Scarica DIRITTO DELLA PREVIDENZA SOCIALE e più Sbobinature in PDF di Diritto della Previdenza Sociale solo su Docsity! lunedì 27 febbraio 2023 Diritto della previdenza sociale Prima lezione. Introduzione SICUREZZA SOCIALE: PREVIDENZA SOCIALE E ASSISTENZA SOCIALE Da quando la materia è nata gli schemi di base sono costantemente in evoluzione. Per definire il contenuto della previdenza sociale si richiama il concetto generale di diritto della sicurezza sociale, all’interno del quale si trova la categoria della previdenza sociale. L’altro nucleo tematico appartenente alla sfera della sicurezza sociale è il diritto all’assistenza sociale. Centralità dell’esigenza di tutelare lo ‘stato di bisogno’: creare i presupposti affinché determinate categorie di soggetti ricevano una tutela al sussistere di uno stato di bisogno (es. disoccupazione, infortunio, vecchiaia…). È quindi importante individuare quali sono i soggetti che possono versare in stato di bisogno e quali sono le misure che direttamente e indirettamente siano idonee a liberare i soggetti dallo stato di bisogno. Nelle distinzioni che si sono cercate di fare tra previdenza sociale e assistenza sociale, prevale la tesi che il diritto alla previdenza sociale si rivolge a una categoria specifica: i lavoratori. Essi attraverso lo svolgimento della propria attività lavorativa maturano nel corso del tempo i requisiti contributivi per accedere alla tutela previdenziale. Nel diritto della previdenza sociale rientrano ad esempio tutte quelle misure che si applicano quando un lavoratore perde l’occupazione. Previdenza sociale strettamente legata ai concetti di contributi e contribuzione: l’erogazione delle prestazioni assistenziali sorge sulla base (oltre che della cittadinanza) del versamento dei contributi (a differenza di quanto accade nell’assistenza sociale). STORIA Contesto della rivoluzione industriale. Non è più semplice gestire le situazioni di bisogno affidandosi alla principale rete di solidarietà che trovava radici in quella società, ovvero la solidarietà familiare, e si ravvisa l’insufficienza degli strumenti di beneficienza, pubblica e privata, che fino a quel momento avevano mandato avanti il sistema. La paura che si possa formare un conflitto sociale e che il sistema crolli fanno sì che si cominci a pensare di costruire modelli alla base di reti di solidarietà. Si parte da quei soggetti che avevano manifestato situazioni di particolare bisogno. L’istituzione della previdenza sociale nasce nel momento in cui i lavoratori si organizzano per costituire le prime forme di solidarietà, che prendono il nome si 1 società di mutuo soccorso. Questo modello va avanti per non molto tempo, nel giro di pochi anni si rileva poco funzionale soprattutto perché chi partecipava alla contribuzione erano solo i soggetti più retribuiti. La crisi del sistema porta il legislatore a prendere in considerazione l’esperienza delle società di mutuo soccorso, apportandovi però delle modifiche. Viene promulgata la legge 80/1898 che istituisce l’assicurazione obbligatoria contro le malattie e gli infortuni professionali. Primo intervento dello Stato nel contesto della previdenza sociale, sancisce l’obbligo per il lavoratore che si espone al rischio professionale di assicurarsi. Il legislatore non si ritiene più estraneo alla tutela delle situazioni di bisogno. Sempre nel 1898 viene istituita una cassa previdenziale per la vecchiaia e l’invalidità degli operai. (Operai = categoria professionale esclusiva al di fuori della quale i sistemi previdenziali non trovano applicazione). Il finanziamento di questa cassa era inizialmente rimesso soltanto ai lavoratori. Nel 1819 i datori di lavoro vengono obbligati a finanziare la cassa di previdenza per la vecchiaia e l’invalidità degli operai. Si innesca un cambiamento culturale intorno al concetto di assistenza ai bisognosi. Nel giro di poco tempo falliscono anche queste prime forme di previdenza. La soluzione era quella di coinvolgere lo Stato nel finanziamento delle prestazioni previdenziali attraverso delle forme di sostegno provenienti direttamente da risorse pubbliche. Questo cambio di prospettiva si rileva in maniera incontrovertibile quando il legislatore assume a livello costituzionale l’impegno della sicurezza sociale (intesa come previdenza sociale e assistenza sociale). Altro fattore rilevante è la contrattazione collettiva, che però può prevedere solo situazioni migliorative rispetto a quelle stabilite dalla legge. Anche il contratto individuale non può in nessun modo prevedere condizioni contrastanti con il precetto legislativo. Attualmente (soprattutto dopo la pandemia) nel settore della previdenza sociale hanno grande influenza anche i rapporti sovranazionali (diritto europeo). PRINCIPALI NORME COSTITUZIONALI DI RIFERIMENTO • Art. 3 Cost. Il diritto alla previdenza sociale è stato inteso come un settore del diritto finalizzato a rimuovere le disuguaglianze. La rimozione di disuguaglianze connesse al sussistere di uno stato di bisogno perseguirebbe l’obiettivo dell’art. 3, ovvero quello di 2 Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. Quinto comma. Nulla esclude l’operato dei privati, partendo dal presupposto che l’assistenza privata è libera ovvero rimessa alla volontà dei soggetti. L'assistenza privata è libera. L’art. 38 va inteso come un insieme di garanzie costituzionali aventi immediata precettività. È pacifico anche che un certo evento può generare una pluralità di bisogni. La Corte Costituzionale suggerisce di leggere l’art. 38 in combinato disposto con altre norme costituzionali: - Art. 32 Cost. Si valorizza la prospettiva di creare una serie di misure orientate alla prevenzione del rischio professionale. Costruire le condizioni per evitare che il lavoratore si infortuni. Prospettiva della prevenzione del rischio professionale. Le disposizioni costituzionali finora trattate sono in stretto collegamento con il concetto di solidarietà. Solidarietà endoprevidenziale. Riguarda la totalità dei destinatari delle misure previdenziali. =/= Solidarietà endocategoriale. Opera all’interno di una stessa categoria di lavoratori. Adeguatezza dei mezzi Non esiste a priori un valore universale: per valutare l’adeguatezza si deve tenere conto della capacità reddituale del lavoratore che si trova in una situazione di bisogno. Non c’è una predeterminazione uniforme per tutti i destinatari delle misure di previdenza, si valuta in base alle specificità della situazione. Negli anni il criterio di adeguatezza ha dovuto fare i conti con la limitatezza delle risorse economiche che possono essere stanziate a favore del pagamento delle pensioni. I 2/3 della spesa pubblica riguardano il pagamento delle pensioni: è soprattutto attorno a questo fattore ruota il discorso dell’effettiva garanzia delle prerogative enunciate nell’art. 38, sia in termini assistenziali che previdenziali (confrontando i primi due commi dell’art. 38 emerge che le prestazioni di carattere previdenziale hanno un ammontare superiore rispetto a quelle assistenziali, poiché l’adeguatezza non potrà mai coincidere con il minimo vitale). È lo Stato che individua le misure di carattere previdenziale e assistenziale e quali sono i soggetti che hanno il compito di provvedere all’erogazione di prestazioni al sussistere di situazioni di bisogno. Hanno un ruolo chiave però anche i soggetti finanziatori: il circuito può essere finanziato a volte direttamente dal destinatario della prestazione o dai datori di lavoro —> tutto rimesso all’autorità legislativa. 5 Rimane il fatto che l’assistenza privata è libera, in aggiunta alle prestazioni previste dalla legge. Da qui nascono i concetti di previdenza privata e previdenza complementare. LA FRAGILITÀ DELLA TEORIA DEI DIRITTI QUESITI Per lungo tempo un dogma di questa materia è stato quello di rendere intangibili i diritti quesiti a chiunque, compresi il legislatore e la Corte costituzionale Oggi questa teoria è venuta meno dal momento che i trattamenti di tutela previdenziali nel tempo hanno necessitato di modifiche o revisioni (es. legge Fornero che nel 2011 portò in avanti l’età pensionabile). Data la variabilità del contesto socio economico, l’affidamento del cittadino non implica intangibilità da parte del legislatore o della Corte costituzionale delle aspettative o dei diritti già in godimento. L’esigenza di certezza giuridica che in passato connotava questa materia ora viene meno a causa dell’influenza di necessarie valutazioni di tipo economico. RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE TRA STATO E REGIONI L’art. 117 Cost. stabilisce la ripartizione di competenza legislativa tra stato e regioni. In base alla natura giuridica attribuita a una prestazione si evince a chi è attribuita la competenza legislativa: se la prestazione ha carattere previdenziale, la competenza legislativa è interamente rimessa allo Stato. L’assistenza sociale invece è rimessa alla competenza esclusiva delle regioni. Esiste anche un profilo di competenza concorrente su alcune specifiche materie: previdenza integrativa e complementare, tutela della salute. Anche quando la competenza delle regioni lo Stato ha la responsabilità di individuare i livelli essenziali di prestazioni per garantire una certa uniformità a livello nazionale. Nel caso in cui una regione legiferi su una materia di esclusiva competenza statale si solleva un conflitto di attribuzioni e il soggetto che ne ha interesse promuove la controversia dinnanzi alla Corte costituzionale. Se la Corte costituzionale ravvisa un’errata attribuzione di competenze quella legge viene annullata. La legislazione ordinaria in materia risulta spesso frastagliata e non sempre in grado di seguire una precisa linea di intervento. La dinamicità della disciplina relativa all’assistenza e previdenza sociale è confermata anche dall’ultima legge di bilancio e dalla pressante esigenza di contenimento della spesa pubblica. La materia previdenziale tende a considerare anche altre questioni, quali il rapporto stretto tra le previsioni sociali e il contesto mutabile in cui si collocano quelle previsioni. Es. la questione demografica nasce dal problema della diminuzione della natalità in sinergia col fatto che dato il miglioramento delle condizioni di vita si vive più che in passato. Questo andamento ha influenzato la gestione del sistema pensionistico negli ultimi anni/decenni. La previdenza (come anche l’assistenza) si sviluppa anche conformemente allo sviluppo dei modelli familiari. Es. crescita dell’occupazione femminile. Si cerca di adeguare le politiche pubbliche a nuove esigenze, incluse quelle derivanti da un contesto di evoluzione familiare. 