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Diritto internazionale pubblico - appunti, Appunti di Diritto Internazionale Pubblico

appunti del corso di diritto internazionale pubblico dell'A.A. 2021/2022 tenuto dal Professore Della Morte

Tipologia: Appunti

2021/2022
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Scarica Diritto internazionale pubblico - appunti e più Appunti in PDF di Diritto Internazionale Pubblico solo su Docsity! DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO 06/10/2021 Lezione introduttiva (1^ settimana) RAPPORTO TRA ORDINAMENTO INTERNO ED ORDINAMENTO INTERNAZIONALE Rovesciamento delle funzioni dell’ordinamento giuridico: rapporto regola-eccezione Contenuti del diritto internazionale  non è corrispondente con l’uso della forza (suo anello debole) perché riguarda una pluralità di aspetti su cui funziona, produce effetti ed obblighi per gli stati, i quali vengono rispettati anche senza un sistema sanzionatorio. Funziona per una sorta di implicita convenienza a farlo funzionare, vi è utilità nella cooperazione e per questo essa si converte in osservanza delle norme giuridiche da parte dei suddetti stati. Paragone funzioni dell’ordinamento internazionale e funzioni dell’ordinamento interno notiamo che tutto ciò che regola le funzioni dell’ordinamento interno, sono considerate eccezioni nell’ordinamento internazionale e viceversa. CONCETTO e FUNZIONI DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO Continuità, funzioni essenziali che l’ordinamento deve assolvere per essere definito tale. Quali sono le funzioni dell’ordinamento giuridico? La funzione primaria è la funzione regolatrice/normativa, ossia di promozione delle regole. Le funzioni essenziali dell’ordinamento giuridico sono 3: 1. Produzione delle regole 2. Interpretazione delle regole 3. Esecuzione delle regole 1. FUNZIONE DI PRODUZIONE DELLE REGOLE Produzione delle regole nell’ordinamento interno Vi è una norma scritta, considerata regola delle regole (=Costituzione) che spiega come effettivamente devono essere prodotte le regole ed è La costituzione dice come si producono le leggi. Le leggi hanno 2 caratteristiche principali: - Generali - Astratte Produzione delle regole nell’ordinamento internazionale Le fonti sono di 2 tipi: - Fonte consuetudinaria  è la norma non scritta e di carattere generale composta da 2 elementi:  Diuturnità, ossia comportamento ripetuto e conforme;  Convincimento dell’obbligatorietà giuridica di quel determinato comportamento. - Fonte pattizia (o trattato)  è l’accordo vincolante scritto tra stati. Anche il contratto è un accordo scritto e vincolante tra parti, ma a differenza del trattato, quest’ultimo ha una legge alle sue spalle che permette e impone che venga rispettato tale accordo, mentre il trattato non ha una legge ma 2 principi di natura consuetudinaria che svolgo tale funzione:  Principio pacta sunt servanda è un principio non scritto che rende il trattato obbligatorio. Tutti gli stati che hanno sottoscritto dei trattati internazionali, si sono ritenuti vincolati da quei trattati. È un principio di natura consuetudinaria. Tale principio trae la sua legittimazione normativa nel principio consuetudo est servanda (=la consuetudine è da rispettare)  Principio consuetudo est servanda  è un principio di diritto consuetudinario, e ciò comporta che l’idea per cui il trattato sia vincolante, deriva dalla prassi applicativa del diritto stesso. 1 Dunque, la differenza tra l’ordinamento internazionale e l’ordinamento interno è che nel primo vi è una norma non scritta che mi dà le regole sulle regole mentre nel secondo ho una norma scritta, ossia la Costituzione, che mi definisce la regola sulle regole. Inoltre, le norme produttive di norme (= trattati) non sono generali e astratti come nell’ordinamento interno, ma sono particolari perché si rivolgono solo a chi vuole sottoscriverle e sottoporsi a tale regola. 2. FUNZIONE DI INTERPRETAZIONE DELLE REGOLE Attraverso la funzione giurisdizionale si accerta in maniera vincolante il diritto. Interpretazione delle regole nell’ordinamento interno Il titolare di questa funzione è il giudice  è e deve essere terzo, totalmente neutro. Il giudice è precostituito dalla legge, ossia non può essere scelto da noi per il nostro contenzioso. La terzietà ci permette di distinguere la figura del giudice dalla figura dell’arbitro. L’arbitro è una figura che rappresenta l’eccezione nell’ordinamento interno. La differenza con il giudice è che l’arbitro viene scelto dalle parti e dunque non è più precostituito dalla legge, non è obbligatorio, tant’è vero che la funzione dell’arbitro è riconosciuta dall’ordinamento interno quando si tratti di questioni di poco conto. All’interno dell’ordinamento interno, non è possibile scegliere di non far parte di quel determinato ordinamento giurisdizionale perché la giurisdizione in questo caso è obbligatoria. Interpretazione delle regole nell’ordinamento internazionale Non esiste il concetto di giurisdizione obbligatoria, per cui si può scegliere di rimanere fuori dalla giurisdizione di una degerminata corte o carta. Questo perché l’ordinamento internazionale è la manifestazione della volontà dei soggetti che si accordano fra loro per avere un modello di riferimento. È dunque un sistema arbitrale e non vi è alcun modo di renderlo obbligatorio. Il diritto internazionale è necessario per perseguire gli scopi che individualmente gli stati non sarebbero in grado di perseguire, ma dall’altro lato è un diritto volontaristico. Il giudice non è obbligatorio per tutti, ma lo è solo per coloro che hanno accettato di aderire a quel determinato trattato. 3. FUNZIONE DI ESECUZIONE Esecuzione delle regole nell’ordinamento interno È la fase in cui le regole vengono eseguite dai consociati. Il momento esecutivo è istituzionalizzato e centralizzato, per cui non è il singolo a dover reagire, ad esempio, ad una condotta illecita in quanto esiste una Costituzione ed è stato fondato un patto sull’ordinamento nelle sue 3 fasi che trasferisce l’uso della forza da livello privato (che è sempre uno svantaggio perché un potere del genere vede l’emergere del più forte a scapito dei più deboli) a un livello collettivo e pubblico. In realtà questo vale come regola generale perché vi è uno spiraglio di forza a livello privato, ossia la legittima difesa. La legittima difesa nell’ordinamento interno è una norma d’eccezione, la quale varia da stato a stato in base alla scala gerarchica dei valori dei singoli ordinamenti e che in genere ha una portata molto ristretta perché secondo il principio generale, alla violazione deve rispondere il potere pubblico e collettivo e non quello privato. Esecuzione delle regole nell’ordinamento internazionale Le norme che disciplinano l’uso della forza sono un regime speciale che prevede una normativa molto specifica sul tema delle violazioni delle norme scritte (cap. 7 Carta delle Nazioni Unite sull’uso della forza e mantenimento della pace). La legittima difesa (=autotutela) nell’ordinamento internazionale è la regola principale e non eccezionale, in quanto in caso di violazione il principio generale vuole che lo stato possa procedere autotutelandosi. (vi sono poi diverse eccezioni a questo principio generale) L’ordinamento internazionale è spesso inteso come un ordinamento primitivo (es. non c’è la separazione dei poteri, non c’è il giudice naturale, ciascuno si fa giustizia da sé ecc.) ossia di 2 ordinamento decentrato e orizzontale in cui apparentemente non ci sono elementi di verticalità. Tutto ciò comporta che possiamo percepire un cambiamento in corso. Il modello groziano viene contrapposto al modello kantiano e l’ordinamento internazionale rimane orizzontale e pieno di obblighi bilaterali decentrati (=struttura originaria) A tale struttura originaria sono stati poi aggiunti degli elementi stridenti con essa perché non più orientati solo agli interessi dello stato ma c’è l’emersione del concetto di individuo anche nell’ordinamento internazionale. Conclusioni 1. Il diritto internazionale è vero diritto, non è soft law o diplomazia fra stati, ma è un diritto recente con una vocazione universalistica. 2. Il diritto internazionale non è limitato all’uso della forza. “Il diritto non può essere stabile e non può essere mobile”  da un alto mi devo muovere perché la società cambia e cambiano i centri di potere, dall’altro lato necessita di essere stabile per garantire la certezza ed è il motivo per cui stringiamo il patto sociale sapendo che è certo e stabile, altrimenti non risolveremmo niente. (pacta .. servanda) NAZIONI UNITE Pace di Westfalia (1648)  nascita dello stato moderno. Approvazione dei trattati internazionali “Osnabruc” e “Miunster” che compongono la pace di Westfalia che sanciscono la fine delle grandi guerre di religione. Viene sancita la consacrazione degli stati protestanti e dei grandi imperi, grandi stati nazionali come l’Inghilterra e la Germania e vengono disgregati i 2 grandi centri di potere: sacro romano impero con a capo l’imperatore e la chiesa cattolica con a capo il papa. Prima della pace e della nascita degli stati nazionali moderno, non è che non c’era il diritto internazionale, ma aveva una struttura diversa a causa della presenza dei 2 centri di potere che rendevano l’organizzazione di potere in senso verticistico. Ora con il fatto che ogni stato si ritiene assoluto nel proprio territorio, nasce per il versante esterno un tipo di diritto profondamente diverso da quello precedente. Con la nascita dei grandi stati europei, il sistema di comunicazione tra gli stati sovrani avviene principalmente attraverso 2 strumenti: 1. Sistema delle capitolazioni  le capitolazioni riguardavano la disciplina giuridica tra questi nuovi stati e il mondo esterno rispetto a questi stati che tuttavia veniva riconosciuto da questi stati e il mondo esterno dotato di autorità centrale riconoscibile. Cina, Giappone e impero ottomano sebbene non percepiti dal punto dello ius pubblcum europeo del diritto internazionale che vigeva tra questi stati sovrani nati con la pace (non riconosciuti alla pari come gli stati nati dalla pace) venivano riconosciuti come degli interlocutori .. Il contenuto di questo regime giuridico della capitolazioni, prevedeva che i cittadini di una potenza occidentale che soggiornavano il territorio di una di queste aree sottoposte all’impero ottomano, cinese o giapponese (chi praticava il commercio) non potevano essere espulsi da quei territori senza autorizzazione del proprio console e non potevano essere sottoposti alla giurisdizione dello stato presso il quale soggiornavano per le controversie che non avessero ad oggetto i cittadini di quello stato, cioè gli stati europei proteggevano con un sistema iniqui (bastato sulla non reciprocità) la forza del loro commercio. È un vantaggio enorme dal punto di vista commerciale. La posizione di vantaggio di cui godevano i grandi stati nazionali, trova espressione più radicale nel regime giuridico nella disciplina dei rapporti tra stati europei e quegli stati considerati solo spazio e nemmeno territori (es. l’Africa, l’America, l’India) 2. Sistema coloniale  diversamente dal primo sistema, è un accaparramento in cui lo stato europeo arriva in un posto e lo occupa, per cui non c’è una base di ordinamento giuridico(?) Il colonialismo è stato un regime del mondo per 300 anni ed è utile per comprendere come il diritto internazionale è mutato nel tempo. 5 Ci sono dei tentativi per contrastare la super potenza degli stati europei: 1. Clausola clavo  dal nome del giurista argentino che dice di mettere nei trattati inter la clausola che dice che il cittadino di stato straniero che stringe patto con altro stato rinuncia all’uso della protezione diplomatica. È uno strumento in voga nel tempo, è l’idea per la quale soprattutto in materia di investimenti, se non tieni fede a un patto, non essendo lì in rapporto di me come imprenditore ma lo sono come rappresentante dell’economia del mio stato, se mia fai un torto (il maggior rischio è la nazionalizzazione di ciò che è stato sottratto con la colonizzazione).. era una grande garanzia per gli stati. La clausola dice che si può creare un contratto di sfruttamento delle risorse del mio territorio, ma che se lo si fa bisogna rifiutare È stata dichiarata nulla perché la protezione diplomatica non è del singolo imprenditore ma è prerogativa dello stato 2. Dottrina drago  Drago è stato primo ministro argentino. Afferma che gli stati non esercitassero l’uso della forza militare per il recupero dei crediti nei confronti degli altri stati. L’uso della forza era azionabile. Quando c’è una controversia, sono gli stati a decidere come dirimerla e possono dunque usare anche la forza se vogliono. Con la Seconda guerra mondiale nasce il divieto dell’uso della forza, mentre prima l’uso della forza era un mezzo comune per risolvere le controversie e ciò comportava uno sbilanciamento verso gli stati più forti. Se la controversia ha per oggetto i crediti, la dottrina drago propone di non usare la forza per riscuoterli. Di fatto cadde in disuso. Il sistema che viene creato con la pace di Vestfalia è un sistema moderno nel riconoscere la soggettività a quegli stati in grado di avere autorità centrale di governo e nel riconoscere la pari dignità tra pluralità di stati sovrani sullo stesso piano. 19/10/2021 Segue: NAZIONI UNITE Trattato di Versailles Il Trattato di Versailles chiude la Prima guerra mondiale con il tentativo di incriminare Guglielmo II per crimini internazionali e offesa contro la suprema morale degli stati. Ciò non è stato molto semplice perché il Belgio, paese dove si era rifugiato Guglielmo II, non accetta di eseguire l’estradizione perché … Il tribunale previsto dall’art. 227 del trattato in realtà non verrà mai realizzato ma è stato un tentativo di chiusura della Prima guerra mondiale ed è la prima volta che si sancisce la responsabilità individuale di un capo di stato; nelle relazioni interstatuali si affaccia la possibilità che il destinatario di un provvedimento di un tribunale internazionale non fosse uno stato, ma un capo di stato. Cominciano a emergere altri soggetti, il destinatario provvedimento adottato in sede internazionale sia un individuo Il Trattato di Versailles prevede l’istituzione della Società delle Nazioni (sede a Ginevra) che rappresenta la prima e importante organizzazione internazionale. Rappresenta la genitrice dell’organizzazione delle Nazioni Unite. Come quest’ultima nasce alla fine della Seconda guerra mondiale, la Società delle Nazioni nasce alla fine della Prima guerra mondiale. È un trattato a cui aderiscono circa una cinquantina di stati; nonostante fu fortemente voluto dagli USA per motivi politici questa non ne prese parte. A causa di ciò, la Società nasce “zoppa” perché mancante di una parte fondamentale e inoltre se sino alla Prima guerra mondiale il diritto internazionale era lo ius pubblicum europeo, a partire dalla fine della Prima guerra mondiale si assiste al decentramento di questa funzione. Alcuni articoli dello Statuto della Società delle Nazioni: - Art. 2  “L'azione della Società̀, a norma del presente patto, si svolgerà̀ per mezzo di un'Assemblea e di un Consiglio, assistiti da un Segretariato permanente.” (riascolta per inserire le funzioni) 6 Si parla di pace nel mondo, cosa che prima non era stata fatta nel diritto internazionale perché in precedenza gli stati potevano fare guerre se necessario e per cui non c’era il dovere degli stati di garantire la pace. - Art. 5  la soglia dell’unanimità si traduce in un ostacolo di deliberare un indirizzo politico e un’azione concreta. - Art. 12  “I Membri della Società convengono che, qualora sorgesse fra loro una controversia tale da condurre a una rottura, sottoporranno la questione a un arbitrato o ad un regolamento giudiziale o all'esame del Consiglio, e in ogni caso non ricorreranno alle armi prima che siano trascorsi tre mesi dalla decisione arbitrale o giudiziale o dalla relazione del Consiglio. Nei casi contemplati in questo articolo, la decisione deve essere pronunciata entro un termine conveniente, e il Consiglio dovrà fare la sua relazione entro sei mesi dal giorno in cui l'avvertenza gli sarà stata sottoposta.” C’è una sorta di obbligo in caso di conflitto, di sottomettere la ragione del dissidio ad un collegio arbitrale. È una norma importante perché afferma che se un dissidio legittimi il ricorso all’uso della forza che all’epoca era legittimato, gli stati devono fermarsi (periodo di congelamento) di 3 mesi di sospensione in cui non si potrà usare la forza e solo dopo il provvedimento del collegio arbitrale. Non viene istituito un divieto generale dell’uso della forza (come accade invece nelle Nazioni Unite) perché viene reso legittimo e dunque si ha il diritto all’uso della forza se dopo 3 mesi non si arrivi ad un provvedimento. È una sorta di zona grigia. - Art. 13  approfondisce il tema della soluzione arbitrale. - Art. 15  è una norma prodromica del sistema di sicurezza che verrà sviluppato dalle Nazioni Unite. Nelle ipotesi in cui il sistema di arbitrato non funzioni si potrà comunque ricorrere al consiglio ossia il suo governo che prova una mediazione politica delle diverse richieste e potrà produrre un documento votato a maggioranza in cui si cerca una soluzione di tipo negoziale o diplomatica - Art. 16  se lo stato ricorre alla guerra perché non rispetta il periodo di congelamento, non procede a sottoporre la questione né al collegio né al consiglio, verrà ritenuto come se avesse proceduto a effettuare un atto di guerra contro tutti gli stati facenti parte la Società delle Nazioni. È la massima garanzia che si riesce ad istituire. È il grande scarto con l’idea originaria delle NU. È una garanzia sostanzialmente decentrata perché il non rispetto comporterebbe la conseguenza che tutti gli stati possono reagire e ciò significa che non vi è uno stato centralizzato di risposta. La conseguenza è che nessuno stato agirà perché è essenziale avere un’autorità centrale per l’uso della forza. Qui invece si lascia la possibilità di agire singolarmente. Tale azione decentrata consiste in una contromisura non armata perché gli stati che rispondono attuano delle politiche bilaterali contro lo stato violatore (ad es. attraverso una lesione economica) (es. L’aggressione dell’Italia fascista verso l’Etiopia che viene compiuta senza rispetto del Patto e ha comportato che alcuni stati non volessero più esportare alcuni prodotti in Italia. Ha messo in luce il mal funzionamento di questo sistema perché non è una barriera solida per evitare l’uso della forza. Verrà confermato dalla denuncia da parte di Germania e Giappone quando inizieranno una politica aggressiva). Il patto della Società delle nazioni nasce fragile perché non prevede un divieto assoluto dell’uso della forza e un sistema accentrato capace di rispondere alla violazione delle norme presenti nel patto. A queste 2 fragilità si somma fragilità politica dovuta all’assenza degli USA nella Società. 7 Questo in realtà è un tema costante nel diritto internazionale: da un lato si può decidere di adottare delle istanze particolarmente progressiste e dall’altro un multilateralismo spinto. Il multilateralismo spinto vede il contemperamento tra la maggior apertura che gli stati vogliono avere e l’elemento ontologico degli stessi che ha a che fare con la libera determinazione dello stato stesso. Si finisce che lo stato che vuole concedere solo una piccola parte di sovranità poi non conceda nulla. Per tale motivo, si decide di non riconoscere l’accettazione automatica ma di determinare delle regole per cui in caso di adesione alla Carta delle Nazioni Unite non si riconosce l’adesione automatica alla giurisdizione della Corte internazionale di giustizia. - Diritti umani  Al presidente americano Roosevelt segue il presidente Truman, il quale aveva proposto che durante la Conferenza di San Francisco venisse svolta una sessione per la protezione dei diritti umani che però non viene accolta. L’Europa doveva ricostruire le basi politiche e riteneva secondario il tema dei diritti umani. Anche se la Carta li prevede, la previsione di una dichiarazione specifica sul tema non fu elaborata in seno a questa conferenza ma fu demanda a una commissione preparatoria che elaborò il testo approvato nel 1948 dall’Assemblea generale Nazioni Unite  Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo Per cui, tra i primi atti delle Nazioni Unite c’è l’istituzione di questa commissione per l’emanazione della Dichiarazione. È importante ricordare che la Dichiarazione viene approvata ma come atto non vincolante. Il 26 giugno 1945 viene approvata la Carta delle Nazioni Unite la quale non entra in vigore subito, ma solo dopo che un certo numero di stati ha depositato il proprio strumento di ratifica (=è la traduzione in obbligo giuridico interno di un obbligo giuridico internazionale). Questo spazio temporale tra la firma e l’effettiva efficacia serve a evitare che un trattato entri in vigore quando ad esempio solo il 10% degli stati facenti parte un’organizzazione lo ha ratificato anche se il resto degli stati l’hanno però firmata. La ratio è rendere operativo il trattato solo quando so che produrrà degli effetti su larga scala, prima mi è inutile. Si stabilisce che il trattato entrerà in vigore al raggiungimento della maggioranza degli stati firmatari che hanno effettivamente ratificato lo strumento. Ciò accade il 24 ottobre 1945 (=anniversario della fondazione delle Nazioni Unite). Gli stati delle Nazioni Unite dovrebbero essere circa 193, alcuni con degli statuti particolari ossia statuti da osservatori esterni dell’organizzazione per peculiarità storiche di questi stati. Tutta la comunità internazionale è sotto questa organizzazione che deve coordinare gli interessi di tutti questi stati e ha un primo problema di ordine linguistico. L’inglese è una delle 6 lingue ufficiali in cui devono scriversi tutti i documenti ufficiali e fa parte anche delle 2 lingue dei lavori insieme al francese. Le 6 lingue ufficiali in totale sono: inglese, francese, spagnolo, cinese, russo e arabo. L’organizzazione è finanziata dagli stati membri e ha un bilancio ordinario composto dai contribuiti degli stati membri e il bilanciamento straordinario stanziato a mano a mano per le operazioni di pace. La questione del finanziamento non è solo per motivi amministrativi e burocratici. (es. durante la sua presidenza Trump aveva interrotto i fondi alle Nazioni Unite incidendo in maniera significativa sul funzionamento delle Nazioni Unite) Per la sede si pensa agli USA per segnare un elemento di discontinuità con la Società delle nazioni situata a Ginevra e per farlo si sceglie New York perché viene concesso un grande ex mattatoio. La sede delle Nazioni Unite è considerata territorio internazionale, ossia non appartiene a nessuno stato; infatti, ogni stato ha un proprio militare che la sorveglia. CARTA DELLE NAZIONI UNITE Il preambolo dei trattati in genere serve per interpretare un testo pattizio, ma è una parte pre- dispositiva e dunque non ha alcun valore giuridico. 