classe, che persegua la finalità di consolidare competenze cognitive e di prevenire eventuali problemi di apprendimento in un contesto inclusivo. Alcuni principi operativi che richiamano l'esigenza di: − connettere il lavoro sulle funzioni esecutive al curricolo scolastico e ai contenuti delle lezioni − privilegiare un approccio metacognitivo che porti a una riflessione sulle strategie − adottare una metodologia strutturata con un percorso definito e graduale In concreto, il lavoro didattico deve orientarsi a promuovere quattro strategie di base: pianificazione, organizzazione, flessibilità e monitoraggio. L'approccio da preferire per consolidare le funzioni esecutive e quello che impegna gli allievi in compiti sfidanti aiutandoli a contenere le reazioni impulsive, a orientare l'attenzione sugli obiettivi rilevanti, a rallentare i processi, a riflettere sugli stessi e a sostenere la motivazione. Pianificare i propri comportamenti in vista di una finalità richiede una serie di abilità cognitive che vanno dalla suddivisione dell'obiettivo in componenti, alla stima del tempo necessario per svolgere ciascun passaggio, alla verifica delle risorse necessarie in termini di sforzo e abilità cognitive. L'organizzazione dei dati in ingresso in uscita consente di determinare una struttura significativa alla base dei compiti un ordine di priorità da dare agli elementi che li compongono. La flessibilità cognitiva e comportamentale è alla base della capacità di spostarsi da un set di risposta a un'altro in relazione alle richieste del compito. Questa capacità, denominata anche shifting, viene richiesta nella gran parte delle attività didattiche per favorire la comprensione il passaggio rapido da un piano generale a uno specifico o da una strategia a un'altra. L'ultima capacità esecutiva implica il monitoraggio dei propri comportamenti al fine di individuare gli errori. 11.5 L'intervento educativo finalizzato all’autoregolazione cognitiva. Attraverso le strategie di autoregolazione si mira a rendere l'allievo maggiormente autonoma nella gestione del proprio processo di apprendimento. I training condotti con strategie di autoregolazione hanno dato significativi risultati per quanto riguarda l'apprendimento e la generalizzazione di abilità anche con allievi con disabilità intellettiva. Oltre ciò, l'impiego delle strategie di autoregolazione, richiedendo soggetto un ruolo attivo, si è rivelato efficace anche per il miglioramento della motivazione dell'autostima personale. Le procedure principali per favorire l'autoregolazione nell'apprendimento sono: • Autoistruzione →è definita come la capacità del soggetto di fornire a se stesso le istruzioni verbali necessarie all'esecuzione di un compito. Harris e Pressley Hanno centrato l'attenzione sul ruolo attivo esercitato dall'allievo che apprende ad autoistruirsi, il quale opera numerosi adattamenti intenzionali quando l'insegnamento è adeguatamente condotto. le sperimentazioni evidenziano il fatto che gli allievi con deficit cognitivi, ai quali viene insegnato ad autoistruirsi, diventano molto più attenti mentre svolgono compiti di apprendimento e più abili solutori di problemi. La strategia dell'autoistruzione, essendo strettamente dipendente dal possesso di alcune basilari abilità di comunicazione verbale, non risulta applicabile con tutti i soggetti. • Automonitoraggio → Prevede che l'allievo controlli le proprie performance annotando i riscontri delle prestazioni personali e la rispondenza di esse al piano d'azione stabilito. Questa tecnica riveste grossa importanza nel processo educativo e di allievi con disabilità mentale in quanto tali individui non sempre sono consapevoli del proprio comportamento, sia esso positivo o negativo. Le modalità di registrazione delle autovalutazioni possono essere molto varie: si va dalla semplice esposizione verbale delle impressioni, all'annotazione di esse su apposite schede, all'utilizzo di vere e proprie checklist di automonitoraggio. L'aspetto metodologico fondamentale è quello di richiedere all'inizio il controllo di semplici e limitate unità comportamentali in modo da evitare che un eccessivo carico mnestico compromette la capacità di valutare le proprie prestazioni. la costruzione di nuove abilità. Si basa essenzialmente