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Diritto dell'integrazione europea, Appunti di Diritto Dell'integrazione Europea

Appunti del corso "Diritto dell'integrazione europea"

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 14/11/2017

ale1988
ale1988 🇮🇹

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Scarica Diritto dell'integrazione europea e più Appunti in PDF di Diritto Dell'integrazione Europea solo su Docsity! Diritto dell’integrazione europea Lezione 01/10/2015 Filo conduttore tematico che è essenzialmente il rapporto tra l’integrazione economica, a livello europeo, e la tutela di valori non economici più in dettaglio sulla tutela dei diritti politici e anche diritti sociali. Il processo di integrazione europea nasce come processo essenzialmente economico.(trattato di Roma 1957- trattato di Parigi 1951). Obiettivo del trattato di Roma era la costruzione del mercato unico il quale poggiava su 4 elementi portanti:  Libera circolazione delle merci  Libera circolazione dei servizi  Libera circolazione delle persone  Libera circolazione dei capitali Accanto a questi 4 pilastri vi erano delle norme sulla tutela della concorrenza che completavano la regolamentazione del mercato interno. Norme sulla concorrenza che riguardavano sia le imprese sia gli stati. Per quanto riguarda le imprese tutte le norme che disciplinano, vietano l’abuso di posizione dominante, le intese tra imprese fatte per stabilire i prezzi di un certo prodotto x non farsi concorrenza l’un l’altra. Relativi agli stati invece ci riferiamo alle norme sugli aiuti di stato. Il focus era diretta su questi aspetti qua, l’integrazione europea nasce come processo essenzialmente economico. Non trovano spazio in questa fase argomentazione di tipo diverso es carattere sociale(welfare). Scelta politica. Perché venne deciso che tutte le questioni di carattere diverso dovevano essere prese in carico dagli stati membri. Si scelse un modello doppio binario. Un binario economico che veniva conferito alla comunità europea in cui gli stati accettavano di cedere parte della propria sovranità; un binario sociale che veniva lasciato ad ogni singolo stato. Con l’avanzare del processo di integrazione europea ci si rese conto che questa suddivisone del lavoro era illusoria. Trattati-direttive-commissione europea- consiglio europeo- parlamento europero-> riguardare bene Frequentanti: studio e discussione sentenze caricate su moodle. Si distinguono le letture tra letture obbligatorie e facoltative. Le letture obbligatorie devono essere lette prima della lezione. Leggere sempre il fatto della sentenza. Corso no il 16/10 e il 05/11 15/10 prof. Sheper (da Bruxelles) -> su un articolo ESAME: Preappello scritto, 1 domanda open book(con tutto il materiale del corso). Ultima lezione 13/11 NB COME LEGGERE LE SENTENZE: Dapprima c’è il contesto normativo, cui la Corte riassume brevemente le norme di diritto dell’UE ma anche di diritto nazionale applicabili al caso. Poi c’è un riassunto (fare molta attenzione), quello che è il procedimento principale (= il procedimento che si sta svolgendo a livello nazionale e da cui originano i quesiti pregiudiziali) che spiega cosa sta succedendo. Una sentenza è un provvedimento adottato in riferimento ad una specifica situazione attuale. Bisogna avere chiaro il contesto a cui si fa riferimento. 01/10/2015 INTRODUZIONE Il corso analizza il rapporto tra l’integrazione economica a livello europeo e la tutela di valori non economici. Più in dettaglio ci si concentrerà sulla tutela dei diritti (civili, politici e sociali)-> studio dei casi nei quali il processo di integrazione economica possa entrare in conflitto con la tutela dei diritti. Come, in ambiti diversi, questi conflitti sono risolti da parte della Corte? Il processo di integrazione europea nasce come processo economico (1957: anno di conclusione del trattato di Roma). In realtà già prima vi erano stati dei passi importanti, nel ’51 la conclusione del trattato di Parigi con cui era stata istituita la comunità europea del carbone e dell’acciaio, ma il focus era esclusivamente economico (il focus era su due materie prime). Impronta economicistica del trattato di Parigi del ’51 si ritrova nel trattato di Roma (obiettivo fondamentale in questo caso era la costituzione di un mercato unico), il quale poggiava sulle quattro libertà fondamentali: libera circolazione merci, servizi, persone, capitali. Accanto a questi quattro pilastri vi erano le norme sulla tutela della concorrenza, che riguardano sia le imprese ma anche gli Stati; le imprese-> tutte le norme che disciplinano e vietano l’abuso di posizione dominante e le intese tra imprese in condizione della concorrenza sul mercato; se si parla di norme di concorrenza relative agli Stati: norme sugli aiuti di Stato. Il processo di integrazione nasce come processo essenzialmente economico. In questa prima fase non trovano spazio le preoccupazioni di tipo diverso (la tutela dei diritti fondamentali, le questioni riguardanti il welfare ecc.). Tutte le questioni non furono prese in considerazione perché venne deciso che tale competenza era esclusiva degli Stati membri. Si scelse un modello di doppio binario: due binari paralleli di cui un binario economico, conferito alla competenza dell’UE in cui gli Stati accettavano di cedere parte della loro sovranità, e un binario sociale che veniva lasciato alla competenza nazionale. Con l’avanzare del processo di integrazione europea, ci si rese conto che questa divisione del lavoro era illusoria: l’applicazione delle norme in materia di libera circolazione delle merci/persone/servizi va ad impattare su questioni sociali e di tutela dei diritti.  Nascita problemi: ad esempio il punto di vista da cui si pone la Corte di giustizia europea è un punto di vista economico. Processo di integrazione europea è andato oltre la dimensione economica, ad esempio son stati creati istituti come la cittadinanza europea. Nei trattati si è dato riconoscimento a una serie di valori e obiettivi che non hanno carattere economico. PARTE 1: OBIETTIVI E VALORI DELL’UE Art. 3 TUE elenca gli obiettivi a cui deve tendere l’azione dell’UE -> comma 3: l’Unione istaura un mercato interno. “l’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira all’occupazione, al progresso sociale, …” “l’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni, nonché la giustizia, la protezione sociale, la solidarietà tra le generazioni”. Per la prima volta con il Trattato di Lisbona si da pieno riconoscimento ad una serie di obiettivi che non hanno dimensione prettamente economica ma sociale. Questi obiettivi vengono posti su un piano di parità rispetto agli obiettivi economici. PROTOCOLLO 27: esplicita che nel mercato interno la concorrenza non dev’essere falsata. ART. 6: l’UE riconosce i diritti, le libertà, i principi sanciti nella Carta che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. La Carta continua ad essere esterna ai trattati, ma rimane al massimo livello della dottrina comunitaria. Art. 6 comma 3: i diritti fondamentali garantiti dalla Commissione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU), e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali. Qui si da codificazione alla giurisprudenza della Corte degli anni ’70. CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI La Carta è un preambolo. Ha un contenuto che per certi aspetti è innovativo: costituisce uno dei pochi esempi a livello internazionale in cui da un canto ha i diritti civili-politici (diritto alla vita, integrità della persona, proibizione di schiavitù, ecc.) e dall’altro i diritti economico-sociali e culturali. La Carta contiene il riferimento che tutela diritti di ultima generazione (come questioni bioetiche o altri aspetti in questo ambito) È strutturata secondo dei titoli, ogni titolo è dedicato ad un principio fondamentale dell’ordinamento europeo: titolo dedicato alla dignità, alla libertà, uguaglianza, solidarietà (diritti sociali/economici), diritti di cittadinanza. La Carta si chiude con una serie di disposizioni orizzontali. 02/10/15 Da una situazione di assenza di situazioni normative espresse circa la necessità di tutelare i diritti fondamentali ad una loro graduale affermazione dapprima da parte della Corte attraverso il meccanismo dei principi generali del diritto dedotti dalle norme costituzionali comuni degli Stati membri, e poi anche da convenzioni internazionali (CEDU) e quindi funge come strumento da cui la Corte trae ispirazione. Perché la Corte deve trarre ispirazione da un catalogo esterno all’ordinamento? Perché nell’ordinamento anche quando vi è il riconoscimento dell’azione dei diritti fondamentali come obbligo giuridico, manca pur sempre un catalogo. Il catalogo arriverà dopo, in un primo momento (Carta di Nizza del 2001) il catalogo non ha carattere giuridico vincolante perché la Carta viene solo proclamata ed è uno strumento politico. La Carta assume valore giuridico vincolante solo con il Trattato di Lisbona (si attende fino al 2009 per arrivare al completamento di questo processo). ART. 7 del TUE prevede un meccanismo di sanzione nei confronti degli stati che si rendano protagonisti di gravi violazioni dei diritti fondamentali. È un meccanismo di sanzione politico e può portare come sanzione massima alla sospensione del diritto di voto dello Stato all’interno del Consiglio. Il meccanismo a partire dal Trattato di Nizza ha subito una piccola variazione perché oggi il meccanismo è attivabile non solo nel caso di gravi violazioni ma anche nel caso di rischio di gravi violazioni. Ad oggi il meccanismo non è mai stato utilizzato. Il meccanismo dell’art. 7 non è pensato per sanzionare la singola violazione, ma è pensato per far fronte a quei casi in cui vi sono violazioni gravi e diffuse. Situazione ungherese è una situazione complessa da un po’ di anni. Il governo ungherese (partito di estrema destra) ha punte notevoli di razzismo e una scarsa tolleranza per il dissenso. Ha adottato una serie di leggi per limitare l’indipendenza della magistratura e della Corte costituzionale, limitare alcune leggi sulla censura, soprattutto per quanto riguarda i blog ed altri strumenti di diffusione di informazione via internet e colpendo anche la stampa. Una serie di misure. Qui era soddisfatto il requisito della gravità e della sistematicità delle violazioni (qualcuno aveva invocato l’art. 7). Il problema è che l’art. 7 di per sé ha il grave limite di controllo tra i pari (un giorno è l’Ungheria e domani potrebbe essere un altro Stato -> vi è sempre la tendenza per gli Stati a evitare di stigmatizzare in maniera formale, attraverso l’attivazione di strumenti formali di sanzione. Ci possono essere delle dichiarazioni politiche, però attivare un meccanismo formale di sanzione è un meccanismo molto difficile da attivare). Via più semplice: sanzione della Corte Europea. Ci potrebbero essere dei casi portati dai soggetti allontanati (soprattutto se questi soggetti erano dei rifugiati) potrebbero esserci delle azioni contro il governo ungherese davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo per l’art. 3 (divieto di tortura e comportamenti umani degradanti – al cui interno la Corte ha incluso anche la salvaguardia dei diritti dell’uomo). CLAUSOLE ORIZZONTALI DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI  Serie di disposizioni che si trovano alla fine della Carta e che ci dicono molto di quello che è il reale valore della Carta. Le clausole disciplinano: - la portata della Carta e cioè chi è vincolato al rispetto della stessa; - il rapporto tra la Carta e altri strumenti (la CEDU ecc.); - la possibilità per gli Stati di adottare misure di tutela dei diritti fondamentali che vadano oltre lo standard di tutela previsto dalla Carta. SENTENZE ART. 51 DELLA CARTA- Chi è vincolato alle disposizioni della carta Art. 51 inserito nel Titolo VII: Disposizioni generali che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta In questo Titolo si trovato gli artt. 51, 52, 53, che sono le disposizioni orizzontali che disciplinano gli aspetti sopracitati. Art. 51: ambito di applicazione della Carta, chi è vincolato al rispetto delle disposizioni previste. istituzioni, organi e organismi dell’Unione. Questi soggetti devono rispettare le disposizioni della Carta gli Stati membri ma solo nell’attuazione del diritto dell’Unione. Gli stati membri devono rispettare la Carta dei diritti fondamentali quando attuino il diritto dell’Unione, quindi non sempre. Problema: cosa significa che uno Stato sta attuando il diritto dell’Unione? Termine ATTUAZIONE: tradotto in maniera varia nelle altre versione linguistiche della Carta. Nelle spiegazioni allegate alla Carta (documento formalmente non vincolante, redatto per spiegare il significato delle singole disposizioni della Carta) e nelle disposizioni dell’art. 51 si spiega che il termine attuazione dev’essere inteso come ambito di applicazione del diritto dell’UE, cioè la Carta si applica agli Stati quando la loro azione rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’UE. C’è differenza nel parlare di attuazione e di ambito di applicazione del diritto dell’UE.  Attuazione del diritto dell’Unione: -> direttive La direttiva comporta un obbligo per gli Stati di trasporre la direttiva nel proprio ordinamento. Gli Stati quando recepiscono a direttiva nell’ordinamento interno dovranno farlo nel rispetto delle norme della Carta. - caso Wachauf: riguardava delle sanzioni per la sovrapproduzione di latte. Controversia di un produttore che aveva subito delle misure adottate dal governo tedesco nei suoi confronti (era stato espropriato delle sua impresa). Essendo queste misure state adottate in esecuzione di un regolamento dell’UE, la Corte aveva detto che occorreva fosse rispettato il diritto di proprietà, di equo indennizzo, perché le misure nazionali sono adottate in attuazione del diritto dell’UE. Fossero state misure nazionali e basta, non sarebbero state di competenza della Corte e quindi la Corte non avrebbe potuto vedere se queste misure erano o meno compatibili con i diritti fondamentali. Art. 51 c. 2: la presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’UE. Art. 51: “esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione”  è piuttosto restrittivo perché di solito la Corte prima dell’adozione della Carta aveva stabilito che il limite per decidere l’applicazione o meno dei diritti fondamentali era se la questione rientrava o no nell’ambito di applicazione del diritto dell’UE, cioè l’espressione che ritroviamo nelle spiegazioni. Chi ha redatto le spiegazioni interpreta un termine più restrittivo (“nell’attuazione”), con un’idea elaborata dalla Corte ma che è più espansiva, e quindi amplia la possibilità di applicare i diritti fondamentali.  