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Diritti umani e teoria critica - Corradetti, Sintesi del corso di Relazioni Internazionali

Riassunto del 3o capitolo del libro del prof corradetti.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 31/12/2020

elverdinho
elverdinho 🇮🇹

4.3

(26)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Diritti umani e teoria critica - Corradetti e più Sintesi del corso in PDF di Relazioni Internazionali solo su Docsity! TERZA PARTE 5. Verso una costituzionalizzazione dell’ordine giuridico internazionale? La svolta cosmopolitica ha influenzato il dibattito sulla trasformazione contemporanea del diritto internazionale. Il cosmopolitismo è un atteggiamento del cittadino, il quale si sente “cittadino del mondo”. La Costituzionalizzazione del diritto internazionale implica la trasformazione di accordi di due o più parti in principi di ordine superiore. Per far si che avviene questa trasformazione bisogna affidarsi ad un ragionamento giuridico basato sui valori. Questa trasformazione rappresenta il Costituzionalismo. Il Costituzionalismo è quindi un processo di auto- riflessione basato su principi democratici. Per Doyle neanche la Carta Atlantica può essere considerata una costituzione mondiale poiché mancano due caratteristiche fondamentali: -  Manca il carattere pervasivo (qualsiasi legge è soggetta ad essa). 
 -  Manca il carattere di legge fondamentale, cioè la derivazione della forza giuridica stessa a partire da un unico documento. La Costituzione Globale non ha una definizione del potere costituente o costituito e si basa su una pluralità di fonti. 
 Per alcuni studiosi il Costituzionalismo Globale serve per compensare la de- costituzionalizzazione nelle sfere nazionali, per altri studiosi esso trasforma radicalmente lo stesso ordine statuale nazionale. 
 Le disposizioni nazionali ed il potere degli stati sono stati modificati a loro volta da regimi sovranazionali, provocando un processo di delega d’autorità e cessioni dello stato. 
 I Tribunali internazionali sono importanti per promuovere il Costituzionalismo. La Corte di Giustizia dell’UE è stata l’istituzione principale ad aver promosso un progetto costituzionale sovranazionale. 
 La Convenzione Europea Dei Diritti Dell’uomo (CEDU), rivela un sistema giuridico cosmopolitico che combina nazioni di pluralismo costituzionale con una sovranità diffusa. Essa poi interviene anche quando si parla di estradizione di una persona sottoposta a tortura. Secondo una concezione multilivello dell’ordine giuridico globale, l’autorità cosmopolitica viene concepita come definita su vari livelli: -  Quello dell’individuo rispetto al giudice nazionale (nei sistemi del costituzionalismo liberale). -  Quello tra corti costituzionali e organismi-sovranazionali (nel costituzionalismo europeo). -  Quello del rapporto tra organismi internazionali. 
 Tre casi dell’impatto costituzionale della CEDU sulle delibere del consiglio di sicurezza dell’ONU. -  Al-Jedda, occupazione britannica dell’Irak. -  Nada, la Svizzera ha violato la CEDU. -  Kadi, cittadino saudita a cui sono stati congelati beni da parte della CEDU. 
 Il risultato di queste sentenze è stato quello di stabilire i limiti del diritto internazionale. 
 La costituzione del diritto internazionale comporta un cambio significativo nell’interpretazione di esso, secondo due punti di vista: -  Superamento dell’approccio basato sul rispetto dei trattati. -  Mutamento del carattere costituzionale del diritto e della portata dell’obbligazione. Il carattere rivoluzionario dell’individuo porta alla trasformazione del diritto internazionale da un sistema di regolamentazione privato ad un sistema di diritto pubblico. 
 In Hobbes l’ordine politico si configura in un patto di subordinazione, tale patto si basava sui diritti naturali, quelli che l’uomo possiede nel suo stato di natura. 
 Ad esempio il diritto di vita per cui un uomo è legittimato a disobbedire nel caso in cui il sovrano gli ordinasse di fare qualcosa contro la sua vita. 
 Tuttavia ognuno può, anche nel proprio stato di natura, giudicare buona o meno un’azione. Però nello stato civile il giudice è il legislatore, per cui non vi è bisogno di farlo autonomamente. 5.2 L’autorità cosmopolitica in condizioni di pluralismo costituzionale La giustificazione e lo standard di legittimità si completano a vicenda, il primo stabilisce i motivi per cui dobbiamo obbedire all’autorità giudiziaria mentre il secondo indica gli attori o soggetti giudiziari pertinenti, i quali non sono esclusi dall’obbedire ad un preciso standard di giustificazione. Secondo il professore il principio di sussidiarietà nel diritto internazionale dovrebbe essere reinterpretato secondo un “uso inverso”, questo uso deriva da un approccio sostanziale all’autorità basato su un modello cosmopolitico di giustificazione. 
 Questo principio è compatibile con una pluralità di pretese di autorità prima facie (a prima vista) legittime. L’autorità cosmopolitica si differenzia da quegli approcci dell’autorità basati su forme di monismo istituzionale di tipo escludente. 
 La teoria di Kelsen, considera che la legittimità dell’autorità debba essere definita da una norma fondamentale e a priori (Grundnorm). 
 Per Kelsen il comando di Dio è autorevolmente obbligante perché “si deve obbedire agli ordini di Dio”, però successivamente la ragione per cui noi dovremmo obbedire a Dio è attribuibile alla sua autorità suprema. 
 