10 Cap. 1  “I fini delle nazioni unite” è molto ampio rispetto al normale. Essendo indeterminato è politico perché il politico è il regno della determinazione ed essendo questi fini molto generali, sarà la politica che di volta in volta li determinerà, ecco perché si dice che i fini delle Nazioni Unite sono fini politici. - Art. 1  Par. 1  Garanzia del mantenimento della pace. Non viene realmente garantito di mantenere la pace. Nel 1945 il mondo è diviso in regimi coloniali e dire che l’organizzazione più importante si impegna a garantire l’autodeterminazione politica significa dire i regimi coloniali verranno smantellati (e così sarà) Dall’idea di garantire l’autodeterminazione dei popoli scaturisce che si uniscano molti altri paesi alle NU.  Par. 2  Limite sugli affari interni. Le Nazioni Unite non possono interferire nelle materie interne dei singoli stati. - Art. 2  Par. 1  Sovrana uguaglianza di tutti i membri. È solo formale e non sostanziale perché gli USA continuano a considerare che ad es. Cina e San Marino non hanno lo stesso peso. Formalmente hanno tutti diritto di cittadinanza all’interno di questa organizzazione.  Par. 2  Par. 3  Controversie in maniera pacifica  Par. 4  Uso della forza. I membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o uso della forza. Questo paragrafo segna una svolta nella storia del mondo. È il punto di svolta rispetto i balbettii giuridici della prima parte del ‘900. Per la prima volta c’è il divieto generale dell’uso della forza che ha una portata amplissima perché impedisce sia l’azione che la minaccia. Si alza di tantissimo l’asticella della protezione. Si protegge sia l’integrità territoriale che l’integrità politica, non ci sono più eserciti che in concreto si muove, ma bastano delle minacce (es. foraggiare dei servizi segreti contro uno stato) Poi dice che vale anche contro tutti i fini delle Nazioni Unite che però sappiamo essere indeterminati e per cui il divieto della minaccia e uso della forza è vastissimo  Par. 5  Dovere di assistenza agli stati. Devono assistersi e astenersi di assistere quegli stati che vanno contro o sono al di fuori delle Nazioni Unite.  Par. 6  è in tensione con la regola volontaristica di adesione dello stato. I patti devono essere rispettati ma lo stato terzo che non desidera aderire a un trattato non deve essere né avvantaggiato e né svantaggiato. Qui però viene detto che nell’ipotesi del mantenimento della pace anche lo stato terzo deve essere limitato nella sua sovranità. Oggi non ha più valore perché non ci sono più stati terzi.  Par. 7  insieme al par. 4 (il più importante) questo principio non pregiudica le misure coercitive interne dei singoli stati. Fa salva la “domestic juristiction”. Gli altri fini riconosciuti alle Nazioni Unite e sparpagliati nel testo sono: - Art. 11.1  Regolazione del disarmo. Ce lo insegna anche la storia dell’UE: nasce la CECA che usa carbone e acciaio proprio perché sono materiali per creare le armi. Leva la gestione privata e nazionale dei materiali che servono per costruire le armi. Tutto ciò impedisce il riarmamento individuale. - Art. 13.1, par. a L’assemblea generale (=organo rappresentativo) si occupa anche del diritto internazionale e addirittura crea una commissione per elaborare testi giuridici con cui ci si impegna a tradurre in bozze di trattati dei principi di diritto consuetudinario che l’assemblea ritiene ormai essere vigenti. Le Nazioni Unite sono un ente politico perché hanno fini indeterminabili che trovano un limite implicito nell’art. 2.7 Vi è un collegamento tra: art. 1, art. 2.4 e art. 2.7 : - Art. 1  fini generali - Art. 2.7  limite sugli affari interni 11 - Art. 2.4  dice che il mantenere la pace non vale se si usano le misure coercitive dell’art. 7 per far rispettare il mantenimento della pace; infatti, per tale motivazione si può intervenire nelle materie interne dei singoli stati. 26/20/2021 ORGANI DELLE NAZIONI UNITE: ORGANI PRINCIPALI (=main bodies) 1. ASSEMBLEA GENERALE È costituita da tutti gli stati che fanno parte delle Nazioni Unite e lavora circa per 3 mesi l’anno da settembre in poi. L’assemblea adotta molte risoluzioni (= provvedimenti) che hanno però scarsa incidenza sulla vita degli stati perché sono risoluzioni prive di carattere vincolante. Possono riguardare molti aspetti: pace e sicurezza internazionali, diritti umani ecc. e alcune di queste hanno invece un impatto normativo maggiore. Composizione L’assemblea è divisa in diverse commissioni perché deve coordinare, come se fosse un parlamento nazionale, i vari lavori dell’organizzazione. Ci sono 6 commissioni che riguardano diverse materie: 1. Questioni sul disarmo; 2. Questione economica e finanziaria; 3. Questioni umanitari; 4. Questioni sulle decolonizzazioni e sui diritti umani; 5. Questioni sull’ amministrazione e bilancio; 6. Questioni di ordine giuridico. Inoltre, può avviare programmi speciali (es. questioni sanitarie sulla malaria) La specificità dell’assemblea generale è che essendo costituita da tutti gli stati membri delle Nazioni Unite, la maggioranza di essa è formata da stati di piccola dimensione che possono essere ricondotti alla galassia degli stati in via di sviluppo con medio reddito e ciò ha delle conseguenze. Tali conseguenze causate dalla presenza di questa maggioranza di piccoli stati sono che, ad esempio, le risoluzioni sono orientante sulle questioni di ridistribuzione della ricchezza, democrazia e resistenza, tutte soluzioni nella realtà non sono realizzabili come da loro ipotizzate. 2. CONSIGLIO DI SICUREZZA Diversamente dall’assemblea generale, è un club ristretto dove non partecipano tutti gli stati del mondo. All’interno si nota un deficit di rappresentatività geografica e politica particolarmente evidente perché esso è composto da solo 15 stati membri su 193 stati membri presenti nelle Nazioni Unite. Composizione Nell’art. 23, cap. 5 della Carta delle Nazioni Unite vengono elencati anche i 5 stati permanenti di questo consiglio: UK, Cina, Francia, USA e URSS; i quali altro non sono che gli stati vincitori della Seconda guerra mondiale e che rivestono ruoli di potenze coloniali e industriali (=forze dominanti). Vi sono dunque 5 stati permanenti e altri 10 stati non permanenti a rotazione biennale. La composizione rappresenta un’equa distribuzione geografica. È un organo internamente squilibrato a vantaggio di un gruppo ristretto di stati e inoltre, non è il solo squilibrio riscontrabile nella lettura della Carta delle Nazioni Unite. Attualmente i membri non permanenti sono: 1. Estonia 2. India 3. Irlanda 4. Kenya 5. Messico 12 Funzioni Ha un ruolo di coordinamento, infatti se l’Assemblea è il parlamento simbolico delle Nazioni Unite perché privo di poteri vincolanti e il Consiglio di sicurezza è il governo perché ha poteri vincolanti sulla sicurezza nazionale e mantenimento della pace, il segretariato ha un ruolo di coordinamento e di esecuzione di compiti che vanno dalla gestione e mediazione delle dispute internazionali fino al monitoraggio di problemi di ordine generale. Nomina e ruolo del segretario Il segretario viene nominato dall’assemblea generale sulle raccomandazioni del consiglio di sicurezza ed esso è spesso espressione di potenze piccole e spesso marginali rispetto alle grandi potenze che presiedono come membri permanenti del consiglio e ciò non è casuale, bensì è una scelta politica ben precisa. Il segretario non cura gli interessi del proprio stato e per cui attraverso il filtro della “marginalità” si vuole assumere un ulteriore garanzia della sua non influenzabilità da parte del proprio governo perché cittadino di uno stato con poca rilevanza strategica. Ad oggi alla carica di segretario vi è il portoghese Antonio Gueres (?). Il segretario di occupa di raccogliere e preparare le varie informazioni affinché, in caso di conferenze multinazionali, si possa arrivare preparati e inoltre coordina e dà attuazione ai programmi delle Nazioni Unite. Non ha un calendario fisso ma si riunisce in caso di convocazioni per discutere di situazioni che turbano la pace e l’ordine pubblico. Cerca Kofi A. Annan È dunque un lavoro di coordinamento e allo stesso tempo di impulso e sprono per risolvere situazioni critiche. 4. CONSIGLIO ECONOMICO E SOCIALE Si compone di 54 membri dell’Assemblea generale che restano in carica per un periodo di 3 anni. La sua funzione è quella di coordinare le agenzie specializzate dell’ONU e istituire varie commissioni. Gestisce 5 commissioni regionali: - Africa - Europa - Asia e pacifico - America latina e caraibi - Asia occidentale Prevede anche un foro per la discussione, altamente qualificato, per discutere su questioni di carattere economico e sociale, trasporti, commercio. 5. CONSIGLIO DI AMMINSTRAZIONE FIDUCIARIO È stato fondato nel 1945 per porre sotto un governo controllato 11 territori con l’obiettivo di garantire ad essi una sorta di passaggio graduale dallo stato di colonizzazione verso uno stato di autonomia e indipendenza nel modo meno traumatico possibile  percorso di decolonizzazione. È composto dai 5 membri permanenti del consiglio di sicurezza. Da quando l’ultimo territorio ha raggiunto, nel 1994 l’indipendenza, il consiglio ha sospeso le sue riunioni perché di fatto ha esaurito il suo mandato. 6. CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA Ha sede all’Aja nel Palazzo della pace, dove vi è una grande biblioteca di diritto internazionale e anche un’accademia di diritto internazionale. Si compone di 15 nominati dall’assembla generale e dal consiglio di sicurezza con una procedura congiunta. La Corte ha una funzione di accertamento del diritto internazionale esercitata attraverso una doppia funzione: - Funzione giurisdizionale  accertamento e risoluzione delle controversie. È facoltativa e non obbligatoria nel diritto internazionale per cui possono dirimere 15 controversie solo se gli stati devolvano questo potere di giudizio a questa giurisdizione che per mandato è la giurisdizione più importante del mondo perché non ha un indirizzo prettamente settoriale (es. giudici regionali dei diritti dell’uomo oppure il Tribunale di Norimberga) e perciò si può occupare di tutte le questioni che ricadano nel diritto internazionale. Per farlo deve ricevere il consenso degli stati che si può esprimere in 3 modi:  Clausola arbitrale  in un trattato si prevede precedentemente una clausola che dice che in caso di controversia su quel trattato, si riconosce la competenza della corte a dirimere la controversia.  Compromesso  non c’è un previo accordo, ma se la controversia ha ad oggetto norme pattizie e/o di diritto consuetudinario, si può prevedere un compromesso dove lo stato 1 chiede allo stato 2 di sottomettere la questione alla corte o meno.  Dichiarazione unilaterale è detta anche clausola facoltativa di giurisdizione obbligatoria. Gli stati membri delle Nazioni Unite hanno la facoltà di poter dichiarare unilateralmente come obbligatoria la giurisdizione della corte per qualsiasi tipo di controversia che riguardi il suddetto stato. È una sorta di grande apertura da parte dello stato verso il diritto e la comunità internazionale. Non c’è una condizione di reciprocità con l’altro stato che viene chiamato in giudizio e per questo è una norma pericolosa e poco astuta. Proprio per tale pericolosità, si prevede la possibilità di ricedere qualora di palesi uno svantaggio. - Funzione consultiva gli organi delle Nazioni Unite possono richiedere un consulto alla corte su questioni rilevanti e che non riguardano controversie (es. possibilità di ricorrere o meno al sistema nucleare per poter rispondere a un eventuale attacco) 7. AGENZIE SPECIALIZZATE Sono dei sotto-organi che vengono creati volta per volta per questioni molto centrate. Programma di sviluppo delle Nazioni Unitepromuove il cambiamento e permette l’accesso di ogni paese alla conoscenza e alle risorse necessarie per le persone più povere affinché possano permettersi una vita più dignitosa. Ad esempio: 1. UNICEF  supporto programmi di sviluppo dell’infanzia e principale organizzazione delle NU per protezione dei fanciulli e dei bambini più svantaggiati 2. UNEMP  protezione dell’ambiente 3. UNPA  fondo delle nazioni unite per le popolazioni e assiste i paese incluso dei dati epidemiologici per programmi di supporto nelle gravidanza anche medico e sociale.. 4. UNHCR  alto commissariato delle NU per i rifugiati. Protegge e cerca soluzioni durature per i loro problemi per tornare volontariamente nei paesi di origine o stabilirsi in altri paesi. 5. ILO  organizzazione internazionale dei lavoratori. Prevede un programma di coordinamento che cerca di organizzare dei tavoli di discussione trilaterali tra forze lavoratrici, forse sindacali e stati per soluzioni negoziali che in altri contesti hanno apportato dei benefici 6. IMF  fondo monetario internazionale 7. FAO  ha sede a Roma in Italia (è l’unica sede in Italia delle NU) 8. UNESCO  ha sede a Parigi 9. WHO  organizzazione mondiale della sanità, promuove e coordina gli standard della ricerca internazionale per contrastare eventuali crisi 10.WORLD BANK è la banca mondiale ed ha sede a Washington 11.ICAO  12.IMO  analogo marino dell’ICAO 13.ITU  organizzazione mondiale delle telecomunicazioni 14.UPU  Unione postale internazionale ed è stata una delle più antiche organizzazioni internazionali del mondo. 15.WMO  organizzazione metereologica internazionale 16.WIPO  organizzazione per la proprietà intellettuale. Protegge inventori e autori. 17.IFAD  fondo internazionale per il programma agricolo. Per i paesi 16 18.UNIDO  19.UNWTO  organizzazione mondiale del turismo 20.Ufficio delle droghe e dei crimini 21.WFP  Programma alimentare mondiale 22.UN WOMEN  fondo per le donne. Per l’adeguato coinvolgimento delle donne 23.UN HABITAT  programma di insediamento umano per la costruzione di città ecc. Cap. 16 art. 103 Carta delle NU  “In caso di contrasto tra gli obblighi contratti dai Membri delle Nazioni Unite con il presente Statuto e gli obblighi da esso assunti in base a qualsiasi altro accordo internazionale prevarranno gli obblighi derivanti dal presente Statuto.” È un articolo curioso da inserire in una convenzione di diritto internazionale pattizio perché ci dice che il trattato delle Nazioni Unite non è come gli altri trattati in quanto in caso di conflitti tra norme, le norme Del primo trattato prevalgono su tutte le altre norme di altri accordi internazionali. SUCCESSI E INSUCCESSI DELLA CARTA DELLE NAZIONI UNITE La carta non riesce a centrare l’obiettivo di mantenimento della pace internazionale, che è il motivo per cui nasce, però centra altri obiettivi. Le Nazioni Unite sono infatti l’unico interlocutore a cui ci si può rivolgere per coordinare l’azione su scala globale. Inoltre, tale organizzazione può a sua volta fare riferimento alle varie Agenzie specializzate per coordinare la suddetta azione. Accertato che vi sono delle problematicità nel sistema delle Nazioni Unite, in quanto rappresenta un ordine non attuale, perché non sono state fatte delle correzioni? In parte lo si è fatto a partire dagli anni ’60. Nel 1965 viene adottata una riforma che portò ad aumentare il numero dei membri non permanenti del Consiglio di sicurezza da 12 a 15. Le altre proposte di riforma sono tutte arenate per problematiche tecniche. Le 8 proposte di riforma bocciate: 1. Ingresso di 2 altri stati  la Germania (stato europeo) e il Giappone (stato asiatico); entrambi stati che erano stati inizialmente esclusi per ragioni di legge. Erano stati inclusi come stati permanenti ma senza diritto di veto per poter uniformare il sistema interno delle Nazioni Unite alla realtà del tempo, in cui Germani e Giappone erano considerati attori principali della Seconda guerra mondiale. 2. Introduzione di membri semipermanenti per l’Europa  vien prevista l’introduzione di questo nuovo tipo di membri con un sistema di rotazione entro 6 anni di prova, ossia si alternavano in questi 6 anni diversi stati solo europei. 3. Allargare il consiglio di sicurezza alle organizzazioni regionali (es. alla lega africana, unione europea ecc.)  l’idea era di assegnare anche a queste organizzazioni un seggio permanente all’interno del consiglio. 4. Eliminazione totale del diritto di veto  proposta radicale da parte degli stati sottosviluppati. 5. Estensione del diritto di veto anche agli stati non permanenti  l’idea era che così facendo nessuno più lo avrebbe più usato altrimenti si sarebbe sempre inciampati un continuo congelamento dell’attività del consiglio. 6. Limitazione del diritto di veto 7. Aggiungere 3 seggi permanenti per paesi in via di sviluppo  questi paesi erano l’India, il Brasile e la Nigeria. 8. Allargamento dei membri non permanenti ad un numero di 25 membri Tutte le 8 proposte sono accumunate dal loro fallimento causato dallo scontro con gli artt. 108 e 109 cap. 18 della Carta delle Nazioni Unite. Come avviene per tutte le norme alla fine dei trattati, anche queste si occupano delle norme relative alla revisione del trattato stesso. - Art. 108  “Gli emendamenti al presente Statuto entreranno in vigore per tutti i Membri delle Nazioni Unite quando saranno stati adottati alla maggioranza dei due terzi dei Membri dell’Assemblea Generale e ratificati, in conformità alle rispettive norme 17 - Effettività significa che l’esercizio di sovranità deve misurarsi su di un elemento concreto, tangibile e ciò porta ad escludere, o almeno a questionare, la soggettività internazionale di alcuni tipi di stati che tali nonostante il fatto che si proclamino tali, stati non sono. Ad esempio:  Esempi storici 1. Governi in esilio  Charles De Gaulle istituisce il governo francese in esilio a Londra mentre la Francia è occupata dai gerarchi della Germania nazista, si crea un problema di soggettività internazionale su quale sia lo stato francese. Se misuro il potere di De Gaulle nel 1943 sul piano dell’effettività riconosco che quello è solo un governo in esilio e non uno stato ai sensi dell’ordinamento internazionale. Questo denota la neutralità dell’ordinamento internazionale che limita l’elemento valoriale attribuendo “pane al pane e vino al vino” ossia se la situazione è quella, non può essere chiamata in modo diverso. 2. Repubblica Di Salò  si autoproclamava stato italiano ma sul piano dell’effettività era un governo che non poteva essere un soggetto di diritto internazionale perché nonostante abisse a rappresentare l’Italia, di fatto i decreti che venivano prodotti non avevano un’effettività altrove, non riuscendosi ad imporre in zone d’Italia come quelle occupate dai militari americani, ossia la Sicilia.  Esempi moderni 1. Repubblica a nord di Cipro governata e controllata dalle forze turche  Cipro è divisa in 2 zone da una frontiera: a nord vi è una repubblica autoproclamatasi tale ma che in realtà è dipendente dalla Turchia, c’è dunque un problema di soggettività internazionale. Ulteriori problematiche riguardo la nascita degli stati Bisogna verificare se, al di là dei 3 elementi classici, esistano degli ulteriori criteri attribuitivi della soggettività ai sensi del diritto internazionale. Alcuni direbbero che lo stato, per essere riconosciuto come tale, deve quanto meno rispettare i diritti umani fondamentali o riconoscere una parvenza di struttura democratica al suo interno. Il problema è di nuovo il principio di eguaglianza sovrana degli stati che per evitare che la comunità internazionale venga interpretata come una sorta di club esclusivo a cui do il permesso di entrare o meno, si fonda su di un brutale principio di effettività e seppure vi siano dei tentativi (es. caso della dissoluzione della Jugoslavia, smembrata in tanti territori che richiedevano la loro indipendenza. Per decidere se tali territori erano effettivamente degli stati, viene formata la Commissione Badinter (ministro degli esteri francese) che elabora vari criteri per ottenere la soggettività internazionale, tra cui vi erano anche quelli del rispetto dei valori democratici, della vita umana e dei diritti umani basilari. Una parte della dottrina afferma che questa è una prova di un cambiamento nelle logiche di riconoscimento del diritto internazionale ed è un cambiamento prodotto dall’immissione di questi nuovi parametri per ottenere la soggettività. In realtà rovesciando questa prospettiva, si potrebbe contro argomentare che proprio il fatto che la commissione abbia dovuto inserire dei criteri speciali relativi al riconoscimento di alcuni valori comuni al mondo occidentale, è una dimostrazione del fatto che non sono criteri riconosciuti ai sensi del diritto internazionale generale.) Di conseguenza non sono criteri attribuitivi della soggettività, ma sono dei criteri additivi che possono essere eventualmente vocati in ordine a situazioni specifiche. Criteri in parte simile furono elaborati dalla comunità europea nel 1991 per gestire la quantità di problemi relativi la soggettività internazionale che si manifestavano in ordine alla dissoluzione dell’URSS  GUIDE LINES. Anche in questo caso, il bisogno di sottolineare questi criteri è la prova della loro debolezza e non della loro forza perché se fossero stati dei criteri di diritto internazionale generale già riconosciuti non avrebbero avuto bisogno di questa “ribalta” di tipo formale. Di fatto, la circostanza di essere degli stati democratici o di rispettare i diritti umani, ai sensi del diritto internazionale, non è un criterio di attribuzione della soggettività ai sensi dell’ordinamento internazionale. 