Deroga al diritto dell’UE - Caso ERT Caso precedente agli anni ’90 e quindi precedente all’ambito di attuazione della Carta. Caso relativo alla televisione greca ERT, controversia che riguarda la ERT e una piccola stazione radio televisiva di Salonicco che contestava il monopolio concesso dallo Stato greco alla ERT per le trasmissioni radiotelevisive. Tra le argomentazioni portate da questa piccola radiotelevisione vi era la violazione da parte dello Stato greco delle norme della CE in materia di libera circolazione dei servizi e libertà di concorrenza. Il caso arriva di fronte alla Corte di giustizia, perché vi è un rinvio pregiudiziale da parte di un giudice greco investito della controversia. RINVIO PREGIUDIZIALE: nell’ambito di un processo, quando un giudice ordinario si trova di fronte a una legge nazionale che può contrastare o che secondo lui ha una difficoltà nell’interpretazione di una legge europea, rinvia, attraverso il rinvio pregiudiziale, la questione alla Corte, per avere un’interpretazione su come applicare la norma nel caso di specie. Strumento che consente ai giudici nazionali di rivolgersi alla Corte di giustizia quando abbiano dei dubbi su come si debba interpretare una norma europea. Anche per valutare se una norma interna sia compatibile con il Trattato. Ritenendo che la causa sollevi importanti questioni di diritto comunitario, il giudice nazionale ha sottoposto la Corte alle seguenti questioni pregiudiziali -> il giudice chiede formalmente alla Corte di interpretare il diritto dell’UE, sostanzialmente vuole sapere se sia conforme al Trattato CEE e al diritto derivato una legge che autorizzi un unico operatore a detenere il monopolio della televisione nell’intero territorio di uno Stato membro. Nelle sentenze pregiudiziali la Corte da una risposta al giudice nazionale. Rinvii pregiudiziali: quesiti posti da un giudice nazionale alla Corte, per chiedere alla Corte di interpretare, perché è lo strumento che consente alla Corte di andare a sindacare le misure normative adottate dagli Stati. che costituisce lo scopo della normativa nazionale in questione, sarebbe parte del diritto dell’ambiente. > La Corte non accetta questo ragionamento: (punto 24) “occorre tuttavia ricordare che la nozione di “attuazione del diritto dell’Unione” richiede l’esistenza di un collegamento di una certa consistenza, che vada al di là della semplice affinità tra le materie prese in considerazione …”  La Corte cerca di frenare l’ambito espansivo dell’interpretazione. > Il punto 25 cerca di chiarire/definire i “collegamenti di una certa consistenza”, che la Corte fa discendere dall’art. 51 e dall’ “in attuazione”. “se essa abbia lo scopo di attuare una disposizione di diritto dell’Unione, quale sia il suo carattere, se essa persegua obiettivi diversi da quelli contemplati dall’Unione”.  Sono criteri che secondo la Corte servono per capire se il collegamento è sufficientemente forte, tanto da giustificare l’applicazione della norma. Art 52 DELLA CARTA Comma 1 prevede la possibilità di elencare come tutti i trattati internazionali prevedono di limitare l’esercizio dei diritti e delle libertà, quando tali limitazioni siano previste dalla legge e rispettano il contenuto essenziale dei diritti. Tali limitazioni, dice la Corte, possono essere applicate solo ove siano necessarie per perseguire finalità di interesse generale. La Corte ha individuato una serie di diritti che non sono limitabili (diritto alla vita, divieto di tortura), per tutti gli altri casi si applica l’art. 52. Comma 3: regola i rapporti tra la Carta e la CEDU (che comunque viene continuamente richiamata, perché resta un punto di riferimento essenziale per la tutela dei diritti fondamentali). La Corte ci dice che quando la Carta contenga dei diritti corrispondenti a quelli previsti nella CEDU, l’interpretazione dei diritti contenuti nella Carta dovrà essere la stessa che viene data ai diritti della CEDU. - > tentativo di evitare casi di contrasto e di discordanza dell’interpretazione dello stesso diritto. Per limitare un diritto bisognerà dimostrare che questo sia necessario per il perseguimento di interessi di carattere generale e che la misura adottata sia di carattere proporzionale al raggiungimento di quell’obiettivo. Nulla vieta che la Carta preveda qualcosa di diverso o qualcosa di più rispetto alla convenzione. Esempio:caso dell’equo processo. L’art. 47 della Carta, mentre nella CEDU è l’art. 6. Nella CEDU il diritto di un giudice imparziale e il diritto al gratuito patrocinio sono limitati ai procedimenti civili e penali. Per quanto riguarda la Carta questo limite non c’è, quindi riguarda anche i procedimenti amministrativi. La Carta in questo caso è più garantista rispetto alla Convenzione -> in questo caso si applicherà la Carta. Comma 4 è più problematico: si richiede una conformità nell’interpretazione dei diritti anche con le tradizioni comuni degli Stati membri. Più problematico perché mentre nella CEDU si ha una Corte, quindi un riferimento immediato ad un organo e una giurisprudenza che è quella, immediatamente conoscibile; riuscire a determinare quale sia l’interpretazione data, quindi da diverse corde riuscire a tracciare una linea di continuità a cui adeguarsi è molto più problematico. Comma 5 (ugualmente problematico): introduce la categoria dei principi. Ci sono delle disposizioni nella Carta che contengono dei principi, lasciando intendere che ce ne sono altre che contengono dei veri e propri diritti. La differenza tra principi e diritti è che il diritto è direttamente invocabile in giudizio di fronte a un giudice, il principio non è immediatamente giustiziabile, non è direttamente applicabile, affinché il principio operi è necessario che sia attuato da un’imposizione normativa.  il principio “possono essere applicate dinanzi ad un giudice solo ai fini dell’interpretazione per controllo di legalità di detti atti”. Tutte le disposizioni che riguardano i diritti sociali e i diritti economici sono dei principi e non dei veri e propri diritti. Ciò è problematico perché non è proprio così: era una vecchia distinzione che veniva fatta tra diritti civili e politici e diritti sociali ed economici, per cui i diritti sociali ed economici non erano immediatamente vincolanti. Il diritto alla salute opera nella misura in cui c’è uno Stato che mette le risorse e dà attuazione a questo diritto. Altrimenti è un principio e quindi non è direttamente invocabile in giudizio. Questa disposizione sembra richiamare quel tipo di idea lì, cioè che ci siano norme di serie A e quindi direttamente invocabili perché contengono dei veri e propri diritti, e norme di serie B, che invece contenendo solo dei principi, non possono essere direttamente invocate. Questa descrizione è problematica perché non tiene conto dell’evoluzione dei diritti umani e non tiene conto della realtà delle cose.  Distinzione: ci sono delle disposizioni (senza dire quali) che prevedono dei principi, quindi quelle disposizioni li non possono essere invocate direttamente in giudizio, ma possono essere invocati solo ai fini dell’interpretazione e del controllo di quegli atti che sono stati adottati per dare attuazione ai principi -> invocabilità ridotta. ART. 53 DELLA CARTA - Livello di protezione. In ogni caso la carta fissa uno standard minimo e gli Stati membri mantengono la loro libertà di andare oltre questo standard minimo prevedendo dei livelli di tutela più elevati. - Sentenza Melloni Riguarda un signore che scappa in Spagna per sfuggire ad un procedimento in Italia per bancarotta fraudolenta. Nel ’93 viene estradato (perché non c’era ancora il mandato di arresto europeo) Dal 2005 è stato istituito il mandato di arresto europeo che elimina la legislazione di passare attraverso il procedimento di estradizione nei rapporti tra l’autorità giudiziaria nazionale e quelle dell’UE. È infinitamente più rapido rispetto all’estradizione perché sono inferiori i numeri di casi in cui l’autorità per cui giunge la richiesta può opporsi alla richiesta stessa e poi perché l’estradizione è un atto politico adottato dal Ministro di giustizia, mentre il mandato di arresto europeo è solo un rapporto tra il giudice e la polizia. A questo tizio viene riconosciuta la possibilità di pagare una cauzione e viene rimesso in libertà dopo che era già stata concessa l’estradizione, quindi scappa e si sottrae all’estradizione. Il tribunale di Ferrara procede in contumacia notificando, secondo la legislazione italiana, tutti gli atti ai difensori nominati dal signor Melloni, il quale riappare arrestato dalla polizia spagnola nel 2008, e per il quale si chiede un mandato di arresto europeo perché lui venga a scontare la pena in Italia. Davanti all’autorità spagnola lui si oppone (punto 16) alla consegna alle autorità italiane, perché dice che durante il procedimento di appello aveva nominato un avvocato diverso dai due che lo avevano rappresentato in primo grado, revocando la nomina conferita a questi ultimi, e quindi l’autorità italiana aveva notificato gli atti ai due avvocati di primo grado. Il diritto processuale italiano non prevede di impugnare le sentenze di condanna pronunciate in abstentia e che dunque l’esecuzione del mandato di arresto europeo avrebbe dovuto essere subordinata alla condizione che la Repubblica italiana garantisse questa possibilità di appellare le sentenze in absentia. Problema: nella procedura spagnola è esplicitamente prevista in costituzione la possibilità di impugnare le sentenze di condanna a chi sia stato condannato in absentia. La costituzione spagnola gli avrebbe consentito di contestare l’esecuzione del mandato d’arresto, cosa che invece non gli era consentita dalla normativa europea in materia di mandato di arresto. Lo standard di tutela del diritto del soggetto previsto dal diritto dell’UE in particolare dall’atto istitutivo del mandato di arresto europeo era più basso rispetto allo standard previsto dalla legislazione spagnola. Secondo la legislazione spagnola lui avrebbe dovuto avere diritto di opporsi al mandato di diritto europeo. La legislazione europea, che ha volutamente limitato il numero di casi a cui ci si poteva opporre al mandato di arresto europeo, proprio perché l’obiettivo è facilitare il dialogo tra le autorità giurisdizionali dei vari stati e facilitare questo tipo di relazioni, non prevedeva quella possibilità, e quindi non prevedeva in quel caso la possibilità di opporsi all’esecuzione del mandato. C’è una discrasia. Succede che il tribunale costituzionale spagnolo propone un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, e viene fuori il problema dell’art. 53. Quesito(Punto26- 3 p. 8/15): “se l’art. 53 consenta ad uno Stato membro di subordinare la consegna di una persona condannata in absentia alla condizione che la sentenza di condanna possa essere riesaminata dallo Stato richiedente riconoscendo così a tal diritto un livello di protezione più elevato rispetto a quello derivante dal diritto dell’UE.” Problema: per questa strada si torna ad un aspetto che la Corte aveva già affrontato. Si sta dicendo se c’è una norma della Costituzione che prevede qualcosa di più elevato di una norma europea, in quel caso il diritto dell’UE non si applica. -> questa è l’interpretazione che sembra dare la Corte costituzionale spagnola all’art. 53. Il primato non opera nel caso in cui ci sia una violazione di norme previste dalla Costituzione -> i contro limiti. Passa attraverso l’art. 53. La Corte si rende conto e rigetta la lettura della Corte costituzionale spagnola e dice che nel caso di specie non si può applicare lo standard più alto previsto dalla Costituzione spagnola perché l’atto adottato dall’UE disciplina in maniera completa la questione. L’atto compie già lui il bilanciamento tra le libertà individuali e le necessità di velocizzare il procedimento del mandato di arresto, quindi non si può invocare una norma costituzionale interna per bloccare l’operatività del mandato di arresto. [ulteriore spiegazione (punto 55) -> chiede se l’art. 53 debba essere interpretato nel senso che si consenta allo stato membro di esecuzione di subordinare la consegna di una persona condannata in abstentia la condizione che possa essenzialmente fare appello, al fine di evitare una lesione del diritto di un processo equo e ai diritti della difesa garantiti dalla Costituzione. Il giudice del rinvio propone un’interpretazione dell’art. 53 della Carta che autorizzi in maniera generale uno Stato membro ad applicare uno standard di protezione dei diritti fondamentali garantito dalla sua costituzione qualdo questo è più elevato rispetto a quello della Carta, e quindi (punto 56) opporlo all’applicazione del diritto dell’Unione. Questo è il ragionamento dei contro minimi. Diritto dell’Unione ha un livello di tutela più basso e quindi io applico il diritto nazionale, disapplico il diritto dell’UE. È la negazione del principio del primato. Continuano a rappresentare un ostacolo. La corte si rese conto che rappresentava un problema; nel 74 con una sentenza che è la sentenza Dassonville che definisce quelle che sono le misure da osservare. Caso Dassonville Punto 3 della sentenza .Riguardava un caso curioso, importatori di whisky dalla scozia importano un whisky in Francia poi essendo stato acquistato una partita di questo whisky in libera pratica in Francia viene riportato in Belgio. Ma senza essere in possesso del certificato di origine richiesto dalla legislazione belga. La domanda che si pone la corte è : ma la richiesta di questo certificato costituisce una misura di effetto equivalente? Non era molto immediato. La corte elabora questa definizione: che è una definizione amplissima : punto 5 della sentenza potenzialmente tutte le misure che uno stato poteva toccare e che toccassero indirettamente il commercio di merci cadeva sotto la definizione di misura cn effetto equivalente quindi vietata. Punto 6 della sentenza: lotta contro la contraffazione e dall’altro la realizzazione del mercato interno. Qua la corte è chiarissima. Qui la corte va dritta; va bene la lotta contro la contraffazione ma soltanto se non abbiamo come effetto l’ostacolo della libera circolazione. Applicando questa impostazione ampia di nozione di misure ad effetti equivalenti poi la corte ha fatto piazza pulita di comportamenti statali che tendevano ad avere effetti d questo tipo. Non importa degli effetti discriminatori o meno. Si prescinde dal carattere discriminatorio della misura. Sulle misure distintamente applicabili si praticano solo sui prodotti importati. In alcuni casi queste restrizioni possono essere giustificate in casi eccezionali. Casi