sul rinforzo di comportamenti che man mano si avvicinano a quello ricercato (comportamento-meta). Disolito tale tecnica viene utilizzata in associazione ad altre e principalmente al prompting and fading. le caratteristiche fondamentali sono: − individuazione dell’abilità che si intende costruire e selezione del comportamento iniziale − delineazione di una serie di approssimazioni successive − predisposizione di opportuni programmi di rinforzo il concatenamento e una particolare strategia utilizzata per l'insegnamento di abilità complesse costituite da sequenze di comportamenti (abilità di autosufficienza). la predisposizione di un programma di chaining richiede un procedimento articolato in tre stadi: 1. suddivisione dell'abilità in componenti con un processo denominato task-analisys 2. costruzione della catena comportamentale 3. strutturazione di un programma di concatenamento attraverso il rinforzo gradino per gradino non appena il comportamento descritto nella prima componente è stato appreso, si passa a rinforzare il gradino successivo soltanto se il comportamento previsto viene messo insieme a quello precedente: la prima componente da sola non viene più rinforzata. La procedura di concatenamento può avvenire in maniera “anterograda” o “retrograda”: − Chaining anterogrado: prevede l'insegnamento e il concatenamento del primo comportamento con il secondo, poi con il terzo e così via − Chaining retrogrado: si procede al contrario aiutando l'allievo nell'esecuzione di tutte le componenti dell'abilità tranne l'ultima, poi si richiede l'esecuzione autonoma delle ultime due per avviare all'effettuazione dell'intera sequenza. • Tecniche di rinforzamento → L'attenzione per l'adeguata gestione delle contingenze di rinforzo rappresenta un elemento centrale nell'approccio di analisi comportamentale applicata. Esistono vari tipi di rinforzatori: ° rinforzatori materiali (cibi, bevande, oggetti) ° rinforzatori sociali (attenzione, lode) ° rinforzatori simbolici (gettoni o punti) ° rinforzatori sensoriali (carezze, musica) ° rinforzatori informazionali (consapevolezza di essere riusciti in un compito) A livello educativo, i rinforzatori possono essere gestiti con programmi differenti: − tipo continuo: viene consegnato lo stimolo rinforzante a ogni emissione del comportamento − tipo intermittente: l'alunno tiene il rinforzo solo in determinate occasioni Dal punto di vista metodologico il corretto intervento centrato sul rinforzo deve avvenire nel rispetto di tre principi fondamentali: 1. rinforzare immediatamente dopo l'emissione del comportamento 2. provvedere alla progressiva sostituzione dei rinforzi materiali con rinforzi naturali 3. favorire il passaggio da schemi di rinforzo costante a schemi di rinforzo intermittente 1.2 Video modeling. In anni recenti la strategia del video modeling è stata utilizzata in varie situazioni con bambini affetti da disturbi dello spettro autistico allo scopo di favorire apprendimenti funzionali. Si tratta di una procedura che consiste nella presentazione di filmati che illustrano la modalità adeguata di comportamento in certi contesti o la corretta esecuzione di azioni in funzione dell'apprendimento di specifiche abilità. È possibile che i video vengano registrati anche sui comportamenti dello stesso allievo: si parla di video self-modeling. In letteratura si possono distinguere i vari contributi indirizzati in tre aree principali: 1. abilità sociali e comportamenti relativi al gioco 2. abilità comunicative e di conversazione 3. abilità funzionali di vita quotidiana I principali motivi che giustificano i riscontri delle strategie sono i seguenti: • Attivazione dell'attenzione: i bambini con disabilità manifestano carenze sensibili a questo proposito che sembrano ridursi quando possono osservare dei video. Questa opportunità consente anche di ridurre il campo di focalizzazione agli elementi essenziali della situazione senza eccessi di stimolazioni sensoriali • Visione reiterata del filmato: aiuta a fissare in memoria le caratteristiche del comportamento che ci si prefigge di insegnare. È importante che i video abbiano caratteristiche adeguate sia per quanto riguarda la durata (non superiore a 2-3 minuti) sia in riferimento ai contenuti che devono centrarsi soltanto sui comportamenti positivi ed efficaci. • Processazione delle informazioni visive: le informazioni visive risultano più significative in confronto a quelle di tipo verbale. Il video inoltre presenta una situazione concreta e reale per quello che riguarda sia l'azione delle persone sia il contesto di riferimento. 