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Diritto amministrativo riassunto completo, Appunti di Diritto Amministrativo

Riassunto manuale Simone di diritto amministrativo. Completo e chiaro

Tipologia: Appunti

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Scarica Diritto amministrativo riassunto completo e più Appunti in PDF di Diritto Amministrativo solo su Docsity! IL DIRITTO AMMINISTRATIVO Il diritto amministrativo è la disciplina giuridica della p.a.,l’insieme di norme che giuridiche che regolano l’attività della pubblica amministrazione. Nel nostro ordinamento manca una definizione generale di pubblica amministrazione, trattandosi di un concetto complesso dai contorni non definiti. Sono state elaborate due diverse teorie in relazione alla definizione di P.A., ovvero quella oggettiva e quella soggettiva, che pur presentando peculiarità, possono essere intese in termini di complementarietà. La p.a. infatti può essere intesa –in senso soggettivo o formale: quale insieme di strutture che svolgono la funzione amministrativa (Organizzazione amministrativa o amministrazione apparato) –in senso oggettivo o sostanziale: quale attività posta in essere dai soggetti pubblici al fine di realizzare la cura di interessi pubblici. L’attività amministrativa costituisce, pertanto, una attività vincolata nel fine da perseguire poiché si caratterizza per il perseguimento di un interesse riconducibile all’intera collettività (interesse pubblico). La nostra costituzione regola la pubblica amministrazione in modo diretto e indiretto, attraverso una serie di disposizioni da cui è possibile dedurre l’esistenza di diversi modelli di amministrazione. In particolare, esaminando la collocazione delle norme dedicate alla p.a. nella costituzione, ovvero il titolo III dedicato al governo, si deduce che la p.a. viene intesa come apparato correlato al governo; dal testo costituzionale (art. 97 e 98 cost.) si evince anche un altro modello di p.a., intesa come apparato indipendente dal potere politico e regolato solo dalla legge; ed infine si deduce dagli artt. 5, 114, 118 della costituzione una visione di p.a. quale apparato territorialmente decentrato. Lo stato, quale organizzazione suprema, nasce e sopravvive per il perseguimento di fini comuni all’intera collettività collettività. La realizzazione di essi si attua attraverso 4 momenti: la scelta ed individuazione dei fini (funzione politica); il loro riconoscimento quale scopo da raggiugere attraverso l’adozione di norme giuridiche (funzione legislativa); la loro attuazione e, quindi, il perseguimento di tali fini (funzione amministrativa); la tutela degli stessi mediante una attività di costante vigilanza (funzione giurisdizionale). Si deduce, quindi, che la funzione amministrativa, quale attività di cura diretta e concreta degli interessi pubblici, è strettamente correlata alla funzione politica, per il tramite della quale, infatti, sono individuati i fini pubblici da perseguire. Alla distinzione concettuale tra le due funzioni, corrisponde una distinzione fra atti politici e di alta amministrazione. GLI ATTI POLITICI vengono definiti dalla dottrina prevalente quali ‘’atti in cui si estrinseca l’attività di direzione della cosa pubblica, di coordinamento e controllo delle singole manifestazioni in cui la direzione stessa si estrinseca’’. Tali atti sono quindi espressione della funzione di direzione e di indirizzo politico e sono frutto di una attività completamente libera nei fini riconosciuta dalla costituzione ai supremi organi dello stato e, di conseguenza, non sindacabile in sede giurisdizionale. In ordine alla nozione, sono emerse tre diverse impostazioni: secondo la c.d. tesi del ‘’movente’’ o del ‘’motivo’’ nella categoria de qua rientrano gli atti che, a prescindere dal loro contenuto, perseguono uno scopo politico; secondo un altro orientamento va adottato un metodo casistico di verifica caso per caso; infine, secondo l’orientamento maggioritario si deve guardare alla ‘’causa obiettiva’’ dell’atto medesimo, espressione di una attività totalmente libera nel fine. Sono qualificabili atti politici: gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi), atti aventi forza giurisdizionale (sentenze della corte costituzionale), atti formalmente amministrativi privi di forza legisaltiva e giurisdizionale (come ad es. proposta di nomina dei ministri); gli atti politici sono insindacabili poiché l’art. 7 c.p.a. (d.lgs. 104/2010) esclude il ricorso al giudice amministrativo contro gli atti o i provvedimenti emanati dal governo nell’esercizio del potere politico. Di coseguenza tali atti soggiacciono solo ad un controllo di carattere politico, di competenza del parlamento e del corpo elettorale (es.sfiducia delle camere). GLI ATTI DI ALTA AMMINISTRAZIONE sono una particolare categoria di atti amministrativi, caratterizzati dal fungere da raccordo fra indirizzo politico e attività amministrativa. Si pongono in una posizione intermedia tra gli atti politici e i provvedimenti amministrativi veri e propri. Sono espressione di una attività amministrativa fortemente discrezionale, seppure non libera nei fini e soggetta al sindacato del giudice. Da essi occorre distinguere l’atto amministrativo legificato (o legge provvedimento), ovvero quell’atto approvato dalle camere che ha forma di legge ma un contenuto specifico. Rispetto alla legge generale sono indirizzati verso soggetti determinati (non hanno il carattere di generalità), hanno un contenuto concreto (non hanno il carattere dell’astrattezza) e gli effetti hanno carattere eccezionale (a fronte della stabilità della legge generale). Sono compatibili con la costituzione? Secondo la corte cost. si perché non vi è una riserva di amministrazione per cui non è escluso che le camere possano svolgere poteri gestori dei pubblici poteri. FONTI DEL DIRITTO Le fonti secondarie dell’ordinamento giudico costituiscono il mezzo attraverso il quale si estrinseca il potere normativo della p.a., sia quello statale sia quello di altri enti pubblici. Nella gerarchia delle fonti si collocano al di sotto della costituzione e della legge ordinaria e regionale, oltre che degli atti ad essa equiparati, non potendo pertanto derogare né porsi in contrasto con esse. La categoria ha subito una profonda evoluzione con la riforma del titolo V della Costituzione che ha ampliato la potestà normativa degli enti pubblici territoriali, ridisegnandone i rapporti con lo stato e riconoscendo per la prima volta l’autonomia statutaria degli enti locali (art. 117 e 114, 2° cost.). Tra le fonti secondarie si annoverano: 1) i regolamenti: atti emanati da organi amministrativi titolari del potere esecutivo che possono innovare l’ordinamento giuridico, essendo dotati del carattere di generalità, astrattezza e innovatività. Essi soddisfano l’esigenza di adottare regole di dettaglio, spesso a carattere tecnico, destinate a dare esecuzione le regole generali di rango legislativo. Il fondamento della potestà regolamentare è da rinvenire nella legge, nello specifico nell’art. 17 L.400/1988. Distinguiamo a) i regolamenti governativi: art. 17,1° -regolamenti di esecuzione di leggi e decreti legislativi; -regolamenti di attuazione ed integrazione di essi; –regolamenti indipendenti; -regolamenti di organizzazione; –regolamenti relativi al lavoro dei pubblici dipendenti. Art.17,2°: regolamenti delegati o autorizzati (o di delegificazione); b)regolamenti ministeriali: (interministeriali: se adottati da più ministri). art. 17, 3° c) regolamenti regionali: fonte: art. 117,6° cost. d) regolamenti degli enti locali: fonte: art. 117, 6° cost. e) regolamenti di altri organi pubblici o enti: es. camere di commercio. In materia di forme di tutela giuridizionale avverso i regolamenti si sono succedute nel tempo due diverse teorie: inizialmente si è affermata una tesi favorevole all’ammissibilità dell’impugnazione che ha distinto i c.d. regolamenti volizione-preliminare e i c.d. regolamenti volizione azione. I primi sono i regolamenti che non sono in grado di incidere direttamente sulla sfera giuridica dei destinatari e che rispetto ai quali, pertanto, l’interesse a ricorrere sorge solo con l’emanazione dell’atto applicativo del regolamento. Ne consegue che il termine decandenziale di impugnazione decorre dal momento dell’adozione dell’atto applicativo. Per far valere un vizio che l’atto applicativo ha tratto dal regolamento si procede, quindi, con la doppia impugnazione (del regolamento e dell’atto applicativo). I c.d. regolamenti volizioni-azioni sono invece immediatamente impugnabili poiché incidono direttamente nella sfera giuridica dei destinatari. Di conseguenza il termine per impugnare decorre dala pubblicazione in gazzetta del regolamento. Successivamente si è affermata una tesi favorevole alla disapplicazione, in base alla quale il regolamento, anche se non impugnato, può essere disapplicato dal giudice amministrativo. in senso opposto a tale tesi sono stati richiamati l’assenza di una espressa previsione di legge. Nessun problema si pone invece circa l’ammissibilità della disapplicazione da parte del giudice ordinario, il quale ex art. 5 l.a.c. (legge sul contenzioso amministrativo) può sempre conoscere il regolamento in via incidentale, disapplicarlo con effetti limitati al giudizio. potere di azione processuale) -all’interesse strumentale alla legittimità dell’azione amministrativa: si sostanzia in una pretesa a che l’amministrazione si astenga da provvedimenti illegittimi (critica: teoria che non contempla il bene della vita che dovrebbe essere sotteso all’interesse legittimo). Dottrina maggioritaria (teoria normativa) → è stata elaborata dal Nigro e ha collegato l’interesse legittimo ad un bene della vita, cioè all’utilità che il privato mira a conseguire in seguito all’esercizio del potere da parte della p.a. Emerge quindi quando l’interesse del privato a ottenere o conservare un bene della vita viene a confronto con il potere della p.a., cioè con il potere di soddisfarlo o sacrificarlo. È stata recepita dalla cassazione sent. 500\1999 ‘’l’interesse legittimo è una posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita oggetto di un provvedimento amministrativo e consistente nell’attribuzione ad esso di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione dell’interesse al bene’’. Caratteri: -carattere relativo (o relazionale): non è una posizione soggettiva di diritto assoluto ma correlata all’esercizio di un potere da parte della p.a. -differenziazione: il titolare deve avere una posizione diversa rispetto a quella della generalità dei cittadini. -qualificazione: deve trattarsi di un interesse sancito e riconosciuto dall’ordinamento attraverso la norma che regolamenta il potere della p.a. -ha natura sostanziale, nel senso che tale situazione giuridica soggettiva preesiste all’eventuale lesione di essa. Tale natura è confermata dalla l. 241\1990 art.21 octies. Tipologie: -interesse legittimo oppositivo e pretensivo: i primi rispondono ad istanze di conservazione della sfera giuridica personale e patrimoniale del soggetto, i secondi sono diretti a soddisfare istanze di ampliamento della sua sfera giuridica. Altra dottrina distingue tra -interesse sostanziale: considera il momento in cui l’interesse del privato a ottenere o conservare un bene della vita viene a confronto con il potere della p.a. -interesse processuale: l’interesse del privato a far valere la sua posizione sorge nel corso del procedimento amministrativo. In realtà possono essere considerati due aspetti dell’interesse legittimo. Interessi superindividuali: gli interessi diffusi o adespoti sono situazioni giuridiche soggettive comuni a tutti gli individui di una formazione sociale non organizzata. Ad essi fa riferimento la l. 241/90 agli artt. 9 e 22. In materia di interessi diffusi occorre individuare quali di essi meritano tutela (es. è senz’altro tutelabile l’interesse diffuso a vivere in un ambiente naturale privo di agenti inquinanti) e chi è legittimato ad agire in giudizio. Gli interessi collettivi sono situazioni giuridiche soggetti di cui, al contrario, è titolare un ente esponenziale di un gruppo autonomamente individuabile e non occasionale es. ordini professionali. Sono interessi qualificati, in quanto tutelati dall’ordinamento giuridico e differeziati perché fanno capo ad una organizzazione distinta sia dagli altri cittadini che dai singoli partecipanti all’organizzazione. Pertanto, l’unica legittimata ad agire in caso di lesione di tale interesse, è l’organizzazione stessa. Per la dottrina e giurisprudenza gli interessi sopraindividuali sono tutelabili in sede processuale e quindi l’organizzazione può impugnare il provvedimento amministrativo solo nei casi in cui è ammessa a partecipare alla fase di formazione di quest’ultimo (c.d. criterio procedimentale). Quindi la legittimazione processuale va ricollegata alla partecipazione al procedimento. Class action (azioni di classe): l’art 240 bis codice di consumo ha introdotto questa azione collettiva, a tutela di diritti individuali omogenei dei consumatori e degli interessi collettivi, che viene esercitata per l’accertamento della responsabilità e per richiedere il risarcimento del danno a nome di tutta la classe (cioè per tutti coloro che hanno subito l’illecito). La Class action contro la p.a.: è una azione speciale nei confronti della p.a., introdotta dalla d.lgs 198\2009. Ha la funzione di controllo giudiziale sulla qualità, tempestività ed economicità dei servizi pubblici resi alla collettività dei cittadini ed è esercitabile anche nei confronti dei concessionari di servizi pubblici (es. rai, trenitalia). La differenza con la azione del codice di consumo è che con questa non è possibile avanzare pretese risarcitorie ma solo ottenere il ripristino corretto nello svolgimento delle funzioni e servizi. Infatti la sentenza di accoglimento conterrà l’ordine per la p.a. di adempiere entro un determinato termine, trascorso il quale sarà possibile ricorrere al giudice amministrativo per l’ottemperanza. Interessi semplici e di fatto: -semplici: detti amministrativamente protetti si sostanziano nella pretesa che la p.a. osservi le regole di buon amministrazione, opportunità e convenienza (c.d. merito amministrativo). Non sono di norma tutelabili in via giurisdizionale, ma solo per mezzo di un ricorso gerarchico (per questo si parla di interesse amministrativamente protetto). -di fatto: sono situazioni giuridiche soggettive non protette in quanto interessi non differenziati (appartengono a tutta a collettività indifferenziata es. interesse all’illuminazione) e non qualificati (l’ordinamento non vi appresta tutela). Distinzione con i diritti soggettivi: criteri diversi -in base alla natura della norme giuridiche: le norme di relazione regolano i rapporti tra p.a. e cittadini attribuendo diritti ed obblighi reciproci, per cui la loro violazione comporta la lesione di un diritto soggettivo; diversamente le norme di azione regolano l’esercizio dei poteri della p.a. imponendole un determinato comportamento per cui se viene meno a tale comportamento essa lede un interesse legittimo. -in base alla natura dell’attività esercitata: nel caso di atto vincolato, il privato può vantare un diritto soggettivo perfetto, mentre se è un atto discrezionale un interesse legittimo. -criterio prevalente, in base alla distinzione tra: - carenza assoluta di potere: quando manchi in radice il potere della p.a. di interferire nella sfera giuridica del privato o non ne sussistano i presupposti, in tal caso l’atto amministrativo incide su un diritto soggettivo -cattivo uso del potere discrezionale: se esiste una norma giuridica che attribuisce tale potere ad emanare l’atto, si ha solo lesione di un interesse legittimo. L’ORGANIZZAZIONE DELLA P.A. PARTE SECONDA Nell’ambito dell’organizzazione della p.a. operano diverse norme costituzionali: in primis l’art. 1 sancisce il principio democratico, attribuisce ai i cittadini il potere di eleggere i rappresentanti ai vertici degli organi pubblici che esercitano il potere politico. L’art. 5 stabilisce i principi di autonomia e di decentramento, riconoscendo centri di potere diversi dallo stato dotati di una più o meno ampia autonomia, pur entro i limiti del mantenimento dell’unità politica e della indivisibilità della repubblica. Il principio di responsabilità, enunciato dall’art. 28, lega lo stato e gli enti pubblici agli atti dei propri funzionari e dipendenti, a garanzia del cittadino. L’Art. 118 introduce al primo comma il principio di sussidiarietà verticale ed ha la funzione di garantire che l’assegnazione delle funzioni di governo venga conferita alle autorità territoriali più vicine ai cittadini, quindi i comuni, e in seconda battuta agli altri, compatibilmente con le possibilità operative. Il principio di differenziazione ed adeguatezza fa si, invece, che il conferimento delle competenze amministrative tenga conto delle capacità e caratteristiche strutturali dell’ente, ed anche della realtà demografica e territoriale del luogo. Il quarto comma sancisce il principio di sussidiarietà orizzontale , in base al quale gli enti territoriali devono agire preferenzialmente tramite il coinvolgimento nell'azione amministrativa dei singoli interessati e dei gruppi sociali; e inoltre, possono intervenire solo laddove l'iniziativa privata economica e sociale non sia capace di raggiungere gli obiettivi prefissati ovvero li raggiunga a prezzo di diseconomie e inefficienze. Pluralismo della pa: l’organizzazione amministrativa italiana si presenta estremamente complessa. Difatti, accanto allo stato, che costituisce il primo degli enti publici, operano altri soggetti dotati di capacità giuridica di diritto pubblico e volti al perseguimento di finalità di pubblico interesse. In sostanza l’organizzazione amministrativa italiana è multi-organizzativa, perché vi sono modelli diversi e differenziati (ministeri, enti pubblici, autorità indipendenti etc), che costituiscono la tangibile manifestazione del principio c.d. pluralistico. STATO: viene qui in rilievo il concetto di stato-amministrazione, cioè stato che opera non solo come soggetto di diritto ma come ente pubblico (es. lo stato che è proprietario di beni art. 42 cost., che è civilmente responsabile dell’operato dei dipendenti art. 28 cost). In tale veste costituisce il più importante soggetto attivo dell’ordinamento ma che opera, come gli altri soggetti, inter partes ed è soggetto alla legge. In realtà esso è dotato di un particolare potere di supremazia perché è sovrano: sovraordinato a tutti i soggetti; inoltre, le sue caratteristiche sono che opera come ente politico perché persegue fini di interesse generale; ad appartenenza necessaria perché tutti i cittadini vi fanno parte necessariamente e la sua esistenza è indispensabile per perseguire pubblici interessi. Lo stato appare come un’organizzazione composta da una molteplicità di strutture tra loro differenziate, deputate allo svolgimento di specifiche funzioni. In particolare, per quanto riguarda le funzioni amministrative possiamo distinguere: - amministrazione attiva: comprende tutte le attività con cui la P.A. agisce per realizzare i propri fini; vi rientrano sia le attività deliberative che esecutive; -amministrazione di controllo: volta alla verifica di legittimità e talvolta di merito degli atti adottati dagli organi attivi; -amministrazione consultiva: comprende le attività dirette a fornire, sotto forma di pareri, consigli, direttive, orientamenti e chiarimenti alle autorità che devono provvedere su un determinato oggetto. ENTI PUBBLICI: (o persone giuridiche pubbliche) soggetti, diversi dallo stato, che esecitano funzioni amministrative e costituiscono nel loro complesso la p.a. Sono, quindi, titolari di poteri amministrativi e svolgono attività di rilevanza collettiva. Criteri per definire pubblico un ente (criteri di pubblicità) L.70/1975 Legge sul Parastato: ‘’nessun nuovo ente pubblico può essere costituito o riconosciuto se non per legge’’ (art.4). Da tale disposizione ne discende che sono pubblici quegli enti la cui legge istitutiva risconosce espressamente tale natura (c.d. criterio nominalistico) e quindi anche che nessun ente può autodefinirsi pubblico. Seconda la dottrina tale disposizione non esclude un riconoscimento legislativo implicito. In particolare la qualificazione si considera implicita quando nella legge istitutiva si rinvengono elementi che presuppongono la pubblicità dell’ente es.ente finanziato e diretto da un potere pubblico. La giurisprudenza in materia ha evidenziato che l’individuazione dell’ente pubblico deve avvenire in base a criteri non statici bensì ‘’dinamici’’ e ‘’funzionali’’. Ciò comporta che il criterio da utilizzare per tracciare il perimetro del concetto di ente pubblico muta a seconda dell’istituto o del regime normativo che va applicato, essendosi l’ordinamento ormai orientato verso una nozione funzionale di ente pubblico (cfr. C.d.S., sez. VI, n. 3043/2016). In merito agli enti pubblici, deve essere segnalata l’attuale tendenza al riordino e razionalizzazione degli stessi, mediante soppressione e accorpamento dei medesimi nell’ottica di una progressiva opera di ridimensionamento della pesante