eccezionali che sono esaustivamente previsti sul trattato, in particolare l’art 36. Quali sono questi motivi che possono giustificare comportamenti discriminatori? Sono la tutela dell’ordine pubblico, la tutela della salute pubblica, della moralità pubblica o della pubblica sicurezza. Questo elenco è esaustivo. Ma passiamo invece a quelle misure che ,Fin dall’origine della misura stessa, si applicano solo ad alcuni prodotti importati. Più problematiche sono quelle restrizioni che apparentemente si applicano in modalità neutra cioè si applicano sia ai prodotti nazionali sia a quelli importati. Altra categoria che appartiene a quelle distintamente applicabili è la cosiddetta modalità di vendita. Una miriade di discipline nazionali che non disciplinano come il prodotto deve essere fatto ma disciplinano le modalità di vendita. Uno degli ambiti più discussi erano tutti una serie di casi riguardanti il divieto di apertura domenicale dei negozi. In un primo tempo la corte aveva detto che vietare di aprire i negozi la domenica era una limitazione alla libera circolazione delle merci ma giustificata. Caso Keck Qui siamo davanti ad un procedimento penale a Strasburgo, punto 2 della sentenza siamo in una situazione di legislazione sui prezzi minimi. Nell’ambito del procedimento penale sollevano una questione dicendo che la legge francese è contraria alle norme sulla libera circolazione delle merci. il ragionamento della corte è ispirato ad una impostazione diversa rispetto a quella di Dassonville. Perché sostanzialmente quello che dice la corte punto 13 della sentenza . Perché mai la corte fa quest’operazione delicatissima? Perché è sommersa di casi. Punto 14 della sentenza. Norme che riguardano la natura del prodotto, quali sono le x caratteristiche tecniche del prodotto. Su queste normative v è stato il tentativo di armonizzazione positiva da evitare di avere norme diverse da stato a stato. Tentativo di armonizzazione che durò poco, fenomeno che fa saltare il tutto è l’elaborazione di un principio fondamentale ed è il principio del mutuo riconoscimento. Il principio di mutuo riconoscimento viene elaborato nella libera circolazione delle merci ma poi diventa principio cardine in moltissimi altri ambiti. Si applica in tutte le altre libertà . la corte dice che se vogliamo creare un mercato interno v deve essere fiducia con le autorità incaricate dalle disciplina di circolazione delle merci. Caso Cassis de Dijon L’importatore del Cassis, liquore francese. Che cosa succede in questo caso? Questa società decide di importare in Germania questo liquore, con gradazione di 15 gradi. Ad un certo punto le autorità tedesche vietano l’importazione di questo prodotto perché vi è una legislazione che possono essere messi in vendita solo alcolici con un minimo spirito di vino con meno 32 %. È più alcolico del vino ma non rientra nella categoria super alcolici quali sono previste una serie di limitazione. E quindi il ragionamento delle autorità tedesche è che rischiamo che se questo prodotto circola liberamente i tedeschi ne abusino con rischi x la salute pubblica. Si scaturì un procedimento. La corte riparte . il divieto di mettere in vendita un prodotto di uno stato membro ostacola, in maniera diretta, l’importazione di tale prodotto. Grave ostacolo. Questo è un inciso fondamentale, per l’intero processo di integrazione europea. Perché questo è l’inciso con cui la corte elabora. La corte dice che se quel prodotto è stato dichiarato sicuro in un altro stato membro; tu Germania non puoi imporre un divieto. Siamo ancora nel periodo di espansione massima, appare ancora il principio di riconoscimento. Se il prodotto è dichiarato sicuro in un altro stato membro allora tu non puoi vietarne la circolazione. Non si può mai imporre una restrizione? In questa sentenza non si prendono in considerazione. Nelle sentenze successive la corte dice che anche il principio di riconoscimento può subire delle deroghe. Deroghe che siano giustificate, dice la corte, da esigenze imperative di interesse generale. Ad esempio la tutela dell’ambiente, la tutela del patrimonio artistico, la tutela contraffazione ecc. la corte dice che devono essere anche proporzionate tali deroghe. Caso Mickelsson e Ross Sentenza del 2009. Questi due signori vanno con le moto d’acqua in acque al di fuori dei corridoi di navigazione pubblici. Vengono portati davanti ad un procedimento penale a questi contestano che l’applicazione del regolamento svedese art 28. Difatti il tribunale svedese sospende il procedimento. La corte riparte da Dassonville ripartiamo dal mutuo riconoscimento Diritto dell’integrazione europea Lezione 01/10/2015 Filo conduttore tematico che è essenzialmente il rapporto tra l’integrazione economica, a livello europeo, e la tutela di valori non economici più in dettaglio sulla tutela dei diritti politici e anche diritti sociali. Il processo di integrazione europea nasce come processo essenzialmente economico.(trattato di Roma 1957- trattato di Parigi 1951). Obiettivo del trattato di Roma era la costruzione del mercato unico il quale poggiava su 4 elementi portanti:  Libera circolazione delle merci  Libera circolazione dei servizi  Libera circolazione delle persone  Libera circolazione dei capitali Accanto a questi 4 pilastri vi erano delle norme sulla tutela della concorrenza che completavano la regolamentazione del mercato interno. Norme sulla concorrenza che riguardavano sia le imprese sia gli stati. Per quanto riguarda le imprese tutte le norme che disciplinano, vietano l’abuso di posizione dominante, le intese tra imprese fatte per stabilire i prezzi di un certo prodotto x non farsi concorrenza l’un l’altra. Relativi agli stati invece ci riferiamo alle norme sugli aiuti di stato. Il focus era diretta su questi aspetti qua, l’integrazione europea nasce come processo essenzialmente economico. Non trovano spazio in questa fase argomentazione di tipo diverso es carattere sociale(welfare). Scelta politica. Perché venne deciso che tutte le questioni di carattere diverso dovevano essere prese in carico dagli stati membri. Si scelse un modello doppio binario. Un binario economico che veniva conferito alla comunità europea in cui gli stati accettavano di cedere parte della propria sovranità; un binario sociale che veniva lasciato ad ogni singolo stato. Con l’avanzare del processo di integrazione europea ci si rese conto che questa suddivisone del lavoro era illusoria. Trattati-direttive-commissione europea- consiglio europeo- parlamento europero-> riguardare bene Frequentanti: studio e discussione sentenze caricate su moodle. Si distinguono le letture tra letture obbligatorie e facoltative. Le letture obbligatorie devono essere lette prima della lezione. Leggere sempre il fatto della sentenza. Corso no il 16/10 e il 05/11 15/10 prof. Sheper (da Bruxelles) -> su un articolo ESAME: Preappello scritto, 1 domanda open book(con tutto il materiale del corso). Ultima lezione 13/11 NB COME LEGGERE LE SENTENZE: Dapprima c’è il contesto normativo, cui la Corte riassume brevemente le norme di diritto dell’UE ma anche di diritto nazionale applicabili al caso. Poi c’è un riassunto (fare molta attenzione), quello che è il procedimento principale (= il procedimento che si sta svolgendo a livello nazionale e da cui originano i quesiti pregiudiziali) che spiega cosa sta succedendo. Una sentenza è un provvedimento adottato in riferimento ad una specifica situazione attuale. Bisogna avere chiaro il contesto a cui si fa riferimento. 01/10/2015 INTRODUZIONE Il corso analizza il rapporto tra l’integrazione economica a livello europeo e la tutela di valori non economici. Più in dettaglio ci si concentrerà sulla tutela dei diritti (civili, politici e sociali)-> studio dei casi nei quali il processo di integrazione economica possa entrare in conflitto con la tutela dei diritti. Come, in ambiti diversi, questi conflitti sono risolti da parte della Corte? Il processo di integrazione europea nasce come processo economico (1957: anno di conclusione del trattato di Roma). In realtà già prima vi erano stati dei passi importanti, nel ’51 la conclusione del trattato di Parigi con cui era stata istituita la comunità europea del carbone e dell’acciaio, ma il focus era esclusivamente economico (il focus era su due materie prime). Impronta economicistica del trattato di Parigi del ’51 si ritrova nel trattato di Roma (obiettivo fondamentale in questo caso era la costituzione di un mercato unico), il quale poggiava sulle quattro libertà fondamentali: libera circolazione merci, servizi, persone, capitali. Accanto a questi quattro pilastri vi erano le norme sulla tutela della concorrenza, che riguardano sia le imprese ma anche gli Stati; le imprese-> tutte le norme che disciplinano e vietano l’abuso di posizione dominante e le intese tra imprese in condizione della concorrenza sul mercato; se si parla di norme di concorrenza relative agli Stati: norme sugli aiuti di Stato. Il processo di integrazione nasce come processo essenzialmente economico. In questa prima fase non trovano spazio le preoccupazioni di tipo diverso (la tutela dei diritti fondamentali, le questioni riguardanti il welfare ecc.). Tutte le questioni non furono prese in considerazione perché venne deciso che tale competenza era esclusiva degli Stati membri. Si scelse un modello di doppio binario: due binari paralleli di cui un binario economico, conferito alla competenza dell’UE in cui gli Stati accettavano di cedere parte della loro sovranità, e un binario sociale che veniva lasciato alla competenza nazionale. Con l’avanzare del processo di integrazione europea, ci si rese conto che questa divisione del lavoro era illusoria: l’applicazione delle norme in materia di libera circolazione delle merci/persone/servizi va ad impattare su questioni sociali e di tutela dei diritti.  Nascita problemi: ad esempio il punto di vista da cui si pone la Corte di giustizia europea è un punto di vista economico. Processo di integrazione europea è andato oltre la dimensione economica, ad esempio son stati creati istituti come la cittadinanza europea. Nei trattati si è dato riconoscimento a una serie di valori e obiettivi che non hanno carattere economico. PARTE 1: OBIETTIVI E VALORI DELL’UE Art. 3 TUE elenca gli obiettivi a cui deve tendere l’azione dell’UE -> comma 3: l’Unione istaura un mercato interno. “l’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira all’occupazione, al progresso sociale, …” “l’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni, nonché la giustizia, la protezione sociale, la solidarietà tra le generazioni”. Per la prima volta con il Trattato di Lisbona si da pieno riconoscimento ad una serie di obiettivi che non hanno dimensione prettamente economica ma sociale. Questi obiettivi vengono posti su un piano di parità rispetto agli obiettivi economici. PROTOCOLLO 27: esplicita che nel mercato interno la concorrenza non dev’essere falsata. ART. 6: l’UE riconosce i diritti, le libertà, i principi sanciti nella Carta che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. La Carta continua ad essere esterna ai trattati, ma rimane al massimo livello della dottrina comunitaria. Art. 6 comma 3: i diritti fondamentali garantiti dalla Commissione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU), e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali. Qui si da codificazione alla giurisprudenza della Corte degli anni ’70. CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI La Carta è un preambolo. Ha un contenuto che per certi aspetti è innovativo: costituisce uno dei pochi esempi a livello internazionale in cui da un canto ha i diritti civili-politici (diritto alla vita, integrità della persona, proibizione di schiavitù, ecc.) e dall’altro i diritti economico-sociali e culturali. La Carta contiene il riferimento che tutela diritti di ultima generazione (come questioni bioetiche o altri aspetti in questo ambito) È strutturata secondo dei titoli, ogni titolo è dedicato ad un principio fondamentale dell’ordinamento europeo: titolo dedicato alla dignità, alla libertà, uguaglianza, solidarietà (diritti sociali/economici), diritti di cittadinanza. La Carta si chiude con una serie di disposizioni orizzontali. 02/10/15 Da una situazione di assenza di situazioni normative espresse circa la necessità di tutelare i diritti fondamentali ad una loro graduale affermazione dapprima da parte della Corte attraverso il meccanismo dei principi generali del diritto dedotti dalle norme costituzionali comuni degli Stati membri, e poi anche da convenzioni internazionali (CEDU) e quindi funge come strumento da cui la Corte trae ispirazione. Perché la Corte deve trarre ispirazione da un catalogo esterno all’ordinamento? Perché nell’ordinamento anche quando vi è il riconoscimento dell’azione dei diritti fondamentali come obbligo giuridico, manca pur sempre un catalogo. Il catalogo arriverà dopo, in un primo momento (Carta di Nizza del 2001) il catalogo non ha carattere giuridico vincolante perché la Carta viene solo proclamata ed è uno strumento politico. La Carta assume valore giuridico vincolante solo con il Trattato di Lisbona (si attende fino al 2009 per arrivare al completamento di questo processo). ART. 7 del TUE prevede un meccanismo di sanzione nei confronti degli stati che si rendano protagonisti di gravi violazioni dei diritti fondamentali. È un meccanismo di sanzione politico e può portare come sanzione massima alla sospensione del diritto di voto dello Stato all’interno del Consiglio. Il meccanismo a partire dal Trattato di Nizza ha subito una piccola variazione perché oggi il meccanismo è attivabile non solo nel caso di gravi violazioni ma anche nel caso di rischio di gravi violazioni. Ad oggi il meccanismo non è mai stato utilizzato. Il meccanismo dell’art. 7 non è pensato per sanzionare la singola violazione, ma è pensato per far fronte a quei casi in cui vi sono violazioni gravi e diffuse. Situazione ungherese è una situazione complessa da un po’ di anni. Il governo ungherese (partito di estrema destra) ha punte notevoli di razzismo e una scarsa tolleranza per il dissenso. Ha adottato una serie di leggi per limitare l’indipendenza della magistratura e della Corte costituzionale, limitare alcune leggi sulla censura, soprattutto per quanto riguarda i blog ed altri strumenti di diffusione di informazione via internet e colpendo anche la stampa. Una serie di misure. Qui era soddisfatto il requisito della gravità e della sistematicità delle violazioni (qualcuno aveva invocato l’art. 7). Il problema è che l’art. 7 di per sé ha il grave limite di controllo tra i pari (un giorno è l’Ungheria e domani potrebbe essere un altro Stato -> vi è