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Sommario PRESTAZIONE DI FATTO CON VIOLAZIONE DI LEGGE, ART.2126 c.c.:...............................................................2 LAVORO AUTONOMO......................................................................................................................................3 APPALTO, DISTACCO E SOMMINISTRAZIONE:.................................................................................................5 DIRITTO ANTIDISCRIMINATORIO......................................................................................................................7 MOBILITA’, MANSIONI.....................................................................................................................................9 OBBLIGHI E DIRITTI DEL LAVORATORE............................................................................................................9 Diritti sindacali................................................................................................................................................10 POTERI E OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO...............................................................................................12 Procedimento disciplinare..............................................................................................................................13 LA RETRIBUZIONE..........................................................................................................................................13 Cassa integrazione..........................................................................................................................................15 Contratti collettivi aziendali............................................................................................................................15 LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO.................................................................................................16 Licenziamento................................................................................................................................................17 CONTRATTO A TERMINE................................................................................................................................21 LA TUTELA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI......................................................................................................23 RINUNZIE E TRANSAZIONI.............................................................................................................................23 IL TRASFERIMENTO D'AZIENDA.....................................................................................................................23 SINDACATO.....................................................................................................................................................24 LA LIBERTA' SINDACALE.................................................................................................................................25 RSA E RSU 19..................................................................................................................................................25 Diritto di assemblea........................................................................................................................................26 CONDOTTA ANTISINDACALE.........................................................................................................................27 LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA................................................................................................................27 IL CONTRATTO COLLETTIVO:..........................................................................................................................30 IL LAVORO SUBORDINATO IL LAVORATORE SUBORDINATO Il codice civile non detta una nozione di lavoro subordinato, ma si limita ad individuare una delle parti - il lavoratore - di tale rapporto. L'art.2094 c.c. qualifica come prestatore di lavoro colui che "si obbliga mediante retribuzione, a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore". Il c.c. individua nella collaborazione, nell'onerosità e nella subordinazione, soprattutto, i caratteri costitutivi del rapporto di lavoro subordinato. Subordinazione: Il vincolo di subordinazione è la caratteristica fondamentale del lavoro subordinato. Tradizionalmente, l'associazione del lavoratore subordinato ha comportato l'identificazione della subordinazione con la dipendenza o inferiorità economica del lavoratore rispetto al datore di lavoro. In realtà esistono ormai categorie di lavoratori subordinati, quali i quadri o i dirigenti, la cui posizione non è connotata da tale debolezza ma al contrario da autonomia e potere decisionale. Il criterio maggioritario di identificazione della subordinazione fa riferimento al carattere dell'eterodeterminazione della prestazione, nel senso che il lavoratore subordinato esegue la prestazione dedotta in contratto secondo ordini, direttive ed impostazioni impartite dal datore di lavoro. La subordinazione consistererebbe proprio nell'eterodirezione, cioè nella sottoposizione del lavoratore alle direttive del datore di lavoro con cui si determina in concreto l'attività da svolgere. I criteri elaborati dalla giurisprudenza: Per facilitare la distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, la giurisprudenza ha individuato nel corso degli anni una serie di indici che, se riscontrati nello svolgimento del rapporto di lavoro, ne rivelano la natura subordinata, quali: · L'osservanza di un orario di lavoro predeterminato; · La collaborazione; · L'assenza del rischio in capo al lavoratore; · La continuità della prestazione. Tali indici sono sussidiari, hanno rilievo secondario rispetto all'assoggettamento del lavoratore al potere di direzione e di controllo del datore di lavoro, elemento fondamentale. Il contratto individuale di lavoro: Fonte del rapporto di lavoro subordinato il contratto individuale di lavoro. La costituzione del rapporto di lavoro avviene sulla base di un accordo e si sostanzia nell'incontro di volontà tra il datore ed il prestatore di lavoro. Del contratto di lavoro sono parte il datore e il lavoratore: il prestatore si obbliga a mettere a disposizione del datore la sua attività di lavoro, mentre il datore si obbliga a corrispondere una retribuzione. Si tratterebbe, quindi, secondo la più moderna dottrina di un contratto di scambio, un contratto di diritto privato. Il contratto di lavoro è: 1. oneroso 2. sinallagmatico 3. commutativo: la legge e i contratti collettivi staviliscono l'entità delle prestazioni 4. eterodeterminato: è in gran parte predeterminato, limitata autonomia negoziale LA CAPACITA' DEI SOGGETTI CONTRAENTI: Per la stipulazione del contratto le parti devono essere in possesso di determinati requisiti soggettivi: capacità giuridica e capacità d'agire v.diritto privato. Per il prestatore di lavoro si parla invece di capacità giuridica speciale che indica l'attitudine a prestare il proprio lavoro e si acquista al raggiungimento di determinati requisiti previsti dal legislatore a protezione della crescita e della formazione dei giovani. Raggiungimento di un'età minima e all'assolvimento dell'obbligo di istruzione e formazione. L'età per l'accesso al lavoro è pari a 16 anni. L'ammissione al lavoro a 15 anni è consentita con apprendistato. Patto di prova: Disciplinato dall'art. 2096 c.c. Il patto di prova è una clausola inserita nel contratto, con cui le parti subordinano l'assunzione definitiva all'esito positivo del periodo di prova. Può essere definito come elemento accidentale del contratto di lavoro. La sua funzione è quella di verificare, nell'interesse sia del lavoratore che del datore di lavoro, l'utilità alla prosecuzione del lavoro. La forma del contratto deve risultare per atto scritto. Non può essere stipulato per un periodo maggiore di 3 mesi, per gli impegati senza funzioni direttive, o quello previsto dalla disciplina sindacale, comunque non superiore a 6 mesi. Entrambe le parti possono recedere dal contratto senza preavviso, salvo l'eventuale limite di durata, e senza necessità di giustificazione (cosiddetto recesso ad nutum) L'unico limite per il datore è il divieto di recesso per motivi non inerenti alla prova e più in generale, motivi discriminatori. Se il datore svolge un recesso illeggittimo deve risarcire il lucro cessante al lavoratore. Compiuto il periodo di prova se nessuna delle parti recede il rapporto diventa definitivo. CATUC (contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti): È stato introdotto in attuazione del Jobs Act con D.Lgs23/2015. Costituisce una nuova veste contrattuale, con cui sono costituite nell'ambito Con la L.92/2012 la cd. Legge Fornero si torna sull'argomento e si elimina il programma e la fase perchè sono riferimenti tipici al lavoro subordinato. La Fornero dice che il progetto deve essere collegato ad un risultato finale, non può consistere in una mera riproposizione delle attività svolte dall'azienda e non può comportare lo svolgimento di compiti ripetitivi. Un'altra modifica riguarda il corrispettivo, La Fornero tende ad estendere il più possibile la tutela retributiva dei subordinati agli autonomi. L'idea è che il collaboratore doveva avere corrisposto un compenso quanto più possibile simile a quello dei subordinati. Con il D.Lgs 81/2015, in attuazione del Jobs Act, viene abrogata la disciplina del lavoro a progetto che non può più essere emanato. Quindi si ritorna alla situazione ante 2003, per cui le co.co.co non è sottoposta ai limiti del progetto, della forma scritta e del contenuto. L'art 2 del D.Lgs 81/2015 prevede che le collaborazioni genuine possano continuare a stipuarsi in ossequio al 409 c.p.c (codice di procedura civile) e introduce le cd. collaborazioni eterorganizzate (organizzate dal committente). La L.81/2017 ha apportato poi una modifica all'art 409 c.p.c. precisando che la collaborazione si intente coordinata quando il collaboratore organizza autonomamente la sua attività lavorativa. Si applicano a tutti i collaboratori? No, vi sono delle esclusioni dettate dal comma 2. dell'art.2 per le quali si prevedono discipline specifiche riguardanti trattamento economico e normativo. I casi di esclusione sono: · I casi in cui ci siano delle collaborazioni in cui i contratti collettivi abbiano già previsto una specifica disciplina sul trattamento normativo e retributivo.