macchina burocratica. Distinzioni: -enti autarchici ed enti pubblici economici: -Enti autarchici: agiscono in regime di diritto amministrativo e fanno parte della p.a. Le caratteristiche del regime giuridico sono: autarchia, cioè capacità di curare i propri interessi attraverso un’attività avente le stesse caratteristiche di quella posta in essere dallo stato, autotutela, cioè di risolvere da sé i conflitti che sorgono dai propri provvedimenti o pretese (autotutela decisoria: cioè emanazione di decisioni amministrative che incidono su atti precedenti o su rapporti dell’amministrazione; autotutela esecutiva: consiste nell’attività diretta alla attuazione di decisioni già emanate dalla p.a.), autonomia, libertà di determinazione di cui gode l’ente e indipendenza nell’esercizio di alcune sue attività (può essere politica o giuridica), autogoverno, facoltà dell’ente di amministrarsi per mezzo di governanti, scelti dagli stessi governati. -Enti pubblici economici: (rinvio) sono quelli che operano nel campo della produzione e dello scambio di beni o servizi, che svolgono attività prevalantemente o esclusivamente economiche, operando in veste imprensitoriale. –corporazioni: sono persone giuridiche in cui prevale l’elemento personale, trattandosi di associazioni di più persone, mentre nelle istituzioni prevale l’elemento patrimoniale es.istituti previdenziali –enti territoriali: quelli in cui il territorio è uno degli elementi costitutivi, come tale essenziale per l’esistenza dell’ente (es.lo stato, province, regioni, comuni, aree metropolitane, comunità montane) e non territoriali: sono tutti gli altri e sono denominati anche istituzionali. –enti locali: quelli in cui il territorio delimita la sfera d’azione e la rilevanza, meramente locale, dei fini e degli interessi perseguiti dall’ente e nazionali: sono tutti gli altri, compresi quelli destinati ad operare su un ambito territoriale limitato, ma per perseguire un interesse nazionale. –enti necessari: indispensabili per l’organizzazione ammnistrativa del nostro ordinamento es. enti territoriali –enti ad appartenenza necessaria e ad appartenenza facoltativa: ai primi vi si appartiene per il solo fatto di risiedere sul loro terrirorio es. enti territoriali). –enti strumentali: perseguono fini indifferibili ed, inoltre, la nullità degli atti compiuti dopo i quarantacinque giorni e gli atti straordinari compiuti. Tale disciplina non si applica alle regioni, province, comuni e gli altri organi con rilevanza costituzionale. Le relazioni interorganiche: salvo eccezioni, gli organi non sono dotati di personalità giuridica, in ciò consistendo il principale elemento di discrimine dall’ente. Essi, perciò, si qualificano come strutture organizzatorie dell’ente, alle quali, peraltro, comunque si riconosce una certa soggettività giuridica interna alla organizzazione di questo. Per quanto attiene ai rapporti tra gli organi (rapporti interorganici), le relazioni esterne tra essi sono giuridicamente rilevanti per l’ordinamento e possono consistere in rapporti di -gerarchia: rapporto esterno intercorrente tra organi individuali di grado diverso all’interno, in genere, di uno stesso ramo di amministrazione e si concretizza in una relazione di sovraordinazione- subordinazione; -direzione, che si ha quando l’organo sovraordinato non impartisce ordini puntuali ma direttive, indicando gli obiettivi da raggiungere e lasciando libertà di azione all’organo sottostante circa le modalità di perseguimento degli stessi. Il modello di gerarchia sta progressivamente lasciando il passo al modello di direzione, caratterizzato dal fatto che il sovraordinato ha poteri più blandi, di mera direttiva, propulsione e controllo. - coordinamento: si estrinseca nel potere riconosciuto all’organo coordinatore di impartire le disposizioni idonee per realizzare un disegno unitario, coordinando e armonizzano l’attività di un altro organo e vigilando sulla loro osservanza. A differenza della gerarchia e direzione, in questo caso si tratta di organi equiordinati che non hanno rapporti di sovra e subordinazione, di solito appartenenti allo stesso ramo amministrativo con competenze diverse ma finalizzate ad un obiettivo comune. -controllo: un organo controlla e può sindacare l’operato di un altro per prevenire interessi su cui è chiamato a vigilare. Competenza: complesso di poteri e funzioni attribuite ad un organo e che lo stesso per legge può esercitare. Il principio di competenza trova consacrazione nell’art. 97 cost. il quale, fa comprendere che la competenza deve essere sempre predeterminata dalla legge e che il so fondamento deve essere rinvenuto nel principio di buona amministrazione, in quanto mira a realizzare criteri di efficienza e di specializzazione nel campo dell’attività amministrativa. La competenza si distingue in interna, quale insieme di compiti svolti dagli organi al loro interno, e in esterna, che comprende i poteri che l’organo esercita verso i terzi. Solo quest’ultima essa deve essere intesa come competenza in senso tecnico e solo essa necessita di essere predeterminata dalla legge. Distinguiamo la: -competenza per materia: indica la ripartizione delle attribuzioni in base ai singoli compiti. Comporta la formazione di vari settori all’interno della p.a., ciascuno caratterizzato da un compito particolare (es. ripartizione dei compiti tra i vari ministeri). -competenza per territorio: ripartizione delle attribuzioni di organi in base all’ambito territoriale in cui opera un organo. Presuppone identità di competenza per materia. -competenza per grado: in base alle attribuzioni per grado si forma una piramide che ha un vertice formato da un organo superiore, cioè colui che ha le funzioni più importanti (di direzione e di coordinamento) e ha una base composta da organi inferiori con funzioni di esecuzione. Presuppone identità di competenza per materia e territorio. -competenza per valore: è considerata come una specie della competenza per materia ed è data dall’entità economica dell’oggetto. Trasferimento dell’esercizio della competenza: la competenza amministrativa è retta dal Principio di inderogabilità, secondo cui le sfere di competenza sono rimesse al legislatore (art 97 cost). Tuttavia, sebbene non sia possibile il trasferimento della competenza, è possibile il trasferimento del suo esercizio, nei casi previsti dalla legge, per mezzo di atti amministrativi. Gli istituti che permettono tale spostamento sono: -l’avocazione: da parte dell’organo gerarchicamente superiore, dell’affare per cui è competente quello inferiore, qualora non si tratti di competenza esclusiva di quest’ultimo. –delegazione o delega del potere: quando viene trasferito l’esercizio del potere dall’organo o soggetto titolare ad un altro. È possibile solo nei casi previsti dalla legge poiché comporta una deroga alla competenza coperta da riserva di legge e deve essere rilasciata per iscritto. La delega è interorganica se avviene tra organi della stessa struttura amministrativa, altrimenti è intersoggettiva se avviene tra soggetti diversi. -sostituzione: l’organo gerarchicamente superiore si sostituisce a quello inferiore nel caso di inerzia di quest’ultimo nel compimento di un atto vincolato. È necessario non solo che sia previsto dalla legge ma anche che sia stata effettuata una formale diffida ad adempiere da parte del superiore, rimasta disattesa. L’organo superiore si sostituisce oppure nomina un ‘’commissario ad acta’’ per provvedervi. L’acompetenza: si verifica invece quando l’attività amministrativa viene posta in essere da un soggetto che non riveste la qualifica di organo di un ente pubblico, o perché non investito o investito con atto nullo o perché decaduto. Munus: si parla di Esercizio privato di pubbliche funzioni: si ha quando l’attività amministrativa è esercitata in nome proprio da soggetti privati estranei all’amministrazione, i quali sono titolari tuttavia di poteri per realizzare fini pubblici. Non rappresenta tuttavia una terza specie di amministrazione poiché si tratta di un mezzo di cui si avvalgono o lo stato o gli enti pubblici per realizzare fini di interesse generale. I presupposti essenziali dell'esercizio privato delle pubbliche funzioni sono: -la natura privata del soggetto che le esercita; -la titolarità di una determinata frazione di potestà pubbliche, al ricorrere di taluni presupposti; -la previsione di legge che stabilisca presupposti e limiti della potestà attribuita; -la sussistenza di poteri di controllo in capo all'amministrazione. Le funzioni assegnate possono essere di diversa natura. Per quanto attiene al regime giuridico, gli atti compiuti da essi non sono atti amministrativi e sono quindi sottratti alle regole di questi ultimi, sebbene siano soggetti all’impugnativa difronte al g.a. Pertanto, dei danni prodotti a terzi nell’esercizio della funzione risponde solo il privato; STATI ED ENTI TERRITORIALI Lo stato, quale ente pubblico di grandi dimensioni, può essere organizzato secondo due diverse formule, accentramento o decentramento. Mentre il primo modello di organizzazione dello stato comporta l’attribuzione dei poteri decisionali solo agli uffici e organi centrali, il secondo, che costituisce l’attuale modello dell’amministrazione italiana, comporta l’attribuzione di tali poteri anche agli uffici e organi periferici. In particolare il decentramento è enunciato dall’art. 5 cost. ‘’la repubblica riconosce e promuove le autonomie locali e attua nei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo’’ e si articola, nelle sue concrete implicazioni, nelle disposizioni del titolo V della costituzione. Il decentramento, che costituisce un importante criterio guida della legislazione, può essere: -burocratico (o organico): trasferimento di alcuni compiti dagli organi centrali dello stato agli organi periferici –funzionale (o per servizi): attribuzione di funzioni a strutture inglobate nell’ente di riferimento, lo stato in particolare, ma dotate di una certa autonomia.–autarchico: conferimento di compiti ad enti diversi dallo stato ma dotati di autarchia, cioè capaci di porre in essere atti amministrativi con la stessa natura ed efficacia di quelli statali (secondo alcuni vi rientra il decentramento autarchico territoriale, cioè il trasferimento dei compiti dallo stato agli enti territoriali). L’organizzazione amministrativa STATALE è strutturata in: A)organizzazione diretta: la struttura operativa appartiene direttamente allo stato. Si distingue in: –centrale ordinaria (es.ministeri) –centrale speciale: realizzano il decentramento funzionale (es.le aziende autonome). –locale o periferica: attraverso cui si realizza il decentramento burocratico (es. prefetto). B) organizzazione indiretta: la struttura operativa è costituita da enti diversi dallo stato che operano il decentramento autarchico. -enti pubblici istituzionali: perseguono gli scopi propri dello stato ma sono distinti da esso e hanno autonomia. –enti territoriali: svolgono determinate funzioni nell’interesse di una comunità stanziata in una parte del territorio es. regione, provincia. ORGANIZZAZIONE DIRETTA: Struttura centrale ordinaria: Il governo: organo costituzionale, che partecipa alla funzione di direzione politica dello Stato ed esprime la volontà della maggioranza parlamentare che lo sostiene con la fiducia. I suoi organi necessari (art. 92 cost.) sono: -Presidente del Consiglio. La presidenza del consiglio dei ministri è la struttura amministrativa che assiste il presidente nell’esercizio delle sue funzioni. -Ministeri: costituiscono la ripartizione fondamentale dell’amministrazione centrale italiana. nomina: sono nominati dal presidente della repubblica, su proposta del presidente del consiglio (art 92). funzioni: sono competenti per un ramo dell’attività amministrativa e per determinate materie e sono [Ministero degli affari esteri e cooperazione internazionale (rappresenta l’italia all’estero e nei rapporti con gli altri stati); dell’Interno (ordine e sicurezza pubblica, cittadinanza e immigrazione, costituzione e funzionamento degli enti locali); Giustizia (attività giudiziaria, vigilanza sugli ordini professionali); Difesa (difesa e sicurezza militare); Economie e finanze (politica economica, finanziaria e di bilancio); Sviluppo economico (politiche e strategie per lo sviluppo del sistema produttivo, industriale e commerciale); Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo; Ambiente e tutela del mare e del territorio; Infrastrutture e trasporti; Lavoro e politiche sociali (sviluppo dell’occupazione, tutela del lavoro, politiche sociali e previdenziali); Salute (sistema sanitario); Istruzione, università e ricerca; Beni e attività culturali]. Ministri senza portafoglio: cioè che non sovraintendono un ministero per cui non hanno compiti amministrativi e responsabilità ma hanno comunque delle funzioni politiche es. ministro per la famiglia e disabilità. Per quanto attiene all’assetto organizzativo dei ministeri le strutture di primo livello possono essere o dipartimenti o direzioni generali. I dipartimenti hanno compiti strumentali e finali in relazioni a grandi materie omogenee e sono articolati in uffici dirigenziali generali; al di fuori dei dipartimenti vi possono essere solo uffici di gabinetto o uffici di staff con funzioni di assistenza; nei ministeri non articolati in dipartimenti, le strutture di primo livello sono rappresentate dalle direzioni generali, le quali possono far capo ad un Segretario generale, cioè un organo di vertice burocratico posto sotto le dipendenze dirette del ministro e che ha la funzione di collegamento fra il ministro e la struttura amministrativa sottostante. -Consiglio dei ministri: organo collegiale che riunisce i ministri. Organi consultivi: Consiglio di stato, Avvocatura dello Stato, CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), Corte dei conti. Struttura centrale speciale: Agenzie pubbliche: entità incardinata nell’amministrazione statale, controllata e indirizzata nell’attività dai ministeri competenti, che formalizzano gli indirizzi e gli obiettivi in apposite ‘’convenzioni’’ stipulate con i direttori generali dell’agenzia. Svolgono attività di carattere tecnico con funzione ausiliaria del governo, sono il braccio operativo dei ministeri. es. agenzia delle entrate; del demanio, delle dogane e dei monopoli; Di norma sono dotate di personalità giuridica, oltre che di autonomia organizzativa e gestionale ed agiscono in proprio, anche se a volte agiscono come organi dell’amministrazione statale. Aziende autonome: (o amministrazione dello stato ad ordinamento autonomo) sono organismi atipici che, pur dotati di una propria e distinta autonomia amministrativa, finanziaria e contabile (es. hanno bilancio separato rispetto a quello dello stato ma allegato ad esso), sono incardinate nell’amministrazione statale e soggette al controllo politico del parlamento, gerarchico del ministro competente e anche successivo da parte della corte dei conti. Di norma privi di personalità giuridica e quindi non titolari di patrimonio autonomo. Molte hanno subito un processo di privatizzazione per eliminarne la proprietà pubblica, di norma trasformate in s.p.a. (es. poste italiane s.p.a.). Struttura periferica statale: come abbiamo detto, lo stato per lo svolgimento dei propri compiti si avvale di uffici amministrativi distribuiti sul territorio nazionale e che ne rappresentano dislocazioni periferiche. Tali enti pubblici o uffici dell’amministrazione statale che hanno competenza territoriale limitata realizzano il decentramento burocratico. A livello provincialePrefetto e prefetture: organo burocratico, posto sotto la dipendenza del ministro dell’interno e tenuto ad uniformarsi alle direttive governative. Nominato: con d.p.r., su proposta del ministro dell’interno, previa deliberazione del consiglio dei ministri (può essere rimosso se non gode della fiducia del gabinetto, coè l’ufficio del personale sottoposto al prefetto e quindi di supporto del prefetto). Funzioni: in forza del d.p.r. 180/2006 è il rappresentante del potere esecutivo (del governo) in ogni provincia e di garanzia istituzionale a tutela dell’ordinamento giuridico. In forza della sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti (50 tuel). Il sindaco è anche ufficiale di governo (vd. prima). La provincia: ente intermedio tra comune e regione, che ha il compito di rappresentare la propria comunità, curarne gli interesi, promuoverne o coordinarne lo sviluppo (art.3 tu). Sono definire enti di vasta area perché sovraintendendono vaste aree e svolgono funzioni fondamentali quali la pianificazione territoriale, la valorizzazione dell’ambiente, la pianificazione dei servizi di trasporto. È stata oggetto di riorganizzazione dalla recente legge delrio, da cui sono escluse le province autonome di trento e bolzano e la regione valle d’aosta. Tale legge prevede specificità per alcune province, come quelle confinanti con stati esteri o con territorio completamente montano, e dispone inoltre che le regioni riconoscano alle province particolari forme di autonomia nelle materie oggetto di legislazione concorrente o residuale. Gli organi attuali sono: il consiglio provinciale: organo di indirizzo e controllo politico amministrativo, dura circa due anni; è composto dai consiglieri provinciali, che sono eletti dai sindaci e dai consiglieri regionali dei comuni della provincia, e ne fa parte anche il presidente della provincia.; l’assemblea dei sindaci: ha poteri propositivi, consultivi e di controllo. adotta lo statuto e lo modifica; è composta dai sindaci dei comuni della provincia; il presidente della provincia: rappresenta l’ente, convoca e presiede sia il consiglio che l’assemblea; è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia e dura in carica 4 anni. [il segretario comunale o provinciale: è un funzionario pubblico, dipendente dal ministero dell’interno, con compiti di consulenza giuridico/amministrativa verso l’ente locale per quanto concerne in particolare la conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti; assiste e cura la verbalizzazione delle sedute di giunte e consigli, sovrintende alle funzioni di dirigenti e ne coordina l’attività. È quindi legato da un rapporto di servizio con l’ente locale, che sorge con la nomina da parte del vertice dell’ente ma allo stesso tempo da un rapporto organico con il ministero dell’interno, che gestisce direttamente l’albo nazionale dei segretari. È una figura a metà strada tra la dimensione statale e quella locale. N.B. La normativa in materia di anticorruzione (l.190/2012) attribuisce al segretario il ruolo di Responsabile anticorruzione e trasparenza negli enti locali]. Città metropolitana: anche se previste dalla costituzione, sono state effettivamente introdotte con la legge delrio e sono: torino, milano, venezia, genova, bologna, firenze, napoli, bari e reggio calabria, oltre cagliari, messina, catania e palermo. Ha le medesime funzioni della provincia e altre funzioni fondamentali, tra cui l’adozione del piano strategico triennale del territorio metropolitano, la strutturazione di sistemi coordinati per la gestione dei servizi pubblici, la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale. Gli organi sono: sindaco metropolitano, consiglio metropolitano, conferenza metropolitana. Roma capitale: l’art 114, riformulato nel 2001, afferma che Roma è la capitale della repubblica e che la legge dello stato ne disciplina il suo ordinamento. La legge sul federalismo fiscale (L.42/2009) la definisce ente territoriale, i cui confini sono attualmente quelli del Comune di roma, dotato di una speciale autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria. Gli organi sono l’assemblea capitolina, con funzioni di indirizzo e controllo politico (formato dal sindaco e 48 consiglieri); il sindaco che è responsabile dell’amministrazione di roma; la giunta che ha funzioni esecutive. Il d.lgs 156/2010 sull’ordinamento di roma capitale contiene la disciplina dei suoi organi di governo. Le forme associative degli enti locali: -Unione dei Comuni: ente locale formato da due o più comuni per l’esercizio associato di alcune funzioni; ha potestà regolamentaria e statutaria, ha un proprio sistema di governo. Tra le unioni di comuni vi sono le Comunità montane e comunità isolane o dell’arcipelago. Vi sono poi altri modelli di associazionismo: -convenzioni: accordi organizzativi cui accedono gli enti locali al fine di coordinare l’esercizio di alcune funzioni, senza formare nuove strutture organizzative; in alcuni casi il ricorso ad esse è imposto dalla legge. –consorzi: strumenti di cooperazione dotati di personalità giuridica per svolgere attività in forma associata –accordi di programma: strumento di coordinamento per realizzare un opera o un servizio. Controllo sugli enti pubblici territoriali: art 126 cost.: -scioglimento del consiglio regionale e la rimozione del presidente della giunta -sfiducia del presidente della giunta -le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. T.u.: -scioglimento del consiglio comunale o provinciale: viene adottato con d.p.r. su proposta del ministro dell’interno, e con esso si provvede alla nomina di un commissario. Avviene ex art 141 tuel in caso