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Dispensa Conso Grevi aggiornata alla Riforma Cartabia 2024 (prof. Iasevoli Falato, Maffeo), Dispense di Diritto Processuale Penale

PROCEDURA PENALE - DIRITTO PROCESSUALE PENALE (15 CFU), anno accademico 2024-2025 Dispensa del manuale di G. Conso e V. Grevi diretto da M. Bargis, AGGIORNATA alle ULTIMISSIME modifiche del 2024 della Riforma Cartabia, perfetta sia per chi deve sostenere l'esame con la professoressa Iasevoli sia per chi deve sostenerlo con la prof. Falato, prof. Nacar e la prof. Maffeo. Le modifiche sono IN FONDO al documento (lo preciso perché c'è chi lo acquista e non lo legge del tutto, lasciando così recensioni negative).

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 25/06/2023

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Scarica Dispensa Conso Grevi aggiornata alla Riforma Cartabia 2024 (prof. Iasevoli Falato, Maffeo) e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! 1 Dispensa completa Procedura Penale, 2023, G. Conso - V. Grevi È con estremo piacere che vi presentiamo questa dispensa dedicata al diritto processuale penale, una materia complessa e affascinante che richiede impegno costante e una profonda comprensione delle norme e dei principi che la governano. Questa dispensa rappresenta il risultato del lavoro collettivo di molte persone, tutte unite dall'aver intrapreso una carriera accademica nel vasto campo del diritto processuale penale. Chi scrive, in particolare, è in procinto di completare un dottorato in questa materia, un percorso che ha richiesto anni di studio e approfondimento. Tuttavia, il nostro obiettivo non è quello di offrire l'unico strumento di preparazione per l'esame. Con questa dispensa, desideriamo invece fornire un'alternativa valida al costoso manuale di Paolo Tonini, permettendo agli studenti di risparmiare sulle spese di preparazione dell'esame. Crediamo fortemente che il diritto debba essere accessibile a tutti, indipendentemente dalle risorse economiche disponibili, e speriamo che questa dispensa contribuisca a rendere l'apprendimento più accessibile e inclusivo. Tuttavia, consigliamo vivamente agli studenti di investire le risorse economiche risparmiate nell'acquisto di un Codice di procedura penale aggiornato e commentato. Questo strumento rappresenta un valido supporto per la preparazione dell'esame e sarà indispensabile per il futuro, sia in ambito concorsuale che professionale. Speriamo che questa dispensa si riveli di grande aiuto nel vostro percorso di apprendimento e vi auguriamo buona fortuna per l'esame e per il vostro futuro nel mondo giuridico. Prima di iniziare il percorso di studio sulla procedura penale, desidero evidenziare alcuni punti fondamentali per un approccio efficace all'esame. È importante tenere presente che l'esame di procedura penale dà grande rilievo agli ultimi capitoli della dispensa. Circa l'80% delle domande riguarderà queste sezioni, che rappresentano le ultime 100 pagine. Questo dato è di cruciale importanza per la pianificazione dello studio e richiede una ripetizione costante e graduale di tali argomenti nel corso di diversi giorni. Durante l'esame, saranno sempre poste due domande sui procedimenti speciali e sulle impugnazioni, in particolare sull'appello, la cassazione e le impugnazioni straordinarie. È fondamentale approfondire in modo accurato e dettagliato questi argomenti. Inoltre, una domanda sicura che comparirà all'esame riguarderà le misure cautelari. Quindi, è importante dedicare particolare attenzione e studio a questi tre argomenti, considerandoli come priorità. Tuttavia, ciò non significa che si possa trascurare completamente la parte iniziale della dispensa. È importante leggere attentamente i primi capitoli, concentrandosi soprattutto sui soggetti coinvolti nel processo, come il giudice e la sua competenza, e sulle questioni relative alla 2 nullità. Questi concetti costituiscono una base solida per la comprensione generale della materia e rappresentano una chiave di lettura fondamentale per gli argomenti successivi. La ripetizione costante, lo studio mirato e la corretta distribuzione del tempo di studio in base all'importanza degli argomenti sono elementi chiave per affrontare con successo l'esame di procedura penale. È consigliabile pianificare uno schema di studio che preveda sessioni dedicate alla revisione degli argomenti cruciali, come le impugnazioni, il giudizio, le prove (con particolare attenzione alla testimonianza), l'archiviazione, le misure cautelari e i procedimenti speciali. I PRINCIPI DELLA COSTITUZIONE AVENTI RILEVANZA NEL PROCESSO PENALE ART 3 > Il principio di eguaglianza formale (co.1) e sostanziale (co.2) comporta che siano trattate “egualmente” situazioni eguali e “diversamente” situazioni diverse; ed ogni differenziazione, per essere giustificata, deve risultare ragionevole. ART 13 > La libertà personale è inviolabile (co.1); Le relative restrizioni (detenzione, ispezione o perquisizione personale ed altro) sono ammesse solo “per atto motivato dell’A.G. e nei soli casi e modi previsti dalla legge” (co.2, ponendo la Riserva di giurisdizione). L’unica deroga è disciplinata nel co.3, per cui in “casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro 48 ore all’A.G.” per essere convalidati (altrimenti decadono e restano privi di effetti). Il co.4 pone la tutela di tale libertà, sancendo che “è punita ogni violazione fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà”. Il co.5 pone un onere per il legislatore, di stabilire “i limiti massimi della carcerazione preventiva”. ART 14 > il domicilio è inviolabile (co.1), e “non si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e nei modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale” dall’art 13 co.2 e 3 (co.2). ART 15 > “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione” (co.1) sono inviolabili, e “la loro limitazione può avvenire solo per atto motivato dell’A.G. con le garanzie stabilite dalla legge” (co.2). ART 24 > Il co.1 nel prevedere che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei proprio diritti e interessi legittimi” delinea il c.d. diritto di azione (diverso dall’azione penale ex art 112 Cost). Il co.2 proclama “inviolabile in ogni stato e grado del procedimento” il diritto di difesa, da 5 Il codice di procedura penale (in vigore dal 24/10/1989) è stato emanato in forza e sulla base dei principi e criteri direttivi della legge-delega 16/02/1987 n.81. Il codice era ed è accompagnato da norme di attuazione, da norme transitorie e da norme di coordinamento (queste ultime permettono di cogliere il reale “ambito di applicazione del codice” attraverso la esplicita correlazione con istituti che potremmo definire di “diritto Basta soffermarsi, da subito, sul continuo variare della stessa impostazione di fondo, che stando al preambolo dell’ art 2 della delega 81/1987, avrebbe dovuto condurre il nuovo codice (in aperta contrapposizione allo spirito inquisitorio cui era ispirato il precedente codice del 1930) ad attuare:  “i principi della Costituzione, adeguandosi anche alle norme delle Convenzioni internazionali ratificate in Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale”,  “i caratteri del sistema accusatorio”. Si tratta di criteri e principi che non hanno potuto evitare (assieme a molti altri) di rimanere coinvolti nelle modificazioni e riforme apportate nel corso degli anni. Basti pensare, come le più clamorose riguardino gli artt 190bis, 195, 210, 238, 500, 512, 513, 514, 593 e 606. 3 fasi: indagini preliminari  udienza preliminare  dibattimento Per meglio evidenziare la funzione ed il ruolo dei riti speciali, si parla anche di deflazione dibattimentale, di risparmio costi, di efficienza del sistema. Alcuni riti speciali sono disposti per la “deflazione dibattimentale” (giudizio abbreviato, patteggiamento, procedimento per decreto penale, sospensione del procedimento con messa alla prova, procedimento di oblazione). Altri, invece (giudizio immediato e giudizio direttissimo), anticipano il dibattimento. Introduzione Lo studio che andremo a trattare poggia le proprie basi sul codice di procedura penale del 1988, articolato in due parti (statica e dinamica) ed undici libri. Per comprendere in maniera chiara lo studio della materia, è opportuno analizzare quelle che sono quattro chiavi di lettura, che ci consentiranno di cogliere i connotati venuti via via a caratterizzare l’intero insieme. 1) Prima chiave di lettura: il passaggio da una legislazione nata per delega ad una legislazione divenuta estremamente composita. La prima chiave di lettura rimanda alla “vera” origine del codice del 1988, che, in quanto legata ad una legge delega (l.81/1987), impone di distinguere:  ciò che dal testo iniziale è rimasto inalterato,  da ciò che è frutto di successiva legislazione diretta o di statuizioni della Corte costituzionale. Riferimento ad un sistema accusatorio inteso “secondo i principi ed i criteri che seguono”, richiedenti:  La “massima semplificazione nello svolgimento del processo”,  “l’azione del metodo orale”;  “la partecipazione dell’accusa e della difesa su basi di parità in ogni stato e grado del procedimento”. 2) Seconda chiave di lettura: i rapporti tra rito ordinario e riti speciali. La seconda chiave di lettura è dedicata all’attenzione riguardante i rapporti tra il rito ordinario e il rito speciale:  Rito ordinario > inteso il procedimento che, dopo le indagini preliminari del P.M. non concluse dall’archiviazione della notizia di reato, giunge all’udienza preliminare e, non potendosi chiudere con sentenza di non luogo a procedere, sfocia nel giudizio imperniato sul dibattimento-  Rito speciale (o alternativi) > caratterizzati dall’assenza di una delle 3 fasi. Per completezza, persegue scopi deflativi del dibattimento anche la nuova causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art 131bis c.p.) Tale istituto è applicabile nei casi di “procedibilità a querela soggetta a remissione”, e di regola il giudice dichiara estinto il reato: o “sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, ed ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato” (art 162ter co.1 c.p.). Ciò ha comportato un superamento dell’antica distinzione circa i procedimenti per reati di competenza del tribunale – procedimenti per reati di competenza del pretore. È subentrata, a tal proposito, la nuova distinzione tra procedimenti per reati attribuiti al tribunale in composizione collegiale – procedimenti per reati attribuiti al tribunale in composizione monocratica. Proprio l’ampliamento delle ipotesi criminose che, col subentrare del giudice unico, venivano sottratte al collegio e, quindi, automaticamente private delle garanzie insite nell’udienza preliminare, rendeva necessaria la ricerca di nuovi meccanismi almeno parzialmente suppletivi, poi considerati nell’innovazione rappresentata dall’udienza di comparizione su citazione diretta da parte del P.M. Da segnalare è che il d.lgs. 116/2017 ha attuato la riforma organica della magistratura onoraria e dettato altre disposizioni sui giudici di pace, creando:  la nuova figura del “giudice onorario di pace” (che accorpa in sé le precedenti figure del giudice onorario di tribunale e del giudice di pace), per indicare il magistrato onorario addetto all’ufficio del giudice di pace. 6 Accanto ai riti speciali che mirano ad evitare il dibattimento, ve ne sono altri che mirano a dargli vita il prima possibile. Discorso analogo vale anche per il nuovo istituto della estinzione del reato per condotte riparatore (art 162ter c.p.), inserito con la riforma Orlando (l.103/2017). 3) Terza chiave di lettura: l’introduzione del giudice unico togato di primo grado e poi, anche, del giudice di pace. A partire dal 2/06/1999, l’istituzione del giudice unico togato di primo grado (tribunale in composizione monocratica) ha portato innovazioni nel settore penale. La riforma ha rivalutato la struttura ordinamentale e la distribuzione di compiti tra i vari giudici:  È stata soppressa la pretura e il relativo suo ufficio > il tutto è stato assorbito, ufficio del G.I.P. compreso da parte del tribunale.  Soppresso anche la procura della Repubblica presso la pretura > con assorbimento da parte della procura della Repubblica presso il tribunale. A dimostrazione di quanto detto, il Libro VIII, originariamente intitolato “Procedimento davanti al pretore”, dal 1988 risulta dedicato al “Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica”. Ciò è avvenuto, pur disciplinando i soli procedimenti aventi ad oggetto i reati già demandati alla competenza del “vecchio” pretore, più alcuni fra quelli (ovviamente i meno gravi) demandati ex novo alla composizione monocratica del tribunale in seguito all’istituzione del giudice unico. Invece, per tutti gli altri, cioè i più gravi, si fa rinvio alle norme dettate per i procedimenti aventi ad oggetto i reati attribuiti alla composizione collegiale, prime fra tutte per importanza quelle disciplinanti l’udienza preliminare Considerazioni analoghe si ripetono circa la competenza penale devoluta al giudice di pace, nell’intento di togliere al giudice togato di primo grado il carico costituito da quei reati di minore gravità non passabili di depenalizzazione. Ad ogni, un aspetto che il legislatore dovrà sempre assicurare è la “ragionevole durata per ogni processo”, come dettata attualmente dal co.2 art 111 Cost, mentre l’art 6 c.e.d.u. parla di “diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole”. Ineludibile, è anche quanto sottintende la Convenzione europea: essendo oggetto di un “diritto della persona umana”, la durata ragionevole del processo va assicurata all’imputato tanto se innocente quanto se colpevole, data anche la presunzione di non colpevolezza riconosciutagli fino al giudicato di condanna. Ecco il vero paradosso che incombe sul nostro processo penale; quello della prescrizione, è un istituto avente, fra l’altro, lo scopo di sollecitare la giustizia a non andare troppo per le lunghe. Ma, per chi ha torto, si trasforma in una sorta di ancora di salvezza, potendosi tradurre (quando l’”impresa” riesca), in un proscioglimento per estinzione del reato strappato con i denti. In sostanza, inserendo 3 nuovi commi dopo il primo nell’art 159 c.p., il legislatore ha regolamentato il rapporto fra prescrizione e impugnazioni. Con l’attuale normativa, il corso della prescrizione rimane sospeso dal termine previsto dall’art 544 c.p.p. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo massimo di 1 anno e 6 mesi; e, in maniera analoga, dal termine previsto ex art 544 c.p.p. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo massimo di 1 anno e 6 mesi. 7 4) Quarta chiave di lettura: l’inserimento in Costituzione dei principi del “giusto processo”, a cominciare dalla sua “ragionevole durata”. È sicuramente la chiave di lettura più importante, ma allo stesso tempo anche più problematica. Sarà opportuno tener sempre in considerazione tale norma costituzionale, ed in particolare i suoi primi 5 commi premessi all’originario co.1 dalla l.cost. 2/99. Infatti, sia il co.1 che il co.2 hanno riguardo ad ogni tipo di processo avente natura giurisdizionale. gli altri 3 commi appaiono, invece, riferiti al solo processo penale. La crescita di garanzie attorno al nucleo rappresentato dal principio del contraddittorio consente di affermare che il nostro processo si sta, sia pur lentamente, caratterizzando in senso accusatorio. E nella prospettiva di realizzare la ragionevole durata si è mossa la l. 103/2017, mirante all’obiettivo, non sempre raggiunto, di razionalizzare e semplificare il processo penale. È ormai di prassi che la difesa degli imputati più timorosi di andare incontro alla smentita di tale presunzione sia improntata alla ricerca della prescrizione del reato addebitato, tanto che, una volta ottenutane la dichiarazione, ben raramente viene esercitato il diritto di rinunciarvi (apertamente riconosciuto con la sent. 275/1990). Specialmente dopo che la l. 251/2005 ha ridotto sensibilmente i termini di prescrizione per non poche fattispecie di rilevante gravità e dopo che la l. 29/2001 (c.d. Legge Pinto), con la previsione di un’equa riparazione in caso di irragionevole durata del processo, penale e no, ha spesso dato luogo ad ulteriori ritardi e nuove contenziosi, occorrevano ben più profonde innovazioni. Un tentativo in tal senso è stato effettuato dalla l.103/2017, che è intervenuta sulla materia della prescrizione disciplinata dal codice penale. Per pronunciarsi sugli effettivi risultati si dovrà attendere il vaglio della prassi, soprattutto con riguardo alla durata del giudizio di appello. 