 Kant invece ha un concetto differente della fonte ultima della validità giuridica, lui parla di una volontà trascendentale che stabilisce una relazione regolativa con un sistema di diritto positivo convenzionale (fatto dagli individui). 
 Per lui una volontà generale unità è il motivo per cui gli uomini hanno abbondato la condizione originaria di uno stato privo di diritti, come lo stato di natura, per entrare in un sistema di giuridificazione positiva legittima. 
 La volontà generale unita fornisce uno standard regolativo supremo, di stampo, quindi cosmopolitico. 5.3 Gerarchia contro eterarchia costituzionale Secondo Kant, la legittimità della sovranità statuale dipende parzialmente dall’interiorizzazione giuridica del punto di vista cosmopolitico, quindi la legge cosmopolitica giustifica un processo transitorio di integrazione costituzionale, il quale costringe gli stati a considerarsi come se fossero membri di una confederazione multistato (Volkerstaat). Kant assegna funzione regolativa al Volkerstaat, vuole conciliare l’idea di una legislazione universale con l’autonomia della sovranità statuale. 
 Per Kant l’osservanza del diritto consente l’esistenza di una pluralità di stati e regimi sovrani. 
 In assenza di un ordine gerarchico globale culminante in un unico garante istituzionale, le interpretazioni sul diritto cosmopolitico fanno procedere la nozione di pluralità di autorità decentralizzate con l’idea di costituzione cosmopolitica. Per Corradetti il cosmopolitismo Kantiano è quindi di tipo regolativo, l’autorità cosmopolitica è volta al mantenimento del pluralismo istituzionale e alla natura dell’autorità stessa. È presente un punto importante, ossia il modo con cui gli organi giudicanti possono affermare la natura ultima della loro autorità secondo lo standard normativo cosmopolitico, a livello nazionale, questa natura ultima è pre-assegnata in base a clausole procedurali costituzionali. 
 La natura ultima dell’autorità può essere delegata ai livelli superiori soddisfacendo così l’istanza di unità del diritto. 
 La natura ultima dell’autorità o si situa entro un ordine gerarchico o prende le mosse della presunzione di un’eterarchia costituzionale. 
 La posizione stessa degli Stati si posiziona tra le relazioni esterne di tipo eterarchico e l’ordinamento gerarchico interno, di conseguenza i problemi di legittimità relativi alle rivendicazioni di autorità differiscono in modo significativo a seconda che siano in gioco autorità gerarchicamente strutturate (stati che non trasferiscono nessun elemento di autorità) o autorità cosmopolitiche eterarchiche. 
 Il risultato è che il ragionamento giuridico non applica alla sfera cosmopolita transnazionale. 5.4 Promozione del diritto internazionale secondo una “mentalità costituzionale” Se non fossimo in grado di agire in accordo alle richieste morali, qualsiasi politica sarebbe un mezzo legittimo per difendere ragioni di convenienza o di tipo egoistico. Kant distingue tra “politico morale” e “moralista politico”. Il politico morale concorda con la subordinazione dell’azione politica ai doveri dettati dalla morale. 
 Il moralista politico interpreta il suo vantaggio personale in termini morali interpretando il progetto cosmopolitico come un “problema tecnico” e la pace perpetua come il risultato dell’adattamento della moralità per il vantaggio politico. Le soluzioni ai problemi internazionali vanno cercate sulla base degli interessi degli Stati. Secondo Kant, il diritto degli uomini è sacro. 
 Il politico illuminato interpreta il progetto cosmopolitico come un compito morale. Tale compito deve essere realizzato attraverso l’espansione dello stato di diritto e dell’ordinamento delle fonti del diritto internazionale, costruendo così la “costituzione cosmopolitica”. Il pensiero costituzionale rappresenta un metodo di ragionamento pratico, riguarda il processo di unificazione del diritto internazionale con l’ideale cosmopolitico. 
 Dalla mancanza di socievolezza e dal conflitto (antagonismo) prende origine il bisogno di addomesticamento attraverso leggi valide per non sfociare in un anarchia a danno di tutti. 
 Tale processo deve avvenire non solo nei rapporti degli individui tra loro, ma anche tra gli Stati impegnati in guerra (colonizzazione). Dunque la trasformazione costituzionale del diritto internazionale conduce alla necessità di conformarsi a obblighi cosmopolitici. 