6 Politiche economiche: a fronte di ogni misura previdenziale che si vuole adottare si valuta anche il risvolto economico. Lo sgravio contributivo è un esempio di politiche previdenziali e politiche di tutela dell’occupazione. Tutte queste dinamiche impattano su un continuo aggiornamento delle norme. Contributi figurativi Ad esempio durante il congedo obbligatorio di maternità non è previsto che il datore paghi i contributi, vengono dunque inseriti all’interno del cassetto previdenziale della lavoratrice contributi figurativi per non compromettere il raggiungimento di un’anzianità a fini pensionistici. La Corte costituzionale a partire dagli anni ’50 ha voluto chiarire i punti più controversi che potevano nascere dal rendere attuative le garanzie dell’art. 38 Cost. L’ambito più controverso ha riguardato il concetto di adeguatezza. (l’adeguatezza fa riferimento esclusivamente alle misure previdenziali, non influisce l’ambito dell’assistenza sociale.) Quando la corte costituzionale è stata chiamata ad affrontare il tema dell’adeguatezza centrale era il tema delle pensioni. Il concetto di adeguatezza a partire dagli anni ’60 è stato parificato alle caratteristiche dell’art. 36 Cost. prevedendo quindi che il lavoratore avesse diritto ad una retribuzione proporzionata al lavoro svolto e in grado di garantire ad egli e alla sua famiglia una vita dignitosa. La dottrina, però, non era convinta di questa interpretazione. Ci si chiede se la pensione sia effettivamente da comparare all’art. 36. La giurisprudenza chiarisce il rapporto tra pensione e retribuzione definendo la pensione come una retribuzione differita. Significa che da un certo momento in poi quello che era versato al lavoratore come retribuzione gli viene corrisposto come pensione. Anche questa interpretazione viene però messa in discussione. Il problema principale è quello della sostenibilità economico-finanziaria del sistema previdenziale. Tale sostenibilità si è aggravata nel corso del tempo per vari motivi, primo dei quali il fatto che l’entrata nel mondo del lavoro oggi avviene anni dopo rispetto a quando accadeva in passato. Si verificano spesso situazioni di contratti a tempo indeterminato e carriere discontinue. Questi fattori determinano da un lato una diminuzione delle entrate allo Stato (contributi), dall’altro l’aumento della spesa pensionistica dato l’aumento dell’aspettativa di vita. La Corte costituzionale torna sui propri passi stabilendo che l’adeguatezza non va valutata in termini di retribuzione differita bensì coerentemente con quando sancito dall’art. 38 Cost., il quale correla l’elemento dei mezzi adeguati alle esigenze di vita —> relatività del concetto di adeguatezza. Non c’è più un collegamento tra la retribuzione durante il periodo lavorativo e la pensione, la retribuzione diventa parametro indiretto del criterio di adeguatezza. L’elemento di riferimento diventa il tenore di vita. Questo tipo di interpretazione lascia spazio a una maggiore discrezionalità del legislatore e permette l’influenza di altri fattori, primo fra tutti il tema della disponibilità finanziaria ma anche quello della mutata demografia societaria e degli ambienti di lavoro. 7 Dal trattato si evince la consapevolezza di perseguire la costruzione di un sistema inclusivo e universalistico ma senza trascurare l’impatto economico degli interventi. La costruzione dell’economia sociale e di mercato è strettamente legata a un’argomentazione legata all’equilibrio finanziario. Ogni progetto di emancipazione giuridica deve fare i conti con l’aspetto economico e finanziario di uno stato. Due principi regolano il coordinamento e le procedure di omogenizzazione della sicurezza sociale a livello europeo: - Principio di territorialità. Il lavoratore soggiace alla legislazione dello stato membro in cui lavora. Non sono quindi rilevanti la residenza in un altro stato o se l’azienda ha sede legale in un altro stato. Territorialità = luogo dove il lavoratore effettua la propria prestazione. - Principio di totalizzazione dei periodi di contribuzione previdenziale: si somma tutto ciò che il lavoratore ha realizzato in termini di periodi lavorati e relativi contributi previdenziali. Tutto ciò ha rappresentato il massimo dell’attuazione del progetto europeo in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. A questa prima stagione basata su strumenti di hard law è seguito un periodo di soft law. Hard law = costruire strumenti che diventano obbligatori per lo stato membro in ragione dell’appartenenza al progetto europeo. Una volta raggiunta una certa omogeneità negli stati membri si raggiunge la consapevolezza che continuare con questi strumenti si sarebbe tradotto in un depotenziamento della discrezionalità dei legislatori nazionali. Si ricorre quindi agli strumenti di soft law. Soft law = si crea un condizionamento politico allo stato membro (senza obbligo giuridico). I paesi più virtuosi trasformano l’auspicio in azioni concrete, quelli meno facoltosi no poiché non hanno gli strumenti per concretizzare determinati sistemi di tutela. Per questo il soft law è spesso criticato. Durante la pandemia si è fatto molto ricorso a strumenti di soft law e sono stati tendenzialmente efficaci, soprattutto dal punto di vista delle misure legate alla perdita dell’occupazione. IL RUOLO DELL’AUTONOMIA PRIVATA - Art. 38 Cost. comma 5: “L’assistenza privata è libera.” Il sistema della sicurezza sociale non può autogarantirsi e avere un’autosufficienza economica. Questa consapevolezza era già presente nel progetto del legislatore nel momento in cui ha formulato questa previsione. Questa norma è stata ampiamente valorizzata nel 2001 modifica del titolo V della Costituzione (competenze stato/regioni). - Art. 118 Cost. comma 4: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.” 10 Dal combinato disposto delle due norme emerge la rilevanza della contrattazione collettiva. I contratti collettivi possono prevedere misure di previdenza specifica. Anche in ambito europeo esistono sindacati che possono produrre contrattazione collettiva cosiddetta eurounitaria. Parlando di autonomia privata assume rilevanza anche l’eventuale aderenza del lavoratore a un fondo o un ente bilaterale. Al di là di ciò che è stabilito dalla contrattazione collettiva, misure di miglior favore per il lavoratore possono essere previste anche dal contratto individuale di lavoro. Attualmente stanno diventando sempre più frequenti le stipule di Pip = piano di investimento personale. Serve ad accantonare nel tempo un capitale che verrà corrisposto alle condizioni fissate da chi gestisce quel piano di investimento. martedì 7 marzo 2023 Diritto della previdenza sociale Quarta lezione. Rapporto contributivo e rapporto previdenziale. Il rapporto contributivo ha il fine specifico di garantire il finanziamento del sistema previdenziale. È ciò da cui nasce il finanziamento del sistema previdenziale. Si configura per l’obbligo di versare i contributi che sorgono dal momento della costituzione di un contratto di lavoro. L’imposizione di obbligazioni contributive nasce nell’ordinamento per finanziare il sistema previdenziale e per dare concretezza al concetto di solidarietà. Il rapporto previdenziale si instaura da un lato tra lavoratore in quanto beneficiario (avente diritto) alla prestazione previdenziale (diritto soggettivo del lavoratore alle prestazioni di previdenza sociale), dall’altro lato il soggetto che eroga la prestazione previdenziale = ente erogatore della prestazione previdenziale. Rapporto contributivo e rapporto previdenziale sono rapporti triangolari in cui sono coinvolti tre soggetti: - Soggetto assicurato (beneficiario della tutela) - Soggetto assicurante (soggetto su cui grava l’obbligo contributivo, tenuto a versare i contributi che nascono dal rapporto contributivo) - Ente assicuratore (ente che eroga la prestazione previdenziale) Il funzionamento di questo sistema si basa sul principio della solidarietà come dovere della collettività e si muove nell’ottica di soddisfare un interesse pubblico, in ragione della salvaguardia del quale si giustifica il ruolo chiave giocato dallo Stato: allo Stato compete individuare le prestazioni previdenziali, quando sorge l’obbligo contributivo, i soggetti erogatori e fissare in generale le regole di funzionamento del sistema previdenziale. 11 Chi eroga le prestazioni di carattere previdenziale? Tra i soggetti pubblici si annoverano Inps (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e Inail (Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro). In capo a questi due enti pubblici competono buona parte delle prestazioni di carattere previdenziale previste dall’ordinamento italiano. L’Inail si occupa di infortuni sul lavoro e malattie professionali. Tutte le restanti prestazioni di competenza di enti pubblici ricadono nella sfera di competenza dell’Inps (vecchiaia, malattia ordinaria, disoccupazione). Oltre questi due soggetti pubblici, nel tempo il sistema previdenziale italiano si è arricchito della presenza di altri soggetti, soprattutto nell’ambito dei liberi professionisti. Questo ha comportato l’istituzione di casse di previdenza professionali a cui aderiscono (in maniera obbligatoria o meno) i professionisti iscritti all’albo. Non tutti i liberi professionisti però hanno una cassa di previdenza categoriale: in questo caso il professionista è tenuto ad iscriversi presso una sezione dedicata dell’Inps. I soggetti privatizzati sono comunque soggetti al controllo pubblico: pur avendo autonomia finanziaria, decisionale e organizzativa la loro attività deve comunque realizzarsi conformemente a delle indicazioni e criteri fissati dalla norma di legge. Principio di automaticità delle prestazioni (art. 2116 c.c.) = pur a certe condizioni, l’erogazione delle prestazioni previdenziali è prevista anche quando non vi sia stato effettivo versamento dei contributi previdenziali. Non esiste un principio assoluto di corrispettività tra contributi versati e prestazioni a cui si ha diritto, alla luce della soddisfazione di un interesse pubblico. Ciò significa che il soggetto tenuto all’erogazione di una prestazione previdenziale (Inps, inail, cassa di previdenza di categoria) deve prevedere all’erogazione anche in assenza di effettivo versamento dei contributi previdenziali. - L’automaticità delle prestazioni è un principio che si applica solo nel caso in cui assistenza e previdenza abbiano natura obbligatoria. - Non si applica nel caso di leggi speciali. - Non opera in alcuni casi, es. se il lavoratore denuncia troppo tardi (prescrizione del credito). In questi casi però se l’ente pubblico non può erogare la prestazione il lavoratore può ricorrere contro il datore di lavoro in giudizio (presso il giudice del lavoro) chiedendo la condanna del datore al risarcimento del danno derivato da un’irregolare o mancata contribuzione da parte del datore. Prescrizione = termine entro il quale si può esercitare un diritto. Nella previdenza sociale è 5 o 10 anni. Il credito prescritto diventa inesigibile. Tramite il cassetto previdenziale dell’Inps il lavoratore può verificare eventuali situazioni di irregolarità o ammanchi (es. il datore di lavoro è in ritardo con il pagamento dei contributi). Qualora il lavoratore ravvisi un’irregolarità si interrompe il decorso della prescrizione denunciando presso l’Inps l’omissione contributiva. Decorrerà quindi il principio di automaticità della prestazioni. Il principio di automaticità delle prestazioni si applica solo nei casi in cui ci sia dissociazione tra l’avente diritto e il soggetto tenuto al versamento dei contributi. La dissociazione si verifica ad es. nel lavoro subordinato, dove il soggetto tenuto al versamento dei contributi è il datore di lavoro. 