1.3 L’insegnamento strutturato e le strategie di visualizzazione. Alcuni allievi, soprattutto quelli con disturbi dello spettro autistico, manifestano difficoltà nel comprendere il senso di ciò che li circonda. Organizzare l'ambiente l'attività in base alle esigenze degli allievi significa fornire loro un quadro spaziale temporale molto strutturato. Un contributo particolare a questo livello è stato fornito all'interno del programma TEACCH. Applicare questi principi a livello scolastico richiede: • Organizzazione della classe degli spazi scolastici attraverso l'utilizzo di simboli e immagini che consente all'allievo con autismo di avere riferimenti importanti per sentirsi in un contesto non caotico e sconosciuto • Predisposizione di schemi visivi in grado di pronunciare le attività da effettuare e la sequenza delle stesse, aiutando ad anticipare e prevedere i vari compiti. • Articolazione dei compiti per dare concrete informazioni sul loro inizio, svolgimento e conclusione. Gli schemi visivi informano sulla successione delle attività previste nella giornata ma non dicono nulla circa la loro durata: a questo livello possono essere utili vari accorgimenti come timer o clessidre. In sintesi, l'insegnamento strutturato cerca di sfruttare la propensione di molti allievi con situazioni di disabilità all'utilizzo preferenziale di stimoli di tipo visuospaziale. Da tutto questo discendono molte applicazioni come l’agenda visiva, i ponti visivi, le conversazioni con fumetti, le storie sociali. 14.2 Strategie per facilitare la comunicazione. I problemi di comunicazione oltre a essere alla base di difficoltà di apprendimento relazione, si connettono spesso anche con la manifestazione di problemi comportamentali, che rappresentano Nella maggior parte dei casi dei tentativi di entrare in relazione con l'ambiente. Alcune strategie significative: • Verbal Behavior Teaching → si tratta di una strategia elaborata all'interno dell'approccio ABA. Nella sua analisi della relazione verbale, Skinner ha identificato una serie di operanti, cioè di risposte messe dagli individui non soltanto sulla scorta di particolari situazioni di stimolo, ma anche in relazione all'effetto che queste risposte hanno avuto dall'ambiente in termini di rinforzamento: − comportamento ecoico: comportamento verbale e vocale di tipo imitativo che ha corrispondenza con un modello verbale e vocale. Se ad esempio un'insegnante dice una parola e il bambino la ripete è avvenuto un comportamento ecoico. − fare richieste (mand): nel momento in cui il bambino vuole qualcosa e nel contesto è presente un possibile interlocutore può manifestare un mand, cioè una richiesta verbale finalizzata a ottenere quanto desiderato. − nominare (tact): indica un comportamento che mette in contatto con il contesto di riferimento. Si tratta di un operante verbale in cui una risposta viene evocata da un particolare oggetto. Anche il tact può essere promosso attraverso strategie comportamentali da mettere in atto, al contrario dell'insegnamento del mand, quando la motivazione per lo stimolo è bassa, cioè quando il bambino non è interessato a ricevere l'oggetto nominato come rinforzatore. − comportamento intraverbale: è una particolare tipologia di operante verbale nel quale uno stimolo verbale seleziona l'occasione per una risposta verbale ma, al contrario di quanto avviene per il comportamento ecoico, la risposta non ha le stesse caratteristiche dello stimolo che l'ha evocata. Un esempio può essere quello di classificare oggetti nell'ambiente con una serie di risposte connesse dal punto di vista semantico (cane, gatto, Leone…). L’operante intraverbale può essere rinforzato in vari modi, specie con rinforzatori di tipo sociale (elogi) o con una continuazione dello scambio di conversazione. − comportamento verbale basato su sé stessi Gli operanti verbali che vengono considerati in relazione all'insegnamento del linguaggio bambini con disturbi dello