1 0 o “l’attribuzione degli affari al giudice in composizione collegiale o monocratica non si considera attinente alla capacità del giudice né al numero dei giudici necessario per costituire l’organo giudicante”. La Costituzione vieta di istituire giudici straordinari/speciali; mente ammette l’istituzione di giudici specializzati  es. il Tribunale per i minorenni. Restano esclusi dal divieto, conformemente a quanto ricavabile ex art 103 co.3 e 134 Cost  la Corte costituzione. Da menzionare è la l.57/2016, la quale:  Da un lato, contiene la delega al Governo per la riforma organica di tutta la magistratura onoraria (obiettivo raggiunto col d.lgs.116/2017);  Dall’altro, detta regole di immediata applicabilità. Col d.lgs.116/2017 si è raggiunto uno statuto unico della magistratura onoraria, unificando i giudici onorari di tribunale e i giudici di pace nella categoria dei “giudici onorari di pace”. Quanto i vice procuratori ononari, nel provvedimento viene ribadita la temporaneità dell’incarico; la durata massima di 2 quadrienni, ferma restando l’invalicabilità del tetto dei 65 anni di età; si dettano regole per il tirocinio semestrale. Inoltre, nel decreto si disciplinano le funzioni e compiti dei giudici onorari di pace; ci si occupa anche della formazione permanente dei giudici onorari. In merito al G.I.P. e al G.U.P., si sono avute importanti innovazioni di carattere ordinamentale. In primis, per evitare possibili condizionamenti derivanti dalle attività compiute nel corso delle indagini preliminari, l’ordinamento giudiziario stabilisce che:  il G.U.P. debba essere diverso da quello che, nel medesimo procedimento, ha svolto le funzioni di G.I.P. in secundis, viene assicurata un’elevata qualificazione professionale dei giudici su descritti: - devono avere precedentemente svolto per almeno 2 anni la funzione di giudice del dibattimento/G.I.P. inoltre, per garantire la terzietà di questi giudici, è stata fissata la regola della temporaneità delle funzioni (massimo 10 anni stabilito nel 2008); qualora alla scadenza del termine sia in corso il compimento di un procedimento, l’esercizio delle funzioni viene prorogato, limitatamente a quel singolo procedimento, sino al compimento dell’attività in questione. Al di fuori di questa specifica ipotesi, le disposizioni sulla proroga e durata, possono essere derogate solo “per imprescindibili e prevalenti esigente di servizio”. 1 1 3. Profili ordinamentali. Di prima importanza, risulta la distinzione tra:  Giudici straordinari > istituiti successivamente al fatto da giudicare;  Giudici speciali > figure estranee alla legge di ordinamento giudiziario;  Giudici ordinari > traggono la loro legittimazione dall’ordinamento giudiziario. La categoria rispetto alla quale è opportuno un raccordo con la normativa del codice è quella dei giudici ordinari, che dopo la soppressione dell’ufficio del pretore (d.lgs.51/1998) e l’entrata in vigore del d.lgs.274/2000 (competenza penale del giudice di pace), ricomprende i seguenti organi: a) GIUDICE DI PACE > giudice onorario e monocratico, contrapposto al giudice professionale e al giudice collegiale. b) Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) > monocratico. c) Giudice dell’Udienza Preliminare (G.U.P.) > monocratico. d) Tribunale ordinario > a seconda della gravità del reato o delle caratteristiche dello stesso, tale organo giudica in composizione monocratica oppure in composizione collegiale (decidendo con 3 componenti). e) Corte d’assise > giudice collegiale composto da 8 magistrati, di cui 2 togati (magistrati di carriera) e 6 laici (giudici popolari, che solo temporaneamente fanno parte dell’ordine giudiziario e sono scelti fra i cittadini in possesso di determinati requisiti). Quanto alla Corte di cassazione, le cui funzioni le sono attribuite ex art 65 ord.giud., viene definita giudice di legittimità, accertando questioni di diritto (in contrapposizione ai giudici di merito, i quali accertano sia le questioni di fatto che quelle di diritto). La Corte è divisa in 7 sezioni, ciascuna delle quali giudica con 5 componenti, che diventano 9 quando tale organo è chiamato a pronunciarsi nella composizione a Sezioni Unite. All’ufficio di consigliere della corte di cassazione vengono chiamati “professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano 15 anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori”. ART 2  Cognizione del giudice. “Il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito [3,263,479].” (co.1) “La decisione del giudice penale che risolve incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo [478].” (co.2) Si tratta di 2 sole ipotesi, con riferimento alle quali è parso opportuno consentire che sulla questione pregiudiziale intervenga una vera e propria decisione, idonea a stabilizzarsi con la formazione del giudicato, e non un accertamento incidentale suscettibile di essere contraddetto da ulteriori accertamenti di segno eventualmente opposto. 1 2 f) Corte d’appello > giudice collegiale composto da 3 magistrati. g) Corte d’assise d’appello > giudice collegiale, la cui composizione mista (2 togati + 6 laici) ricalca quella della corte d’assise. h) Magistrato di sorveglianza > monocratico. i) Tribunale di sorveglianza > giudice collegiale composto da 4 magistrati (2 togati + 2 laici). j) Corte di cassazione > giudice di legittimità posta al vertice della gerarchia. Quanto ai giudici minorili, i quali sono, invece, regolati dalla legge di ordinamento giudiziario, appartengono alla categoria dei giudici ordinari specializzati. 4. Questioni pregiudiziali e sospensione del processo. (Art 2-3) Quella penale è una giurisdizione autosufficiente, nel senso che ha cognizione autonoma su tutte le questioni strumentali alla pronuncia finale. Quella con cui viene risolta la questione logicamente prioritaria è una semplice pronuncia incidentale che può avere natura civile, amministrativa o penale, e che ha rilevanza solo all’interno del procedimento in cui è inserita (cognitio incidenter tantum), senza alcuna efficacia vincolante in nessun altro processo (co.2). Inoltre, la necessità di una disciplina processuale idonea a fornire decisioni definitive in tempi ragionevolmente brevi ha indotto il legislatore ad abbandonare la regola della sospensione pregiudiziale, affermando:  il principio dell’autonoma cognizione del giudice penale rispetto a tutte le questioni pregiudiziali, eccetto quelle espressamente disciplinate nel codice di rito (art 3,479). A tal proposito, il co.1 art 2 prevede una clausola di salvezza (“salvo che sia diversamente stabilito”). Dunque, alla regola della cognizione incidentale ex art 2, si presentano deroghe suddivise in 2 categorie:  da un lato, si collocano quelle disposizioni che, in caso di controversia sulla proprietà delle cose sequestrate (art 263 e 324) o confiscate (art 676), si limitano a devolvere la relativa risoluzione al giudice civile;  dall’altro, quelle disposizioni che, occupandosi delle questioni da cui dipende la decisione definitiva, disciplinano i presupposti e il modus dell’eventuale sospensione, nonché l’efficacia della decisione intervenuta in sede extrapenale (art 3, 479) Così facendo, veniva precostituito, a favore di tali soggetti, una sorta di “scudo immunitario” temporaneo. Ad ogni modo, la disposizione a riguardo è stata dichiara illegittima. Con la soppressione dell’ufficio del pretore (dopo il 98), è stato introdotto un ulteriore criterio di assegnazione (quello delle “attribuzioni”) idoneo a delineare la competenza del tribunale in composizione collegiale o monocratica per determinati procedimenti di reato. Pur essendo affine al concetto della “competenza”, si differenzia perché opera come criterio interno di ripartizione (per il tribunale). ART 4  Regole per la determinazione della competenza. “Per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato/tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, eccetto le circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciali.” (co.1) 1 5 Inoltre, non essendo ribadito nell’art 479 quanto disposto nell’art 3 co.4, la sentenza extrapenale non ha efficacia vincolante. La sentenza extrapenale viene a far parte del materiale probatorio destinato a costituire la base per la formazione del convincimento del giudice, il quale la può anche disattendere, ma dandone le dovute motivazioni. Una particolare ipotesi di sospensione del processo dipendente solo dalla “qualità” dell’imputato, era quella prevista dalla l.124/2008 (“Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato”) stante al quale: o “i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità” di P.d. R., di P. del Senato della R., di P.d. Camera dei deputati e di P. d. Consiglio dei ministri dovevano essere “sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione”, anche se relativi a “fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione”. Ovviamente, aveva suscitato gravi dubbi di costituzionalità la circostanza che una così evidente eccezione al “principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione” fosse stata introdotta con una semplice legge ordinaria e non con una legge costituzionale. 5. La competenza: per materia, per territorio e per connessione. Capo II (Art 4-16) Il Capo II del Titolo I (“giudice”) è dedicato alla “competenza”:  Ossia, le regole che consentono di attuare una distribuzione, in senso orizzontale e verticale, delle regiudicande penali, in modo che risulti predeterminato il giudice legittimato a conoscere ogni procedimento, come imposto dall’art 25 co.1 Cost. Esistono 3 figure tradizionali: competenza per materia, per territorio e per connessione. A. Competenza per materia. A tal proposito, si tiene conto:  Sia del tipo di reato > criterio qualitativo;  Sia del livello della pena edittale > criterio quantitativo Per il cui calcolo è disposto l’art 4 “Regole per la determinazione della competenza”. L’art 5, nel delineare la “competenza della corte di assise” tiene in considerazione tanto il criterio quantitativo quanto quello qualitativo. Nello specifico risultato affidati alla corte di assise ex co.1: a) I delitti punti con l’ergastolo con la reclusione non inferiore nel massimo a 24 anni, Il co. d-bis è stato introdotto in sede di conversione del d.l. 10/2010. In passato, ovvero prima della l.228/ 2003, i delitti previsti in materia di “schiavitù” su descritti, erano devoluti al tribunale in composizione collegiale e non alla corte di assise. In riferimento al tribunale, sarà opportuno distinguere circa le ipotesi “attribuite” alla composizione collegiale/monocratica. 1 6 eccezion fatta per i delitti, comunque aggravati: - di tentato omicidio, di rapina, di estorsione di tipo mafioso anche straniera e per i delitti di sostanze stupefacenti. Con l’aggiunta dell’inciso “comunque aggravati” il legislatore aveva neutralizzato un orientamento della giurisprudenza propenso a ravvisare la competenza della corte di assise nel caso in cui, grazie al gioco delle aggravanti, la pena detentiva inflitta per i delitti di rapina e di estorsione superasse il tetto di 24 anni. Di recente, lo stesso indirizzo era stato esteso anche al delitto di associazione di stampo mafioso, constatando che può essere raggiunto il limite di 24 anni di reclusione (in caso di aggravante). Sennonché, per scongiurare la probabile scarcerazione di molti imputati di gravi delitti è stato emanato il d.l.10/2010 convertito con l.52/2010, che ha inciso sui delitti di associazione mafiosa, escludendo la competenza della corte di assise, a favore di quella del tribunale. Secondariamente, è stata riconosciuta la competenza della corte di assise in tema di sequestro di persona a scopo di estorsione, anche quando dal sequestro non sia derivata la morte della persona offesa (quest’ultima già rientrava nella sua competenza ex art 5 co.1 lett.c). b) i delitti consumati (ad esclusione di quelli rimasti allo stadio del tentativo) di omicidio del consenziente, istigazione o aiuto al suicidio, omicidio preterintenzionale. c) Ogni delitto doloso, qualora dal fatto sia derivante la morte di una/più persone, escluse le ipotesi di: - morte come conseguenza non voluta di altro reato; di morte avvenuta in seguito a rissa e di morte derivante da omissione di soccorso. d) I delitti di riorganizzazione del partito fascista, di genocidio e quelli contro la personalità dello Stato puniti con la pena edittale non inferiore nel massimo a 10 anni. d-bis) i delitti consumati o tentati di associazione per delinquere (nonché il delitto di procurato ingresso illegale dello straniero nel territorio dello Stato), i delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, di tratta di persone, di acquisto e alienazione di schiavi, ed infine, i delitti con finalità di terrorismo (per questi ultimi è stabilita la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a 10 anni). Ex art 6, nel delineare la “competenza del tribunale” stabilisce come questa si ricavi per sottrazione, infatti, ex co.1: o “Il tribunale è competente per i reati che non appartengono alla competenza della corte di assise o del giudice di pace”. B. Competenza per territorio. L’art 8 nel disciplinare le “regole generali”, delinea nel co.1 la regola fondamentale second cui: o “La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato”. Ad essa, il legislatore fa seguire: a) Altre regole di carattere generale che derogano al criterio del locus commissi delicti in ragione della particolare configurazione della fattispecie delittuosa (co.2,3,4 art 8); b) Quanto alle regole suppletive, bisogna rispettare la gerarchia interna ex art 9, di conseguenza:  È prioritario il criterio del luogo (l’ultimo, se sono più di uno) in cui è avvenuta una parte dell’azione/omissione (co.1 art 9);  Se non è noto il luogo indicato ex co.1, la competenza appartiene successivamente al giudice della residenza, della dimora o del domicilio dell’imputato (co.2);  Se nemmeno in tal modo è possibile determinare la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del P.M. che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro ex art 335. ART 10  Competenza per i reati commessi all’estero. “Se il reato è stato commesso interamente all’estero, la competenza è determinata successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio, dell’arresto/consegna dell’imputato. In caso di pluralità di imputati, procede il giudice competente per il maggior numero di essi.” (co.1) “Se il reato è stato commesso a danno nel cittadino e non sussistono i casi previsti dagli art 12 (“Casi di connessione”) e 371 co.2 lett.b (“Rapporti tra diversi uffici del P.M.”), la competenza è del tribunale o della corte di assise di Roma quando non è possibile determinarla nei modi ex co.1”. (co.1 bis introdotto nel 2016). “in tutti gli altri casi, se non è possibile determinare nei modi indicati nei co.1 e 1bis la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del P.M. che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro ex art 335.” (co.2) “Se il reato è stato commesso in parte all’estero, la competenza è determinata ex art 8 e 9” (co.3). In alcune situazioni è lo stesso codice che crea regole ad hoc. 1) Una prima deroga è quella risultante ex art 328 co.1bis e 1quater (“Giudice per le indagini preliminari”), che riguardano i procedimenti relativi ai delitti ex co.3bis, 3quater e 3quinques art 51. In tal caso, le funzioni di G.I.P., nonché di G.U.P, sono esercitate da un magistrato appartenente al tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. 1 7 b) Talune regole “suppletive”, che consentono l’individuazione del giudice territorialmente competente quando non è possibile applicare le regole generali (art 9 “Regole suppletive”). a) In merito alle altre regole di carattere generale ex art 8:  Se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte di una/più persone  è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l’azione/omissione (co.2).  Se si tratta di reato permanente  è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è derivata la morte di una/più persone (co.3).  Se si tratta di delitto tentato  è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il delitto. (co.4) Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, il collegamento della competenza al locus commissi delicti integra il requisito della naturalità del giudice ex art 25 Cost. La normativa esaminata si applica anche quando il reato è stato commesso in parte all’estero (art 10 co.3), mentre in caso di reato commesso interamente all’estero sono indispensabili taluni adeguamenti. Numerose sono le deroghe alla regola del locus commissi delicti che traggono la loro legittimazione dall’art 210 disp.att., per cui: o “continuano ad applicarsi le disposizioni di leggi o decreti che regolano la competenza per materia o per territorio in deroga alla disciplina del codice (art 8), nonché le disposizioni che prevedono la competenza del giudice penale in ordine a violazioni connesse a fatti costituenti reati”. Altre deroghe sono riconducibili a leggi successive alla pubblicazione del codice. 