 Bisogna elaborare una teoria dell’argomentazione giuridica che tenga in considerazione i parametri morali e le istanze cosmopolitiche dell’individuo come soggetto di diritto. 
 È necessaria la costruzione di un terzo livello nel diritto internazionale per definire l’autorità legittima. 
 Questo livello è identificato attraverso il principio di sussidiarietà inversa che si giustifica tramite un’interpretazione cosmopolitica dell’autorità. 
 In assenza di una struttura giuridica predefinita, le norme secondarie e terziarie contribuiscono alla formazione di uno spazio giuridico unico e cosmopolitico volto all’assegnazione di autorità legittima. 5.5 L’autorità cosmopolitica giudiziaria: transitorietà costituzionali globali L’autorità cosmopolitica giudiziaria ha contribuito a promuovere sia standard di costituzionalizzazione del diritto internazionale e sia un vero e proprio stato di diritto transnazionale. 
 Nella “lista di sanzioni” dell’ONU, i soggetti di diritti non sono stati considerati come eguali di fronte alla legge, la Corte ha stabilito che le misure di congelamento dei beni degli indagati non hanno soddisfatto la soglia minima di protezione dei diritti umani a un livello pari alla tutela garantita dalla Comunità Europea. 
 L’autorità cosmopolitica giudiziaria si fonda su: . 1)  Le richieste cosmopolitiche degli Stati . 2)  Le rivendicazioni di standard nei confronti dell’autorità cosmopolitica . 3)  Le rivendicazioni giudiziarie in favore dell’autorità cosmopolitica Le pretese giudiziarie di autorità cosmopolitica si fondano sull’assunzione di unità sistematica tra il diritto internazionale e quello costituzionale. Corradetti afferma che il cosmopolitismo giuridico si definisce sia attraverso lo standard di legittimità, che attraverso lo standard di giustificazione dell’autorità. Per quanto riguarda il raggiungimento di uno standard di stato di diritto, lo Stato competente deve dimostrare di agire nel rispetto della legge. 
 Sul versante degli standard di legittimità, lo Stato deve dimostrare che la norma sia conforme agli obiettivi legittimi nella Convenzione. 
 Infine sullo standard di necessità, la Corte valuta se la misura adottata sia necessaria a svolgere il compito “transitorio”. Il concetto di unità del diritto è compatibile con una forma plurima di sovranità che attraversa tutta l’arena transnazionale. Qui però risulta assente il monopolio dell’autorità (un Leviatano). In questo scenario, le libertà tradizionali borghesi si estendono a una molteplicità di domini di competenza, pertanto il cittadino cosmopolitico viene lasciato libero di ricercare la propria emancipazione lungo una serie di regimi istituzionali specializzati. Riprendendo il dictum di Hegel su “la nottola di Minerva”, il progetto cosmopolitico sorge quando una civiltà ha ormai compiuto il suo processo di formazione e si avvia al suo declino. 5.8 Cosa c’è di sbagliato nella teoria della pace democratica? Una difesa del pluralismo giuridico internazionale Le relazioni tra gli Stati non devono perseguire un ideale di giustizia secondo “il vantaggio del più forte”, per Hobbes gli individui possono trasferire la propria sovranità al Leviatano; gli Stati no a causa dell’impossibilità di riconciliare il potere di un’entità sovraordinata al potere sovrano. 
 Dunque l’unico comportamento dello Stato poggia sul progresso e sulla difesa del proprio interesse: agire moralmente, per lo Stato, vuol dire agire in difesa del proprio vantaggio. Per Beitz esistono 4 condizioni che devono essere mantenute per la difesa dello scetticismo internazionalista di stampo hobbesiano: . 1)  Stati unici soggetti dello scenario internazionale; . 2)  Eguaglianza di potere tra gli Stati; . 3)  Reciproca indipendenza degli Stati per gli affari interni; . 4)  Assenza di conformità a norme internazionali condivise. Contro-evidenze presenti per ciascuna di queste tesi: 1)  Le associazioni transnazionali e le ONG esercitano pressioni politiche ed economiche ed altre in vista di una maggiore cooperazione tra gli Stati dunque gli Stati non sono gli unici soggetti che agiscono nella dimensione internazionale. 
 