12 L’obbligo contributivo è volto a riconoscere il rapporto previdenziale. Le prestazioni possono essere di natura economica ma anche beni o servizi, possono essere una tantum o rendite vitalizie. Prestazioni previdenziali: riconosciute da un atto della pubblica amministrazione che ha valore dichiarativo ma non autoritativo. L’unico caso in cui il provvedimento assume valore autoritativo è quando l’azienda viene ammessa alla cassa integrazione guadagni straordinaria e in caso di prestazioni di natura assistenziale. Chi determina l’obbligo contributivo e a quanto ammonta? Art. 23 Cost.: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Solo la legge e nessun altro provvedimento è l’unica fonte competente nell’imporre prestazioni personali o patrimoniali. In attuazione di questa norma costituzionale, alla legge competono due diversi elementi: - Stabilire quando e come opera e trova applicazione l’obbligo contributivo. La legge esercita una discrezionalità nell’individuare casi e modalità in cui incombe l’obbligo contributivo. - Stabilire a quanto ammonta l’obbligo contributivo. La scelta dell’ordinamento è stata quella di non ricorrere ad un criterio univoco per la determinazione dell’ammontare dell’obbligo contributivo. Ci sono alcune prestazioni previdenziali che hanno un ammontare definito in misura fissa, ma in altri casi viene stabilito prendendo come parametro di riferimento la retribuzione imponibile. La retribuzione imponibile è determinata dalla legge e cambia a seconda di lavoro subordinato o altre forme di lavoro. Si rilevano specificità per quanto riguarda le prestazioni erogate dall’Inail: in questo caso il consiglio di amministrazione dell’Inail ha il mandato per stabilire le tariffe dei premi di assicurazione. Per quanto riguarda i lavoratori autonomi sono le casse previdenziali di categoria che definiscono il loro reddito imponibile. Oltre all’obbligo contributivo, esistono anche una serie di obblighi accessori che competono sempre al datore di lavoro (nel contesto del lavoro subordinato). - Il legislatore fissa come obbligo accessorio quello di dare una dettagliata comunicazione al lavoratore dei contributi versati —> una volta all’anno viene consegnato al lavoratore un estratto conto della retribuzione denunciata ai fini contributivi. - Il datore ha anche l’obbligo di comunicazione agli enti previdenziali per accertare l’esistenza dell’obbligo e per determinare l’ammontare dei contributi dovuti. L’azienda deve fornire una serie di informazione per consentire agli enti di calcolare quanto è dovuto. - Il datore di lavoro deve istituire e costituire in azienda il libro unico del lavoro: documento in cui risiedono tutte le informazioni necessarie per ricostruire il personale in forza nell’azienda e le vicende di ciascun rapporto lavorativo (dati che riguardano assunzione, profilo professionale, tipo di contratto…). Riassume le informazioni per comprendere lo stato dei rapporti attivi e le vicende che caratterizzano i rapporti lavorativi in un’azienda. 15 Al libro unico del lavoro può accedere chi per legge ha compito di entrare negli ambienti di lavoro per verificarne la regolarità e l’osservanza delle norme di legge. Con un decreto attuativo del jobs act, il legislatore attribuisce il compito di controllo e ispezione all’ispettorato nazionale del lavoro unico —> integra al suo interno servizi ispettivi del ministero del lavoro, dell’Inps e dell’Inail. AMMONTARE IMPONIBILE È tuttora molto controverso nella pratica andare a definire l’ammontare imponibile. Nel lavoro autonomo si parla di reddito pensionabile (di solito corrisponde con il reddito ai fini IRPEF o al fatturato). Reddito ai fini IRPEF e fatturato potrebbero non coincidere. L’ordinamento fissa dei minimali e dei massimali di contribuzione. Per quanto riguarda i massimali la misura è stata introdotta dall’ordinamento nel 1969: si individua un massimale superato il quale c’è un esonero dal versamento degli obblighi contributivi. La legge 153/1969 fissava la determinazione del reddito da lavoro dipendente ai fini contributivi. È stato introdotto un massimale trasversale con la riforma pensionistica Ciampi-Dini nel 1995: si prevede che il massimale operi per tutti i lavoratori che superino una certa retribuzione imponibile e che siano assunti dopo il 1 gennaio 1996. Raggiunto il massimale di riferimento non sussiste più l’obbligo contributivo (per la parte eccedente il massimale). I minimali contributivi invece sono individuati dai contratti collettivi, ma solo quelli sottoscritti dai sindacati comparativamente più rappresentativi: il legislatore abilita l’individuazione di minimali soltanto a sindacati che abbiano raggiunto una certa soglia di rappresentatività. Il minimale può essere previsto anche dall’accordo individuale se la condizione è migliorativa (quindi se il minimale è superiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva, ma la questione su questo punto è ancora in parte controversa). 16 DURC = documento unico di regolarità contributiva. Ai sensi della l. 166/2022 viene rilasciato al datore di lavoro e attesta che l’impresa è in pari con l’adempimento delle obbligazioni contributive. Viene rilasciato su istanza dell’interessato dall’ente previdenziale (Inail, casse edili e tutti gli altri istituti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria sempre previa convenzione con Inps e Inail). Nel 2021 viene approvata la legge 162 che introduce la certificazione della parità di genere. La certificazione viene rilasciata alle imprese che mettono in atto azioni di promozione dell’eguaglianza delle opportunità sui luoghi di lavoro. Non è obbligatoria, ma produce una serie di vantaggi per le imprese ad es. sgravio contributivo per le assunzioni effettuate in un certo arco temporale. martedì 14 marzo 2023 Diritto della previdenza sociale Sesta lezione. Omissione contributiva e evasione contributiva. Rapporto previdenziale e tutela INAIL Il soggetto inadempiente agli obblighi contributivi viene colpito da sanzioni di omessa o tardiva contribuzione o, nei casi più gravi, di evasione contributiva. La responsabilità può essere civile: - Civile - Amministrativa - Penale (casi eccezionali) Omissione contributiva =/= evasione contributiva (più grave). • Omissione contributiva Consiste nel mancato o ritardato pagamento dei contributi, laddove la tardiva o omessa liquidazione sia desumibile da denunce e/o registrazioni obbligatorie ai sensi della legge che il datore di lavoro ha regolarmente effettuato. Il datore ha quindi denunciato la sussistenza del rapporto lavorativo provvedendo alle relative registrazioni obbligatorie, senza però poi provvedere a corrispondere (o corrispondendo in ritardo) il pagamento dei contributi nascenti da quel contratto di lavoro. È prevista innanzitutto una sanzione civile che si aggiunge alla corresponsione del dovuto da parte del datore di lavoro. La legge 388/2000 fissa un limite massimo: non può superare il 40% dei contributi omessi. Il legislatore tiene però conto dell’incertezza che governa questa materia, prevedendo che la sanzione civile possa essere diminuita nei casi in cui il datore sia stato indotto da un legittimo affidamento fatto nei confronti di circolari amministrative o decisioni della giurisprudenza. In questi casi il datore può ottenere una riduzione della sanzione. Il presupposto per la riduzione civile è che il datore dimostri il sussistere di un contrasto giurisprudenziale o amministrativo. Per risolvere il contrasto interviene la Cassazione a sezioni unite. 17 I diritti previdenziali applicati ai lavoratori italiani sono gli stessi applicati al lavoratore straniero che lavora in Italia (principio della parità di tratamento). Se il lavoratore straniero dopo un periodo di tempo in cui ha lavorato in Italia decide di tornare nel suo paese d’origine i contributi versati non vengono restituiti. INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI L.80/1898 —> modello che ha costituito il prototipo di riferimento per lo sviluppo del sistema previdenziale, si è poi evoluto nel corso del tempo utilizzando come criterio il rischio professionale. Ludovico barassi (tra i principali studiosi a cui si deve la nascita del diritto del lavoro) agli inizi del Novecento sosteneva che dal momento che il datore di lavoro si avvale della prestazione del lavoratore, egli doveva farsi carico di tutto quello che può derivarne in termini di conseguenze dannose. L’approccio regolativo che si era determinato dalla fine dell’Ottocento fino al periodo pre costituzionale presentava due limiti: - Piano soggettivo, platea dei destinatari. La tutela veniva riservata in via esclusiva agli operai adibiti a specifiche attività qualificate come pericolose. - Piano oggettivo, riguarda l’evento che viene protetto. Al centro dell’intervento protettivo si poneva l’infortunio. A fronte di queste limitazioni, il sistema viene sottoposto a una revisione normativa (fermo restando però il ruolo centrale attribuito all’Inail). L’evoluzione normativa che segue i dettami dell’art. 38 e porta ad emanare il decreto del Presidente della Repubblica 1124/1965: Testo Unico Inail. Benché avanzato rispetto ad altri istituiti, questo testo è stato più volte sottoposto all’attenzione della Corte costituzionale. Nella giurisprudenza civile nasce un istituto originariamente non previsto dal Testo Unico che viene introdotto con un’imponente modifica al testo con il decreto legislativo 83/2000 —> si riconosce l’istituto dell’infortunio in itinere. Nell’ambito della tutela antinfortunistica opera senza eccezione il principio di automaticità delle prestazioni: al verificarsi di un infortunio o di una malattia professionale al lavoratore saranno riconosciute le tutele corrispondenti indipendentemente dl versamento del premio assicurativo. Inail continua ad essere il soggetto pubblico principale nell’erogazione di questo tipo di prestazioni ad eccezione di poche ipotesi. Es. gli infortuni dei giornalisti sono gestiti da un istituto specifico, come anche dirigenti e operatori di aziende agricole e forestali. Non opera anche in un frammento del settore sportivo, esistono polizze private apposta. Per i volontari ci sono regole specifiche, in linea di massima opera il sistema delle polizze private. Inail ha competenza invece negli infortuni e malattie professionali dei dipendenti pubblici. In generale l’istituto interviene in tutti i casi che risultano da due norme in combinato disposto del testo Inail: artt. 1 e 4. Quali attività lavorative confluiscono nell’intervento Inail? 