di atti contrari alla costituzione, violazioni gravi di legge, gravi motivi di ordine pubblico, mancato funzionamento degli organi (dimissioni, morte, impedimetno permanente, rimozione del sindaco o presidente della provincia o dimissioni contestuali della metà + 1 dei membri assegnati, non computando a tal fine sindaco e presidente della provincia); mancata approvazione del bilancio nei termini di legge; mancata adozione degli strumenti urbanistici generali entro 18 mesi dalla data di elezione degli organi etc. -sospensione del consiglio comunale o provinciale: il prefetto con proprio decreto può sospendere con proprio decreto il consiglio comunale o provinciale quando viene attivata la procedura di scioglimento e per motivi di grave ed urgente necessità. Rimozione: del presidente della provincia, sindaco, presidente dei consorzi, i componenti dei consigli, delle giunte possono essere rimossi dal ministro dell’interno con decreto. Rapporti tra i diversi livelli di governo: l’accresciuta importanza delle regioni, in seguito alla riforma costituzionale del 2001, ha comportato l’esigenza di creare forme di collaborazione e coordinamento tra enti. Le sedi di concertazione in cui stato ed autonomie territoriali si incontrano per definire le linee politico amministrative e le scelte comuni sono le conferenze permanenti che hanno la funzione di perseguire un coordinamento tra i diversi livelli di governo (c.d. regionalismo cooperativo): le conferenze: -conferenza stato/regioni: presieduta dal presidente del consiglio e composta dai presidenti delle regioni, delle provincie autonome di trento e bolzano, dai ministri interessati; promuovono e sanciscono intese e accordi. –conferenza stato/città ed autonomie locali: è istitutita presso la presidenza del consiglio e ha compiti di coordinamento, studio, informazione e confronto sulle problematiche connesse agli indirizzi di politica generale –conferenza unificata: si occupa delle materie e di compiti di interesse comune delle regioni, provincie e comuni ed è composta dai membri di entrambe le conferenze permanenti anzidette. -la commissione parlamentare per le questioni regionali: prevista dall’art. 126. AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI Enti o organi pubblici, dotati di indipendenza dal governo poiché infatti caratterizzati da autonomia organizzatoria, finanziaria e contabile e dalla mancanza di controlli e soggezione al potere di direttiva dell’esecutivo; esercitano funzione di regolazione di determinati settori al fine di tutelare interessi costituzionali in campi socialmente rilevanti. le autorità indipendenti sono quindi organi statali che, in condizioni di autonomia rispetto agli altri enti pubblici, svolgono un ruolo di garanzia di alcuni diritti fondamentali ovvero di regolazione di settori legati alle libertà economiche. Manca una nozione nell’ordinamento e non sono contemplate in costituzione ma è indubbio che la locuzione ‘autorità’ celi un modello di amministrazione anomalo. Il consiglio di stato nel parere n. 872/2011 le ha definite ‘’organizzazioni titolari di poteri pubblici che si caratterizzano per un notevole grado di indipendenza dal potere politico, esercitando funzioni neutrali nell’ordinamento giuridico mediante l’utilizzazione di elevate competenze tecniche. In sostanza hanno funzione di regolamentazione di determinati settori della vita economica mediante attribuzione di poteri normativi, amministrativi e giustiziali. Esperienza tecnica e neutralità pongono i settori economici regolati al riparo da condizionamenti politici’’. Caratteristiche: indipendenza dall’esecutivo: la funzione di regolazione del mercato richiede una libertà di azione dal potere politico. Regole a tutela dell’indipendenza disposte dal legislatore: -autonomia: può essere organizzatoria, cioè facoltà di darsi regole per il funzionamento degli organi; d’organico, cioè di articolare le piante organiche dei dipendenti; finanziaria, come possibilità di disporre di entrate proprie; contabile, come possibilità di dettare regole per la gestione del bilancio; -la nomina dei titolari degli organi di vertice: al fine di garantire autonomia decisionale, il legislatore ha stabilito precisi criteri e rigide regole che limitano la discrezionalità del governo nella nomina o ha attribuito tale competenza ad altri organi costituzionali diversi dall’esecutivo; -requisiti soggettivi dei componenti: possono essere scelti solo tra persone che hanno determinate qualifiche, come l’elevata competenza tecnica nel settore, che costituisce garanzia per una azione regolatoria libera da condizionamenti; ed inoltre sono previste ipotesi di ineleggibilità e incompatibilità per tutta la durata della carica; Per quanto attiene ai compiti, le autorità indipendenti hanno funzione di tutela di settori sensibili, coinvolgenti interessi di rilevanza costituzionale: per svolgere tale funzione, la legge gli attribuisce poteri regolamentari, che costituisce l’aspetto più significativo dell’indipendenza delle autorità e consiste nel potere di determinare le modalità con cui espletare l’attività di regolazione e di controllo; poteri ispettivi e di indagine, che consistono nel potere di chiedere notizie ed informazioni, di convocare persone, di esaminare atti e documenti; poteri di sollecitazione; talvolta poteri sanzionatori; poteri decisori: consiste nella facoltà di decidere su controversie rientranti nella sua competenza. Nel nostro ordinamento sono numerose: Banca d’italia: compiti di regolazione e vigilanza sugli enti creditizi e sugli intermediari finanziari; CONSOB: compiti di vigilanza sugli intermediari finanziari, mercati e emittenti quotati; autorità garante della concorrenza e del mercato (antitrust): garanzia della libera concorrenza del mercato; autorità di regolazione per energia, rete e ambiente (ARERA); garante per la protezione dei dati personali (garante privacy): è una autorità di controllo indipendente compiti di vigilanza sul trattamento dei dati personali; autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC): istituita nel 2013 in sostituzione della CIVIT. EPE, ENTI PUBBLICI IN FORMA SOCIETARIA, FIGURE UE Talvolta l’amministrazione opera direttamente sul mercato, svolgendo attività di impresa ex 2082 c.c., mediante la produzione e lo scambio di beni o servizi. Si tratta del c.d. stato imprenditore e ciò è possibile mediante la figura dell’ente pubblico economico, la partecipazione pubblica in società di diritto privato (c.d. holdings pubbliche) che costituisce la tipologia più frequente, le c.d. società anomale o di diritto speciale partecipate dalla mano pubblica, associazioni o fonazioni ed infine figure di matrice europeistica es.organismo di diritto pubblico. Processo di privatizzazione: processo iniziato negli anni ‘90 che ha coinvolto numerosi enti, finalizzato al passaggio dallo stato imprenditore ed interventista, che realizza un intervento diretto nell’economia, ad uno stato regolatore, che svolge solo una funzione di arbitro e di regolazione. Fasi comuni al processo: prima fase (fase fredda o privatizzazione formale) diretta a mutare la forma giuridica dell’ente pubblico in società per azioni; seconda fase (fase calda o privatizzazione sostanziale) diretta alla dismissione delle partecipazioni pubbliche. Il processo ha avuto inizio con la l.35/1992 che ha disposto che gli enti pubblici possano trasformarsi in s.p.a., è proseguito con la l.359/1992 che ha disposto la trasformazione di IRI, ENI, ENEL, INA in s.p.a., e con la successiva l.481/1995 che ha istituito le authorities per i servizi di pubblica utilità, ponendo le premesse per la concorrenza nei grandi monopoli pubblici. a)Enti pubblici economici (E.P.E.): enti pubblici, quindi costituiti dallo stato o altro ente pubblico (carattere pubblico), che svolgono però attività economica, di produzione o scambio di beni o servizi (operano in veste di imprenditore, con strumenti di diritto privato). Perciò gli atti relativi alla costituzione, organizzazione e i rapporti con la pubblica autorità hanno carattere pubblicistico, mentre le attività propriamente imprenditoriali sono regolate dal diritto civile. Gli scopi che inducono lo stato a crearle sono: operare interventi promozionali per assicurare servizi pubblici essenziali non adeguatamete coperti da imprese private, evitare che si formino monopoli di fatto, operare interventi economici di controllo (es. calmierare il prezzo di una merce, vendendola ad un costo inferiore a quello dei prodotti analoghi prodotti da privati). Per quanto attiene al regime giuridico: devono essere iscritte nel registro delle imprese, i contratti che stipulano con l’utenza sono regolati dal c.c., operano in regime di concorrenza con gli altri imprenditori privati ma non sono assoggettabili al fallimento. quella di servizio pubblico locale. a livello dell’unione europea: il legislatore europeo non si è interessato in modo specifico della problematica dei servizi pubblici, occupandosi degli stessi solo in relazione ad altri fini, primo fra tutti quello della tutela di un mercato concorrenziale. L’art 106 tfue in particolare ha stabilito che le imprese incaricate alla gestione dei servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati e alle regole di concorrenza (ratio: porre sullo stesso piano imprese pubbliche e private, evitando che la prima possa godere di trattamenti di favore); tuttavia, tale applicazione delle norme sulla concorrenza avviene nei limiti in cui non osti all’adempimento della specifica missione loro affidata. La costituzione: La costituzione quindi pone limiti all’attività economica sia pubblica che privata, al fine di perseguire i principi dello stato sociale (art.41) e prevede che in presenza di un preminente interesse generale è possibile arrivare ad una totale soppressione dell’iniziativa privata (art.43). Per molto tempo si è cercato di elaborare una disciplina unitaria dei servizi pubblici locali di interesse economico generale, tuttavia il Testo unico che doveva essere emanato è rimasto a livello di schema (la c.c. nel 2015 ha dichiarato incostituzionale molti articoli della legge di delega al governo). Profili giurisdizionali: art 133 c.p.a. devolve alla giurisdizione esclusiva del g.a. le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi (escluse alcune materie), o provedimenti adottati dalla p.a. o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, o relative all’affidamento di un pubblico servizio ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore. Gestione in house (letteralmente ‘’gestione in proprio’’): indica l’ipotesi dell’affidamento diretto dei servizi pubblici locali, cioè quando la p.a. si avvale di soggetti sottoposti al suo controllo (quindi suoi organismi) per reperire determinati beni o servizi o erogare prestazioni di pubblico servizio alla collettività, anziché indire una procedura di evidenza pubblica. L’origine di tale fenomeno è da ascriversi alla giurisprudenza della corte di giustizia dell’ue che a più riprese ha delineato i criteri in base ai quali può considerarsi legittimo l’affidamento diretto di servizi pubblici in deroga al generale principo di concorrenza. In particolare è con la sentenza Teckal del 1999 causa c.107/98 che la corte delinea i contorni dell’istituto. Nel nostro ordinamento la disciplina si riviene nel codice dei contratti pubblici e tusp. Il codice dei contratti: l’art. 5 individua i requisiti per configurare come in house una società e dispone per esse la sottrazione dall’applicazione delle norme codicistiche. Requisiti: -requisito del controllo analogo: è necessario che sussista una relazione di subordinazione gerarchica tra controllante e controllato, tale da non lasciare alcun potere decisionale autonomo in capo al secondo. L’amministrazione aggiudicatrice (o l’ente aggiudicatore) in sostanza esercita sull’affidatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, controllo analogo che si realizza se l’amministrazione aggiudicatrice esercita un’influenza dominante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni della società controllata. –requisito dell’attività prevalente: l’attività dell’affidatario è effettuata prevalentemente nello svolgimento dei compiti affidati all’amministrazione controllante, ovvero quando l’affidatario realizzi la parte più consistente della propria attività in favore dell’ente controllante. È necessario in particolare che almeno l’80% dell’attività sia in esecuzione dei compiti dell’amministrazione aggiudicatrice. I criteri sostanzialistici rilevanti sono il fatturato totale medio o altra misura idonea. –divieto di partecipazione diretta di capitali privati: nella società non vi sia partecipazione diretta di capitali privati. L’art. 16 prevede infatti che le società in house possono ricevere affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse controllo analogo solo se non vi sia la partecipazione di capitali privati, ad eccezione della partecipazione prescritta da norme di legge o che avvenga con forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata. È stata però introdotta la possibilità di affidamento in house nel caso di società mista se vi sono determinati presupposti. RISORSE DELLA P.A.: 1)umane: IL RAPPORTO DI PUBLICO IMPIEGO Le p.a. hanno bisogno di risorse umane, ossia dipendenti, e risorse materiali, cioè il complesso di beni pubblici. Il rapporto di lavoro alle dipendenze di una p.a. è denominato pubblico impiego, ed è quello per cui una persona fisica pone, volontariamente e dietro corrispettivo, la propria attività lavorativa, in modo continuativo, alle dipendenze di una amministrazione pubblica, assumendo uno specifico status con particolari diritti e doveri. Quindi è un rapporto: volontario perché è richiesta la volontà della pa e del dipendente per costituire e continuare il rapporto; personale perché è un rapporto intuitu personae; bilaterale o sinallagmatio perché vi sono diritti e doveri reciproci (prestazione lavorativa/retribuzione); di subordinazione la prestazione viene svolta da un soggetto subordinato all’amministrazione. Oggi è un rapporto di lavoro privatizzato, poiché il d.lgs.29/1993, oggi trasfuso nel d.lgs n.165/2001 (ovvero il c.d. testo unico sul pubblico impiego) ha fatto sì che non fosse più regolato dalla disciplina di diritto pubblico ma da quella di diritto privato. In particolare, l’art 2,2° prevede che il pubblico impiego è regolato dalle disposizioni del codice civile (Libro V, titolo II, capo, I) e dalla legge sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, salvo quanto disposto dal medesimo decreto legislativo. Il decreto, inoltre, all’art. 2,3° prevede che i rapporti individuali di lavoro dei dipendenti della p.a. siano regolati contrattualmente e quindi che il rapporto di pubblico impiego, salvo alcune eccezioni, sia assoggettato alla contrattazione collettiva e anche alla giurisdizione del giudice ordinario. L’art. 3 individua delle categorie di personale escluse dalla privatizzazione. Il testo unico ha consolidato il processo di privatizzazione, ponendo come finalità (art.1) la crescita di efficienza delle amministrazioni; la razionalizzazione del costo del lavoro pubblico al fine di contenere la spesa; la migliore utilizzazione delle risorse umane attraverso la cura della formazione e del loro sviluppo personale, garanzia di pari opportunità e assenza di discriminazione e di violenza. Ambito di applicazione: il testo si applica alle pubbliche amministrazioni individuate art.1,2°. Le riforme del pubblico impiego: -Riforma Brunetta L.15/2009 (d.lgs 150/2009): costitusce la terza riforma del pubblico impiego, incentrata sui principi di efficienza e trasparenza. Gli aspetti fondamentali della riforma sono: -il principio di trasparenza, intesa quale accessibilità alle informazioni sull’organizzazione e attività della p.a., e introduzione del concetto di ‘performance’ –la valorizzazione del merito e degli strumenti di premialità –procedura semplificata per le sanzioni disciplinari, con individuazione di un catalogo di infrazioni da cui consegue il licenziamento e il rafforzamento delle responsabilità dirigenziali. -manovre economiche per ridurre i costi del settore pubblico (legge del 2012 c.d. spending review) – normative volte ad assicurare legalità ed integrità nell’organizzazione degli apparati pubblici, come la legge anticorruzione 190/2012, il nuovo codice di comportamento dei pubblici dipendenti DPR 62/2013 –Riforma Madia L.114/2014: recanti misure urgenti per la semplificazione, trasparenza ed efficienza e i successivi d.lgs. 74 e 75 del 2017 hanno poi inciso notevolmente sia sul testo unico sia sulla riforma brunetta. –Riforma Bongiorno L. 56/2019 o legge concretezza: ha istituito il nucleo concretezza nel d.lgs. 165/2001, introducendo gli arti 60 bis-quinquies n.b.; ha introdotto misure di contrasto all’assenteismo e per favorire il ricambio generazionale. Fonti del pubblico impiego: dalla privatizzazione del lavoro pubblico è scaturito che tutti gli atti di organizzazione del pubblico impiego sono di diritto privato, ad eccezione degli atti di macroorganizzazione. Gli atti di macro organizzazione sono atti di alta organizzazione della p.a., cioè atti o provvedimenti che definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della loro titolarità. Tali atti mantengono connotazione pubblicistica; -atti di micro organizzazione: sono invece atti emanati dalla p.a. datore di lavoro che organizzano gli uffici e gestiscono i rapporti di lavoro e che sono soggetti al regime privatistico. Per quanto riguarda le fonti, l’equilibrio tra legge e contratto è mutato varie volte, da ultimo il d.lgs 75/2017 ha modificato il rapporto tra legge e contratto nazionale collettivo di lavoro come fonte del rapporto di lavoro pubblico. La riforma è un ripensamento di quanto era stato deciso col d.lgs 150/2009, che aveva ristretto di molto il potere negoziale pattizio, stabilendo che i contratti collettivi nazionali di lavoro potessero derogare alle leggi solo qualora queste lo consentissero espressamente. Con le modifiche apportate all’articolo 2, 2° del d.lgs 165/2001 si prevede, invece, la generale possibilità dei contratti collettivi nazionali di derogare alle norme di legge anche già vigenti, invertendo le previsioni della riforma Brunetta. Tuttavia, l’ampliamento della portata della fonte contrattuale nazionale collettiva è di portata molto inferiore alle apparenze. Infatti, l’articolo 2, 2° contiene tre potentissime limitazioni all’autonomia pattizia: 1) la qualificazione delle disposizioni contenute nel d.lgs 165/2001 come “disposizioni a carattere imperativo”, da cui deriva la nullità ex lege di ogni disposizione contrattuale che le vìoli; in sostanza, dunque, il potere di deroga conferito alla contrattazione nazionale collettiva riguarderà tutte le leggi sul lavoro pubblico diverse dal d.lgs 165/2001; 2) il potere di deroga si limita alle sole materie affidate alla contrattazione collettiva dall’articolo 40, 1° del d.lgs 165/2001, cioè disciplina del rapporto di lavoro e relazioni sindacali; 3) il potere di deroga comunque non può andare oltre i principi fissati dal d.lgs 165/2001. Contrattazione collettiva: abbiamo visto che i rapporti alle dipendenze della p.a. possono costituirsi, tranne eccezioni, solo con contratto di diritto privato, osservando quanto disposto dalla contrattazione collettiva. La contrattazione è il momento in cui i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro definiscono la disciplina e regolamentazione dei rapporti di lavoro. Per quanto riguarda la rappresentanza legale della p.a. è dell’ARAN (agenzia per la rappresentanza negoziale delle p.a.), mentre per lavoratori viene esercitata dalle organizzazioni sindacali che abbiano una rappresentatività nel comparto non inferiore al 5%. Per comparto si intende l’unita fondamentale della contrattazione collettiva nel pubblico impiego e oggi prevista solo per il personale non dirigenziale (i comparti attuali sono Funzioni centrali, Funzioni locali, Istruzione e ricerca, Sanità). La contrattazione collettiva nel pubblico impiego si articola in due livelli: I) contratti collettivi nazionali di comparto (CCNL): fatti a livello di singolo comparto e disciplinano il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali; le sue modalità di svolgimento sono dettate dal t.u. II) contratti integrativi: fatti a livello della singola amministrazione con il fine di assicurare dei livelli adeguati di efficienza e produttività dei servizi pubblici. Accesso ai pubblici uffici:l’art 97 cost. prevede che avvenga per concorso, savi i casi stabiliti dalla legge, quindi per esigenze di interesse pubblico. L’art.35 tu, in attuazione della costituzione, prevede che l’assunzione avvenga o tramite procedure selettive (concorsi) o tramite avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento (di norma quando non sono richieste altri requisiti oltre alla scuola dell’obbligo), fatte salve le assunzioni obbligatorie per i soggetti disabili l.68/1999; recentemente è stata istituita la consulta nazionale per l’integrazione delle persone disabili nell’ambiente di lavoro. Procedura di selezione: bando in gazzetta o nel bollettino ufficiale della regione, prove valutate da una commissione giudicatrice, graduatoria finale (che deve essere approvata dalla p.a. e che rimane in vigore per tre anni dalla data della pubblicazione), stipulazione del contratto di lavoro individuale con i candidati che l’abbiano superata, periodo di prova. Per quanto attiene al contratto stipulato, la regola generale (art. 36 tu) è che la p.a. assuma mediante contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; solo in casi eccezionali a tempo determinato, o con contratti di formazione e lavoro, contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, o con altre forme contrattuali flessibili previste dal codice e altre leggi ma solo nel caso di esigenze di carattere temporaneo o eccezionale e nel rispetto delle condizioni di reclutamento dell’art. 35. L’art. 36 prosegue al comma 5° statuendo che la violazione delle disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o impiego di lavoratori non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato e il valutare e individuare il suo rendimento. La performance organizzativa (di tutto l’ufficio) e individuale (del singolo dipendente) viene valutata tramite un apposito ciclo di gestione, partendo dagli obiettivi da raggiungere e attraverso una costante attività di monitoraggio al fine di ottimizzare la produttività del lavoro pubblico. Le amministrazioni devono redigere annualmente (e pubblicare sul proprio sito): -entro il 31 gennaio il Piano della performance (documento programmatico triennale, definito dall’organo di indirizzo politico/amministrativo e in collaborazione con i vertici p.a. e secondo gli indirizzi del dipartimento della funzione pubblica) che definisce gli obiettivi e gli indicatori di valutazione e misurazione della performance –entro il 30 giugno la Relazione sulla performance (approvata dall’organo di indirizzo politico/amministrativo e validata dagli OIL che sono organi indipendenti di valutazione di cui tutte le p.a. devono dotarsi) che evidenzia i risultati raggiunti rispetto agli obiettivi in relazione all’anno precedente. Estinzione del rapporto di pubblico impiego: regolato da 3 fonti: 1)la disciplina del ccnl prevede i casi di –licenziamento disciplinare –compimento del limite di età –dimissioni –decesso –superamento del periodo di comporto in caso di malattia; 2)la disciplina pubblicistica prevede casi di decadenza dall’impiego: –la perdita della cittadinanza italiana –accettazione di un altro incarico da un’autorità straniera senza autorizzazione del ministro competente –mancata cessazione di situazioni di incompatibilità. In caso di accertata inidoneità permanente la p.a. può risolvere il lavoro (art 55 octies). 