sempre la tendenza per gli Stati a evitare di stigmatizzare in maniera formale, attraverso l’attivazione di strumenti formali di sanzione. Ci possono essere delle dichiarazioni politiche, però attivare un meccanismo formale di sanzione è un meccanismo molto difficile da attivare). Via più semplice: sanzione della Corte Europea. Ci potrebbero essere dei casi portati dai soggetti allontanati (soprattutto se questi soggetti erano dei rifugiati) potrebbero esserci delle azioni contro il governo ungherese davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo per l’art. 3 (divieto di tortura e comportamenti umani degradanti – al cui interno la Corte ha incluso anche la salvaguardia dei diritti dell’uomo). CLAUSOLE ORIZZONTALI DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI  Serie di disposizioni che si trovano alla fine della Carta e che ci dicono molto di quello che è il reale valore della Carta. Le clausole disciplinano: - la portata della Carta e cioè chi è vincolato al rispetto della stessa; - il rapporto tra la Carta e altri strumenti (la CEDU ecc.); - la possibilità per gli Stati di adottare misure di tutela dei diritti fondamentali che vadano oltre lo standard di tutela previsto dalla Carta. SENTENZE ART. 51 DELLA CARTA- Chi è vincolato alle disposizioni della carta Art. 51 inserito nel Titolo VII: Disposizioni generali che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta In questo Titolo si trovato gli artt. 51, 52, 53, che sono le disposizioni orizzontali che disciplinano gli aspetti sopracitati. Art. 51: ambito di applicazione della Carta, chi è vincolato al rispetto delle disposizioni previste. istituzioni, organi e organismi dell’Unione. Questi soggetti devono rispettare le disposizioni della Carta gli Stati membri ma solo nell’attuazione del diritto dell’Unione. Gli stati membri devono rispettare la Carta dei diritti fondamentali quando attuino il diritto dell’Unione, quindi non sempre. Problema: cosa significa che uno Stato sta attuando il diritto dell’Unione? Termine ATTUAZIONE: tradotto in maniera varia nelle altre versione linguistiche della Carta. Nelle spiegazioni allegate alla Carta (documento formalmente non vincolante, redatto per spiegare il significato delle singole disposizioni della Carta) e nelle disposizioni dell’art. 51 si spiega che il termine attuazione dev’essere inteso come ambito di applicazione del diritto dell’UE, cioè la Carta si applica agli Stati quando la loro azione rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’UE. C’è differenza nel parlare di attuazione e di ambito di applicazione del diritto dell’UE.  Attuazione del diritto dell’Unione: -> direttive La direttiva comporta un obbligo per gli Stati di trasporre la direttiva nel proprio ordinamento. Gli Stati quando recepiscono a direttiva nell’ordinamento interno dovranno farlo nel rispetto delle norme della Carta. - caso Wachauf: riguardava delle sanzioni per la sovrapproduzione di latte. Controversia di un produttore che aveva subito delle misure adottate dal governo tedesco nei suoi confronti (era stato espropriato delle sua impresa). Essendo queste misure state adottate in esecuzione di un regolamento dell’UE, la Corte aveva detto che occorreva fosse rispettato il diritto di proprietà, di equo indennizzo, perché le misure nazionali sono adottate in attuazione del diritto dell’UE. Fossero state misure nazionali e basta, non sarebbero state di competenza della Corte e quindi la Corte non avrebbe potuto vedere se queste misure erano o meno compatibili con i diritti fondamentali. Art. 51 c. 2: la presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’UE. Art. 51: “esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione”  è piuttosto restrittivo perché di solito la Corte prima dell’adozione della Carta aveva stabilito che il limite per decidere l’applicazione o meno dei diritti fondamentali era se la questione rientrava o no nell’ambito di applicazione del diritto dell’UE, cioè l’espressione che ritroviamo nelle spiegazioni. Chi ha redatto le spiegazioni interpreta un termine più restrittivo (“nell’attuazione”), con un’idea elaborata dalla Corte ma che è più espansiva, e quindi amplia la possibilità di applicare i diritti fondamentali.  Deroga al diritto dell’UE - Caso ERT Caso precedente agli anni ’90 e quindi precedente all’ambito di attuazione della Carta. Caso relativo alla televisione greca ERT, controversia che riguarda la ERT e una piccola stazione radio televisiva di Salonicco che contestava il monopolio concesso dallo Stato greco alla ERT per le trasmissioni radiotelevisive. Tra le argomentazioni portate da questa piccola radiotelevisione vi era la violazione da parte dello Stato greco delle norme della CE in materia di libera circolazione dei servizi e libertà di concorrenza. Il caso arriva di fronte alla Corte di giustizia, perché vi è un rinvio pregiudiziale da parte di un giudice greco investito della controversia. RINVIO PREGIUDIZIALE: nell’ambito di un processo, quando un giudice ordinario si trova di fronte a una legge nazionale che può contrastare o che secondo lui ha una difficoltà nell’interpretazione di una legge europea, rinvia, attraverso il rinvio pregiudiziale, la questione alla Corte, per avere un’interpretazione su come applicare la norma nel caso di specie. Strumento che consente ai giudici nazionali di rivolgersi alla Corte di giustizia quando abbiano dei dubbi su come si debba interpretare una norma europea. Anche per valutare se una norma interna sia compatibile con il Trattato. Ritenendo che la causa sollevi importanti questioni di diritto comunitario, il giudice nazionale ha sottoposto la Corte alle seguenti questioni pregiudiziali -> il giudice chiede formalmente alla Corte di interpretare il diritto dell’UE, sostanzialmente vuole sapere se sia conforme al Trattato CEE e al diritto derivato una legge che autorizzi un unico operatore a detenere il monopolio della televisione nell’intero territorio di uno Stato membro. Nelle sentenze pregiudiziali la Corte da una risposta al giudice nazionale. Rinvii pregiudiziali: quesiti posti da un giudice nazionale alla Corte, per chiedere alla Corte di interpretare, perché è lo strumento che consente alla Corte di andare a sindacare le misure normative adottate dagli Stati. che costituisce lo scopo della normativa nazionale in questione, sarebbe parte del diritto dell’ambiente. > La Corte non accetta questo ragionamento: (punto 24) “occorre tuttavia ricordare che la nozione di “attuazione del diritto dell’Unione” richiede l’esistenza di un collegamento di una certa consistenza, che vada al di là della semplice affinità tra le materie prese in considerazione …”  La Corte cerca di frenare l’ambito espansivo dell’interpretazione. > Il punto 25 cerca di chiarire/definire i “collegamenti di una certa consistenza”, che la Corte fa discendere dall’art. 51 e dall’ “in attuazione”. “se essa abbia lo scopo di attuare una disposizione di diritto dell’Unione, quale sia il suo carattere, se essa persegua obiettivi diversi da quelli contemplati dall’Unione”.  Sono criteri che secondo la Corte servono per capire se il collegamento è sufficientemente forte, tanto da giustificare l’applicazione della norma. Art 52 DELLA CARTA Comma 1 prevede la possibilità di elencare come tutti i trattati internazionali prevedono di limitare l’esercizio dei diritti e delle libertà, quando tali limitazioni siano previste dalla legge e rispettano il contenuto essenziale dei diritti. Tali limitazioni, dice la Corte, possono essere applicate solo ove siano necessarie per perseguire finalità di interesse generale. La Corte ha individuato una serie di diritti che non sono limitabili (diritto alla vita, divieto di tortura), per tutti gli altri casi si applica l’art. 52. Comma 3: regola i rapporti tra la Carta e la CEDU (che comunque viene continuamente richiamata, perché resta un punto di riferimento essenziale per la tutela dei diritti fondamentali). La Corte ci dice che quando la Carta contenga dei diritti corrispondenti a quelli previsti nella CEDU, l’interpretazione dei diritti contenuti nella Carta dovrà essere la stessa che viene data ai diritti della CEDU. - > tentativo di evitare casi di contrasto e di discordanza dell’interpretazione dello stesso diritto. Per limitare un diritto bisognerà dimostrare che questo sia necessario per il perseguimento di interessi di carattere generale e che la misura adottata sia di carattere proporzionale al raggiungimento di quell’obiettivo. Nulla vieta che la Carta preveda qualcosa di diverso o qualcosa di più rispetto alla convenzione. Esempio:caso dell’equo processo. L’art. 47 della Carta, mentre nella CEDU è l’art. 6. Nella CEDU il diritto di un giudice imparziale e il diritto al gratuito patrocinio sono limitati ai procedimenti civili e penali. Per quanto riguarda la Carta questo limite non c’è, quindi riguarda anche i procedimenti amministrativi. La Carta in questo caso è più garantista rispetto alla Convenzione -> in questo caso si applicherà la Carta. Comma 4 è più problematico: si richiede una conformità nell’interpretazione dei diritti anche con le tradizioni comuni degli Stati membri. Più problematico perché mentre nella CEDU si ha una Corte, quindi un riferimento immediato ad un organo e una giurisprudenza che è quella, immediatamente conoscibile; riuscire a determinare quale sia l’interpretazione data, quindi da diverse corde riuscire a tracciare una linea di continuità a cui adeguarsi è molto più problematico. Comma 5 (ugualmente problematico): introduce la categoria dei principi. Ci sono delle disposizioni nella Carta che contengono dei principi, lasciando intendere che ce ne sono altre che contengono dei veri e propri diritti. La differenza tra principi e diritti è che il diritto è direttamente invocabile in giudizio di fronte a un giudice, il principio non è immediatamente giustiziabile, non è direttamente applicabile, affinché il principio operi è necessario che sia attuato da un’imposizione normativa.  il principio “possono essere applicate dinanzi ad un giudice solo ai fini dell’interpretazione per controllo di legalità di detti atti”. Tutte le disposizioni che riguardano i diritti sociali e i diritti economici sono dei principi e non dei veri e propri diritti. Ciò è problematico perché non è proprio così: era una vecchia distinzione che veniva fatta tra diritti civili e politici e diritti sociali ed economici, per cui i diritti sociali ed economici non erano immediatamente vincolanti. Il diritto alla salute opera nella misura in cui c’è uno Stato che mette le risorse e dà attuazione a questo diritto. Altrimenti è un principio e quindi non è direttamente invocabile in giudizio. Questa disposizione sembra richiamare quel tipo di idea lì, cioè che ci siano norme di serie A e quindi direttamente invocabili perché contengono dei veri e propri diritti, e norme di serie B, che invece contenendo solo dei principi, non possono essere direttamente invocate. Questa descrizione è problematica perché non tiene conto dell’evoluzione dei diritti umani e non tiene conto della realtà delle cose.  Distinzione: ci sono delle disposizioni (senza dire quali) che prevedono dei principi, quindi quelle disposizioni li non possono essere invocate direttamente in giudizio, ma possono essere invocati solo ai fini dell’interpretazione e del controllo di quegli atti che sono stati adottati per dare attuazione ai principi -> invocabilità ridotta. ART. 53 DELLA CARTA - Livello di protezione. In ogni caso la carta fissa uno standard minimo e gli Stati membri mantengono la loro libertà di andare oltre questo standard minimo prevedendo dei livelli di tutela più elevati. - Sentenza Melloni Riguarda un signore che scappa in Spagna per sfuggire ad un procedimento in Italia per bancarotta fraudolenta. Nel ’93 viene estradato (perché non c’era ancora il mandato di arresto europeo) Dal 2005 è stato istituito il mandato di arresto europeo che elimina la legislazione di passare attraverso il procedimento di estradizione nei rapporti tra l’autorità giudiziaria nazionale e quelle dell’UE. È infinitamente più rapido rispetto all’estradizione perché sono inferiori i numeri di casi in cui l’autorità per cui giunge la richiesta può opporsi alla richiesta stessa e poi perché l’estradizione è un atto politico adottato dal Ministro di giustizia, mentre il mandato di arresto europeo è solo un rapporto tra il giudice e la polizia. A questo tizio viene riconosciuta la possibilità di pagare una cauzione e viene rimesso in libertà dopo che era già stata concessa l’estradizione, quindi scappa e si sottrae all’estradizione. Il tribunale di Ferrara procede in contumacia notificando, secondo la legislazione italiana, tutti gli atti ai difensori nominati dal signor Melloni, il quale riappare arrestato dalla polizia spagnola nel 2008, e per il quale si chiede un mandato di arresto europeo perché lui venga a scontare la pena in Italia. Davanti all’autorità spagnola lui si oppone (punto 16) alla consegna alle autorità italiane, perché dice che durante il procedimento di appello aveva nominato un avvocato diverso dai due che lo avevano rappresentato in primo grado, revocando la nomina conferita a questi ultimi, e quindi l’autorità italiana aveva notificato gli atti ai due avvocati di primo grado. Il diritto processuale italiano non prevede di impugnare le sentenze di condanna pronunciate in abstentia e che dunque l’esecuzione del mandato di arresto europeo avrebbe dovuto essere subordinata alla condizione che la Repubblica italiana garantisse questa possibilità di appellare le sentenze in absentia. Problema: nella procedura spagnola è esplicitamente prevista in costituzione la possibilità di impugnare le sentenze di condanna a chi sia stato condannato in absentia. La costituzione spagnola gli avrebbe consentito di contestare l’esecuzione del mandato d’arresto, cosa che invece non gli era consentita dalla normativa europea in materia di mandato di arresto. Lo standard di tutela del diritto del soggetto previsto dal diritto dell’UE in particolare dall’atto istitutivo del mandato di arresto europeo era più basso rispetto allo standard previsto dalla legislazione spagnola. Secondo la legislazione spagnola lui avrebbe dovuto avere diritto di opporsi al mandato di diritto europeo. La legislazione europea, che ha volutamente limitato il numero di casi a cui ci si poteva opporre al mandato di arresto europeo, proprio perché l’obiettivo è facilitare il dialogo tra le autorità giurisdizionali dei vari stati e facilitare questo tipo di relazioni, non prevedeva quella possibilità, e quindi non prevedeva in quel caso la possibilità di opporsi all’esecuzione del mandato. C’è una discrasia. Succede