20 La tutela assicurativa Inail è erogata nel caso di lavorazioni considerate pericolose. È pericolosa la lavorazione che prevede un contatto con le macchine (macchina = qualsiasi meccanismo o insieme di meccanismi utilizzati per ottenere un maggior rendimento con sforzo minore, indipendentemente dalle dimensioni o complessità dell’energia che le muove). L’attività lavorativa pericolosa può essere determinata anche dalla sussistenza di un rischio ambientale, quindi un’attività che pur non determinando un contatto diretto con una macchina viene svolta in determinati ambienti (officine, reparti, laboratori ecc.) dove sono presenti macchinari, anche se il lavoratore non li utilizza direttamente. La tecnica legislativa è quella di coinvolgere più destinatari possibile. La tutela è stata infatti espansa prevedendo un elenco di attività considerate pericolose pur non coinvolgendo macchine. Questo elenco è da considerare in maniera tassativa e non esemplificativa, non può subire interpretazione estensiva. Il settore agricolo segue regole ad hoc. Si parte dal presupposto che tutte le attività agricole sono pericolose. I soggetti destinatari in questo caso sono tutti quei soggetti che possono avere collegamento con queste attività: proprietario del fondo, familiari, affittuari ecc. INAIL assicura contro gli infortuni e le malattie professionali. Infortunio —> devono coesistere diversi elementi: - L’elemento lesivo deve derivare da causa violenta. Causa violenta = fatto esterno alla persona del lavoratore che con un’unica azione rapida e concentrata nel tempo vinca la resistenza dell’organismo del lavoratore provocandone una lesione. Collegamento tra causa e effetto, nesso di causa tra infortunio e lesione. - Deve esserci un collegamento collegamento con il lavoro. È compresa anche l’ipotesi dell’infortunio in itinere. In questo caso, quando il lavoratore non utilizza un mezzo pubblico bensì privato deve dimostrare che l’utilizzo ad es. dell’auto sia necessario. La bicicletta dal 2015 è paragonata al mezzo pubblico poiché promuove esigenze ambientali e recentemente si è ipotizzata un’estensione 21 anche al monopattino. Rientra nell’infortunio in itinere anche l’ipotesi dell’infortunio che si verifica durante lo spostamento dalla sede lavorativa ai locali dove si eroga il servizio di mensa aziendale. Se tale servizio non è previsto, è considerato infortunio in itinere anche l’evento verificatosi durante lo spostamento del lavoratore che torna a casa per mangiare per poi rientrare al lavoro. - L’evento lesivo determina la morte del lavoratore o la sua inabilità temporanea o permanente. Nei casi in cui l’inabilità è temporanea deve essere assoluta e superiore ai tre giorni lavorativi (al di sotto l’Inail non interviene). Tutela Inail = tutela indennitaria La tutela Inail opera anche quando c’è un profilo di colpa del lavoratore (negligenza, imprudenza) ma ci sono casi in cui il lavoratore non può richiedere tutela: - dolo del lavoratore —> il lavoratore intenzionalmente si procura l’evento lesivo; - rischio elettivo —> caso in cui il lavoratore si assume il rischio. Una questione rimane controversa: l’evento lesivo che si registra in contesto di sciopero. La maggior parte della giurisprudenza non è favorevole, essendo una situazione di sospensione del lavoro, ma ci sono anche pronunce di senso opposto, considerando quello dello sciopero un contesto collegato al lavoro. lunedì 20 marzo 2023 Diritto della previdenza sociale Settima lezione. Infortuni sul lavoro Se l’Inail verifica il caso di un infortunio o un infortunio in itinere, si accede alla tutela assicurativa dell’Inail —> L’Inail riconosce un indennizzo finalizzato a ristorare il lavoratore. Il danno risarcito è quello patrimoniale e anche una parte del danno biologico. L’indennizzo viene automaticamente riconosciuto al lavoratore in base al principio di automaticità delle prestazioni. Quindi, anche laddove l’infortunio non avesse a monte il pagamento dei contributi assicurativi da parte del datore di lavoro, non si esclude la possibilità del lavoratore di ricevere un indennizzo da parte dell’INAIL. Tutto quello che non viene indennizzato dall’Inail può essere liquidato dal datore di lavoro: in questo caso non si parla però di indennizzo, bensì di risarcimento. • Indennizzo - Inail - copre i danni patrimoniali e una parte del danno biologico (danno alla salute). • Risarcimento - datore di lavoro - risarcimento del danno differenziale Mentre l’indennizzo è una somma che viene parametrata sulla base di un calcolo matematico, il risarcimento segue la regola della personalizzazione del danno, la quale richiede al lavoratore di provare il danno subito davanti al giudice e il risarcimento graverà sul datore di lavoro nei limiti di quanto il lavoratore sarà in grado di dimostrare. Può succedere che il giudice dichiari che non ci sono gli estremi per un risarcimento. 22 Il sistema si è mosso per molto tempo sulla base di un modello tabellare —> un lavoratore veniva indennizzato in seguito all’insorgere di una malattia professionale se la malattia diagnosticata era collegata, sulla base di tabelle, al tipo di lavoro svolto. Tali tabelle però non erano complete. La Corte costituzionale, con decisione n°179/1988, afferma che nell’ambito di indennizzabilità dell’Inail non si devono più liquidare esclusivamente le malattie professionali tabellate. Resta onere del lavoratore dimostrare la malattia insorta come malattia professionale non tabellata. Il sistema delle malattie tabellate non viene comunque meno e sulla sua base opera un regime di presunzione assoluta, ma se il lavoratore prova che l’insorgere di una malattia sia correlato al lavoro svolto allora può godere di indennizzo. Il lavoratore deve dimostrare che l’esposizione ad una certa fonte di rischio correlata alla propria prestazione lavorativa abbia come epilogo l’insorgenza della malattia diagnosticata, anche se questa non è tabellata. Il riconoscimento delle malattie professionali è oggi aperto in quanto vi è un costante ampliamento delle malattie tabellate alle richieste avanzate dai lavoratori. Il sistema misto attualmente vigente nell’ordinamento italiano prevede da un lato il ricorso al modello tabellare, ma il modello stesso è aperto ad estensioni che non sono direttamente previste nelle tabelle ma che possono entrare a farne parte a fronte della sentenza della Corte costituzionale. TERMINI DI PRESCRIZIONE Tanto le prestazioni riconosciute in ambito di infortunio, tanto quelle legate alle malattie professionali si prescrivono in 3 anni:
- in caso di infortunio la decorrenza del termine parte dal verificarsi dell’infortunio; - in caso di malattia professionale dal momento della sua diagnosi. Le prestazioni dunque intervengono solo se la prescrizione non è decorsa. Quali sono le prestazioni che vengono riconosciute in ambito di infortunio e malattia professionale? • prestazioni economiche, il cui ammontare viene parametrato proporzionalmente alla retribuzione del lavoratore; • prestazioni sanitarie, erogate dal servizio sanitario nazionale, previste per tutta la durata dell’inabilità temporanea (che deve essere assoluta e superiore a 3 giorni lavorativi). Le prestazioni indennizzabili si distinguono in base: - all’evento protetto - al destinatario della prestazione indennizzata • Ipotesi dell’inabilità temporanea: Ci sono situazioni in cui si riconosce al lavoratore una rendita o un’indennità giornaliera che decorre solo a partire dal 4° giorno dell’infortunio. In altre situazioni si riconosce la tutela al lavoratore a partire dall’insorgere della malattia, quindi dal certificato medico che diagnostica la malattia. 25 • Ipotesi di inabilità permanente: Al lavoratore è riconosciuta una rendita da inabilità permanente che viene parametrata in maniera diversa dal tipo di inabilità. • Ipotesi di morte In caso di infortunio mortale possono esserci altri soggetti che hanno diritto a prestazioni di indennità: il legislatore riconosce la rendita ai superstiti (coniuge sprovvisto di mezzi per vivere e figli). Il criterio di indennizzo cambia a seconda dell’indipendenza economica dei figli: nel caso di infortunio professionale mortale del genitore di figli che studiano all’università, l’indennizzo si proroga fino al compimento dei 26 anni (e non al la maggiore età). La rendita può valere anche a favore degli ascendenti (genitori), nei limiti di quanto stabilito dalle norme vigenti. Come si finanzia il sistema? Il datore di lavoro paga il premio assicurativo nell’ambito del lavoro subordinato; mentre in caso di para-subordinazione il premio assicurativo è diviso in 3 (2/3 a carico del datore e 1/3 del lavoratore). Per definire l’obbligo gravante sul soggetto tenuto a versare il premio assicurativo si considerano una serie di elementi. Si tengono innanzitutto in considerazione le tariffe di premi approvate con decreto del Ministero del Lavoro a seguito della delibera del CDA dell’Inail, e a questo si aggiunge una quota da versare quantificata in base alla pericolosità delle lavorazioni svolte —> ciò significa andare a verificare i l’andamento infortunistico in un’azienda (indice degli infortuni registrati). Meno l’impresa registra infortuni in azienda e più è agevolata. Un beneficio di questo sistema potrebbe essere quello di incentivare le imprese ad adottare standard di sicurezza sempre più evoluti mettendo in campo azioni di prevenzione. Ma un modello che aggancia parte del pagamento del dovuto all’indice infortunistico aziendale presenta anche aspetti negativi: spesso le imprese sotto-denunciano gli infortuni per abbassare l’indice infortunistico e purtroppo solo in caso di infortunio mortale si avviano indagini che fanno emergere queste circostanze. In alcuni contesti, soprattutto sul fronte delle malattie professionali, per facilitare il lavoratore ad ottenere tutela, si istituiscono i registri degli esposti —> registri nell’ambito dei quali si trascrivono per ogni lavoratore quelle che si chiamano “esposizioni anomale”. In maniera periodica vengono così monitorati i rischi anche in presenza di una sola esposizione. L’idea del registro degli esposti è una specificità italiana che sta venendo adottata anche da altri ordinamenti. 