spettro autistico sono i primi quattro. • CAA →si riferisce all'utilizzo di una serie di procedure e strumenti per tentare di compensare deficit comunicativi importanti. Gli aggettivi “aumentativa” e “alternativa” enfatizzano da un lato il tentativo di accrescere la comunicazione naturale delle persone utilizzando e potenziando tutte le competenze dell'individuo, dall'altro la volontà di impiegare mezzi sostitutivi della parola qualora quest'ultima non appaia un obiettivo perseguibile. Non rappresenta una procedura sostitutiva del linguaggio verbale e neppure ne inibisce lo sviluppo quando questo è possibile. Gli strumenti che vengono utilizzati possono essere di differente natura: ° dispositivi senza tecnologia: ad esempio il PECS virgola che fornisce segnali attraverso modalità visive di individuazione e scambio di immagini. ° Dispositivi a bassa tecnologia: semplice ausili che prevedono l'emissione di voce attraverso l'attivazione di segnali pre registrati ° strumenti tecnologici più complessi: consentono di ampliare le possibilità comunicative attraverso schemi dinamici. Il programma PECS prevede un percorso articolato in sei fasi nelle quali si persegue lo scopo di portare progressivamente l'individuo allo sviluppo della comunicazione funzionale e della comunicazione come scambio sociale: − scambio fisico assistito dell'immagine con l'oggetto − progressivo aumento della spontaneità della comunicazione − discriminazione fra stimoli visivi per esprimere delle scelte − costruzione di una frase con i simboli − risposta domande del tipo “cosa vuoi?” − possibilità di fare dei commenti Un'altra proposta è quella degli IN-books, cioè di libri illustrati con testo in simboli realizzati su misura per il singolo bambino. Sono costituiti da una serie di immagini grafiche ognuna associata alla parola alfabetica scritta in alto. L'allievo riconosce l'immagine mentre il partner comunicativo legge la parola curando anche l'espressività della narrazione. attraverso la tecnica del focus Group, al quale ha fatto seguito una validazione di tipo psicometrico. La discussione sviluppata all'interno dei focus groups si è rilevata particolarmente utile al raggiungimento dei seguenti obiettivi: − individuare il linguaggio utilizzato dai soggetti coinvolti nella ricerca − Trovare eventuali nuovi indicatori per i concetti da rilevare − avere suggerimenti circa il campione di soggetti da coinvolgere − far intervenire attivamente nella ricerca i soggetti coinvolti − compiere un'analisi di ogni singolo item per evidenziarne la rispondenza all'oggetto − valutare la chiarezza del linguaggio − analizzare in modalità bottom-up la percezione di efficienza ed efficacia dell'inclusione − valutare in modo generale la scala evidenziando un'eventuale mancanza di indicatori La discussione di confronto sono stati molto proficui e hanno portato a un affinamento e un alleggerimento sia degli item che del linguaggio utilizzato. • Le procedure di validazione psicometrica → in un primo momento è stata calcolata l'Alpha di Cronbach, riferita al campione di scuole coinvolte nello studio iniziale. Il coefficiente elevato indica una forte omogeneità interna dello strumento ma anche una ridondanza degli item. È stata effettuata poi l'analisi fattoriale su 80 casi. La conclusione è risultata la seguente struttura a due fattori che abbiamo denominato rispettivamente: organizzazione inclusiva e didattica inclusiva. • Gli item di valutazione oggettiva → l'attività condotta all'interno dei focus groups e i risultati di uno specifico studio pilota hanno consentito di individuare altri 15 item che sono stati definiti “oggettivi” dai indicatori si riferiscono a temi centrali che impattano fortemente i processi inclusivi, come: − la formazione di tutto il personale scolastico sui temi dell'inclusione − i processi di programmazione e pubblicizzazione delle attività educative attraverso PTOF e PEI − utilizzo adeguato del personale educativo e delle altre risorse − l'organizzazione della classe dell'attività didattica − l'abbandono scolastico e ritardi nella progressione − l'attenzione per tutte le differenze − il coinvolgimento delle famiglie e delle agenzie del territorio • La scala di valutazione dei processi inclusivi →la scala si presenta composta