che il tribunale costituzionale spagnolo propone un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, e viene fuori il problema dell’art. 53. Quesito(Punto26- 3 p. 8/15): “se l’art. 53 consenta ad uno Stato membro di subordinare la consegna di una persona condannata in absentia alla condizione che la sentenza di condanna possa essere riesaminata dallo Stato richiedente riconoscendo così a tal diritto un livello di protezione più elevato rispetto a quello derivante dal diritto dell’UE.” Problema: per questa strada si torna ad un aspetto che la Corte aveva già affrontato. Si sta dicendo se c’è una norma della Costituzione che prevede qualcosa di più elevato di una norma europea, in quel caso il diritto dell’UE non si applica. -> questa è l’interpretazione che sembra dare la Corte costituzionale spagnola all’art. 53. Il primato non opera nel caso in cui ci sia una violazione di norme previste dalla Costituzione -> i contro limiti. Passa attraverso l’art. 53. La Corte si rende conto e rigetta la lettura della Corte costituzionale spagnola e dice che nel caso di specie non si può applicare lo standard più alto previsto dalla Costituzione spagnola perché l’atto adottato dall’UE disciplina in maniera completa la questione. L’atto compie già lui il bilanciamento tra le libertà individuali e le necessità di velocizzare il procedimento del mandato di arresto, quindi non si può invocare una norma costituzionale interna per bloccare l’operatività del mandato di arresto. [ulteriore spiegazione (punto 55) -> chiede se l’art. 53 debba essere interpretato nel senso che si consenta allo stato membro di esecuzione di subordinare la consegna di una persona condannata in abstentia la condizione che possa essenzialmente fare appello, al fine di evitare una lesione del diritto di un processo equo e ai diritti della difesa garantiti dalla Costituzione. Il giudice del rinvio propone un’interpretazione dell’art. 53 della Carta che autorizzi in maniera generale uno Stato membro ad applicare uno standard di protezione dei diritti fondamentali garantito dalla sua costituzione qualdo questo è più elevato rispetto a quello della Carta, e quindi (punto 56) opporlo all’applicazione del diritto dell’Unione. Questo è il ragionamento dei contro minimi. Diritto dell’Unione ha un livello di tutela più basso e quindi io applico il diritto nazionale, disapplico il diritto dell’UE. È la negazione del principio del primato. Continuano a rappresentare un ostacolo. La corte si rese conto che rappresentava un problema; nel 74 con una sentenza che è la sentenza Dassonville che definisce quelle che sono le misure da osservare. Caso Dassonville Punto 3 della sentenza .Riguardava un caso curioso, importatori di whisky dalla scozia importano un whisky in Francia poi essendo stato acquistato una partita di questo whisky in libera pratica in Francia viene riportato in Belgio. Ma senza essere in possesso del certificato di origine richiesto dalla legislazione belga. La domanda che si pone la corte è : ma la richiesta di questo certificato costituisce una misura di effetto equivalente? Non era molto immediato. La corte elabora questa definizione: che è una definizione amplissima : punto 5 della sentenza potenzialmente tutte le misure che uno stato poteva toccare e che toccassero indirettamente il commercio di merci cadeva sotto la definizione di misura cn effetto equivalente quindi vietata. Punto 6 della sentenza: lotta contro la contraffazione e dall’altro la realizzazione del mercato interno. Qua la corte è chiarissima. Qui la corte va dritta; va bene la lotta contro la contraffazione ma soltanto se non abbiamo come effetto l’ostacolo della libera circolazione. Applicando questa impostazione ampia di nozione di misure ad effetti equivalenti poi la corte ha fatto piazza pulita di comportamenti statali che tendevano ad avere effetti d questo tipo. Non importa degli effetti discriminatori o meno. Si prescinde dal carattere discriminatorio della misura. Sulle misure distintamente applicabili si praticano solo sui prodotti importati. In alcuni casi queste restrizioni possono essere giustificate in casi eccezionali. Casi eccezionali che sono esaustivamente previsti sul trattato, in particolare l’art 36. Quali sono questi motivi che possono giustificare comportamenti discriminatori? Sono la tutela dell’ordine pubblico, la tutela della salute pubblica, della moralità pubblica o della pubblica sicurezza. Questo elenco è esaustivo. Ma passiamo invece a quelle misure che ,Fin dall’origine della misura stessa, si applicano solo ad alcuni prodotti importati. Più problematiche sono quelle restrizioni che apparentemente si applicano in modalità neutra cioè si applicano sia ai prodotti nazionali sia a quelli importati. Altra categoria che appartiene a quelle distintamente applicabili è la cosiddetta modalità di vendita. Una miriade di discipline nazionali che non disciplinano come il prodotto deve essere fatto ma disciplinano le modalità di vendita. Uno degli ambiti più discussi erano tutti una serie di casi riguardanti il divieto di apertura domenicale dei negozi. In un primo tempo la corte aveva detto che vietare di aprire i negozi la domenica era una limitazione alla libera circolazione delle merci ma giustificata. Caso Keck Qui siamo davanti ad un procedimento penale a Strasburgo, punto 2 della sentenza siamo in una situazione di legislazione sui prezzi minimi. Nell’ambito del procedimento penale sollevano una questione dicendo che la legge francese è contraria alle norme sulla libera circolazione delle merci. il ragionamento della corte è ispirato ad una impostazione diversa rispetto a quella di Dassonville. Perché sostanzialmente quello che dice la corte punto 13 della sentenza . Perché mai la corte fa quest’operazione delicatissima? Perché è sommersa di casi. Punto 14 della sentenza. Norme che riguardano la natura del prodotto, quali sono le x caratteristiche tecniche del prodotto. Su queste normative v è stato il tentativo di armonizzazione positiva da evitare di avere norme diverse da stato a stato. Tentativo di armonizzazione che durò poco, fenomeno che fa saltare il tutto è l’elaborazione di un principio fondamentale ed è il principio del mutuo riconoscimento. Il principio di mutuo riconoscimento viene elaborato nella libera circolazione delle merci ma poi diventa principio cardine in moltissimi altri ambiti. Si applica in tutte le altre libertà . la corte dice che se vogliamo creare un mercato interno v deve essere fiducia con le autorità incaricate dalle disciplina di circolazione delle merci. Caso Cassis de Dijon L’importatore del Cassis, liquore francese. Che cosa succede in questo caso? Questa società decide di importare in Germania questo liquore, con gradazione di 15 gradi. Ad un certo punto le autorità tedesche vietano l’importazione di questo prodotto perché vi è una legislazione che possono essere messi in vendita solo alcolici con un minimo spirito di vino con meno 32 %. È più alcolico del vino ma non rientra nella categoria super alcolici quali sono previste una serie di limitazione. E quindi il ragionamento delle autorità tedesche è che rischiamo che se questo prodotto circola liberamente i tedeschi ne abusino con rischi x la salute pubblica. Si scaturì un procedimento. La corte riparte . il divieto di mettere in vendita un prodotto di uno stato membro ostacola, in maniera diretta, l’importazione di tale prodotto. Grave ostacolo. Questo è un inciso fondamentale, per l’intero processo di integrazione europea. Perché questo è l’inciso con cui la corte elabora. La corte dice che se quel prodotto è stato dichiarato sicuro in un altro stato membro; tu Germania non puoi imporre un divieto. Siamo ancora nel periodo di espansione massima, appare ancora il principio di riconoscimento. Se il prodotto è dichiarato sicuro in un altro stato membro allora tu non puoi vietarne la circolazione. Non si può mai imporre una restrizione? In questa sentenza non si prendono in considerazione. Nelle sentenze successive la corte dice che anche il principio di riconoscimento può subire delle deroghe. Deroghe che siano giustificate, dice la corte, da esigenze imperative di interesse generale. Ad esempio la tutela dell’ambiente, la tutela del patrimonio artistico, la tutela contraffazione ecc. la corte dice che devono essere anche proporzionate tali deroghe. Caso Mickelsson e Ross Sentenza del 2009. Questi due signori vanno con le moto d’acqua in acque al di fuori dei corridoi di navigazione pubblici. Vengono portati davanti ad un procedimento penale a questi contestano che l’applicazione del regolamento svedese art 28. Difatti il tribunale svedese sospende il procedimento. La corte riparte da Dassonville ripartiamo dal mutuo riconoscimento Sostanzialmente dice che hanno vietato l’utilizzo di tale prodotto. Sostanzialmente nessuno comprerà una moto d’acqua in svezia. Cosa dice la corte? In questo modo la Corte si mette nella posizione di poter controllare le misure adottate dagli Stati, salvo poi adottare un approccio piuttosto benevolo in fase di giustificazione. La Corte fa delle scelte politiche che hanno delle conseguenze politiche anche sugli Stati. Problema che si vede nel caso in cui fosse stata adottata una diversa linea di azione, cioè il caso in cui la Corte dice che tutte le volte che una misura statale è adottata per garantire, tutelare e rafforzare i diritti fondamentali dell’uomo, in questi casi, anche se limitano la libera circolazione (delle merci in questo caso) non sono restrizioni. Quindi la mia analisi si ferma al punto uno. Qual è il problema che sorgerebbe nell’adottare un’azione così, che sarebbe stata molto favorevole per l’azione degli Stati? In questo caso l’ultima parola sarebbe lasciata agli Stati, quindi ci sarebbe il problema dei rapporti di potere tra la Corte e gli Stati e il rischio di abusi. Il rischio sarebbe lo sfaldamento completo delle norme sul mercato interno perché tutti gli Stati giustificherebbero l’adozione di una misura, ad esempio limitando la libera circolazione delle merci, con la tutela di un diritto fondamentale. La Corte stabilisce lei stessa come gestire il rapporto tra libertà fondamentali e diritti fondamentali. Tutto si risolve qui, nella fase della giustificazione. La prima domanda: È una restrizione? (quasi sempre) SI La seconda domanda: Può essere giustificata questa restrizione?  Quando una restrizione può essere giustificata? Quali sono i motivi che potrebbero giustificare una restrizione alla libera circolazione delle merci? Qui bisogna fare attenzione: la Corte tende a mettere insieme due tipologie diverse di giustificazioni, ma le tratta come se fossero la stessa cosa, è non è troppo corretto dal punto di vista sistematico. Qui, ad esempio, cita la tutela dell’ambiente e la sanità pubblica, ma ci sono alcuni motivi (tipo la tutela della sanità pubblica) che possono giustificare anche alcune misure discriminatorie, cioè distintamente applicabili. Alcuni motivi, i motivi imperativi di carattere generale che invece possono essere invocati solo dalle misure indistintamente modificabili. La prima categoria, se quei motivi (ordine pubblico, moralità pubblica, ecc.)possono giustificare i motivi distintamente modificabili a maggior ragione potranno giustificare l’adozione di misure indistintamente giustificabili. Ed allora in questo caso questa è una misura indistintamente giustificabile, perché sono stai bloccati anche i camionisti austriaci che volevano andare in Italia, si applicava a tutti questo tipo di ostacolo. È per questo che la Corte mette dentro tutte queste cause di giustificazione: sia quelle previste dal Trattato che possono ANCHE giustificare le misure distintamente applicabili, e quelle di origine giurisprudenziale, cioè i motivi imperativi di interesse generale possono giustificare SOLO misure indistintamente applicabili. In questo caso a quali motivi la Corte giustifica questa restrizione? Qual è il punto nodale di questa sentenza? Il rapporto fra la libertà di manifestazione del pensiero e libertà di circolazione La domanda che si fa la Corte: in questo caso quale delle due libertà prevale? Perché ad un certo punto si pone il problema della derogabilità delle libertà? La Corte si chiede se l’applicazione della libertà di espressione possa costituire una valida limitazione della libertà di circolazione. L’Austria dice che sta applicando i diritti fondamentali, sta tutelando un diritto previsto dalla costituzione ma anche dalla CEDU ecc. Il meccanismo è quello di uno Stato che invoca le norme in materia di tutela dei diritti umani per derogare all’applicazione delle norme in materia di libera circolazione delle merci. (punto 71 sentenza)  La Corte si chiede se i diritti fondamentali possono costituire una valida deroga alla libera circolazione delle merci?  Si. Perché? Perché secondo la costante giurisprudenza i diritti fondamentali sono parte integrante dei principi generali del diritto Il percorso è questo: può essere giustificato? Una delle parti in causa (Austria) mi dice che la mancanza di intervento, la concezione dell’autorizzazione, ecc. sono misure finalizzate a garantire l’esercizio di un diritto fondamentale, e la Corte (partendo da tutte le sentenze che abbiamo visto, dice sì, è un motivo che posso prendere in considerazione. Perché ci sono dei motivi che la Corte non considera come valide giustificazioni, perché dice che i motivi di natura economica non possono costituire valide giustificazioni per restrizioni alle libertà di circolazione. La tutela dei diritti umani può essere una valida giustificazione. Punto 74 sentenza:“la tutela di tali diritti rappresenta un legittimo interesse che giustifica, in linea di principio, la restrizione della libera circolazione delle merci.” Quindi manca ancora un passaggio. Il punto 77 della sentenza mi dice qual è il problema: conciliare la tutela dei diritti fondamentali con una libertà economica. Come si fanno a conciliare? Gli strumenti di possibile conciliazione tra due principi (tra due diritti funzionerebbe in modo diverso). Tra due diritti possono esserci diversi meccanismi, ad esempio si può decidere che uno è sovraordinato. Questa è una modalità di conciliazione. Uno prevale sull’altro. Qui siamo in una situazione in cui entrambi questi principi sono tutelati da norme di pari grado, perché entrambi sono tutelati da norme di diritto primario, i Trattati. Non ce n’è una che prevale sull’altra. -> Punto 78 e 79 della sentenza Questo è il motivo per cui bisogna porsi questi problemi: perché se ci fosse una chiara gerarchia sarebbe la gerarchia un metodo di riconciliazione, poiché dice che una prevale sull’altra. Ma da un lato la libera circolazione delle merci costituisce uno dei principi fondamentali, d’altro lato i principi fondamentali rappresentano anch’essi i fondamenti essenziali di una società democratica. La Corte come fa a riconciliarli visto che questo è il presupposto? Come si fa a riconciliare due principi pari ordinati? La Corte applica un principio di proporzionalità, ma come lo applica? Il principio di proporzionalità serve alla Corte per bilanciare, si va a vedere qual è l’incidenza della restrizione sulla libertà di circolazione delle merci. Il punto di vista è quello della libera circolazione delle merci. Quindi la Corte si chiede: la restrizione della libera circolazione delle merci, è proporzionata? La CEDU si sarebbe domandata se la restrizione alla libertà di manifestazione del pensiero era proporzionata e giustificata. Qua ci si chiede: ma è giustificabile, quindi è proporzionata? Perché non c’è gerarchia. Neppure i diritti alla libertà di espressione e alla libertà di riunione pacifica garantiti dalla CEDU appaiono come prerogative assolute, ma vanno considerate alla luce della loro funzione sociale in cui son tutti e due derogabili, perché se ci fosse qualcosa di inderogabile in questo rapporto, finirebbe lì, sarebbe quella la risposta. Occorre quindi effettuare un bilanciamento tra gli interessi. Ed allora si va a prendere gli elementi di fatto, perché ovviamente se devi bilanciare non puoi più farlo nel caso concreto, non puoi risolverlo ex ante. Se ci fosse una gerarchia tutto sarebbe risolto ex ante. Qui bisogna andare a vedere le circostanze concrete, quali sono quelle che rilevano?  