20 In base al principio di eguaglianza, tutti gli stati sono stati nel momento in cui lo sono a livello effettivo e ciò anche quando lo stato non è democratico o rispettoso dei diritti umani. Anche quei fenomeni che potrebbero di primo impatto esserci anticipataci (es. la Corea del Nord), vanno comunque considerati stati perché l’eguaglianza va valutata sotto il profilo formale e non sostanziale, ossia attraverso i criteri classici. Il valore che viene attribuito al riconoscimento in particolare di uno stato da parte degli altri stati è un valore di tipo relativo e non è costitutivo della soggettività internazionale. Il fatto che la comunità o un gruppo di stati non riconosca la soggettività di uno di essi, non è del tutto un valore privo di valore perché vi sono delle piccole sfumature. 03/11/2021 Yasser Arafat (ascolta discorso alle NU) VALORE GIURIDICO DEL RICONOSCIMENTO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE Uno dei grandi problemi che si pongono nell’ordinamento internazionale è quello di come dichiarare quando uno stato nasce e quando uno stato muore non essendovi dei riferimenti codicistici. Un modo per sopperire a questi problemi è fare riferimento a degli elementi fattuali. Per essere degli stati, c’è bisogno che gli altri stati ci riconoscano? No, perché se si attribuisse un valore giuridico al riconoscimento si ricreerebbe la condizione per cui degli stati possono garantire o togliere la patente di soggettività e non rispetterebbe il principio di eguaglianza formale fra tutti gli stati. La potenza o la debolezza non producono differenza, una piccola repubblica non è meno uno stato sovrano che il più potente dei regni  uguale sovranità degli stati = uguale appartenenza alla stessa specie, categoria. Non significa che abbiano a disposizione la stessa forza. L’uguaglianza formale evita che al riconoscimento venga dato un valore costitutivo della soggettività internazionale. Resta da esaminare se il riconoscimento abbia una qualche incidenza nelle relazioni internazionali. L’ estoppell è un istituto di common law secondo il quale a una parte in causa è vietato prendere vantaggio da dichiarazioni contraddittorie che abbiano creato aspettative verso altri soggetti. Un esempio solitamente fatto per spiegare questo istituto è il caso di un creditore che comunica a un suo debitore l'estinzione di un debito, salvo poi esigerlo successivamente. In base a questo istituto, il debitore può negare il pagamento del debito in base alle aspettative create dalla prima dichiarazione del creditore. Questo istituto è presente nei sistemi legislativi britannico, australiano e statunitense, è di diverse tipologie secondo la prova portata come evidenza della dichiarazione contraddittoria precedente, ed è essenzialmente un istituto di diritto privato (in quanto il diritto pubblico e il diritto amministrativo dispongono già, almeno nel diritto inglese, di principi analoghi, quali il legittimo affidamento e l'abuso di potere). Un principio del tutto analogo, diffuso nei paesi continentali, è il divieto di venire contra factum proprium, cioè il divieto di assumere comportamenti contraddittori nell'esercizio di un diritto. In poche parole, era un istituito giuridico che prevedeva che dopo aver riconosciuto uno stato non lo si poteva più disconoscere. Oggi non si usa più. Qualche volta si eccede fino a raggiungere dei paradossi: ad es. sentenze in Italia che non riconoscevano il divorzio nella Germania dell’Est perché per un tot l’Italia non lo riconosceva come un paese. Altre volte il riconoscimento può avere degli elementi di ambiguità perché le forze politiche vanno in direzioni opposte. Riconoscimento della Palestina da parte dell’Italia. Soggettività internazionale della Palestina è discussa; questione politica che ha ricadute sintomatiche sul piano del diritto e una parte di queste ricadute precipita sul problema del riconoscimento giuridico di questo ente frantumato anche territorialmente. Quando il parlamento italiano nel 2015 è stato investito sul problema del riconoscimento della Palestina, si è comportato in modo ambiguo (ti riconosco ma anche no) Nei primi anni del 2010 la Palestina preme per entrare nel novero dei soggetti formalmente riconosciuti come stati dall’ordinamento internazionale. Chiede il 31/10/2011 l’adesione 21 all’UNESCO e la riconosce. L’Italia di Berlusconi si astiene dal votare per non inimicarsi Israele e USA che ne erano gli alleati. Il 28/11/2012 l’assemblea generale delle NU pratica una promozione della Palestina che da generico ente assurge una nuova qualifica nell’UNESCO e chiede di essere riconosciuto, se non come stato per problemi di territorio e di sovranità, in modo un po’ più forte di ente sui generis e perciò viene riconosciuto come stato non membro osservatore delle NU, stessa posizione dello Stato del Vaticano. Dopo questi 2 riconoscimenti dove nel secondo caso l’Italia di Monti vota a favore con un curioso caveat (eccezione inserita in un testo giuridico, una condizione) dicendo che votano a favore però questo non deve valere come presupposto per il riconoscimento della soggettività di stato ai fini di una futura richiesta di attivazione della giurisdizione della Corte penale internazionale. È una richiesta che corrisponde agli interessi israeliani. Irti (nome proprio) scrive a proposito dicendo che è curioso perché essendo il riconoscimento parziale e implicita ammissione che la Palestina ha una sovranità piena, è curioso il caveat: nel momento in cui ti riconosco, non posso mettere caveat su questo, è una contraddizione, un pasticcio giuridico. In seguito ad una serie di eventi che hanno inasprito la tensione tra Israele e Palestina, una serie di stati europei riconoscono la Palestina per bilanciare il confronto che tendeva troppo. Nel 2014 la Svezia, UK, portogallo, Irlanda (?) e poi il Parlamento Europeo adotta un atto che riconosce in linea di principio la Palestina e si sostiene Gerusalemme come capitale e si sollecita al processo di un accordo di pace. Tutto ciò non ha valore giuridico ma non è privo di valore e lo è prova la tensione politico che l’atto meramente dichiaratorio ha prodotto. Davanti al Parlamento italiano nonostante il caveat, si creano problemi sulla questione del riconoscimento e vengono presentate 6 mozioni che vengono racchiuse, perché troppe, in 2 mozioni: 1. Area centro-sinistra  elenca lunga promessa sul diritto del popolo palestinese e chiede al governo di sostenere la Palestina come Stato democratico con Gerusalemme capitale condivisa 2. Area centro-destra  ripresa dei trattati e non riconoscimento della Palestina finché non si crea accordo tra ammas ..? Il sottosegretario agli esteri, dopo l’approvazione di entrambe le mozioni, dichiara che si può capire perché il governo abbia dato un parere positivo a entrambe le mozioni perché seppure si riferiscano non hanno ricadute giuridiche, le hanno politiche. Vengono approvate 2 mozioni contrarie fra loro e non contradditorie; la loro inconciliabilità dev’essere letta nel senso che divergono entrambe in linee di principio non nel senso che l’una esclude l’latra o che escludano una terza, ma nel senso che nessuna esclude l’altra senza escluderne una di mezzo che potrebbe essere quella del PE. (diff. contrarietà e contraddittorietà) Morte dello stato C’è un problema sia sulla mancanza di norme sulla nascita che sulla morte dello stato. Problema che ricade sul sistema successorio giuridico (il nostro privilegia le generazioni future) Nel diritto inter che tipo di successione si apre alla morte dello stato? Tra i beni vi sono innanzitutto i diritti e gli obblighi (vincoli pattizi) di uno stato che muore e che su quel territorio vede nascerne uno nuovo: in genere quando uno stato muore, quello nuovo e rivoluzionario disconosce tutto quello che era stato creato dallo stato precedente. E in genere i governi rivoluzionari nazionalizzano tutto. Tutti gli obblighi sono disconoscibili? Basti pensare alle frontiere che possono essere naturali o meno e in ogni caso sono delle linee politiche tracciate da qualcuno e riconosciute da qualcun altro. Si tratta di un trattato di delimitazione territoriale che è un obbligo pattizio, ma può essere disconosciuto oppure no? Il tema è quello della successione degli stati nei trattati. Problema tecnico della successione degli stati all’interno dei trattati Bisogna distinguere: - Successione di fatto  riguarda la realtà delle cose e non la qualifica giuridica che si da a questa realtà. Può essere: 22 L. 91/1992 “Nuove norme sulla cittadinanza e successive modifiche e integrazioni”  per ius sanguinis, matrimonio o altri rapporti di famiglia e per ius soli nei limiti della nascita di Italia da genitori apolidi. I cittadini stranieri e in particolare extracomunitari possono riceverla con residenza in Italia oltre 10 anni e può richiederla lo straniere nato in italia con residenza in Italia fino alla maggiore età senza interruzione entro 1 anno dalla maggiore età. È una normativa rispettosa del diritto internazionale perché rispetta il genuin link in quanto si gioca tra ius soli e ius sanguinis che sono 2 sistemi riconosciuti. Altri soggetti del diritto internazionale: ORGANI DERIVATI 1. ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI Le Organizzazione Internazionali nascono per una ragione di insieme utilitaristico e solidale perché lo stato da solo non ce la fa ad assicurare erte funzioni e necessita dell’aiuto di atri stati. Il concetto di “solidale” indica sia la solidarietà per ragioni economiche che per protezione dei diritti (es. sostenibilità ambientale è un tema fortemente solidaristico). Lo stato è una veste giuridica che è servita in un certo periodo storico perché era la forma grande per attuare cose grandi ma forse ora non basta perché quelle cose che prima erano grandi ora sono accresciute ancora di più, di conseguenza c’è bisogno dell’unione i più stati insieme per alcune tematiche. Allo stesso modo diventa troppo grande per cose piccole. (es. crisi sanitaria covid ha imposto allo stato di attribuire alle regioni dei poteri individuali) Le prime organizzazione internazionali nascono nella seconda ‘800 a cuasa del tema dell’inadeguatezza dello stato rispetto a determinate questioni più grande di lui. La prime sono state: l’Unione posta universale per il problema di mandare lettere e l’Unione per la protezione della proprietà intellettuale Alla fine della Prima guerra mondiale nasce la prima Organizzazione internazionale  nasce la Società delle Nazioni, che però fallisce a livello politico Alla fine della Seconda guerra mondiale c’è l’esplosione delle organizzazioni unite nascono le Nazioni Unite che è ancora oggi la più importante organizzazione internazionale; poi vi sono una serie di organizzazioni internazionali che lavorano parallelamente alle Nazioni Unite e alle Agenzie, ad es. la NATO: campo militare, il WTO: in campo commerciale; Corte EDU: in campo giudiziario; UNEP: campo ambientale) Il WWF e Green Peace non sono organizzazioni internazionali ma organizzazioni non governative e la differenza è che la seconda è nata dall’accordo di privati sottoposta al diritto interno, mentre la seconda è sottoposta al diritto internazionale. Le conseguenze di questa distinzione è che le organizzazioni internazionali godono di personalità giuridica internazionale e questo assicura una serie di conseguenze giuridiche: 1. Può stipulare dei trattati internazionali (es. l’accordo di sede è un tipico esempio di trattato internazionale); 2. Gode dell’immunità della giurisdizione degli stati sul tema dei rapporti d’impiego; 3. Può chiedere la riparazione dei danni di cui è stato vittima un suo funzionario è un’elaborazione giuri che deriva da un parare facoltativo della Corte internazionale di giustizia del 1949 “caso Bernadotte”. Riguardava il mediatore delle Nazioni Unite venne ucciso con un altro delle Nazioni Unite.. nel 1945 (riascolta il caso) 4. Responsabili delle proprie attività  gli effetti di un’azione di Organizzazione internazionale salvo prova contraria comportano solo la responsabilità di quella determinata organizzazione internazionale Non tutte godono di piena personalità giuridica ma vi sono degli stratagemmi per capire se ne gode o meno - Vedere se lo Statuto prevede che l’organizzazione internazionale gode di personalità giuridica; - Vedere il sistema di voto utilizzato dall’organizzazione  può essere all’unanimità o a maggioranze. Se è a maggioranza, significa che vincola tutti e perciò l’Organizzazione internazionale è dotata di un potere maggiore e autonomo rispetto agli stati. 10/11/2021 25 Segue: Altri soggetti del diritto internazionale: ORGANI DERIVATI 2. MOVIMENTI DI LIBERAZIONE LIBERALE Differenza tra insorti e movimenti di liberazione liberale Le due espressioni potrebbero sembrare analoghe perché sia l’uno che l’altro evocano uno scenario di insurrezione ma vi sono delle differenze di cui bisogna tener conto. Gli insorti sono strettamente legati ai temi della modifica della sovranità, e ciò spesso non accade pacificamente. Tentativo di insorgenza è un tema classico del diritto internazionale, un tentativo di secessione che passa per un’insorgenza. L’effettività è l’elemento che determina l’esistenza di uno stato. Il diritto internazionale sul tema degli insorti ci dice che se il gruppo insorgente governa effettivamente una porzione di territorio, ha un apparato organizzato e assicuri un certo grado perpetrato nel tempo di guerra civile, allora diventa un po’ un soggetto di diritto internazionale perché destinatario di alcuni obblighi di diritto internazionale, tra cui principalmente quelli di rispetto dei diritti dell’uomo specifici che sono previsti in casi di conflitto. Il collegamento con l‘effettività c’è per vari motivi: 1. Il soggetto che ha le caratteristiche enunciate è effettivamente un insorgente; 2. Questa soggettività che l’ordinamento riconosce a questi gruppi è una soggettività transitoria/temporanea  se l’insorto riuscirà nella sua impresa insorgente, allora l’ordinamento internazionale ti riconoscerà come nuovo stato e ci sarà uno slittamento dello statuto che si irrobustirà a livello soggettivo da gruppo dotato di soggettività sui generis per lo più concentrata sul rispetto delle regole di diritto umanitario, a soggetto di nuovo stato. Se però fallisce come gruppo insorgente, perché perde uno o più caratteristiche, perderà anche lo statuto transitorio di gruppo insorgente. La conseguenza giuridica di questa trasformazione è che se continui ad usare la violenza armata senza lo status di gruppo insorgente, si è un criminale. Con l’apposizione dello status di gruppo insorgente, l’ordinamento assicura che le regole di diritto umanitario vengano rispettate e lascia fare la rivoluzione e poi in base all’esito agirà. Il tema della soggettività del gruppo insorgente si distingue da quella del movimento di liberazione liberale è diverso perché nel secondo caso l’ordinamento prende posizione in quanto non sta cercando di fare la rivoluzione per qualunque ragione, ma perché intende lottare per la propria autodeterminazione per degli scopi che forse potremmo definire più nobili, ovvero sia perché: 1. il movimento si sta battendo per sottrarsi ad una dominazione coloniale 2. sottrarsi ad una forza nemica che sopprime il popolo con la forza 3. sottrarsi a un governo che esercita la discriminazione razziale Queste 3 ipotesi ci permetto la distinzione e sono iscritte in una pluralità di strumenti internazionali successivamente riconosciuti in una pluralità di pronunce della Corte di giustizia: - Dichiarazione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite (1966)  sull’indipendenza dei popoli coloniali - Patto sui diritti civili e politici e Patto sui diritti economico, sociali e culturali (1966) riconoscimento del diritto popoli - Dichiarazione dell’assemblea generale (1970)  sulle relazioni amichevoli fra gli stati. Dice che in base al principio di eguaglianza e autodeterminazione dei popoli, tutti possono determinare il proprio assetto politico in libertà e senza ingerenze esterne in conformità con le disposizioni della carta. Insieme agli altri stati o individualmente può far questi principi e le NU si sforza per favorire le relazioni, mettere fine il colonialismo e ogni stato h diritto di favorire il rispetto universale ed effettivo dei diritti dell’uomo e diritti fondamentali. Ogni stato deve evitare di usare la forza per andare  Principio di autodeterminazione dei popoli  oggi, per quanto riguarda l’autodeterminazione esterna, ha assunto una qualifica giuridica speciale di diritto riconosciuto ad un gruppo elevato rispetto a quello ordinario per cui è un diritto 26 cogente e di portata erga omnes. Ciò viene rilevato in diverse pronunce. (es. muro palestinese del 2004) Il problema è identificare, non quale tipo di autodeterminazione viene riconosciuta, per ché sappiamo essere quelle dette, ma è necessario identificare quale sia il contenuto di tale principio ai sensi dell’ordinamento internazionale, se abbia cioè ad oggetto l’autodeterminazione interna o esterna. Un popolo sottoposto ad una repressione esterna deve chiedere all’ordinamento internazionale di essere determinato a livello esterno o interno? In base al principio di non interferenza con gli affari interni, l’essere sottoposto a una sottoposizione esterna, non rende lo stato sottoposto ad essere autodeterminato interna. Qual è l’obbligo che il diritto internazionale impone per rispettare l’autoderminazione? Vi è un duplice contenuto: 1. Obbligo di non impedire l’esercizio dell’autodeterminazione con l’uso della forza. 2. Il popolo oppresso da una delle 3 ipotesi, hanno un diritto riconosciuto nei confronti dell’oppressore qualificato dalla particolare ragione della sua oppressione, da parte dell’ordinamento internazionale che è quello di usare la forza Ciò ha degli effetti anche sugli stati terzi perché in questi casi, rispetto al caso degli insorti dove rimane inerte, l’ordinamento è orientato alla tutela di valore e per cui non è più neutro; questi valori vengono garantititi anche attraverso il coinvolgimento degli stati terzi a cui viene chiesto: 1. Non riconoscere le situazioni illegittime di occupazione; 2. Assicura la cooperazione al movimento di liberazione nazionale Il primo limite è che nulla ci dicono queste norme sull’autodeterminazione interna. All’interno degli strumenti volti alla tutela dei diritti dell’uomo, le norme di origine pattizia prevedono il sostegno diritto umano alla partecipazione politica per cui non mancano delle norme che prevedono un obbligo agli stati di riconoscere uno standard minimo di suffragio universale. Tutto ciò non riguarda l’autodeterminazione esterna. Con la manifestazione si usa la forza per un motivo legittimo che è protetto dal diritto internazionale, mentre se si trattasse di autodeterminazione interna, l’uso della forza non verrebbe legittimato. Il secondo limite è che la norma di autodeterminazione esterna non ha portata retroattiva, si applica agli stati sorti dopo il Secondo conflitto mondiale. Un’ulteriore distinzione, con ricaduta giudiziale con molte polemiche, è la distinzione giuridica tra terrorista e guerrigliero: quella del terrorista è un’etichetta messa da un altro soggetto perché colui che non lo è non si ritiene tale ma anzi crede di essere un combattente per la libertà. La distinzione sembra sociologica ma in realtà è giuridica perché discende dal discorso sulla soggettività sui generis dei movimenti di liberazione nazionale. Il diritto internazionale non riconosce una figura unica di terrorista e terrorismo, perché non c’è una convenzione generale su cosa sia perché seppure sappiamo cosa sia (condotta criminale di un certo livello con lo scopo di spargere terrore e tale compimento a sua volta ha uno scopo ulteriore che è di orientare o non orientare, le istituzioni politiche a una certa condotta) ma perché il problema è che noi non sappiamo cosa sia un “freedom fighter” (=guerrigliero) Qualche indizio ermeneutico e interpretativo possiamo trarlo da qualche elemento del movimento di liberazione nazionale. Al netto del quadro probatorio, il giudice intuisce qualcosa che dal punto di vista internazionalistico funziona. Deve confermare la cancellazione dei soggetti ritenuti terroristi, che credono di combattere per la libertà, e sono state coinvolte in episodi di violenza in Iraq compiuti in un momento in cui gli USA avevano invaso nella prima fase l’Iraq senza autorizzazione. Il ragionamento del giudice Clementina Forleo era che se le persone usavano la forza in un caso di occupazione straniera non autorizzata, tali soggetti ritenuti terroristi in realtà fanno parte di un movimento di liberazione liberale e non sono terroristi ma dei guerriglieri. 