3)disciplina privatistica: sono estensibili le norme del c.c. e di leggi speciali, quindi sul licenziamento. Controversie nel pubblico impiego: (art 63) con il processo di privatizzazione del pubblico impiego, ne è scaturita la devoluzione al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, delle controversie in materia di rapporto di lavoro alle dipendenze della p.a., ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro non privatizzati, e quelle in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti della p.a. che sono di competenza del g.a. (a quest’ultimo competono quindi le controversie relative alla fase antecedente alla costituzione del rapporto di lavoro, dal bando di concorso fino alla formazione della graduatoria. Con l’approvazione della graduatoria si esaursce l’ambito riservato al g.a.). Il g.o. può adottare tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi, di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati, nei confronti della p.a. Le sue sentenze con cui riconosce il diritto all’assunzione o accerta che essa è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedutali, hanno effetto costitutivo o estintivo del rapporto. Se annulla o dichiara nullo il licenziamento, dispone la reinterazione del lavoratore nel posto di lavoro e il pagamento di un’indennità risarcitoria, nonché l’obbligo per il datore di lavoro di pagare i contributi previdenziali e assistenziali anche per il periodo di licezamento. diritti e doveri dipendenti: il rapporto di pubblico impiego è un rapporto bilaterale, da cui scaturiscono diritti e doveri. 1) Doveri: di stampo pubblicistico: dovere di fedeltà alla repubblica (art 51 cost), di imparzialità e buon andamento (art 97 cost); di stampo privatistico doveri di diligenza, obbedienza e fedeltà nel rapporto di lavoro (art.2104-2105 cc). Le fonti dei doveri sono i codici di comportamento, sia quelli generali validi per tutte le p.a. che quelli adottati dalle singole p.a. contenenti integrazioni. Nel pubblico impiego si sono susseguiti tre codici di comportamento ‘’generali’’ (1994, 2000, 2013), l’ultimo è il D.P.R. 62/2013 che trova applicazione per tutti i dipendenti pubblici, dirigenti e non, le cui prescrizioni per altro costituiscono principi di comportamento anche per le categorie di personale sottratte alla privatizzazione ex dlgs 165/2001. Tra le novità introdotte vi è il divieto per il dipendente di chiedere, sollecitare, accettare per sé o altri regali o altre utilita, salve quelle di modico valore effettuate occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e consuetudini internazionali; inoltre, è previsto che il dipendente debba rispettare le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione (PTPC), prestare collaborazione al responsabile della prevenzione e segnalare al proprio superiore le situazioni di illecito amministrativo di cui sia a conoscenza. ‘’Whistleblowing’’: condotta di chi denuncia attività illecite o fraudolente all’interno di un’organizzazione pubblica o privata. È un istituto di origine angolassone, introdotto nell’ordinameto solo per i rapporti di pubblico impiego e poi esteso a tutti i settori. L’Art 54 bis t.u. pubblico impiego: il dipendente pubblico che segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o all’A.N.AC o denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottopposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione. L’adozione di tali misure va comunicata all’a.n.ac dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative; l’a.n.ac deve informare il dipartimento della funzione pubblica o gli organismi di garanzia o di disciplina per i provvedimenti di competenza. L’identità del segnalante non può essere rivelata (diritto all’anonimato) e la segnalazione è sottratta all’accesso ai documenti amministrativi ex.241/l990. La l.179/2017 ha riformulato l’articolo e ha esteso l’istituto al settore privato. Dovere di esclusività: ex art. 53 t.u. e valido anche per le categorie escluse dalla privatizzazione. Il pubblico impiegato non può svolgere attività commerciali, imprenditoriali, industriali, artigiane e professionali in costanza di rapporto di lavoro, se non in caso di impiego part time non superiore al 50 % orario ordinario. Può svolgere solo incarichi previamente conferiti o approvati dall’amministrazione di appartenenza o previsti o disciplinati dalla legge o altre fonti normative; senza autorizzazione non possono essere conferiti incarichi né da parte della p.a. né da enti pubblici economici e soggetti privati. 2) Diritti: -patrimoniali: diritto alla retribuzione: nel pubblico impiego si articola in un trattamento fondamentale (voci a carattere fisso e continuativo) e in un trattamento accessorio (emolumenti eventuali ed occasionali). Il d.lgs 74/2017, attuativo della riforma madia, ha introdotto un nuovo sistema di distribuzione delle risorse economiche destinate a remunerare la performance dei lavoratori pubblici; l’art.19 attualmente prevede che spetta al c.c.n., nell’ambito delle risorse destinate al trattamento economico accessorio collegato alla performance, stabilire la quota delle risorse destinate a remunerare la performance e a fissare i criteri idonei a garantire che alla significativa diversificazione dei giudizi corrisponda una effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati. –non patrimoniali: diritto all’ufficio, ossia il diritto alla permanenza nel rapporto di lavoro; diritto alla funzione, ossia il diritto allo svolgimento delle mansioni; diritto alla progressione; diritto al riposo; diritto alla riservatezza per cui alle p.a. è imposto il rispetto di particolari condizioni per il trattamento dei dati sensibili es.salute; diritto alle pari opportunità, diritto di accesso agli atti e documenti che riguardano la propria posizione lavorativa, diritti sidacali (art. 51 t.u. estende alle p.a. lo statuto dei lavoratori). Responsabilità: art 28 cost. prevede tre tipi di responsabilità. In realtà sono 5 le forme di responsabilità: Il pubblico dipendente nell’esercizio delle proprie funzioni, può astrattamente incorrere in cinque fondamentali responsabilità: quella civile (se arreca danni a terzi, intranei o estranei all’amministrazione, o alla stessa p.a.), penale (se delinque), amministrativo-contabile (se arreca un danno erariale alla p.a.), disciplinare (se viola obblighi previsti dal c.c.n.l., da legge o dal codice di comportamento) e dirigenziale (per il solo personale dirigenziale che non raggiunga i risultati posti dal vertice politico o si discosti dalle direttive dell’organo politico). 1)responsabilità disciplinare: deriva dalla violazione dei doveri inerenti al rapporto di impiego, sanciti dal codice di comportamento, legge o ccnl. La materia è regolata dall’art 55-55octies t.u., che sono norme imperative e la cui violazione dolosa o colposa costituisce a sua volta illecito disciplinare. La tipologia di infrazioni e sanzioni è stabilita dai c.c.n., salvo quanto previsto dal t.u. procedimento disciplinare: art 55 bis. vale per tutti i pubblici dipendenti, tranne che per il personale della scuola. Segue due strade a seconda della gravità dell’infrazione. a) infrazioni di minore gravità: il procedimento è di competenza del responsabile della struttura in cui presta servizio il dipendente e trova applicazione il ccnl di riferimento. b) infrazioni punibili con sanzione superiore al rimprovero verbale: l’amministrazione deve individuare l’ufficio per i procedimenti disciplinari (UPD) competente. L’iter in entrambi i casi deve concludersi entro 120 g. decorrenti dalla contestazione dell’addebbito al dipendente. Illeciti per i quali è previsto il licenziamento disciplinare: art. 55 quater -falsa attestazione presenza in servizio: mediante alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o altre modalità fraudolente, giustificazione dall’assenza mediante certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia. Della violazione risponde anche chi ha agevolato con la propria condotta attiva o omissiva. – assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni anche non continuativi superiori a tre nell’arco di un biennio o più di sette nel corso di dieci anni o mancata ripresa del servizio entro il termine fissato dalla p.a. –ingiustificato rifiuto al trasferimento –falsità documentali o dichiarative commesse ai fini dell’instaurazione rapporto o delle progressioni –gravi condotte aggressive o moleste –condanna penale definitiva in relazione alla quale è prevista interdizione perpetua dai pubblici uffici –gravi o reiterate violazioni codici di comportamento –mancato esercizio o decadenza dall’azione disciplinare – reiterata violazione obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato la sospensione dal servizio per un periodo complessivo superiore a un anno nell’arco di un biennio –insufficiente rendimento, rilevato dalla reiterata valutazione negativa della performance del dipendente nell’arco dell’ultimo triennio. L’iter disciplinare è più celere nel caso di falsa attestazione presenza in servizio (‘’furbetti del cartellino’’) perché se accertata in flagranza o con strumenti di sorveglianza o registrazione, si ha l’immediata sospensione cautelare senza stipendio del lavoratore, senza l’obbligo di ascoltarlo. La sospensione del furbetto è disposta dal responsabile della struttura o dall’upd (se ne è venuto a conoscenza prima), con provvedimento motivato, in via immediata o entro le 48 h; contestualmente per iscritto viene fatta contestazione e convocazione dinanzi all’upd. Se ne ricorrono i presupposto al dipendente può essere addebitato un danno all’immagine. Inoltre, il t.u. demanda alla ccnl il compito di fissare le condotte e le sanzioni in caso di ripetute assenze ingiustificate dal servizio in continuità con festività o riposi settimanali (furbetti del weekeend). 2)responsabilità patrimoniale: gli impiegati rispondono del loro operato non solo sul piano penale e disciplinare ma anche su quello civile. Tale responsabilità si configura in caso di lesione della sfera giuridica di un soggetto con conseguente dovere di risarcimento da parte dell’autore, del dano provocato (art. 2043 c.c. ‘’qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno’’ principio del neminem ledere). I dipendenti pubblici sono tenuti a risarcire i danni da loro stessi cagionati all’amministrazione o ai terzi. Tale responsabilità si chiama responsabilità patrimoniale del pubblico dipendente e assume diversi aspetti a seconda dei soggetti cui si riferisce, delle norme violate e del tipo di danno cagionato: responsabilità amministrativa e contabile, che sono due diversi aspetti in cui si articola la responsabilità amministrativo/contabile o responsabilità per danno erariale, e la responsabilità civile verso terzi. La differenza è rappresentata dal soggetto danneggiato perché nel caso di responsabilità civile verso terzi il dipendente pubblico arreca un danno ad un soggetto estraneo alla p.a. ed è tenuto a risarcirlo anche in solido con quest’ultima, mentre invece nel caso di responsabilità per danno erariale il danno è arrecato alla p.a. di appartenenza. a)responsabilità amministrativo/contabile o responsabilità per danno erariale: il presupposto per tale responsabilità è il danno erariale: consiste in un depauperamento del patrimonio che l’erario (stato o ente pubblico/p.a.) abbia sofferto per effetto della condotta illecita del dipendente nell’esercizio delle funzioni amministrative; comprende il danno emergente (danneggiamento o perdita beni o denaro) o il lucro cessante (mancato conseguimento di incrementi patrimoniali). In realtà i confini del danno erariale sono stati definiti dalla corte dei conti che ha optato per una nozione ampia, ritenendo che nella nozione rientri anche la lesione di un interesse della collettività non strettamente patrimoniale ad es. il c.d.il danno Dismissione patrimonio immobiliare pubblico: negli ultimi decenni, mediante svariati interventi normativi, si è cercato di dismettere il patrimonio immobiliare pubblico, per gestirlo più facilmente e renderlo più produttivo. Tale privatizzazione è avvenuta seguendo due linee di azione:–la privatizzazione degli enti proprietari di tali beni –istituzione di organismi creati per valorizzare, commercializzare beni in precedenza appartenenti a soggetti pubblici. Federalismo demaniale: d.lgs. 85/2010, normativa che ha individuato beni statali che possono essere attribuiti a titolo non oneroso a comuni, province, città metropolitane e regioni. Lo stato infatti può, previa intesa conclusa in sede di conferenza unificata, individuare i beni da attribuire a tali enti secondo i criteri di territorialità, adeguatezza, semplificazione, capacità finanziaria, valorizazzione ambientale. I beni sono trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, pesi ed entrano a far parte del patrimonio disponibile di comuni, province, città metropolitane, regioni. Tutela dei beni pubblici: art. 823 c.c. spetta all’autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio. Essa può procedere: -in via amministrativa (tutela amministrativa): può trattarsi sia di autotutela decisoria es.adozione di provvedimenti e determinazioni, e spetta solo all’ente pubblico proprietario; sia di autotutela esecutiva che comprende tutti quei mezzi e comportamenti diretti ad eseguire la tutela decisoria es.sgomberi d’ufficio –mezzi ordinari a difesa della proprietà o possesso come fosse un privato (tutela giurisdizionale ordinaria): compete tanto all’ente proprietario quanto a quello possessore. Beni patrimoniali disponibili: sono quelli dello stato e di altri enti pubblici diversi da quelli demaniali e da quelli patrimoniali indisponibili. Non sono beni pubblici in senso stretto ma beni di proprietà privata dell’ente e quindi soggetti alle regole di diritto privato, eccetto l’alienazione che deve sempre avvenire con le forme di diritto pubblico. In tale categoria si distingue tra: beni corporali (immobili), beni incorporali (diritti reali su cose altrui e diritti di credito), titoli di credito, denaro incassato. Diritti reali della p.a. su beni altrui: -diritti demaniali su beni altrui: art.825 c.c. sono soggetti al regime del demanio pubblico i diritti reali della p.a. su beni appartenenti ad altri soggetti, quando tali diritti sono costituiti per l'utilità di alcuno dei beni demaniali o per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli di tali beni. Le principali categorie sono le servitù prediali pubbliche e i diritti di uso pubblico –diritti patrimoniali su beni altrui: gravano su proprietà privata e sono costituiti in favore di beni del patrimonio disponibile o indisponibile della PA e sono soggetti alla disciplina di questi. L’ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA L’attività amministrativa è il mezzo con cui vengono svolte le funzioni amministrative e quindi la cura e il perseguimento degli interessi pubblici. Non è mai libera nel fine poiché è deputata al perseguimento di fini pubblici stabiliti dalla legge, a differenza della c.d. attività politica. Può essere attiva (posta in essere dalla p.a. per realizzare le finalità pubbliche), consultiva (attività diretta a fornire pareri) o di controllo (di legittimità, cioè un controllo di diritto; di merito, cioè un controllo sulle regole della buona amministrazione). L’attività può essere vincolata o discrezionale. Può estrinsecarsi in attività giuridicamente irrilevante, cioè che non produce effetti giuridici, o attività giuridicamente rilevanti, cioè che si estrinsecano in atti giudirici di diritto privato o pubblico oppure in mere operazioni (attività materiali in esecuzione di atti amministrativi o in adempimento di doveri). Principi dell’azione amministrativa: si evincono da a)disposizioni costituzionali: –principio di legalità: art.97 cost. l’azione amministrativa deve trovare il proprio fondamento nella legge e deve essere esercitata in maniera corrispondente alle sue prescrizioni. [può essere inteso in senso debolissimo per cui è conforme alla legge ogni atto che non è in contrasto con essa; in senso debole è conforme se è fondato sulla legge (legalità formale); in senso forte è conforme se ha forma e contenuto predeterminato (legalità sostanziale)]. Conseguenze applicative di questo principio, richiamato dall’art. 1 l.241/90, sono: la tipicità e nominatività dei provvedimenti amministrativi in quanto a nessuna autorità amministrativa è consentito porre in essere atti amministrativi che non siano previsti dalla legge, ad eccezione delle ordinanze di necessità ed di urgenza che costituiscono una parziale deroga al principio; l’eccezionalità dell’esecutorietà dei provvedimenti art. 21 ter l.241/90 (nei casi e nei modi stabiliti dalla legge le p.a. possono imporre l’adempimento di obblighi nei loro confronti); eccezionalità degli atti amministrativi. –imparzialità: art. 97 e 3 cost. obbligo per la p.a. di svolgere la sua attività nel rispetto della giustizia. È richiamato all’art. 1 della l.241/90 tra i criteri che devono informare l’attività amministrativa. Deve essere intesa nel senso di equidistanza tra i soggetti che vengono in contatto con la p.a. ma anche nel senso che la p.a. ha la capacità di raggiungere un grado di astrazione nell’espetamento delle proprie funzioni, facendo prevalere l’interesse pubblico (solo se necessario e dopo una attenta ponderazione dei valori in conflitto). –buon adamento: art.97. obbligo realizzare un’attività improntata all’economicità, efficienza ed efficacia, e che realizzi il minor danno possibile per i destinatari. – ragionevolezza: criterio, in cui confluiscono i principi di imparzialità, euguaglianza e buon andamento, per cui l’attività deve essere adeguata al canone di razionalità operativa, sì da evitare decisioni arbitrarie ed irrazionali. -pareggio di bilancio: art.81 cost. equilibrio entrate e spese. –altri principi: sussidiarietà, principio di leale collaborazione tra le p.a., del contradittorio, di responsabilità. 