· Le collaborazioni rese nell'esercizio di professioni intellettuali, per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi; · Attività svolta da componenti di organi di amministrazione, di controlli di scoietà o da società sportive, a favore di società o associazioni sportive e dilettantistiche. · Nel 2016 si aggiunge un ulteriore esclusione che riguarda le collaborazioni prestate a favore delle fondazioni lirico sinfoniche. Al comma 3 si dice: Le parti possono richiedere alle commissioni di certificazione dell'assenza dei requisiti di cui al comma 1. "Si applica la disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personale, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche in riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro" I rapporti associativi: In alcuni rapporti associativi è rinvenibile la situazione in cui il socio o l'associato si trovano ad eseguire un'attività di laovro: è il caso del socio d'opera nelle società di persone, dell'associato nell'associazione in partecipazione e del socio lavoratore nelle cooperative di lavoro. Nei rapporti di tipo associativo lo svolgimento di un'attività lavorativa è di regola una conseguenza stessa del vincolo associativo. · Socio d'opera: colui che conferisce la propria opera lavorativa in favore della società, non per retribuzione, ma perchè partecipa allo scopo societario. · Associazione in partecipazione: L'associante attribuisce all'associato la partecipazione agli utili dell'impresa, come corrispettivo di un certo apporto che può consistere in una somma di danaro, nel godimento di un bene e prima del D.Lgs 81/2015 anche nello svolgimento di una prestazione di lavoro. · Socio lavoratore nelle cooperative: I soci contribuiscono al raggiungimento degli scopi sociali, ma nel contempo sono titolari del diritto alla partecipazione agli utili dell'impresa. Il lavoro agile: (il cd. smart working): La L.n. 81/2017 ha introdotto la disciplina del lavoro agile. E' una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, per cui le parti si accordano per adottare forme di organizzazione per fari, cicli e obiettivi, senza rispettare precisi vincoli di orario o luogo di lavoro. Lo smart working è adottato mediante accordo tra le parti, nel quale saranno definite le modalità di lavoro e dovrà essere disciplinato l'esercizio del potere di contrrollo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all'esterno dell'azienda. L'accordo deve essere stipulato per iscritto ai fini della prova. APPALTO, DISTACCO E SOMMINISTRAZIONE: L'appalto: Il divieto di pseudo appalto: Il nostro ordinamento prevedeva originariamente il divieto di interposizione e appalto nelle prestazioni di lavoro, nell'art.2127 c.c. e con la L. n. 1369/1960. Quest'ultima non impediva agli imprenditori di appaltare in esterno l'esecuzione di opere e servizi, ma introduceva apposite disposizioni per prevenire e reprimere il fenomeno dei finti appalti. Nei finti appalti l'appaltatore interveniva soltanto per procacciare al datore di lavoro committente prestazioni di lavoro evitandogli di assumere i lavoratori e retribuirli direttamente. Egli agiva come intermediario tra il committente e la forza lavoro. L'abrogazione della L. n.1369/1960 e la definizione dei requisiti di appalto genuino: Il D.Lgs 276/2003 ha abrogato la Legge del '60 senza tuttavia liberalizzare l'interposizione di manodopera. Il legislatore ha specificato quali caratteristiche deve avere un appalto per poter essere definito genuino e quindi non fittizio. Requisiti: · Organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore · L'assunzione del rischio d'impresa da parte dell'appaltatore. Se tali caratteristiche mancano, si configura una illecita fornitura di prestazioni di lavoro e il lavoratore potrà agire in giudizio. Il regime di solidarietà: A carico di tutti i soggetti coinvolti nella catena dell'appalto opera un particolare regime di solidarietà per cui, dei trattamenti retributivi, comprese le quote TFR, nonchè dei contributi prevideziali e dei premi assicurativi rispondono in solido il committente imprenditore o datore di lavoro, l'appaltatore e ciascuno degli eventuali subappaltatori. Il regime opera entro 2 anni dalla cessazione dell'appalto. Appalto e trasferimento d'azienda: Successivamente all'affidamento dell'appalto può accadere che all'originario appaltatore subentri un nuovo soggetto. Il legislatore ha stabilito che in tale ipotesi l'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda escludendo, responsabilità dell'imprenditore subentrante per i pregressi crediti retributivi dei lavoratori e le altre tutele previste dall'art. 2112 c.c. (Trasferimento d'azienda) IL DISTACCO: Il D.Lgs 276/2003 art.30 ha definito il distacco come la fattispecie in cui il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa. I requisiti del distacco sono: 7. esistenza di uno specifico interesse del datore di lavoro distaccante che deve sussistere per tutta la durata del distacco. 8. temporaneità del distacco, intesa come non definitività dello stesso. 9. svolgimento di una determinata attività lavorativa da parte del lavoratore distaccato. Nel distacco il distaccante rimane titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore distaccato presso un'altra azienda e pertanto, in qualità di datore di lavoro è responsabile del trattamento economico a favore del lavoratore distaccato. A tutela dei lavoratori è inoltre previsto: · il consenso del lavoratore al distacco che comporti mutamento di mansioni · il distacco deve essere giustifiato da comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive quando comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito. LA SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO: Nozione e caratteristiche: La somministrazione si sostanzia in una fornitura professionale di manondopera, a tempo determinato o indeterminato, effettuata da un'agenzia autorizzata all'impresa richiedente per il soddisfacimento di esigenze produttive di quest'ultima. I caratteri essenziali disciplinati dal D.Lgs 81/2015 in attuazione del Jobs Act, sono: 10. Rapporto triangolare tra tre soggetti (somministratore, lavoratore e utilizzatore), di cui il primo - l'agenzia di somministrazione - deve possedere i requisiti previsti dalla legge ed essere iscritto in un apposito Albo pubblico. 11. L'agenzia di somministrazione fornisce uno o più lavoratori alle imprese che ne facciano richiesta. Il rapporto tra l'agenzia e l'utilizzatore è regolato da un contratto commerciale, denominato contratto di somministrazione di lavoro; 12. I lavoratori sono assunti dall'agenzia di somministrazione ed il rapporto che si costituisce tra essi e l'agenzia è regolato da un contratto di lavoro subordinato. A seguito del D.Lgs 81/2105, la somministrazione di lavoro è completamente liberalizzata per qualsiasi tipologia di attività e senza che sussista alcuna causale specifica. Sono previsti dei limiti quantitativi: 13. In caso di somministrazione a tempo indeterminato, il numero di lavoratori somministrati non può eccedere il 20% dei lavoratori a tempo indeterminato occupati presso l'utilizzatore. 14. In caso di somministrazione a tempo determinato, vale il limite previsto dal contratto collettivo applicato. Il contratto di somministrazione: Il rapporto tra l'agenzia di somministrazione e l'impresa utilizzatriice è regolato da un apposito contratto, contratto di somministrazione di manodopera. Tale deve essere stipulato in forma scritta, avere contenuto il numero dei lavoratori richiesti, le relative mansioni e inquadramento, la data di inizio e di fine somminstrazione. In mancanza di forma scritta il contratto è nullo; E' nulla l'apposizione al contratto di somministrazione clausole che limitano l'assunzione del lavoratore da parte dell'utilizzatore, al termine della missione. Svolgimento del rapporto di lavoro e titolarità dei poteri datoriali: Nella somministrazione il lavoratore è assunto dall'impresa di somministrazione, ma presta la sua attività presso un altro datore di lavoro, si realizza quindi una dissociazione tra il soggetto che formalmente è il datore di lavoro e il soggetto cui interesse viene eseguita la prestazione. Per tutta la durata della missione, il potere direttivo è esercitato dall'utilizzatore, mentre il potere disciplinare spetta all'agenzia di somministrazione. Il somministratore è tenuto ad informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttve. Per quanto concerne i costi del lavoro, il trattamento economico del lavoratore è erogato direttamente dall'agenzia di somministrazione, ma ricade sull'utiizzatore che deve rimborsare l'agenzia. I contributi previdenziali e assicurativi sono versati e sostenuti dall'agenzia di somministrazione. Diritti del lavoratore: Per tutta la durata della missione presso l'utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore. I lavoratori operanti in regime di somministrazione hanno diritto ad essere informati dall'utilizzatore dei posti vacanti presso quest'uiltimo, affinchè possano asprirare a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato. Differenza tra somministrazione e appalto: Appalto e somministrazione di lavoro possono essere ben distinti guardando alla finalità dell'attività posta rispettivamente in essere. Mentre l'appaltatore è direttamente produttore dell'opera o del servizio fornito, l'agenzia di somministrazione non svolge alcuna attività produttiva ma si limita ad operare sul mercato del lavoro come un semplice intermediario, assumendo lavoratori per poi fornirli ad altre imprese. Si può dire che vi è una differenza di oggetto tra appalto e somministrazione: un fare nell'appalto, un dare nella somministrazione. TUTELA DEL LAVORO/PARI OPPORTUNITA'/DISCRIMINAZIONE TUTELA DELLA SALUTE: La prime leggi che tutelano la salute e la sicurezza dei lavoratori sono nella Costituzione e nel nostro Codice civile. Art.35 Cost. "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni" Art.2087c.c.:"L'imprenditore è tenuto ad adottare, nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro." Alla costituzione e al codice civile si affianca poi il Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro del 2008. Il TU definisce il concetto di "salute" quale completo benessere anche sociale. Le sue norme impongono al datore di lavoro obblighi di formazione e coinvolgimento dei lavoratori. Viene tutelata la salute del lavoratore, non solo in senso fisico ma anche psichico. Dunque la salute è intesa quale stato di completo benessere, in un contesto organizzativo che miri non soltanto ad evitare malattie o infermità, ma anche a preservare il benessere psicologico e sociale. MOBBING: Il diritto alla salute è un diritto fondamentale. Per mobbing si intendono tutti quei comportamenti posti dal datore di lavoro che si traducono in atteggiamenti persecutori volti ad arrecare danno alla condizione psico-fisica del lavoratore o lo allontanano dallo svolgimento della sua prestazione. In generale è classificato come un'aggressione psicologica per un periodo di tempo con lo scopo di isolare Il datore di lavoro ha il potere di modificare le mansioni del lavoratore durante lo svolgimento del rapporto di lavoro rispetto a quanto concordato al momento dell'assunzione. L'esercizio di ale potere è lo Jus variandi art.2103 c.c. che, come sostituito dal Jobs Act del 2015, dispone che "il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondeti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento (operaio, impiegato e dirigente) delle ultime effettivamente svolte." E' legittimo il passaggio ad altre mansioni se compese nel livello e nella categoria legale di appartenenza (mobilità orizzontale). Il lavoratore può essere adibito a mansioni superiori con diritto al trattamento retributivo maggiore corrispondente all'attività svolta (mobilità verticale). L'assegnazione diventa definitiva dopo il periodo di tempo fissato dai contratti collettivi o in assenza dopo 6 mesi continuativi. Mobilità verso il basso: (DEMANSIONAMENTO) A seguito del D.Lgs 81/2015 il lavoratore può essere adibito anche a mansioni inferiori, purchè rientranti nella medesima categoria legale. L'assegnazione a mansioni inferiori deve essere giustificata da una modifica degli assetti organizzativi aziendali. Possono essere previste anche dai contratti collettivi. Il passagio a mansioni inferiori deve essere comunicato per iscritto, a pena di nullità. L'attuale previsione dell'art.2103c.c. distingue tre ipotesi di demansionamento: · una mobilità verso il basso unilaterale, per specifiche ragioni organizzative e entro i limiti del livello di inquadramento inferiore e della medesima categoria legale · una mobilità verso il basso per accordo collettivo (cd.patto di declassamento) che valorizza ampiamente il ruolo della contrattazione collettiva. · una mobilità verso il basso consensuale, valida se l'accordo individuale è effettuato in sede protetta in virtù della sussistenza di un interesse del lavoratore astrattamente prefissato dal legislatore previste dall'art.2113 c.c. OBBLIGHI E DIRITTI DEL LAVORATORE OBBLIGHI INTEGRATIVI: (DILIGENZA, OBBEDIENZA, FEDELTA') L'obbligazione principale del lavoratore è lo svolgimento della prestazione lavorativa. La legge pone a carico del lavoratore ulteriori obblighi (cd. integrativi). Essi sono l'obbligo di diligenza, di obbedienza e di fedeltà (artt. 2104-2105 c.c.): 21. DILIGENZA: L'art.2104 c.c. definisce l'obbligo di diligenza cui il lavoratore è tenuto per il corretto e puntuale espletamento delle sue attività. La diligenza indica quel complesso di cautele, cure ed attenzioni che devono informare l'esecuzione della prestazione. 22. OBBEDIENZA: L'art.2104 co.2 disciplina che il lavoratore in quanto svolge l'attività lavorativa "alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore"(art.2094): E' pertanto sottoposto al potere direttivo del datore e quindi ha il dovere di obbedire alle disposizioni impartite. 23. FEDELTA': L'obbligo di fedeltà è previsto dall'art.2105 c.c. e consiste nell'obbligo di tenere un comportamento leale verso il datore di lavoro e di tutelarne gli interessi. L'obbligo di fedeltà pone in capo al lavoratore due distinti obblighi di non fare: il divieto di concorrenza e l'obbligo di segretezza (o riservatezza) · Divieto di concorrenza: Divieto al lavoratore di trattare affari altrui, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore (cd. divieto di concorrenza); tale divieto sussiste limitatamente alla durata del rapporto e si estingue con la cessazione di questo. Patto di non concorrenza invece vale per un determinato periodo successivo alla fine del rapporto di lavoro, deve risultare da atto scritto. · Obbligo di segretezza: L'art.2105 c.c. fa inoltre divieto al lavoratore di divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa o di farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio. I DIRITTI DEL LAVORATORE: I diritti del lavoratore costituiscono le situazioni giuridiche attive, riferibili alla prestazione lavorativa, che si esprimono nelle facoltà, libertà e prerogative riconosciute al lavoratore, classificati nel seguente modo: 24. Diritti patrimoniali, tra cui sono ricompresi il diritto alla retribuzione, al TFR e le diverse indennità speciali. 25. Diritti personali, ossia i diritti inerenti alla personalità dell'individuo, concernenti l'integrità fisica, la salute, la libertà, ladignità e la riservatezza. Diritti sindacali che comprendono le espressioni tipiche dell'attività sindacale, riconosciuta ai singoli lavoratori. La dottrina distingue i diritti sindacali in: · generali: inerenti ai fenomeni della libertà di organizzazione ed attività sindacale e del diritto di sciopero; · speciali: che riguardano talune forme di attuazione della libertà sindacale (es. diritto di affissione, assemblee, referendum). ORARIO DI LAVORO L'orario di lavoro è definito come qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni. L'orario normale settimanale: L'orario di lavoro è determinato su base settimanale: L'orario normale di lavoro stabilito dalla legge è pari a 40 ore settimanali. E' definita normale perché tutte le ore di lavoro richieste ed effettuate oltre tale orario saranno classificate come lavoro straordinario(regime legale); L'orario normale di lavoro settimanale può essere stabilito dal contratto collettivo in misura inferiore rispetto alla durata legale, ad esempio introducendo la settimana lavorativa di 36 o 38 ore (regime contrattuale); L'orario settimanale può essere fissato dalla contrattazione collettiva come durata media delle prestazioni di lavoro in un periodo non superiore all'anno e con la possibilità di compensare orari settimanali differenti nel periodo prescelto (orario multiperiodale). Il limite massimo settimanale: La durata massima settimanale del lavoro, comprendendo sia il lavoro ordinario o normale sia quello straordinario, non può superare le 48 ore per ogni periodo di 7 giorni; Questo limite settimanale deve essere osservato non rigidamente in ciascuna settimana, ma come media in un periodo non superiore a 4 mesi. Il riposo obbligatorio settimanale: Il lavoratore ha diritto ogni 7 giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero. Il diritto al riposo settimanale è irrinunciabile, una eventuale pattuizione contraria di un contratto collettivo o di un contratto individuale sarebbe radicalmente nulla. L'orario di lavoro giornaliero e le pause intermedie: Il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore; la durata massima della giornata lavorativa è di 13 ore. Qualsiasi accordo che riduca il riposo giornaliero è nullo. Se l'orario di lavoro giornaliero eccede il limite di 6 ore, il lavoratore ha diritto a delle pause ai fini del recupero delle energie psico-fisiche ed eventualmente, per la consumazione pasto. Il lavoro straordinario: Il lavoro straordinario è "il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro", cioè oltre la quarantesima ora; il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro oppure, in alternativa o in aggiunta a dette maggiorazioni, con riposi compensativi. Il legislatore inoltre dispone in via generale che il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto. Le modalità effettive di esecuzione del lavoro straordinario deveono essere comunque stavilite alla contrattazione collettiva. In assenza è ammesso solo previo accordo tra lavortore e datore di lavoro per un massimo di 250 ore annuali. Il lavoro notturno: Il lavoro notturno, come disciplina l'art. 2108 co.2 deve essere retribuito con una maggiorazione rispetto al lavoro diurno. · Si ha lavoro notturno quando l'attività è svolta nel corso di un periodo notturno pari ad almeno 7 ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le ore 5 del mattino. · E' lavoratore notturno quel lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno una parte del suo orario di lavoro, è considerato lavoratore notturno chi svolga per almeno 3 ore lavoro notturno per almeno 80 giorni lavorativi annui. L'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le 8 ore in media nelle 24 ore. E' obbligo del datore di lavoro inoltre accertare lo stato di salute dei lavoratori notturni attraverso controlli preventivi e periodici adeguati al rischio cui il lavoratore è esposto, secondo le disposizioni previste dalla legge e dai contratti collettivi. E' vietato "adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino" Inoltre è previsto che non sono obbligati al lavoro notturno: 27. la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni o, il padre convivente; 28. la lavoratrice o il lavoratore unico genitore di un figlio convivente di età minore a 12 29. la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi 3 anni dall'ingresso del minore in famiglia, non oltre il 12 anno di età; 30. la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile. RAPPORTI DI LAVORO AD ORARIO RIDOTTO O FLESSIBILE IL LAVORO A TEMPO PARZIALE (PART-TIME): Contratto di lavoro speciale. Il D.Lgs 81/2015 stabilisce che nel rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, l'assunzione può avvenire a tempo pieno, o a tempo parziale. Il lavoro part-time si sostanzia in un rapporto di lavoro subordinato caratterizzato da un orario di lavoro inferiore rispetto all'orario di lavoro a tempo pieno. Part-time orizzontale: La riduzione di orario è prevista in relazione all'orario normale giornaliero di lavoro (si lavora tutti i giorni ma per un orario inferiore) Part-time verticale: Si lavora ad orario pieno ma solo per alcuni giorni della settimana, o per alcune settimane del mese o mesi dell'anno Part-time misto: Consiste in una combinazione delle precedenti tipologie. Il contratto a tempo parziale deve essere fatto per iscritto al fine di provare la sussistenza del rapporto stesso(ad probationem). La mancanza non determina la nullità del contratto ma incide sui mezzi di prova a disposizione per dimostrare l'esistenza del rapporto. Se non si riesce a fornire la prova circa la stipulazione del part-time, potrà essere dichiarata, a domanda del lavoratore, la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno. Nel contratto di lavoro a tempo parziale (Part-time) devono essere specificate la durata della prestazione lavorativa e la collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Il lavoro supplementare e straordinario: Il datore di lavoro può richiedere al lavoratore part-time ore di lavoro in più rispetto all'orario parziale concordato D.Lgs 81/2015 come prestazioni di lavore svolte oltre l'orario concordato fra le parti anche in relazione alle giornate, alle settimane o ai mesi (lavoro supplementare). Se ad esempio si tratta di un part-time con 30 ore settimanali il lavoro supplementare può essere svolta per le restanti 10 (fino al limite di 40 ore settimanali). Il lavoro supplementare può essere svolto entro i limiti posti dal D.Lgs 81/2015, per cui: il datore di lavoro può richiederlo in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate; il lavoratore può rifiutarsi se sussistono comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale; deve essere retribuito con una maggiorazione del 15% della retribuzione globale oraria di fatto. Clausole di elasticità: Nel contratto part-time è possibile variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa e/o aumentare la durata della stessa prestazione mediante la stipulazione di apposite clausole