27 3. Fonti di soft law  sono atti giuridicamente non vincolanti come, ad esempio, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948). La mancanza di vincolatività non significa che gli atti di soft law non siano importanti. Differenza tra coesistenza e cooperazione Un altro approccio di scuola milanese dell’Università statale (Manuale di Giuliano) considera il diritto internazionale come un ordinamento figlio dell’esigenza di coesistere degli stati o di cooperare tra gli stati. Il diritto consuetudinario è figlio del fatto che gli stati sono più di uno e perciò devono coesistere gli uni con gli altri e per farlo si danno una regola fondativa che è quella del “pacta sunt servanda” (=i patti devono essere rispettati) che è frutto della necessità degli stati di rispettarsi perché coesistono, sono una pluralità. Questo principio, e di conseguenza questa visione, non deriva dal sistema pattizio, bensì dal sistema consuetudinario. La prima regola fondativa di tute le altre è quella per cui le regole particolari devono essere rispettate. Quando gli stati hanno stabilito che c’è una regola fondativa, poi possono modulare le singole cooperazioni nel modo che ritengo più opportuno. Il diritto consuetudinario è il diritto della coesistenza perché si applica a tutti gli stati, anche a quelli ostili. Esempi di tipi di fonti: - Fonte materiale e fonte formale - Fonte primaria e fonte secondaria - Fonte di cognizione e fonte di produzione - Fonte scritta e fonte non scritta Norma consuetudinaria e norma pattizia L’art. 10 Cost. si riferisce alle fonti di carattere consuetudinario, ed afferma che l’ordinamento italiano si conforma e adatta alle norme di diritto internazionale consuetudinario. All’interno dell’art. 38, quando si parla di norma primaria e secondaria non si fa riferimento ad una gerarchia perché per farlo dovremmo dire che vi è una capacità di resistenza di una fonte ad essere modificata da un’altra fonte. Ci poniamo allora 2 domande importanti (nonché possibili domande d’esame): Una norma consuetudinaria può essere derogata da una norma pattizia? Si. Una norma pattizia può essere derogata da una norma consuetudinaria? Si. Com’è possibile determinare un sistema gerarchico tra due tipi di norme che sono reciprocamente inderogabili le une con le altre? I rapporti tra diritto pattizio e consuetudinario non sono dei rapporti gerarchici sul piano delle fonti formali. Una stessa norma materiale può avere due fonti diverse: una di diritto consuetudinario e una di diritto pattizio. (es. norme sul mare territoriale, per norma pattizia di 12 miglia mentre per norma consuetudinaria fino a dove arrivava la bomba lanciata con i propri cannoni) Allo stesso modo una fonte formale può produrre delle norme materiali che sono in contraddizioni le une con le altre. (es. trattato libero scambio di formaggio, il quale prevede il libero scambio del galbanino e anche una norma contradditoria con il totale libero scambio) Nelle ipotesi di conflitto tra norme ci possiamo trovare dinanzi a 2 situazioni diverse: - Conflitto tra norme primarie e secondarie  la norma primaria ha una forza di resistenza maggiore rispetto alla norma secondaria. - Conflitto tra norme di pari grado  le norme consuetudinarie e le norme pattizie sono entrambe primarie perché si possono derogare reciprocamente e dunque non c’è gerarchia fra loro. Vi sono 3 casi che possono verificarsi, ai quali corrisponde una diversa soluzione: 1. Norma di diritto consuetudinario vs. nuova norma di diritto consuetudinario  si usa la lex posterioris 2. Norma di diritto pattizio vs. norma di diritto pattizio  si usa combinato disposto dei principi della lex specialis e della lex posterioris 30 3. Norma diritto consuetudinario vs. norma di diritto pattizio  si usa combinato disposto dei principi della lex specialis e della lex posterioris Detto ciò, possiamo affermare che il diritto consuetudinario può derogare il diritto pattizio attraverso i metodi risolutivi (lex posterioris e lex specialis) e viceversa, il diritto pattizio può derogare il diritto consuetudinario attraverso i metodi risolutivi (lex posterioris e lex specialis). 17/11/2021 SINGOLE FONTI: CONSUETIDINI E DIRITTO COGENTE 1. CONSUETUDINE L’art. 38 si rivolge al giudice internazionale per poter individuare le fonti che occorrono per individuare le norme necessarie per la risoluzione di una controversia. Dobbiamo tener presenti 2 aspetti riguardo l’articolo: 1. È formulato in un’ottica d’indicazione al giudice e perciò i trattati vengono indicati prima della consuetudine, essendo essi lex specialis; 2. È una bussola incompleta perché ci sono fonti non indicate dall’articolo. Ciononostante, è un buon punto di partenza anche per ragionare intorno alle definizioni. Art. 38, Statuto della Corte internazionale di giustizia “1. La Corte, cui è affidata la missione di regolare conformemente al diritto internazionale le divergenze che le sono sottoposte, applica: a) le convenzioni internazionali, generali o speciali, che istituiscono delle regole espressamente riconosciute dagli Stati in lite; b) la consuetudine internazionale che attesta una pratica generale accettata come diritto; c) i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili; d) con riserva della disposizione dell’articolo 59, le decisioni giudiziarie e la dottrina degli autori più autorevoli delle varie nazioni, come mezzi ausiliari per determinare le norme giuridiche. 2.La presente disposizione non pregiudica la facoltà della Corte di statuire ex aequo et bono se le parti vi consentono.” L’art. 38 dà una definizione di consuetudine  ciò che attesta una pratica generale accettata come diritto. La consuetudine si compone di due elementi: 1. Elemento materiale oggettivo  cioè una pratica generale 2. Elemento soggettivo  ossia l’accettazione. La consuetudine viene in genere definita come pratica, comportamento o condotta costante e uniforme che viene percepita come diritto. I due elementi che concorrono alla formazione di una consuetudine sono: - Dioturnitas  è la ripetizione costante di un determinato comportamento nel tempo da parte di una generalità di soggetti. - Opinio iure sive necessitatis  è il convincimento spontaneo di un soggetto, che abbia o meno contribuito all'adozione della norma, che la condotta o i principi stabiliti nella stessa siano giuridicamente obbligatori in quanto "giusti" o "secondo diritto" o che sia necessario che lo diventino. Ricostruzioni dottrinali La più influente è quella .. La consuetudine si forma sull’elemento di tacito accordo spontaneo (?) … Altre opinioni la ritengono come un diritto spontaneo. Kelsen diceva che la consuetudine è un processo non intenzionale … Forti diceva che è vero che c’è un elemento spontaneo nella formazione della consuetudine ma non bisogna eccedere perché il diritto consuetudinario resta sempre e comunque attaccato alla dioturnitas e alla opnionio iuris. … le consuetudini particolari avrebbero un fondamento volontaristico mentre quelle generali 31 1. DIOTURNITAS (=elemento oggettivo) Rappresenta il comportamento costante e uniforme, la reiterazione di un determinato comportamento da parte di una collettività. Che cos’è un comportamento? Mi faccia un esempio della prassi degli stati (probabile domanda d’esame). Gli stati possono effettuare dei comportamenti anche se non hanno la forma antropomorfa (non posso compiere azioni fisiche, materiali come uccidere un altro stato ed essere per questo condannati) Quando lo stato A deve dimostrare che lo stato B ha avuto un determinato comportamento, andrà a vedere l’azione degli organi dello stato B. La prassi è fatta dal comportamento degli organi dello stato, che a sua volta di compone sia atti interni che di atti esterni:  Atti interni  sono quelli che riguardano la sfera interna dello stato e che sono dei comportamenti documentati in degli atti.  Atti esterni  riguardano le condotte degli stati nei confronti degli altri stati come ad esempio un obbligo internazionale che lo stato ha preso con un altro stato. La prassi degli stati è fatta di elementi esterni e interni: - Condotte interne  queste sono le leggi, i regolamenti amministrativi, le sentenze dei giudici, le dichiarazioni degli organi ministeriali e del presidente della repubblica ecc. - Condotte esterne  queste sono i trattati interni, le dichiarazioni unilaterali, l’adesione a principi di soft law, le partecipazioni a contenzioni internazionali ecc. Quando deve essere costane e quanto uniforme la condotta? La costanza della condotta si misura sul piano temporale, ma per quanto tempo deve essere costante la condotta? Ci sono delle opinioni sorte in prossimità delle rivoluzioni tecnologiche e che sostengono che l’elemento temporale non sia così determinante perché lì dove la condotta è resa possibile da un’innovazione tecnica, allora sarebbe possibile immaginare delle consuetudini istantanee che non necessitano di tempo per essere create. Sono idee sviluppate durante la conquista spazio atmosferico durante la corsa alla luna tra i due stati degli USA e dell’URSS. Il fatto che vi fossero solo due stati in grado di raggiungere certi traguardi ha creato delle consuetudini istantanee, ossia il modo in cui hanno determinato norme consuetudinarie relative alla gestione di questo spazio. Il problema della uniformità è il problema delle consuetudini particolari che fanno eccezioni alla regola particolare per cui le consuetudini sonno delle regole formali, non scritte, generali e applicabili a tutti gli stati perché si applicano solo agli stati appartenenti alla particolare regione predisposta a delle condotte conformi rispetto certe materie. Condizione che tutti gli stati di quell’area abbiano delle condotte costanti e uniformi rispetto degli specifici temi. 2. OPINIO IURIS SIVE NECESSITATIS (=elemento soggettivo) Rolando Quadri ha mosso una critica contestando, sulla base di una speculazione, la teoria dualistica della consuetudine (per la quale la consuetudine si compone di 2 elementi). Per lui non era possibile che la consuetudine fosse formata da 2 elementi e questo perché se ne riconoscessimo la natura dualistica, bisognerebbe concludere che la consuetudine nasce da un errore interpretativo dello stato A che ha pensato di doversi adeguare a una norma consuetudinaria ma che così facendo ha fondato e perfezionato la norma essendo il primo stato. Essa non tiene conto di un aspetto, quello per cui l’elmetto soggettivo non è espresso unicamente dell’ “opinio iuris” bensì dall’ “opnio iuris sive necessitatis” (“sive” significa “alternativa”) e per cui il convincimento della condotta dev’essere letto nella prospettiva dell’obbligo giuridico e anche sociale, quest’ultimo è l’obbligo di adattarsi a quella condotta. Così facendo è possibile sciogliere il paradosso di Quadri dicendo che: lo stato A si è adattato alla norma consuetudinaria perché rappresentava un obbligo sociale necessario per tutti gli stati e non si è perciò sbagliato. Ulteriore problema dell’elemento soggettivo è quello relativo la figura dell’obiettore persistente. 32 Art. 2, Convenzione di Vienna  “Espressioni e termini usati: 1. Ai fini della presente convenzione: a) il termine «trattato» indica un accordo internazionale concluso per iscritto tra Stati e regolato dal diritto internazionale, che sia costituito da un solo strumento o da due o più strumenti connessi, qualunque ne sia la particolare denominazione; b) i termini «ratifica», «accettazione», «approvazione» ed «adesione» indicano, a seconda dei casi, l’atto internazionale così chiamato con il quale uno Stato sancisce sul piano internazionale il proprio consenso ad essere vincolato da un trattato; c) l’espressione «pieni poteri» indica un documento emanato dall’autorità competente di uno Stato che designi una o più persone a rappresentare lo Stato nel corso dei negoziati, l’adozione o l’autenticazione del testo di un trattato, per esprimere il consenso dello Stato stesso ad essere vincolato da un trattato o per compiere ogni altro atto riguardante il trattato stesso; d) il termine «riserva» indica una dichiarazione unilaterale, quale che sia la sua formulazione o indicazione, fatta da uno Stato al momento in cui firma, ratifica, accetta, approva un trattato o vi aderisce, mediante la quale mira ad escludere o a modificare l’effetto giuridico di alcune disposizioni del trattato nella loro applicazione a tale Stato; e) l’espressione «Stato che ha partecipato ai negoziati» indica uno Stato che abbia partecipato all’elaborazione e all’adozione del testo del trattato; f) l’espressione «Stato contraente» indica uno Stato che ha acconsentito ad essere vincolato dal trattato, indipendentemente dal fatto che il trattato sia entrato in vigore o meno; g) il termine «parte» indica uno Stato che ha consentito ad essere vincolato dal trattato e nei cui confronti il trattato sia in vigore; h) l’espressione «terzo Stato» indica uno Stato che non è parte del trattato; i) l’espressione «Organizzazione internazionale» indica una organizzazione fra governi. 2. Le disposizioni del paragrafo 1 concernenti i termini e le espressioni usati nella presente convenzione non pregiudicano l’impiego di tali espressioni né il senso che può venir loro dato nel diritto interno di uno Stato.” Nel definire il termine di “trattato”, la norma ci dice che serve un accordo internazionale che abbia a forma iscritta, concluso tra gli stati e regolato dal diritto internazionale. Per comprendere che cosa sia il trattato, occorre verificare quali siano i momenti, le fasi, i periodi e i tempi che ne caratterizzano la formazione e a tale riguardo le periodizzazioni principali sono 4: 1. Negoziato del trattato; 2. Stesura del testo; 3. Firma; 4. Scambio delle firme o deposizione delle ratifiche; Per spiegare le varie periodizzazioni, il prof ha raccontato la formazione del trattato istitutivo della Corte penale internazionale che si è tenuto a Roma. Il negoziato si apre con una chiamata e se si tratta di un negoziato complesso, prima ancora della chiamata ci sono dei lavori preparatori (=”Prep Com” ossia “preparatory commissions”) e queste commissioni ad hoc svolgono un lavoro di identificazione di possibili opzioni aperte, e vengono lasciate sula carta e quando il lavoro della commissione preparatoria è finita, viene convocata la conferenza plenipotenziaria, detta così perché vengono chiamati i massimi rappresentanti politici di tutti gli stati. Gli stati sono tutti quelli del mondo se la conferenza ha lo scopo un grande raggio di azione. Ci vuole uno stato che ospita la conferenza che è impegnativo perché si spendono molti soldi, si devono mobilitare le forze di sicurezza e trovare un luogo idoneo e capiente. (esempio: a Roma si è tenuta nel palazzo della FAO, unica agenzia specializzata dell’ONU presente in Italia) La conferenza plenipotenziaria ha una durata che dipende dalle opzioni in gioco (esempio: nel caso della conferenza di Roma, durò 6 mesi) e gli stati che rispondo all’appello possono variare (esempio: nel caso di Roma risposero 160 delegazione che hanno un numero diverso di componenti in base alla grandezza dello stato) e non c’è un numero fisso di componenti della delegazione, purché venga rispettata l’uguaglianza formale e dunque a ogni stato competa un solo voto. 35 Nonostante gli stati siano formalmente sovrani e uguali, non sono sostanzialmente sullo stesso piano perché stati potenti come gli USA hanno una capacità di negoziato e persuasione molto forte. Questa capacità significa che se ad un certo punto ci si rende conto di essere in minoranza rispetto all’orientamento di voto su quello stesso tema, si fa una riunione appartata e si cerca di convincere gli stati minori, con l’esibizione della propria forza persuasiva, a far votare a favore della nostra opinione. Oltre agli stati, ci sono le organizzazioni non governative che sentivano molto forte il tema della punizione dei più grandi crimini compiuti in situazioni di conflitto (basti pensare agli accadimenti avvenuti in Ruanda nel 1994). Partecipano circa 5000 organizzazioni non governative, molte di queste organizzazioni si sono presentate insieme sotto il cartello di “CICC”, ossia “Coalizione per la Corte penale internazionale”. Tecnicamente, queste organizzazioni non partecipano al dibattito e non possono partecipare né entrare nella stanza della votazione per nessuna votazione. Le organizzazioni stanno fuori dalle aule in cui si discutono i temi, ma attendono i delegati fuori e appena escono gli danno gli position papers dell’organizzazione governativa e fanno pressione sui media e tengono alta l’attenzione. La pressione può essere soft o meno, dipende dalla sensibilità del governo alla penetrazione dei grandi discorsi di tendenza dell’opinione pubblica (esempio: da lì a poco ci sono le elezioni e non ci si vuole inimicare parte dell’elettorato) La negoziazione prevede generalmente l’arrivo di tutti gli stati, i quali fanno una prima riunione plenaria dove dettano le regole nel loro piccolo per creare le condizioni migliori per il negoziato e dunque il primo negoziato concerne le regole per gestire il negoziato. Si decide come procedere, come organizzare la conferenza e ad esempio nel caso della Conferenza di Roma si è divisa per tematiche creando diversi gruppi: un gruppo che si occupa delle questioni giurisdizionali, un gruppo che si occupa delle questioni materiali e un gruppo che si occupa delle questioni procedurali. Le delegazioni dei singoli stati ancorché formalmente unitarie, di fatto hanno una composizione molto diversa e per cui in un gioco di forze competenze le super potenze guidano il dibattito. Nella disposizione dei seggi della conferenza plenipotenziaria, così come nella disposizione dell’assemblea generale dell’ONU, avviene con un sistema alfabetico in base al nome dello stato in inglese. Questa modalità di disposizione venne molto criticata perché risultava essere una grave violazione del concetto di rappresentanza. C’è sempre tensione tra eguaglianza formale ed eguaglianza sostanziale. Generalmente ci si polarizza tra gli stati progressisti (=Like minded state) che hanno una maggiore apertura nei confronti del diritto internazionale e quelli che hanno una minore sensibilità all’argomento internazionale e vogliono mantenere il più possibile impenetrabile l’accesso alla propria dimensione interna. Gli stati del primo gruppo sono: gli stati scandinavi che hanno una buona propensione soprattutto nel tema dei diritti umani, in buona parte gli stati occidentali quando ciò corrisponde con le loro sensibilità storiche (esempio: l’Italia svolge in ruolo, soprattutto per le questioni sulla protezione alla vita) e poi c’è un gruppo di “western states” che sono meno propensi e sono: gli USA, che seppure sia il più grande stato di tradizione liberale, non è sempre incline a consentire delle limitazioni da parte dell’ordinamento internazionale e poi ci sono stati che seppure raramente starebbero insieme, si accomunano per questa non volontà di essere penetrati (esempio: USA e Iraq). La fase negoziale si conclude con un voto dell’assemblea plenipotenziaria e vi è una vecchia prassi diplomatica per cui se l’assemblea finisce alle ore 23:59, si fermano le lancette dell’orologio per far arrivare l’assemblea ad una conclusione che può essere: approvare o meno. Se non approvano, l’assemblea non dice ma i che non approva e che ha fallito un negoziato perché si ritiene diplomaticamente non ammissibile e si dice che l’assemblea plenipotenziaria preferisce aggiornarsi e si rimanda a quando c saranno delle nuove condizioni politiche che ne favoriscano l’approvazione. Altrimenti l’approvazione può essere in toto o con elle mediazioni in singoli punti e se si ammette la possibilità di mediazioni successive, allora in questo caso il trattato prevedrà di inserire delle riserve. 36 Una regola aurea sulla capacità negoziale dei negoziati è che “nulla è definito fino a quando tutto è definito” e cioè, finché non viene chiuso il testo, tutte le opzioni possono essere rimesse in discussione. 24/11/2021 *curiosità sulla conferenza  il giudice dell’istituzione internazionale diversamente dal giudice interno non indica in nome di chi parla, ma tace. Il trattato prevede una formazione complessa e che si articola in diverse fasi. Ma cos’è concretamente un trattato? Ad esempio, la Convenzione contro le mine antiuomo ha come oggetto l’obbligo di stoccaggio, produzione e messa al bando delle mine antiuomo e lo scopo del trattato è eliminare quante più mine possibili. Nel preambolo, che è la parte più retorica del trattato e non dispositiva, prevede di porre fine alla sofferenza e agli incidenti che uccidono e mutilano centinaia di persone ogni settimana e che per lo più sono civili e innocenti, e dunque come accade spesso nei preamboli il tono è molto emotivo. Poi si prevede una parte definitoria che in genere sono le prime disposizioni del trattato, ad esempio l’art. 2 dà la definizione di cosa sia una mina antiuomo e perciò sono norme che determinano cosa è incuso e cosa sia escluso dal trattato. Dopodiché si prevede una parte dispositiva, ad esempio l’art. 3 e l’art. 4. In fine c’è una parte conclusiva, ad esempio gli artt. 10 e ss. che prevedono norme sulle controversie che possono nascere in tema di interpretazione delle norme dispositive e poi emendamenti, firma ed entrata in vigore. Quest’ultima è subordinata ad un numero di ratifiche idonee e ciò lo si richiede perché si vuole evitare che un trattato che magari è multilaterale e aperto all’adesione di molti stati, possa entrare in vigore producendo in realtà un effetto nullo. A parte questo, dei tratti specifici possono essere rappresentati dagli accordi di codificazione come la Convenzione di Vienna sui diritti dei trattati (1969 entrata in vigore nel 1980 quando ha raggiunto il numero sufficiente di ratifica). Perché gli accordi di codificazione rappresentano degli accordi particolari e in parte diversi dagli altri? Perché essi hanno per scopo quello di cristallizzare il diritto consuetudinario e si pongono in una sorta di ponte tra il diritto particolare scritto del trattato e il diritto generale non scritto della consuetudine. L’accordo non nasce dal dialogo, ossia dalla stipula in forma pattizia degli stati, bensì da un impulso di un organo indipendente dell’ONU che è chiamato “Commissione di diritto internazionale” composto da 34 membri indipendenti nominati dagli organi assembleari dell’ONU e che sono i grandi esperti del diritto internazionale e hanno il compito di promuovere lo sviluppo progressivo del diritto internazionale. La commissione di diritto internazionale nel momento in cui realizza che un diritto consuetudinario ha raggiunto un grado di maturità tale da poterlo interpretare come un diritto stabile, ne propone la codificazione e lo trasforma da diritto non scritto a diritto scritto. Questo è il primo effetto, ossia quello dichiarativo per cui si dichiara il diritto esistente e contemporaneamente, nel processo di costituzione di un accordo di codificazione, ad esso ci possono essere 2 effetti laterali: 1. Effetto di cristallizzazione  per cui la norma consuetudinaria non è ancora completamente formata in tutti i suoi aspetti e per cui l’accordo rappresenta la spinta ulteriore che permette alla norma di cristallizzarsi 2. Effetto creativo  quello per cui attraverso l’accordo, una norma di diritto consuetudinario viene irrobustita e diventa a