2 0 tribunale in composizione collegiale/monocratica. L’intervento della l.479/99 ha comportato la riformulazione dei suddetti articoli, determinata dal proposito di ridimensionare le attribuzioni originariamente previste per il giudice monocratico. Fermo restando che su di essi giudica comunque il tribunale in composizione collegiale quando siano contestate le aggravanti ex art 80 del t.u. sulle sostanze stupefacenti (art 33ter co.1) Quanto alle attribuzioni del tribunale in composizione monocratica, vale la regola della complementarietà. Oltre che sui delitti previsti ex d.P.R. 309/1990 sulle sostanze stupefacenti, purché non aggravati (art 33ter co.1), il tribunale monocratico giudica, anche sui reati non attribuiti al tribunale “collegiale” dall’art 33bis o da altre disposizioni di legge (art 33ter).  Risultano attribuiti al tribunale monocratico, ad esempio, i reati di guida in stato di ebbrezza e di guida in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti. ART 33quater  Effetti della connessione sulla composizione del giudice “Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla cognizione del tribunale in composizione collegiale ed altri a quella del tribunale in composizione monocratica, si applicano le disposizioni relative al procedimento davanti al giudice collegiale, al quale sono attribuiti tutti i procedimenti connessi”. (co.1) 2 1 Ciò si ricava dalla correzione apportata al criterio quantitativo, che attualmente consente di devolvere al tribunale collegiale:  i delitti punti con la reclusione superiore nel massimo a 10 anni, anche nell’ipotesi del tentativo (ex art 33bis co.2). L’inciso del “tentativo” è stato aggiunto col d.l. 82/2000, per evitare che una fattispecie delittuosa, devoluta al tribunale “collegiale” nella forma consumata, fosse da attribuire al tribunale “monocratico”, se rimasta allo stadio nel tentativo.  Il limite dei 10 anni va calcolato applicando le regole dettate dall’art 4 (art 33bis co.2) Il criterio quantitativo va coordinato con quello qualitativo, che implica qualche deroga: 1) Per un verso, risultano sottratti al tribunale “collegiale” taluni delitti puniti con la reclusione superiore a 10 anni; 2) Per altro verso, gli vengono attribuiti reati che, in base al suddetto criterio quantitativo (min. 10 anni) dovrebbero essere giudicati dal tribunale in composizione monocratici (dunque per pene la cui reclusione è indubbiamente inferiore a 10 anni). 1) Circa la prima deroga, vengono in rilievo i delitti previsti in materia di sostanze stupefacenti; 2) Relativamente alla seconda situazione, riguardante i reati punti con la reclusione non superiore a 10 anni, bisogna far capo all’elenco ex co.1 art 33bis, il quale attribuisce al tribunale in composizione collegiale i seguenti reati consumati/tentati: a) Delitti commessi al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste ex art 416bis c.p., delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale, delitti di illegale fabbricazione, messa in vendita, introduzione nello Stato, cessione, detenzione, di esplosivi o più armi comuni da sparo, eccetto quelli rientranti nella competenza della corte di assise; b) Delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, esclusi quelli ex art 329 c.p. (rifiuto/ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica), sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro penale o amministrativo, etc; c) Delitti di associazione per delinquere, associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, disastro ferroviario causato da danneggiamento, usura, violenza sessuale, incesto, pornografia minorile, prostituzione minorile, etc.; e via dicendo fino alla lett.q. Dunque, la disposizione in esame (art 33ter) lascia intendere, come anticipato all’inizio, che la regola generale per l’attribuzione della cognizione è quella del Tribunale monocratico, salve specifiche ipotesi di reati attribuiti alla cognizione del Tribunale collegiale (art 33bis). Resta, ora, da stabilire l’incidenza di un eventuale vincolo connettivo. La riunione dei processi (art 17) produce come risultato la trattazione congiunta di una molteplicità di processi a carico di uno stesso imputato (ovviamente per reati diversi) o a carico di una pluralità di imputati, pendenti davanti a giudici diversi, sezioni dello stesso ufficio giudiziario, preventivamente individuati in base ai normali criteri di competenza. Inoltre, non è sempre consentita la riunione di processi connessi. Si deve ritenere che, ferma restando la presenza necessaria degli altri presupposti, qualora venga esclusa la sussistenza di un pregiudizio, in termini di “ritardo nella definizione”, per i processi pendenti, la riunione costituisca un atto dovuto 2 2 Sancendo l’applicabilità delle disposizioni relative al “procedimento” davanti al giudice collegiale, è evidente che la vis actractica del collegio operi anche in rapporto alla fase anteriore al dibattimento (dunque, alle indagini preliminari), imponendo l’osservanza delle disposizioni contenute nel Libro V (“Indagini preliminari e udienza preliminare”). 8. La disciplina della riunione e della separazione dei processi. Capo III (Art 17-19) La connessone, in quanto criterio attributivo di competenza, produce i suoi effetti sin dall’inizio del “procedimento”. Invece, la riunione (art 17) e la separazione (art 18) sono istituti che operano (non solo in primo grado), a partire dal momento in cui, in seguito all’esercizio dell’azione penale, il procedimento > si è evoluto in processo. A. Riunione dei processi. Nonostante la connessione miri alla neutralizzazione del conflitto teorico di giudicati, ciò risulta scongiurato solo a condizione che i procedimenti confluiti presso lo stesso ufficio giudiziario siano successivamente riuniti in capo ad un unico giudice. Dall’art 17 co.1, disciplinante la “Riunione di processi”, si ricava che per la riunione devono sussistere i seguenti presupposti: 1) La pendenza davanti al medesimo ufficio giudiziario dei processi da riunire (identità del giudice competente); 2) Uno sviluppo omogeneo di questi ultimi, che devono trovarsi “nello stesso grado e stato” (omogeneità oggettiva); 3) Una prognosi negativa circa un possibile ritardo nella definizione delle singole vicende processuali (esigenze di celerità); 4) La sussistenza di determinate correlazioni tra processi, tassativamente elencate ex lege:  Connessione ex art 12,  O collegamento ex art 371 co.2 lett.b (vincolo di occasionalità o consequenzialità). Negli stessi casi e alle stesse condizioni risultati ex co.1, si procede alla riunione configurata nel co.1bis, per cui si stabilisce che: o “Se alcuni dei processi pendono davanti al tribunale collegiale ed altri davanti al tribunale monocratico, la riunione è disposta davanti al tribunale in comparazione collegiale” il quale si pronuncerà su tutte le regiudicande anche nell’eventualità in cui esse siano oggetto di un successivo provvedimento di separazione (art 17 co.1bis). B. Separazione di processi. L’art 18, nel disciplinare la “Separazione di processi”, elenca una serie di ipotesi in presenza delle quali il giudice deve scindere un processo cumulativo, tale sin dalla sua nascita (es. delitto addebitato a più soggetti che abbiano agito in concorso fra loro) o in seguito alla riunione disposta ex art 17. Si tratta di casi in cui alcuni dei processi riuniti appaiono pronti per la trattazione ed altri no, e le esigenze di celerità Relativamente all’incidenza della connessione sulla competenza per materia, il disposto dell’art 21 co.3 debba essere riferito alla situazione in cui, ritenuto erroneamente sussistente un vincolo connettivo, la corte d’assise, come giudice superiore, giudichi anche in merito ad un reato di competenza del tribunale. La contraria ipotesi dell’errore che si traduce in un difetto di competenza, dev’essere, invece, ricondotta alla previsione ex art 21 co.1- Nelle ipotesi inverse, il giudice di appello, salvo che si tratti di decisione inappellabile, pronuncia invece nel merito, anche quando l’eccezione di incompetenza sia stata riproposta con i motivi di appello (art 24 co.2). Con riferimento all’incompetenza per territorio o per connessione, è prevista la pronuncia di una sentenza di annullamento da parte del giudice di appello e la conseguente trasmissione degli atti, rispettivamente, al P.M. presso il giudice di primo grado e direttamente a quest’ultimo. È indispensabile che l’incompetenza per territorio o per connessione, dopo essere stata eccepita in primo grado entro i termini ex art 21 co.2 e 3, sia stata denunciata con i motivi di appello (art 24 co.1 “Decisioni del giudice di appello sulla competenza”), altrimenti il giudice di appello pronuncia nel merito. Da notare che, la decisione della Corte di cassazione sulla giurisdizione/incompetenza è vincolante nel corso del processo; può essere superata nella sola ipotesi in cui risultino nuovi fatti che implichino la modificazione della giurisdizione o la competenza del giudice superiore (art 25 “Effetti delle decisioni della corte di cassazione sulla giurisdizione e competenza”). 25 La riforma Orlando ha aggiunto alla fine dell’art 438 il co.6bis (“Presupposti del giudizio abbreviato”), il quale dispone che, in caso di giudizio abbreviato richiesto in sede di udienza preliminare, risulta preclusa “ogni questione sulla competenza territoriale del giudice”. Due, sono le situazioni che comportano una deroga all’ordinario regime dell’incompetenza per materia: 1) la prima ricorre quando il giudice conosce di un reato che appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore > incompetenza per eccesso, da rilevare d’ufficio o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine ex co.1 art 491 (art 23 co.1 “Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado”). 2) La seconda deroga concerne l’ipotesi dell’incompetenza per materia derivante da connessione, che in base all’art 23 co.3, deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro gli stessi termini stabiliti per l’incompetenza per territorio. Gli artt 22-25 definiscono la forma e gli effetti del provvedimento con cui viene dichiarata l’incompetenza, in rapporto ai vari stati e gradi del processo. Più precisamente: a) Nel corso delle indagini preliminari > il giudice che riconosca la propria incompetenza pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al P.M. ex art 22 co.1 e 2; b) Dopo la chiusura delle indagini preliminari e in sede di dibattimento di primo grado > il giudice dichiara con sentenza la propria incompetenza e ordina la trasmissione degli atti al P.M. presso il giudice competente (art 22 co.3 e 23 co.1); c) In grado di appello > se il giudice rileva che su un reato di competenza della corte d’assise ha giudicato il tribunale, o che su un reato di competenza del tribunale ha giudicato il giudice di pace, pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al P.M. presso il giudice di primo grado (art 24 co.1). d) Nel giudizio davanti alla Corte di cassazione > la corte è tenuta a dichiarare, anche d’ufficio, l’incompetenza per materia derivante dell’avere il tribunale giudicato un reato di competenza della corte d’assise; può essere dichiarata anche l’incompetenza per territorio o per connessione, purché la relativa eccezione sia stata ulteriormente riproposta nei motivi del ricorso per cassazione. 26 Le ultime due disposizioni, quali l’art 26 e 27 sono riconducibili al principio della conservazione degli atti assunti dal giudice competente. ART 27  Misure cautelari disposte dal giudice incompetente. “Le misure cautelari (reali e personali) disposte dal giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente per qualsiasi causa cessano di avere efficacia se, entro 20 giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice competente non provvede ex art 292, 317 e 321.” (co.1) È esclusa (ex art 28 co.2 “Casi di conflitto”) la possibilità di un conflitto tra il giudice dell’udienza preliminare e quello del dibattimento, in quanto prevale sempre la decisione di quest’ultimo. Non rientra nella categoria dei conflitti “analoghi” ex co.2, il contrasto che ha come protagonisti il giudice ed il P.M. Questo perché, i conflitti regolano l’esercizio della funzione giurisdizionale e non possono riguardare un soggetto (P.M) che ha la funzione di parte, anche se pubblica. D’altro canto, i contrasti tra i diversi uffici del P.M. sono disciplinati ex art 54, 54bis e 54ter. Ad originare il procedimento di conflitto è una “denuncia” di parte o una “rilevazione” d’ufficio del giudice; l’elevazione del conflitto non ha effetti sospensivi sul processo in corso. Il conflitto cessa (art 29) per effetto dell’iniziativa di uno dei giudici che dichiari, anche d’ufficio, la propria competenza (in caso di conflitto negativo) o la propria incompetenza (in caso di conflitto positivo). Se ciò non si verifica, bisogna attendere la sentenza della corte di cassazione, che produce gli effetti ex art 25:  È vincolante, tranne quando, in seguito a nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica, emerga la modificazione della giurisdizione o la competenza di un giudice superiore. 27 ART 26  Prove acquisite dal giudice incompetente. “L’inosservanza delle norme sulla competenza non produce l’inefficacia delle prove già acquisite.” (co.1) “Le dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia, se ripetibili, sono utilizzabili solo nell’udienza preliminare e per le contestazioni ex art 500 e 503” (co.2) Vanno tenuti presenti anche gli art 28-32 rientranti nel Capo V dedicato ai “conflitti di giurisdizione e di competenza”, che si occupano dei conflitti tra giudici e ne dettano il superamento. Il conflitto (art 28 co.1) è la situazione che si determina quando, in qualsiasi stato e grado del processo, due o più giudici contemporaneamente prendono (conflitto positivo) o rifiutando di prendere (conflitto negativo) cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona.  Conflitto di giurisdizione > quando il contrasto intercorre tra uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali.  Conflitto di competenza > quando ad essere coinvolti sono due o più giudici ordinari. Essendo impossibile stabilire preventivamente un elenco esaustivo delle varie ipotesi di conflitto, il legislatore ha fatto ricorso alla categoria dei conflitti “analoghi” (art 28 co.2), i quali, pur strutturandosi diversamente da quelli ex co.1 art 28, sono sottoposti alla stessa regolamentazione. Qualora il contrasto sia tra il G.U.P. e il giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest’ultimo. Anche se, di regola, il conflitto può nascere in qualsiasi stato e grado del processo, si è escluso che nel corso delle indagini preliminari possa essere proposto conflitto positivo per ragione di competenza territoriale determinata dalla connessione (art 28 co.3). Con tale disposizione, che non preclude la proposizione di conflitti fondati su altre ragioni, si è voluto che il P.M. presso il giudice competente per il reato meno grave sia libero di svolgere le indagini concernenti tale reato, oppure, di trasmettere gli atti all’ufficio del P.M. presso il giudice competente ex art 16. Gli art 30-32 scandiscono lo sviluppo del procedimento incidentale, indicando l’organo cui spetta la risoluzione del conflitto (Corte di cassazione) e delineando un meccanismo di comunicazione, notificazione e trasmissione di copie di atti tale da garantire la partecipazione al procedimento di tutti i soggetti interessati ai processi coinvolti nel conflitto. La corte di cassazione decide con sentenza in camera di consiglio, secondo le procedure ex art 127 (art 32 co.1). ART 33nonies  Validità delle prove acquisite. “L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale non determina l’invalidità degli atti del procedimento, né l’inutilizzabilità delle prove già acquisite.” (co.1) Nell’ipotesi di violazione dei criteri di ripartizione (territoriale tra sede principale e relative sezioni distaccate o tra diverse sezioni distaccate), dei procedimenti nei quali il tribunale giudica in composizione monocratica si occupa l’art 163bis disp.att. In primis, la violazione può essere rilevata fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. In secundis, il giudice che la consideri sussistente rimette gli atti al presidente del tribunale, affinché quest’ultimo si pronunci in proposito con un decreto non motivato e non soggetto ad impugnazione. Questo assorbimento operato nella lett.g co.1 art 36 si concilia con la posizione della giurisprudenza secondo cui, l’esistenza di una situazione di incompatibilità costituisce esclusivamente un motivo di ricusazione, che la parte interessata deve far valere tempestivamente (art 38 “Termini e forme per la dichiarazione di ricusazione”). 