26 Il decreto legislativo 151/2015 (Jobs Act) interviene sugli oneri di comunicazione dell’infortunio e della malattia professionale: - In caso di infortunio, il medico deve trasmettere in via telematica all’Inail il certificato di infortunio. Il datore recepisce quindi il protocollo del certificato nella denuncia che dovrà trasmettere all’organo competente. - In caso di infortunio mortale, l’Inail ha l’obbligo specifico di trasmettere denuncia all’autorità di pubblica sicurezza, oltre che all’ispettorato territoriale del lavoro, (non soltanto se l’infortunio è mortale, ma anche se la prognosi è superiore a 30 giorni). - Entro 15 giorni dall’insorgere della malattia professionale il lavoratore comunicarlo al datore di lavoro, che sua volta dovrà darne comunicazione all’INAIL in via telematica entro i successivi 5 giorni. Superato il termine di prescrizione il diritto sfuma. martedì 21 marzo 2023 Diritto della previdenza sociale Ottava lezione. Tutela IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti) VECCHIAIA E ANZIANITÀ L’art. 38 Cost fa espressa menzione agli stati di invalidità e vecchiaia, parlando di adeguatezza delle prestazioni previdenziali. Collegamento tra intervento previdenziale e stato di bisogno: la tutela è collegata al sopraggiungere di uno stato di bisogno determinato dall’incapacità di produrre reddito per via dell’età. La prestazione previdenziale viene garantita ed erogata sulla base del pagamento di contributi per un numero non inferiore a quello sancito dalla fonte legislativa. In origine l’adeguatezza delle prestazioni connesse ad un certo numero di contributi versati era collegata alla retribuzione, poiché si intendeva la pensione come una retribuzione differita. Prima pensione = retribuzione differita (collegamento diretto col parametro retributivo, secondo l’art 36 Cost.). —> Questa visione nel tempo si è indebolita Attualmente non c’è più interrelazione tra la tutela pensionistica e i criteri fissati dall’ art. 36 Cost. Quando si affronta il tema della tutela pensionistica bisogna distinguere tra: - Pensione di vecchiaia —> si riconosce al raggiungimento di una specifica età anagrafica: quella che l’ordinamento individua come età pensionabile (attualmente 67 anni, periodicamente si allunga per adeguarsi all’allungamento dell’aspettativa di vita). Non basta però ai fini della pensione di vecchiaia raggiungere l’età stabilita, bisogna anche avere versato un certo numero di contributi. 27 purché il lavoratore abbia maturato un minimo di contributi, oppure anche quando il lavoratore è già pensionato. La pensione di reversibilità del superstite di un pensionato non significa riconoscere al superstite lo stesso trattamento del soggetto deceduto, ma c’è una decurtazione (generalmente si riconosce il 60% del trattamento pensionistico che era riconosciuto al deceduto). Diverso il caso del superstite di una persona che stava ancora lavorando: si richiede che il lavoratore deceduto abbia maturato una certa anzianità contributiva, e di questa anzianità contributiva devono essere stati versati almeno tre anni di contributi degli ultimi cinque. lunedì 27 marzo 2023 Diritto della previdenza sociale Nona lezione. Gestione della contribuzione Se un soggetto nel corso della sua carriera lavorativa ha versato i contributi in regimi differenti, ci sono tre distinte operazioni che si possono fare: • Ricongiunzione La disciplina della ricongiunzione fu introdotta nel 1979 e poi successivamente modificata, è una richiesta che si può avanzare il richiedente (lavoratore) a titolo oneroso. Si fa ricondurre quello che è stato versato in diverse gestioni o all’interno della gestione generale dell’Inps, o in un regime speciale (sempre gestito dall’Inps). > Limite della ricongiunzione: non può essere utilizzata per riportare quanto versato nella 4° gestione separata Inps (che nasce nel 1995 come cassa residuale). Dati i costi opererà solo nei confronti dei lavoratori più facoltosi. • Totalizzazione Non è onerosa, ma è consentita solo nei casi previsti dalla legge. Consente di recuperare anche quanto versato nella 4° gestione Inps. > Limite della totalizzazione: il calcolo dell’ammontare pensionistico viene effettuato con il metodo contributivo (il calcolo è contributivo anche se i contributi erano precedentemente stati versati in un regime che adottava il criterio retributivo). Solo nei casi previsti dalla legge può utilizzare pro rata le anzianità contributive maturate presso regimi differenti al fine di raggiungere i requisiti contributivi necessari per il sorgere del diritto alla pensione o per ottenere una pensione più alta. È conveniente per chi ha avuto carriere discontinue. La domanda è presentata dal lavoratore presso l’ultimo ente che sta gestendo la sua posizione contributiva. • Cumulo Non ci sono costi per il lavoratore. Si sommano gratuitamente tutti i periodi non coincidenti ai fini del conseguimento di un’unica pensione. Qui non opera un trasferimento in un’unica gestione e non prevede per forza il regime contributivo. 30 C’è anche la possibilità del riscatto, ovvero una sorta di ibrido tra i tre istituti di ricongiunzione, totalizzazione e cumulo ma che si basa su un consistente ricorso economico del richiedente. La finalità è sempre quella di venire incontro a quei soggetti che avessero versato in diverse gestioni. Questi tre modelli nascono prendendo in considerazione il fatto che il prototipo di lavoro che prevaleva precedentemente (fino alla fine degli anni ‘70) si è progressivamente modificato: nell’ordinamento italiano negli ultimi decenni l’applicazione del contratto di lavoro a tempo pieno indeterminato ha dovuto confrontarsi con il subentro delle varie forme di contratti flessibili (lavoro a termine, part time, ma anche un maggior accesso al lavoro autonomo parasubordinato). Dal momento che viene meno la continuità del rapporto lavorativo, se non si fosse pensato a un meccanismo per mettere a sistema tutte le fasi della carriera lavorativa (e quindi contributiva) di un soggetto, questo avrebbe determinato la sua difficoltà nel raggiungere i requisiti necessari per ottenere la pensione. È possibile prevedere riconoscimenti di contributi ai fini pensionistici anche nei periodi in cui un soggetto non ha lavorato. Ci sono tre casi: - Contribuzione figurativa. In casi tassativamente previsti dalla legge di sospensione del lavoro e impossibilità del lavoratore di lavorare. In alcuni casi il sistema opera in automatico, in altri su richiesta del lavoratore. Si dice figurativa perché ne il lavoratore ne il datore di lavoro pagano effettivamente i contributi, ma è lo Stato che attraverso la fiscalità generale riempie il periodo di non lavoro. - Contributi facoltativi. Si rimette al soggetto la facoltà di versare contributi volontari dopo l’estinzione del rapporto di lavoro (es. lavoro discontinuo, parziale, stagionale). - Riscatto. È sempre una contribuzione volontaria del lavoratore, ma che sorge creando un onere per il lavoratore (come i contributi facoltativi) e prevedendo un limite massimo di riscatto. Può essere esercitato in qualsiasi momento, anche per periodi lontani nel tempo. oneroso e con meccanismi agevolati in casi previsti dalla legge. Riscatto a tassi agevolati —> ricorso al riscatto più vantaggioso di quello ordinario. MINIMALI E MASSIMALI PENSIONISTICI Minimale —> a legislazione ha assunto come decisione il prevedere che un trattamento pensionistico non possa andare al di sotto di una certa cifra, coerentemente con l’art. 38 Cost. (mezzi adeguati). Se l’ammontare della pensione non raggiunge il minimale la legge ha previsto un’integrazione tramite l’assegno per il nucleo familiare. La fiscalità generale interviene quindi a sostegno delle pensioni di minore entità economica. Non è invece espressamente previsto un massimale pensionistico, a incidere sono i massimali di contribuzione e retribuzione pensionabile. 31 Alle pensione più alte è collegato un contributo di solidarietà = decurtazione della pensione a favore della solidarietà generale (combinato disposto degli articoli 2 e 38 Cost.). La Corte Costituzionale in una pronuncia del 2016 stabilisce però che il contributo di solidarietà debba essere provvisorio. Pur riconoscendo la legittimità costituzionale della decurtazione, si prevede però una durata determinata o determinabile. La misura deve essere atta a preservare la sostenibilità del sistema escludendo qualsiasi violazione al principio di proporzionalità. In seguito a questa pronuncia sulle “pensioni d’oro” il diritto quesito di determinate categorie di pensionati viene meno a vantaggio della solidarietà collettiva. Principio della perequazione automatica della pensione: il calcolo della pensione ha necessità di essere costantemente riveduto e riadattato al contesto di vita sociale ed economico dell’avente diritto. Originariamente, il riadattamento del valore della pensione corrisposto era collegato a due elementi: - svalutazione della moneta - costo della vita Prima dell’entrata in vigore dell’euro, l’Italia adottava frequentemente politiche economiche svalutative della moneta, essendo questa di conio nazionale. Dai primi anni del 2000 invece il coordinamento economico a livello generale è rimesso all’Unione europea attraverso la BCE. Ad oggi, quando si parla di perequazione automatica della pensione, viene meno il fattore di svalutazione della moneta ma si guarda solo il costo della vita. L’adeguamento dell’importo pensionistico ha senso di esistere nei confronti di importi pensionistici bassi: il principio stesso delle perequazione automatica sfuma nelle casistiche riguardanti pensioni particolarmente alte. Non crea problemi di costituzionalità prevedere un meccanismo in cui l’adeguamento sulla base della perequazione automatica sfuma progressivamente in base alla crescita dell’importo. Sono comunque previste delle differenziazioni tra gli esclusi. Il diritto alla pensione è un diritto pubblico condizionato: occorre che il soggetto abbia lavorato un certo numero di anni per ottenere quella tutela previdenziale (se no opera il sistema dell’assistenza sociale). Storicamente è stato più volte affrontato il tema della possibilità per un individuo che percepisce pensione di prestare comunque attività lavorativa. La riforma Dini, introdotta dalla l. 335/1995, sanciva il divieto di cumulo tra pensioni di invalidità, reversibilità e dell’assegno ordinario Inps con una prestazione specifica erogata dall’Inail che conseguiva dall’essere stato vittima di infortunio. Il legislatore sosteneva che riconoscerle entrambe avrebbe determinato una duplicazione di prestazioni economiche al sussistere di uno stesso evento meritevole di tutela. Quando le prestazioni convergono sull’evento da proteggere è vietata qualsiasi forma di cumulo, poiché altrimenti si verificherebbe la circostanza dell’arricchimento indebito del destinatario della prestazione. Ad oggi il percettore di trattamento pensionistico può continuare a lavorare, esclusi i casi in cui il soggetto goda della pensione di inabilità. 