da due sotto scale di autovalutazione, ognuna composta da 20 item virgola e da una sottoscala di valutazione oggettiva con 15 indicatori. Si prevede che la prima dimensione, quella dell'organizzazione inclusiva, venga valutata da tutto il team docenti della scuola, mentre la seconda virgola che fa riferimento alla didattica inclusiva, sia analizzato dai docenti della classe presa in considerazione. Il sistema di valutazione riprende quanto previsto per il RAV, che ci si auspica possa essere integrato dal presente strumento. La scala oltre all'autovalutazione sugli indicatori relativi alle due dimensioni, a ciascuno dei quali va attribuito un punteggio da 1 a 4, prevede anche la risposta ad alcuni quesiti che fanno riferimento a parametri oggettivamente rilevabili. L'intenzione di fondo è quella di diffondere la scala il più possibile fra il personale educativo nella speranza che possa diventare uno strumento dell'operatività quotidiana degli insegnanti. 5.2 La scala nel contesto scolastico: i primi dati. Può essere significativo analizzare i risultati fatti registrare dal campione sui singoli item delle tre dimensioni. 1. Organizzazione inclusiva della scuola: le carenze più rilevanti si riferiscono a: − modalità di presentazione delle informazioni inerenti alla scuola, che non appaiono accessibili a tutti − limitato coinvolgimento del territorio delle famiglie nelle iniziative della scuola − percorsi formativi sui temi dell'inclusione − programmazione didattica virgola non sempre condivisa fra insegnanti curricolari e di sostegno 2. Procedure didattiche: le risposte degli insegnanti sono state maggiormente orientate a evidenziare aspetti positivi legati soprattutto a: − coinvolgimento e responsabilizzazione degli alunni − azioni di guida e supporto messe in atto dai docenti − capacità degli insegnanti di adottare modalità differenti di insegnamento i principali elementi di criticità si riferiscono invece a: − stimolazione di forme di supporto fra gli allievi − possibilità di scelta delle attività che vengono offerte − gestione poco condivisa della situazione degli allievi in condizioni di disabilità 3. Indicatori oggettivi: l'analisi di questa dimensione mette in evidenza alcuni elementi positivi relativi alla partecipazione di allievi con disabilità alle attività extrascolastiche e all'attenzione riservata agli allievi con BES. L’auspicio è quello di indicare piste di lavoro percorribili per attivare processi di crescita e di miglioramento nella prospettiva dell'inclusione. 16.I L’INCLUSIONE FUNZIONA? Si prendono in considerazione le principali ricerche che hanno affrontato il tema dell’educazione inclusiva, al fine di valutarne l’efficacia e di giustificarne l’applicazione generalizzata. Begeny e Martens hanno sottolineato come negli USA molti sostenitori di un orientamento full inclusion a livello scolastico abbiano identificato l’Italia come ottimo esempio di realizzazione compiuta di tale politica, ma, nello stesso tempo, non mancano di evidenziare la scarsità di ricerca che nel nostro paese si è indirizzata ad esaminare direttamente le pratiche di inclusione e i risultati ottenuti. 16.1 La ricerca italiana sull'integrazione e inclusione scolastica. Nel nostro paese le principali ricerche sul modello di integrazione e inclusione scolastica si sono concentrate sulla descrizione delle politiche e delle prassi inclusive in un determinato momento. Si tratta di studi condotti attraverso interviste o questionari somministrati a insegnanti, dirigenti e famiglie, con lo scopo di appurare le procedure che vengono messe in atto, l’organizzazione scolastica, il livello di soddisfazione, le risorse impegnate, il coinvolgimento dei diversi attori ecc. • In una ricerca sull’integrazione scolastica degli allievi con sindrome di Down sono stati presi in considerazione e valutati alcuni indicatori ritenuti critici per informare circa la qualità del processo inclusivo. Lo strumento utilizzato è stato un questionario con una serie di indicatori raggruppati in tre categorie: − Di struttura − Di processo − Di risultato Dal punto di vista della didattica sembrerebbe superata la concezione che vede l’insegnante di sostegno come strumento di emarginazione nella situazione scolastica. E’ stata evidenziata