30  Attribuzione viziata per difetto  la corte procede come il giudice di appello (sentenza di annullamento e trasmissione atti al P.M.) purché il vizio sia stato tempestivamente eccepito in primo grado e la relativa eccezione proposta nei motivi del ricorso per cassazione;  Attribuzione viziata per eccesso  vale la stessa regola, purché il ricorso riguardi una sentenza inappellabile o si tratti di un ricorso per saltumi ex art 569 co.1. Al di fuori di tali ipotesi, l’errore di attribuzione risulta irrilevante. I parallelismi dettati per l’incompetenza territoriale riemergono anche con riferimento alle prove acquisite dal giudice che abbia proceduto in seguito ad un’erronea applicazione delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale. In conformità all’art 26, l’art 33nonies disciplina la “validità delle prove acquisite”. Non viene inficiata la validità degli atti compiuti fermo restando:  quanto è disposto in senso contrario ex art 33septies e 33octies,  e sempre che non si tratti di atti affetti da vizi indipendenti dall’inosservanza delle norme sulla composizione del tribunale. Ad ogni modo, tale violazione viene considerata una questione di corretta amministrazione della giurisdizione. 11. Le cause personali di estromissione del giudice: incompatibilità, astensione e ricusazione. Capo VII (Art 34-44) Nel Capo VII (art 34-44) del Libro I (“Incompatibilità, astensione e ricusazione del giudice”), sono regolate le ipotesi in cui:  Il giudice ha l‘obbligo di non esercitare la sua funziona giurisdizionale > Astensione;  Le parti hanno diritto di chiederne l’estromissione > Ricusazione. Per quanto riguarda le cause d’incompatibilità, esse sono previste:  negli art 34 (“Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento”) e 35 (“Incompatibilità per ragioni di parentela, affinità o coniugio”) del codice;  nonché negli art 18 e 19 ord.giud., ma nonostante la configurazione autonoma, risultano comprese nella stessa disciplina dell’art 36 co.1 lett.g (“Astensione”). Come abbiamo detto prima, le cause d’incompatibilità sono stabilite:  in parte dall’ordinamento giudiziario (art 18 e 19) > attinenti alla costituzione dell’organo giudicante e prefigurano alcune condizioni dirette ad assicurare che la persona chiamata ad esercitare la funzione giurisdizionale sia e appaia imparziale  e in parte, dal codice di rito (art 34 e 35). La portata di tal previsione normativa risulta ampliata in seguito ad una serie di sentenze “additive” della Corte costituzionale, la quale ha censurato più volte l’art 34 co.2, ritenendo ingiustificatamente escluse alcune situazioni idonee a compromettere l’imparzialità del giudice. Si deve precisare, a tal proposito, che si esclude una menomazione dell’imparzialità del giudice che adotti, nell’ambito di una medesima fase processuale, decisioni preordinate al proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso;  ad esempio, come nell’ipotesi della sentenza emessa, al termine del giudizio direttissimo, dal giudice che, ex art 449 co.1 (“Casi e modi del giudizio direttissimo”), si sia preliminarmente pronunciato sulla richiesta cautelare formulata dal P.M. Questa disposizione (co.2bis) è stata introdotta col d.lgs.51/1998, ed è stata successivamente precisata dal co.2ter (aggiunto nel 1999). Il co.2ter, in deroga al comma precedente, esclude la ricorrenza di una situazione di incompatibilità quando il G.I.P. si sia limitato ad adottare, nell’ambito dello stesso procedimento, taluno dei seguenti provvedimenti (inidonei a determinare una situazione di pregiudizio): a) il provvedimento con cui si autorizza il trasferimento in un luogo esterno di cura dell’indagato sottoposto a custodia cautelare in carcere e quello con cui si autorizza il medesimo ad essere visitato da un sanitario di fiducia; b) I provvedimenti relativi ai permessi di colloquio, alla corrispondenza telefonica e al visto di controllo sulla corrispondenza, concernenti l’indagato sottoposto a custodia cautelare in carcere; c) Il provvedimento con cui si accoglie/rigetta la richiesta di un permesso di uscita dal carcere, in presenza dell’imminente pericolo di vita di un familiare o del convivente della persona sottoposta alle indagini, o per altri eventi di gravità inerenti alla sua famiglia; d) Il provvedimento con cui una parte/difensore vengono restituiti in un termine stabilito a pena di decadenza; e) Il provvedimento con cui viene dichiarata la latitanza dell’indagato. Per concludere l’elenco, il d.l.82/2000 ha inserito nell’art 34 il nuovo co.2quater, il quale prende in considerazione l’ipotesi in cui il giudice: o “abbia provveduto all’assunzione dell’incidente probatorio o comunque adottato uno dei provvedimenti ex Titolo VII (“Incidente probatorio”) Libro V”. 31 Circa gli art del codice (34 e 35), bisogna distinguere tra:  l’incompatibilità per ragioni di parentela, affinità o coniugio  art 35  e l’incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento  art 34 A. Incompatibilità. L’art 34 (“Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento”) contempla 4 diversi gruppi di situazioni: a) il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non può: - esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, - né partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento da parte della Corte di cassazione o al giudizio per revisione (co.1); b) ex co.2 (il cui contenuto risulta parzialmente superato dal co.2bis), non può partecipare al “giudizio” (riferito sia al giudizio abbreviato, sia all’udienza preliminare): - né il giudice che ha pronunciato il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare o ha disposto il giudizio immediato o ha emesso decreto penale di condanna, - né quello che ha deciso sull’impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere, pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare. c) il giudice che in un determinato procedimento ha esercitato le funzioni di G.I.P. non può: - in quello stesso procedimento emettere il decreto penale di condanna, - né partecipare al giudizio. Inoltre, è incompatibile alla funzione di G.U.P. (co.2bis). Riassumendo, la norma mira a garantire l’imparzialità del giudice. Quando questi (persona fisica) in altra fase del procedimento si è già pronunciato sul merito dell’accusa (es. in primo grado), non può partecipare al giudizio in fasi successive (es. in appello), dovendo essere sostituito da un altro magistrato. La norma è stata integrata ed ampliata nella sua operatività da numerose pronunce della Corte costituzionale a dimostrazione dell’attenzione che l’ordinamento ha per la “terzietà” del giudice. L’incompatibilità non opera nel caso in cui il giudice abbia adottato provvedimenti di scarsa rilevanza e non implicanti una valutazione di merito dell’imputazione. La violazione delle disposizioni sull’incompatibilità non causa nullità, ma si risolve in ipotesi di astensione o di ricusazione. Non si può parlare, però, di una totale coincidenza. Infatti:  Non costituisce motivo di ricusazione  le ipotesi, non richiamate nell’art 37 (“Ricusazione”) in cui sussistono “gravi ragioni di convenienza” (art 36 lett.h);  Non costituisce motivo di astensione  la manifestazione indebita da parte del giudice, prima che sia pronunciata sentenza, del proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione, essendo tale ipotesi contemplata solo nell’art 37 Secondo le S.U., si può parlare di indebita manifestazione del convincimento giudiziale là dove ci si trovi di fronte ad una anticipazione sul merito dell’imputazione; sempre che tal anticipazione debba ritenersi gratuita, cioè priva di un qualsiasi nesso funzionale con l’atto che ha occasionato la presa di posizione del giudice. ART 39  Concorso di astensione e di ricusazione. “La dichiarazione di ricusazione si considera come non proposta quando il giudice, anche successivamente ad essa, dichiara di astenersi e l’astensione è accolta.” (co.1) 32 Bisogna riconoscere che il disposto di cui all’art 34 co.2bis risulta innovativo sotto due diversi profili:  Da un lato, sancendo un’incondizionata incompatibilità al giudizio, assorbe e supera: - sia la parte del co.2 art 34 relativa al giudice che “ha disposto il giudizio immediato o ha emesso il decreto penale di condanna”, - sia quell’ampio ventaglio delle sentenze della Corte costituzionale che hanno ricollegato l’incompatibilità al giudizio del G.I.P. e specifiche situazioni “pregiudicanti”;  Dall’altro, escludendo che il G.I.P. possa “tenere l’udienza preliminare”, capovolge l’originaria impostazione. Bisogna precisare che, per una più completa valutazione, nello stesso momento in cui è stata accolta nel codice di rito la regola dell’alternatività delle funzioni di G.I.P. e di G.U.P., sono state introdotte nel codice stesso (ad opera della l.479/99), alcune disposizioni, le quali potrebbero riproporre il problema a cui si è inteso ovviare perfezionando il catalogo delle incompatibilità. d) Non può, infine, esercitare l’ufficio di giudice in un determinato procedimento chi, in quello stesso procedimento, ha esercitato funzioni di P.M. o ha svolto atti di P.G o un altro ruolo idoneo a comprometterne l’imparzialità. Per la stessa ragione, è incompatibile all’ufficio di giudice chi ha proposto la notizia di reato e chi ha deliberato o ha concorso a deliberare l’autorizzazione a procedere (art 34 co.3). B. Astensione e Ricusazione. Circa le cause di astensione e di ricusazione, esse sono disciplinate unitariamente nella disposizione relativa all’astensione (art 36). Per il resto, tutti i motivi sono comuni. Il catalogo risultante dagli art 36 e 37 è tassativo, ed i casi considerati riguardano i rapporti del giudice con le parti o con la situazione dedotta in giudizio. L’unico divieto imposto ex lege a carico del giudice ricusato è quello ex art 37 co.2, nel senso che:  non gli è consentito “pronunciare, né concorrere a pronunciare, sentenza finché non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione”. Circa la portata di tal divieto, le S.U. hanno così statuito:  qualora venga assunta la decisione da parte del giudice nei confronti del quale è stata formulata la dichiarazione di ricusazione, tal decisione conserva la sua validità qualora la richiesta venga poi dichiarata inammissibile/infondata dall’organo competente ex art 40 co.1;  se, invece, la richiesta di ricusazione viene accolta, il provvedimento emesso in violazione di quanto stabilito ex co.2 art 37 deve ritenersi viziato da nullità assoluta. Secondo le S.U., se nel provvedimento che accoglie la richiesta di astensione/ricusazione manchi espressa dichiarazione di conservazione di efficacia, gli atti precedentemente compiuti dal giudice astenutosi/ricusato devono considerarsi inefficaci. Tutte le ordinanze che si pronunciano sul merito, emesse dal giudice competente a decidere sulla ricusazione, sono immediatamente eseguibili, in virtù del rinvio all’art 127 operato dal co.3 art 41. L’art 127 co.8 stabilisce una deroga espressa al principio dell’effetto sospensivo dell’impugnazione (art 588) per tutti i provvedimenti emessi in camera di consiglio, a meno che il giudice non disponga diversamente. Invece, per l’ordinanza che sanziona l’inammissibilità della dichiarazione di ricusazione vige una regola diversa; Il mancato richiamo dell’art 127 in tale ipotesi comporta l’inapplicabilità della deroga al principio dell’effetto sospensivo dell’impugnazione previsto ex art 588 co.1. È da escludere, inoltre, che la pronuncia ex art 44 abbia una qualsiasi rilevanza ai fini dell’eventuale azione civile o penale esercitata per i fatti oggetto del giudizio di ricusazione. Anche qui, si vuole salvaguardare l’imparzialità di chi giudica; ma non è messa in discussione l’imparzialità del magistrato (persona fisica), ma quella di organo giudicante nel suo complesso. 35 Quanto agli effetti della ricusazione, la semplice presentazione di tale dichiarazione non comporta per il giudice ricusato:  alcune limitazione di poteri nello svolgimento dei compiti istituzionali,  né l’insorgere di un obbligo di astensione. Al momento di accoglimento della dichiarazione di astensione/ricusazione si ricollega:  per un verso, il poter del giudice decidente di disporre la conservazione di efficacia degli atti compiuti dal giudice astenutosi o ricusato (art 42 co.2),  per altro verso, un effetto automatico di divieto assoluto di compiere qualsiasi atto del procedimento (art 42 co.1). Ex art 43 (“Sostituzione del giudice astenuto o ricusato”), alla pronuncia di accoglimento consegue la sostituzione del giudice astenutosi/ricusato  “con altro magistrato dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ord.giud.”  o, se non possibile, l’investitura del “giudice ugualmente competente per materia determinato ex art 11”. L’art 44 (“Sanzioni in caso di inammissibilità o di rigetto della dichiarazione di ricusazione”) prevede la condanna a pena pecuniaria come facoltativa (“può essere condannata”). Soggetto passivo della condanna può essere solo la parte privata che ha proposto la dichiarazione di ricusazione. 12. La rimessione del processo. Capo VIII (Art 45-49) Il Capo VIII (art 45-49) disciplina la “rimessione del processo”, ossia il suo spostamento da una sede ad un’altra in presenza di turbative ambientali che possono compromettere il suo regolar svolgimento. Sennonché, la rimessione interferisce col principio del giudice naturale ex art 25 co.1 Cost; per 36 tal motivo devono essere tassativamente disciplinate dal legislatore le situazioni idonee a determinare lo spostamento del processo. In base all’originaria versione dell’art 45 (ossia, precedente al 2002), la translatio iudii era consentita quando la sicurezza o l’incolumità pubblica, o “la libertà di determinazione delle persone” partecipanti al processo, risultassero pregiudicate in conseguenza di “gravi situazioni locali” non altrimenti eliminabili; dunque, si ammetteva lo spostamento del processo “per gravi e oggettivi motivi di ordine pubblico o per legittimo sospetto”. ART 45  Casi di rimessione “In ogni stato e grado del processo di merito, quando gravi situazioni locali, da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili: - pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo - o pregiudicano la sicurezza e l’incolumità pubblica, - o determinano motivi di legittimo sospetto, la Corte di cassazione, su richiesta motivata: - del procuratore generale presso la Corte di appello - o del P.M. presso il giudice che procede - o dell’imputato, rimette il processo ad altro giudice, designato ex art 11.” (co.1) Non è, pertanto, legittimata la parte civile, poiché potrà neutralizzare le implicazioni negative dell’anomala situazione ambientale esercitando l’azione riparatoria in sede civile. ART 46  Richiesta di rimessione. “La richiesta è depositata, con i documenti che vi si riferiscono, nella cancelleria del giudice ed è notificata entro 7 giorni a cura del richiedente alle altre parti.” (co.1) “La richiesta dell’imputato è sottoscritta da lui personalmente o da un suo procuratore speciale.” (co.2) “Il giudice trasmette immediatamente alla Corte di cassazione la richiesta con i documenti allegati e con eventuali osservazioni.” (co.3) “L’inosservanza delle forme e dei termini previsti ex co.1 e 2 è causa di inammissibilità della richiesta.” (co.4) A tal proposito, prima del 2002, sulla base della vecchia formulazione dell’art 45, la richiesta di remissione non produceva effetto sospensivo. Ma era la Cassazione che poteva disporre la sospensione del processo una volta valutata la gravità della situazione locale e il livello di rischio dell’inquinamento processuale. Infatti, nell’originario art 47 (“Effetti della richiesta”) figurava il divieto, per il iudex suspectus, di emettere sentenza fino alla infruttuosa conclusione del procedimento incidentale; sennonché anche tal sbarramento era venuto meno in seguito ad una pronuncia di incostituzionalità di tal divieto. 