32 La contrattazione collettiva rimane un presidio di tutela anche nel contesto della tutela della vecchiaia, in quanto si parte dal presupposto che portare in avanti l’età pensionabile significa che si rimane nell’impresa per più tempo. Sindacato e impresa devono quindi intervenire sull’organizzazione del lavoro, che va modificata alla luce dell’allungamento della vita lavorativa, ma devono anche lavorare sinergicamente per individuare misure alternative alla prosecuzione del rapporto contributivo. La pensione non viene riconosciuta d’ufficio. Al raggiungimento di una certa età lo Stato non riconosce automaticamente la prestazione pensionistica, ma è richiesta domanda del diretto interessato. Oggi tendenzialmente nel momento in cui si fa domanda si riceve il trattamento pensionistico entro trenta giorni. Vengono verificati i requisiti dall’Inps prima del riconoscimento del diritto pensionistico. Il trattamento pensionistico viene versato mensilmente, si ha diritto alla tredicesima e per alcune categorie di pensionati anche alla quattordicesima. Secondo una legge del 2017 i requisiti per la quattordicesima sono un’età anagrafica non inferiore a 64 anni e bisogna versare in situazioni di grave disagio economico. Nel caso in cui il lavoratore, in mancanza di requisiti, dovesse comunque ricevere la pensione, si pongono gli estremi dell’indebito pensionistico. Indebito pensionistico. (Es. chi con dolo documenta un falso periodo lavorato). Consiste nella declinazione in ottica previdenziale di arricchimento indebito: bisogna restituire ciò a cui non si aveva diritto. Un’altra situazione più controversa parla di indebito pensionistico in cui non c’è presenza di dolo bensì un errore non imputabile che ha alterato il calcolo dell’ammontare del trattamento pensionistico. Proposte non strutturali: - Opzione donna - Lavoratori precoci - Lavoratori usuranti - Ape sociale - Isopensione C’è attualmente la possibilità di andare in pensione prima dell’età anagrafica individuata dal d.l. 201/2011. Es. opzione donna: misura ad esclusivo beneficio di donne lavoratrici che possono andare in pensione prima dell’età ordinaria, il trattamento pensionistico si valuta esclusivamente con parametro contributivo. Disomogeneità della misura: per chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi non cambia nulla, chi invece poteva utilizzare periodi di calcolo retributivo, perde tale opportunità. Si parla di misure non strutturali in quanto sono norme di legge a carattere temporaneo, e dipendono da fondi stanziati a livello statale. Lavoratori precoci. Il legislatore prevede una certa tutela nei confronti dei cosiddetti lavoratori precoci, che possono andare in pensione anticipatamente dimostrando due requisiti: 35 1. I lavoratori precoci devono aver versato almeno un anno di anzianità contributiva entro il compimento del diciannovesimo anno di età. 2. Questo beneficio può essere richiesto da specifiche categorie di soggetti che versano in stato di disoccupazione; assistono persone diversamente abili; sono essi stessi persone a cui è stata certificata un’invalidità; hanno svolto nella propria carriera lavorativa una mansione particolarmente gravosa o faticosa (criteri alternativi tra loro). Esiste un elenco di lavori considerati usuranti * APE = anticipo pensionistico - Volontario: l’anticipazione del trattamento pensionistico è rimessa ad un esclusivo finanziamento del lavoratore. Si chiede allo Stato un prestito e lo Stato versa anticipatamente il trattamento pensionistico (negli anni che precedono la maturazione del periodo pensionistico ordinario). Negli anni successivi la pensione verrà decurtata per restituire il prestito allo Stato. - Sociale: unica formula rimasta in vigore fino ad oggi, ripropone il modello dell’isopensione (la disciplina operante oggi per tale istituto è l’articolo 8 della l.14/2023). - Aziendale: l’azienda finanzia l’anticipo pensionistico. Modello dell’isopensione = meccanismo che consente di andare in pensione prima dell’età ordinaria che coinvolge la contrattazione collettiva. * Questione dei lavori gravosi o usuranti. A favore dei soggetti che abbiano svolto tali lavori, le leggi di bilancio hanno introdotto negli anni una prestazione di tipo economico (sussidio economico) che viene riconosciuto al lavoratore fino al momento in cui è nelle condizioni per maturare la pensione di vecchiaia. Tale sussidio si interrompe al momento della maturazione dei requisiti della pensione di vecchiaia. Non tutti possono accedere a tale istituto. Requisiti di selezione al godimento del sussidio economico: - requisito anagrafico: almeno 63 anni - requisito contributivo: almeno 30 anni - essere compresi all’interno dei lavori usuranti o gravosi, individuati dalla legge (es. lavoratore notturno) Esemplificazioni di lavori usuranti > -Lavoro notturno continuativo -Lavori in celle frigorifere -Lavori ad alte temperature -Lavori in altezza - .. Esemplificazioni di lavori gravosi > -Professori di scuola primaria, pre-primaria e professioni assimilate -Tecnici della salute -Artigiani, operai specializzati, agricoltori -Operatori di macchinari dissi in agricoltura e nell’industria alimentare - .. 36 La riforma Fornero abbandona il sistema delle quote, tuttavia negli anni avvenire i governi che si sono susseguiti lo hanno ripristinato. Si parla di misure congiunturali, che si approvano di anno in anno, e non strutturali, in quanto si basano sul riconoscimento del un trattamento pensionistico al raggiungimento di una certa quota, la quale sorge dal calcolo del requisito anagrafico in aggiunta al requisito dell’anzianità contributiva. L’istituto della quota pensionistica opera per tutti i lavoratori subordinati, siano essi alle dipendenze della PA o privati, oltreché per gli iscritti alla gestione separata Inps. Tuttavia l’istituto non trova applicazione per i liberi professionisti, i quali trovano regime di tutela nelle casse privatizzate di categoria, e anche per alcune categorie di lavoratori pubblici (forze armate e forze dell’ordine). L’attuale Quota 103 si costruisce mettendo insieme un parametro anagrafico ed un parametro contributivo: - requisito anagrafico: 62 anni di età - requisito contributivo: 41 anni di contributi (entro il 31.12.2023) Limitazioni del sistema delle quote: Il TFR/TFS viene riconosciuto in un momento successivo alla fine del rapporto, ossia nel momento in cui il lavoratore matura i requisiti per accedere al trattamento pensionistico. Il percettore della quota 103 non può svolgere lavoro in costanza del trattamento pensionistico che deriva dalla Quota. Non c’è un divieto assoluto di svolgimento del lavoro, ma il legislatore afferma che il lavoratore non potrà svolgere attività lavorativa che sia diversa dal lavoro occasionale entro i 5000 euro l’anno. Se ciò avvenisse il lavoratore pensionato perderebbe i requisiti per godere della quota 103. Il lavoro occasionale prevede la ritenuta d’acconto, ossia una quota di imposta pari al 20% che si paga alla fonte . Vi è uno sbarramento in termini di ammontare del trattamento pensionistico da riconoscere al destinatario della quota 103: il legislatore impone che chi risulti destinatario di tale quota otterrà una prestazione economica che non potrà essere superiore a 2.839,70 euro lordi mensili. Per calcolare il valore lordo lo standard utilizzato è lo stesso della riforma Fornero: si viene a considera il valore dell’assegno sociale. ISOPENSIONE L’isopensione consiste in una sorta di scivolo pensionistico che può essere in presenza di determinati requisiti, a condizione che in quell’impresa siano occupati almeno 15 dipendenti. In origine lo scivolo pensionistico prevedeva di andare in pensione a distanza di non più di 4 anni dal pensionamento ordinario, mentre con una legge del 2023 il tempo limite è portato a 7 anni dalla maturazione del requisito di vecchiaia. I lavoratori che vogliono accedere all’ispensione devono necessariamente avere un contratto a tempo indeterminato, in qualsiasi settore produttivo È l’azienda a farsi carico dei 7 anni mancanti al godimento del diritto alla pensione di vecchiaia, versando quindi un assegno equivalente alla pensione per tutto il periodo dell’isopensione. Una volta venuto meno il periodo mancante alla pensione, l’isopensione si interrompe e si accede direttamente alla pensione di vecchiaia. 37 lunedì 3 aprile 2023 Diritto della previdenza sociale Undicesima lezione. Reddito di cittadinanza Oltre le due tipiche prestazioni di matrice previdenziale (tutela Inail in caso di infortunio e malattie professionali e tutela pensionistica), si segnala un altro tema spesso soggetto a revisioni normative: il reddito di cittadinanza Quando si parla di questa prestazione c’è sempre grande influenza di carattere politico, di politica del diritto ma anche questioni di tenuta economica del sistema. È corretto comprendere il reddito di cittadinanza nelle misure attuative dell’art. 38 comma 1, ovvero ci sono tutti i presupposti per ricondurre questa prestazione nell’assistenza sociale? Inizialmente non c’erano dubbi sulla natura assistenziale della misura, ma nel tempo è maturata l’idea che si tratti di una prestazione di natura ibrida: presenta, infatti, una componente assistenzialista pura che trova matrice nell’art. 38 comma 1 e una componente lavorista. La natura dei mezzi non coincide con l’espressione dei mezzi adeguati tipica dell’art. 38 comma 2. Attualmente il reddito di cittadinanza non è più ricondotto nelle misure di carattere assistenziale. Nel 2019 il legislatore introduce nell’ordinamento italiano il reddito di cittadinanza come prestazione che risponde a due finalità: - contrastare la povertà; - perseguire una logica inclusiva della persona tanto nel tessuto sociale quanto in quello produttivo. Il governo allora in carica cercò di allineare il sistema italiano con quello di altri paesi europei, dove c’erano sussidi ben strutturati in materia di contrasto alla povertà. Nel contesto europeo erano diverse le forme di sostegno economico dei cittadini (alcuni paesi riconoscono un reddito di base, altri un reddito minimo garantito) In Italia, l’introduzione del reddito di cittadinanza ha avuto a che fare con tre elementi: - Tema del salario minimo legale = serie di norme che riconoscono al legislatore la fissazione di un reddito rispetto al quale si può contrattare solo al meglio. - L’introduzione per via legislativa di un salario minimo legale è difficile da gestire perchè ci sono interessi convergenti. - Crescita di una fetta della popolazione che si mantiene al di sotto della soglia di povertà nonostante lavori: lavoratori poveri. Ciò considerato, l’idea iniziale di fornire un sussidio a chi è privo di lavoro lascia spazio a un riconoscimento del reddito di cittadinanza anche a persone che stanno svolgendo una prestazione lavorativa 40 L’applicazione del reddito di cittadinanza riscontra difficoltà in un sistema come quello italiano afflitto da informalità e irregolarità del lavoro. È quindi stato introdotto un regime sanzionatorio che colpisce con sanzione penale chi ad esempio omette