di elasticità. Queste devono essere stipulate per iscritto e nel rispetto della contrattazione collettiva. In mancanza di regole definite dal contratto collettivo la clausola dece essere pattuita per iscritto; deve prevedere a pena nullità, le condizioni e le modalità quali il datore di lavoro, con preavviso di 2 giorni lavorativi, può modificare la collocazione temporale e variarne in aumento la durata; la misura massima dell'aumento orario non oltre il 25% della normale prestazione annua part-time; maggiorazione 15% retribuzione oraria. Il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell'orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento. IL LAVORO INTERMITTENTE: Il lavoro intermittente è definito dal D.Lgs 81/2015 come il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo intermittente. (viene definito anche lavoro a chiamata) Il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova. Nel contratto di lavoro devono essere indicati anche il luogo e le modalità delle disponibilità. Si distingue infatti: · Lavoro intermittente con espressa pattuizione dell'obbligo di disponibilità: questi è obbligato a restare a disposizione del datore di lavoro per effettuare prestazioni lavorative quando il datore stesso le richiede. Egli ha diritto a percepire una indennità mensile di disponibilità per i periodi in cui è in attesa di utilizzazione. Il rifiuto ingiustificato alla chiamata del datore, inoltre, può comportare la risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennità. · Lavoro intermittente senza obbligo di disponibilità del lavoratore: il prestatore non si impegna contrattualmente ad accettare la chiamata del datore di lavoro. Nei periodi in cui non viene utilizzata la prestazione, il lavoratore non matura alcun trattamento economico e normativo. Il lavoratore intermittente ha diritto, nei periodi lavorativi, ad un trattamento economico e normativo complessivamente non meno favorevole di quelli di un lavoratore di pari livello, a parità di mansioni. funzionalmente correlata alla esecuzione della prestazione di lavoro. La struttura della retribuzione: La retribuzione ha una sruttura complessa. L'art. 2099 c.c contempla diverse tipologie retributive: a tempo, a cottimo, con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione ed, infine, in natura. Ai sensi dell'art.2099 co.1 c.c. sono forme ordinarie di retribuzione: 42. la retribuzione a tempo: che costituisce il sistema classico e più diffuso di retribuzione consistente nella corresponsione di una somma di denaro stabilita in rapporto al tempo di lavoro (euro x ora,giorno,mese) 43. la retribuzione a cottimo: rappresenta l'altro fondamentale sistema di retribuzione, si tiene conto non soltanto del tempo impiegato, ma anche del risultato, della produttività del lavoro e del rendimento fornito dal lavoratore (es.numero di scarpe prodotto in una determinata unità di tempo). La retribuzione a cottimo si combina con la retribuzione a tempo (cottimo misto) e il cottimo si configura come una maggiorazione integrativa della retribuzione fissa. Costituisce un'eccezione il cottimo puro o pieno, nel quale la retribuzione viene interamente determinata in base al sistema del cottimo. L'art 2100 c.c. stabilisce che il lavoratore deve essere obbligatoriamente retribuito con il sistema del cottimo quando è vincolato all'osservanza di un determinato ritmo produttivo e nel caso in cui la retribuzione è calcolata in base a minute rilevazioni che accertano i tempi di lavoro per ogni singola operazione. La disciplina del cottimo, ferme le disposizioni degli artt.2100-2101 c.c., è quasi interamente contenuta nella contrattazione collettiva. Forme speciali di retribuzione sono invece, sempre disciplinate dall'art.2099 c.c.: 44. retribuzione in natura: fornitura di determinati beni o servizi, come ad es. vitto e alloggio, in cambio di prestazione lavorativa; 45. provvigione: consiste in una percentuale sugli affari conclusi dal lavoratore nei casi in cui oggetto della prestazione sia la trattazione di affari in nome e per conto del datore di lavoro. 46. partecipazione agli utili e al capitale d'impresa: il compenso è legato al risultato dell'impresa in quanto viene commisurato agli utili netti(non vi è partecipazione alle perdite) 47. retribuzione differita: riguardante 13esima, 14esima, TFR, che maturano nel corso di lavoro ma vengono erogati in un momento successivo. Le fonti della retribuzione: La retribuzione è in concreto stabilita (art.2099, co.1-2 c.c.): · dalla contrattazione collettiva · dall'accordo delle parti · dal giudice, in caso di mancata determinazione collettiva o negoziale. Gli elementi della retribuzione: La retribuzione si compone di vari elementi. Tali voci retributive sono: 48. paga base: è determinata dai contrattivi collettivi, ed è connessa alla categoria e alla qualifica attribuita al lavoratore. Si aggiungono alla paga base, e ne costituiscono parte integrante, gli scatti di anzianità che costituiscono in aumenti periodici di retribuzione. 49. elemento distinto della retibuzione (E.D.R): è costituito da una somma mensile di €10,33 erogata per 13 mensilità. 50. attribuzioni patrimoniali accessorie: attribuzioni corrisposte in via saltuaria o anche continuativa, in aggiunta alla retribuzione normale minima: · attribuzioni retributive, anche se saltuarie ed occasionali, costituiscono un corrispettivo della prestazione di lavoro; · attribuzione non retributive, non anno carattere corrispettivo, anche se sono di natura continuativa. Retribuzione equa e sufficiente: 51. equa: deve essere correlata alla quantità (orario) e alla qualità (categoria, qualifica e mansione) dalla prestazione lavorativa; 52. sufficiente: deve essere congrua ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa. E' il principio del c.d. salario di sostentamento assicurato trative la contrattazione collettiva di categoria (CCNL). IL SISTEMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI. Il sistema degli ammortizzatori sociali è costituito dall'insieme degli strumenti predisposti dallo Stato al fine di fornire una tutela del reddito ai lavoratori che si trovano a dover affrontare, nel corso della loro vita lavorativa, periodi piò o meno lunghi senza lavoro per riduzione o cessazione dell'attività lavorativa. Nell'ambito degli ammortizzatori sociali può effettuarsi la seguente distinzione: · strumenti che intervengono in costanza di rapporto, quando cioè il rapporto di lavoro è soltanto sospeso, e non cessato, determinando una riduzione della retribuzione, di diversa entità. (integrazioni salariali) · strumenti che intervengono in caso di disoccupazione (indennità erogate dalla nuova assicurazione sociale per l'impiego) NASPI. La riforma degli ammortizzatori sociali: L'espressione più importante di tutta la tutela in caso di perdita del lavoro è stata a lungo rappresentata dall'assicurazione generale obbligatoria contro la disoccupazione involontaria con R.D.L 1919 (Regio decreto legge). Con la cd. Legge Fornero 92/2012, nell'obiettivo di garantire un ampliamento delle tutela economica è stato introdotto uno strumento di assicurazione dal rischio di disoccupazione, l'assicurazione sociale per l'impiego,cd. ASPI. A distanza di circa due anni da tale intervento il Jobs Act del 2015 ha previsto una nuova riforma. D.Lgs. 22/2015 che è intervenuto sull'assicurazione sociale per l'impiego, ridefinita NASPI. Cassa integrazione Le integrazioni salariali: Le paga il datore di lavoro il quale inoltre dovrà versare all'INPS una contribuzione addizionale rapportata al numero di lavoratori posti in cassa integrazione e al numero di ore non lavorate. Le integrazioni salariali intervengono in costanza di rapporto, quando vengono sospese le obbligazioni principali, cioè la prestazione di lavoro e la retribuzione per fatti non imputabili alla volontà del datore di lavoro. Il trattamento di integrazione salariale ammonta all'80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro prestate. 53. CIGO (cassa integrazione guadagni ordinaria): L'intervento ordinario di integrazione salariale si applica a tutte le aziende industriali. I presupposti consistono nella contrazione o sospensione dell'attività produttiva per: situazioni aziendali (eventi transitori non imputabili all'imprenditore); situazioni temporanee di mercato. Ai lavoratori è corrisposta un'indennità per un periodo massimo di 13 settimane continuative, prorogabili trimestralmente fino a 52 settimane continuative complessive. 54. CIGS (cassa integrazione guadagni straordinaria): L'intervento straordinario di integrazione salariale si applica a tutte le aziende industriali che hanno occupato in media 15 dipendenti nel semestre antecedente la richiesta e alle aziende del commercio con più di 50 dipendenti. L'intervento di CIGS può essere richiesto in caso di sospensione o riduzione di attività motivate dalle seguenti causali: riorganizzazione aziendale (indennità 24 mesi), crisi aziendale (indennità 12 mesi), contratto di solidarietà difensivo (indennità 24 mesi in un quinquennio mobile) Contratti collettivi aziendali Contratto di solidarietà: a) Contratto di solidarietà difensiva: Possono fare affidamento le imprese che rientrano nel campo della CIGS, i contratti di solidarietà difensivi sono accordi sindacali (contratti collettivi aziendali) aventi la finalità di evitare in tutto o in parte la diminuzione dei livelli occupazionali attraverso una generalizzata diminuzione dell'orario di lavoro dei lavoratori occupati nell'impresa. La riduzione dell'orario di lavoro è compensata dal CIGS. b) Contratto di solidarietà espansiva: I contratti di solidarietà espansiva sono, invece, accordi stipulati tra imprese e rappresentanze sindacali, nei quali viene stabilita una generalizzata diminuzione dell'orario di lavoro dei lavoratori occupati nell'impresa in virtù di un intento di solidarietà sociale. Tali contratti, mirano infatti a favorire, a fronte della riduzione dell'orario di lavoro, l'assunzione di nuovo personale per incrementare l'organico aziendale. NASPI: Nuova prestazione di Assicurazione Sociale Per l'Impiego: La NASPI interviene in tutti i casi di licenziamento, anche se di natura disciplinare. La NASPI interviene anche in determinati casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. La NASPI è esclusa nei casi di cessazione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore (dimissioni volontarie), ad eccezione dell'ipotesi di dimissioni per giusta causa, nonchè delle dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità(300 gg prima del parto e fino al compimento di 1 anno del figlio). La NASPI si applica alle generalità dei settori produttivi e comprende tutti i lavoratori subordinati, sia con contratto a tempo indeterminato che a termine, inclusi apprendisti e soci lavoratori di cooperativa. Per il diritto al trattamento a sostegno del reddito erogato dalla NASPI devono sussistere i seguenti requisiti: 55. stato di disoccupazione (cessazione involontaria