37 A suo tempo, il legislatore delegato ha disciplinato i casi di rimessione in termini tali da circoscrivere rigorosamente la discrezionalità dell’organo (corte di cassazione) cui è demandata la decisione circa l’eventuale sottrazione del processo dal giudice naturale. In un secondo momento avrebbe raccolto consensi la diversa tesi secondo cui, nel formulare l’art 45, il legislatore delegato avrebbe indebitamente escluso dai “casi di rimessione” l’ipotesi del “legittimo sospetto”, determinando una lacuna da colmare per garantire una più completa copertura del principio dell’imparzialità del giudice. Questa impostazione si è tradotta in una proposta di legge, sfociata nella l.248/2002 (c.d. Legge Cirami) che ha avuto come obiettivo quello di ampliare i casi di rimessione ex art 45 sostituendolo. La nuova formulazione dell’art 45, ad opera della Legge Cirami, prevede la reintroduzione, tra i casi di remissione del processo, del c.d. legittimo sospetto. La Legge Cirami è risultata innovativa anche nella parte concernente la regolamentazione degli effetti della richiesta di rimessione. Con 2 sole eccezioni, concernenti:  da un lato, l’ipotesi che si tratti di atti “di cui è divenuta impossibile la ripetizione”,  dall’altro, l’eventualità che si versi in una delle due situazioni contemplate dal co.1 e co.1bis art 190bis. Lo stesso art 48 co.5, chiarisce, inoltre, che nel processo davanti al giudice designato dalla Corte di cassazione le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà ad esse riservati davanti al primo. In tal caso può essere richiesto quando:  nella sede designata si ripresenta una situazione riconducibile al disposto dell’art 45,  o quando, venute meno nella sede originaria le ragioni che avevano indotto a sollecitare l’intervento della corte di cassazione, si creano le premesse per una revoca del provvedimento di rimessione. In tal caso, bisogna distinguere:  in presenza di un’ordinanza che abbia rigettato la precedente richiesta o abbia dichiarato l’inammissibilità della stessa per manifesta infondatezza, l’ulteriore richiesta (per non essere dichiarata inammissibile), deve essere fondata su “elementi nuovi” (art 49 co.2) va segnalata, inoltre, l’inedita previsione (evidentemente per scoraggiare eventuali manovre dilatorie da parte dell’imputato) che sancisce l’inammissibilità della richiesta per manifesta infondatezza anche qualora la stessa, priva di elementi di novità, provenga da un altro imputato del medesimo processo o di un processo da esso separato (co.3 art 49). Invece, la richiesta dichiarata inammissibile per motivi diversi dalla manifesta infondatezza può essere sempre riproposta (co. 4 art 49). Il P.M. non è solo affrancato dal potere esecutivo, ma gode di una posizione di indipendenza (esterna) rispetto a tutti gli altri poteri costituzionali. Nella fase preliminare (prima fase, pre-processuale), il P.M. è il dominus del procedimento; è responsabile delle indagini necessarie per l’esercizio, o meno, dell’azione penale (art 326), e quindi preliminare ad essa e si avvale della P.G. che collabora con lui. 40 Vale, ora, la regola (grazie alla nuova formulazione art 48 co.5) secondo cui:  il giudice designato procede alla rinnovazione degli atti quando una delle parti ne faccia richiesta. L’art 49 regola l’ipotesi di “nuova richiesta di rimessione”, consentendo l’iterazione:  sia nel caso in cui la richiesta sia diretta ad ottenere un ulteriore spostamento del processo,  sia nel caso in cui essa miri ad ottenere per la prima volta il relativo provvedimento, già negato precedentemente. 13. La posizione di parte del P.M. e la sua funzione tipica. TITOLO II (Art 50-54quater) Il P.M., pur rivestendo la qualità di parte nel processo (anzi, fin dalla fase delle indagini preliminari) costituisce un organo dell’apparato statale incaricato di:  Vegliare “all’osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia”,  Nonché di iniziare ed esercitare l’azione penale. Ex art 69 ord.giud. il P.M. esercita, sotto la vigilanza del Ministro della giustizia, le funzioni che la legge gli attribuisce. La disciplina del P.M. è regolata nel Titolo II (art 50-54quater).  È il soggetto necessario nella fase investigativa;  È parte essenziale nel processo. Il P.M. risponde del suo operato solo di fronte alla legge, godendo delle stesse garanzie attribuite al 41 giudice circa il reclutamento, l’inamovibilità della sede e la soggezione al potere di controllo del Consiglio Superiore della Magistratura. Un peso assorbente riveste il canone dell’obbligatorietà dell’azione penale (art 112 Cost). Nella parte dinamica del codice, agli art 326 e 358 saranno poi individuate le funzioni espletate dal P.M. nel corso delle indagini preliminari, anteriormente all’esercizio dell’azione penale, così da ribadire il solco netto tracciato tra azione e giurisdizione. ART 50  Azione penale. “Il P.M. esercita l’azione penale [112 Cost] quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione.” (co.1). “Quando non è necessaria la querela [336-340], la richiesta [344], l’istanza [341] o l’autorizzazione a procedere [343], l’azione penale è esercitata d’ufficio.” (co.2) “L’esercizio dell’azione penale può essere sospeso o interrotto, solo nei casi espressamente previsti dalla legge [3,47,71,344].” (co.3) La lettura coordinata del co.1 con l’art 405 (“Inizio dell’azione penale: forma e termini”), che elenca gli atti tipici di esercizio dell’azione penale, contenenti tutti la formulazione dell’imputazione, permette di individuare il momento di inizio del processo penale in senso proprio, riservando la fase delle indagini preliminari al mero procedimento. Inoltre, la lettura coordinata con l’art 60 (“Assunzione della qualità di imputato”) chiarisce come l’assunzione della qualità di imputato discenda unicamente da un atto (formulazione dell’imputazione) che segna l’avvenuto esercizio dell’azione penale. Sennonché, l’elenco fornito nel co.2 non è certo esaustivo; suona più adeguata la formula aperta adottata ex art 345 co.2; vengono, dunque, generalmente ritenute condizioni di procedibilità, ad esempio: - la presenza del reo nel territorio dello Stato per i delitti comuni del cittadino e dello straniero commessi all’estero, - o l’assenza di una sentenza o di un decreto penale irrevocabili pronunciati nei confronti della medesima persona per il medesimo fatto (art 649). Non trova posto nel codice, invece, il principio di pubblicità dell’azione penale perché la sua enunciazione è parsa superflua. 42 L’inserimento nel Titolo II dell’art 50 (“Azione penale”), non compromette l’intento legislativo autonomistico. Il legislatore ha voluto subito segnalare la funzione tipica del P.M., che non può essere affidata al giudice senza intaccarne il ruolo di organo tendenzialmente passivo reclamato dal principio di imparzialità (art 101 co.2 Cost). Nel sistema codicistico non trova spazio:  né l’azione penale privata > conferita cioè alla persona offesa dal reato;  né l’azione penale popolare > attribuita cioè al quisque de populo (soggetto non suscettibile di qualificazione). L’art 231 disp.att. sancisce, inoltre, il monopolio dell’azione penale, avallando quanto detto prima. Nel co.1 viene enunciato il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale ex art 112 Cost; il suo unico limite è la richiesta di archiviazione. Il co.2 art 50 ribadisce il principio dell’officialità dell’azione penale, delineando quando è possibile esercitarla d’ufficio. Trattandosi di fatti o atti giuridici in mancanza dei quali il P.M. non può agire validamente, le condizioni di procedibilità sono suscettibili di collidere col principio dell’esercizio obbligatorio dell’azione penale. Per tal ragione è necessario che tali condizioni siano poste a tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, così da prevalere, in sede di bilanciamento, con il principio proclamato nell’art 112 Cost. Il co.3 art 50 esprime il tradizionale principio della irretrattabilità dell’azione penale; in pratica, l’oggetto del processo penale è indisponibile ed esso si può chiudere solo con l’emissione di una sentenza o di un atto equivalente (come il decreto penale di condanna). Ex co.4, la sostituzione è effettuata con un magistrato appartenente al medesimo ufficio, ma la regola è derogabile quando si tratti del capo dell’ufficio. In tal caso, può essere designato alla sostituzione un altro magistrato del P.M. appartenente ad un diverso ufficio, egualmente legittimato per materia, ma individuato secondo i parametri indicati ex art 11. ART 53  Autonomia del P.M. nell’udienza. Casi di sostituzione. “Nell’udienza, il magistrato del P.M. esercita le sue funzioni con piena autonomia.” (co.1) “Il capo dell’ufficio provvede alla sostituzione del magistrato nei casi: - di grave impedimento, - di rilevanti esigenze di servizio, - e in quelli previsti ex art 36 co.1 lett.a,b,d,e negli altri casi il magistrato può essere sostituito solo con il suo consenso.” (co.2) “Quanto il capo dell’ufficio omette di provvedere alla sostituzione del magistrato nei casi previsti dall’art 36 co.1 lett.a,b,c,e, il procuratore generale presso la corte di appello designa per l’udienza una magistrato appartenente al suo ufficio.” (co.3) ART 54  Contrasti negativi tra pubblici ministeri (rubrica modificata nel 1991) “Il P.M., se durante le indagini preliminari ritiene che il reato appartenga alla competenza di un giudice diverso da quello presso cui egli esercita le funzioni, trasmette immediatamente gli atti all’ufficio del P.M. presso il giudice competente.” (co.1) “Il P.M. che ha ricevuto gli atti, se ritiene che debba procedere l’ufficio che li ha trasmessi, informa il procuratore generale presso la corte di appello o, qualora appartenga a un diverso distretto, il procuratore generale presso la corte di cassazione. Il procuratore generale, esaminati gli atti, determina quale ufficio del P.M. deve procedere e ne dà comunicazione agli uffici interessati.” (co.2) “Gli atti di indagine preliminare compiuti prima della trasmissione o della designazione indicati nei co.1 e 2 possono essere utilizzati nei casi e nei modi previsti dalla legge.” (co.3) “Le disposizioni dei co.1 e 2 si applicano in ogni altro caso di contrasto negativo tra i pubblici ministeri.” (co.3bis aggiunto nel 1991). ART 54bis  Contrasti positivi tra uffici del pubblico (articolo introdotto ex d.l.367/1991) “Quando il P.M. riceve notizia che presso un altro ufficio sono in corso indagini preliminari a carico della stessa persona e per il medesimo fatto in relazione al quale egli procede, informa senza ritardo il P.M. di questo ufficio, richiedendogli la trasmissione degli atti ex art 54 co.1” (co.1) “Il P.M. che ha ricevuto la richiesta, ove non ritenga di aderire, informa il procuratore generale presso la corte di appello o, qualora appartenga ad un diverso distretto, il procuratore generale presso la corte di cassazione. Il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, determina con decreto motivato, secondo le regole sulla competenza del giudice, quale ufficio del P.M. deve procedere e ne dà comunicazione agli uffici interessati. All’ufficio del P.M. designato sono immediatamente trasmessi gli atti da parte del diverso ufficio.” (co.2) 45 Ex co.1 art 52, il magistrato del P.M. ha la facoltà di astenersi quando esistono “gravi ragioni di convenienza”. L’astensione presuppone una dichiarazione motivata (dichiarazione motivata di astensione). Ex co.2 e 3, la dichiarazione è decisa dal capo dell’ufficio o dal procuratore generale presso la corte d’appello o presso la corte di cassazione, se riguarda i capi dei rispettivi uffici. Stando la sua qualità di parte, il P.M. non può essere ricusato, ma il codice ha evitato l’impiego di criteri rigidi che potessero paralizzare lo svolgimento delle indagini preliminari. Funzione nella norma (art 53) è quella di garantire l’integrità del ruolo dell’accusa, ponendola al riparo da eventuali abusi dei dirigenti degli uffici. Ciascun ufficio di Procura gode altresì di autonomia esterna, sia pure con qualche temperamento. Nei riguardi del P.M. (persona fisica) il Procuratore Capo esercita un potere di sorveglianza sul loro operato. Ricevuta la richiesta di trasmissione degli atti da parte di altro P.M.:  viene ufficializzato il contrasto (con richiesta di intervento del procuratore generale presso il distretto o presso la cassazione);  o si procede ad un collegamento di indagini ex art 371. ART 54ter  Contrasti tra pubblici ministeri in materia di criminalità organizzata (introdotto nel 1991) “Quando il contrasto previsto ex art 54 e 54bis riguarda taluno dei reati indicati nell’art 51 co.3bis e 3quater:  se la decisione spetta al procuratore generale presso la corte di cassazione, questi provvede sentito il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo;  se spetta al procuratore generale presso la corte di appello, questi informa il procuratore nazione antimafia e antiterrorismo dei provvedimenti adottati.” (co.1 modificato nel 2015) ART 54quater  Richiesta di trasmissione degli atti a un diverso pubblico ministero (inserito nel 1999) “La persona sottoposta alle indagini che abbia conoscenza del procedimento ex art 335 o ex art 369 e la persona offesa del reato che abbia conoscenza del procedimento ex art 369 (“Informazione di garanzia”), nonché i rispettivi difensori, se ritengono che il reato appartenga alla competenza di un giudice diverso da quello presso il quale il P.M. che procede esercita le sue funzioni, possono chiedere la trasmissione degli atti al P.M. presso il giudice competente enunciando, a pena di inammissibilità, le ragioni a sostegno della indicazione del diverso giudice ritenuto competente.” (co.1) “La richiesta deve essere depositata nella segreteria del pubblico ministero che procede con l’indicazione del giudice ritenuto competente.” (co.2) “Il P.M. decide entro 10 giorni dalla presentazione della richiesta e,  ove accolga, trasmette gli atti del procedimento all’ufficio del P.M. presso il giudice competente, dandone comunicazione al richiedente. 46 “il contrasto si intende risolto quando, prima della designazione prevista dal co.2, uno degli uffici del P.M. provvede alla trasmissione degli atti ex art 54 co.1.” (co.3) “Gli atti di indagine preliminare compiuti dai diversi uffici del P.M. sono comunque utilizzabili nei casi e nei modi previsti dalla legge.” (co.4) “Le disposizioni dei co.1,2 e 3 si applicano in ogni altro caso di contrasto positivo tra pubblici ministeri.” (co.5)  Mentre per l’ipotesi del contrasto negativo la disciplina tende ad individuare un P.M. che proceda, così da evitare la stasi investigativa,  Nell’ipotesi di contrasto positivo si tende ad evitare la duplicazione di indagini che finiscono per sovrapporsi e magari ostacolarsi fra loro. È essenziale, dunque, che si verifichi se si tratti dei medesimi fatti attribuiti alla medesima persona indagata, perché solo in questo caso vi sarebbe una situazione di contrasto (tesi di Molinari e Carcano). La decisione della Procura generale serve a designare l’ufficio legittimato alla prosecuzione delle indagini allo stato degli atti, non potendosi escludere che gli ulteriori accertamenti possano indurre a conclusione diversa. Si ritiene che gli eventuali atti compiuti dal P.M. non designato dalla procura generale debbano considerarsi inutilizzabili (tesi di Bonetto e Morselli). La possibilità di porre rimedio alla duplicazione di indagini per il medesimo fatto nei confronti dello stesso imputato trova l’unico possibile rimedio, secondo il vigente sistema processuale, negli istituti ex art 54, 54bis e 54ter, che disciplinano gli eventuali contrasti tra pubblici ministeri nella fase procedimentale delle indagini preliminari e si rilevano, dunque, del tutto estranei alla procedura giurisdizionale dei conflitti. Il co.1, come modificato da ultimo (ex d.l.7/2015 convertito in l.43/2015 “Misure urgenti per il contrasto al terrorismo”), concernente i contrasti tra pubblici ministeri in materia di criminalità organizzata:  sostituisce la denominazione del procuratore nazionale antimafia con quella del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo  ed estende l’ambito oggettivo anche ai contrasti di competenza relativi ai reati di terrorismo. Per riassumere meglio, l’attività del P.M. è riconducibile all’esercizio di 4 funzioni:  inquirente  attività investigativa, svolta anche avvalendosi degli organi di P.G. (di cui il P.M. ha la direzione), preliminare all’eventuale fase del processo e diretta a ricostruire le modalità del fatto-reato e ad individuarne il colpevole;  di incriminazione  promuovimento dell’azione penale, attraverso la richiesta ad un giudice di pronunciarsi, in via preliminare o con piena cognizione, in ordine ad un reato ascritto ad un imputato (art 405).  Requirente ed esecutiva  presentazione di richieste al giudice, già investito dell’azione penale, ed è finalizzata a fare proseguire il processo verso la sentenza irrevocabile. Le richieste del P.M. al giudice hanno contenuto:  Procedurale  se sono meramente propulsive dell’iter procedimentale (es. art 603 “Rinnovazione istruzione dibattimentale”);  O di merito  se attengono direttamente alla definizione del processo nel merito della res judicanda e, quindi, alla condanna o al proscioglimento (es. art 523 “Svolgimento della discussione”). Le funzioni del Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo sono estese anche ai procedimenti di prevenzione antimafia avviati a seguito della proposta avanzata dai procuratori distrettuali. 