Come è andata la manifestazione  L’importanza del diritto che si intende tutelare  Manifestazione ordinata, che ha lasciato spazio, è durata 30 ore, non un blocco selvaggio durato molto tempo. SENTENZA OMEGA Vedi i fatti analizzati a inizio lezione. Rinvio pregiudiziale: la Corte dice che il provvedimento restrittivo è sia sulla libera circolazione delle merci, sia sulla libera circolazione dei servizi, ma la Corte affronta la questione alla luce della libera circolazione dei servizi. La Corte si domanda, per prima cosa, se c’è una restrizione. C’è il divieto di svolgere una determinata attività, quindi è una grave restrizione. Il provvedimento controverso, dice la Corte, è stato indipendentemente da ogni considerazione legata alla nazionalità, si può dire che è indistintamente applicabile. Una volta che abbiamo detto che c’è una restrizione, dobbiamo vedere se è giustificabile. Ma qui abbiamo una situazione particolare: in cosa si distingue questo caso? Il ragionamento è un po’ diverso. Qui il ragionamento non è la tutela di un diritto fondamentale, ma qui c’è il riferimento del concetto di ordine pubblico. Partendo dalla libertà di circolazione dei servizi: c’è una restrizione? SI. Questa restrizione può essere giustificata? Quando si chiede se può essere giustificata, invece di fare come in Shmidberger e dire: sì può essere giustificata perché la violazione imposta per tutelare un diritto fondamentale e i fondamentali che costituiscono parte integrante dell’ordinamento, perché la tutela di questo diritto è comune agli Stati membri, usa un’altra via. Dice: c’è una restrizione? Si. Può essere giustificata? Vediamo se, come dice la Germania, questa misura di divieto di portare avanti questa attività costituisce tutela dell’ordine pubblico. Problema: qui ci troviamo davanti alla violazione del principio di dignità che in Germania ha una posizione del tutto peculiare. Nella tradizione nazionale tedesca: titolo 1 della costituzione. La Corte fa un po’ fatica a dire che tutte le tradizioni costituzionali degli Stati membri accordano quest’importanza fondamentale così come fa la Germania. La Germania è arrivata ha riconoscere l’importanza di quel principio in seguito ai tragici eventi della Seconda guerra mondiale. Da altre parti il principio di dignità umana rimane un po’ sottotraccia, magari non è menzionato esplicitamente, come ad esempio nella nostra costituzione e in molte altre costituzioni. Ciò non vuol dire che non sia importante. La Corte per una volta fa una cosa un po’ strana, che un po’ contraddice ciò che abbiamo studiato nelle prime sentenze, quando la Corte diceva: a me non interessa che questa norma violi una norma fondamentale della costituzione. Qua non da questa risposta. Questa è la situazione di Internationale hundelgeselchaf e delle altre. L’applicazione del diritto dell’UE viola i principi fondamentali della costituzione tedesca. In quel caso la Corte aveva detto che non le interessava se violava un principio fondamentale della costituzione tedesca. Tuttavia la prende in considerazione perché viola i diritti fondamentali che costituiscono i principi generali dell’ordinamento dell’UE. Qui la Corte non fa quel percorso lì. Non dice che non prende in considerazione la violazione dell’art. 1 della legge fondamentale tedesca. Prende in considerazione al massimo la violazione dei diritti fondamentali che costituiscono principi generali dell’ordinamento. Casi Sentenza Smits e Peerbooms Tratta di soggetti olandesi e del servizio sanitario olandese. Esiste un assicurazione sanitaria obbligatoria in Olanda. Il soggetto va all’estero per delle cure avanzate. Il problema, il punto da cui partire è: è possibile prendere è andare a farsi curare all’estero? Questi soggetti non hanno ottenuto l’autorizzazione. Giuridicamente in tutti gli Stati è prevista (da un regolamento europeo che non riguarda la libera circolazione dei servizi, ma riguarda il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri) questa mobilità transfrontaliera, ma era previsto che gli Stati potessero sottoporre a preventiva autorizzazione questo spostamento. La ratio di questa norma era che gli Stati dicevano “se noi non chiediamo questo previo requisito dell’autorizzazione non riusciamo a prevedere e gestire i flussi di pazienti da uno Stato all’altro e non riusciamo quindi a gestire in maniera impeccabile ed efficiente le risorse.”  Il punto è: è tenuto uno Stato a rimborsarmi? il rifiuto di autorizzazione, e poi il rifiuto di farsi carico delle spese sostenute da un paziente all’estero costituisce una violazione delle norme in materia di libera circolazione dei servizi? Il primo passo da fare è riconoscere come in Europa vi siano sistemi molto diversi tra loro, abbiamo servizi sanitari nazionali diversi. In alcuni Paesi il paziente paga un’assicurazione la quale paga a sua volta l’istituto di cura. Le assicurazioni hanno una lista di istituti convenzionati, tu vai a farti curare in una di queste cliniche convenzionate e il passaggio di denaro è diretto tra l’assicurazione e l’ospedale. In realtà poi la situazione è un po’ più complicata perché avvengono dei pagamenti annuali, forfettari, con dei parametri di aggiustamento a seconda dei numeri. Non c’è un pagamento specifico del beneficiario del servizio diretto. Il primo punto fondamentale, la prima domanda che si pone la Corte per dare una risposta a questi quesiti: ma queste attività, curare la gente, possono essere considerate come dei servizi ai sensi del diritto dell’UE? Perché la Corte si pone questa domanda, qual è la definizione di servizio? Il servizio è un’attività che viene svolta dietro un corrispettivo, dietro il pagamento. È un’attività che ha una natura economica perché ha alla base questo corrispettivo. Nelle sentenze la prima cosa che dicono gli Stati è non stiamo parlando di servizi e quindi la Corte non può occuparsene, perché non rientra nell’ambito applicativo del diritto dell’UE. Quella sanitaria è una materia esclusiva degli Stati membri (art. 168 TFUE): l’erogazione dei servizi sanitari è materia esclusiva degli Stati. Prima della sentenza Smits e Peerbooms c’era stata un’altra sentenza, la sentenza Kohll che riguardava il sistema lussemburghese. Sentenza Kohll: Il papà di questa bimba la porta a fare delle cure dentistiche in Germania. La Corte afferma che c’è un passaggio di denaro anche se non diretto tra il beneficiario e il fornitore del servizio, l’assicurazione fa da tramite e viene considerato servizio. Nel caso Smits e Peerbooms l’avvocato generale (nelle sue conclusioni) afferma che non vi è un corrispettivo, perché il pagamento non avviene caso per caso, ma attraverso il pagamento complessivo, in maniera forfettaria sulla base di parametri vari da parte dell’assicurazione all’istituto di cura. Quindi non si può dire che è un pagamento da parte del paziente nei confronti prestatore del servizio. Ragionamento della Corte: C’è un corrispettivo economico? Sostanzialmente c’è. Il servizio è : beneficiario – prestatore – corrispettivo. Qual è il rapporto che sta guardando e qual è il rapporto che dovrebbe sostanzialmente guardare? Punto 56 sentenza Smits e Peerbooms Il passaggio indiretto, perché non è la singola prestazione ma una forfettaria modalità di pagamento non è rilevante perché è pur sempre un’attività economica. Il punto 56-> la Corte si lascia prendere dal’entusiasmo e vuole rispondere anche a quell’argomentazione lì, ma non ce ne sarebbe stato bisogno. [Bisogna distinguere tra ciò che è rilevante e ciò che non lo è nel caso di specie.] La Corte fa un errore, perché nel punto 56 torna su una questione che è irrilevante. Qual è la situazione di cui stiamo parlando: Tizio prende e va in un altro Stato, paga, torna e chiede il rimborso. Tizio paga direttamente!!!! La Corte dice che non è importante conoscere le regole dell’assicurazione, quello è il rapporto che ha il paziente quando è nel suo Stato. Ma quando il paziente va all’estero lui paga. C’è un errore da parte della Corte perché la Corte tira fuori la questione dell’assicurazione forfettaria, ma la situazione non entra in gioco in questi casi, perché il paziente se n’è andato all’estero, ha pagato. È quello che dice il punto 55: Il paziente va e paga, poi torna e chiede il rimborso. La frase successiva non si capisce perché stia lì, è una risposta che la Corte vuole dare perché nel caso di specie non c’è nessun pagamento indiretto. È un errore di prospettiva che la Corte fa: nel punto 55 lo dice chiaramente. Non stiamo parlando del rapporto tra il paziente e il proprio sistema, dove vigono tutte queste regole di pagamento indiretto, ecc. Il problema è un altro perché si sta parlando di servizio. È un servizio, quindi qual è il passaggio successivo?  le misuri statali costituiscono una restrizione alla libera circolazione dei servizi? Qual è la misura incriminata che potrebbe costituire una restrizione? L’obbligo di autorizzazione. E cosa dice la Corte? L’obbligo di autorizzazione costituisce una restrizione.  tale restrizione è giustificata? Nel momento della giustificazione si concentra il tentativo della Corte di trovare il punto di equilibrio. Quali sono gli interessi in gioco? Libera circolazione dei servizi VS capacità degli Stati di gestire i sistemi sanitari nazionali. Qual è la ratio dell’autorizzazione? Gli Stati dicono che è necessario per programmare e prevedere i flussi di uscita e di entrata. Caso Smits e Peerbooms Quella dell’autorizzazione si tratta di una misura non discriminatoria, di una misura indistintamente applicabile. La Corte si interroga sulle esigenze imperative che possono essere fatte valere per giustificare ostacoli alla libera circolazione dei servizi. Il ragionamento è sempre lo stesso: applicabilità delle norme, esistenza di una restrizione, giustificabilità di una restrizione. Quali sono quindi i motivi che possono essere fatti valere? Il primo è: Questi sono i motivi. Una volta che sono stati individuati i potenziali motivi di deroga, il passo successivo che fa la Corte qual è? In concreto quello che ha fatto lo Stato, in questo caso richiedere un’autorizzazione preventiva, può dirsi proporzionato e quindi necessario al raggiungimento di questi obiettivi, oppure no? Facciamo un passo indietro. Il riferimento al caso Muller. Nel caso Muller - Fauré (successivo a Smits e Peerbooms) la Corte introduce la differenza tra cure ospedaliere e cure non ospedaliere. Perché la Corte ritiene che sia rilevante la distinzione tra cure ospedaliere e cure non ospedaliere? La Corte dice che la necessità di programmazione sussiste per le cure ospedaliere (perché sono più difficili dal punto di vista del budget da prevedere, sono più onerose), ma queste sono incidenze molto minori per le cure non ospedaliere (non devono calcolare il numero di posti letto in base alla popolazione o cose di questo tipo) che quindi non costituiscono motivi invocabili a una misura restrittiva. Perché necessario? Perché quella cura magari è disponibile ma la condizione fisica non consente di attendere il tempo necessario. In questo caso la Corte ha avuto un atteggiamento molto focalizzato sulla condizione del paziente. Qui abbiamo due interessi in gioco: un interesse individuale (paziente malato con problemi di salute che sa che all’estero c’è una cura utile, che magari è disponibile anche nel suo Stato ma deve aspettare molto più tempo per averla) e un interesse collettivo, dello Stato (se tutti fan così lo Stato non riesce più a gestire il sistema e il sistema collassa). I criteri che la Corte elabora per determinare la necessità delle cure all’estero sono essenzialmente focalizzati sulla posizione dell’individuo. La Corte parte dall’applicazione di norme sulla libera circolazione dei servizi e tutela il beneficiario del servizio come primo elemento. La volontà della Corte di ridurre gli spazi per gli Stati di imporre restrizioni alla libera circolazione dei servizi, e quindi valorizzare troppo l’interesse collettivo rischia di ridurre la libera circolazione dei servizi. Come si fa a valutare se il trattamento è adeguato e disponibile in tempi ragionevoli. Bisogna guardare, tenendone il dovuto conto, non solamente il caso clinico del paziente nel momento in cui è richiesta l’autorizzazione, ma anche i suoi antecedenti. Non viene fatta nessuna menzione dell’interesse dello Stato. In Muller – Fauré (punto 90): Attenzione sul paziente. Nessuna menzione della presa in carico di altri aspetti. Il punto della tempestività è il punto più qualificate della sentenza Watts. Sentenza Watts. Ha riguardato il sistema sanitario britannico. La Corte parte dal fatto che bisogna effettuare una valutazione medica oggettiva della situazione medica del paziente, il decorso delle malattie, l’intensità del dolore ecc. La Corte è molto attenta a non sbilanciarsi troppo né da una parte né dall’altra, ha un’ottica sempre molto attenta alla posizione dell’individuo. La Corte dice: che l’uso delle liste d’attesa è contrario al diritto dell’UE perché contrasta con la libera circolazione dei servizi e quindi bisogna abolire questo sistema. -> è rivoluzionario