rapporto di lavoro); 56. almeno 13 settimane di contributi versati nei 4 anni; 57. almeno 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi che precedono l'inizio della disoccupazione. LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO Le cause di estinzione del rapporto di lavoro subordinato: Il rapporto di lavoro può estinguersi per una pluralità di cause previste dall'ordinamento. In particolare: 58. per scadenza del termine; 59. per morte del lavoratore; 60. per recesso del prestatore di lavoro (cd.dimissioni) 61. per recesso del datore di lavoro (cd.licenziamento) 62. per accordo delle parti (cd.risoluzione consensuale) 63. per altre specifiche cause previste dalla legge 64. per impossibilità sopravvenuta (es. carcerazione) La causa più ricorrente di cessazione del rapporto di lavoro è certamente rappresentata dal recesso che se proviene dal lavoratore assume comunemente la denominazione di dimissioni, se proviene dal datore quella di licenziamento. Il recesso è un atto unilaterale recettizio con cui si mette fine al rapporto di lavoro. La disciplina del recesso nel rapporto di lavoro a tempo determinato è contenuta nel codice civile (art.2119 c.c.), non presentando alcuna distinzione tra licenziamento e dimissioni. Infatti ad entrambe le parti, lavoratore e datore, non è consentito recedere dal rapporto prima del termine stabilito, a meno che non si verifichi una giusta causa, la parte recedente risarcire all'altra il recesso anticipato (ante tempus) La disciplina del recesso nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, invece, è completamente differente. Mentre per il lavoratore continua a valere il principio della libera recedibilità, il recesso del datore di lavoro è sottoposto alla sussistenza di una causa giustificatrice, secondo una normativa di carattere speciale a tutela del lavoratore. L'obbligo di preavviso: La parte recedente da un contratto di lavoro a tempo indeterminato ha l'obbligo di dare alla parte receduta il preavviso, esso risponde all'elementare esigenza di evitare che la parte che patisce il recesso si trovi all'imporvviso di fronte alla rottura del contratto. In mancanza di preavviso, la parte recedente deve corrispondere all'altra un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso (cd. indennità sostitutiva del preavviso). L'obbligo di preavviso tuttavia non sussiste se le dimissioni o il licenziamento avvengono per giusta causa, ma il lavoratore dimissionario ha comunque diritto alla relativa indennità sostitutiva. Dimissioni: Il lavoratore può recedere dal contratto di lavoro, atto a forma libera scritto o orale, Se sussiste una giusta causa se il contratto è a tempo determinato; con il limite di rispettare il periodo di preavviso della durata della stabilità del contratto collettivo, salvo la ricorrenza di una giusta causa in caso di tempo indeterminato. Licenziamento individuale: Il datore di lavoro incontra dei limiti legislativi in continua evoluzione per effetto dele numerose riforme che si sono succedute negli ultimi decenni. Art.18 prima e dopo la riforma Fornero 92/2012: Fa parte del Titolo II dello Statuto dei Lavoratori l'art.18 che detta il regime di tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo riconoscendo il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro oltre al risarcimento del danno (cd.tutela reale). L'ordinamento accanto all'art.18, applicabile in via generale alle imprese con più di 15 dipendenti, prevede anche una tutela obbligatoria a favore dei lavoratori illegittimamente licenziati da imprese con meno di 15 dipendenti. Per far fronte alla richiesta di una maggiore flessibilità del mercato del lavoro e per la tendenza di abbandonare il modello di rigorosa protezione del lavoratore, si è messa in discussione la disciplina dell'"art.18". Due posizioni radicali e contrapposte, una per la difesa di tale norma, l'altra addirittura per l'abolizione di essa. E' stata così tentata sia la strada dell'abrogazione della norma attraverso il referendum del 2000, ma con esito negativo, sia quella della modifica legislativa. Solo nel 2012, si realizza la riforma all'art.18. La legge Fornero(L.92/2012) riscrive la norma, abbassando norevolmente il livello di tutela. In determinate ipotesi, infatti, i lavoratori di aziende con più di 15 dipendenti hanno diritto ad una tutela unicamente risarcitoria. Viene così intaccata la norma-baluardo dei diritti dei lavoratori ed aperta la strada al più incisivo intervento nel 2015. In attuazione del Jobs Act viene emanato il D.lgs 23/2015 che detta un nuovo complesso di norme sui licenziamenti illegittimi applicabile alle nuove assunzioni con contratto a tutele crescenti (CATUC) e che si fonda prevalentemente su una tutela risarcitoria (si afferma il principio della monetizzazione del licenziamento illegittimo, lasciando la reintegrazione ad un'area di ipotesi particolarmente ristretta). A differenza della legge Fornero, non si interviene modificando direttamente l'art.18, ma rendendolo risarcitoria dimezzata: nei casi di licenziamenti ingiustifiati e inefficaci prevede il dimezzamento dell'importo delle indennità risarcitorie previste nei casi di applicazione della tutela risarcitoria forte e devole. (imprese piccole) Il recesso ad nutum: Si tratta di ipotesi limitate, in cui è consentito al datore di lavoro di recedere senza necessità di alcuna motivazione, recesso ad nutum (letteralmente con un cenno). Riguarda: I dirigenti, i lavoratori in prova, gli sportivi professionisti, i lavoratori domestici, i lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti pensionistici che non decidono di proseguire l'attività lavorativa. LA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI COLLETTIVI: La materia dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale è disciplinata dalla L.n.223/1991 che presenta il comune denominatore di perseguire la ricerca di soluzioni alternative al licenziamento e di garantire comunque misure per la rioccupazione dei lavoratori coinvolti nei processi di ridimensionamento, riorganizzazione o ristrutturazione aziendale. Presupposti per la procedura di riduzione di personale: La procedura prevista dalla L.223/1991 si applica quando: 68. datore di lavoro che occupa più di 15 dipendenti, compresi dirigenti; 69. sia avvenuta una riduzione o trasformazione di attività o lavoro o si intenda cessare l'attività; 70. si intendano effettuare almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni; 71. medesima unità produttiva o nell'ambito di più unità produttive della stessa Provincia; 72. detti licenziamenti, siano comunque riconducibili alla medesima retribuzione o trasformazione di attività o lavoro. Per la procedura il datore di lavoro deve preliminarmente dare comunicazione dei previsti licenziamenti alle RSA nonchè alle rispettive associazioni di categoria. La comunicazione deve indicare: · I motivi che determinano la situazione di eccedenza del personale; · I motivi tecnici, organizzativi e/o produttivi per i quali si ritiene di non poter evitare i licenziamenti; · Il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente e di quello normalmente occupato. A seguito di tale comunicazione le RSA e le associazioni di categoria possono chiedere un esame congiunto della situazione e, qualora non sia possibile evitare la riduzione di personale, mediante misure alternative, è esaminata la possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento. I criteri di scelta e il recesso: Esaurita la precedente fase, con o senza accordo, il datore di lavoro può procedere ai licenziamenti, individuando i lavoratori da licenziare tra tutti quelli eccedenti. L'individuazione dei lavoratori da licenziare, deve avvenire in relazione alle esigenze tecnico-produttive, ed organizzative del complesso aziendale, in base a criteri di scelta stabiliti nei contratti collettivi nel rispetto dei seguenti criteri legali: - carichi di famiglia - anzianità - esigenze tecnico-produttive ed organizzativa Una volta individuati i lavoratori, il datore di lavoro può esercitare il diritto di recesso che deve essere comunicato per iscritto, all'Ispettorato interregionale del lavoro (IIL), alla Commissione regionale permanente e alle associazioni di categoria, l'elenco dei lavoratori licenziati con la puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta. Impugnazione del licenziamento: Il lavoratore al quale è stato comunicato il recesso può contestarne la legittimità: per vizio di forma scritta, per violazione della procedura e violazione dei criteri di scelta. Termini e modalità previsti per l'impugnazione dei licenziamenti individuali (termine di decadenza di 60gg dalla comunicazione, ulteriore termine di 180gg entro il quale deve depositare il ricordo giudiziale, tentativo di conciliazione o arbitrato). Per effetto del D.Lgs. 23/2015, anche con riferimento ai licenziamenti collettivi illegittimi coesistono due distinti regimi sanzionatori: - il vecchio regime fondato sull'art.18 L.300/1970: si articola su tre livelli, in relazione alle diversi ipotesi di illegittimità. Pertanto, se il licenziamento è illegittimo: · per violazione della forma scritta, il giudice ordina al datore di lavoro la reintegrazione e il risarcimento del danno (cd. tutela reale piena) · per violazione della procedura sindacale, il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto condanna pagamento indennità risarcitoria comprensiva tra 12 e 24 mensilità (cd. tutela risarcitoria forte) · per violazione dei criteri di scelta, il giudice annulla il licenziamento e ordina al datore di lavoro la reintegrazione e pagamento di un'indennità risarcitoria non superiore a 12 mensilità (cd. tutela reale limitata) - il nuovo regime fondato sul D.Lgs 23/2015: Nei confronti dei lavoratori (operai, impiegati e quadri) rientranti nel campo di applicazione della legge si applica il nuovo regime basato su due livelli di tutela. Se il licenziamento è illegittimo: · per violazione della forma scritta, il giudice ordina al datore di lavoro la reintegrazione e il risarcimento del danno (cd. tutela reale piena) · per violazione della procedura sindacale dei criteri di scelta, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro a pagare un'indennità pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità (cd. tutela risarcitoria forte). LA DISCIPLINA DEL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO (TFR) TFR (Trattamento fine rapporto): L'art 2120c.c. prevede che in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Spetta indipendentemente dal tipo di contratto al quale è legato il lavoratore (indeterminato, a termine, apprendistato ecc.). Si determina mediante accantonamento, mese per mese, di una quota della retribuzione corrisposta dal lavoratore. La somma accumulata viene liquidata in un'unca volta al termine del rapporto di lavoro. Il TFR si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all'importo della retribuzione annua, diviso 13,5. In pratica ogni anno si accontona