47 Se non provvede in tal senso, il richiedente, entro i successivi 10 giorni, può chiedere di determinare quale ufficio del P.M. deve procedere:  al procuratore generale presso la corte d’appello  o, qualora il giudice ritenuto competente appartenga ad un diverso distretto, al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Il Procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, provvede alla determinazione, entro 20 giorni dal deposito della richiesta, con decreto motivato dandone comunicazione alle parti ed agli uffici interessati. Quando la richiesta riguarda taluno dei reati indicati nell’art 51 co.3bis e co.3quater, il procuratore generale provvede osservando le disposizioni ex art 54ter.” (co.3) “La richiesta non può essere riproposta a pena di inammissibilità salvo che sia basata su fatti nuovi e diversi.” (co.4) “Gli atti di indagine preliminare compiuti prima della trasmissione degli atti o della comunicazione del decreto ex co.3 possono essere utilizzati nei casi e nei modi previsti dalla legge.” (co.5) La norma consente all’indagato ed alla persona offesa di sollecitare un controllo della “competenza” ad indagare del P.M. che procede, senza che sia necessario che sia sollevato un “contrasto” da parte di altro P.M. (art 54-54ter). Per arginare la crescente diffusione dell’attività criminale organizzata, mafiosa e camorristica, e da ultimo, terroristica, il legislatore ha ritenuto opportuno concentrare le indagini relative a tali reati:  presso la Direzione Distrettuale Antimafia (D.D.A.) > organo deputato al coordinamento, in ambito locale (Distretto di Corte di appello). Il collegamento ed il coordinamento di tutte le D.D.A. è affidato:  ad una Direzione Nazionale Antimafia (D.N.A.) (ora anche Antiterrorismo dal 2015) > organismo istituito nell’ambito della Procura generale presso la Corte di cassazione, al cui vertice è preposto un Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo nominato direttamente dal Consiglio Superiore della Magistratura. La D.N.A. si avvale:  della D.I.A. (Direzione Investigativa Antimafia) > è un servizio di P.G., strutturato sull’intero territorio nazionale;  e delle forze di polizia. Per quanto concerne il corpo forestale dello Stato (ricompreso nell’elenco), tocca evidenziare che, in virtù della Legge Madia (l.124/2015), il Governo era stato investito della delega annuale di procedere ad una sua riorganizzazione con eventuale assorbimento in altra forza di polizia (nell’arma dei carabinieri), fatte salve le competenze in materia di lotta contro gli incendi boschivi e di spegnimento con mezzi aerei degli stessi da attribuire al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Nel 2016 si è provveduto all’assorbimento nell’arma dei carabinieri, con la conseguente riorganizzazione della stessa. Per le guardie delle province e dei comuni si è equiparata la disciplina di inquadramento della polizia municipale. Tali soggetti rivestono la qualifica di agenti di P.G. in via generale ma nel solo “ambito territoriale dell’ente di appartenenza” e limitatamente al tempo nel quale “sono in servizio”. Sui suggerimenti della sent.cost.122/1971, il codice ha rafforzato più la dipendenza funzionale dall’A.G., specie dal P.M., che quella gerarchica, senza mai troncare del tutto la relazione burocratica che lega la P.G. all’esecutivo. 50 La distinzione rileva sul piano organizzativo e in vista della titolarità a compiere una serie di atti riservati solo agli ufficiali: - Ricezione della denuncia e della querela, - Remissione della querela, - Assunzione di informazioni o di notizie o di indicazioni dalla persona sottoposta alle indagini, - Perquisizioni di propria iniziativa o su delega, - Acquisizione di plichi o di corrispondenza, - Accertamenti urgenti e sequestri, - Redazione dei verbali e delle annotazioni degli atti del P.M., - Immediata liberazione dell’arrestato/fermato, - Delega di funzioni di P.M. nelle udienze dibattimentali relative ai procedimenti dinanzi al tribunale in composizione monocratica. Nel co.1 sono delineati gli ufficiali che svolgono funzioni di P.G. in via generale (ossia per tutti i reati). Tra gli agenti che svolgono funzioni di P.G. in via generale vanno annoverati: - Il personale della polizia di Stato; - I carabinieri; - Le guardie di finanza; - Gli agenti del corpo di polizia penitenziaria; - Le guardie forestali. In una posizione del tutto particolare si situano coloro che fanno parte della Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.), istituito nell’ambito del dipartimento della pubblica sicurezza nel 1991. Il relativo personale è rivestito, oltre che delle funzioni di investigazione preventiva attinente alla criminalità organizzata, anche del compito di “effettuare indagini di P.G. relative a delitti di associazione di tipo mafioso o ricollegabili all’associazione medesima”. 19. L’organizzazione della P.G. e la sua dipendenza funzionale dall’A.G. Attribuendo compiti di P.G. a funzionari appartenenti alla pubblica amministrazione, si presenta l’inconveniente di consentire ad organi estranei all’attività giudiziaria di condizionare lo svolgimento dei compiti giudiziari. Per non compromettere sia l’indipendenza esterna dell’ordine giudiziario, sia la stessa garanzia di eguaglianza di fronte alla legge, che costituisce il fondamento del principio di obbligatorietà dell’azione penale, la Corte costituzionale ha ritenuto (in relazione all’art 109 Cost) che l’istituzione di un corpo di P.G. alle esclusive dipendenze della magistratura, non discende dal dettato della Costituzione, per cui occorre distinguere la dipendenza funzionale dell’A.G. dalla dipendenza burocratica della pubblica amministrazione. Benché tutte le funzioni di P.G. siano sempre svolte alle dipendenze e sotto la direzione 51 dell’A.G., il legame che si instaura con la medesima è variabile perché costruito in relazione ai diversi apparati amministrativi. ART 56  Servizi e sezioni di polizia giudiziaria “Le funzioni di P.G. sono svolte alla dipendenza e sotto la direzione dell’A.G.: a) dai servizi di P.G. previsti dalla legge; b) dalle sezioni di P.G. istituite presso ogni procura della Repubblica e composte con personale dei servizi di P.G.; c) dagli ufficiali e agenti di P.G. appartenenti agli altri organi cui la legge fa obbligo di compiere indagini a seguito di una notizia di reato.” (co.1) Fanno parte dei servizi, tutti gli uffici e le unità cui sono affidate le funzioni di P.G. Le sezioni sono composte da ufficiali ed agenti di P.G. appartenenti alla Polizia di Stato, all’arma dei carabinieri ed alla guardia di finanza, nonché, per il momento, al corpo forestale dello Stato ART 58  Disponibilità della polizia giudiziaria. “Ogni procura della Repubblica dispone della rispettiva sezione [56]; la procura generale presso la corte di appello dispone di tutte le sezioni istituite nel distretto.” (co.1) “le attività di P.G. per i giudici del distretto sono svolte dalla sezione istituita presso la corrispondente procura della Repubblica.” (co.2) “L’A.G. si avvale direttamente del personale delle sezioni ex co.1 e 2 e può anche avvalersi di ogni servizio o altro organo di P.G.” (co.3) 52 L’art 56 nel disciplinare “servizi e sezioni di P.G:” individua una triplice struttura. a) La prima concerne i servizi di P.G. previsti dalla legge, con implicito richiamo alla l.121/1981, che prevede l’istituzione e l’organizzazione di simili unità da parte del dipartimento di pubblica sicurezza. Nel 1991, sono state imposte alle amministrazioni interessate di costituire: - servizi centrali ed interprovinciali (es. Ris, Ros); - servizi interforze - unità antiterrorismo. b) In rapporto alla seconda struttura (cioè alle sezioni di P.G.), si coglie il grado massimo di dipendenza organizzativa e funzionale dell’A.G. Sono istituite unicamente presso ogni procura della Repubblica per garantire uno stretto rapporto con l’organo che dirige le indagini preliminari. c) Al grado minimo di dipendenza organizzativa e funzionale sono posti (quale terza struttura) i restanti ufficiali ed agenti di P.G. tenuti per legge a compiere indagini a seguito di una notizia di reato. Il profilo della dipendenza è regolato ex art 58 (“Disponibilità della P.G.”) con riguardo al rapporto che intercorre tra l’A.G. e gli organi di P.G. Le attività di P.G. per i giudici del distretto, compreso il G.I.P., sono svolte dalle sezioni istituite presso le corrispondenti procure della Repubblica; qui la disponibilità non è immediata (come disposta nel co.2). 20. I rapporti di subordinazione. La convinzione che la dipendenza funzionale della P.G. dall’A.G. risulterebbe priva di una qualche effettività se non fosse accompagnata da forme di dipendenza organizzativa ha trovato una propria rilevanza nella direzione attuativa dell’art 109 Cost. Benché gli ufficiali e gli agenti di P.G. restino sempre subordinati, in via di principio, agli enti amministrativi di appartenenza, l’autorità giudiziaria risulta anch’essa investita di una serie di poteri di natura tipicamente gerarchica. 55 - o il decreto di citazione a giudizio se l’imputato è libero; - la contestazione del reato connesso o del fatto nuovo nell’udienza preliminare o nel dibattimento, - formulazione coatta dell’imputazione quando la richiesta di archiviazione non sia accolta dal G.I.P. Cessa nel momento della definizione del processo e, quindi, con l’emanazione di decisione divenuta irrevocabile o, comunque, non più impugnabile. Persa la qualità di imputato, l’interessato assume quella di prosciolto/condannato. L’art 61, dunque, estende all’indagato i diritti e le facoltà previsti a garanzia dell’imputato ed ogni altra disposizione a questi favorevole, ma non le previsioni in malam partem. Se trattasi di notizie non qualificate (es. voci correnti nel pubblico, informazioni giornalistiche, etc), la persona può dirsi sottoposta alle indagini:  a seguito di una valutazione di attendibilità delle medesime, espressa dalla P.G. o P.M. se una tale valutazione dia esito positivo:  scatta (per la P.G.) l’obbligo di riferire la notizia al P.M;  mentre, per il P.M. scatta l’obbligo di farla iscrivere immediatamente nell’apposito registro ex art 335. Nella prospettiva precedentemente discussa conta, infine, il fatto obiettivo dell’esecuzione dell’arresto in flagranza, mentre non rileva né quello del fermo ex art 384, né la richiesta di una misura cautelare personale. 56 ART 60  Assunzione della qualità di imputato “Assume la qualità di imputato la persona alla quale è attribuito il reato nella richiesta di rinvio a giudizio, di giudizio immediato, di decreto penale di condanna, di applicazione della pena ex art 447 co.1, nel decreto di citazione diretta a giudizio e nel giudizio direttissimo.” (co.1) “La qualità dell’imputato si conserva in ogni stato e grado del processo, sino a che non sia più soggetta a impugnazione la sentenza di non luogo a procedere, sia divenuta irrevocabile la sentenza di proscioglimento o di condanna o sia divenuto esecutivo il decreto penale di condanna.” (co.2) “La qualità di imputato si riassume in caso di revoca della sentenza di non luogo a procedere e qualora sia disposta la revisione del processo.” (co.3) L’imputato, dunque, è la persona fisica nei confronti della quale il P.M. promuove l’azione penale. La qualità di imputato permane finché il processo è pendente. In ordine all’estensione dei diritti e delle garanzie dell’imputato alla “persona sottoposta alle indagini”, l’art 61 ha ritenuto come sufficiente > la semplice sottoposizione della persona alle indagini preliminari. L’estensione dei diritti e delle garanzie dell’imputato opera anche in rapporto ad atti non documentabili, quali le notizie o le indicazioni assunte dagli ufficiali di P.G. sul luogo o nell’immediatezza del fatto (art 350 cp.5). Più precisamente, taluno diviene persona sottoposta alle indagini:  a seguito della ricezione da parte della P.G. o del P.M. di una notizia qualificata di reato (denuncia, referto, querela, istanza) contenente un’incolpazione nei confronti di un soggetto determinato. Inoltre, viene in gioco la valutazione di dati emergenti dalle indagini e ritenuti idonei a fornire un principio di conoscenza circa l’attribuibilità a taluno di un fatto di reato. Necessaria è la distinzione tra:  indizio > risultato conoscitivo indispensabile per adottare alcune misure, anche ad opera del giudice, nel corso della fase delle indagini preliminari o per farne scaturire determinati effetti diversi dalla decisione sul tema del processo.  prova indiziaria > si allude alle c.d. prove critiche assoggettate ad una regola di giudizio al momento della valutazione probatoria. 22. Le dichiarazioni rese dall’imputato. Art 62-63 Le norme contenute negli art 62-65 sono tutte accomunate dal fatto che mirino ad assicurare nei 57 rapporti con l’autorità procedente un livello di lealtà e di civiltà adeguato ai canoni personalistici tipici del modello accusatorio. Profilatisi gli indizi, si determinano in capo all’autorità procedente, tre obblighi distinti:  vige l’obbligo di interrompere l’esame, come pure l’eventuale assunzione di informazioni, ma potrà seguirne l’interrogatorio del P.M. o l’assunzione di sommarie informazioni ex art 350 da parte della P.G.  l’autorità procedente deve avvertire la persona che “potranno” essere svolte indagini nei suoi confronti per effetto della mutata veste processuale.  Infine, l’obbligo di invitare la persona che ha rilasciato le dichiarazioni indizianti a nominare un difensore accentua il divario rispetto a coloro ai quali il fatto è attribuito da una comune notizia di reato. Nei confronti di costoro l’invito è formulato nell’informazione di garanzia, da inviarsi solo a partire dal primo atto cui il difensore ha diritto di assistere. In altre parole, la norma vuole proteggere il terzo, cui si siano riferite le dichiarazioni accusatorie, predisponendo un meccanismo destinato a scattare anteriormente alle ipotesi di incompatibilità a testimoniare ex art 197 co.1 lett.a,b. Inoltre, muovendo dalla ratio dell’art 63 co.2, la giurisprudenza ha circoscritto il divieto d’uso erga alios delle suddette dichiarazioni alle persone imputate in procedimenti connessi o collegati. Nelle restanti ipotesi, infatti, il dichiarante deve essere sentito in qualità di persona informata sui fatti per cui si indaga, o di testimone:  Dunque, non potendosi configurare nei suoi confronti violazione alcuna delle garanzie difensive, l’operatività dell’art 63 co.2 è da escludersi. 60 Il dato più vistoso, consiste nell’estensione della medesima disciplina alle sommarie informazioni che la P.G. è abilitata ad assumere ex art 351. Per contro, l’operatività dell’art 63 non scatta nei confronti del giudice civile e del curatore fallimentare. Poiché l’art 63 co.1 non contempla l’obbligo di avvertire l’indiziato che “le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti” così come prevede l’art 64 co.3 lett.a, il soggetto non è messo sull’avviso circa gli effetti sfavorevoli che potrebbero scaturire da ulteriori dichiarazioni rese prima dell’interrogatorio o delle sommarie informazioni, nei cui preamboli è dato avvertimento della facoltà di non rispondere. La disciplina dell’art 63 si perfeziona col divieto di utilizzare, contro la persona autoindiziatasi, le dichiarazioni rese prima dell’avvertimento (inutilizzabilità soggettivamente relativa). La norma vuole tutelare la libertà di autodeterminazione di chi, se fosse stato consapevole del proprio status, avrebbe ben potuto esercitare il diritto al silenzio e non rilasciare dichiarazioni a sé pregiudizievoli. La prevista inutilizzabilità anche nei confronti di coloro che dalle dichiarazioni indizianti sono comunque coinvolti (inutilizzabilità assoluta) si spiega col proposito di disincentivare l’adozione di comportamenti contra legem intesi ad acquisire dichiarazioni accusatorie a carico di terzi. 