 2)  Se gli Stati sono uguali in termini di potere, ( cosa non vera ) allora è irrazionale per chiunque convincere gli altri Stati ad agire in accordo a principi internazionali, tuttavia inoltre sappiamo che anche gli Stati più forti sono moralmente obbligati a osservare i principi morali internazionali. 3)  Gli affari interni degli Stati non possono essere organizzati indipendentemente dalle configurazioni organizzative specifiche inerenti agli altri Stati, le attività di politica interna non possono essere formulate in maniera totalmente indipendente. 4)  Non esiste alcuna aderenza a norme morali internazionali senza un’istituzione sovranazionale capace di promuovere principi morali internazionali, tuttavia sappiamo che esistono numerosi strumenti, come le sanzioni e l’isolamento politico ed economico, utili a forzare gli stati fuorilegge a soddisfare norme internazionali. La confutazione di almeno uno di questi principi è sufficiente a rifiutare la tesi hobbesiana dell’incommensurabile differenza tra dimensione domestica e internazionale della giustizia. Dunque il comportamento internazionale degli Stati deve essere coerente con quei precetti che sarebbero moralmente giustificati entro la sfera nazionale. Da ciò ne consegue il dibattito tra normativisti e realisti. 
 
 Normativisti: Se gli Stati fossero governati al loro interno da principi politici eticamente giustificati, allora il loro comportamento verso l’esterno sarebbe determinato dai medesimi. 
 
 Realisti: lo status di potere, le alleanze e lo sviluppo economico sono fattori essenziali che determinano il conflitto tra Stati. Liberali: l’assenza di democrazia stabilisce una condizione sufficiente; i legami economici- internazionali inducono uno Stato ad essere prudente nel dichiarare guerra contro un altro Stato presso il quale si sono realizzati degli investimenti. Questo parallelismo tra comportamento interno ed esterno delle democrazie liberali indica un processo che procede verso relazioni pacifiche, assicurando che la sola legge in politica internazionale sia quella della pace democratica. Doyle ha posto l’attenzione degli studiosi sul tema della “Pace Perpetua” kantiana, suggerendo un’interpretazione secondo cui la pace non è una spiegazione multifattoriale come sostiene Kant, per Doyle e i suoi seguaci, ma è il prodotto di un’ipotesi monocasuale. I difensori della tesi della pace democratica sostengono che le democrazie liberali, data la loro natura uniforme, agiscono intrinsecamente in modo pacifico nei confronti di altre democrazie. Ipotesi generale della pace democratica Grazie ai vincoli culturali di matrice liberale e all’istituto della separazione dei poteri, le democrazie mai, o piuttosto raramente, si dichiarano guerra tra loro. 
 Gli studiosi della pace democratica si dividono in: . a)  Coloro che affermano che le democrazie non entrano mai in guerra tra loro; . b)  Coloro che sostengono che le democrazie lo fanno solo raramente. Due concetti sono centrali nella teoria della pace democratica: guerra e democrazia. La guerra per essere definita tale deve causare un minimo di mille morti. 
 Tuttavia questo concetto di guerra dev’essere esteso oltre la sfera dello scontro tradizionale: danni del conflitto sono anche gli effetti economici che conducono ad un impoverimento della popolazione. La definizione di democrazia è abbastanza variegata, ha come requisiti la separazione dei poteri, un sistema di rappresentanza e un ethos liberale per il rispetto dei diritti fondamentali. Gli studiosi traggono le conclusioni da due caratteristiche proprie della democrazia: . a)  Dai vincoli cultural-normativi di un assetto democratico: questo chiama in causa la cultura politica di uno Stato democratico, dunque le decisioni di una comunità politica democratica sono ottenute sulla base del consenso. . b)  Dai vincoli strutturali di un ordine democratico: i leader politici hanno bisogno di ricevere un sostegno interno al fine di ottenere una legittimazione per le loro sfide internazionali. Tali caratteristiche rendono le democrazie liberali meno inclini alla guerra.