circa una mensilità di retribuzione a titolo TFR. Il lavoratoe può richiedere durante il rapporto di lavoro, un anticipazione sul TFR maturato. Questa richiesta deve essere giustificata dalle seguenti cause: -spese sanitarie per terapie straordinarie -acquisto della prima abitazione per se o per i figli -spese da sostenere durante i congedi parentali La possibilità di ottenere in anticipo una parte di TFR, sono subordinate alle seguenti limitazioni: -Il lavoratore ne ha diritto solo se ha prestato già 8 anni di servizio presso lo stesso datore -la somma richiesta in anticipo non può superare il 70% dell'intero TFR - l'anticipazione può avvenire solamente una volta Il datore può accogliere le richieste di anticipo fino ad un 4% del numero totale dei dipendenti. I lavoratori ai quali è stata accolta la richiesta di anticipazione, possono ricevere la quota come aggiuntiva della retribuzione mensile. In caso di morte del lavoratore, il TFR maturato e spettante al lavoratore alla data del decesso, sarò corrisposto sotto forma di indennità agli eredi. Ne hanno diritto il coniuge, i figli e i parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado. FONDO DI GARANZIA DEL TFR: Per garantire ai lavoratori la possibilità di ottenere il TFR a prescindere delle vicende che possono colpire l'impresa in cui lavoro, è stato istituito presso l'INPS un fondo di garanzia per il TFR. Il fondo può intervenire se sussistono due presupposti: l'esistenza e la certezza del credito da parte del lavoratore e l'incapacità del datore di lavoro a farvi fronte (generalmente si trova questa situazione quando c'è un fallimento, liquidazione ecc.). Il fondo di garanzia in questo caso interviene a tutela dei lavoratori, anche in imprese operanti in più stati, a patto che il lavoratore svolga la maggior parte del suo lavoro in territorio italiano. La previdenza complementare costituisce il secondo pilastro del nostro sistema previdenziale. Ha lo scopo di garantire alle future generazione livelli più elevati di pensioni. Il trattamento pensionistico complementare non si sostituisce alla pensione pubblica, ma la integra, tenendo conto che le future pensioni di vecchiaia saranno di un importo inferiore rispetto a quelle di cui hanno beneficiato le precedenti generazioni. L'obbligo di scelta del lavoratore in merito all'adesione o meno ai fondi pensione è regolato secondo il meccanismo silenzio-assenso. Tutti i lavoratori devono scegliere se aderire o meno alla previdenza complementare entro 6 mesi dall'assunsione. Pertanto: -Può decidere di aderire alla previdenza complementare, indicando il fondo pensione prescelto - può decidere di non aderire dichiarandolo espressamente Qual'ora il lavoratore lascia passare i 6 mesi senza dare alcuna risposta l'approvazione viene automaticamente. I RAPPORTI DI LAVORO SPECIALI CONTRATTO A TERMINE contratto di lavoro a tempo determinato. L'apposizione di un termine finale alla durata del contratto fa sì che il rapporto di lavoro subordinato sia sottoposto ad una scadenza. Al verificarsi del termine il rapporto si estingue automaticamente. Il contratto di lavoro a tempo determinato ha rappresentato un'eccezione al contratto a tempo indeterminato, che costituisce la forma normale e storicamente prevalente del lavoro subordinato. La regolamentazione è stata caratterizzata da continue modificazioni. Una prima fase è caratterizzata dalla L. n.230/1962 che sanciva chiaramente l'eccezionalità delle assunzioni a tempo determinato, dettando una disciplina fortemente restrittiva. Con il D.Lgs n.368/2001 è stata introdotto per la legittimità delle assunzioni a termine come unica condizione la sussistenza di una causa giustificatrice di carattere generale. La diffusione di una rilevante condizione di precariato, sopratutto tra i giovani, ha posto l'esigenza di contrastare l'uso ripetuto e reiterato del contratto a termine. L'intervento delle riforma Fornero L.92/2012 ha perseguito tale finalità allungando gli intervalli di tempo da rispettare tra un contratto a termine e un altro riducendo i giorni di possibile prosecuzione del rapporto dopo la scadenza del termine e rendendo più onerosi i rapporti a termine. Allo stesso tempo viene introdotta la deroga alla regola della giustificazione dell'assunzione a termine( cd. acausalità del contratto a termine) Sulla disciplina del contratto determinato il legislatore è intervenuto nuovamente con il cd. decreto Poletti D.L 34/2012 al fine di eliminare i limiti imposti dalla Fornero che di fatto hanno poi costituito freno alle assunzioni a termine. Attualmente la disciplina del lavoro a termine è contenuta nel D.Lgs 81/2015, di attuazione del Jobs Act: Il contratto può essere stipulato liberamente. Unico limite è il cd. obbligo di contingentamento: nelle imprese con organico maggiore di 5 dipendenti, il numero complessivo di contratti a termine stipulati non può superare il 20% dei dipendenti, ferme restando eventuali differenti previsioni della contrattazione collettiva. Per le imprese che occupano fino a 5 dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a termine. Per la legitimità delle assunzioni è posto l'obbligo della forma scritta del contratto, che deve riportare il termine di scadenza del rapporto. In mancanza l'apposizione del termine è priva di effetto e il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato. Il termine del contatto può essere prorogato se c'è il consenso del lavoratore, se la durata del contratto è inferiore a 36 mesi (limite massimo). La legge ammette brevi prosecuzioni del rapporto oltre la scadenza del termine: fino a 30gg se il contratto è inferiore a 6 mesi; fino a 50gg se è pari o superiore a 6 mesi. Il datore che intende prolungare il rapporto deve sostenere una maggiore retribuzione al lavoratore. CONTRATTO DI APPRENDISTATO: Il contratto di apprendistato è stato uno dei primi contratti speciali, disciplinato dal codice civile (art.2130-2134 c.c.) e dalla L.25/1955. Era chiaramente caratterizzato dalla funzione formativa in modo da far conseguire all'apprendista la capacità tecnica per diventare un lavoratore qualificato. Secondo la disciplina attuale D.Lgs 81/2015 l'apprendistato è un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Si distinguono in: -Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale: il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (cd. apprendistato di primo livello). La sua durata è in funzione della qualifica o del diploma da conseguire, nel limite di 3 anni, o 4 relativamente agli aspevvi formativi -Apprendistato professionalizzante: con cui possono essere assunti giocani di età compresa dai 18 ai 29 anni di età. Tale tipologia è attuabile in tutti i settori di attività privati e pubblici ed è finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali. La sua durata è in funzione dell'età dell'apprendista e della qualifica professionale da conseguire. (cd. contratto di mestiere o apprendistato di 2 livello) -Apprendistato di alta formazione e di ricerca: sempre giovani dai 18 ai 29 anni, in possesso in un diploma di istuzione superiore o un diploma professionale (cd. apprendimento di terzo livello) La disciplina del rapporto di lavoro in regime di apprendistato è definita dai contratti collettivi nazionali di lavoro o da appositi accordi interconfederali. I principi generali fissati dal D.Lgs 81/2015 prevedono: Il divieto di retribuzione a cottimo; la possibilità nell'apprendistato per la qualisifica e per il diploma giuridici. La mancata attuazione dei commi 2,3,4 dell'art.39 Cost.(Principio della libertà e organizzazione sindacale) ha determinato l'inserimento nell'ambito delle associazioni non riconosciute quindi prive di personalità giuridica,enti di fatto. Il comma 2 prevedeva la registrazione del sindacato, il comma 3 per cui il sindacato deve dotarsi di un ordinamento interno a base democratica con "elezione a maggioranza dei dirigenti sindacali". Il comma 4 dell'art.39 Cost. consente ai sindacati registrati di stipulare contratti collettivi con efficacia erga omnes, cosicchè tale sistema avrebbe rafforzato il potere del sindacato maggioritario a discapito di quello minoritario. Adesso il sindacato opera come associazione non riconosciuta e può stare in giudizio nella persona di colo ai quali sono stati conferiti la presidenza o la direzione. RAPPRESENTANZA/RAPPRESENTATIVITA': La legittimazione dei sindacati ad esercitare funzioni di carattere pubblicistico e più in generale il fondamento del loro operare nel sistema economico-sociale non possono essere riportati al concetto giuridico di rappresentanza, che renderebbbe il sindacato totalmente e rigidamente assoggettato all'interesse e alle disposizioni di ogni singolo mandante(i lavoratori associati). Per questo motivo, è stato individuato un concetto di rappresentatività sindacale. La rappresentanza sindacale indica "l'attitudine del sindacato a svolgere attività di tutela degli interessi professionali". Il concetto di rappresentanza sindacale è andato in crisi poichè non si considera che l'interesse individuale di cui è prestatore il lavoratore può anche non coincidere con l'interesse collettivo di cui è portatore il sindacato. Per tale ragione il rapporto tra lavoratore e sindacato non va inquadrato in termini di rappresentanza, bensì di rappresentatività, intesa come "la capacità dell'organizzazione di unificare i comportamenti dei lavoratori in modo che gli stessi operino non ciascuno secondo scelte proprie ma come gruppo". Art 19 statuto dei lavoratori Il concetto di rappresentatività del sindacato ha trovato un riscontro concreto nei richiami fatti dal legislatore ai "sindacati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale". Nel sistema di relazioni industriali che si veniva a determinare, non vi erano regole certe e oggettive per l'accertamento della maggiore rappresentatività. Per stabilire quando un'associazione sindacale fosse da considerare maggiormente rappresentativa, la dottrina e la giurisprudenza hanno individuato alcuni elementi, tra cui: - la pluricategoria, cioè la presenza del sindacato in un ampio arco di categorie; -la diffusione sul territorio nazionale; -l'effettivo svolgimento dell'azione sindacale; -la capacità di interloquire con i pubblici poteri. La rappresentatività delle sigle sindacali, ai fini della contrattazione collettiva, è accertata mediante dati oggettivi, certificati da un soggetto terzo (criterio di rappresentatività quantificata): I criteri (o indici) sono infatti basati: -sul dato associativo, rappresentato dalle iscrizioni dei lavoratori al sindacato ossia dalle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori. -sul dato elettivo, rappresentato dai voti ottenuti da ciascun sindacato in occasione delle elezioni delle rappresentanze sindacali aziendali (RSU). La rappresentatività è data a livello nazionale dalla ponderazione della percentuale associativa e di quella elettiva. E' richiesta una percentuale minima del 5% come media tra il dato