23. L’interrogatorio. (Art 64-65) Il sistema distingue in maniera netta:  L’esame dell’imputato > collocato tra i mezzi di prova (art 208-210);  Interrogatorio della persona sottoposta alle indagini > disciplinato ex art 64-65 e da altre disposizioni riferite all’udienza dibattimentale. Nella fase delle indagini preliminari, il P.M. procede all’interrogatorio della persona: - sottoposta a misura cautelare personale (art 294), - dell’arrestato/fermato (art 388), - e anche tramite delega alla P.G., di chi si trova a piede libero mediante invito a presentarsi, ma se la persona non vi ottempera, l’accompagnamento coattivo è disponibile solo a seguito di autorizzazione del giudice. Il titolare delle indagini è libero di scegliere il momento in cui assumere l’atto, salvo che si tratti di una persona sottoposta a custodia cautelare  in tal caso l’interrogatorio del giudice deve precedere quello del P.M. 61 Esercitata l’azione penale, l’imputato è libero di sottoporsi ad interrogatorio in sede di udienza preliminare, così come nel giudizio abbreviato. Quanto alla difesa personale, gli artt 64 e 65 modellano l’interrogatorio in maniera idonea garantire una partecipazione libera e costante da parte del soggetto. 62 È libero, anche di non procedervi nel corso delle indagini preliminare talché la richiesta di archiviazione può ben essere formulata inaudita altera parte. Infine, se vuole inscenare il giudizio immediato secondo le forme ex art 453 co.1, deve procedere all’interrogatorio sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova o, comunque, deve averlo disposto ex art 375 co.3, a meno che la persona sottoposta alle indagini non sia comparsa a causa di un legittimo impedimento, o sia risultata irreperibile. Nella fase nelle indagini, essendo il G.I.P. tendenzialmente privo di poteri ufficiosi, il relativo interrogatorio si atteggia come attività sempre doverosa; ciò vale: - in sede di udienza di convalida, per quello dell’arrestato o del fermato “salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire”. Inoltre, il giudice procede ad interrogatorio in rapporto a talune vicende delle misure cautelari personali: - quando il P.M., nel corso della fase delle indagini preliminari, gli ha richiesto di sospendere la persona sottoposta alle indagini dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio; - quando gli è richiesto di revocare/sostituire la misura applicata. Dal punto di vista funzionale, all’interrogatorio: - condotto dal P.M. > si suole attribuire un prevalente carattere investigativo perché finalizzato alle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale; - mentre, a quello condotto dal giudice > si suole ricollegare un prevalente significato di controllo e di garanzia. Dal punto di vista delle modalità del suo svolgimento, l’interrogatorio è disciplinato per assicurarne la natura di strumento di difesa. Quanto all’assistenza tecnica, un dato comune è rappresentato dal diritto del difensore di essere avvisato del compimento dell’atto così da potervi sempre assistere; anzi, la sua presenza diviene condizione di validità dell’atto:  perché la legge impone al legale di intervenire all’interrogatorio,  o perché quest’ultimo è inserito in un determinato contesto come l’udienza di convalida o l’udienza preliminare. Quando al luogo di svolgimento dell’interrogatorio, si prevede che:  l’arrestato/fermato e anche l’imputato in stato di detenzione per qualsiasi fatto (eccetto chi sia ristretto in regime di arresti domiciliari o di detenzione domiciliare) debba essere interrogato presso l’istituto penitenziario in cui si trova.  Se sussistono eccezionali motivi di necessità, il giudice può disporre che i soggetti siano trasferiti davanti a sé. Infatti, ex art 350 co.7, le dichiarazioni che la P.G. riceve spontaneamente dall’indagato possono essere utilizzate sia a fini contestativi in sede di esame dibattimentale sia in chiave probatoria nei riti alternativi al dibattimento. La funzione dell’art 64 è quella di garantire la libertà fisica e morale del soggetto sottoposto ad interrogatorio, in modo tale che le sue dichiarazioni risultino il frutto di una scelta consapevole e non coartata. A tale finalità rispondono:  le disposizioni sulla libertà fisica della persona sottoposta ad interrogatorio (es senza manette)  ed il divieto di uso di mezzi idonei ad alterare le capacità psico-fisiche;  nonché gli avvertimenti di cui alle lett.a,b. Quanto all’avvertimento ex lett.c, va premesso che attualmente l’imputato, se riferisce circostanze riguardanti la responsabilità di altri, può essere sentito in futuro anche come testimone (con l’obbligo, quindi, di rispondere alle domande ex art 197 e 197bis). ART 65  Interrogatorio nel merito “L’A.G: - contesta alla persona sottoposta alle indagini in forma chiara e precisa il fatto che le è attribuito, - le rende noti gli elementi di prova esistenti contro di lei, - e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini, gliene comunica le fonti.” (co.1) “Invita, quindi, la persona ad esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e le pone direttamente domande.” (co.2) “Se la persona rifiuta di rispondere, ne è fatta menzione nel verbale. Nel verbale è fatta anche menzione, quando occorre, dei connotati fisici e di eventuali segni particolari della persona.” (co.3) L’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio deve già contenere: - l’inserzione della “sommaria enunciazione del fatto quale risulta dalle indagini fino a quel momento compiute”, - nonché, se il P.M. vuol presentare richiesta di giudizio immediato, pure l’”indicazione degli elementi e delle fonti di prova”, insieme all’avvertimento circa il rito prescelto. 65 L’avviso in discorso (riecheggiando le Miranda warnings del modello nordamericano) mostra di tener conto della condizione di stress in cui versa il soggetto al momento dell’arresto o del fermo tale da spingerlo a rendere dichiarazioni avventate, specie con l’intento di subito discolparsi, ma che potrebbero poi essere usate contro di lui nel prosieguo del processo. Dall’esercizio del diritto di non rispondere (ossia di non collaborare) l’organo procedente non può ricavare conseguenza alcuna in quanto insindacabile espressione del diritto di difesa personale. Infatti, ex art 274 lett.a, esplica il divieto di individuare, nel rifiuto di rendere dichiarazioni o nella mancata ammissione degli addebiti, un attuale e concreto pericolo per l’acquisizione e la genuinità della prova Una volta che il soggetto abbia dichiarato di voler rispondere, entrano in gioco le prescrizioni dettate per l’interrogatorio nel merito (art 65). Tali prescrizioni operano esclusivamente per l’atto assunto dall’A.G. La portata di tali prescrizioni è, però, destinata a subire adattamenti in rapporto allo sviluppo dell’iter procedimentale. Del resto, per l’interrogatorio dell’arrestato/fermato cui procede il P.M., l’art 388 co.2 detta prescrizioni solo in parte analoghe. Oltre che alla civiltà e lealtà del processo, le disposizioni di tale articolo sono svolte a sugellare la funzione dell’interrogatorio quale strumento di difesa. Ciò emerge dalla possibilità che ha la persona di esporre tutto ciò che ritiene utile per discolparsi, dell’assenza dell’obbligo di dire la verità, salvi i limiti che derivano dalle norme in materia di autocalunnia e calunnia, nonché dalla facoltà di non rispondere a singole domande sul merito. in ordine allo svolgimento dell’atto, la tecnica adottata è quella delle domande poste in via diretta dal solo organo procedente, il che vale anche per l’interrogatorio che l’imputato ha 66 facoltà di rendere all’udienza preliminare. Solo all’A.G. si riferisce, però, l’art 21 disp.att. laddove statuisce che debbano essere richieste all’imputato, o alla persona sottoposta alle indagini, nel primo atto cui sono presenti, una serie di informazioni relative all’identità personale, alla vita di relazione, alla posizione patrimoniale, nonché agli eventuali ruoli pubblici coperti ed ai precedenti penali. Rinviando, il co.3 art 66 verso l’art 130 (“Correzione dii errori materiali”), rende palese che la norma trova spazio anche nella fase delle indagini preliminari e pure nei confronti della persona che vi è sottoposta, ogni qualvolta il giudice sia comunque chiamato ad emettere un provvedimento; diversamente, la correzione è operata de plano dal P.M. ART 66bis  Verifica dei procedimenti a carico dell’imputato. “In ogni stato e grado del procedimento, quando risulta che la persona sottoposta alle indagini/imputato è stato segnalato, anche sotto diverso nome, all’A.G. quale autore di un reato commesso antecedentemente o successivamente a quello per il quale si procede, sono eseguite le comunicazioni all’A.G. competente ai fini dell’applicazione della legge penale.” (co.1) Ciò difetta in caso di omonimia, quando al “vero imputato” si sostituisca l’“imputato apparente”. Tocca al P.M., nella fase delle indagini preliminari, disporre gli accertamenti del caso, sulla base dei quali saranno formulate le conseguenti richieste al giudice. Se il dubbio insorge nel processo, le determinazioni in materia saranno trattate dal giudice dell’udienza preliminare o del dibattimento. 67 24. L’identificazione e l’esistenza in vita dell’imputato. (Art 66-69) Le questioni inerenti all’identificazione dell’imputato ed alla sua esistenza in vita sono affrontate in via semplificata. L’art 66 disciplina la “verifica dell’identità personale dell’imputato” e statuisce, nel co.1 che, nel primo atto del procedimento in cui è presente l’imputato:  L’A.G. lo invita a dichiarare le proprie generalità e quant’altro possa valere ad identificarlo, ammonendolo sulle conseguenze cui si espone chi rifiuta di dare le proprie generalità o le dà false. Inviti ed ammonizioni sono indirizzati dalla P.G. alla persona sottoposta alle indagini. L’impossibilità di attribuire all’imputato le sue esatte generalità è irrilevante in quanto non pregiudica il compimento di alcun atto da parte della P.G. o dell’A.G., purché sia certa l’identità fisica della persona. (co.2) L’attribuzione di generalità erronee è trattata alla stregua di un mero errore materiale, così da far luogo alla rettificazione mediante il relativo procedimento in camera di consiglio. Il senso della norma è da individuarsi nel fatto che la qualità di imputato può essere assunta da una persona fisica solo quando è possibile la sua individuazione. Ai fini dell’individuazione è essenziale l’identità fisica della persona, non occorrendo la certezza della identità anagrafica, ossia l’esattezza delle generalità (nome, cognome, data di nascita, paternità, etc.). Per ridurre il margine dei possibili errori nell’applicazione dei c.d. benefici penali, a causa dell’incompleta identificazione del soggetto e dei suoi precedenti penale, nel 2005 è stato introdotto l’art 66bis (“Verifica dei procedimenti a carico dell’imputato”). Distinto dal profilo dell’identità personale, è quello:  Dell’identità fisica >per l’imputato si sostanzia nella coincidenza tra la persona nei cui confronti è esercitata l’azione penale e quella che in effetti è assoggettata a processo. Il codice non affronta il tema dell’errore sull’identità fisica (c.d. errore di persona) che risulta nel corso della fase delle indagini preliminari, ma in materia soccorre l’ampiezza delle formule per la quale è consentito al P.M. richiedere il decreto di archiviazione (art 411). 70 Ciò vale sia per il caso di infermità sopravvenuta che antecedente. Restano irrilevanti le situazioni nelle quali l’esercizio dell’autodifesa è ostacolato da altre cause, prime fra tutte le infermità fisiche sopravvenute. Ad esse pongono un rimedio altri istituti, come la sospensione o il rinvio dell’udienza. ART 70  Accertamenti sulla capacità dell’imputato. “Quando non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e vi è ragione di ritenere che, per infermità mentale (il riferimento al “sopravvenuta al fatto” è stato dichiarato illegittimo ex sent.340/1992), l’imputato non è in grado di partecipare coscientemente al processo, il giudice, se occorre, dispone, anche d’ufficio, perizia.” (co.1) “Durante il tempo occorrente per l’espletamento della perizia il giudice assume, a richiesta del difensore, le prove che possono condurre al proscioglimento dell’imputato, e, quando vi è pericolo nel ritardo, ogni altra prova richiesta dalle parti.” (co.2) “Se la necessità di provvedere risulta durante le indagini preliminari, la perizia è disposta dal giudice a richiesta di parte con le forme previste per l’incidente probatorio. Nel frattempo restano sospesi i termini per le indagini preliminari e il P.M. compie i soli atti che non richiedono la partecipazione cosciente della persona sottoposta alle indagini. Quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove nei casi previsti ex art 392.” (co.3) Al curatore speciale è consentito:  sia di ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza di sospensione,  sia di assistere agli atti disposti sulla persona dell’imputato, nonché a quelli rispetto ai quali tale potere è riconosciuto all’imputato stesso. 71 L’art 70, disciplinante “accertamenti sulla capacità dell’imputato”, presenta una gamma di situazioni in cui l’infermità di mente dell’imputato risulta solo diminuita, senza che sia scomparsa, purché produca l’effetto di impedirne una consapevole partecipazione. Accertato (a seguito degli accertamenti ex art 70) che lo stato psichiatrico dell’imputato ne impedisce la cosciente partecipazione al procedimento pur manifestando allo stato carattere reversibile, il giudice emette ordinanza di sospensione del procedimento ex art 71 co.1 (“Sospensione del procedimento per incapacità dell’imputato”). L’ordinanza, ricorribile per cassazione, produce una pluralità di effetti;  infatti, ex co.2, con tale ordinanza il giudice nomina all’imputato un curatore speciale, designando di preferenza l’eventuale rappresentante legale;  ex art 18 co.1 lett.b > obbligatoria separazione del processo;  inoperatività della regola ex art 75 co.3 circa la sospensione obbligatoria del processo civile (ex co.6 art 71). Ex co.3, contro l’ordinanza possono ricorrere per cassazione il P.M., l’imputato e il suo difensore nonché il curatore speciale nominato dall’imputato. Ex co.4, la sospensione non impedisce al giudice di assumere prove, alle condizioni e nei limiti stabiliti ex art 70 c.2. A tale assunzione il giudice procede anche a richiesta del curatore speciale (vedi le facoltà consentite al curatore speciale). Ex co.5, se la sospensione interviene nel corso delle indagini preliminari, si applicano le disposizioni previste ex art 70 co.3. Ex co.6, nel caso di sospensione, non si applica la disposizione ex art 75 co.3. 72 La materia della capacità processuale è stata modificata per effetto della l.103/2017. È opportuno, però, un riassunto. In materia di definizione del procedimento per incapacità dell’imputato, distingue l’ipotesi in cui l’incapacità:  sia reversibile  da quella in cui essa sia irreversibile. Sul piano sostanziale, l’art 159 co.1 c.p. disponeva che il corso della prescrizione rimanesse sospeso quando il procedimento/processo penale fosse, a sua volta, sospeso per “impedimento delle parti”. Ciò, rischiava di dar vita alla figura dell’”eterno giudicabile”, cioè dell’imputato che, affetto da infermità psichica irreversibile, resta assoggettato alla giurisdizione penale per tutto il resto della vita. Presuppone la lesione di una situazione giuridica sostanziale per effetto della condotta criminosa dell’autore del reato. Ha natura secondaria ed eventuale, atteso che i comportamenti integranti illecito penale non sempre costituiscono fonte di responsabilità civile. La costituzione di parte civile presuppone la legittimazione subiettiva, cioè la titolarità del diritto azionato. È sufficiente la mera configurabilità giuridica del danno e della titolarità, mentre l’accertamento della loro reale ed effettiva esistenza attiene al merito della decisione. A tal proposito occorre distinguere:  “legitimatio ad causam”  si identifica con la titolarità del diritto sostanziale in capo alla persona alla quale il reato ha cagionato un danno e che è il presupposto per la costituzione di parte civile;  “legitimatio ad processum” (o capacità processuale)  per la quale il titolare del diritto che non abbia la capacità di agire deve essere rappresentato, assistito o autorizzato nelle forme prescritte per le azioni civili.  “rappresentanza processuale”  in virtù della quale la parte civile non può difendersi da sola, ma deve stare in giudizio con il ministero di un difensore munito di procura speciale. 75 Se è stata già disposta o debba disporsi la custodia cautelare, il ricovero provvisorio in un’idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero è ordinato dal giudice adottando i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga, ex art 286. Qui il ricovero assume una configurazione autonoma, risolvendosi in una misura alternativa alla custodia in carcere. 