tutti gli effetti una norma di diritto consuetudinario. Questi accordi di codificazione riguardano ampi temi e precisano il diritto consuetudinario o almeno vi si pongono in dialettico, di conseguenza l’applicazione dell’accordo vale solo verso gli stati parte che hanno aderito a quell’accordo e che il medesimo accordo non è retroattivo. Ciò nonostante, secondo alcuni autori come Cassese, l’accordo ha dato un contributo decisivo nella tecnica di formazione dei trattati e di fissazione del diritto consuetudinario, e dunque ha fortemente inciso sullo sviluppo del diritto internazionale su almeno 3 livelli, ossia 3 elementi: 37 l’apposizione delle riserve se non quando proposte espressamente all’interno del negoziato e doveva essere esplicitamente previsto nell’accordo la possibilità di apporre una riserva . Ciò si poteva fare perché gli stati erano pochi e non vi erano grandi polarizzazioni tra stati con tradizioni opposte. Un primo colpo a questo principio dell’integrità e slittamento verso questa visione dell’universalità dei trattati è stato dato dalla Corte internazionale di giustizia in un parere consultivo del 1951 in ordine all’interpretazione di alcune norme della Convenzione sul genocidio. La corte dice che non è vero che per proporre una riserva serva che il trattato nelle disposizioni finali la evocasse, e per cui nel caso in cui il trattato nulla dice, è sempre possibile proporre delle riserve purché le medesime non siano incompatibili con l’oggetto dello scopo del trattato e questa specificazione è necessaria per evitare che vengano elusi in modo sostanziale gli obblighi del trattato attraverso, ad esempio, il rispetto di norme interne. L’art. 19 della Convenzione di Vienna sulla “formulazione delle riserve” afferma che: “Uno Stato, al momento della firma, della ratifica, dell’accettazione, dell’approvazione di un trattato o al momento dell’adesione, può formulare una riserva, a meno che: a) la riserva non sia vietata dal trattato; b) il trattato disponga che si possono fare solo determinate riserve, tra le quali non figura la riserva in questione; c) in casi diversi da quelli previsti ai commi a) e b), la riserva sia incompatibile con l’oggetto e lo scopo del trattato.” Per cui lì dove lo stato inserisce una riserva fasulla che ha come scopo quello di privare l’obbligo della sua obbligatorietà giuridica, questa riserva è nulla. Chi decide se la riserva è compatibile con l’oggetto dello scopo? L’art. 20 della Convenzione di Vienna prevede una presunzione di accettazione per la quale se entro 12 mesi dalla data di notifica di riserva, lo stato contraente non solleva un’obiezione, la riserva si considera accettata, ma se lo stato obietta, il trattato entrerà in vigore per la parte non riservata ed entrerà in uno stato di incertezza per la parte riservata. In materia di diritti dell’uomo si verifica un’ultima torsione e si è previsa un’ulteriore spinta nei confronti dell’universalità per cerare di consentire la maggiore applicazione possibile di quelle norme ottemperando anche il principio d’integrità dei trattati e ciò è stato fatto con un’interpretazione di tipo giurisprudenziale e che dunque non è presente nella Convenzione. La direzione è quella dell’applicazione del principio del “utile per inutile, non vitiatur”. Esempio  protezione internazionale dei diritti dell’uomo. Gli stati sono Italia, Russia e Austria che si accordano sulla possibilità di derogare il diritto alla privacy per l’uso dell’app immuni. La Russia dice di non accettare la condivisione di alcuni sui dati a certe condizioni e l’Italia lo accetta, mentre l’Austria no. Secondo l’applicazione del principio “utile per inutile non vitiatur”, tra la Russia e l’Austria, il trattato otterrà applicazione per la parte non riservata e anche per la parte riservata qualora la riserva si manifesti incompatibile con l’oggetto dello scopo. In materia di diritti dell’uomo pur di non sacrificare l’integrità dei trattati sui diritti dell’uomo lasciando la libertà di apporre le riserve e che se si tratta di tutela dei diritti fondamentali, la riserva sarà ritenuta nulla e non avrà alcuna efficacia sul dispiegamento degli effetti giuridici della parte riservata del trattato e per cui il fatto che tu stato hai posto una cosa inutile, non inficia la parte utile. Tutto ciò deve essere letto alla luce dell’elemento cardine dell’ordinamento internazionale, ossia l’elemento volontaristico. Il Patto sui diritti civili e politici, che uno dei grandi strumenti convenzionali di protezione dell’uomo, prevede un protocollo addizionale che garantisce ai cittadini degli stati di proporre delle petizioni di denuncia degli obblighi del patto a un comitato che è un organo e non giurisdizione perché il comitato emette una dichiarazione che può essere di condanna ma non dispiega effetti giuridici perché non è un organo giudiziario ma semplicemente un organo con dei poteri para-giudiziali. Il Trinidad e Tobago era sottoposto a degli obblighi del British Council of Commonwealth per cui se lo stato avesse mantenuto per un periodo eccessivamente lungo prima di essere ucciso, avrebbe compiuto un atto di tortura. Il signor Kennedy fa una petizione al riguardo e il Trinidad chiede al Comitato di rispondere subito per evitare di sforare tale tempo, ma il Comitato è molto occupato e perciò il Trinidad denuncia il trattato e riaderisce al patto sui diritti civili e politici apponendo una riserva per cui non si è legittimati a proporre delle petizioni individuali al Comitato sui diritti dell’uomo nel caso in cui ci si trovi nell’ipotesi di attesa dell’esecuzione. Il problema di diritto internazionale è se si tratti di una riserva 40 compatibile o meno con il trattato. Il comitato, che si sente superato da una strategia politico- giudiziaria molto aggressiva, s’irrigidisce e dichiara la riserva come nulla adoperando anche il criterio del principio dell’utile per inutile non vitiatur. In conseguenza a ciò, Trinidad s’irrigidisce ancora di più e decide di recedere nuovamente dal Patto sui diritti civili e politici. Il risultato di tutto ciò, sotto il punto di vista della protezione internazionale dei diritti dell’uomo, è che ci si è persi uno stato. L’equilibrio è molto sottile perché da un lato devi garantire l’integrità degli stati soprattutto sul tema dei diritti dell’uomo, ma dall’altro se la irrigidisci troppo rischi che lo stato semplicemente si sottragga in quanto da un trattato è sempre possibile recedere (es. caso della Brexit) RISPETTO, APPLICAZIONE E INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI Viene trattato nella parte III della Convenzione di Vienna. L’art. 26 afferma il principio Pacta sunt servanda: “Ogni trattato in vigore vincola le parti e queste devono eseguirlo in buona fede.” e l’art. 27 invece afferma il diritto interno e rispetto dei trattati: “Una parte non può invocare le disposizioni della propria legislazione interna per giustificare la mancata esecuzione di un trattato. Tale norma non pregiudica in alcun modo le disposizioni dell’articolo 46.” L’art. 46 riguarda le disposizioni di diritto interno concernenti la competenza a concludere trattati e afferma che: “1. Il fatto che il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato sia stato espresso violando una disposizione del suo diritto interno concernente la competenza a concludere trattati, non può essere invocato da tale Stato per infirmare il proprio consenso, a meno che tale violazione non sia stata manifesta e non concerna una norma di importanza fondamentale del proprio diritto interno. 2. Una violazione è manifesta quando essa appaia obiettivamente evidente ad ogni Stato che si comporti, in materia, in base alla normale prassi ed in buona fede.” In sostanza se faccio un trattato multilaterale con 180 stati, non posso sapere quali sono le norme di competenza interna di ciascuno stato, e per cui l’Italia quando si siede ai negoziati una volta ricevuti i pieni poteri, non ha l’obbligo di conoscere le norme interne di tutti gli stati con cui è tenuto a negoziare a meno che la violazione non sia manifesta (es. uno studente del Paraguay che non ha alcuna competenza a stipulare un trattato) Chi è competente a stipulare un trattato? Dipende da stato a stato. Innanzitutto, distinguere 2 tipi di accordo: 1. Accordo in forma semplificata  generalmente concerne delle materie tecniche per questioni da risolvere in fretta; 2. Accordo in forma solenne  riguarda obblighi di un certo peso e segue la ripartizione in: negoziato, firma, scambio delle ratifiche e deposito delle ratifiche. In Italia il deputato a prendere forma al procedimento in forma solenne è il presidente ella Repubblica perché rappresenta l’unità nazionale e per cui si occupa di “accreditare e ricevere i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere” ex art. 87 co. 8 Cost. che va letto in modo combinato con l’art. 89 co. 1 Cost.: “Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità” e con l’art. 80 Cost.: “Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali [cfr. art. 87 c. 8] che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi” Quindi, al di là dei trattati in forma semplificata, per gli accordi in forma solenne nell’ordinamento italiano serve la partecipazione di 3 soggetti: 1. Presidente della Repubblica  si richiede il suo intervento perché rappresenta l’unità nazionale ed essendo super partes fa si che la tenuta dell’obbligo sia maggiore rispetto alla durata del governo. L’unità è intesa in senso sia spaziale che temporale. Ci sono dei dubbi e delle opinioni discordanti per cui secondo alcuni trattandosi di un atto dovuto, il Presidente ha la possibilità di non firmare anche se le camere e il governo lo vogliono fare. La ratio dell’intervento del capo di stato è quello di assicurare l’unità e una veduta a lunga distanza. 2. Governo  controfirma del ministro proponente 41 3. Camere  il loro intervento serve, oltre che per garantire che il vettore politico non sia indirizzato solo nel senso della maggioranza del governo ma nel senso della composizione d’interessi della maggioranza e dell’opposizione, serve anche per garantire quei trattati che concernono speciali materie come quelli che riguardano la natura politica, quelli che istituiscono arbitrati o regolamenti giudiziari, quelli che importano variazioni del territorio, quelli che importano oneri alle finanze o modificazioni di legge. Per questi trattati si è ritenuto che l’espressione della sola maggioranza della compagine governativa non bastasse e che servisse una tutela del principio di rappresentatività che solo il Parlamento avrebbe potuto garantire. La ratio dell’intervento del parlamento è quello di assicurare una forte rappresentatività non sempre assicurata nella prassi. Esempio  il trattato di adesione all’Unione Europea è un tratto politico, come anche il trattato che permette l’istallazione di basi missilistiche della Nato in Sardegna dove però il governo ha proceduto in maniera semplicistica e che ha comportato un problema su due livelli: la legittimità internazionale ai sensi del diritto internazionale e dunque la sua validità nelle relazioni interstatuali e contemporaneamente le eventuali conseguenze della violazione delle norme interne della competenza sulla stipula e che sono delle competenze innanzitutto di natura politica. I trattati di natura politica sono quelli che permettono l’individuazione dei fini. Con la legge costituzionale 3/2001 e 131/2003 è stato previsto che anche le province autonome di Trento e Bolzano fossero legittimate a stipulare trattati nelle materie di propria competenza legislativa. A chi spetta stipulare le riserve nell’ordinamento italiano? Nelle materie previste dall’art. 80 Cost., ossia quelle di partecipazione delle Camere, sarà tra Alte camere e il governo non potrà porre delle riserve sulle materie per cui è richiesta la legge di autorizzazione alla ratifica espressa dalle camere, mentre nelle materie governative sarà possibile che lo stesso governo apponga delle riserve. RELAZIONI TRA TRATTATI E STATI TERZI Viene trattato nella parte IV della Convenzione di Vienna e all’art. 34 afferma la norma generale riguardante gli Stati terzi, per cui: “Un trattato non crea né obblighi né diritti per uno Stato terzo senza il consenso di quest’ultimo.” L’art. 35 riguarda i trattati che prevedono degli obblighi per gli Stati terzi e afferma che: “da una disposizione di un trattato nasce un obbligo per uno Stato terzo quando le parti del trattato stesso intendano con quelle disposizioni creare tale obbligo e quando lo Stato terzo accetti esplicitamente per iscritto tale obbligo” e va letto in combinato disposto con l’art. 36 che riguarda i trattati che prevedono dei diritti per gli Stati terzi affermando che “1. Un diritto per uno Stato terzo nasce da una disposizione di un trattato quando le parti di tale trattato intendano, con tale disposizione, conferire tale diritto sia allo Stato terzo sia ad un gruppo di Stati al quale esso appartenga, che a tutti gli Stati, e quando lo Stato terzo acconsente. Si presume che vi sia consenso fintanto che non esista una contraria indicazione, a meno che il trattato non preveda altrimenti.” In sostanza i tre articoli affermano la regola generale per cui il trattato valga solo per le parti e gli stati terzi ne restano fuori, ma nel caso in cui il trattato preveda degli svantaggi ossia degli obblighi, esiste una presunzione di non applicabilità egli svantaggi a meno che il tratto che riceve degli svantaggi non metta per iscritto la propria disponibilità a ritenersi obbligato da quelle norme e viceversa nel caso di vantaggi e ciò si diritti, c’è una presunzione di accettazione da parte degli stati terzi per ché a loro favore. 30/11/2021 QUESTIONE DELL’INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI 42 italiano medesimo come causa di nullità del trattato da lui stesso sottoscritto. Viceversa, se questo trattato non fosse stato sottoscritto dal governo bensì da un soggetto terzo che si fosse finto un plenipotenziario italiano senza esserlo, ciò sarebbe stata una violazione manifesta che avrebbe reso nullo il trattato. 2. Problemi in tema della formazione della volontà degli stati  è la famiglia della violazione delle regole in materia di formazione della volontà a vincolarsi al trattato. Questi sono il dolo, l’errore, la corruzione del rappresentante dello stato, la violenza esercitata sul rappresentante dello stato e la violenza esercitata su di uno stato che minaccia l’uso della forza. Potremmo definirli in senso lato come dei vizi di formazione della volontà. Alla presenza di queste violazione il trattato viene considerato nullo ai sensi della Convenzione di Vienna. L’elemento che più di tutti può porre dubbi è l’art. 52 che si riferisce alla violenza esercitata su di uno stato con le minacce o l’uso della forza. Nel caso dell’interpretazione di questo articolo, alcuni stati e in particolare gli stati di nuova formazione derivati dal processo di decolonizzazione hanno sostenuto un’interpretazione per cui fossero nulli sia i trattati sottoscritti sotto minaccia violenza, ma anche i trattati sottoscritti sotto minaccia di una violenza non fisica ma ad esempio di carattere economico. (es. se non hai gli stipendi per garantire la luce agli ospedali, lo stato che ti fornisce gli aiuti vitali ti può tenere per il collo). Tali stati hanno cercato di allargare l’interpretazione dell’art. 52 e il risultato è stato quello di non riconoscere la validità a questo tentativo attraverso un riferimento all’interpretazione obbiettivistica e per cui l’art. 52 parla espressamente di violenza esercitata su di uno stato con la minaccia e l’uso della forza. 3. Problemi in tema di divieto di un trattato in relazione ad una norma imperativa Art. 38, punto C della Statuto della Corte internazionale di giustizia  “i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili”. I principi sono di 2 tipi: 1. Principi generali riconosciuti dalle nazioni civili 2. Principi di diritto internazionale L’art. 38 fa riferimento ai principi di diritto interno che sono applicabili dal giudice internazionale e poi vi sono i principi di diritto internazionale applicabili dal giudice internazionale. È possibile fare anche un’ulteriore classificazione: 1. Principi autointegrazione 2. Principi di eterointegrazione L’art. 38 fa riferimento ai principi di auto integrazione, cioè l’ordinamento internazionale non ce la fa a risolvere quella controversia, non trova la norma né di diritto pattizio e né di diritto consuetudinario, per cui per risolvere la questione e non rimanere sotto il profilo del non liquet (=non risoluzione della controversia) potrà applicare dei principi desunti dal diritto interno che sono per lo più quelli che possiamo ricavare da alcuni antichi brocardi come “ne bis in idem” che è un principio di diritto interno riconosciuto dalle nazioni civili, ossia dalla maggioranza degli stati e per cui qualora il giudice internazionale non sapesse se gli è concesso punire due volte le stesse condotte, può assumere questo principio di diritto interno assumendolo nel diritto internazionale. Questi principi generali delle nazioni civili avevano un ruolo decisivo quando le norme pattizie erano scarne e al sorgere delle controversie non vi erano abbastanza norme di diritto convenzionale atte a poterle risolvere. Con l’aumento del novero dei trattati, i principi restano residuali e tornano ad essere importanti quando sorgono nuove materie che non sono ancora disciplinate dai trattati (es. diritto internazionale de cyber spazio). L’insieme dei principi di auto integrazione ed eterointegrazione completano il quadro delle fonti di diritto internazionale a cui si aggiungono gli atti unilaterali e gli strumenti non obbligatori di softlaw. 08/02/2022 45 CONTENUTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO Qual è il contenuto del diritto internazionale OPINIONE DEL MANUALE “FORTI”  il contenuto del diritto internazionale riguarda i limiti all’uso della forza declinato in senso internazionale all’interno della Carta delle NU e in senso interno. Differenza tra i limiti all’uso della forza sanciti nella Carta delle NU e come nella prassi se ne discosti creando nuovi OPINIONE DEL PROF.  il diritto internazionale è l’insieme di regole che disciplinano ciò che uno stato può o non può fare nei confronti degli individui, delle persone giuridiche e dei loro beni. Il diritto internazionale, dal punto di vista materiale, riguarda la forza interna è l’insieme delle regole che limitano la sovranità di uno stato. Che cosa dobbiamo intendere per sovranità dello stato? Il termine sovranità non è il più adatto per comprendere il fenomeno a cui facciamo riferimento e per cui vi è qualcuno che propone di sostituirlo con il termine “giurisdizione”, ma anche questo è un termine ambiguo perché il diritto inglese distingue tra giurisdizione prescrittiva ed esecutiva. Gli stati di common law ritengono che sia diverso dire una regola con le parole del diritto (giurisdizione prescrittiva) rispetto a rendere quella regola coercitiva (giurisdizione esecutiva). Su quale livello agisce il diritto internazionale dal punto di vista dell’uso della forza? È necessario un momento coercitivo. Se c’è una norma di diritto internazionale che prevede un obbligo a carico di uno stato, è possibile che tale obbligo venga tradotto in Alcuni temi come prevedere la giurisdizione universale per tutti gli stati a fronte di quelli che sono definiti crimini maggiori, rompe con questo schema perché si da a tutte le sovranità degli stati la possibilità .. 