associativo e il dato elettivo. LA LIBERTA' SINDACALE Art. 39 Cost. al primo comma sancisce: "L'organizzazione sindacale è libera". Con questa norma di carattere precettivo (immediata applicazione) la Cost. ha voluto affermare che alla base dell'organizzazione, della funzione e della stessa azione sindacale vi è la libertà intesa come diritto soggettivo assoluto. L'unica limitazione di carattere generale posta alla libertà di organizzazione sindacale è prevista dall'art 17 St.Lav. concernente il divieto di costituire i cd. sindacati di comodo. L'art. 39 Cost sancisce una libertà sindacale positiva, in quanto riconosce ai singoli individui la facolta "di costituire un sindacato, di aderirvi"; e una libertà sindacale negativa, consistente nel diritto del lavoratore di non aderire ad alcuna organizzazione sindacale o alle attività da essa promosse. Unico riferimento art.15 St.Lav. che dichiara nullo qualsiasi "fatto o atto diretto a subordinare l'occupazione di un lavoratore alle condizioni che aderisca o non ad una associazione sindacale o cessi di farne parte". Oltre che nella Cost. e nello St.Lav del 20 maggio n.300/1970 la libertà sindacale viene affermata anche da convenzioni internazionali. Convenzioni OIL: n.87 "i lavoratori e i daotir di lavoro senza alcuna discriminazione e senza autorizzazione hanno il diritto di costituire organizzazioni sindacali e di aderirvi. Lo stato non può interferire il tali organizzazioni. Convenzione n.98: obbliga gli stati firmatari a "garantire ai lavoratori una adeguata protezione contro qualsiasi atto discriminatorio, compiuto dai datori di lavoro, che costituisca attentato alla libertà sindacale. ART.17 St.Lav L. 20 maggio n.300/1970: Divieto dei sindacati di comodo. "Si vieta ai datori di lavoro ed alle associazioni di costituire o sostenere con mezzi finanziari o altrimenti, sindacati di comodo (cd.sindacati gialli) che di fatto tutelano gli interessi dei datori di lavoro che li hanno organizzati o contribuiscono al loro mantenimento intralciando, così, l'attivitò dei veri sindacati dei lavoratori. RSA E RSU 19 L'art.19 dello statuto dei lavoratori L. 20 maggio 1970 n.300 garantisce la presenza del sindacato in azienda mediante la possiblità di costituire, nelle unità produttive con più di 15 dipendenti, Rappresentanze Sindacali Aziendali. Esse possono essere costituite tramite l'iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva. Dunque in sostanza, è riconosciuta la possibilità per qualsiasi associazione sindacale, di costituire una propria RSA. Hanno diritto alla costituzione delle RSA e sono ammesse al godimento della relativa tutela in ambito aziendale, le associazioni sindacali che risultino firmatarie di un contratto collettivo applicato all'unità produttiva, di livello nazionale, provinciale o aziendale, o anche quelle che abbiano effettivamente ed attivamente partecipato alle trattative per il contratto collettivo anche in mancata sottoscrizione dello stesso. Dalla formulazione dell'art.19 St.Lav. deriva che tutto è rimesso all'autonomia organizzativa del sindacato e pertanto la RSA può assumere qualsiasi forma. RSU: Successivamente le RSA sono state sotituite dalle Rappresentanza Sindacali Unitarie RSU mediante un accordo Interconfederale tra CIGL,CISL,UIL e Confindustria. Anche queste possono essere costituire nelle unità produttive con più di 15 dipendenti. L'iniziativa delle RSU può essere esercitata congiuntamente o disgiuntamente. Il diritto di partecipare alla RSU aziendale è riconosciuto ai sindacati aderenti alle confederazioni firmatarie dell'accordo stesso e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato all'unità produttiva. Alla costituzione della RSU si procede mediante elezione a suffragio universale (votano tutti i lavoratori non in prova) ed a scrutinio segreto tra le liste concorrenti. I componenti RSU sono determinati mediante criterio proporzionale in relazione ai voti conseguite dalle singole liste concorrenti. Esse durano circa 3 anni e godono degli stessi diritti e doveri previsti per le RSA. Differenze fra RSU e RSA: Le RSU vengono elette da tutti i lavoratori presenti in azienda. Le RSA sono elette dagli iscritti ad un particolare sindacato. Le RSU hanno la rappresentanza generale dei lavoratori e partecipano alla contrattazione aziendale, le RSA tutelano i soli iscritti al sindacato e non partecipano alla contrattazione aziendale. Diritto di assemblea ART.20 St.Lav L.20 maggio n.300/1970: Lo Statuto dei Lavoratori, oltre al riconoscimento delle rappresentanze sindacali, prevede e disciplina diversi diritti a favore del lavoratore al fine di sostenere l'attività sindacale nei luoghi di lavoro. L'art 20 prevede il diritto dei lavoratori di riunirsi in assemblea nella stessa unità produttiva in cui prestano la loro opera per discutere "materie di interesse sindacale e del lavoro". Gli altri aspetti di disciplina dell'assemblea sono: -partecipazione: alle riunioni "che possono interessare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi" hanno diritto di partecipare tutti i lavoratori interessati, siano o meno iscritti ad un sindacato. -oggetto: l'assemblea può porre all'ordine del giorno solo "materie di interesse sindacale e del lavoro" anche se non necessariamente attinenti ai problemi particolare del sindacato nell'azienda. -adempimenti: le convocazioni dell'assemblea devono essere comunicate al datore di lavoro che ne accoglie la richiesta in base all'ordine di precedenza della convocazione effettuata dalla RSA o RSU. -svolgimento: l'assemblea può svolgersi durante o al di fuori dell'orario di lavoro e può essere indetta dalle RSA in locali dell'unità produttiva in cui i lavoratori prestano la loro opera. La norma precisa che spettano 10 ore all'anno per le assemblee effettuate durante l'orario di lavoro e che per esse è corrisposta la normale retribuzione. Il datore di lavoro non può partecipare all'assemblea sindacale nè personalmente nè a mezo di propri incaricati. ART.21 St.Lav. L.20 maggio n.300/1970: Il referendum. Il referendum dei lavoratori è una tipica espressione di democrazia diretta, la cui importanza in ambito sindacale è stata sinora più di principio che pratica. Il referendum può essere sia generale che per categoria: in ogni caso hanno diritto a parteciparvi tutti i lavoratori interessati, anche se non iscritti ad alcun sindacato. Il referendum può essere indetto solo dalle RSA o RSU ma, a differenza delle assemblee, unitariamente, volendosi così impedire il verificarsi di situazioni concorrenziali e di contrasto tra le organizzazioni sindacali ivi operanti. A differenza di quanto previsto in caso di assemblea, il referendum deve svolgersi sempre fuori dall'orario di lavoro e può vertere solo su materie strettamente inerenti l'attività sindacale. ART.25 St.Lav. L.20 maggio n.300/1970: Il diritto di affissione. L'art. 25 riconosce alla RSA(RSU) il diritto di affiggere, in appositi spazi, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti materie di interesse sindacale e del lavoro. Il riconoscimento di tale diritto è diretto ad agevolare la comunicazione fra le RSA(RSU) ed i lavoratori. L'art 25 impone a carico del datore di lavoro, l'obbligo di predisporre appositi spazi per la pubblicazione ove il datore rifiuti senza motivo di collaborare o pretenda di esercitare preventivamente controlli sull'oggetto delle attività di affissione, la sua sarebbe condotta antisindacale art 28 St.Lav. CONDOTTA ANTISINDACALE ART.28 St.Lav. L.20 maggio n.300/1970: L'art.28 ha per oggetto la repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro. "quasiasi comportamento diretto ad impedire o limitare l'esercizio della liberà e dell'attività sindacale nonchè del diritto di sciopero". Possono attivare il procedimento speciale dell'art.28 solo "gli organismi locali delle associazioni sindacali che vi abbiano interesse. Il procedimento è suddiviso in due fasi processuali, una sommaria e obbligatoria ed un'altra ordinaria ed eventuale che si svolge solo nel caso di opposizione: entrambe sono di competenza del Tribunale in funzione di giudice del lavoro del luogo ove è posto il comportamento antisidacale denunciato. La prima fase ha inizio a seguito di ricorso presentato dall'associazione sindacale. Successivamente il giudice convoca le parti ed assunte sommarie informazioni ordina al datore di lavoro, con decreto motivato, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti di esso. Contro il decreto il datore di lavoro può proporre opposizione, entro 15 giorni dalla comunicazione, innanzi allo stesso Tribunale, così aprendo la seconda fase nella quale trovano applicazione le disposizioni generali sulle controversie di lavoro relative al giudizio di primo grado. Questa seconda fase del procedimento non sospende l'efficacia del decreto che non può essere revocato fino alla sentenza con cui viene definito il giudizio. Nella seconda fase i fatti vengono accertati in modo approfondito svolgendosi come un ordinario processo del lavoro. L'art.28 St.Lav. prevede un'apposita sanzione per il daotre di lavoro che non ottemperi all'ordine giudiziale contenuto nel decreto o nella successiva sentenza. La sanzione è penale rinvio all'art 650 c.p. (inosservanza dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria): il datore di lavoro è punito con l'arresto fino a 3 mesi o con l'ammenda fino a €206. –Ai fini della contrattazione collettiva nazionale, l'accertamento della rappresentatività sindacale avviene tenendo conto dei seguenti parametri: il dato associativo(costituito dalle iscrizioni dei lavoratori al sindacato) e il dato elettivo(costituito dai voti ottenuti da ciascun sindacato nelle elezioni delle RSU.) La rappresentatività è data dalla media tra il dato associativo e il dato elettivo. Per la legittimazione a negoziare è necessario una rappresentatività non inferiore al 5% del totale dei lavoratori della categoria. -Ai fini della contrattazione collettiva aziendale, l'accertamento della rappresentatività sindacale avviene tenendo conto: solo del dato elettivo (se sono state costituite RSU), solo del dato associativo(se in azienda operano RSA) Efficacia ed esigibilità: Il livello nazionale: Con gli accordi interconfederali 2011/2013, attuati dall'accordo interconfederale del 2014, recante il T.U. sulla rappresentanza, è stato fromalizzato un procedimentoo per conferire efficacia ed esigibilità ai contratti collettivi. Limitandoci a considerare solo il livello nazionale di categoria: -L'efficacia implica l'applicazione del contratto collettivo a tutti i lavoratori del settore, indipendentemente dal fatto che siano iscritti o meno ad uno dei sindacati stipulanti; -L'esigibilità implica l'osservanza del contratto collettivo da parte di tutte le organizzazioni sindacali, anche se formalmente non lo hanno sottoscritto. Il contratto collettivo è efficace per tutti i lavoratori ed è esigibile per le associazioni sindacali quando è stato sottoscritto dalle organizzazioni sindacali che costituiscono