2)Legge sul procedimento L.241/1990: -principio di legalità: art. 1 l’attività amministrativa persegue i fini determinati dala legge –principio del giusto procedimento: garantisce il diritto di partecipazione degli interessati –principio di semplificazione: il legislatore ha introdotto istituti per snellire e rendere più celere l’azione amministrativa (silenzio assenso). Ai suddetti principi sono informati i criteri fondamentali e le regole dettate dal capo I della legge, rubricato ‘principi’. Le regole sono: -economicità, efficacia, pubblicità, trasparenza: dove per economicità si intende l’obbligo per la p.a. di realizzare il miglior risultato possibile e il minor sacrificio degli interessi coivolti, per efficacia divieto di qualisasi forma di favoritismo e quindi obiettiva valutazione degli interessi in gioco, per pubblicità obbligo di rendere accessibili notizie e documenti relativi all’operato dei pubblici poteri, per trasparenza controllabilità di tutti i passaggi di cui si compone l’operato della p.a. –principio di non aggravamento del procedimento amministrativo –obbligo di conclusione esplicita del procedimento: la p.a. ha l’obbligo di concluderlo adottando un provvedimento finale esresso; -obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo; -uso della telematica nell’azione amministrativa: la p.a. ne deve incentivare l’uso. Discrezionalità amministrativa: la dottrina tradizionale la definisce come facoltà di scelta fra più comportamenti giuridicamente leciti per il soddisfacimento di un interesse pubblico e per perseguire un fine rispondente alla causa del potere esercitato. Si tratta di una definizione incompleta in quanto non pone in evidenza un aspetto fondamentale dell’attività discrezionale, ossia il criterio che guida la p.a. nella scelta. Sotto questo profilo appare fondamentale la nozione proposta da altra dottrina, la quale parla di ponderazione comparativa di più interessi secondari in ordine ad un interesse primario fissato dalla legge. È evidente quindi che l’attività sarà al contrario vincolata quando mancano ‘spazi di scelta’. La dottrina più moderna ha evidenziato come il concetto di discrezionalità amministrativa sia descrittivo di uno dei possibili modi di interazione tra l’operato dell’autorità pubblica e la legge. A seconda che alla p.a. venga o meno lasciato un margine di operativià nella scelta delle concrete modalità operative, si è in presenza di attività vincolata o discrezionale. La dottrina e giurisprudenza hanno individuato i limiti propri dell’attività discrezionale: -interesse pubblico –causa del potere: l’attività discrezionale deve sempre perseguire un fine rispondente alla causa del potere esercitato (interesse pubblico specifico) –i principi di logica, imparzialità e ragionevolezza –il principio di esatta e completa informazione: ossia di una adeguata istruttoria. Per quanto attiene all’oggetto, la discrezionalità può afferire all’an della emanazione del provvedimento o al quando sotto il profilo dell’individuazione del momento più opportuno dell’intervento programmato. Sulla base di questa considerazione, parte della dottrina addiviene ad una classificazione degli atti amministrativi nelle seguenti categorie: -atti discrezionali quanto ad emanazione e contenuto –atti discrezionali quanto ad emanazione, ma vincolati quanto a contenuto –atti vincolati quanto ad emanazione ma discrezionali quanto a contenuto –atti vincolati quanto ad emanazione ma subordinati all’accertamento di determinati presupposti. Discrezionalità tecnica: ricorre quando il giudizio richiesto all’autorità amministrativa deve essere espresso sulla base di regole non giuridiche bensì scientifiche o discipline specialistiche; in tal caso la p.a. non svolge alcuna comparazione tra interessi in gioco, come accade invece nel caso di discrezionalità amministrativa. Tra la “discrezionalità amministrativa” e la “discrezionalità tecnica”, perciò, vi è una diversità concettuale di fondo: mentre la discrezionalità amministrativa consta sia del momento del giudizio (nel quale si acquisiscono e si esaminano i fatti), che del momento della scelta (nel quale si compie una sintesi degli interessi in gioco e si determina la soluzione più opportuna), la discrezionalità tecnica, viceversa, contiene il solo profilo del giudizio, risolvendosi soltanto in una analisi di fatti, sia pure complessi, ma non di interessi. Quanto al sindacato sulla discrezionalità tecnica: del giudice amministrativo, in dottrina non vi è stata in passato univocità di orientamenti. Ci si è a lungo chiesti se è ammissibile tale sindacato e se, nel sindacare la discrezionalità tecnica, al giudice amministrativo sia consentita la sola verifica dell’iter logico seguito dalla p.a. o se lo stesso possa spingersi fino a valutare la correttezza dei criteri tecnici e del metodo applicativo seguito e se del caso sostituendo a quello dell’amministrazione il proprio giudizio tecnico.L’impostazione tradizionale nagava la possibilità del sindacato sull’esercizio della discrezionalità tecnica, riconoducendo quest’ultima alla sfera del merito amministrativo (e quindi alla sfera dell’insindacabilità), mentre la dottrina più moderna, avallata dal dato normativo e dalla giurisprudenza, risconosce questa possibilità. Il problema della sindacabilità della discrezionalità tecnica, cioè del sindacato del giudice amministrativo è stato superato con l’introduzione della CTU nel processo amministrativo, poiché con esso è stato attribuito al giudice un mezzo che gli consente di valutare la correttezza dei giudizi tecnici. Quanto alla possibilità di un sindacato del giudice ordinario, il problema si pone con riferimento a quelle scelte tecniche che abbiano comportato la lesione di diritti soggettivi di privati cittadini es. responsabilità della p.a. per fatto illecito; la giurisprudenza ha riconosciuto la giurisdizione del g.o. in tale ipotesi. Discrezionalità mista: non costituisce un terzo tipo di discrezionalità bensì un’ipotesi in cui la p.a. risulti disporre sia di discrezionalità tecnica che amministrativa. Entrambe le tipologie sono destinate a restare distinte e ad essere esercitate in momenti diversi. Mentre per legittimità si intende la corrispondenza dell’atto alle norme giuridiche, per merito amministrativo si intende invece opportunità dell’atto amministrativo nel caso concreto, e cioè se la scelta discrezionale sia conforme o meno alle regole non giuridiche di buona amministrazione. IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO Il procedimento amministrativo è l’iter che viene seguito a conclusione del quale viene emanato l’atto amministrativo; pertanto costituisce il luogo in cui vengono bilanciati interessi pubblici e privati. Per quanto attiene alla natura fino agli anni ‘90 veniva seguita la concezione formale o teleologica del procedimento, per cui veniva inteso come una serie di atti preordinati all’emanazione del provvedimento conclusivo. È merito della dottrina e di una parte della giurisprudenza, l’elaborazione di una nuova concezione di procedimento amministrativo c.d. funzionale, che, ridimensionando l’importanza del provvedimento amministrativo quale momento fondamentale dell’azione pubblicistica, evidenzia il ruolo del procedimento amministrativo in termini di modalità di esercizio del potere pubblico, quale forma della funzione amministrativa. Proprio grazie a tale ricostruzione il procedimento è stato delineato come momento connotato da forti garanzie per il privato e di tutela dei suoi interessi. generale strumenti per una amministrazione più efficiente. Ambito di applicazione: le norme si applicano: alle p.a. come definite dal d.lgs. 165/2001, autorità amm. indipendenti, ai gestori di servizi pubblici, alle società a controllo pubblico. In tale codice inoltre sono inserite le prescrizioni necessarie per attuare le misure previste dal Piano triennale per l’informatica nella p.a. e tale adeguamento spetta all’AGID (agenzia per l’Italia digitale). Il codice prevede che i cittadini e le imprese hanno determinati diritti –diritto all’uso delle tecnologie: chiuque ha diritto di usare, in modo accessibile ed efficace, le soluzioni e gli strumenti previsti dal codice nei rapporti con le p.a., autorità amm.indipendenti, gestori di servizi pubblici, società a controllo pubblico; diritto all’identità digitale: chiunque ha diritto di accedere ai servizi online offerti dalle p.a. per il tramite della propria identità digitale, cioè la rappresentazione informatica dei dati di un utente; diritto al domicilio digitale: il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico che si ha o presso un servizio di posta elettronica certificata o di recapito certificato qualificato. Alcuni soggetti hanno l’obbligo di dotarsene es.soggetti tenuti all’iscrizione nel registro delle imprese, tutti gli altri invece hanno la facoltà di eleggere il proprio domicilio; -diritto di effettuare qualsiasi pagamento con modalità informatiche: tutti gli uffici e soggetti a cui si applica il cad sono obbligati ad accettare i pagamenti loro spettanti attraverso sistemi di pagamento elettronico; -diritto a servizio online semplici e integrati: chiunque ha diritto di fruire dei servizi erogati da pubblici uffici, in forma digitale e in modo integrato; -alfabetizzazione informatica dei cittadini: lo stato ha l’obbligo di favorire la diffusione della cultura digitale tra i cittadini –partecipazione democratica elettronica: le p.a. devono favorire l’uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggior partecipazione dei cittadini. I documenti informatici sono i documenti elettronici che contengono la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti e hanno un valore giuridico o probatorio solo se firmati, firma che può essere resa anche in modo digitale. Il cad infine delinea due figure innovative: -il responsabile per la transizione digitale: compito di far transitare gli uffici della p.a. alle modalità digitali –il difensore civico digitale unico a livello nazionale: istitutito presso l’agenzia digitale italiana a cui vengono rivolte le segnalazioni di violazioni del cad. GLI ATTI AMMINISTRATIVI Gli atti emanati dalla p.a. possono assumere forme e contenuti diversi (es.di natura privatistica, atti normativi), i più importanti sono gli atti amministrativi attraverso i quali si concretizza la volontà della p.a. su una determinata situazione o realtà. La più importante distinzione tra gli atti amministrativi è tra – meri atti amministrativi: atti volontari nel contenuto ma i cui effetti sono predeterminati dal legislatore; atti volontà: anche gli effetti sono frutto di volontà della pa. Un posto di rilievo tra di essi spetta ai provvedimenti amministrativi. Teorie sull’atto amministrativo: -teoria tradizionale: elaborata a metà del secolo scorso che estendeva al massimo la portata della nozione, in modo da farvi rientrare tutti gli atti di natura pubblicistica, anche quelli emanati dal potere esecutivo (quindi anche decreti legislativi delegati e i decreti legge ad es.) –teoria formale o sostanziale: in considerazione della inesistenza di una precisa corrispondenza tra potere dello stato (politico, legislativo, esecutivo, giudiziario) e le rispettive funzioni, si è affermata in dottrina la c.d. teoria formale o sostanziale. Questa ha evidenziato che ciascun potere dello stato, oltre ad esercitare la propria funzione istituzionale, ne esercita anche altre di rilevanza secondaria e sussidiaria emanando atti che, pur essendo riconducibili ad uno specifico potere, sostanzialmente assumono le caratteristiche tipiche degli atti di un diverso potere. Pertanto, un atto può considerarsi amministrativo quando promana da un’autorità amministrativa (aspetto ‘formale’ che riguarda la provenienza dell’atto) nell’esercizio di una funzione amministrativa (aspetto ‘sostanziale’) –teoria negoziale: tale teoria, partendo dall’analogia fra autonomia negoziale e discrezionalità amministrativa, ricostruisce la struttura dell’atto amministrativo quale negozio giuridico privato, distinguendo tra atti amministrativi negoziali, costituenti dichiarazioni di volontà volte alla realizzazione di finalità pubbliche e meri atti amministrativi, costituenti dichiarazioni di scienza, conoscenza. –teoria della procedimentalizzazione e funzionalizzazione dell’attività amministrativa: la dottrina più recente ricostruisce l’atto amministrativo in base alle due tendenze principali cui si ispira la moderna attività amministrativa: la funzionalizzazione indica che il provvedimento è una manifestazione di volizione e imperatività, dove l’imperatività costituisce l’idoneità del provvedimento efficace, anche se invalido, a produrre effetti sulle situazioni giuridiche dei destinatari indipendentemente dal loro consenso; la procedimentalizzazione è uno degli schemi in cui si esplica l’attività amministrativa in quanto la p.a. di norma persegue i suoi fini attraverso una serie di atti coordinati e indirizzati all’emanazione del provvedimento finale, che costituisce l’espressione concreta della funzione amministrativa. Classificazione tra atti: in base alla *natura dell’attività: -atti di amministrazione attiva: diretti a soffisfare immediatamente gli interessi propri della p.a. es.provvedimenti –atti di amministrazione consultiva: tendenti a consigliare gli organi di amministrazione attiva es.pareri –atti amministrativi di controllo: diretti a sindacare l’operato dell’amministrazione attiva es.controlli. *elemento psichico: -atti consistenti in manifestazioni di volontà –manifestazione di conoscenza –manifestazione di giudizio –atti di natura mista. *discrezionalità: atti discrezionali (suddivisi a loro volta in base all’oggetto della discrezionalità) e vincolati *efficacia: -atti costitutivi: creano, modificano o estinguono un rapporto giuridico preesistente –dichiarativi: si limitano ad accertare una determinata situazione, senza influire su essa; non possono essere dei provvedimenti. *risultato: -atti ampliativi: attribuiscono poteri e facoltà al destinatario, ampliando la sua sfera. Vi rientrano gli atti costitutivi di status, di diritti e gli atti estintivi di obblighi –atti restrittivi: restringono la loro sfera giuridica es.ordine *destinatari: -atti particolari: destinati ad un solo soggetto –atti con pluralità di destinatari: possono essere plurimi, ossia formalmente unici ma scindibili in tanti provvedimenti quanti sono i destinatari. Di conseguenza i singoli atti sono fra di loro indipendenti e l’annullamento di uno di essi non travolge anche gli altri; oppure possono essere collettivi, ossia manifestazioni di volontò verso un complesso di individui unitariamente considerato; di conseguenza ogni vizio inficia l’atto nella sua totalità.–atti generali: cioè rivolti verso destinatari non determinati al momento dell’emanazione dell’atto ma determinabili al momento della sua esecuzione es.bandi di concorso o gara. *soggetti emananti: -atti di un solo organo (c.d. monostrutturati): posti in essere da un solo soggetto, sia esso individuale (atti semplici) o collettivo (atti collegiali) –atti di più organi: possono essere atti complessi o codecisioni, ossia atti che risultano dal concorso di volontà di più organi verso uno stesso fine e che si caratterizzando in quanto l’assenza del contributo anche di un solo organo coinvolto non ne consente la formazione (la complessità può essere sia uguale, quando le manifestazioni di volontà che concorrono alla formazione dell’atto hanno tutte lo stesso valore, oppure ineguale, quando ha valore preminente la volontà di uno solo degli organi) oppure atti di concerto, cioè che sono adottati da un solo organo ma previo concerto, intesa con altri organi –contratti *in relazione al procedimento amministrativo: -atti procedimentali: si inseriscono nel procedimento e sono tra loro coordinati e preordinati all’adozione del provvedimento amministrativo, tali sono gli atti propulsivi (es.istanze, ricorsi) e gli atti preparatori (es.pareri). caratteristica di essi è che possono essere impugnati solo insieme all’atto finale. –atti presupposti: atti che pur rilevando ai fini della produzione dell’effetto giuridico finale, acquistano un rilievo autonomo in seno al procedimento amministrativo ovvero costituiscono atto finale di un procedimento autonomo. *in relazione alla reciproca interdipendenza: -atti composti: formati da più manifestazioni di volontà così strettamente unite che si considerano un atto solo –atti contestuali: risultano dalla riunione di più atti autonomi in un’unica manifestazione esteriore e che conservano la propria autonomia funzionale. Vi rientrano gli atti simultanei e gli atti plurimi. Elementi dell’atto amministrativo: 1) essenziali: necessari affinchè l’atto possa esistere e sono -l’agente o soggetto: l’atto amministrativo deve necessariamente essere posto in essere da un organo della p.a., essendo quest’ultima il centro di imputazione giuridica degli atti posti in essere dai suoi organi –il destinatario: organo pubblico o soggetto privato nei cui confronti si producono gli effetti del provvedimento; deve essere determinato o determinabile; la mancanza del destinatario comporta l’inesistenza dell’atto, l’errata individuzione di esso comporta l’annullabilità. –la volontà –la finalità: ossia lo scopo che l’atto persegue. L’atto deve essere preordinato ad un compito della p.a. quindi la sua finalità concreta deve essere collegata alla funzione amministrativa –forma: è il modo di essere della manifestazione che l’atto assume per operare nell’ordinamento. In diritto amministrativo vige il principio della libertà della forma per cui, al di fuori delle ipotesi in cui è la legge stessa che richiede una forma particolare, l’atto può manifestarsi in qualsiasi forma. Questa può essere espressa, quando consiste in una manifestazione di volontà verso l’esterno o, talvolta, tacita (quando la manifestazione si desume indirettamente da un comportamento della p.a. o da un altro atto). Per quanto attiene agli atti finali vige la regola, che subisce talvolta delle eccezioni (es. silenzio assenso), per cui il procedimento deve concludersi con un provvedimento espresso. –l’oggetto: è ciò su cui l’atto amministrativo incide e può consistere in un comportamenti, fatto o bene; deve essere lecito, possibile, determinato o determinabile. 2) accidentali: -condizione: quell’evento futuro e incerto al cui verificarsi inizierà (sospensiva) o cesserà (risolutiva) l’efficacia dell’atto –termine: momento futuro e incerto a partire dal quale (iniziale) o fino al quale (finale) l’atto avrà efficacia -onere: obbligo posto a carico del destinatario di un atto per lui favorevole e mira a far si che con l’ampliamento dei poteri del privato, si realizzi anche l’interesse pubblico –riserva: facoltà, che la pa si riserva, di adottare provvedimenti in relazione ad un dato atto. Struttura: si compone di tre parti 1) parte iniziale: -intestazione: indicazione autorità da cui promana l’atto (es. comune), nonché l’organo individuale (es. sindaco) o collegiale che lo adotta –indicazione formale del tipo di atto es. ordinanza –oggetto dell’atto: cioè la funzione che lo stesso persegue nel caso concreto es. ingiunzione di demolizione –estremi dell’atto: data e numero di protocollo, consistente in un numero progressivo assegnato dall’autorità che individua l’atto fra tutti quelli adottati dall’autorità. 2) parte centrale: -preambolo: elementi di fatto e di diritto che rilevano ai fini dell’adozione dell’atto, le norme di legge o i regolamenti in base ai quali l’atto è adottato, le fasi significative del procedimento amministrativo svolto; -dispositivo: è la parte precettiva dell’atto e costituisce la dichiarazione di volontà vera e propria. A seconda dell’atto da adottare, può essere una manifestazione di volontà (es. decreto di esproprio), di scienza (es.verbale di accertamento), di valutazione o giudizio (es.un parere). In coda al dispositivo vengono inserite alcune formule di chiusura es.forme di tutela esperibili dagli interessati. 3)parte finale: contiene luogo, data, sottoscrizione (ossia la firma dell’autorità. Se è stato adottato da un organo collegiale, la firma viene apposta dal soggetto che rappresenta l’organo). -motivazione: rappresenta lo strumento attraverso il quale la p.a. esterna i presupposti fattuali e le ragioni giuridiche che l’hanno portata all’emanazione dell’atto. La struttura: per presupposti di fatto si intendono gli elementi e i dati fattuali acquisiti durante l’istruttoria e che sono stati oggetto di valutazione da parte della p.a., mentre le ragioni giuridiche comprendono le argomentazioni condotte sul piano del diritto, cioè le norme che sono state considerate applicabili nella fattispecie concreta. I canoni della motivazione, individuati dalla dottrina e giurisprudenza, sono la congruità, ovvero i percorsi logici seguiti, e la sufficienza, intesa come capacità di eliminare i dubbi di irrazionalità ed arbitrio nell’operato della p.a. La ratio: Ha la funzione di garantire agli interessati la ricostruzione dell’iter logico seguito dalla p.a., anche allo scopo di verificarne la correttezza ed eventuali profili di illegittimità. Fonti: Prima della l.241/90 non vi era una disciplina di carattere generale che imponesse alle p.a. di motivare i provvedimenti amministrativi. Ciò comportava gravi ricadute in ordine al rispetto dei criteri a cui deve essere informata l’azione della p.a., primo fra tutti il principio di trasparenza, in quanto veniva a mancare l’esternazione dell’iter logico e giuridico seguito dalla p.a. e di conseguenza un controllo esterno sul corretto operare della p.a. L’art. 3 della legge sul procedimento ha introdotto l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi. Si qualifica giuridica a seguito di un procedimento accertativo. L’atto vincolato non produce la costituzione di una situazione giuridica ma è necessario ad evitare che venga sanzionato l’esercizio di una determinata attività in assenza dell’atto ricognitivo. Figure analoghe all’autorizzazione sono: abilitazione: il rilascio è subordinato all’accertamento dell’idoneità tecnica o professionale del richiedente es.patente; approvazione: provvedimento con cui la p.a. rende efficace ed eseguibile un atto, già compiuto e perfetto. Differisce dall’autorizzazione in senso tecnico in quanto questa deve intervenire prima del compimento dell’atto, mentre gli atti di approvazione intervengono sempre in un momento successivo. Quindi l’autorizzazione condiziona la legittimità dell’atto, l’approvazione ne condiziona solo l’operatività; nulla-osta: la p.a. dichiara di non aver nulla in contrario all’adozione di un provvedimento da parte di altra autorità. Una parte della dottrina li riconduce nell’ambito degli atti autorizzativi, altra parte li considerano atti strumentali di un procedimento complesso; omologazione: viene rilasciata dall’autorità per dimostrare la conformità delle cose alle norme nazionali ed internazionali a tutela della sicurezza; licenza: è una categoria discussa. La dottrina dominante la riconduce alla figura della autorizzazione, considerandola provvedimento permissivo. registrazione: è un’autorizzazione vincolata. Anche esso è un provvedimento permissivo, il cui rilascio non presuppone una valutazione discrezionale es. in materia di stampa; dispensa: consente ad un soggetto di esercitare un’attività o compiere un determinato atto in deroga ad un divieto di legge, ovvero esonera il soggetto dall’adempimento di un obbligo di legge. 