la non concordanza fra le risposte fornite dagli insegnanti curricolari e quelle fornite dagli insegnanti specializzati per il sostegno circa la qualità del lavoro comune: i docenti curricolari hanno sostenuto di lavorare in team, mentre i docenti specializzati no. Per quanto riguarda le competenze degli alunni con sindrome di Down, i risultati hanno rilevato un buon possesso di competenze cognitive, relazionali e sociali. • Vianello e collaboratori hanno analizzato gli atteggiamenti dei genitori nei confronti dell’integrazione scolastica di allievi con sindrome di Down. Le ipotesi che hanno posto alla base del loro studio sono: − I genitori di bambini con sindrome di Down hanno un atteggiamento positivo nei confronti dell'integrazione scolastica dei propri figli rispetto ai genitori di bambini a sviluppo tipico con e senza esperienza di integrazione. − I genitori dei bambini a sviluppo tipico che hanno come compagno di classe un alunno con sindrome di Down sono più favorevoli all'integrazione rispetto ai genitori i cui figli non hanno un compagno con tale condizione. La metodologia di indagine sia incentrata sulla compilazione di un questionario. I risultati hanno confermato che sia i genitori con un figlio con sindrome di Down che gli altri presentavano un atteggiamento molto favorevole nei confronti dell'integrazione scolastica. Oltre ciò si è evidenziato come l'esperienza diretta favorisca una migliore predisposizione ad accettare positivamente la presenza in classe di un compagno con disabilità. • Il gruppo coordinato da Canevaro, d’Alonzo e Ianes ha condotto una ricerca finalizzata a fotografare lo stato dell'integrazione scolastica in Italia nei primi trent'anni di applicazione. La ricerca ha preso in considerazione 7 gruppi di persone in situazioni di disabilità distribuiti su tutto il territorio nazionale appartenenti a fasce d'età compresa fra un estremo inferiore e uno superiore. Per tutti gli ordini di scuola si assiste a una progressiva diminuzione negli anni della percentuale di percorsi di inclusione totale, a vantaggio di situazioni miste, con una parte del tempo trascorse in classe una parte in ambienti separati. Per quello che riguarda l'evoluzione delle persone dopo la scuola la situazione si è presentata molto eterogenea e non soddisfacente. • Lo stesso gruppo di lavoro, con l'aggiunta di Roberta Caldin, a analizzato negli anni 2009-2010 lo stato dell'integrazione scolastica attraverso le opinioni degli insegnanti. Dati hanno evidenziato un sistema di convinzioni che per alcuni versi ha confermato le aspettative per altri le ha contraddette. Un dato inatteso e preoccupante è quello che deriva dalla formazione degli insegnanti di non credere nelle capacità di risposta efficiente del sistema scolastico ai bisogni degli allievi con disabilità. È stato fortemente enfatizzato l'importanza di un percorso coordinato fra insegnanti curricolari e specializzati. Quanto ha la possibilità di istituzionalizzare percorsi separati per alcune gravi patologie all'interno della scuola, con un ritorno di fatto alle classi speciali, le risposte si sono divise con i tre quarti che manifestavano la loro contrarietà e un quarto che invece si dichiarava favorevole. • Altra analisi di interesse quella sviluppata dall'associazione Treelle, dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Agnelli, la quale ha cercato di fare un bilancio sul funzionamento della politica dell'integrazione e ha proposto un modello organizzativo profondamente diverso da quello attuale. Le critiche espresse dal rapporto sono le seguenti: − Carenze organizzative − scarso controllo qualitativo dei processi − assenza di controllo dei risultati rispetto alle finalità − carenze di governance del sistema nazionale di integrazione scolastica 16.2 L’efficacia delle strategie di didattica inclusiva. Per quanto fa riferimento all'aspetto organizzativo, Mitchell da ampio spazio, fra quelle che chiama “strategie di contesto”, alla qualità dell'ambiente scuola e al coinvolgimento di tutte le figure, con particolare riferimento ai genitori. Mette in evidenza come vari studi e revisioni sottolineino che la qualità dell'ambiente può contribuire in modo determinante nel rendere motivante gradevole l'esperienza di apprendimento.