09/02/2022 CONTENUTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO 1. LIMITAZIONE ALLA FORZA INTERNA Vi sono 2 versanti nel manuale Conforti, il quale descrive il diritto internazionale come: - Limitazione della forza internazionale - Limitazione della forza interna  tutte quelle attività compiute nello Stato ma che abbiano precisa concretizzazione e che sono in qualche modo limitate dall’ordinamento internazionale. Vale la regola per cui tutto ciò che non è limitato dal diritto internazionale, è da quest’ultimo permesso. Possono avere 2 forme di limitazione che possono derivare da:  Diritto consuetudinario  sono minori rispetto a quelle che derivano dal diritto convenzionale  Diritto convenzionale  è un diritto speciale che vale solo per gli stati che hanno sottoscritto l’accordo pattizio. Nel manuale si contesta che l’oggetto ella limitazione non dev’essere eccessivamente astratto. Il manuale sostiene che dove vi è un obbligo internazionale il momento della violazione avviene solo dovevi sia concretamente in discussione di fronte al giudice il tema della qualifica o meno di un tema di tortura e ci si renda conto che lo stato non ha provveduto a rispettare quell’obbligo (caso Forunzia?) occorre sempre un momento prescrittivo e … Distinguere il concetto di territorio con il concetto di giurisdizione perché il primo è solo uno degli elementi necessari per determinare il secondo Secondo il manuale, la sovranità è limitata dal diritto internazionale ogni qual vola l’intervento concreto degli organi statali può essere coercitivamente attuato (?) Come classificare i limiti alla forza interna? Ambiti in cui lo Stato esercita la sua sovranità sostanziale: - Limitazione all’esercizio della sovranità personale - Limitazione all’esercizio della sovranità spaziale 1. LIMITAZIONE ALL’ESECIZIO DELLA SOVRANITA’ SPAZIALE 46 Il contenuto di tale limitazione è diviso in 3 settori: 1. Aereo 2. Marittimo 3. Terrestre In passato, il territorio (=sfera spaziale della sovranità) era concepito come un diritto di proprietà del re e tutto ciò che vi era collegato, era una sua pertinenza: anche le persone che vi abitavano sopra concetto di sovranità territoriale: - “Prior in tempore, potior in iure”  il primo che arrivava in un territorio vergine, ne diveniva proprietario e sovrano purché abbia la volontà di stanziarsi su quel territorio. - “Usque ad coelum et ad inferos”  principio per cui il proprietario di un suolo gode di una situazione di assoluta preminenza sullo stesso, estendendosi a tutto quello che sta sopra la terra e a tutto quello che sta sotto. A partire dal 1500 però i mari vengono considerati uno spazio comune. - LIMITI ALLA SOVRANITA’ TERRESTRE Modalità di acquisizione di un territorio e delimitazione della sovranità: 1. Occupazione 2. Conquista militare 3. Cessione 4. Negoziazione 5. Accessione  quando emergono delle terre che finora non erano emerse Il fatto che tu sia su di un determinato territorio comporta che tu ne sia il sovrano. I tentativi di limitare la sovranità a opera del diritto internazionale Molti tentativi derivano dal periodo successivo a quello della Seconda guerra mondiale. Prima l’uso della forza era legittimo e si usava per risolvere i contenziosi internazionali, mentre dopo la Seconda guerra mondiale diviene vietato. Alcuni tentativi sono stati: - Assemblea ONU pubblica un documento in cui si afferma l’illegittimità dell’acquisizione delle terre straniere attraverso una conquista attuata con l’uso della forza. - Dottrina Stilson (segretario americano nel 1932)  con riferimento all’aggressione fatta dal Giappone alla Cina, cerca di sancire il non riconoscimento .. - Dottrina Tolbat (ministro Equador 1907-1920) cerca di introdurre un principio troppo innovativo per l’epoca che prevedeva che fosse possibile riconoscere i nuovi governi derivanti da processi di tipo rivoluzionario, condizione che questi ultimi fossero legittimati da un’esperienza elettiva (?) Un principio cardine è quello per cui lo stato nel proprio territorio non può essere invaso a meno che non abbia prestato il proprio consenso. Non può essere invaso nemmeno da attività che non hanno un connotato di tipo di mobilitazione di truppe ma che comunque sono una violazione della Domestic Juristiction (esempio  Caso Eichmann: è colui che organizzava i treni per la deportazione nei campi di concentramento. Viene ritrovato in Argentina (dove spesso andavano a nascondersi i colpevoli dell’olocausto) le forze israeliane lo prendono, gli coprono il capo con un sacco e lo portano a Gerusalemme per il processo. Usando queste tecniche di “rapimento”, le truppe israeliane hanno compiuto una violazione del dominio riservato perché non aveva concordato con l’Argentina questa azione di polizia e sono entrate direttamente nel territorio argentino. Dominio riservato  se viene violato, viene violato di conseguenza anche il diritto internazionale - LIMITI ALLA SOVRANITA’ MARINA Storicamente la definizione del regime giuridico degli spazi marini è un tema che ha sempre interessato le potenze: prima ancora della nascita degli oceani, il controllo del mediterraneo era importante per gli stati che volevano avere un ruolo nella politica degli affari internazionali. Le rotte erano importantissime e la conoscenza tecnica della navigazione era 47 Tema relativo lo scollamento tra il destinatario dei diritti o degli obblighi internazionali e il titolare di quei diritti che possono essere esercitati in riparazione. Il titolare di una posizione soggettiva non coincide necessariamente con il beneficiario materiale di tale posizione; infatti, mentre il beneficiario sarà colui che trae vantaggio della regola (es. l’imprenditore) mentre il titolare (es. lo Stato di cittadinanza) sarà l’ente a cui l’ordinamento internazionale riconosce il potere di pretendere l’osservanza della regola oppure di agire per ripararne la violazione. L’esempio tratta il tema degli investimenti stranieri e non è tanto diverso dal tema del trattamento delle straniere persone fisiche. - Esempio sull’ estradizione dalla Francia all’Italia  la relazione si stabilisce tra due stati: lo stato territoriale oggetto dell’obbligo di estradizione e lo stato di cittadinanza dell’estradato. In certi casi il destinatario dell’obbligo e alcune volte il titolare del diritto, non è più lo stato, bensì lo stesso beneficiario. - Esempio sul crimine internazionale contro l’umanità (o genocidio)  ai sensi del diritto consuetudinario, tutti gli individui sono sottoposti al divieto di crimini. L’insieme degli stati ha la facoltà di punire l’atto e alle volte soggiacendo a certe condizioni (es. dev’essere sul tuo territorio). Oltre alla diretta destinabilità delle norme sotto il punto di vista dell’obbligo, esistono anche norme dell’ordinamento internazionale che attribuiscono dei diritti. Il modello individuo contro stato (es. regione-stato) trova espressione nella CEDU, in ogni caso il destinatario di quell’eventuale obbligo di riparazione che riconosce la doianza non è verso l’individuo ma è verso lo Stato che ha aderito alla protezione regionale che viene condannato per non avere saputo garantire l’esercizio di quei diritti. Oggi esiste uno sviluppo asimmetrico del diritto internazionale dove gli individui interpretati come stati sono a uno stadio più avanzato rispetto all’individuo come persona, ma c’è questo individuo. Di conseguenza, continuare a pensare al diritto internazionale avente con destinatari gli stati, è come perdersi un pezzo di realtà. È possibile dunque riconoscere una personalità soggettiva di diritto internazionale anche senza potere di coercizione. Esistono dei limiti che concernono: 1. Trattamento degli individui stranieri 2. Trattamento dei beni stranieri 3. Trattamento degli organi stranieri 4. Trattamento degli stati stranieri 1. Trattamento degli individui stranieri - Genuin link  serve un legame concreto (sanguigno o territoriale) con lo stato per affermarsi cittadini di esso. Lo stato può affermare qualsiasi regola per riconoscere i suoi cittadini come tali, ma poi a livello internazionale non verranno riconosciuti se non rispettano la regola del genuin link e costituiranno una violazione della norma di diritto consuetudinario internazionale che prevede il riconoscimento del genuin link. I temi che riguardano il genuin link sono:  Iua soli  Ius sanguinis - per distinguere tra chi è cittadino e chi no, lo stato può imporre delle attività diversificate e riservate ai soli cittadini (es. servizio militare; pagamento di alcune tasse) e viceversa ci sono degli obblighi che lo stato prevenzione e repressione che assicurino l’incolumità fisica dello straniero e che sono determinate nello (es. Diniego di giustizia: per non aver adempiuto agli obblighi di prevenzione e repressione per l’incolumità dello straniero, ad esempio un ambasciatore straniero in Italia) - Norme di diritti dell’uomo  sono norme di natura pattizia, mentre le norme sul trattamento degli stranieri sono consuetudinarie per cui valgono anche verso gli stati che non hanno ratificato le convenzioni di riferimento. 2. Trattamento dei beni stranieri 50 - Indennizzo  è legale espropriare un bene ma ci sono delle norme internazionali sull’indennizzo che affermano che esso deve essere pronto, adeguato ed effettivo; - Obblighi derivanti dall’XID  centro di compensazione di tutte le controversie che concernono le questioni d’investimento. 3. Trattamento degli organi stranieri Gli organi stranieri sono deputati ai sensi dell’ordinamento interno a esercitare delle funzioni nel territorio di un altro stato e dunque devono tenere relazioni con l’esterno (es. diplomatici strutturati, ambasciatori ecc.). Le prerogative di cui godono sono:  inviolabilità personale  sono le misure preventive e repressive che devono essere commisurate all’importanza del soggetto in questione (es. polizia italiana sotto le ambasciate straniere) lo stato accreditante si assume l’impegno di proteggere il corpo diplomatico e qualora quest’ultimo venga considerato responsabile di violazioni, la sua dimensione personale resta inviolabile. Perché non si può arrestare o perquisire un ambasciatore? Perché si ritiene che la condotta da esso tenuta, in realtà non sia stata esercitata da lui in quanto persona, ma sia una condotta organica al suo stato di appartenenza dove ha la cittadinanza. È una delle poche inviolabilità collegate anche al console ma solo per l’archivio consolare, perché per il resto il console non gode dell’inviolabilità personale.  inviolabilità domiciliare  non è possibile entrare nell’abitazione dell’ambasciatore. Tale inviolabilità si estende all’ambasciata e anche alla dimora dell’ambasciatore. Prima si consideavano le ambasciate come delle dimensioni a parte mentre ora non più. (es. un bambino nato nell’ambasciata degli USA a Roma, ad oggi è considerato cittadino italiano e non americano)  esenzioni fiscali  in genere riguardano le imposte dirette, ma per prassi si estendono alle imposte indirette.  esenzioni giurisdizione civile e penale Tutti gli agenti diplomatici godono di questi grandi privilegi. Accanto ad essi possono essere associati anche i capi di stato e il ministro degli esteri, non tutti gli altri ministri. Tutte queste immunità possono essere classificate in 2 grandi categorie:  immunità di tipo personale  non sono legate all’esercizio delle funzioni dell’ambasciatore, dura fintanto che viene esercitata la funzione di ambasciatore. Si tratta di qualcosa che devi riferire all’azione personale del soggetto.  immunità di tipo funzionale  sono quelle che coprono gli atti compiuti dagli agenti diplomatici nell’esercizio delle loro funzioni. è una immunità di carattere perenne, non decade con il decadere dell’esercizio delle funzioni. Le immunità dei corpi dei servizi segreti I corpi dei servizi segreti non godono di immunità anche se spesso vengono inseriti all’interno delle delegazioni per poterne godere. Le immunità dei corpi militari (es. Caso Marò) I militari godono di alcune immunità. Nella prassi si statuiscono degli accordi con lo stato ospitante per cui si concedono dei poteri giurisdizionali nei confronti delle forze armate. Tragedia del Cermis (cerca la vicenda)  vi è un problema della giurisdizione. Il comitato delle vittime della tragedia va davanti al giudice italiano e chiede di convocare i due militari NATO americani che guidavano l’aereo per responsabilità penale che è finita a favore delle vittime. Per la responsabilità civile chi ha creato l’aereo a cui dovrebbe. Alla fine, a livello civile, è stata riconosciuta l’immunità ai militari che stavano svolgendo le loro funzioni di invio. 4. Trattamento degli stati stranieri Posso andare davanti al giudice del mio stato straniero e chiedere di chiamare in giudizio un altro stato? Ci sono 2 profili: 51  citare in giudizio un altro stato straniero per, ad esempio, prestiti obbligazionari verso uno stato che li ha chiesti ma poi non li ha rispettati. Posso citare lo stato in giudizio? Prima c’era il concetto di immunità assoluta per cui gli stati non potevano essere convocati davanti al giudice di uno stato. Man mano il principio si è ristretto e si è detto che nell’ipotesi in cui lo stato ha agito all’interno dell’esercizio delle sue funzioni come acta iure imperio, allora ha l’immunità, ma dove ha agito come acta iure gestionis (=mera gestione patrimoniale) allora non vale. La distinzione tra i due acta diventa sfumata nei rapporti di lavoro. 01/03/2022 DISCIPLINA DELL’USO DELLA FORZA Non bisogna confondere la disciplina dell’uso della forza con il diritto internazionale perché ne è solo una parte che fra l’altro non funziona molto bene e non è molto attuata. Una norma anche se violata, rimane una norma. Il diritto è fatto di regole che alle volte ricevono applicazione e alle volte no, e molto spesso queste ultime sono ritenute le più interessanti da parte del giurista. Contenuto del diritto internazionale Il contenuto è vario e ricco ed è diviso in 2 macrocategorie: 1. Contenuto del diritto internazionale come limite all’uso della forza interna  trattamento degli individui, organi, beni e stati stranieri e limite della sovranità spaziale; 2. Contenuto del diritto internazionale come limite all’uso della forza internazionale. Il contenuto del diritto internazionale è quello di limitare la sovranità degli stati. La comunità internazionale è difficilmente paragonabile alla comunità interna perché quando gli individui escono di casa difficilmente sono armati, cosa differente da quella che accade a livello internazionale (cit. Bobbio). Questa citazione ad oggi è molto attuale. Evoluzione storico-normativa dei principi generali La guerra come mezzo alternativo della risoluzione delle controversie  la guerra come prosecuzione della politica attraverso altri mezzi, fino al ‘900 era legittima perché non esistevano regole di dir internazionale che prevedessero il divieto della guerra e l’uso della forza era legittimo fino alle Nazioni Unite. Nel ‘900 qualcosa cambia: il primo tentativo di limitare l’uso della forza si ha con il patto istitutivo della Società delle Nazioni. Nel trattato istitutivo vi erano alcune norme che non arrivano a dichiarare la messa al bando dell’uso della forza nelle relazioni internazionale, ma solo la rinuncia dell’uso della forza come unico mezzo per risolvere le controversie internazionale. Quello che si fa alla fine della Prima guerra mondiale perché alla fine di essa, a causa dei molti morti, ci si rende conto che la guerra non può essere il mezzo adatto per risolvere i conflitti internazionali. Il Trattato di Versailles, che è un trattato imposto e che umilia la Germania fino a portarla a sviluppare lo stato di nazionalismo, contiene la norma per cui prima di giungere alla guerra, bisogna interpellare il consiglio della società delle Nazioni unite che cercheranno di trovare una soluzione politica alla controversia. Ciò non è ovviamente bastato perché non vi era un vero e proprio divieto e lo stesso sistema di garanzia di tale norma si rivela inadeguato che porterà alla Seconda guerra mondiale. La Seconda guerra mondiale ha posto un altro elemento di discontinuità nella discontinuità già presente a causa della Prima guerra mondiale. Tale elemento sono state ad esempio le camere a gas che avevano il fine di rendere l’altro qualcosa di diverso dall’essere umano. La comunità internazionale a fronte di questa doppia minaccia: da un latro l’Asse Germania- Italia-Giappone che sono stati che entreranno nelle NU solo anni dopo, e dall’altro la Russia. Le NU vengono costruite a tappe: vi è inizialmente il tentativo di Churchill di coinvolgere Roosevelt, dopo l’attacco di Pearl Harbour gli USA entrano in guerra e alla fine alleanza militare nel 1942 di cui fa parte anche la Russia che porteranno alla Conferenza del 1944 e la 52 Nei primissimi anni della Carta delle NU, si ha un cambio politico e la prima spaccatura interna a causa della questione Cina-Taiwan su quale delle due dovesse sedere al Consiglio: L’URSS voleva la Cina e la Repubblica Maoista e il resto del consiglio voleva la famiglia reale scappata a Taiwan. L’idea di creare il Consiglio di sicurezza per garantire il divieto all’uso della forza, è stato quello di creare un organo più forte rispetto a quello della Società delle Nazioni, cosa però non è riuscita. Solo la settimana scorsa riguardo alla guerra tra Russia e Ucraina, abbiamo assistito all’ennesimo fallimento politico del Consiglio di sicurezza La Carta delle NU ha un termine di immodificabilità scritto nella parte finale di essa e gli stati membri permanenti hanno sempre mantenuto le loro posizioni senza cambiarle. Inoltre, il Consiglio di sicurezza, non è veramente rappresentativo degli stati, tant’è vero che le nuove forze emergenti non sono dentro il Consiglio di sicurezza. Regola ed eccezione all’uso della forza Abbiamo detto che la Carta delle NU prevede un divieto all’uso della forza e un garante di esso con l’eccezione della legittima difesa. In realtà però il garante, che è il Consiglio di sicurezza, è garante dell’equilibrio tra queste due: al tentativo di estendere la regola di divieto all’uso della forza, riduco la portata dell’eccezione e viceversa. Sorgono dei problemi sul potere di accertamento del Consiglio: tale potere di accertamento, è un potere limitato? I crimini di guerra riguardano tutti i casi in cui il vantaggio economico/militare è sproporzionato rispetto alle azioni che ha compiuto per ottenerlo. L’art. 39 non pone alcun limite per cui il Consiglio di sicurezza può accertare la minaccia, senza che vi sia una misura minima: è un articolo vasto, perché sono illimitati i poteri stabiliti dall’articolo. Nella prassi il Consiglio di sicurezza accerta sempre una minaccia ed è raro che accerti un’aggressione perché il termine “aggressione”, risulta essere un termine molto forte e infimo e si usa dire “violazione/turbamento della pace”. La definizione di aggressione è esattamente quello che sta accadendo in Ucraina per mano della Russia: occupazione militare, bombardamenti e attacchi. Quando si riconosce una violazione della pace, il Consiglio fa una raccomandazione sul far cessare il fuoco oppure compie una decisione. Al capitolo VII, gli artt. 41 e 42 si occupano di stabilire la pace e garantire la sicurezza internazionale. - Art. 41  “Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l'impiego della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un'interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche.” - Art. 42  “Se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure previste nell'articolo 41 siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite.” Il Consiglio di sicurezza può adottare delle misure provvisorie che può adottare ex artt. 41 e 42. L’art. 41 prevede delle sanzioni che non prevedono l’uso della forza. L’archetipo delle sanzioni sono per lo più l’embargo di armi e risorse energetiche, ma poi ci si è resi conto che questo tipo di sanzione colpiva più i governati che i governanti. Con il ricorso alle sanzioni si impediva agli ospedali di funzionare ma non alle milizie specializzate di accedere alle risorse per far funzionare ad esempio i carrarmati e per tale motivo si è deciso di cambiare strada e di adottare delle sanzioni quali il congelamento dei beni. Ciò ha creato la problematica relativa il rispetto delle garanzie Qualora le sanzioni non funzionino, si userà la forza ex art. 42. 55 09/03/2022 Ascoltare prima parte della lezione DIVIETO GENERALE ALL’USO DELLA FORZA Carta delle NU Quando viene violata una norma di diritto internazionale, si viene a creare una nuova relazione giuridica. L’obbligo assunto tra due stati, nel caso in cui venga violato, genera una nuova relazione: lo stato che ha subito la violazione ha la possibilità di agire non con l’uso della forza, ma con delle contromisure che non contemplano l’uso della forza. Gli stessi redattori di questo progetto sulla responsabilità dello stato, hanno considerato che tutte le violazioni sono uguale ma che vi sono anche delle violazioni che comportano una responsabilità maggiore sullo stato che ha compiuto la violazione. Per tal motivo si è detto che in caso di gravi violazioni da parte di un gruppo di stati, questo comportamento viene considerato alla luce dell’interesse superiore del mantenimento della pace che il loro comportamento aveva come obiettivo. Il consiglio di sicurezza continua a essere monopolista oppure no? La Carte delle NU è l’unico documento a cui possiamo riferirci o si sta sviluppando una prassi sull’uso della forza? Vi sono 2 regimi normativi: 1. Carta delle NU; 2. Prassi emergenti che riguardano delle situazioni periferiche riguardo l’ambito applicativo delle Carta delle NU. L’intervento umanitario è l’ambito con più scontri perché dietro vi è un vero e proprio tema di diritto e tema etico: intervento o non intervengo? Se lo faccio violo la norma e se non lo faccio violo dei precetti di protezione di minoranze. Si è detto che poteva estendersi l’eccezione al divieto dell’uso della forza, ma non per l’ambito dell’intervento umano, bensì per la legittima difesa. McDagall in un discorso del 1966 ha detto che in un equilibrio di deterrenza nucleare, era possibile agire per far si che quel grandissimo grande colpo non arrivasse mai. Ad esempio, la questione della legittima difesa intercettatoria (es. colpisco il missile che mi sta colpendo) è un argomento complesso sul cui capire se c’è legittimità o meno. Cerca: Controversia Caroline (1837) Vi sono degli argomenti in cui la Carta delle NU non chiarisce vi sia il divieto dell’uso della forza oppure si tratti di eccezioni legittimate: - Tutela dei cittadini stranieri all’estero (es. intervento USA per liberare l’Achille Lauro) - Interventi per combattere il terrorismo Per rispondere bisogna andare a vedere la prassi. Ad esempio, la caduta del muro di Berlino è il momento in cui il Consiglio di sicurezza comincia a funzionare. Tra il 46 all’87 (?) vengono previste delle soluzioni alternative: la prima è l’istituzione dei caschi blu nelle missioni di peace keeping (non menzionati nella carta delle NU). Queste missioni sono richieste al segretario generale delle NU da parte .. e si occupa di dirigere le operazioni. In genere ma non sempre operano con il consenso dello stato ospitante e operano con stato cuscinetto con il fine di mantenere la pace. Qualora richiedano un quid aggiuntivo, non solo mantenere la pace ma anche ristabilire le condizioni per mantenerla, allora si parla di operazioni di peace enforcement che richiede una delega più robusta. Infine, si deve rispettare il diritto umanitario. Qual è la ratio delle operazioni dei caschi blu? C’è chi parla di operazioni di polizia internazionale ai sensi dell’art, 42 e chi parla di un’area grigia tra cap. 6 sulle soluzioni pacifiche delle controversie e il cap. 7 sull’uso della forza. In ogni caso, le due operazioni hanno auto una certa efficacia nelle ipotesi in cui bisogna rafforzare degli accordi di pace già costituiti, mentre hanno dimostrato fragilità come cuscinetti laddove non vi erano degli accordi di pace (es. questione della frontiera turco- cipriota). 