informazioni riguardanti la propria condizione reddituale e patrimoniale (nella duplice accezione di patrimonio mobiliare e immobiliare). Il maggior problema è derivato dal fatto che non han funzionato bene la rete dei controlli (poiché il personale vigilante era in numero ridotto rispetto alle richieste del reddito di cittadinanza) e secondariamente perché nei fondi che erano stati stanziati per l’erogazione di questa prestazione si era trascurato il tema dei lavoratori poveri (stesso motivo per cui in principio si era parificato il reddito di cittadinanza ad una prestazione assistenziale). Il primo intervento regolarivo del 2019 nel corso degli anni ha subito molte modifiche, la più sostanziale è la legge di bilancio per 2023, secondo la quale dal 2024 si dispone l’abolizione del reddito di cittadinanza. La prestazione MIA sostituirà temporaneamente il reddito di cittadinanza allo scopo di contrastare la povertà. Il reddito di cittadinanza dal 1 gennaio 2024 non sarà più contemplato dal nostro ordinamento. La disciplina legislativa ha avuto una serie di modifiche che provengono in gran parte dalla corte costituzionale con riguardo al profilo soggettivo di riconoscimento del reddito di cittadinanza. Ad esempio si è discusso se tra i titolari del reddito di cittadinanza possano esserci stranieri persone sottoposte a provvedimenti cautelari (l’attuale previsione normativa esclude che tra i beneficiari della misura possano esserci soggetti che hanno problemi con la giustizia o già condannate entro dieci anni dalla richiesta del reddito di cittadinanza). L’ottica lavorista della misura si valorizza laddove il reddito di cittadinanza si riconosce a un beneficiario che riceve la prestazione in un periodo nell’ambito del quale si auspica egli riceva un’offerta di lavoro congrua (il problema nasce proprio dall’individuazione del concetto di congrua). Il maggior fallimento del reddito di cittadinanza resta il fatto che non hanno funzionato le politiche attive: nella pratica ha prevalso l’anima assistenzialista. Il progetto è fallito anche a causa della mancata singergia dei soggetti pubblici (in particolare centri per l’impiego e Comuni). Tra i soggetti che avrebbero avuto un ruolo nella realizzazione del progetto c’erano anche le imprese: avrebbero infatti ricevuto benefici nel caso di assunzione di soggetti percettori del RdC. 41 martedì 4 aprile 2023 Diritto della previdenza sociale Dodicesima lezione Le misure di contrasto alla povertà nel nostro ordinamento sono spesso state declinate come misure di carattere assistenziale, ispirate all’art. 38 comma 1. La normativa più importante che si è occupata di contrastare la povertà si trova all’interno della legge quadro 328/2000 —> normativa organica che contempla al suo interno una serie di strumenti di natura assistenziale. Il contrasto alla povertà viene analizzato in rapporto alla garanzia dei diritti sociali. Le misure apprestate devono essere funzionali a garantire quelli che vengono classificati come diritti sociali. Nell’ambito della legge quadro del 2000 è stato edificato un sistema integrato di interventi e servizi sociali - azione mista, approccio integrato che coinvolge da un lato attività e servizi, dall’altro prestazioni economiche. Al di là della tipologia dell’iniziativa, tutte convergono nella direzione perseguita dall’art. 2 comma 3 Cost (eguaglianza sostanziale —> impedita da una situazione di bisogno che si ricollega alla persona in quanto tale - carattere assistenziale). Lo stato di povertà è quindi situazione che si frappone alla piena inclusione, soprattutto quella sociale e conseguentemente quella lavorativa. Per perseguire questo scopo si istituiscono regole che si basano sulla personalizzazione della tutela e sul coordinamento tra più ambiti di produzione normativa: gli interventi, i servizi e le prestazioni nascono da una sinergia che si istituisce tra il livello nazionale e le istituzioni che operano a livello decentrato (a livello regionale o locale) —> mix di tutele che tiene incontro anche delle specificità territoriali. Resta il fatto che quando le misure hanno carattere esclusivamente assistenziale il campo di applicazione tende ad essere il più ampio possibile (ad es. i destinatari non sono solo cittadini italiani ma anche soggetti extracomunitari, apolidi e profughi, seppur con specifiche restrizioni). La crescita nel tempo dell’attenzione nei confronti del parametro reddituale porta alla necessità di modificare le politiche introdotte in maniera organica nel 2000. Bisognava fissare un nuovo parametro che permettesse di riconoscere i casi di povertà. La soglia di povertà è istituita da un valore economico stabilito dall’Istat. È un valore mutevole nel tempo. Ci si avvale del requisito Istat + una serie di indicatori a cui il legislatore ha più volte fatto riferimento quando ha riconosciuto prestazioni di tipo assistenziale. La certiifcazione ISEE descrive qual è la situazione economica e patrimoniale della persona e del nucleo familiare della persona stessa. Dal valore dell’ISEE dipende o l’accesso alla prestazione o la parametrazione dell’importo collegato. 42 Nel momento in cui arriva la lettera da parte dell’autorità amministrativa competente che riconosce un soggetto come beneficiario del reddito di cittadinanza, il soggetto e i componenti del suo nucleo familiare in età lavorativa hanno l’obbligo di presentarsi al centro per l’impiego per sottoscrivere la DID = dichiarazione di immediata disponibilità. La DID viene resa da chiunque all’interno del nucleo familiare sia maggiorenne e si accompagna alla stesura di un patto per il lavoro, che accompagna il sottoscrittore in un percorso personalizzato di inserimento lavorativo in base alle caratteristiche del soggetto. In quest’ambito si è rilevata una grande fragilità degli istituti pubblici dell’apparato amministrativo dal momento che la costituzione della DID e del patto per il lavoro è diventata un’attività molto più formale di quella che doveva essere la sua originale caratterizzazione. L’obiettivo è creare i presupposti affinché il percettore di reddito di cittadinanza riceva un’offerta di lavoro congrua. Un decreto ministeriale del 2018 specifica quali sono le caratteristiche per poter configurare un’offerta di lavoro come congrua. - un’offerta di lavoro è congrua quando è coerente con il bagaglio pregresso di conoscenze e competenze - Si calcola la distanza tra l’abitazione e la sede di svolgimento della prestazione lavorativa prendendo in considerazione il tempo di percorrenza tramite mezzi pubblici. Questo parametro ha comportato nel Sud Italia una restrizione delle offerte congrue di lavoro a causa di un problema infrastrutturale L’ultimo intervento della Corte Costituzionale risale a gennaio 2022 —> sentenza 19 con cui la Corte esclude che si possano profilare i termini di illegittimità costituzionale laddove il legislatore richieda al lavoratore straniero di dimostrare di essere in possesso del permesso di soggiorno europeo di lungo periodo. Ci si chiede perché sia necessario essere soggiornanti di lungo periodo per essere ammessi al beneficio. La Corte risponde che ciò è ragionevole alla luce della finalità plurima perseguita dal reddito di cittadinanza non solo di natura assistenziale ma anche in ottica di politiche attive del lavoro. L’obiettivo è infatti quello di una complessa operazione di inclusione sociale che richiede una permanenza non occasionale dell’individuo nel territorio nazionale. Un’altra questione sorta è quella riguardante l’estromissione dal reddito di cittadinanza per i soggetti sottoposti a misure cautelari. La Corte Costituzionale ha ritenuto ragionevole la scelta del legislatore di escludere questa categoria di soggetti valorizzando ancora una volta la finalità di inserimento professionale. Diversa è la questione di misure cautelari erroneamente attribuite. Il reddito di cittadinanza prende il nome di pensione di cittadinanza quando il destinatario è una persona che ha raggiunto un certo requisito anagrafico. È una prestazione che opera a favore di quei nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più soggetti di età pari o superiore a 67 anni. A differenza del RdC non è prevista una durata massima del beneficio. 45 L’importo del reddito di cittadinanza può subire variazioni nel tempo. Ad esempio a seguito della variazione del numero di componenti del nucleo familiare, o della variazione delle loro condizioni occupazionali o patrimoniali (es. eredità). Qualsiasi variazione reddituale e patrimoniale va comunicata, pena l’incorrere in una sanzione penale che prevede l’arresto. Le variazioni vanno comunicate all’Inps. La norma penale affronta due casi diversi: - vengono alterati i requisiti per ottenere il beneficio —> si configura un reato di falso - il soggetto possiede originariamente i requisiti, ma successivamente vengono meno e non viene data comunicazione. Anche in questo caso la condotta è penalmente perseguita, ma in maniera meno grave della prima ipotesi, a condizione però che l’omissione di informazioni rilevi ai fini della revoca o della riduzione del beneficio. La legge di bilancio per il 2023 riscrive molte delle disposizioni finora trattate. Dal 2024 il reddito di cittadinanza verrà definitivamente abolito, ma per evitare uno stacco troppo netto la legge di bilancio per il 2023 istituisce una sorta di regime transitorio —> MIA (misura di inclusione attiva). Anche la MIA persegue una duplice finalità: - contrasto alla povertà e all’esclusione delle fasce più deboli - ottica di politica attiva del lavoro. A pari del RdC anche la MIA prevede la costruzione di un percorso personalizzato di inserimento professionale (le modalità non sono ancora chiare) A cambiare in maniera significativa saranno la platea dei destinatari e la durata del beneficio. • Nuclei familiari con almeno una persona disabile, minorenne o con almeno 60 anni di età —> la prestazione è riconosciuta per 18 mesi • Nuclei familiari (anche uni personali) composti da soggetti occupabili (che non rientrino nelle categorie sopracitate) —> la prestazione viene riconosciuta per 12 mesi e il beneficio viene ridotto del 25%. Requisiti del richiedente: - essere cittadino Ue o suo familiare o in permesso di soggiorno europeo di lungo periodo - essere residente in Italia da almeno cinque anni (non più dieci) di cui gli ultimi due in modo continuativo - essere residente in Italia - non essere sottoposti a misure cautelari, di prevenzione o condannati in via definitiva nei 10 anni precedenti la domanda del sussidio L’entità del beneficio viene poi parametrata sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente ISEE (dove equivalente sta a indicare il numero dei componenti del nucleo familiare), sulla base del reddito e del patrimonio (mobiliare e immobiliare) del richiedente e del suo nucleo familiare. 