sotto un certo punto di vista ma distruttivo sotto un altro punto di vista. Ma la Corte non vuole neanche dire che se ci sono delle liste di attesa e tu sei stato inserito in una di queste lo Stato ha fatto quello che doveva fare. Non lo vuole dire perché la Corte vuole dare qualcosa in più all’individuo, e lo fa così: Bisogna che ci sia un obbligo aggravato di motivazione, ma bisogna giustificarlo alla luce del caso specifico. Questa soluzione non è piaciuta per niente ai responsabili dell’organizzazione sanitaria dei diritti dell’uomo. Le liste d’attesa sono state fatte per evitare questo aggravio di cose. Ci sono dei parametri e ne esce fuori il tempo di attesa, senza un’analisi specifica caso per caso. Il tentativo è di andare verso una maggior automaticità. Il legislatore europeo è riuscito ad adottare una direttiva che disciplina il fenomeno della mobilità transfrontaliera dei pazienti: Direttiva 2011/24 che in un certo senso codifica questa giurisprudenza che abbiamo visto oggi. La mobilità dei pazienti è davvero molto limitata. Precisazione sulla direttiva: anche la direttiva come già la giurisprudenza distingue tra due tipologie di cure per le quali vi sono due regimi diversi di autorizzazioni. La direttiva non fa riferimento alla distinzione cure ospedaliere e cure non ospedaliere, anche perché questa distinzione era già stata superata dalla stessa Corte. Lezione 23/10/2015 L’esame finale 1 quesito sufficientemente ampio e la possibilità di disporre liberamente dei materiali del corso fatta eccezione per gli articoli di dottrina. Tempo: 1h15-1h30. Gestione del materiale dev’essere efficiente: - studiare il materiale - sapere dove sono le cose, catalogare i file e saper gestire le sentenze (post-it ecc) - gestione fisica del materiale in sede d’esame: domanda ampia: esempio: il rapporto tra le norme in materia di libero commercio e la tutela ambientale. Tema sufficientemente ampio, ma non così ampio da poter dire qualsiasi cosa. Il momento iniziale di qst esercizio è qello decisivo. La domanda è sempre tutta insieme da considerare. Non bisogna fare prima il primo pezzo della domanda e poi sul secondo, bisogna parlare del rapporto. Andare subito dritti alla questione. Parlare del rapporto tra uno e l’altro, si danno per scontati le spiegazioni dei due punti separati. Argomentare e spiegare perché si è andati in una certa direzione nel dare la risposta. Esempio: libera circolazione e diritti fondamentali. È possibile muoversi in entrambe le direzioni con le stesse sentenze. Evitare introduzione generalista che è deleteria dal punto di vista del risultato finale. Schema chiaro, per punti. Introduzione di qualche riga sulla questione. Sarà un rapporto tra qualcosa, quindi è necessaria una definizione giuridica (che status hanno a livello europeo) delle parti del rapporto. Bisogna scegliere un criterio per avanzare il discorso e dichiararlo (adesso parlerò di come si è evoluta la questione nel corso del tempo): Via cronologica (è la più semplice) Ci sono molte vie diverse che possono essere scelte, ma bisogna chiarire all’inizio quale via si segue e perché la si segue. Introduzione Che cosa voglio dire Si passa alla dimostrazione di che cosa? Quali sentenze andrebbero contro? Strutturazione del pensiero, importanza dei nessi logici: questo pensiero rafforza quello precedente, lo contraddice(in qst caso trovare una soluzione). Lo schema dev’essere il più chiaro e definitivo possibile. Più lo schema è ragionale più facile si arriva in fondo senza problemi. LA SCRITTURA Dopo lo schema si comincia a scrivere. Evitare la brutta (per questione di tempo)-> importanza dello schema iniziale, permette di scrivere in modo più fluido. Bella calligrafia Attenzione agli errori grammaticali che vengono sanzionati Nella fase di scrittura diventa difficile fare affidamento al materiale, ma non bisogna dimenticarlo. Fare citazioni sulle sentenze. DISTACCO DEI LAVORATORI, DUMPING SOCIALE, NORME IN MATERIA DI LIBERA CIRCOLAZIONE DEI SERVIZI. Cos’è il distacco dei lavoratori (direttiva 1996/71): questo fenomeno si ha nel momento in cui un’impresa, nel caso di una prestazione di servizi transnazionale, distacchi alcuni suoi lavoratori in uno SM diverso rispetto a quello di stabilimento. Siamo nell’ambito di un rapporto di servizio e quindi di un rapporto temporaneo: una volta terminato il servizio i lavoratori torneranno nello Stato di stabilimento. Il fenomeno è problematico perché essendo nel quadro della libera circolazione dei servizi entra in gioco il principio del Paese d’origine. Lo Stato che riceve questi lavoratori, nel cui territorio i lavoratori vanno ad operare, si vede impedita la possibilità di applicare nei confronti di questi lavoratori la propria legislazione in materia di lavoro. Questo se noi applichiamo in maniera rigida il principio del principio del Paese di origine. Il problema scoppia agli inizi degli anni ’90 , periodo in cui era Stato prodotto, da parte delle istituzioni europee e soprattutto dalla commissione della Corte un grande sforzo per il completamento del mercato interno. Problema specifico ma che è più sistemico per l’UE, perché riguarda il rapporto tra gli Stati: modello solidaristico, concorrenziale, e in questo ambito parrebbe prevalere un modello più ispirato a logiche di concorrenza: ci sono gli Stati che si mettono in un certo senso sul mercato e che si fanno concorrenza tra loro. Ciascuno Stato cerca di favorire le proprie imprese attraverso una legislazione sul lavoro meno garantiste e questa scelta ha delle ricadute su un altro SM perché i miei lavoratori vincono gli appalti., perché sono in grado di fare delle offerte più basse. Non è un fenomeno non trascurabile. A livello macro economico non è un fenomeno così devastante, ma diventa un problema politico. Soprattutto ad esempio in materia di appalti. Diventa un problema politico specialmente in materia di appalti, è difficile far accettare alla collettività l’idea che un’impresa estera vinca l’appalto perche paga meno i lavoratori. Problema di integrazione europea. Negli anni ’90 c’è un caso emblematico RUSH PORTUGUESA, caso che coinvolgeva un’impresa portoghese che vince un appalto (subappalto di parte del lavoro ad un’altra impresa) per costruire un’autostrada in Francia. Il caso non riguarda il salario ma altri aspetti. Succede che l’ispettorato del lavoro francese fa un controllo sul cantiere e scopre che molti lavoratori erano soggetti di Paesi terzi in regola col permesso di soggiorno in Portogallo ma non erano in regola con le leggi d’immigrazione e soggiorno francesi. La Francia diceva che l’impresa, per lo svolgimento di questo lavoro a soggetti di Paesi terzi, avrebbe dovuto metterli in regola con le leggi d’immigrazione francesi. Questa soluzione è problematica dal punto di vista della libera circolazione dei servizi: perché è una richiesta troppo onerosa, nessuna impresa sarà cosi folle da partecipare a gare d’appalto in altri Stati se dovessero mettere in regola anche questo cavillo sul passaporto. Sostanzialmente impedisce la libera circolazione dei servizi. Il punto è: se tu chiedi ad un’impresa di svolgere un servizio e le chiedi di doversi mettere in regola con tutte le norme del Paese. La Corte non si limita a dire ciò, perché una soluzione in cui dice che le imprese che vanno a svolgere un servizio non devono sottostare alle norme dei Paesi in cui operano creerebbe una “rivoluzione” da parte degli Stati, sarebbe inaccettabile. Aggiunge che è fatta salva la possibilità degli Stati di applicare quelle norme di carattere imperativo per ciò che riguarda la tutela dei lavoratori, non dice però quali sono queste norme. Si arriva nel ’96 a redigere questa direttiva. La questione viene disciplinata dalla direttiva 96/71. Le sentenze della Corte non hanno chiarito il punto è vi è la necessità di un intervento legislativo in cui si fissino quali sono le norme che gli Stati possono applicare nei confronti dei lavoratori. Rapporto tra potere legislativo e Corte e il potere giurisdizionale dell’UE. Qui è chiaro come ci sia proprio un conflitto. Questo intervento legislativo risulta necessario per via delle sentenze della Corte, la Corte ha detto che gli SM possono chiedere il rispetto di alcune norme imperative sulla tutela dei lavoratori senza specificare quali. Il legislatore con questa direttiva disciplina la materia: libera circolazione e dumping sociale. L’Art 3: idea che gli Stati devono disciplinare o attraverso strumenti legislativi o regolamentari, o attraverso degli accordi collettivi dichiarati di applicazione generale a norma del paragrafo 8 ma che abbiano delle caratteristiche (essere generalmente applicabili). Quest’imposizione da parte di una norma dell’UE di adottare certi atti per disciplinare certe questioni riguardanti la disciplina del lavoro, sia già un’ingerenza rilevante. È un modello molto praticato nei paesi nordici. Con atti interni gli SM devono provvedere a disciplinare certe questioni riguardanti la disciplina del lavoro: è un’ingerenza non da poco, la legge la fa il Parlamento però per esempio la contrattazione sindacale ha margini molto ampi. Le imprese però con margini troppo ampi non hanno certezze perciò la direttiva elenca una serie di punti da disciplinare con determinati atti e non con la contrattazione collettiva. Qua c’è l’elenco di quelle questioni a cui la Corte aveva fatto riferimento senza elencarle. Gli Stati possono imporre: periodi massimi di lavoro, durata minima delle ferie annuali, condizioni, sicurezza, igiene sul lavoro, ecc. Queste cose devono essere stabilite con gli atti interni. Poi c’è un’altra norma importante: l’idea era che la direttiva interviene e gli SM sono tenuti a disciplinare tutti quegli aspetti fissando il minimo, salvo (come dice il punto 7) i paragrafi da 1 a 6 non ostano l’applicazione delle condizioni di lavoro e di occupazione che siano più favorevoli ai lavoratori. Dalla scrittura della direttiva sembrerebbe che questo bilanciamento tra libera circolazione dei servizi e diritti dei lavoratori o contrasto al dumping sociale, diventano in questi casi grandi sostenitori della causa dei lavoratori. Dalla lettura della direttiva sembrerebbe venir fuori la prevalenza della dimensione della tutela dei lavoratori e del contrasto al dumping sociale. Nel ’96 gli SM più ricchi, quelli che temono il dumping sociale sono la maggioranza e possono consentire agli altri SM di porre degli argini all’ingresso di lavoratori distaccati che possano far concorrenza in ragione del loro minor costo. SENTENZA LAVAL In Svezia i punti A e G della direttiva 96/71 sono stati disciplinati con atti legislativi, lasciando alla negoziazione tra sindacati e datori di lavoro la determinazione dei minimi salariali e in Svezia i contratti collettivi non rientrano in quelli previsti nella direttiva. L’interpretazione che la Corte da di questa direttiva ribalta completamente questa logica (punti 70 e ss di Laval.) Succede che in Svezia, seguendo l’art. 3 della direttiva, viene lasciata alla libertà delle parti sociali, cioè la negoziazione tra i sindacati e i datori di lavoro, la determinazione dei minimi salariali. In Svezia questi contratti collettivi non erano dichiarati di applicazione generale. Secondo la Corte questo è un problema perché il punto 71: Questo è un problema, punto 71, uno Stato membro che non fissa i minimi come previsto dalla direttiva non può imporli alle imprese che prestano servizio nel proprio Stato. Primo aspetto più procedurale: o li fissi così, o non li puoi imporre. Vedi punti 74, 75, 76, 77, 78, 79, 80 sentenza Laval. A cosa serve l’articolo 3 della direttiva? Punto 74: impedisce che le imprese possano svolgere dumping sociale ma d’altra parte ha lo scopo di garantire una protezione minima al lavoratore distaccato, solo negli ambiti dell’art 3. Punto 80: qui c'è un ribaltamento evidente di quello che dice l'art. 7. Prima richiama il paragrafo 7, poi con l’art. 80 dice che lo SM non può andare oltre quello che dice la direttiva. Tuttavia, anche se risulta che talune clausole si discostano dalla normativa 96 stabilendo condizioni più favorevoli, punto 80, la Corte prende l’articolo 3 della direttiva e dice che non si può andare oltre l’articolo 3paragrafo 7, non si può alterare l’equilibrio normativo ribaltando il paragrafo 7, lo Standard minimo diventa lo standard massimo. Punto 81: è la conseguenza. La corte: Stato può imporre solo i suoi minimi, non può dire che per i lavoratori distaccati debbano essere garantiti diritti maggiori ai minimi dello Stato. Non si può andar oltre ciò che lo Stato garantisce per i suoi lavoratori, limite sostanziale. CASO RUFFERT Appalto di un land tedesco che viene vinto da un’impresa tedesca che poi effettua un altro subappalto verso un’impresa polacca. Questa impresa tedesca aveva firmato un contratto collettivo dove si impegnava a dare una retribuzione minima ed atri diritti ai lavoratori. Il problema è sorto quando quest’impresa polacca corrispondeva un salario a quello inferiore stabilito dal contratto collettivo. Perciò il land tedesco ha risolto il contratto d’appalto con questa impresa. Tratta di una prigione. Stato: vieni a far concorrenza alle mie imprese grazie alla legislazione più favorevole del tuo Stato. La risposta della Corte è per certi versi non troppo soddisfacente, affronta il tema dal punto di vista procedurale e poi si spinge oltre. Aspetto procedurale: tema del bilanciamento tra opposti interessi. Il contratto collettivo in questo caso non era un contratto di applicazione generale ma era un contratto solo territoriale, quindi non rientrava tra quegli atti indicati dall’articolo 3 che dovevano imporre le condizioni minime. La Corte avrebbe potuto fermarsi qua: non è legittima la richiesta del Lander, o meglio l’art. 49 oggi articolo 56: le norme in materia di libera circolazione dei servizi ostano. C’è una norma che ti impone di adottare quegli atti, tu non li adotti, ti puoi opporre all’impresa che viene a lavorare nel tuo territorio per una violazione di norme previste in fonti non consentite. Il punto più problematico è il 34, la Corte sembra dire che non è un problema di tutela dei lavoratori e non riconosce la legittimità di interventi statali che contrastino il dumping sociale. È totalmente l’opposto rispetto a Laval dove contrastare il dumping è legittimo anche se come lo fanno loro non va bene, però è legittimo. Qui dice che non è neanche legittimo. È una sorta di ribaltamento. Qui dice che è un danno collaterale del mercato interno, il rapporto tra Stati può anche avere possibili conseguenze negative. Non è una lettura assolutamente negativa da parte della Corte, ha una sua logica: i polacchi sono