56 Autorizzazione all’uso della fora direttamente agli stati membri da parte dell’ONU Visto che non è stata data esecuzione alla parte del cap. 7 sull’esercito delle NU, si è detto possibile delegare l’uso delle forze alla coalizione degli stati volenterosi di intervenire (es. 1950 conflitto ini corea; guerra del golfo dopo invasino dell’Iraq in Q8). Dottrina della responsabilità di proteggere È una dottrina che ha preso piede nel 2011 in seguito a un rapporto della International Commision che in conseguenza dei fatti del Kosovo fu investita dalla comunità internazionale di elaborare un rapporto in cui fosse indicata una griglia per leggere la possibilità di un intervento umanitario. Il rapporto dice che la responsabilità di proteggere è un obbligo che vale per tutti gl istati, è limitata da un ambito materiale: genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità ossia di grandi crimini internazionali. Quando lo stato non riesce a proteggere la popolazione, si può riconoscere una responsabilità sussidiaria della comunità internazionale e i motivi giustificativi sono: - Presenza di una giusta causa  commissione o imminenza della commissione di gravi crimini internazionali; - Giusto intento  limitare e impedire le sofferenze umane - Extrema ratio  dev’essere l’ultima soluzione possibile - Autorità legittima che ne consenta l’esecuzione. Ad esempio, l’assemblea generale, il consiglio sicurezza o le organizzazioni internazionali. Cos’è accaduto in realtà e quando dopo la caduta del muro di Berlino corrisponde a questi tentativi di sistematizzazione teorica del problema? Vi sono vari esempi che possiamo usare per rispondere. Il primo esempio è quello della guerra in Kosovo in cui il consiglio di sicurezza in questo caso non permette l’uso della forza e interviene in Kosovo un’organizzazione regionale. Ci si trova fuori dalla Carta NU perché si ha un tentativo dell’organizzazione regionale molto spinto ed estensivo rispetto alle sue capacità  viene fatto rientrare nell’intervento umanitario. Nel 2001 in Afghanistan: l’11 settembre c’è l’attacco alle torri gemelle e già ad ottobre del 2011, la nato e gli USA bombardano l’Afghanistan (?); nelle due risoluzioni adottate dopo i fatti dell’11 settembre si accerta una violazione della pace ex cap. 7 e si fa riferimento alla legittima difesa senza prevedere un regime di autorizzazione all’uso deal forza. Gli USA intervengono in Afghanistan con giustificazione l’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre. Il capo dell’attacco era Atta, di origini egiziane, ma comunque gli USA attaccano l’Afghanistan perché il gruppo terroristico era sponsorizzato da L’attacco dura 20 anni e termina solo nell’inverno del 2021. Osama bin Laden muore 10 anni dopo l’attacco. Per cui se anche provassimo a trovare la legittima difesa, troviamo difficoltà a giustificarlo per 20 anni. Per tale motivo, sulla legittimità degli USA in Afghanistan si è discusso molto. L’atto viene fatto rientrare  nella legittima difesa. Un altro esempio è il Q8 viene invaso dall’Iraq nel 1990. È un caso di aggressione simile a quello ucraino. Il consiglio emette una risoluzione con 12 voti a favore, 2 voti contrari e un’astensione della Cina che richiede che scaduto un determinato termine entro cui l’Iraq se non si fosse ritirato, gli stati sarebbero stati legittimati ad attaccarlo. In questo caso per la prima volta si prevede la delega degli stati. Questo caso viene fatto rientrare Si agisce solo nel 2003 perché si dice che gli iracheni stavano sviluppando un’arma di distruzione di massa. Si è poi scoperto essere falso, ma comunque era un caso di legittima difesa. Il conflitto dura altri e 10 anni (Colin Powell che agita la provetta). Altro esempio è la primavera araba nel 2011. L’intervento viene legittimato per far terminare le violazioni contro le rivolte civili da parte di Gheddafi. Agendo sulla base del cap. 7 si è chiesta l’immediata cessazione delle violazioni. Il consiglio autorizza gli stati membri disponibili a prendere le misure necessarie per proteggere la popolazione civile e decide il divieto di tutti i voli libici. Sulla scorta di questo mandato la NATO con organizzazioni regionali ha previsto una serie di bombardamenti causando anche dei morti. 57 2. dualista Sorgono 2 problemi: 1. Come, le norme di diritto internazionale, entrano nell’ordinamento interno; 2. In quale rango, le norme di diritto internazionale, si collocano all’interno dell’ordinamento interno. 1° problema  Come, le norme di diritto internazionale, entrano nell’ordinamento interno; Nel procedimento ordinario, copio la norma di diritti internazionali nel sistema delle fonti interne, mentre nel procedimento speciale invece faccio rinvio alla norma di diritto internazionale. Il pregio del procedimento ordinario è che la norma è nelle fonti, nella raccolta delle leggi ed è chiara per essere subito compresa dal giudice e si rispetta pienamente il principio di nomofilachia. Il difetto è che distaccando e ricopiando la norma originaria, la distacco dalla sua matrice e quindi no è detto che la vita delle norma originaria, corrisponda alla vita della norma destinataria; per cui se la prima subisce delle modifiche, non è detto che anche la seconda le segua. La nostra Costituzione prende una posizione su quale sia il metodo da preferire e lo fa innanzitutto dal punto di vista del diritto consuetudinario. Art. 10 Cost.  “L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.” L’art. 10 Cost., afferma il procedimento speciale tramite rinvio. Tale procedimento è presente in numerosi ordinamenti e spesso è esteso, non solo al diritto consuetudinario, ma anche al diritto pattizio. Il sistema è adottato nella costituzione tedesca, portoghese, greca. Negli Stati Uniti d’America è addirittura previsto che i trattati debitamente ratificati costituiscano la legge suprema del paese. Fa eccezione a questa tendenza, il Regno Unito che per l’esecuzione dei trattati richiede il ricorso al procedimento ordinario. Il procedimento tramite rinvio che consiste in una legge di poche parole, trova il suo limite intrinseco nelle norme non self-executing, per cui il rinvio non è automaticamente attuabile nell’ordinamento di riferimento qualora operi in riferimento di alcune norme che non hanno un’esecuzione di tipo automatico. Bisogna fare alcune specificazioni sulla distinzione dei due maggiori procedimenti: 1. I due modi possono intersecarsi spesso i due procedimenti coesistono, per cui può esserci ad esempio un rinvio speciale a un trattato internazionale e contemporaneamente il bisogno di integrare il procedimento attraverso il ricorso a dei procedimenti ordinari con delle norme di non esecuzione automatica 2. La norma interna può espandere la portata della norma internazionale  non è detto che vi debba essere una perfetta coincidenza tra norma interna e norma internazionale. Ad esempio, la norma interna potrebbe espandere la portata della norma internazionale e questo è un caso di esecuzione legittima della norma internazionale (es. legge 2018 sul femminicidio che recependo le norme della convenzione del Consiglio d’Europa del 2011sulal prevenzione e la lotta contro la violenza commessa nei confronti delle donne e l violenza domestica, prevede delle misure in più che concernono specificatamente dei profili risarcitori sul versante di quella specifica figura rappresentata dal femminicidio) 60 3. La norma interna può restringere la portata della norma internazionale  ben possibile il contrario, ossia che la legge nel momento in cui recepisce l’obbligo internazionale nel tessuto giuridico interno, ne restringa la portata applicativa (es. introduzione nell’ordinamento italiano del reato di tortura. Reato la cui introduzione nei termini di obbligo internazionale era richiesta dalla convenzione delle NU contro la tortura o altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti (1984) che prevedeva specificatamente una caratterizzazione del reato di tortura nel senso per cui detto reato avrebbe dovuto esser compiuto da un pubblico ufficiale per cui la figura tipica del reato prevedeva l’ingresso in scena di un P.U. che abusava della propria posizione. Alla fine di un lungo e travagliato dibattito, l’Italia con legge 210/2017 ha previsto la tortura come reato comune sancendo che art. 613-bis c.p. laddove venga eseguita da parte di un P.U. ciò comporti solo un aggravio della pena) È possibile che il procedimento speciale con rinvio mobile trovi dei limiti in delle norme, che se non vengono “rimaneggiate” dal legislatore non permettono di eseguire la norma internazionale. Si tratta delle norme non self-executing. Possibile domanda di esame: Mi dica quali sono le norme self executing e non self-executing Spesso gli stati si nascondono dietro queste norme per giustificare il mancato adeguamento del proprio sistema all’obbligo internazionale di adeguamento. Tali norme sono: 1. Norme che attribuiscono semplici facoltà agli stati  una di queste norme riguarda le limitazioni sullo spazio marittimo: la Convenzione di Montego Bey (1982) dava la possibilità allo stato di tracciare liberamente la linea di base per determinare lo spazio del mare territoriale (seguire la sinuosità della costa o tirare delle linee rette). Questa opzione di scelta, fa si che le norme non siano ad esecuzione automatica. Un altro esempio è quello degli obblighi della Convenzione europea sulle adozioni (1967) resa esecutiva in Italia nel 1974: la legislazione nazionale non può permettere l’adozione del minore se non da parte di due persone unite in matrimonio oppure da parte di un singolo adottante. LA Suprema Corte ha interpretato l’articolo come un riconoscimento della libertà allo stato di provvedere o meno, si tratta di una possibilità di scelta alla legittimità di entrambe le figure, per cui si è detto che si interpretava l’art. 6 par. 1 della Convenzione nel senso di riconoscere a uno stato la possibilità di prevedere che sia i genitori sposati in matrimonio che sia il singolo potesse adottare, o che solo una delle due figure ne fosse legittimata. Altro esempio ancora, Convenzione di estradizione (1957) che sanciva la facoltà di rifiutare l’estradizione verso uno stato terzo se pende un giudizio nello stato richiesto. Secondo la Costituzione, questo tipo di obbligo internazionale, in realtà dovesse essere tradotto alla luce del divieto di estradare in caso di giudizio pendente. Laddove l’obbligo internazionale pone la possibilità allo stato di scegliere, anche una possibilità non così espressamente chiarita come nel caso dell’adozione, generalmente gli organi interpretativi interni specificano che questa possibilità di scelta comporta una non esecutività automatica degli obblighi internazionali. 2. Non esistono, a livello interno, gli organi o le procedure che permettono la corretta applicazione, esecuzione dell’obbligo internazionale  ad esempio, la Corte di Cassazione nel 1989 ha riconosciuto la diretta applicabilità dell’art. 5 della Convenzione europea per cui alla persona interessata, per dare esecuzione all’obbligo, dovessero estendersi le garanzie previste dall’art. 111 Cost. in combinato disposto con gli artt. 192 e 263 del c.p.p. che prevedono di potersi rivolgere davanti alla Corte in caso di violazione di determinati diritti. 3. Quelle che comportano degli adattamenti di tipo costituzionale  ad esempio, i crimini internazionali: ai sensi dell’art. 25 Cost. che prevede il rispetto del principio di legalità, non è possibile condannare un individuo se non sia stata prevista a livello interno, una sanzione penale con riferimento a quella specifica condotta. La questione si era presentata in un caso discusso davanti ai giudici spagnoli: il caso Scilingo. Il 61 tribunale spagnolo aveva condanna to per crimini contro l‘umanità, il soggetto, ritenendo che la condanna potesse essere dedotta dalla norma di diritto consuetudinario generale che prevede la punizione dei crimini internazionali. Il problema, che ha anche l’Italia, è che l’obbligo internazionale di punire tali condotte deve adeguarsi al precetto costituzionale che prevede il rispetto dell’art. 25: ergo è necessaria una norma interna che fissi quali siano le conseguenze delle violazioni delle condotte che sono state commesse. Altro esempio (fatto dal Manuale) è la posizione della Corte di Cassazione di non investire la Corte costituzionale di una questione di illegittima costituzionale relativa alla violazione dell’art. 117 Cost. adattamento delle regole del diritto internazionale pattizio) nella parte in cui non si prevedeva l’imprescrittibilità delle condotte di tortura, nel momento in cui il reato di tortura era stato inserito, contrariamente a quanto era previsto dalla giurisprudenza della Corte EDU. Perché la Cassazione ha ritenuto di non investire la Corte costituzionale di tale violazione? Perché secondo la prima, il principio costituzionale di riserva di legge, impedirebbe alla medesima consulta una eventuale reformatio in peius che sarebbe implicita nell’ipotesi in cui si decidesse che il reato di tortura attraverso un’interpretazione conforme al diritto internazionale da parte delle Corte costituzioanle., di addivenisse a un reato di tipo imprescrittibile. L’uso di queste norme non self-executing, è però spesso usato solo per giustificare il mancato adattamento nel diritto interno. Le clausole.. Art. 2.2, Patto sui diritti civili e politici  “2. Ciascuno degli Stati parti del presente Patto si impegna a compiere, in armonia con le proprie procedure costituzionali e con le disposizioni del presente Patto, i passi necessari per l’adozione delle misure legislative o d’altro genere che possano occorrere per rendere effettivi i diritti riconosciuti nel presente Patto. Qualora non vi provvedano già le misure legislative o d’altro genere, in vigore”. Qualora i trattati contengano questo tipo di norme, esse non possono essere invocate per argomentare la non esecutività degli obblighi internazionale nel sistema interno. Altra domanda è se: tale norma debba essere intesa come valida per i rapporti internazionali dello stato o se anche per i rapporti interni. Esempio  vi è trattato commerciale che impone allo Stato l’equiparazione del trattamento fiscale imposto a una merce importata, rispetto a una merce prodotta al proprio interno. Il problema è se si possa invocare la norma davanti al giudice italiano l’esecuzione, si da parte dei soggetti interni che dai soggetti internazionali. 2° problema  In quale rango, le norme di diritto internazionale, si collocano all’interno del sistema delle fonti interne. In genere, la norma di diritto interno che sancisce l’introduzione dell’obblighi internazionale nell’ordinamento interno, fa si che il rango della norma internazionale subentrata, sia quello della norma che ne ha decretato l’ingresso. Il problema è in parte reso più complesso dal fatto che una legge costituzionale del 2001 che ha riformato il Titolo V della Costituzione, ha previsto all’art. 117 Cost. che: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato [70 e segg.] e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.” Per cui ci muoviamo in uno scenario costruito su 2 pilatri principali: 1. Art. 10 Cost. (?) 2. Art. 117 Cost. Ciò produce l’adozione, anche in Italia, di una teoria che è stata originariamente sviluppata nel ’74 dalla Corte costituzionale tedesca nel caso Solange, meglio nota come “Teoria dei controlimiti”. Il problema che essa pone sul versante degli obblighi internazionale è che tramite l’art. 10 Cost. potremmo sostenere che una norma di diritto internazionale consuetudinario che entra nel rango costituzionale, prevalga su delle norme costituzionali ad essa contrastanti. La teoria 62 Ogni atto internazionalmente illecito di uno Stato comporta la sua responsabilità internazionale. - Articolo 2  Elementi di un atto internazionalmente illecito di uno Stato Sussiste un atto internazionalmente illecito di uno Stato quando un comportamento consistente in un’azione o in un’omissione: a) può essere attribuito allo Stato alla stregua del diritto internazionale; e b) costituisce una violazione di un obbligo internazionale dello Stato. - Articolo 3  Qualificazione di un atto di uno Stato come internazionalmente illecito La qualificazione di un atto di uno Stato come internazionalmente illecito è regolata dal diritto internazionale. Su tale qualificazione non influisce la qualificazione dello stesso atto come lecito in base al diritto interno. Gli artt. 2 e 3 ci dicono che dal fatto illecito discendono delle conseguenze. Tale violazione consiste in un comportamento dello stato, costituito da 2 elementi: 1. Antigiuridicità, ossia lo stato deve star violando un obbligo internazionale e non semplicemente una norma di soft law; 2. L’altro elemento, ossia quello soggettivo è l’attribuzione del fatto illecito allo stato. Il comportamento dello stato consiste nell’esercizio di una delle 3 funzioni principali da parte degli organi dello stato e può essere sia omissivo che commissivo. 1° elemento dell’illecito (elemento soggettivo): L’attribuzione di un comportamento allo stato Il capitolo 2 del progetto riguarda l’attribuzione di un comportamento allo stato. Alcuni articoli - Articolo 4  Comportamenti di organi di uno Stato 1. Il comportamento di un organo dello Stato sarà considerato come un atto dello Stato ai sensi del diritto internazionale, sia che tale organo eserciti funzioni legislative, esecutive, giudiziarie o altre, qualsiasi posizione abbia nell’organizzazione dello Stato e quale che sia la sua natura come organo del governo centrale o di un unità territoriale dello Stato. 2. Un organo comprende qualsiasi persona o ente che rivesta tale posizione secondo il diritto interno dello Stato. - Articolo 5  Comportamento di persone o enti che esercitino prerogative dell’autorità di governo. Il comportamento di una persona o di un ente che non è un organo dello Stato ai sensi dell’articolo 4, ma che è abilitato dal diritto di quello Stato ad esercitare prerogative dell’attività di governo sarà considerato come un atto dello Stato ai sensi del diritto internazionale purché, nel caso in questione, la persona o l’ente abbiano agito in tale qualità. Bisogna osservare cosa dice l’ordinamento interno per definire quali sono gli organi dello stato. Invece, il comportamento di chi non è un ente ma è abilitato a esercitare prerogative dell’attività di governo sarà considerato come un atto dello Stato ai sensi del diritto internazionale purché́, nel caso in questione, la persona o l’ente abbiano agito in tale qualità (es. i mercenari) La mancata qualificazione da parte dell’ordinamento interno, in quest’ultimo caso è irrilevante, purché però si siano effettivamente svolte quelle prerogative. 65 - Articolo 6  Comportamento di organi messi a disposizione di uno Stato da un altro Stato Il comportamento di un organo messo a disposizione di uno Stato da parte di un altro Stato sarà considerato un atto del primo Stato ai sensi del diritto internazionale se tale organo agisce nell’esercizio di prerogative dell’autorità di governo dello Stato a disposizione del quale è messo. - Articolo 7  Eccesso di potere o comportamento contrario ad istruzioni Il comportamento di un organo di uno Stato o di una persona o di un ente abilitati ad esercitare prerogative dell’autorità di governo sarà considerato come un atto dello Stato ai sensi del diritto internazionale, se quell’ organo, persona o ente agisce in tale qualità, anche se eccede la propria competenza o contravviene ad istruzioni. Un esempio riferito all’art. 7 è quello di torture in una caserma: è un’iniziativa personale o dello stato? Su questo la dottrina si divide: parte di essa crede che sia sempre anche dello stato perché seppure la condotta concreta non sia attribuibile allo stato, vi è la responsabilità di esso perché non ha fatto abbastanza per evitarlo. - Articolo 8  Comportamento sotto la direzione o il controllo di uno Stato Il comportamento di una persona o di un gruppo di persone sarà considerato un atto di uno Stato ai sensi del diritto internazionale se la persona o il gruppo di persone di fatto agiscono su istruzione, o sotto la direzione o il controllo di quello Stato nel porre in essere quel comportamento. Il test del controllo effettivo è stato introdotto dalla Corte di giustizia in un contenzioso tra Nicaragua e USA. Tale principio è stato messo in discussione caso Talich, in quanto si è considerato essere più efficiente l’uso di un test di controllo overall anziché effettivo. Quest’ultimo principio risulterebbe molto più ampio e allargherebbe di molto l’ambito della responsabilità internazionale. Nel caso Congo c. Belgio e poi nel caso Federazione bosniaca e croata c. Serbia, la Corte di giustizia ha detto che il test a cui fare riferimento, resta quello del controllo effettivo. 30/03/2022 Segue: RESPONSABILITA INTERNAZIONALE: La responsabilità dello stato per fatti illeciti Il Progetto di articoli sulla responsabilità dello stato della commissione del diritto internazionale (2001) è stato ideato inizialmente con una distinzione di violazione in violazione per poi, verso la fine, decidere di considerare la violazione nel su insieme al fine di creare un paradigma valevole per tutti i tipi di violazioni e con conseguenze specifiche. Questo progetto ricostruisce una teoria generale dell’illecito che è valevole per tutti gli illeciti. Se ci sono delle distinzioni, queste non vengono posizionate nell’elemento ricostruttivo dell’illecito internazionale, ma hanno una sorta di riconoscibilità sul tema delle conseguenze di una violazione. Il Progetto è stato un tentativo di sistematizzazione che ha richiesto uno sforzo notevole dal punto di vista teorico. Tutto sommato, il Progetto identifica la violazione di un obbligo internazionale attraverso 2 indicatori principali: 1. Elementi degli atti internazionalmente illeciti (ex art. 1 del Progetto)  tali elementi si compongono di due caratteri:  Violazione dell’obbligo (elemento oggettivo);  Possibilità di ricondurre la condotta di violazione allo stato (elemento soggettivo). 