2) le concessioni: provvedimento con cui la p.a. conferisce ex novo posizioni giuridiche attive al destinatario, ampliandone la sfera giuridica. A differenza dell’autorizzazione, non si limita a rimuovere un limite di una posizione soggettiva preesistente ma attribuisce o trasferisce posizioni o facoltà nuove al privato. Natura giuridica: -tesi contrattualistica: parte della dottrina le qualifica come contratti di diritto pubblico, riconducendole a manifestazioni dell’attività di imperio dell’autorità in materie aventi natura pubblica –altra dottrina postula la figura della concessione-contratto, sostenendo che la concessione nasce da un provvedimento amministrativo con il quale la p.a. conferisce la concessione, cui accede un contratto di natura privatistica da cui scaturiscono diritti e obblighi reciproci. La fattispecie concessoria risulta dunque composta da un elemento autoritativo, ossia l’atto unilaterale con cui la p.a. trasferisce l’esercizio del potere e un elemento pariterico, ossia la convenzione bilaterale di diritto privato, che integra il contenuto dell’atto amministrativo per quanto attiene agli aspetti patrimoniali. Principali categorie sono: -concessioni costitutive, cioè quelle che attribuiscono una situazione giuridica totalmente nuova, non essendone titolare nemmeno la p.a. -concessioni traslative: ossia quelle che trasferiscono al privato alcune potestà delle quali è titolare l’amministrazione; in tale categoria vi rientrano le ‘concessioni di poteri o facoltà su beni pubblici’ (o concessioni reali): quando la p.a. conferisce speciali diritti di natura reale o personale su determinati beni di sua proprietà. Le ‘’concessioni di pubblici servizi’’ quando viene attribuito al privato l’esercizio di pubbliche funzioni. Le ‘’concessioni di potestà pubbliche appartenenti alla p.a.’’ quando vengono attribuiti ad un soggetto particolarmente qualificato alcuni poteri pubblicistici che aveva la p.a. Per quanto attiene alla disciplina, con l’atto di concessione sorge un rapporto di diritto pubblico tra p.a. concedente e il concessionario, displinato dalla legge. I principi generali sono: -l’attribuzione del c.d. diritto di insistenza: ossia l’interesse legittimo al rinnovo della concessione a preferenza di altri aspiranti, se non vi ostano ragioni di pubblico interesse –dovere di sottostare ai controlli della p.a. –obbligo di pagare la cauzione e il canone. A tali principi si aggiungono nel caso di concessioni di beni:–il diritto all’uso del bene, che costituisce un vero e proprio diritto reale nei confronti di terzi (tutelabile con le azioni civilistiche possessorie) -dovere di utilizzare il bene. Nel caso di concessione di servizi: - il diritto all’esercizio della concessione –il diritto all’esclusiva nella titolarità della concessione e nella gestione del servizio -dovere di far funzionare il servizio –diritto di conseguire vantaggi economici da essa. La concessione deve comunque sempre rispondere all’interesse pubblico per cui il concessionario, che diventa titolare di poteri pubblicistici, è investito di un’attività di interesse pubblico. Le figure similari alla concessione sono: la delega: la p.a. attribuisce ad un soggetto l’esercizio di poteri suoi propri (a differenza della concesssione traslativa però non se ne spoglia); le ammissioni: attribuzione ad un soggetto di un particolare status giuridico es.conferimento della cittadinanza, ammissione ad un concorso; le sovvenzioni: attribuiscono al destinatario vantaggi economici, o direttamente o indirettamente (es. esoneri da alcuni pagamenti); concessione edilizia (ne parleremo). ATTI AMMINISTRATVI NON PROVVEDIMENTI: sono una categoria residuale, sprovvisti di norma di esecutorietà, di autoritarietà e tipicità. L’art. 1, 1° bis l.241/1990 ha riconosciuto la categoria, in particolare parla di atti di natura non autoritativa, cioè atti a loro volta raggruppabili in: atti consistenti in manifestazioni di volontà: -atti paritetici: atti con cui la pa determina unilateralmente il contenuto di un obbligo posto a suo carico in relazione ad un determinato rapporto di diritto pubblico di natura non patrimoniale es. determinazione stipendi; -atti facenti parte del procedimento amministrativo: si inseriscono nella fase preparatoria del procedimento e sono la richiesta (atto con cui si sollecita l’emanazione di un atto ad un’altra autorità), la designazione (indicazione di uno o più nominativi all’autorità competente a provvedere ad una nomina), le deliberazioni preliminari, gli accordi preliminari (devono essere concluse quando vi obbligo che il procedimento si realizzi d’intesa con altre autorità) – atti di controllo: ne parleremo atti non consistenti in manifestazioni di volontà: vi rientrano gli atti ricognitivi, cioè manifestazioni di scienza e conoscenza che assolvono una funzione dichiarativa es.ispezioni, accertamenti; atti di valutazione, cioè atti di giudizio es. pareri e proposte e infine le intimazioni, cioè formali avvertimenti verso un soggetto. I pareri: atti con cui gli organi dell’amministrazione consultiva mirano a consigliare gli organi dell’amministrazione attiva e sono emanati dietro richiesta di questi ultimi; sono sprovvisti di autonomia funzionale perché emessi in vista del provvedimento finale del procedimento. Possono essere facoltativi o obbligatori: a seconda se vi sia obbligo per legge di richiedere il parere. La mancata acquisizione del parere comporta l’invalidità dell’atto per violazione di legge; non vincolanti: l’organo di amministrazione attiva è obbligato a richiedere il parere ma può anche discostarsi da esso; vincolanti: è obbligato a chiederlo e ad uniformarsi; parzialmente vincolanti: può adottare un provvedimento difforme ma solo in un dato senso; conformi: la p.a. ha il potere discrezionale di provvedere o non sull’istanza ma se decide di emanare l’atto deve uniformarsi ad esso. I pareri possono adempiere a tre funzioni: conoscitiva (è quella dei pareri degli organi tecnici per le soluzioni attinenti alla discrezionalità tecnica), valutativa (valutazione sul progetto di azione amministrativa), di coordinamento (se sono richiesti per contemperare più interessi della p.a.) I pareri vengono resi in un subprocedimento, cioè in un procedimento accessorio ripetto a quello principale, anche se il vizio del parere inficia tutto il procedimento amministrativo. Non è prescritto un obbligo di forma scritto ma la motivazione è un elemento imprescindibile ex art.3 legge sul procedimento; deve essere acquisito prima dell’emanazione del provvedimento finale poiché è inammissibile l’esercizio ex post della funzione consultiva. Il termine generale per il rilascio è 20 giorni. Una volta richiesto, la p.a. ha l’obbligo di procedere indipendentemente dal suo rilascio nel caso in cui si tratti di parere facoltativo, mentre invece ha solo la facoltà e non l’obbligo in caso di parere obbligatorio. Atti propulsivi: volti a promuovere l’attività di alcuni organi e possono essere propulsivi all’esercizio di poteri es. richieste, proposte, direttive; oppure per l’adempimento di obblighi es.le intimazioni. PATOLOGIA DELL’ATTO AMMINISTRATIVO: l’atto adottato dalla p.a. per essere legittimo deve rispondere ad un duplice criterio: deve essere conforme alla legge (principio di legalità) e anche alle regole di opportunità (principio di buona amministrazione); altrimenti l’atto amministrativo risulterà viziato. I vizi suscettibili di inficiare l’atto amministrativo possono essere o di vizi di legittimità (l’atto si discosta da norme giuridiche) o di vizi di merito (non è conforme alle regole di opportunità). Gli stati patologici possono assumere diverse gradazioni: -invalido: l’atto può essere nullo o annullabile –irregolare: l’atto presenta un vizio per cui la legge non commina effetti negativi per gli effetti tipici dell’atto ma solo sanzioni a carico dell’agente. Invalidità: è invalido un atto quando è difforme dalla norma che lo disciplina –se è una norma giuridica e quindi il vizio è di legittimità, l’atto è illegittimo –se è una norma di buona amministrazione e quindi il vizio di merito, l’atto è inopportuno. INOPPORTUNITÀ: i vizi di merito non sono suscettibili di una precisa classificazione, data la mutevolezza dell’interesse pubblico, e quindi dei criteri di opportunità e convenienza a cui si ispira la p.a. nell’esercizio dei poteri. Il fondamento di tale vizio risiede quindi nella violazione del principio di buona amministrazione (art.97 cost.). ILLEGITTIMITÀ: vi sono vari tipi di invalidità: -testuale o virtuale: a seconda che sia espressamente comminata dalla leggeo si desuma dall’interpretazione del sistema normativo. –totale o parziale. –diretta o derivata: derivata quando l’atto, seppur legittimo di per sé, deriva la sua illegittimità da quella di un altro atto rispetto al quale risulta connesso. L’atto illegittimo può essere viziato in modo più o meno grave. La nullità: (art. 21 septies) è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione (ossia manca in astratto la norma attributiva del potere esercitato con l’atto), che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato (l’atto riproduce vizi già censurati o è in contrasto con un giudicato), negli altri casi previsti dalla legge. La norma, introdotta con la l.15/2005, ha assegnato alla figura della nullità la natura di rimedio tipico, contrapposta all’annullabilità, con la conseguenza che, qualora non sia possibile sussumere un vizio dell’atto in alcuna delle ipotesi inviduate dall’art.21septies, lo stesso darà luogo ad una illegittimità annullabile, stante la natura tassativa dell’elencazione quivi contenuta. Per la giurisprudenza amministrativa, quindi, le cause di nullità costituiscono un numero chiuso. L’art. 31 c.p.a. disciplina l’azione di accertamento e la declaratoria. Gli effetti della nullità sono: inesistenza giuridica dell’atto, inesecutorietà (non è efficace, e non è esecutivo), inannullabilità, insanabilità e inconvalidabilità (l’atto nullo non può essere sanato né convalidato, anche se è ammessa la conversione dell’atto nullo in un altro atto valido del quale presenti i requisiti e gli elementi essenziali e realizzi, se convertito, l’interesse pubblico. Rapporti nullità-inesistenza: Controversa è stata da sempre la connotazione giuridica della inesistenza; in particolare il dibattito si è incentrato sui rapporti con la nullità. L’approccio più recente c.d. realistico ammette la configurabilità di una distinzione. Infatti, secondo tale orientamento, bisogna tenere distinto il profilo dell’esistenza da quello dell’efficacia, e considerare che l’esistenza giuridica non è conseguenza ma causa di efficacia dell’atto, in quanto è necessario verificare prima se vi siano stati o meno effetti e poi, successivamente, valutare se la fattispecie esista o meno. Perciò l’inesistenza è stata definita come ‘inqualificazione’, configurandosi come impossibilità di sussumere una fattispecie concreta nell’ambito dello schema astratto delineato da una norma giuridica. La differenza con la nullità, quindi, secondo tale orientamento dottrinario maggioritario, risiederebbe nel fatto che la nullità è presa in considerazione dall’ordinamento quale sanzione per i casi di grave difformità dell’atto amministrativo dal paradigma legale, facendo comunque riferimento a provvedimenti esistenti e astrattamente idonei a produrre effetti, mentre l’inesistenza fa riferimento ad un atto che è giuridicamente irrilevante e improduttivo di effetti. l’annullabilità: (21 octies) è annullabile il provvedimento viziato da incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge. L’art. 29 c.p.a. disciplina l’azione di accertamento e la declaratoria. L’atto annullabile è esistente ed immediatamente efficace ma è suscettibile di essere rimosso con una pronuncia costitutiva del giudice amministrativo o con un procedimento in autotutela della p.a., cioè un suo intervento. Tuttavia tale area è stata compressa dall’art.21 octies,2° per cui non è annullabile il provvedimento in alcuni casi: adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato; e non è manifestazione di volontà non innovativa con cui la p.a. ribadisce una sua determinazione precedente. –la rettifica: di un provvedimento affetto da errori materiali o irregolarità. IL SISTEMA DEI CONTROLLI Diverse tipologie: -di legittimità e di merito: i primi sono diretti a valutare la corrispondenza dell’attività alle norme di legge, i secondi l’utilità ed opportunità –interni ed esterni: i primi sono quelli che esercita l’amministrazione sui propri atti, disponendone eventualmente l’annullamento o la revoca (c.d. controlli interorganici), i secondi provengono da soggetti diversi dall’amministrazione interessata (c.d. controlli intersoggettivi). –controlli ordinari e straorinari: i primi previsti dalla legge come necessari o abituali, i secondi sono disposti a discrezione dell’autorità amministrativa. I controlli amministrativisono quelli diretti ad esaminare l’operato di organi amministrativi con funzioni di amministrazione attiva e si distinguono in: a) controllo sugli atti: Preventivi: intervengono su un atto (perfetto c.d. controllo susseguente, o non perfetto c.d. controllo antecedente) ma non ancora efficace; hanno efficacia retroattiva ex tunc e si configura quindi come condizione sospensiva di efficacia del provvedimento; quindi attiene alla fase integrativa dell’efficacia. Vi rientrano –il visto: controllo preventivo di legittimità ed è un controllo vincolato, non discrezionale perché l’autorità non può rifiutarsi di apporre il visto se non riscontri vizi di legittimità. -L’approvazione: controllo preventivo di merito. – l’autorizzazione: controllo preventivo sia sul merito che sulla legittimità ed è un controllo antecedente (cioè riguarda un atto non perfetto) –l’omologazione: controllo preventivo di legittimità (basato su un accertamento o valutazione tecnica dei requisiti richiesti dalla legge) o merito (in aggiunta all’approvazione). Successivo: dopo che l’atto sia divenuto efficace. Vi rientra –l’annullamento d’ufficio in sede di controllo: atto di controllo successivo di legittimità previsto dalla legge in determinati casi. b) controllo sui soggetti o organi: diretti a valutare l’operato delle persone fisiche preposte agli uffici o la funzionalità di un organo. Tale controllo può essere: -ispettivo: lo stato dispone ispezioni o accertameni sull’attività di una amministrazione –sostitutivo/semplice: sostituzione di un organo superiore ad uno inferiore in caso di inerzia o ritardo nel compimento di certi atti –sostitutivo/repressivo: sostituzione e contemporanea applicazione di sanzioni –repressivo: consiste nell’applicazione di particolari sanzioni amministrative o disciplinari al titolare dell’organo controllato. c) controllo sull’attività: Si distinguono in –controlli di gestione: cioè i controlli interni –sulla gestione: controlli esterni svolti da organi esterni all’amministrazione controllata. Controlli interni: disciplinati dal d.lgs. 286/1999 e sono di quattro diversi tipi: -controllo di regolarità amministrativa e contabile: garantisce la legittimità, regolarità, correttezza dell’azione amministrativa - controllo di gestione: volto a verificare l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa –valutazione dei dirigenti: la disciplina di tale controllo è stata modificata in attuazione della riforma brunetta e sostituita dalla disciplina della misurazione e valutazione della performance, svolta dall’OIV – controllo strategico: volto a valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione di piani, programmi e altri strumenti dell’indirizzo politico. Controlli esterni: sono effettuati dalla Corte dei Conti. ex art. 100 cost. svolge: -controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo –controllo successivo sulla gestione del bilancio –un controllo sulla gestione finanziaria degli enti cui lo stato contribuisce in via ordinaria. ex L.20/1994 invece svolge: - controllo preventivo di legittimità sugli atti: se riscontra un vizio, ne paralizza l’efficacia. Gli atti sottoposti a tale controllo sono indicati nell’art.3 della legge. –controllo successivo sulla gestione di tutte le amministrazioni da svolgere in base a programmi elaborati dalla stessa corte. –compito di verificare la funzionalità dei controlli interni alle amministrazioni. LA RESPONSABILITÀ DELLA P.A. Il concetto di responsabilità è mutuato dalla disciplina privatistica quale soggezione dell’autore dell’illecito (contrattuale o extracontrattuale) agli obblighi giuridici previsti dall’ordinamento per sollevare il soggetto leso dai pregiudizi derivanti dall’illecito stesso. Il principio secondo cui il soggetto che lede l’altrui sfera giuridica causando un danno è tenuto al risarcimento, vale, in linea di massima, sia nei rapporti che legano i pubblici dipendenti alla P.A., sia nelle ipotesi di danno arrecato ai terzi dall’Amministrazione mediante i propri dipendenti. È tramontata, difatti, l’idea di una sostanziale ‘irresponsabilità’ della p.a. nell’esercizio dei pubblici poteri e si è via via affermata la sindacabilità dell’attività amministrativa. Può configurarsi in capo alla p.a. una responsabilità civile o amministrativa. Non è configurabile, invece, la responsabilità penale poiché quest’ultima ha carattere personale ex art 27 cost. e quindi solo le persone fisiche possono esserne investite. Le situazioni giuridiche soggettive che possono dar luogo a responsabilità della p.a. comprendono sia i diritti soggettivi sia, in seguito alla storica sentenza della cassazione n.500/1999, gli interessi legittimi. La Suprema Corte infatti, nella richiamata pronuncia, ha sottolineato che dall’art. 2043 c.c. discende il diritto al risarcimento ogni volta che sia cagionato un danno ingiusto, a prescindere dalla distinzione se vi sia stata lesione di un diritto soggettivo o interesse legittimo. Profilo spinoso: uno dei profili più spinosi del tema ‘responsabilità’ è quello del rapporto tra la responsabilità della p.a. come ente e la responsabilità dei suoi funzionari. Il principale referente è rappresentato dall’art.28 costituzione che afferma che i funzionari e dipendenti dello stato e degli enti sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo stato e agli enti pubblici. Si tratta di un tipo di responsabilità solidale e diretta dal momento che gli atti dei dipendenti sono imputabili alla p.a. di appartenenza in base al rapporto organico e in virtù del principio di preposizione. In dottrina non sempre è stato pacifico che la responsabilità potesse ricadere anche sulla p.a. e che questa fosse tenuta a risarcire i danni arrecati nell’esercizio delle sue funzioni. Esistono diverse teorie in merito alla natura giuridica della responsabilità della p.a. verso terzi per fatto illecito dei propri dipendenti: 1)teoria della responsabilità diretta: la responsabilità della p.a. per fatto dannoso dei propri agenti è diretta in virtù del rappporto di immedesimazione intercorrente tra l’organo e i soggetti che ne sono titolari che fa si che quando agisce la persona dipendente della p.a. è come se agisse la p.a. medesima. Tale teoria trova conferma nel citato art.28 cost. 2)teoria della responsabilità indiretta: parte dalla considerazione che gli enti non hanno capacità di agire e perciò sono costretti a mutuarla dalle persone fisiche. Di conseguenza l’agire resta proprio delle persone fisiche, che sono le uniche direttamente responsabili. Quindi alla p.a. potrebbe applicarsi solo l’art.2049 c.c. (responsabilità indiretta per culpa in vigilando o eligendo). 