almeno il 50%+1 della rappresentanza nel settore. Il livello aziendale: Anche per il contratto collettivo di livello aziendale (realtà produttive) gli accordi di riforma della contrattazione collettiva individuano meccanismi per conferire ad esso efficacia erga omnes (nei confronti di tutti i lavoratori dell'impresa). I criteri in questione sono differenziati a seconda della presenza nel contesto aziendale di RSU o RSA. -In caso vi siano RSU il contratto aziendale deve essere approvato dallamaggioranza dei componenti della RSU presente in azienda. Una volta apporvato, esso è applicato in modo generalizzato. -In caso di RSA, il contratto aziendale deve essere approvato dalle RSA costituire nell'ambito delle associazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'azienda. Per la definitiva efficacia è richiesto il voto favorevole della maggioranza dei votanti nel referendum. IL CONTRATTO COLLETTIVO: Rapporto tra contratti collettivi nel tempo: Dopo la Prima guerra mondiale, ribadita e accresciuta l'importanza pratica del contratto collettivo, si pose con urgenza il problema di una sua regolamentazione giuridica che fu attuata solo con l'avvento del regime fascista. Il contratto corporativo era previsto dall'art.1 delle preleggi e poteva essere equiparato ad essa e quindi avere efficacia erga omnes. In seguito alla caduta del regime non poteva più essere stipulato alcun contratto ma quelli stipulati anteriormente furono mantenuti in vigore ma sono stati migliorati con disposizioni successive. Così abbiamo definito il contratto collettivo corporativo. Il contratto collettivo previsto dall'art.39 Cost. può essere stipulato solo da sindacati registrati, tramite le loro rappresentanze unitarie, il sindacato con la registrazione acquisisce personalità giuridica di diritto pubblico. Il contratto collettivo ha efficacia erga omnes per tutti gli appartenenti alla categoria. Non può essere stipulato non essendosi data ancora attuazione legislativa all'art.39 Cost. Il contratto collettivo recepito in D.Lgs. dopo l'entrata in vigore della Cost, per ovviare all'assenza di norme di attuazione dell'art.39 ed evitare difformità di trattamento, fu emanata la L.741/1959 per estendere i contratti collettivi esistenti a tutti i lavoratori, il Governo era autorizzato a recepire in appositi decreti legislativi i contratti collettivi stipulati prima del 1959; essi acquistavano efficacia erga omnes; il meccanismo di ricezione non può più essere attuato perchè la proroga della legge delega fu dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. I contratti collettivi di diritto comune sono stipulati dalle attuali associazioni sindacali che si qualificano come associazioni non riconosciute, hanno efficacia limitata ai soli lavoratori iscritti, per la parte normativa, e, per la parte obbligatoria, solo ai sindacati stipulanti. Caratteri del contratto collettivo di diritto comune: L'unico contratto collettivo che possa oggi realizzarsi nel nostro ordinamento è il contratto collettivo di diritto comune, così denominato in quanto regolato alle norme di diritto comune in materia contrattuale. Tale tipo di contratto vincola esclusivamente gli associati alle organizzazioni sindacali (di datori e lavoratori) che li hanno stipulati. Gli attuali contratti collettivi di diritto comune si distinguono in due parti aventi funzioni differenti: -una parte denominata normativa, che concerne le condizioni economiche e più in generale la disciplina dei rapporti individuali di lavoro della categoria interessata. A sua volta suddivisa in due parti: la parte "economica", minimi di paga e varie voci di retribuzione; e la parte "normativa", inquadramento, orario di lavoro, ferie, permessi e congedi. -una parte denominata obbligatoria, destinata a regolare i rapporti tra i soggetti stipulanti, associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro. Causa, fondamento, forma e tipi di contratto collettivo: La causa del contratto collettivo può individuarsi proprio nella funzione normativa e può essere definita come la "realizzazione dell'interesse collettivo professionale" Il fondamento giuridico del contratto collettivo sta da un lato nell'autonomia che l'ordinamento concede alle organizzazioni sindacali e dall'altro nel rapporto interno che unisce il sindacato ai suoi membri, per cui il primo rappresenta giuridicamente i secondi. Quanto alla forma pur in assenza di specifiche previsioni di legge la dottrina prevalente ritiene che il contratto collettivo devva esser redatto, a pena di nullità, per iscritto e debba essere sottoscritto da tutti gli stipulanti. Si individuano due tipi di contratto collettivo: -Unilateralmente sindacale: è quello stipulato da un singolo datore di lavoro con l'organizzazione collettiva dei lavoratori. -Bilateralmente sindacale: è quello stioulato da contrapposte associazioni sindacali di datori di lavoro da un lato e di prestatori di lavoro dall'altro. Efficacia oggettiva e soggettiva dei contatti collettivi di diritto comune: La regolamentazione concreta del rapporto interprivato di lavoro avviene mediante più fonti, la gerarchia delle fonti è la seguente: · Principi generali del diritto · La Costituzione e le norme di diritto internazionale · I regolamenti e le direttive immediatamente dispositive, nonchè le decisioni · Le leggi nazionali e gli atti aventi forza di legge · I contratti collettivi e il contratto individuale di lavoro · Gli usi e la consuetudine · I principi interpretativi. Le disposizione del contratto collettivo non possono essere mai in contrasto con la legge o derogare alla stessa e, in ogni caso, eventuali conflitti sono risolti sempre con la prevalenza della disposizione legislativa. "Favor prestatoris", la derogabilità in melius: Il criterio dell'ordine gerarchico non ha applicazione assoluta nel campo lavoristico, essendo quest'ultimo permeato, come più volte si è detto, dal principio del favore verso il lavoratore (cd.favor prestatoris). Tale principio fa sì che, tra più fonti regolatrici del rapporto di lavoro, prevalga quella più favorevole verso il lavoratore. La norma di legge può essere derogato dal contratto collettivo ogni qual volta esso preveda condizioni migliorative (derogabilità in melius). Viceversa il contratto collettivo non può mai prevalere sulla legge quando disponga in senso peggiorativo per il lavoratore rispetto alla previsione legislativa (inderogabilità in peius). Deve intendersi come condizione più favorevole per il lavoratore, 2 teorie: 81. La teoria del cumulo. (es. se per la retribuzione la legge prevede mille euro e il contratto collettivo 1200 euro, mentre per l'orario la legge prevede otto ore ed il contratto collettivo otto ore e mezza, per la retribuzione trova applicazone il contratto e per l'orario di lavoro la legge) 82. La teoria della valutazione globale, che è la tesi prevalente, secondo la quale bisogna esaminare complessivamente ciascuna fonte e dopo aver determinato quale, globalmente, può considerasi più favorevole, applicare solo quest'ultima. Il rapporto tra contratto collettivo e contratto individuale: Contratto collettivo ed individuale essenso entrambi espressione dell'autonomia privata, si collocano nella stessa posizione all'interno delle fonti di disciplina del rapporto di lavoro. Tuttavia prevale il principio della inderogabilità da parte del contratto individuale alle disposizione del contratto collettivo, salvo che le disposizione del contratto individuale siano più favorevoli al lavoratore. In sostanza: In primo luogo si afferma il principio dell'interogabilità del contratto collettivo da parte del contratto individuale, inderogabilità che viene spiegata dalla dottrina e dalla giurisprudenza in diversa modo ma che è sempre riconducibile alla funzione di tutela della categoria svolta dal sindacato e dal contratto collettivo che verrebbe ad essere facilmente vanificata se fosse possibile semplicemente disapplicarne le disposizioni garantistiche nel singolo contratto di lavoro. La disposizone derogatrice è nulla, ma non opera secondo i normali criteri civilistici: infatti non rende invalido tutto il contratto individuale di lavoro, ma produce la nullità soltanto delle clausole difformi da quelle del contratto collettivo. A ciò consegue l'inserzione automatica delle corrispondenti clausole generali previste dal contratto collettivo in luogo delle clausole contenute nel contratto individuale risultanti al di sotto dello standard di tutela del contratto collettivo (efficacia reale dell'inderogabilità); In secondo luogo, il criterio del favor prestatoris: è possibile che i contratti individuali, laddove prevedano condizioni più favorevoli per il lavoratore, deroghino al contratto collettivo (derogabilità in melius) Rapporto tra contratti collettivi di differenti livelli: In un primo momento dottrina e giurisprudenza sostennero la tesi negativa, cioè che il contratto collettivo di livello inferiore (es. aziendale) non può derogare in senso peggiorativo rispetto al contratto di livello superiore (es.nazionale). Mutando il proprio orientamento iniziale tuttavia la giurisprudenza ha da tempo accolto la tesi positiva. Di conseguenza il contratto collettivo aziendale può introdurre deroghe, anche peggiorative, rispetto a quanto stabilito nel contratto collettivo nazionale. In caso di contrasto tra contratti collettivi di diverso ambito occorre fare riferimento, secondo la dottrina, al criterio di specialità. Ovvero, secondo la giurisprudenza, al principio di autonomia e di competenza di ciascun livello di contrattazione, facendo valere l'effettiva volontà delle parti operanti al livello più vicino agli interessi disciplinati. L'efficacia soggettiva del contratto collettivo di diritto comune: L'efficacia dei contratti collettivi rispetto alle persone deriva pertanto dalla disposizione di socio del lavoratore rispetto all'organizzazione sindacale cui aderisce. L'efficacia soggettiva dei contratti collettivi di diritto comune è regolata dalle norme civilistiche in materia contrattuale secondo le quali gli effetti dei contratti collettivi sono limitati ai soli lavoratori e datori iscritti alle associazioni stipulanti. Ci si è chiesti se occorra che entrambe le parti siano iscritte alle associazioni stipulanti o basti l'iscrizione di una sola di esse. La giurisprudenza si è pronunciata nel primo senso, affermando che quando il solo datore o il solo lavoratore siano iscritti ad una associazione sindacale che ha stipulato un accordo collettivo di diritto comune deve escludersi che il rapporto di lavoro instaurato tra le parti possa cadere sotto la regolamentazione dell'accordo stesso. Questa è la regola teorica ma di fatto il contratto collettivo viene praticamente applicato a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro iscrizione al sindacato stipulante. A maggior ragione quando il datore di lavoro è iscritto al sindacato stipulante è considerato del tutto irrilevante che il lavoratore sia iscritto o no al sindacato.