felicissimi di questa affermazione. Bisogna avere sempre una visione dell’insieme. Lezione 12/11/2015 Cittadinanza europea. Cos’è la cittadinanza europea? Quali sono i diritti principali che ne discendono per essere cittadini europei? Sono cittadini europei tutti quelli che sono cittadini di uno stato membro. È una cittadinanza derivata, sussidiaria. Deriva dall’essere in possesso di un’altra cittadinanza. Si aggiunge a quella nazionale aggiungendo alcuni diritti; -diritti di libera circolazione di soggiorno, -elettorato attivo e passivo(sia comunale che elezioni europee), -protezione diplomatica all’interno di un consolato(funzione amministrativa) o ambasciata(funzione diplomatica) eu. L’idea di cittadinanza eu è stata introdotta con il Trattato di Maastricht, uno di quegli elementi che segnala un’azione non esclusivamente economica. Spiega il passaggio dalla CEE alla CE perdendo l’aggettivo economico. Sentenza Rottmann Il tema di questa sentenza è “Come si diventa cittadini europei”, in particolare ha a che fare con la tripartizione delle competenze tra stati ed ue per quanto riguarda le decisioni che riguardano la cittadinanza europea. Vicenda: il signor Rottmann ,cittadino austriaco, trasferisce il suo domicilio a Monaco di Baviera. In seguito richiede la naturalizzazione tedesca. Ottiene la cittadinanza tedesca. Secondo il diritto austriaco però,quando richiedi un’altra cittadinanza di un altro stato, perdi il diritto di mantenere la cittadinanza austriaca. La Germania venne a conoscenza di un mandata d’arresto nei confronti del signor Rottmann, procedimento penale in Austria, il quale non aveva dichiarato al momento della richiesta della cittadinanza tedesca. Questo è un fatto grave, perché secondo il diritto tedesco non viene concesso il diritto di cittadinanza a chi è coinvolto in un procedimento penale aperto. La vicenda viene inquadrata come una frode. La Germania procede con il revocare la cittadinanza tedesca al signor Rottmann. Rottmann impugna ciò perché lo avrebbe reso un apolide. Problema: è competente la corte eu? Sono questioni che riguarda in modo esclusivo negli Stati Europei. È presente qualche norma, nel diritto eu, che limita la Germania di revocare la cittadinanza ad un soggetto che ha taciuto un elemento fondamentale. Punto di partenza della corte: Contatto forte tra decisioni statali ed ue. Lo stato deve comunque rispettare il diritto dell’ue. Il gancio in cui si appende la corte è :” però se dalla decisione nazionale deriva la perdita anche della cittadinanza eu, in quanto apolide, questa incisione ha valenza sul diritto eu e quindi la corte ha il diritto di “metterci il naso”. Qui va ad incidere sul possesso della cittadinanza europea. Con questo fatto va ad inclinarsi l’esclusività degli stati membri nel concedere la cittadinanza, perché il signor Rottmann diventa apolide. Altro caso in cui la corte potrebbe intervenire: nel caso in cui il cittadino fosse cittadino di un paese terzo. Gli viene revocata la cittadinanza europea dello stato eu e quindi perde la cittadinanza dell’ue, non diventa apolide perché gli rimane la cittadinanza di origine(es americana) ma perde quella ue. Situazione più intricata. La corte potrebbe intervenire perché c’è un’incidenza sulla cittadinanza europea. Introduce il principio di proporzionalità. Tra la gravità del comportamento soggetto e delle conseguenze delle decisioni nazionali. Aspetta al giudice del rinvio verificare tale principio. La corte propone un’alternativa. Cerca di temperare le due esigenze. Nel trattato non v è scritto da nessuna parte che è un diritto avere la cittadinanza europea. Situazione più recente, Cedu : citano Malta e Cipro hanno messo su un programma di attrazione dei capitali e sostanzialmente: se depositavi in una banca cipriota qualche milione di euro, ottenevi la cittadinanza. Molto attrattivo per i russi. Malta regime simile a quello cipriota. Sentenza ZHU e CHEN Abbiamo una questione diversa dalla precedente, non si parla di acquisto della cittadinanza ma di usufruire dei diritti collegati alla cittadinanza. Famiglia cinese che spesso si reca nel regno unito per lavoro, hanno avuto un figlio in Cina. La signora rimane nuovamente incinta. Si spostano in Irlanda in modo tale che la signora partorisca in Irlanda per far ottenere la cittadinanza irlandese alla nascitura. Perché in Irlanda vige il principio di ius soli, nei sensi del quale se nasci in un territorio dello stato acquisisci la cittadinanza dello stesso. Il problema è che questa famiglia ritorna a vivere in Galles e chiedono il diritto di soggiornare della figlia neonata. Negano questo diritto. Perché? In realtà il problema è che siamo di fronte ad un abuso del diritto comunitario: Non bisogna essere un onere a carico del sistema previdenziale dello SM ospitante. L’elemento della salvaguardia del sistema socio-sanitario diventa un limite alla libera circolazione dei lavoratori. La direttiva 2004 ha lo scopo di mettere ordine in materia della libera circolazione. Cosa significa che gli Sm possono limitare la libera circolazione escludendo, dalla libertà di soggiornare coloro che non hanno le risorse per mantenersi. SENTENZA GRZELCZYK Studente francese che va a studiare fisica in Belgio. Nei primi anni universitari fa dei lavori saltuari e riesci a mantenersi mantenendosi agli studi. Le tasse negli ultimi anni aumentano e non riesce più a mantenersi. Quindi chiede ad un istituto previdenziale belga un aiuto economico previsto chiamatosi Minimex. Per regolamento di questo istituto lui rientra nel programma previdenziale. Gli viene concesso. Questo istituto poi chiederà allo studente indietro la somma datagli dal governo belga perché non ne aveva diritto in quanto studente e non lavoratore. Va in causa. Vi sono due questioni pregiudiziali: la prima è come si pone la normativa nei confronti dello status da studente e la seconda se lo studente poteva aver diritto o meno al sussidio. Il divieto di discriminazione comprende anche queste situazioni in cui il soggetto non è un lavoratore? Perché rientra nel campo applicativo? La corte dice si. Punto 31. Qui la Corte cerca di valorizzare lo strumento della cittadinanza. La Forza retorica delle affermazioni: la Corte “butta lì” il punto 31: la necessità di dare un senso che lei percepisce come un istituto importante ma che, dal lato pratico, è limitato nella sua reale capacità di tutela dei diritti dei cittadini. Punti 34 e 35: la Corte segnala con forza come l’introduzione della cittadinanza europea debba segnare un punto di svolta. È cambiato qualcosa: Non si applica il divieto di discriminazione ma: Utile per l’interpretazione dell’art 7. Cosa vuol dire avere risorse sufficienti? Dice : La direttiva parla di onere eccessivo. Il cittadino che viene a chiedere aiuto x un anno nn può essere considerato come onere eccessivo, dice la corte. esiste una forma di solidarietà transnazionale di questo tipo?una persona in difficoltà può contare sul sistema di welfare di un altro SM. Per i lavoratori ciò non è problematico perché pagano i contributi. Contribuisco a finanziare il sistema di welfare attraverso il pagamento delle tasse. Principio di solidarietà: redistribuzione tra varie categorie di persone all’interno di uno spazio chiuso. Quali categorie? Chi lavora e chi non lavora più, tra chi è sano e chi ha problemi di saluti ecc. La corte introduce un elemento nuovo: che questo sistema distributivo non funzioni più solo all’interno di uno stato, ma anche x soggetti di un altro SM che soggiornano in tale stato: solidarietà transnazionale. Anni’90 fino agli anni 2000-> La Corte si spinge molto avanti in questo percorso. SENTENZA BIDAR Altra sentenza con protagonisti studenti(il prof non dice altro). SENTENZA FORSTER La legislazione olandese prevedeva che per poter avere l’aiuto economico era necessario disporre di almeno 5 anni di residenza sul territorio. Requisito discriminatorio. La corte si interroga se questo requisito sia legittimo. Primo passo a favore degli SM. La Corte con un ragionamento un po’ strano, perché esclude l’applicazione della direttiva 2004/38, ma poi fa riferimento nella motivazione all’art. 24 della direttiva. Quindi è applicabile o no questa direttiva? Il requisito di 5 anni è un requisito utile per vedere l’integrazione del cittadino nella società. La corte comincia a dire con forster punto 52: Alto livello di integrazione è un elemento rilevante secondo la corte. L’olanda ha titolo, il diritto UE non osta affinché venga richiesto questo requisito di 5 anni SENTENZA BREY La difficoltà di queste sentenze è trovare una linea di coerenza tra le situazioni diverse. Questo caso riguarda due pensionati. Come affronta il caso la Corte? Gli stati possono subordinare l’accesso a questi benefici sociali a patto di avere un titolo di studio. Lo dice l’articolo 7 della direttiva. Si parla di soggetti inattivi. Parte dal ricordasi qual è l’obiettivo della norma: Quindi: Due gli obiettivi: favorire la libera circolazione di soggiorno e condizionarla e limitarla Qui l’obiettivo è: “evitare che diventino un onere eccessivo”. Quindi: Il tono è differente rispetto a Brey. Qui non vi è il riferimento all’articolo 10. Non c’è una minima idea di solidarietà. Obiettivo non avere onere eccessivo. CASO ALIMANOVIC Gruppi marginali Giurisprudenza che pare aprire le porte della solidarietà ai casi di studenti o soggetti appartenenti a una fascia economica debole ma integrata nella società, ma rischia di chiudere fuori qst grppo di persone che non sono integrati, e la giurisprudenza rischia di indebolire ancora di più la loro posizione e renderli ancora più non integrati. Ricostruisce uno spazio sociale più ampio che rimane comunque chiuso a un numero limitatori gruppi. Sono considerabili come soggetti in cerca di cerca di lavoro ma non come lavoratori. La corte affronta il caso dal punto di vista dell’art. 7. Gli è stato concesso un sussidio e poi una revoca. Ricorso. La corte è in linea con la sentenza Dano. allontanamento dall’individuo a favore degli stati. 121012015 CURIA - Documenti ospitante per cercare un posto di lavoro non può essere allontanato da detto Stato membro fintantoché possa dimostrare di essere alla ricerca di un posto di lavoro e di avere buone possibilità di trovarlo. 57 Sebbene, secondo il giudice del rinvio, la sig.ra Alimanovic e sua figlia Sonita possano invocare un diritto di soggiorno in forza di detta disposizione anche dopo la scadenza del periodo di cui all'articolo 7, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/38 per un periodo, coperto dall’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della stessa, che conferisce loro il diritto a una parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante per quanto attiene all'accesso a prestazioni di assistenza sociale, occorre tuttavia rilevare che, in un caso siffatto, lo Stato membro ospitante può invocare la deroga dell'articolo 24, paragrafo 2, della medesima direttiva, per non accordare a detto cittadino la prestazione di assistenza sociale richiesta. 58 Dal rinvio effettuato dall’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della stessa emerge, infatti, che lo Stato membro ospitante può negare al cittadino dell’Unione che goda di un diritto di soggiorno unicamente sulla base di quest’ultima disposizione qualsiasi prestazione di assistenza sociale. 59 A tale proposito occorre precisare che, sebbene la Corte abbia già dichiarato che la direttiva 2004/38 richiede che lo Stato membro prenda in conto la situazione individuale della persona interessata al momento dell’adozione di una misura di allontanamento o prima di stabilire che tale persona costituisce un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale nell’ambito del suo soggiorno (sentenza Brey, C-140/12, EU:C:2013:565, punti 64, 69 e 78), tuttavia tale esame individuale non è necessario in una fattispecie quale quella di cui al procedimento principale. 60 La direttiva 2004/38, infatti, istituendo un sistema graduale di mantenimento dello status di lavoratore, che mira a tutelare il diritto di soggiorno e l’accesso alle prestazioni sociali, prende essa stessa in considerazione diversi fattori che caratterizzano la situazione individuale di ogni richiedente una prestazione sociale e, in particolare, la durata dell’esercizio di un’attività economica. 6l Orbene, consentendo agli interessati di conoscere senza ambiguità i loro diritti e doveri, il eriterio previsto sia dall’articolo 7, paragrafo 1, del libro II, in combinato disposto con l'articolo 2, paragrafo 3, della legge sulla libera circolazione, sia dall’articolo 7, paragrafo 3, lettera c) della direttiva 2004/38, vale a dire un periodo di sei mesi successivi alla cessazione di un’attività lavorativa durante la quale il diritto all’assistenza sociale è mantenuto, è pertanto idoneo a garantire un livello elevato di certezza del diritto e di trasparenza nell’ambito della concessione di prestazioni di assistenza sociale dell’assicurazione di base, restando al contempo conforme al principio di proporzionalità. 62 Inoltre, per quanto riguarda l'esame individuale teso alla valutazione globale dell’onere che la concessione di una prestazione configurerebbe in concreto per l’insieme del sistema nazionale di assistenza sociale di cui al procedimento principale, occorre rilevare che l'assistenza accordata a un solo richiedente difficilmente può essere qualificata come «onere eccessivo» per uno Stato membro, ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, onere che potrebbe essere gravoso per lo Stato membro interessato non dopo che quest’ultimo abbia ricevuto una domanda individuale, ma necessariamente a fronte della somma di tutte le domande individuali che gli vengano sottoposte. 63 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l'articolo 24 della direttiva 2004/38 e l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 devono essere interpretati nel senso che non ostano alla normativa di uno Stato membro che escluda dal beneficio di talune «prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo», ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004, le quali sono hitpileuria europa eufuristdocumentidocument_printistjsessionid=Sea740f 3045 ca 00 Ie b0 ADMIN LIA Avi Leo LagMbN4OGI... 14/45 altresi costitutive di una «prestazione d'assistenza sociale», al sensi dell’articolo 24, paragrato 2, della direttiva 2004/38, i cittadini di altri Stati membri che si trovino nella situazione di cui all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della stessa direttiva, mentre tali prestazioni sono garantite ai cittadini di tale Stato membro che si trovino nella stessa situazione. Calcolare quest’onere è impossibile.