3) teoria intermedia: la responsabilità della p.a. è diretta o indiretta a seconda che l’atto da cui deriva sia posto in essere nella formale esplicazione di una funzone ovvero derivi da una attività materiale del dipendente. La cassazione a sezioni unite, con la sentenza n.2700/1970, ha negato validità a questa teoria, affermando che la responsabilità degli enti pubblici per fatti illeciti dei dipendenti si configura come responsabilità diretta, quale che sia la mansione espletata dal dipendente. Essa resta esclusa solo quando il dipendente abbia agito all’infuori dell’esercizio delle sue mansioni e per un fine egoistico e privato, che dimostra di per sé l’estraneità dell’ente dal comportamento dell’agente. Responsabilità civile p.a.: si può definire come il dovere giuridico di risarcire il danno prodotto ad un altro soggetto, in conseguenza della lesione della sfera giuridica di quest’ultimo. Si distingue a sua volta: 1)contrattuale: se viene violato un obbligo di un rapporto giuridico obbligatorio preesistente tra le parti, sorto da un contratto o dalla legge o un atto unilaterale o in base ad un precedente fatto illecito. Anche per tale responsabilità trovano applicazione i principi generali previsti dal codice. 2)extracontrattuale: se vene provocato a terzi un danno ingiusto violando il principio del neminem laedere ex art. 2043 cc. è necessaria: - una condotta attiva o omissiva riferibile all’amministrazione antigiuridica, ossia deve ledere un diritto soggettivo o interesse legittimo a causa della violazione di norme giuridiche c.d. di relazione (non violazione di regole di buona amministrazione)–elemento psicologico (imputabilità): ossia condotta colposa o dolosa –evento dannoso lesivo di una situazione giuridicamente tutelata –nesso di causalità tra fatto antigiuridico ed evento dannoso. 3)precontrattuale: figura dottrinaria che ricorre qualora vengano violate le norme che regolano la fase delle trattative negoziali artt. 1337 e 1338 cc. La dottrina e la giurisprudenza concordano nel senso della piena applicabilità del combinato disposto di tali articoli ai contratti tra p.a. e privati. La giurisprudenza ha più volte messo in luce che si tratta di una responsabilità da ‘comportamento’ e deriva dalla violazione dei doveri di correttezza e buona fede nelle fasi delle trattative e della formazione di un contratto. 4)oggettiva: anche con riferimento alla p.a. possono trovare applicazione le fattispecie di responsabilità di cui agli artt. 2049 ss. In particolare abbiamo: -la responsabilità per fatto altrui in cui vi rientra l’ipotesi di responsabilità del proprietario (2054 c.c.). La giurisprudenza è pacifica nell’ammettere l’estensione alla p.a. di tale tipo di responsabilità. Si pensi alla responsabilità per danni dervianti dalla circolazione di autoveicoli di cui sia proprietaria la p.a. –responsabilità oggettiva per fatto proprio incolpevole: è discussa l’applicabilità alla p.a. Si tratta di quanto sancito dall’art. 2050 c.c., disciplinante ipotesi di responsabilità per danni dallo svolgimento di attività pericolose. –la giurisprudenza del pari ha riconosciuto la responsabilità in capo alla p.a. per cose in custodia ex art.2051 cc. Responsabilità amministrativa da contatto qualificato: creata dalla dottrina e giurisprudenza; il contatto che si instaura tra amministrazione e privato, attraverso lo svolgimento di un procedimento amministrativo, ingenera alcuni obblighi di protezione in capo alla p.a. a tutela del principio dell’affidamento sulla corretta conduzione della procedura. Tale responsabilità quindi si configura in caso di negligente o imprudente comportamento della p.a. LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Per giustizia amministrativa si intende un complesso di istituti di natura tanto processuale quanto sostanziale che raccoglie i rimedi che possono essere azionati nei confronti della pa. Il sistema è improntato su tre principi: -principio di azionabilità in giudizio di tutte le lesioni di diritti soggettivi o interessi legittimi da parte della pa (art.24 cost.) –principio di autonomia del potere giudiziario ex art. 101 cost. –principio di legalità dell’azione amministrativa: la cui conformità alla legge viene accertata dalla autorità giudiziaria. In italia la giustizia amministrativa è organizzata secondo il sistema della doppia giurisdizione: il riparto di giurisdizione è tra Giudice ordinario e amministrativo e criterio cardine di ripartizione è fondato sulla natura della posizione giuridica lesa dalla p.a. per cui se si tratta di diritto soggettivo la giurisdizione è del g.o., se si tratta di interesse legittimo è del g.a. L’art. 103 cost. dispone infatti che ‘il consiglio di stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della p.a. degli interessi legittimi’. L’art. 7 c.p.a. dispone poi che ‘al giudice amministrativo sono devolute le controversie relative ad interessi legittimi e, nei casi previsti dalla legge, di diritti soggettivi (c.d. giurisdizione esclusiva) concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti e atti amministrativi, accordi o comportamenti riconducibili all’esercizio di tale potere, posti in essere dalle p.a.’ I conflitti di giurisdizione tra g.o. e g.a. sono attribuiti alle sezioni unite della cassazione. Il sitema del c.d. doppio binario comporta la coesistenza di due diversi ordini giurisdizionali, aventi una propria e differenziata competenza. Tale sistema ha posto non pochi problemi in ordine all’identificazione dei criteri idonei ad operare il riparto tra diritti soggettivi e interessi legittimi. La cassazione, con sentenza n.1657/1949, ha posto con chiarezza il criterio discretivo fra i due ordini una commissione speciale. Infine il ricorso viene deciso con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro competente, conforme al parere del cds. Due aspetti sono molto importanti: -i rapporti tra questo ricorso straordinario e la giurisdizione amministrativa sono regolati dal principio di alternatività: per cui l’esperimento di entrambi i rimedi comporta l’inammissibilità di quello presentato per secondo (regola che risponde al principio del ne bis in idem) –inoltre, è previsto ex art. 48 cpa che i controinteressati, entro il termine decadenziale di 60 gg. dalla notifica del ricorso straordinario, possano fare opposizione al ricorso. Tale opposizione comporta la trasposizione della controversia in sede giurisdizionale ed in tal caso il ricorrente ha un termine di 60 gg. per costituirsi presso il tar competente. La trasposizione è un istituto che ha la funzione di garantire al controinteressato la scelta, al pari di quella di cui gode il ricorrente, tra le due forme di tutela ed evitare quindi che sia costretto a subire passivamente la scelta altrui. LA TUTELA GIURISIZIONALE DAVANTI AL GIUDICE ORDINARIO: ambito di giurisdizione: la giurisdizione del g.o. è determinata dall’art 2 della L.A.C. (Legge abolitrice del contenzioso L.2248/1865) che prevede rientrino in essa: ‘’-le cause per contravvenzioni (cioè tutte le violazioni della legge penale) –e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico (diritto politico va inteso come diritto pubblico per cui la sua cognizione è estesa a tutti i diritti soggettivi, sia privati che pubblici ad eccezione delle materie di giurisdizione esclusiva dei tar) – comunque possa essere interessata la p.a. (attrice o convenuta) –ancorchè siano stati emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autorità amministrativa (la giurisdizione quindi non è esclusa dal fatto che la p.a. abbia emanato un atto di autorità)’’. Tuttavia, in deroga all’art. 2, la cognizione su controversie relative a diritti soggettivi è attribuita talvolta ad altri giudici: giudici speciali (commissione tributaria, corte dei conti in materia di pensioni), al g.a. (giurisdizione esclusiva del g.a.), collegi arbitrali (quando lo prevedono i contratti conclusi dalla p.a.). I poteri e i limiti del g.o. sono stabiliti dagli artt. 4 e 5: per quanto attiene ai poteri di cognizione: può conoscere degli effetti di un atto in relazione all’oggetto dedotto in giudizio e il suo sindacato è limitato alla valutazione dei vizi di legittimità, esclusi i vizi di merito (art.4,1°). Quindi l’accertamento è limitato al giudizio in corso. poteri di decisione: non può incidere su un atto amministrativo, anche se illegittimo: né annullarlo, né revocarlo, né modificarlo (4,2°). Ciò al fine di preservare l’azione amministrativa dall’ingerenza del giudice [anche se vi sono alcune deroghe: in materia di trascrizione del matrimonio, tutela dei minori etc.] può solo dichiararne l’illegittimità e diasapplicarlo, ossia non tenerne conto ai fini della decisione singola, senza efficacia esterna di giudicato. Disapplicazione: tra gli aspetti salienti di questo istituto vi rientra indubbiamente l’ambito di operatività, che costituisce oggetto di un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale. In particolare il problema fondamentale è quello di stabilire se il potere di disappicazione riguardi la sola ipotesi di cognizione incidentale su atti illegittimi ex art.5 lac ovvero anche quella di cognizione diretta ex art 4 lac. Secondo una parte della dottrina la disapplicazione può essere esercitata solo quando il g.o. conosce della legittimità dell’atto in via meramente incidentale ex art.5, non anche quando la legittimità dell’atto costituisce oggetto principale del ricorso ex art.4. Secondo altra dottrina invece costituisce uno strumento di portata generale, operante sia in sede di cognizione diretta che di cognizione generale. Altro aspetto della disapplicazione riguarda il suo oggetto; a tal riguardo è sorto il problema in relazione alla rilevabilità ad opera del g.o. del vizio di eccesso di potere. Secondo la dottrina prevalente il g.o. è legittimato ad esercitare un controllo sugli atti amministrativi esteso a qualsiasi vizio di legittimità, compreso l’eccesso di potere, rimanendo invece esclusa la c.d. invalidità per vizi di merito. Per quanto attiene all’officiosità del potere di disapplicazione, può essere esercitato d’ufficio dal giudice, anche in assenza di un’apposita istanza di parte e dell’eventuale inoppugnabilità dell’atto. Altro problema lungamente dibattuto è stato quello della disapplicazione in peius o in malam partem ovvero la disapplicazione di atti ampliativi della sfera giuridica del privato. Azioni ammissibili: -azioni costitutive: dirette ad ottenere una sentenza costitutiva, ossia volta a costituire, modificare, estinguere un rapporto giuridico. La dottrina e giurisprudenza ritengono ammissibili le azioni costitutive quando non incidono sui poteri pubblici della p.a. –azioni dichiarative: sono sempre consentite contro la p.a. e sono dirette all’accertamento di uno stato di fatto o di diritto – azioni di condanna: dopo aver accertato l’obbligo di una delle parti o un suo comportamento antigiuridico, ordina alla stessa una prestazione volta a ristabilire l’equilibrio violato es. pagare una somma di denaro a titolo risarcitorio. –azoni risarcitorie: volte alla condanna al pagamento di una somma di denaro e sempre ammissibili contro la p.a. –azioni reintegratorie: impongono un facere specifico (non a carattere pecuniario) e sono ammissibili solo quando la pa abbia agito o detenuto qualcosa sine titulo. – azioni possessorie: sono ammesse e si hanno in caso di attività poste in essere iure privatorum e senza titolo. –sequestro e provvedimenti di urgenza ex art. 700 cpc. –convalida di sfratto –actio negotiorum gestio –actio de in rem verso. –esecuzione forzata –esecuzione in forma specifica. TUTELA GIURISDIZIONALE AMMINISTRATIVA: Organi giurisdizionali: In primo grado è attribuita ai Tribunali Amministrativi Regionali (TAR), istituiti con la legge tar del 1971 in attuazione dell’art. 125 cost. Sono organi di giustizia amministrativa di primo grado (insieme al Tribunale regionale di giustizia amministrativa per la regione autonoma del trentino alto adige); essi sono 20, uno per regione, con sede nel capoluogo regionale, oltre alle sezioni staccate istituite presso alcune regioni. 2° in secondo grado al Consiglio di Stato che costituisce organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa. Oltre alle funzioni giurisdizionali ha anche funzioni consultive. Ha sei sezioni, alle quali si è aggiunta una sezione consultiva per l’esame di schemi di atti normativi per i quali il consiglio deve dare parere o gli viene richiesto. Gli organi interni sono: il presidente, il consiglio di presidenza, il presidente aggiunto, il segretario generale, l’adunanza generale, l’adunanza plenaria. L’adunanza plenaria in particolare ha la funzione di dirimere i contrasti giurisprudenziali tra sezioni e di risolvere le questioni di particolare importanza (funzione nomofilattica). Consiglio di giustizia amministrativa per la regione sicilia: in cui si propone appello avverso le sentenze del tar per la regione sicilia; ne è discussa la natura perché secondo una parte della dottrina sarebbe una sezione distaccata del consiglio di stato, secondo altri un organo autonomo a sé stante. Le altre giurisdizioni amministrative speciali: -i Tribunali delle acque pubbliche: riguardano controversie concernenti il demanio idrico e il procedimento è regolato da un T.U. 1933; si distinguono in tribunali regionali delle acque pubbliche (sono istituiti presso 8 corti di appello) e in tribunale superiore (sede a Roma). -le Commissioni Tributarie: riguardano le controversie tra amministrazione e contribuente, inerenti a tributi di ogni genere e specie comunque denominate, sovraimposte e addizzionali, sanzioni amministrative, interessi e accessori. Le commissioni provinciali sono gli organi di primo grado e hanno sede nei capoluoghi di provincia, le commissioni regionali sono quelli di secondo grado e hanno sede in ogni capologo di regione. L’ordinamento di tali organi e il processo tributario è regolato dal d.lgs. 545-546/1992. –commissari per gli usi civici: competenza in materia di accertamento e tutela dei demani civici e dei diritti d’uso civico delle comunità locali. Ambito della giurisdizione: definito dall’art. 7 c.p.a. ‘sono devolute al g.a. le controversie nelle quali si faccia questione di diritti legittimi e, nelle materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti: provvedimenti e atti amministrativi; accordi; comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere dalla pa’. Dall’articolo si individuano tre tipologie in cui può articolarsi la giurisdizione amministrativa 1) giurisdizione generale di legittimità: il giudice valuta la legittimità dell’atto, ossia la conformità dello stesso ai principi dell’ordinamento e la sua immunità dai tre vizi di legittimità (eccesso di potere, incompetenza e violazione di legge) e ne dispone eventualmente l’annullamento (e infatti è detta anche giurisdizione di annullamento). Riguarda solo gli interessi legittimi. È una giurisdizione generale: riguarda ogni controversia relativa alla legittimità di un atto amministrativo e infatti compete al tar ogni qual volta non sia indicato dalla legge un giudice diverso, limitata quanto ai poteri di cognizione: il giudice può accertare solo il vizio eccepito, limitata quanto ai poteri di decisione: i tar possono solo annullare, non riformare né modificare. Quindi i tar con tale giurisdizione conoscono solo di interessi legittimi, anche se possono conoscere di questioni pregiudiziali o incidentali relative ai diritti soggettivi quando la soluzione delle stesse sia presupposto necessario per la decisione della questione principale. 2) giurisdizione esclusiva: è una giurisdizione attribuita nei casi previsti dalla legge al g.a. indipendentemente dal fatto che la lesione riguardi diritti soggettivi/interessi legittimi. È una giurisdizione eccezionale e tassativa (le materie sono indicate nell’art. 133 c.p.a. e tra esse ricordiamo quelle legate alla legge sul procedimento amministrativo: risarcimento del danno cagionato dall’inosservanza del termine di conclusione del procedimento, in materia di accesso ai documenti e violazione degli obblighi di trasparenza; in materia di urbanistica ed edilizia; espropriazione di pubblica utilità; concessione di beni pubblici; gli aiuti di stato). È ammessa non solo relativamente ad atti lesivi della pa, ma anche di meri comportamenti lesivi. 3) giurisdizione di merito: sindacato sui vizi di merito, attinenti alla convenienza e opportunità degli atti. Nei casi di giurisdizione di merito, il giudice adotta un nuovo atto o modifica o riforma quello impugnato. È una giurisdizione eccezionale, tassativa ed aggiuntiva perché non esclude ma si aggiunge alla giurisdizione di legittimità. Le materie sindacabili in tale sede sono indicate dall’art. 134 cpa e sono –attuazione di pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato (giudizio di ottemperanza) –gli atti e le operazioni in materia elettorale –le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo –le contestazioni sui confini degli enti territoriali –il diniego di rilascio di un nulla osta cinematografico. Azioni esperibili: -azione di annullamento: (art. 29 c.p.a.) strumento di tutela che ha il privato volto a realizzare la demolizione dell’atto impugnato viziato (tre vizi: incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge) e si deve proporre entro il termine di 60 giorni mediante notifica del ricorso all’amministrazione che ha emanato l’atto e almeno uno dei controinteressati. [il termine decorre dalla notifica dell’atto, comunicazione o piena conoscenza ovvero dal giorno in cui è scaduto il termine di pubblicazione qualora si tratti di atto per il quale non è richiesta la notificazione individuale]. –azione di condanna: (art. 30-34 c.p.a.) il giudice può ai sensi dell’art. 34 –ordinare alla p.a. rimasta interte di provvedere entro un termine –di pagare una somma di denaro, anche a titolo di risarcimento –adottare misure idonee per tutelare la posizione dedotta in giudizio (cd condanna atipica). L’art.30 disciplina principalmente l’azione di risarcimento del danno, la più importante manifestazione dell’azione di conanna, che può essere richiesta per danno ingiusto derivante dalla lesione di diritti soggettivi o interessi legittimi. Può essere richiesto anche il risarcimento in forma specifica. È prevista anche una particolare forma di risarcimento collegata al’inosservanza dei termini di conclusione del procedimento (art. 2 l.241/1990), in tal caso sussiste la possibilità di esperire l’azione risarcitoria di cui all’art. 2 bis. L’articolo prevede inoltre che l’azione di condanna possa essere presentata contestualmente ad un’altra azione oppure in via autonoma, ma solo nei casi di giurisdizione esclusiva o in quelli limitati previsti dall’art.30 (con tale articolo viene quindi definitivamente superata la questione della pregiudiziale amministrativa per cui non è più necessario che prima di chiedere il risarcimento si debba agire ed ottenere l’annullamento dell’atto amministrativo). L’azione di condanna è proponibile entro il termine di 120 giorni, decorrenti da quando il fatto si è verificato o dalla conoscenza del provvedimento (se il danno deriva direttamente da questo); se è stata già proposta azione di annullamento, la domanda può essere formulata nel corso del giudizio o comunque sino a 120 giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. –azione avverso il silenzio: (art. 31 cpa) azione in caso di inattività della p.a. una volta decorsi i termini di conclusione del procedimento con cui si chiede al giudice l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione a provvedere e la relativa declaratoria. L’azione può essere proposta fintanto che commissario si sostituisce agli organi della p.a. ed emana i provvedimenti più opportuni in conformità al giudicato. È compreso tra gli ausiliari del giudice ex art. 21 cpa e secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza i suoi atti non sono amministrativi ma giurisdizionali e pertanto reclamabili dinanzi allo stesso giudice di ottemperanza. Gli atti del giudice o del commissario sono impugnabili da terzi estranei al giudicato attraverso l’azione di anullamento ex art.29 cpa. Le impugnazioni: appello: avverso le decisioni del giudice di primo grado è proponibile appello avverso il Consiglio di Stato e valgono le stesse regole del giudizio di primo grado, salvo espressa deroga. La legittimazione ad appellare spetta solo alle parti fra le quali è stata pronunciata la sentenza di primo grado e che hanno interesse all’appello (individuata in base alla soccombenza sostanziale, cioè in relazione all’incidenza sulla situazione giudica tutelata). Sono appellabili tutte le sentenze che definiscono il giudizio (anche quelle che dichiarano la manifesta infondatezza dell’istanza di regolamento di competenza) entro il termine di 60 giorni (termine breve) o 6 mesi (termine lungo) se non vi è stata notificazione. Caratteristica dell’appello è il suo carattere devolutivo per cui la cognizione della questione si trasferisce integralmente al consiglio di stato e quindi il giudizio di appello ha la stessa estensione del giudizio di primo grado. Tale principio è temperato dal principio dispositivo per cui il giudice conosce solo le domande e le questioni riproposte, le altre si intendono rinunciate. Vi è poi il divieto dello ius novum per cui in appello non possono essere proposte nuove domande o nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio ma possono essere chiesti gli interessi e accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento danni subiti dopo la sentenza impugnata. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova o documenti, se non ritenuti indispensabili dal collegio o se la parte dimostra di non averli potuti produrre in giudizio per causa ad essa non imputabile. Non sono ammessi motivi aggiunti, a meno che la parte non venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi dell’atto amministrativo. L’accogliemento dell’appello determina l’annullamento della sentenza di primo grado e talvolta il rinvio al giudice di prime cure (se è mancato il contraddittorio, è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, viene dichiarata la nullità della sentenza, riforma della sentenza che ha erroneamente declinato la giurisdizione o pronunciato sulla competenza o che ha dichiarato l’estinzione o perenzione del giudizio). In seguito le parti devono riassumere il processo con ricorso notificato entro 90 giorni dalla notifica o comunicazione della sentenza o ordinanza, se anteriore. Revocazione: le sentenze del tar o del consiglio di stato sono impugnabili per revocazione nei casi e nei modi art. 395 e 396 cpc. Opposizione di terzo: è ammessa ex art. 108 c.p.a. Ricorso per Cassazione: art. 111,8° prevede che ‘’contro le decisioni del consiglio di stato e della corte dei conti il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi attinenti alla giurisdizione’’. I riti speciali: procedimenti che riguardano controversie che hanno caratteri peculiari (accesso ai documenti amministrativi) o rilevanza economica (appalti) o politica (contenzioso elettorale): –rito in materia di accesso ai documenti amministrativi (art. 116 cpa) –ricorsi avverso il silenzio (117) –il procedimento di ingiunzione (118) – rito abbreviato in determinate materie es. appalti (119). ANTICORRUZIONE E TRASPARENZA ANTICORRUZIONE Occorre premettere che il principio di trasparenza costituisce la condizione e il presupposto necessario per la lotta alla corruzione, considerata quale insieme di pratiche violative dei doveri collegati alle funzioni pubbliche per conseguire un vantaggio privato, e in generale al mal funzionamento della p.a. (maladministration) quale gestione distorta di risorse economiche e umane. L’ anticorruzione è una materia trasversale che abbriaccia diversi settori della p.a. e che è stata interessata da una vasta opera di riforma. Il legislatore, infatti, ha riformato la normativa in materia di prevenzione e contrasto alla corruzione per fronteggiare il fenomeno e ottemperare gli obblighi internazionali assunti. L’attuale disciplina anticorruzione si fonda sulla -‘’legge Severino’’ (o anticorruzione) L.190/2012: da cui ha preso le mosse il trend per il recupero della legalità e che è stata emanata con lo scopo di adeguare la normativa interna agli obblighi derivanti dalla Convenzione di Merida dell’onu ratificata nel 2009, dalla Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’europa ratificata nel 2012 e la Convenzione civile sulla corruzione del Consiglio d’europa del 2012. Con tale legge è stato riformato anche il c.p. nella parte dei delitti contro la p.a. -la nuova legge anticorruzione L.69/2015. Funzionale al perseguimento degli obiettivi è la creazione di una governance amministrativa: vi sono sia soggetti che operano a livello nazionale: 1)A.N.AC. (autorità nazionale anticorruzione): autorità amministrativa indipendente con funzioni di controllo, prevenzione e contrasto alla corruzione. Composizione: -Consiglio dell’Autorità: 5 membri (di cui un presidente), in carica 6 anni, non rinnovabili, scelti tra indipendenti esperti la cui proposta di nomina spetta al ministro per la p.a. (di concerto con ministro interno e giustizia per il presidente) previo parere favorevole delle commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza di 2/3 dei componenti. –Camera Arbitrale: è l’organo ausiliario del consiglio. È composto da 5 docenti universitari, di cui un presidente con compiti di rappresentanza della camera e di convocazione delle sedute del consiglio, di direzione dei lavori. Può adottare provvedimenti di urgenza da sottoporre a ratifica del consiglio nella prima seduta successiva alla loro adozione. –27 Uffici –esperto nelle relazioni umane – uos –nucleo gdf –portavoce. Funzioni: -adozione del piano nazionale anticorruzione –collaborazione con i paritetici organismi regionali e stranieri competenti –analisi delle cause e fattori della corruzione e interventi necessari –compiti di vigilanza e controllo sull’applicazione ed efficacia delle misure anticorruzione adottate nella p.a. con poteri ispettivi, poteri ordinatori nell’adozione di atti e provvedimenti previsti dai piani anticorruzione nonchè poteri sanzionatori (es.per chi non adotti il piano triennale di prevenzione) –redigere una relazione annuale da presentare al Parlamento entro il 31 dicembre di ogni anno relativa all’attività di anticorruzione e l’efficacia delle disposizioni vigenti – funzioni di segnalazione al Governo e al Parlamento nel caso di gravi violazioni di legge e funzioni ispettive nei confronti delle imprese –funzioni di vigilanza c.d. collaborativa nelle procedure di affidamento che si sostanzia in forme di assistenza e supporto alle stazioni appaltanti per affidamenti di particolare interesse, nella possibilità di adottare raccomadazioni vincolanti verso tali stazioni, di irrogare sanzioni pecuniarie per i soggetti che non si adeguano; inoltre, esprime pareri precontenziosi quando sorgono questioni nel corso di una procedura di gara che devono essere seguite obbligatoriamente (funzioni precontenziose). -emana linee guida per l’interpretazione ed applicazione del codice dei contratti -gestione della banca nazionale dei contratti pubblici (che raccoglie tutte le info sui contratti) e del casellario informatico dei contratti pubblici e in generale ha il compito di monitorare l’intero sistema contrattualistico. Piani anticorruzione: -piano nazionale anticorruzione (PNA): adottato dall’anac, durata triennale e aggiornato annualmente. È un atto di indirizzo per le p.a. ai fini dell’adozione dei propri piani triennali e costituisce il perno del sistema di prevenzione alla corruzione. –piani triennali di prevenzione della corruzione (PTPC): predisposti da ogni singola amministrazione, redatti ed applicati dal responsabile della prevenzione e della corruzione, sotto la vigilanza dell’oiv. La violazione delle misure in esso previste comporta responsabilità disciplinare che grava sui vertici dell’amministrazione. 2)DFP (Dipartimento della Funzione Pubblica): struttura della presidenza del consiglio dei ministri, istituita nel 1983, alla quale è affidato il presidio delle politiche di riforma e modernizzazione delle pubbliche amministrazioni. 3) Comitato interministeriale per la prevenzione e il contrasto della corruzione ed illegalità della pa: istituito nel 2013 e composto dal presidente del consiglio dei ministri (che lo presiede), dai ministri per la p.a., giustizia e dell’interno. Emana le linee di indirizzo in relazione ai poteri di coordinamento dell’anac e viene sentito da questo prima dell’adozione del piano nazionale anticorruzione. soggetti operanti all’interno delle singole amministrazioni: -organo di indirizzo politico: individua per ogni amministrazione il responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza (tra i dirigenti o nel caso di enti locali tra i segretari); definisce gli obiettivi in materia di corruzione; adotta il piano triennale per la prevenzione della corruzione su proposta del responsabile entro il 31 gennaio di ogni anno, curandone la trasmissione all’anac. –responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT): funzioni: cura e predispone i ptpc, individua gli obiettivi e le misure idonee a perseguirlo, gli uffici maggiormente a rischio, verifica la sua efficacia, ne propone l’eventuale modifica; si occupa della formazione dei dipendenti che operano in settori a rischio; predispone e verifica l’effettiva rotazione degli incarichi dirigenziali; segnala all’organo di indirizzo e all’oiv le disfunzioni inerenti l’attuazione delle misure in materia e indica agli uffici competenti all’esercizio dell’azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure; entro il 15 dicembre trasmette all’organo di indirizzo e all’oiv una relazione sull’attività svolta, obiettivi e la pubblica sul sito web dell’amministrazione. Responsabilità: se non predispone il piano triennale entro il 31 gennnaio (responsabilità dirigenziale da cui può derivare il mancato rinnovo, la revoca o il licenziamento); se non seleziona e forma il personale dipendente nei settori a rischio (responsabilità ex art. 21 d.lgs 156/2001); nel caso di commissione all’interno dell’amministrazione di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato (responsabilità personale dirigenziale ex art. 21 d.lgs 156/2001, e responsabilità per danno erariale e all’immagine della p.a.). –OIV (organismo indipendente di valutazione): soggetto presente in ogni amministrazione con funzioni di misurazione valutazione della performance dei dipendenti; verifica che i piani triennali per la prevenzione della corruzione siano coerenti con gli obiettivi stabiliti nei documenti di programmazione e che nella misurazione delle performance si tenga conto degli obiettivi connessi all’anticorruzione e trasparenza. TRASPARENZA La moderna attività amministrativa è sempre più improntata all’attuazione del principio di trasparenza, riconducibile al disposto dell’art.97 cost. e codificato all’art. 1 L.241/1990 ‘l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di pubblicità e trasparenza’. La trasparenza è da intendersi quale immediata e facile controllabilità di tutti i momenti e di tutti i passaggi in cui si esplica l’operato della p.a., onde garantirne e favorirne lo svolgimento imparziale. La legge 190/2012 ha elevato il principio di trasparenza a livello essenziale delle prestazioni, da garantire su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 117,2° lett.m costituzione e ha previsto che la stessa venga assicurata mediante la pubblicazione, nei siti web istituzionali delle p.a. delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione. In seguito il principio ha trovato una rinnovata ed ampliata attuazione con il d.lgs. 33/2013 (decreto trasparenza), modificato con d.lgs. 97/2016, che ha definito la trasparenza come ‘’accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle p.a. allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, di promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa’’ (art.1). Tale decreto ha raccolto in un unico corpus le numerose fattispecie di inormazioni che le p.a. hanno l’obbligo giuridico di fornire ai cittadini, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, consentendo ai cittadini di effettuare un controllo democratico sull’operato dela p.a. Il principio della trasparenza è a sua volta condizione e presupposto ineludibile della lotta alla corruzione e ai fenomeni di malaffare tra gli uffici pubblici. Le espressioni del principio di trasparenza sono –l’accesso ai documenti amministrativi –l’obbligo di motivazione –istituti di partecipazione al procedimento amministrativo. differimento è previsto quando la conoscenza dell’atto possa impedire o ostacolare l’azione amministrativa. In caso di differimento o limitazione all’accesso il provvedimento viene motivato. I mezzi di tutela: sono 1) tutela giurisdizionale: (art 25 l.241/1990 e art. 116 c.p.a) il giudizio è affidato alla giurisdizione esclusiva del g.a. e la tutela è più rapida in entrambi i gradi. Il richiedente deve presentare ricorso entro 30 giorni dal provvedimento di diniego o dalla formazione del silenzio, al tar il quale si decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. Le parti possono stare in giudizio personalmente senza assistenza del difensore, la p.a. può essere rappresentata e difesa da un dipendente in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato a rappresentare legalmente l’ente. Si conclude con una sentenza in forma semplificata che può essere di accoglimento totale o parziale (ordine di esibire i documenti entro 30 giorni) o di rigetto appellabile entro 30 giorni dalla notifica al Consiglio di Stato che decide con le stesse modalità e termini. 2) tutela amministrativa: (art.25) il soggetto interessato, anziché rivolgersi al tar, può rivolgersi con ricorso sempre entro 30 giorni al difensore civico competente per territorio, quando si tratti di atti delle amministrazioni comunali, provinciali, regionali. In alternativa sempre entro 30 giorni può rivolgersi con ricorso alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi nel caso di atti delle amministrazioni statali centrali o periferiche. Se queste non si pronunciano entro 30 giorni, si ha silenzio rigetto; se rilevano illegittimo il diniego, ne informano il richiedente e l’autorità disponente, e qualora quest’ultima non emani un provvedimento confermativo entro 30 giorni, l’accesso è consentito. Se l’accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi (la riservatezza è un limite all’accesso), la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, che si pronuncia entro 10 giorni dalla richiesta, decorsi inutilmente i quali il parere si intende reso. La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi è istituita ex art. 27 presso la presidenza del consiglio dei ministri, è nominata con decreto del presidente del consiglio, sentito il consiglio dei ministri. È presieduta dal sottosegretario di stato alla presidenza del consiglio dei ministri; è composta da 10 membri oltre al sottosegretario (due senatori, due deputati; 4 componenti scelti tra magistrati e avvocati di stato; 1 professore materie giuridiche; capo della struttura della presidenza del consiglio); può avvalersi di esperti, in numero non superiore a 5; durano in carica 3 anni (ma i membri del parlamento vengono rinominati in caso di scadenza o scioglimento anticipato delle camere prima del triennio); delibera a maggioranza dei presenti e l’assenza dei componenti per 3 sedute consecutive ne determina la decadenza. I compiti sono: vigila affinchè sia attuato il principio di piena conoscibilità dell’attività della p.a. con il rispetto dei limiti fissati dalla legge. 241/1990; in particolare decide dei ricorsi in tema di diritto di accesso; redige una relazione annuale sulla trasparenza dell’attività delle p.a. e la comunica alle camere e al presidente del consiglio; propone al governo modifiche dei testi legislativi e regolamentari al fine di garantire il diritto di accesso. Le p.a. sono tenute a comunicare alla commissione ogni informazione o documento richiesto purchè non vi sia segreto di stato. -diritto di accesso civico (o accesso civico semplice): previsto dall’art. 5,1° decreto trasparenza d.lgs. 33/2013: ‘l’obbligo in capo alle p.a. di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione’’. Per cui tale accesso si configura come rimedio alla mancata pubblicazione, obbligatoria per legge, di documenti informazioni o dati sul sito istituzionale. L’accesso civico introduce una legittimazione generalizzata, a differenza dell’accesso documentale che è finalizzato alla protezione di un interesse giuridico e che può essere esercitato solo dal titolare di tale interesse e per documenti individuati. Quindi la sostanziale differenza tra l’accesso documentale e l’accesso civico va ravvisata nell’ampliamento dal punto di vista soggettivo del diritto stesso perché la richiesta di accesso nel caso di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. Quindi in relazione al Soggetto attivo può essere chiunque; Soggetti passivi: le p.a. e in generale tutti i soggetti indicati nell’art. 11 d.lgs. 33/2013 hanno l’obbligo di organizzare sistemi che forniscano risposte tempestive alle richieste di accesso civico da parte di cittadini e imprese e di pubblicare sul sito istituzionale, nella sezione amministrazione trasparente: il nominativo del responsabile della trasparenza a cui presentare la richiesta di accesso, del titolare del potere sostitutivo; le modalità per l’esercizio di tale diritto. Procedimento di accesso: l’istanza va presentata anche per via telematica al responsabile della trasparenza dell’amministrazione obbligata alla pubblicazione, che si pronuncia sulla stessa. L’istanza identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede la motivazione. Decisione: entro 30 giorni la p.a. procede alla pubblicazione nel sito del documento di quanto richiesto e lo trasmette al richiedente (oppure gli comunica l’avvenuta pubblicazione). Tutela: in caso di ritardo o mancata risposta, il richiedente può ricorrere al titolare del potere sostitutivo, fatta salva la possibilità di rivolgersi comunque al tar. Solo in caso di mancata presenza nei siti istituzionali delle amministrazioni delle indicazioni necessarie relative all’istituto dell’accesso civico o in caso di mancata risposta anche del titolare del potere sostitutivo entro i termini, ci si può rivolgere all’anac. 3) diritto di accesso generalizzato (o accesso civico generalizzato): introdotto dall’art. 5, 2° decreto trasparenza: ‘chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle p.a., ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dall’art.5 bis’’. Tale diritto di accesso si traduce quindi in un diritto non condizionato dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti ed avente ad oggetto tutti quei dati e documenti detenuti dalla pa ulteriori rispetto a quelli per i quali è stabilito un obbligo di pubblicazione. Soggetti attivi: chiunque (anche non cittadino italiano o residente nello stato); soggetti passivi: tutte le p.a. oggetto: documenti, dati e informazioni in possesso della p.a. Eccezioni: all’accesso si hanno a tutela di interessi pubblici o privati che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di alcune informazioni –eccezioni assolute: art. 5 bis,3° segreto di stato, altri divieti imposti dalla legge–eccezioni relative o qualificate: art. 5 bis, 1°2° in tal caso è rimessa alla p.a. la valutazione che deve essere effettutata con la tecnica del bilanciamento caso per caso tra gli interessi che possono subire un pregiudizio dalla diffusione. Affinchè l’accesso possa essere rifiutato, il pregiudizio agli interessi considerato ai commi 1 e 2 deve essere concreto e deve sussistere un preciso nesso tra accesso e il pregiudizio; difatti il diniego non è giustificato se ai fini della protezione dell’interesse è sufficiente il differimento dello stesso (art.5 bis,5°); inoltre la p.a. può disporre l’accesso parzial o limitato solo ad alcune parti a tutela degli interessi sottesi alle eccezioni (art. 5 bis,4°). Procedimento di accesso: l’istanza va presentata anche in via telematica all’ufficio che detiene i dati, informazioni o documenti (o all’urp) o ad altro ufficio indicato nella sezione ‘amministrazione trasparente’’, deve indicare i documenti o i dati richiesti (o consentire alla pa di identificarli) e non deve essere motivata. Controinteressati: se la richiesta di accesso generalizzato può incidere su interessi connessi alla protezione dei dati personali, o alla libertà e segretezza della corrispondenza oppure interessi economici e commerciali, l’ente destinatario della richiesta deve darne comunicazione ai soggetti titolari di tali interessi mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento. Il controinteressato può presentare una eventuale e motivata opposizione all’istanza di accesso entro 10 giorni dalla comunicazione della richiesta di accesso; decorso tale termine la p.a. provvede alla richiesta di accesso generalizzato [qualora venga accolta un’istanza nonostante l’opposizione dei controinteressati, questi ultimi possono presentare richiesta di riesame al Respondabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza e, per gli atti delle regioni e degli enti locali, al difensore civico. Decisione: deve concludersi con un provvedimento espresso e motivato nel termine di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, con la comunicazione al richiedente e ai controinteressati. Sia il provvedimento che di diniego devono essere motivati. Il rilascio dei dati in formato elettronico è gratuito, in caso di formato cartaceo si può chiedere il rimborso spese. Tutela: in caso di diniego o mancata risposta il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione che decide con provvedimento motivato entro 20 giorni o al difensore civico per gli atti delle regioni e degli enti locali. -diritto di accesso partecipativo: art. 10 L.241/90, è il diritto dei destinatari della comunicazione dell’avvio del procedimento di prendere visione degli atti del procedimento al fine di presentare, all’interno di quel procedimento, memorie e documenti. Può essere esercitato solo nelle more di un procedimento amministrativo.