66 C’è una corrispondenza tra stato apparato e stato ordinamento. Al di là degli obblighi dei comportamenti degli organi che sono previsti dall’art. 4, vi sono delle norme dedicate agli organi de facto, ossia a organi che non sono organi, ma che esercitano delle funzioni simili ad essi e che permetto la riconducibilità dell’azione, eventualmente antigiuridica, allo stato. A questo si aggiungono ulteriori norme: artt. 6 e 7 che prevedono sia responsabilità per atti commissivi che omissivi. Nella descrizione di questi elementi, assume una centralità peculiare, l’art. 8 del Progetto perché prevede che il comportamento di una persona o gruppo di persone sarà considerato un atto di uno Stato ai sensi del diritto internazionale se la persona o il gruppo di persone di fatto agiscono su istruzione, o sotto la direzione o il controllo di quello Stato nel porre in essere quel comportamento. Questa è un’ulteriore estensione del carattere soggettivo degli elementi perché il Progetto dice di poter ricondurre l’azione allo stato prefigurando una responsabilità dello stato, laddove la condotta venga compiuta sotto la direzione dello stato su quella singola condotta. L’operazione militare è un caso particolare perché qualora vi fosse un gruppo paramilitare, che dunque non fa parte e non esercita una prerogativa di sovranità, potrebbe comportare la responsabilità dello Stato Il Tribunale ad hoc per l’ex Jugoslavia ha detto che la singola operazione non era necessario che fosse controllata dallo stato, ma che bastasse un controllo generale dello Stato  controllo dell’effettività. Si verifica un abbassamento della soglia probatoria che ci serve per soddisfare l’elemento soggettivo dell’illecito internazionale. Nel caso di attacco non cinetico (=senza contatto tra corpi) il discorso è complesso perché si verifica il passaggio dalle attività analogiche alle attività digitali. Nel mondo digitale, non ci sono indicazioni spaziali e temporali, ma di esse sono fatte traduzioni numeriche. Di conseguenza le attribuzioni di responsabilità sarebbero impossibili (es. Cyber attacchi  non si sa da dove provengono perché possono provenire da luoghi diversi). Per applicare le norme nei casi di attacco digitale, alcuni parlano dell’analogia dell’eventuale impatto cinetico, ma questa tesi non regge. Il mondo digitale che non conosce le categorie di spazio e di tempo fa cadere il controllo effettivo. Se abbasso la soglia probatoria dell’illecito, ci si presta facilmente a manipolazioni e torsioni. Gli artt. 9 e 10 riguardo i problemi di attribuzione. L’art. 10 del Progetto è un articolo interessante perché si riconduce alla lezione sui movimenti d’insurrezione che se vincono diventano stato, altrimenti rimangono un movimento illegale. - Articolo 10  Comportamento di un movimento insurrezionale o di altro movimento “1. Il comportamento di un movimento insurrezionale che divenga il nuovo governo dello Stato sarà considerato un atto dello Stato ai sensi del diritto internazionale. 2. Il comportamento di un movimento, insurrezionale o di altro tipo, che riesca a costituire un nuovo Stato in una parte del territorio di uno Stato preesistente o di un territorio sotto”. L’art. 11 è un articolo di chiusura del tema dell’elemento della soggettività dell’illecito e prevede che: “Un comportamento che non è attribuibile ad uno Stato ai sensi degli articoli precedenti sarà ciononostante considerato un atto di quello Stato ai sensi del diritto internazionale se e nella misura in cui quello Stato riconosca e adotti il comportamento in questione come proprio”. Un caso che interessa l’art. 11 può esser il caso di presa in ostaggio dei diplomatici americani in Tiran. Questo è un caso che concerne diversi degli articoli analizzati: la presa in ostaggio fu eseguita da studenti della rivoluzione islamica che in una prima fase non erano organi dello stato iraniano, ma in parte lo stato ne ha riconosciuto la condotta e in parte ha agito ai sensi dell’art. 11 riconoscendo la condotta e rivendicandola. 67 capitano oppure ha accettato il rischio entrando in una tempesta allora il paragrafo 1 non si applica. Gli art. 24 e 25 prevedono i casi in cui non si applicano i casi di forza maggiore: - Articolo 24  Distress (Estremo pericolo) 1. L’illiceità di un atto di uno Stato non conforme ad un obbligo internazionale di uno Stato è escluso se l’autore di quell’atto non ha ragionevolmente nessun altro mezzo, in una situazione di estremo pericolo, per salvare la propria vita o quella delle altre persone affidate alle sue cure. 2. Il paragrafo 1 non si applica: a) se la situazione di estremo pericolo è dovuta, unicamente o unitamente ad altri fattori, al comportamento dello Stato che la invoca; o b) se tale atto è suscettibile di creare un pericolo comparabile o più grave. È il caso di un membro dell’equipaggio che sta per morire e il capitano sceglie di arrivare subito verso la costa estera senza avvertire. Il paragrafo 2 spiega quando questo caso non genera esclusione. Una tra le norme più complesse, è quella dell’art. 25 sullo stato di necessità; la complessità sta nel capire i casi in cui si possa applicare: - Articolo 25  Stato di necessità 1. Lo Stato non può invocare lo stato di necessità come causa di esclusione dell’illiceità di un atto non conforme ad uno dei suoi obblighi internazionali se non quando tale atto: a) costituisca per lo Stato l’unico mezzo per proteggere un interesse essenziale contro un pericolo grave ed imminente; e b) non leda gravemente un interesse essenziale dello Stato o degli Stati nei confronti dei quali l’obbligo sussiste, oppure della comunità internazionale nel suo complesso. 2. In ogni caso, lo stato di necessità non può essere invocato da uno Stato come motivo di esclusione dell’illiceità̀ se: a) l’obbligo internazionale in questione esclude la possibilità̀ di invocare lo stato di necessità; o b) lo Stato ha contribuito al verificarsi della situazione di necessità. Sono delle ipotesi già marginali, ma ancora più marginalizzate perché spesso le clausole di deroga sono.. - Articolo 26  Rispetto di norme imperative Nessuna disposizione del presente capitolo esclude l’illiceità di ogni atto di uno Stato che non sia conforme ad un obbligo derivante da una norma imperativa del diritto internazionale generale. L’art. 26 prevede che indipendentemente dalla clausola invocata, tutte le norme sono sottoesposte al rispetto del diritto imperativo, ossia dello jus cogens. - Articolo 27  Conseguenze dell’invocazione di una causa di esclusione dell’illiceità L’invocare una causa di esclusione dell’illecito in conformità col presente capitolo non pregiudica: a) Il rispetto dell’obbligo in questione, se e nella misura in cui la causa di esclusione dell’illiceità non sussiste più; b) La questione dell’indennizzo per ogni perdita effettiva causata dall’atto in questione. 05/04/2022 Piccolo intervento sull’attacco a Bucha (Ucraina) C’è un problema di qualifica giuridica. I fatti riportati nelle immagini, sono qualificabili come crimini contro l’umanità o come crimini di guerra. 70 I primi sono degli attacchi sistematici e generali contro la popolazione civile che richiedono dunque un’azione in larga scala e ripetuti o diffusi con oggetto la popolazione civile. I secondi non hanno necessariamente contro la popolazione civile, ma possono essere anche contro i militari delle forze nemiche. I crimini di guerra possono essere commessi anche contro i combattenti e anche contro coloro che hanno smesso di prendere parte attiva alle ostilità (es. feriti, ostaggi, prigionieri di guerra, donne, bambini ecc.) Tali crimini si orientano su 2 assi: 1. Diritto dell’Aja  serie di condotte qualificate in alcune convenzioni negoziate ad Aja. Tale diritto concerne la regolamentazione delle tecniche, ossia dei mezzi e dei metodi di combattimento. In una guerra (dato che la sua finalità non è l’annientamento del nemico ma la vittoria militare) posso usare tutte le azioni necessarie e proporzionali per vincere la guerra ma non posso usare le azioni eccedenti. 2. Diritto di Ginevra  serie di condotte negoziate a Ginevra. Prevede la protezione di una serie di categorie soggettive che possono essere ricondotte a tutti coloro che non prendono parte attiva alle ostilità. Tutti questi soggetti a una protezione speciale. Nel caso di Bucha, ci possiamo interrogare sia sulla qualifica di crimini contro l’umanità, sia sulla qualifica di crimini di guerra. Secondo il prof, non è ancora possibile parlare di genocidio (anche se la Russia lo ha fatto parlando del Donbass). Segue: RESPONSABILITA INTERNAZIONALE: La responsabilità dello stato per fatti illeciti Elementi controversi dell’illecito internazionale Un problema che si pone, oltre a quello degli elementi certi, è il problema della configurabilità o meno della presenza di elementi controversi. Sono in genere identificati nell’elemento della colpa e del danno. Questi due elementi, la colpa e il danno, non trovano una esplicita cittadinanza nel progetto della responsabilità degli stati. 1. La colpa La teoria generale della colpa, se il soggetto agente prende in considerazione la possibilità che qualcosa potrà accadere o è soggetto a un obbligo di correttezza, ha una sua rilevanza con riferimento all’illecito internazionale. Abbiamo 3 modelli di riferimento nella teoria generale: 1. Modello di responsabilità più legata alla volontà e che può assumere le forme di:  Dolo  Colpa grave  Colpa lieve 2. Modello di responsabilità non associato alla volontà e dunque a un elemento di colpevolezza: la responsabilità oggettiva (=attribuzione automatica di un comportamento a un determinato soggetto) (es. responsabilità dei genitori, responsabilità medica ecc.) Possono essere dei casi di responsabilità assoluta o relativa. La prima non ammette la possibilità di ammettere una causa di esclusione della responsabilità, mentre la seconda prevede tale possibilità. Esempio  responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Quando sottoscrivo un contratto, viene a configurarsi un modello di responsabilità contrattuale e questa comporta che, a meno che io non abbia una causa di esclusione, sarò responsabile. Nella responsabilità extracontrattuale invece, il sistema è rovesciato perché si ha un’inversione dell’onere della prova per cui si dovrà dimostrare che la condotta dell’altro soggetto ha effettivamente prodotto un danno. Ci si è demandati a lungo se nella ricostruzione della figura che permetteva l’emersione di un illecito internazionale dello stato, servisse riconoscere una qualche forma di colpa. 71 Grozio (uno dei padri del diritto internazionale) sosteneva che per attribuire un illecito internazionale a un ostato, occorresse che allo stato fosse attribuibile una determinata condotta avuta per imperizia, imprudenza o negligenza. Questa impostazione groziana del tema della colpa è stata sovvertita da Anzellotti (giusta internazionalista di inizio ‘900) che sosteneva che la natura della responsabilità internazionale non fosse una natura riconducibile al concetto della colpa e ciò in virtù di una teoria organica dello stato, ma fosse una natura ricostruibile secondo un regime residuale di responsabilità oggettiva relativa. Riguardo la ricostruzione dell’illecito, abbia una prassi molto frammentata: vi sono dei temi su cui ricostruire un’eventuale rilevanza dell’elemento volontaristico della colpa (es. trattamento degli stranieri: vi è l’obbligo di trattare in maniera corretta gli stranieri nel proprio territorio. È un obbligo modulare perché dipende dalla qualifica dello straniero che si trova a transitare. Questo è un obbligo che prevede una diligenza di un ostato e per cui qualora l’Italia ospitasse il presidente della Francia e questo venisse preso a pomodori durante una conferenza, ci sarebbe un’ipotetica negligenza dell’Italia per quanto riguarda le norme sul trattamento degli stranieri). Quando gli stati giungono a una controversia sulla ricostruzione dell’illecito sulla protezione degli stranieri, invocano la violazione di una norma di diligenza corretta, ossia una sorta di colpa nell’esecuzione degli obblighi statali. Vi sono poi altri casi che prevedono la possibilità di invocare un modello di responsabilità assoluto (es. convenzioni internazionali che si occupano del lancio degli oggetti nello spazio e che prevedono che il lancio o la ricaduta provochino dei danni, indipendentemente dalla ricostruzione del tema della volontà, esiste un collegamento diretto tra quella condotta e la responsabilità dello stato). Per tutti gli altri casi che non ricadono nei casi di regime speciale in cui la colpa, esiste un regime riferibile a un concetto di responsabilità oggettiva di tipo relativa. Ciò significa che se abbiamo una controversia su di un tema specifico e devo dimostrare un elemento colposo o non devo dimostrare nessun elemento, in assenza di disposizioni previste nel progetto di responsabilità dello stato, applicherò una teoria di responsabilità oggettiva di tipo relativa. Questo significa che: il solo fatto che ci sia stato un elemento oggettivo dell’illecito ossia una violazione di norma e questo elemento sia attribuibile allo stato, ciò è sufficiente per invocare la responsabilità internazionale, però dato che ci troviamo in un modello di responsabilità oggettiva relativa, lo stato contro cui si invoca la responsabilità, potrà difendersi sulla scorta di una delle circostanze di esclusione dell’illiceità. Detto ciò, vediamo che anche le cause di esclusione dell’illecito ci dicono qualcosa sull’elemento soggettivo. Le circostanze che generalmente vengono invocate sono quelle di stato di necessità o di forza maggiore che sono quelle che più impattano sull’eliminazione dell’elemento volontaristico (per lo stato di necessità) oppure lo contraggono (come per la fora maggiore). La forza maggiore però, viene spesso richiamata a sproposito. Per evitare la manipolazione estensiva dello stato di necessità, la norma del progetto sulla responsabilità dello stato, è tutta volta al negativo: “Lo Stato non può invocare lo stato di necessità come causa di esclusione dell’illiceità di un atto non conforme ad uno dei suoi obblighi internazionali se non quando tale atto: a) costituisca per lo Stato l’unico mezzo per proteggere un interesse essenziale contro un pericolo grave ed imminente; ecc.” Tali interessi essenziali dello stato, hanno un’interpretazione molto estensiva e non possono arrivare a ricomprendere ad es. interessi economici. 2. Il danno Il danno è un ulteriore elemento controverso dell’illecito ma non trova una sua collocazione specifica nel progetto, per cui tendenzialmente gli viene esclusa la cittadinanza. Esso non trova una sua collocazione all’interno del progetto di responsabilità degli stati, proprio come la colpa. Il danno può avere qualche rilevanza sulla questione della conseguenza dell’illecito internazionale, lì dove le conseguenze non concernono direttamente lo stato che subisce gli 72 1. Lo Stato responsabile di un atto internazionalmente illecito ha l’obbligo di risarcire il danno causato da tale atto nella misura in cui il danno non è riparato attraverso la restituzione 2. Il risarcimento coprirà ogni danno suscettibile di valutazione economica ivi compreso il mancato guadagno nella misura in cui sia determinato. La terza forma è la soddisfazione, disciplinata dall’art. 37 del progetto. - Articolo 37  Soddisfazione 1. Lo Stato responsabile di un atto internazionalmente illecito ha l’obbligo di fornire soddisfazione per il pregiudizio causato dall’atto nella misura in cui non può essere riparato mediante restituzione o risarcimento. 2. La soddisfazione può consistere in un riconoscimento della violazione, una manifestazione di rincrescimento, la presentazione di scuse o altra modalità adeguata. 3. La soddisfazione non può essere sproporzionata rispetto al pregiudizio e non può assumere una modalità umiliante per lo Stato responsabile. Ad esempio, nel caso di forti violazioni dei diritti umani, si potrebbero prevedere dei percorsi pedagogici di educazione civile, un memoriale o una giornata della Memoria con cui lo stato dimostra di avere un certo rimorso per i fatti accaduti in passato. Resta da chiarire la posizione dell’autotutela. A fronte della previsione di un illecito internazionale e dell’assenza di una causa di giustificazione dell’illiceità, indipendentemente dal riconoscimento di un elemento di danno o colpa, in capo allo stato offensore vi è: - Obbligo di cessare l’illecito; - Obbligo di riparare l’illecito; - Obbligo di sopportare le azioni che lo stato offenso compie in autotutela, purché siano misure proporzionali e rispettose di elementi precisi  le c.d. contromisure I mezzi di coercizione del diritto discendono direttamente dalla commissione di un illecito internazionale. Ad esempio, se la situazione fosse nell’ordinamento interno, è come se dopo l’illecito si verificasse subito la fase esecutiva senza quella legislativa. Inoltre, la fase esecutiva non è affidata ai singoli ma ad organi istituzionali. Nell’ordinamento internazionale invece, sorgono contemporaneamente obblighi e poteri di autotutela e il dovere di sopportarle. Distinzione degli illeciti Inizialmente si è distinto tra crimini e illeciti ordinari, ciò in quanto il peso dei due è ben diverso, per cui vi sono delle violazioni più gravi e delle violazioni meno gravi. Questa distinzione è stata abbandonata. Seppure tale distinzione sia stata abbandonata, non è stata completamente abbandonata l’idea che esistano delle violazioni più gravi e violazioni meno gravi. La parte III del Progetto, riguarda l’attuazione della responsabilità internazionale di uno stato e al cap.1 tratta l’invocazione della responsabilità di uno stato. - Articolo 42  Invocazione di responsabilità da parte dello Stato leso Uno Stato è legittimato, come Stato leso, ad invocare la responsabilità di un altro Stato se l’obbligo violato sussiste nei confronti di: 1. quello Stato individualmente; o 2. un gruppo di Stati comprendente quello Stato, o della comunità internazionale nel suo insieme, e la violazione dell’obbligo: a. riguarda specialmente quello Stato, o b. è di natura tale da modificare radicalmente la posizione di tutti gli altri Stati nei confronti dei quali l’obbligo sussiste rispetto al successivo adempimento dell’obbligo. 75 Le 3 situazioni illustrate rappresentano che, mentre la distinzione tra illeciti e crimini, era una distinzione che si poneva sul piano dello stato offensore chiedendo cosa avesse fatto, adesso ci si è spostati sul piano dello stato leso. Nella prima situazione si tratta dello stato leso che è particolarmente interessato, mentre nella seconda situazione, si hanno una comunanza di interessi tra più stati violati. - Articolo 48  Invocazione della responsabilità da parte di uno Stato diverso da uno Stato leso 1. Ogni Stato diverso da uno Stato leso è legittimato ad invocare la responsabilità di un altro Stato ai sensi del paragrafo 2 se: a) l’obbligo violato sussiste nei confronti di un gruppo di Stati comprendente quello Stato, ed è stabilito per la tutela di un interesse collettivo del gruppo; o b) l’obbligo violato si pone nei confronti della comunità internazionale nel suo complesso. 2. Ogni Stato legittimato ad invocare la responsabilità in virtù del paragrafo 1 può reclamare dallo Stato responsabile: a) la cessazione dell’atto internazionalmente illecito, ed assicurazioni e garanzie di non ripetizione in conformità all’articolo 30; e b) l’adempimento dell’obbligo di riparazione in conformità con gli articoli precedenti, nell’interesse dello Stato offeso o dei beneficiari dell’obbligo violato. 3. Le condizioni perché uno Stato offeso possa invocare la responsabilità prevista dagli articoli 43, 44 e 45 si applicano quando la responsabilità è invocata da parte di uno Stato legittimato a farlo ai sensi del paragrafo 1. Esistono degli obblighi che non devono essere più immaginati come degli obblighi reciproci ma che devono essere immaginati come degli obblighi nell’interesse di più stati (erga omnes). Gli stati che invocano la responsabilità seppure non siano direttamente colpiti nei confronti di uno stato offensore (es. Italia nel caso Ucraina – Russia) possono farlo e agire come degli stati direttamente lesi perché l’obbligo è erga omnes. E se l’autore dell’illecito non si conforma? Subentra il terzo tipo di attività che sono quelle iscritte nelle contromisure ex cap. 2, art. 49 del progetto. - Articolo 49  Oggetto e limiti delle contromisure 1. Uno Stato leso può adottare contromisure nei confronti di uno Stato che sia responsabile di un atto internazionalmente illecito soltanto al fine di indurre quello Stato a conformarsi ai propri obblighi ai sensi della parte II. 2. Le contromisure sono limitate al non rispetto temporaneo di obblighi internazionali dello Stato che agisce nei confronti dello Stato responsabile. 3. Per quanto possibile le contromisure saranno adottate in modo tale da permettere la ripresa dell’adempimento degli obblighi in questione. L’art. 49 dice che le contromisure adottate non hanno mai uno scopo di carattere afflittivo, ma hanno uno scopo di riordino e di far conformare lo stato agli obblighi e per cui dovranno essere temporanee. - Articolo 50  Obblighi non pregiudicabili da contromisure 1. Le contromisure non pregiudicheranno: a) l’obbligo di astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza come espresso dalla Carta delle Nazioni Unite; b) gli obblighi di tutela dei diritti umani fondamentali; c) gli obblighi di carattere umanitario che vietano rappresaglie; d) gli altri obblighi derivanti da norme imperative di diritto internazionale generale. 2. Uno Stato che ricorra a contromisure non è esentato dall’adempiere ai propri obblighi: a) derivanti da procedure di soluzione delle controversie applicabile nei rapporti con lo Stato responsabile; b) di rispettare l’inviolabilità̀ di agenti, locali, archivi e documenti diplomatici o consolari. 76 - Articolo 54  Misure prese da Stati diversi da uno Stato leso Il presente capitolo non pregiudica il diritto di ogni Stato, legittimato ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 1 di invocare la responsabilità di un altro Stato, di adottare misure lecite contro quello Stato per assicurare la cessazione della violazione e la riparazione nell’interesse dello Stato leso o dei beneficiari dell’obbligo violato. L’art. 54 è stato criticato in dottrina perché da un lato riconosce che anche stati non direttamente lesi possono agire contro un illecito internazionale perché le conseguenze dell’illecito si irradiano verso stati terzi se riguardano obblighi di carattere generale dell’ordinamento internazionale. Nel momento in cui si tratta di stabilire quali siano i poteri dello stato leso, l’art. 54 limita il discorso alla possibilità di chiedere una riparazione a vantaggio dello stato che ha subito il danno o di adottare delle misure lecite. 77