46 lunedì 17 aprile 2023 Diritto della previdenza sociale Tredicesima lezione. Tutele di disoccupazione e previdenza complementare L’art. 38 comma 2 Cost. fa riferimento ad una situazione di bisogno meritevole di tutela, ovvero la disoccupazione involontaria. —> Tutela prestata dall’ordinamento in caso di disoccupazione Art. 38 comma 2 I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. La tutela di disoccupazione ha ricevuto una disciplina sul piano legislativo a partire dal 1919, anno in cui si introduce una prima forma di tutela in un contesto regolativo che stava progressivamente abbandonando lo schema delle assicurazioni private. La linea evolutiva, che poi si costruirà in maniera organica successivamente all’emanazione della Costituzione, si basava sulla convinzione che la logica privatistica presentasse tanti limiti, per cui si pensa di creare un sistema in cui venga coinvolto il soggetto pubblico, ovvero lo Stato, che ha inoltre il compito di individuare i soggetti competenti a riconoscere tali misure di tutela. La tutela si rafforza all’indomani dell’entrata in vigore della Costituzione. Tra le norme costituzionali approvate, infatti, l’art. 38 comma 2 contempla proprio la disoccupazione involontaria tra quei bisogni al sussistere dei quali devono essere garantiti mezzi adeguati. Tale sistema, dalla sua originaria formulazione, si arricchisce progressivamente soprattutto da un punto di vista contenutistico. Per quanto riguarda le prestazioni erogabili da parte del soggetto pubblico, l’attenzione del legislatore si è spinta verso due distinte direzioni: - da un lato si è cercato di rafforzare le prestazioni incidenti sul momento della cessazione del rapporto lavorativo, - dall’altro lato sono stati progressivamente introdotti sistemi di integrazione del reddito al verificarsi di sospensioni dal lavoro (es. CIG e disoccupazione europea “SURE”. Quest’ultima cerca di dare tutela nel contesto specifico della pandemia, non solo a chi ha perso il lavoro, ma anche nei confronti di quei soggetti il cui reddito è stato ridotto sempre a causa della pandemia). Il sistema è diventato più complesso nel tempo poiché dalle analisi sul mercato del lavoro è emerso come quella che doveva essere un’eccezione alla piena occupazione si è rivelata negli anni sempre più una piaga nel mercato del lavoro. Più studi confermano infatti che il fenomeno della disoccupazione è cambiato nel tempo al punto da diventare una disoccupazione strutturale —> una caratteristica quindi non congiunturale/temporanea, bensì una caratteristica stabile tipica del funzionamento del mercato del lavoro. 47 La domanda va presentata all’INPS in maniera telematica entro 68 giorni dalla cessione del rapporto lavorativo. Durante l’erogazione della NASPI, al lavoratore rimasto privo di occupazione si riconosce la contribuzione figurativa. Le regole appena esposte non hanno alcun tipo di applicazione nel contesto del lavoro agricolo, dove la disciplina a sé stante è tale anche in ragione dell’immanente stagionalità di tale attività lavorativa —> fronte della stagionalità delle prestazioni il legislatore ha deciso di attribuire nell’ambito del lavoro agricolo delle misure peculiari. • Al di fuori del lavoro subordinato, per specifiche categorie di lavoratori autonomi deboli (co.co.co.), non si riconosce la NASPI bensì la DIS-COLL (disoccupazione collaboratori). Anche in questo caso c’è un massimale previsto dalla legge. Si richiede una certa anzianità contributiva del lavoratore. Mentre la NASPI può essere riconosciuta per una massimo di 24 mesi, la DIS-COLL non può andare oltre i 12 mesi e ciò sta creando qualche problema di tenuta costituzionale della norma poiché si ritiene irragionevole che il legislatore abbia introdotto 2 limiti di erogazione distinti per il lavoro subordinato e per i co.co.co. . Non ci sono al momento pronunce della Corte Costituzionale. Nel periodo di erogazione della DIS-COLL, dal 01/01/22 si riconosce anche la contribuzione figurativa. Anche in questo caso opera il decalage (riduzione del 3% dell’importo applicata ogni mese). C’è l’obbligo di presentarsi al centro per l’impiego per sottoscrivere la DID. PREVIDENZA COMPLEMENTARE Soprattutto ultimi 30 anni si è avvertito il bisogno di soffermarsi sul tema della previdenza complementare poiché si è visto che le prestazioni pensionistiche nel contesto del metodo contributivo potevano esporre al rischio di avere delle pensioni di modestissimo importo. Quando il sistema pensionistico si basava sul modello retributivo non si presentava il problema poiché si garantiva pressoché lo stesso tipo di trattamento tra retribuzione e pensione. Questa corrispondenza viene meno con il subentrare del modello contributivo e si pone la questione dei mezzi adeguati relativamente alla pensioni. Per questo motivo si prende in considerazione l’adozione di sistema di previdenza complementare, ossia forme di previdenza facoltative aggiuntive rispetto alla previdenza di base (previdenza obbligatoria di cui si è parlato finora). Per previdenza complementare si intendono quindi prestazioni di previdenza aggiuntive rispetto a quelle previste obbligatoriamente dalle disposizioni di legge finora esaminate. Analizzare la previdenza complementare significa farei i conti con un sistema in cui l’intervento privato va a sommarsi e a coordinassi con quanto finora è stato veicolato attraverso l’intervento pubblico. 50 Forme di coordinamento tra pubblico e privato erano già previste nel Codice Civile. L’art. 2117 e l’art. 2123 sanciscono infatti che l’imprenditore, anche senza richiedere una contribuzione del lavoratore, può costituire fondi speciali per la previdenza e l’assistenza al fine di prevedere prestazioni che saranno erogate o al momento della cessazione oppure in casi di sospensione del rapporto lavorativo. Già il Codice Civile metteva in evidenza la natura poli-funzionale dei fondi speciali, ovvero di queste prime forme di previdenza complementare. Tali fondi nascevano per intervenire: - in situazioni di vecchiaia - nei casi in cui sussistevano temporanee difficoltà economiche dell’impresa o del lavoratore In realtà, anche prima di queste disposizioni del Codice Civile c’erano altre forme in cui il privato interveniva a contribuire all’erogazione di prestazioni —> fondi esonerativi del 1924. La disciplina organica della previdenza complementare si ha solamente a partire dal 1993 quando il governo esercita una delega conferita un anno prima dal parlamento approvando il d.lgs. 124/1993 —> è la prima occasione cui il legislatore interviene in maniera organica a disciplinare il sistema della previdenza complementare: il secondo pilastro della previdenza sociale (il primo è quello della previdenza obbligatoria). Tale sistema opera a capitalizzazione: per ciascuna posizione individuale è come se si creasse un salvadanaio all’interno del quale si raccolgono tutti i contributi versati a titolo di previdenza complementare; il denaro così raccolto viene investito e quando si va in pensione si riceve quello che è il capitale che al netto dei rendimenti finanziari si è riusciti a raccogliere in tale periodo di tempo. Se il welfare pubblico da solo è in difficoltà, bisogna creare un sistema in cui il lavoratore può costruirsi una quota integrativa che al momento della pensione andrà a sommarsi alla pensione liquidata dal welfare pubblico. Limite: ad accedere alla previdenza complementare sono solamente i lavoratori più abbienti —> vantaggio selettivo. I fondi che consentono di accedere alla previdenza complementare possono essere: • Fondi negoziali/chiusi —> nascono dalla stipulazione di contratti collettivi. Sono i rappresentati di datori e dei lavoratori che si vengono incontro per istituire un fondo chiuso (aziendale, territoriale, nazionale, inter-categoriale, di mestiere, ecc..). • Fondi aperti —> nascono al di fuori della negoziazione collettiva e vengono istituti da operatori che operano nel settore dell’intermediazione finanziaria (es. banche). Sono fondi aperti perché chiunque può accedervi, anche chi non ha mai lavorato (una persona che non ha mai lavorato può ad esempio costituirsi un PIP = piano individuale di pensionamento). Il legislatore non fa differenza tra fondi aperti e chiusi e riconosce in entrambi i casi l’integrale deducibilità delle spese che sono state sostenute per la partecipazione tanto a un fondo chiuso quanto a un fondo aperto. 51 Il lavoratore non è obbligato ad accedere alla previdenza complementare, tutto è rimesso all’esercizio di una libera scelta individuale. Se il lavoratore non si esprime, si presume automaticamente che la sua scelta sia andata a favore di un fondo chiuso. Vantaggio del fondo chiuso: contribuisce anche il datore di lavoro (così è previsto nella contrattazione collettiva). Le somme versate nei fondi (chiuso o aperto) si traggono dal TFR. L’importo del TFR in passato rimaneva di totale disponibilità del datore di lavoro finché il rapporto di lavoro non cessava e nessun datore accantonava tale somma per restituirla a distanza di decenni al lavoratore. A partire dal 2005 il lavoratore finanzia tali fondi distraendo quota o tutto il TFR. Come fa il lavoratore a ricevere un rendimento sula base di queste somme? Se si investe in titoli obbligazionari si ha la garanzia della restituzione del capitale versato (a cui si aggiungono gli interessi di legge). Dal momento che si tratta di una retribuzione riferita il legislatore sancisce che se si decide di investire in azioni il capitale verto dev’essere circoscritto nell’ammontare (minore) e nell’ambito (meno rischioso). Se ci sono più fondi chiusi e il lavoratore non si è espresso, la sua scelta andrà a favore del fondo chiuso che ha più partecipanti. Accordo interconfederale del marzo 2018 —> patto per la fabbrica siglato da CGIL CISL UIL CONFINDUSTRIA I pilastro : previdenza obbligatoria II pilastro : previdenza facoltativa/integrativa Da quando si apre partita IVA si è da subito iscritti alla previdenza complementare (prima si inizia più si accumula). COVIP = autorità amministrativa che svolge vigilanza sui fondi pensione e sulla previdenza complementare. Spetta all’autorità di vigilanza COVIP garantire la correttezza dei comportamenti e che si eserciti una prudenziale condotta nella gestione degli investimenti attraverso il circuito delle azioni. Tendenzialmente l’intervento COVIP può formulare proposte di miglioramento, integrazione o modifica, anche direttamente al legislatore La previdenza complementare si alimenta attraverso fondi chiusi di matrice sindacale, fondi aperti fuori dalla logica concertata e fondi gestiti da operatori del mercato finanziario (banche, assicurazioni, previa assicurazione del COVIP e banca Italia e Consob) e PIP che nascono come piani individualizzati che si realizzano alla stregua di contratti di assicurazione sulla vita (logica della polizza assicurativa si assicura un evento). 52