26. La parte civile: legittimazione, costituzione ed esodo dal processo penale. TITOLO V (Art 74-89) La parte civile è disciplinata nel Titolo V (art 74-89), dedicato a “Parte civile, responsabile civile e civilmente obbligato per la pena pecuniaria”. Rientra tra le c.d. parti eventuali > per cui il processo penale prescinde dalla loro presenza. L’intervento della parte civile (“danneggiato”) è finalizzato ad ottenere le restituzioni o il risarcimento del danno ricollegabili al reato oggetto di accertamento in sede penale (art 185 c.p.). Per quanto concerne la legitimatio ad causam, l’art 74 (“Legittimazione all’azione civile”) stabilisce che l’azione civile di cui all’art 185 c.p. possa essere esercitata dal soggetto che mira alle restituzioni o al risarcimento del danno cagionato dal reato, o dai suoi “successori universali”. Ex art 76 co.1 (“Costituzione di parte civile”), il danneggiato può costituirsi parte civile anche per mezzo di un procuratore speciale, fermo restando che difetta il sostituto eventualmente nominato dal difensore della parte civile. Ex co.2, la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo. Qualora sia carente la capacità processuale del danneggiato, costui dev’essere rappresentato (es. quanto si tratti di un minore non emancipato), assistito o autorizzato per le forme prescritte per l’esercizio delle azioni civili. Detto ciò, l’art 77 (“capacità processuale della parte civile”) prevede due diversi correttivi per l’ipotesi in cui risulti impedito l’inserimento dell’azione civile all’interno del processo penale:  In primis ex co.2, viene considerata l’eventualità della nomina di un curatore speciale, necessaria quando manchi la persona a cui spetterebbe la rappresentanza o l’assistenza e ricorrano ragioni di urgenza o quando sussista un conflitto di interessi tra l’incapace e il suo legale rappresentante;  In secundis ex co.4, ma solo sul presupposto di una “assoluta urgenza”, viene consentito che il P.M. eserciti l’azione civile nell’interesse del minore/infermo di mente, finché non subentri il legale rappresentante e, quanto meno, il curatore speciale previsto ex art 77 co.2. Ne consegue che, nel corso delle indagini preliminari, resta esclusa la partecipazione del danneggiato, il quale, solo se contemporaneamente rivesta la qualifica di offeso dal reato, può avvalersi dei diritti e delle facoltà che la legge riconosce a quest’ultimo soggetto. Conseguentemente, risulta preclusa la costituzione della parte civile una volta iniziata la trattazione delle questioni preliminari ex art 491.  Da un lato, anche se la mancata costituzione sia addebitabile al caso fortuito o alla forza maggiore, non è consentito invocare la restituzione del termine, essendo un istituto riservato a coloro che già possiedono la qualità di parte;  Dall’altro, se la costituzione avviene in extremis (esattamente dopo la scadenza del termine perentorio ex art 468 co.1), la parte civile non può più avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici (art 79 co.3). Anche nei confronti della parte civile opera la regola generale che esclude l’introduzione di prove a sorpresa in sede dibattimentale. Relativamente a tale richiesta, il giudice procedente è tenuto a pronunciarsi senza ritardo con un’ordinanza (inoppugnabile), e l’eventuale esclusione della parte civile disposta in sede di udienza preliminare non è di ostacolo rispetto ad una successiva costituzione entro il termine finale previsto dall’art 79 co.1 In mancanza di un espresso divieto in tal senso, si deve ritenere che l’eventuale rigetto della richiesta di esclusione in sede di udienza preliminare non ne preclude la riproposizione tempestiva in dibattimento. 76 Premesso che la parte civile può stare in giudizio solo con il “ministero di un difensore, munito di procura speciale”, ai fini di una regolare costituzione devono essere rispettate le formalità stabilite ex art 78 (“Formalità della costituzione di parte civile”):  Unitariamente alla procura di cui si è detto, è necessario venga depositata nella cancelleria del giudice procedente, o si presentata in udienza, una dichiarazione contenente, a pena di inammissibilità, gli elementi ex art 78 co.1 lett.a-e. Ex co.2 art 78, se è presentata fuori udienza, la dichiarazione deve essere notificata a cura della parte civile, alle altre parti e produce effetto per ciascuna di esse dal giorno nel quale è eseguita la notificazione. L’art 79 disciplina il “termine per la costituzione di parte civile”, e stabilisce:  un termine iniziale >la parte civile deve costituirsi “per l’udienza preliminare”  e uno finale > è previsto a pena di decadenza e coincide con l’effettuazione, da parte del giudice dibattimentale di primo grado, degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti ex art 484. La costituzione di parte civile non implica una sua stabile permanenza nel processo penale, dovendosi tenere presente sia l’eventualità di una sua esclusione, sia quella di un suo spontaneo recesso. Ex art 80 co.1 (“richiesta di esclusione della parte civile”), l’esclusione può essere la conseguenza di una richiesta motivata, proveniente dal P.M., dall’imputato e dal responsabile civile. Come per la costituzione della parte civile, anche per l’esclusione occorre rispettare dei termini perentori, che variano a seconda della fase processuale in cui è avvenuta la costituzione di parte civile. Infatti, ex co.2 e 3 art 80:  se la parte civile si è costituita “per l’udienza preliminare” > la richiesta di esclusione va effettuata prima che siano terminati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti;  se, invece, la parte civile si è costituita nella fase degli atti preliminari al dibattimento o nel corso degli atti introduttivi al medesimo > la richiesta di esclusione deve essere avanzata in sede di trattazione delle questioni preliminari ex art 491 co.1 L’art 81 disciplina una seconda ipotesi di esclusione, ossia “esclusione di ufficio della parte 77 civile”, per cui, ex co.1:  il giudice, quando accerti l’inesistenza dei requisiti stabiliti per la costituzione di parte civile, può provvedere in conformità fino a che non sia stato aperto il dibattimento di primo grado. Verificato il fumus boni iuris della richiesta, il giudice procedente ordina la citazione con un decreto, il cui contenuto è specificato ex art 83 co.3. Inspiegabilmente, tale disposizione tralascia un elemento essenziale di qualsiasi vocatio in iudicium; cioè l’indicazione della data e del luogo dell’udienza, rispetto alla quale dovrà essere garantita l’osservanza dei termini dilatori normalmente previsti. 80 Al pari della parte civile, sta in giudizio col ministero di un difensore; inoltre, il responsabile civile, al quale è estesa la regola dell’immanenza della costituzione (art 84 co.4), può costituirsi in ogni stato e grado del processo, anche per mezzo di procuratore speciale, depositando nella cancelleria del giudice procedente o presentando in udienza una dichiarazione che deve contenere, a pena di inammissibilità, gli elementi indicati ex art 84 co.2. se la citazione è regolare, l’assenza del responsabile civile non determina la sospensione o il rinvio del dibattimento, né una nuova fissazione dell’udienza preliminare. Tanto la citazione (art 83 co.6) quanto l’intervento (art 85 co.4) del responsabile civile perdono efficacia in caso di revoca della costituzione di parte civile o di esclusione di quest’ultima ex art 80 e 81. Inoltre, va tenuta presente anche la possibilità di una sua esclusione su richiesta di parte o di ufficio. Le parti legittimate a proporre l’esclusione sono:  l’imputato, la parte civile e il P.M. ex art 86 co.1;  anche il responsabile civile, costituitosi seguito di citazione  il quale può chiedere la propria esclusione: - oltre che per ragioni di legittimazione, - anche qualora “gli elementi di prova raccolti prima della citazione possano recare pregiudizio alla sua difesa” (art 86 co.2). 81 La citazione è nulla qualora:  per omissione o per erronea indicazione di qualche elemento essenziale, il responsabile civile non sia stato in grado di esercitare i suoi diritti nell’udienza preliminare o nel giudizio,  o qualora risulti nulla la relativa notificazione. Ex art 84 co.1 (“Costituzione del responsabile civile”), il responsabile civile, regolarmente citato, non è per ciò solo tenuto ad intervenire nel processo:  può optare per una sua scelta rinunciataria, che non neutralizza il potere del giudice di addebitargli, in sentenza, la responsabilità per il fatto dell’imputato;  viceversa, può decidere di costituirsi, fermo restando che solo in tal caso assume la qualità di parte e si può avvalere delle relative facoltà (ad esempio, quella di essere esaminato ex art 208). Anche se non è stato citato, il responsabile civile può intervenire volontariamente nel processo penale sempre che:  vi sia stata costituzione di parte civile o il P.M. abbia agito come supplente ex art 77 co.4. Relativamente alla forma, per l’intervento volontario, vale quanto disposto:  ex co.1 e 2 art 84 > con riferimento alla costituzione su richiesta di parte,  nonché ex art 85 co.3 >per cui, in caso di dichiarazione presentata fuori udienza, si impone la sua notificazione alle altre parti, a cura del responsabile civile, stabilendo che la stessa abbia effetto dal giorno della rispettiva notificazione. Dal punto di vista temporale, esiste un termine finale, stabilito a pena di decadenza, che coincide con l’effettuazione, in primo grado, degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, previsti ex art 484. La richiesta (motivata) di esclusione, sulla quale il giudice decide con ordinanza, deve essere proposta, a pena di decadenza:  “non oltre il momento degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nella udienza preliminare o nel dibattimento” (art 86 co.3). Per la fase dibattimentale, l’indicazione è da ritenersi imprecisa. Ne consegue, dunque, una coincidenza col termine riservato al giudice per l’esclusione di ufficio del responsabile civile: ex art 87 co.1 e 3 (“Esclusione di ufficio del responsabile civile”), l’esclusione sarà disposta, con ordinanza inoppugnabile:  sia qualora venga accertata la mancanza dei requisiti per la citazione o per l’intervento del responsabile civile,  sia qualora venga accolta dal giudice la richiesta di giudizio abbreviato. 82 Il dato più importante da evidenziare, è quello emergente ex art 90quater, dove vengono indicati i criteri dai quali è desumibile che la persona offesa versa in una condizione di “particolare vulnerabilità”. Gli elementi da prendere in considerazione sono:  sia l’età della vittima e il suo eventuale stato di infermità/deficienza psichica,  sia il tipo di reato nonché le modalità e le circostanze del fatto per il quale si procede. Ex co.1 90quater, per la valutazione degli ultimi due criteri, bisogna accertare “se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato.” Qualora si pervenga alla conclusione che la persona offesa possa essere definita particolarmente vulnerabile, le devono essere assicurate varie forme di tutela, previste per rispettare il più possibile la fragilità psico-emotiva di persone seriamente ferite dal reato commesso nei loro confronti. Eccezione, quest’ultima, introdotta con la legge europea 167/2017, che ha aumentato sensibilmente il contenuto annuale dello Stato previsto dal legislatore del 2016 a favore del “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura e dei reati intenzionali violenti.” 85 A livello europeo, la tutela della persona offesa è particolarmente rilevante. Da ricordare, è la direttiva 2012/29/UE che detta norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato; con riferimento alle quali è costante la preoccupazione di scongiurare il paradosso di un processo penale, alla cui instaurazione consegua il deleterio fenomeno della vittimizzazione secondaria. Sulla scia dell’orientamento teso a garantire diritti, assistenza e protezione alle vittime di reato, è stato emanato il d.lgs.212/2015, con cui l’Italia ha dato attuazione alla direttiva 2012/29/UE, adeguandosi alle regole europee sulla vittimologia. Con la legge di stabilità del 2016, viene stabilita l’attivazione, nelle aziende sanitarie ed ospedaliere, di un protocollo di protezione denominato “Percorso di tutela delle vittime di violenza” (c.d. codice rosa), finalizzato a garantire un supporto medito e psicologico alle persone vulnerabili che abbiano subito la “altrui violenza, con particolare riferimento alle vittime di violenza sessuale, maltrattamenti o atti persecutori”. Vale la pena ricordare la l.122/2016 che mira ad attuare la direttiva 2004/20/CE, finalizzata a garantire un indennizzo da parte dello Stato alle vittime di un reato intenzionale violento, anche se commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui il richiedente l’indennizzo risiede abitualmente. La richiesta di indennizzo è formulabile da chi è rimasto vittima sia di un reato doloso commesso con violenza alla persona, sia del reato previsto ex art 603bis c.p. L’indennizzo mira alla rifusione delle spese mediche e assistenziali, tranne che nel caso di omicidio e violenza sessuale, essendo in questi casi elargito anche in assenza di tali spese. Per i presupposti per il conseguimento dell’indennizzo, i più importanti consistono:  nella titolarità, da parte del richiedente, di un reddito annuo non superiore a quello previsto per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato,  e nell’infruttuoso esperimento dell’azione esecutiva nei confronti dell’autore del reato, fatta salva:  sia l’ipotesi in cui il giudice penale abbia dichiarato che quest’ultimo (autore del reato) è rimasto ignoto,  sia quella in cui l’autore del reato abbia ottenuto l’ammissione al gratuito patrocinio nel procedimento penale/civile sfociato nell’accertamento della sua responsabilità. 31. I diritti e le facoltà della persona offesa. L’art 90, disciplinante “diritti e facoltà della persona offesa dal reato” riconosce, al co.1 la legittimazione, per l’offeso dal reato, a “presentare memorie e, con esclusione del giudizio di 86 cassazione, a indicare elementi di prova”. Dunque, la persona offesa è legittimata a presentare, lungo l’intero arco del procedimento, memorie, cioè elaborati scritti di vario contenuto, coi i quali si possono avanzare istanze, illustrare questioni o toccare temi rilevanti per il processo. Un settore in cui il ruolo della persona offesa risulta particolarmente valorizzato è quello della “sospensione del processo con messa alla prova”, introdotta con la l.67/2014 e che ha affiancato l’omogenea figura di probation processuale operante nel settore minorile. Nell’ipotesi in cui sia praticabile e abbia successo l’attività di mediazione tra imputato e persona offesa, tale circostanza costituisce la premessa di una valutazione positiva della prova e della conseguente declaratoria di estinzione del reato. In ogni caso, a differenza di quanto previsto per le parti private, la legge autorizza, ma non obbliga, la persona offesa a nominare un difensore (art 101 co.1), il quale è legittimato a svolgere anche le investigazioni difensive ex Titolo VI-bis libro V Dunque, la persona offesa potrà operare anche in prima persona. Il giudice dispone, anche di ufficio, una perizia e, se nonostante ciò, il dubbio non viene sciolto, la minore età è presunta. Grazie al d.lgs. del 2015 si è allargata la cerchia delle persone a cui sono attribuiti le facoltà ed i diritti riservati alla persona offesa; si avvantaggiano, ormai:  non solo i prossimi congiunti di chi è deceduto in conseguenza del reato,  ma anche le persone che, oltre ad essere a lui legate da una relazione affettiva, convivano stabilmente col medesimo. Con la modifica del 2017 è da ricomprendere, nel novero, anche “la parte di un’unione tra persone dello stesso sesso”. 87 A seconda dei casi, le memorie saranno indirizzate:  Al P.M. > es. per prospettare una diversa ricostruzione del fatto criminoso o per sollecitare la richiesta di una misura cautelare,  O al giudice >es. per eccepire una nullità. In entrambe le ipotesi tali soggetti non hanno il dovere di deliberare sulle medesime. Sempre in via generale, alla persona offesa è riconosciuto anche, in ogni stato e grado del procedimento (escluso il giudizio davanti la corte di cassazione) il potere di “indicare elementi di prova”. Sulla questione della capacità processuale, l’art 90 co.2 prende in considerazione il soggetto minorenne nonché quello interdetto per infermità di mente/inabilitato, rinviando a quanto disposto ex art 120 e 121 c.p. in tema di esercizio del diritto di querela:  Per un verso, i minori under 14 e gli interdetti per infermità di mente, devono essere rappresentati dai genitori e dal tutore; mentre, trattandosi di minore 14-18 anni o di inabilitato, la legittimazione ad esercitare i diritti e le facoltà riconosciuti alla persona offesa spetta tanto al diretto interessato quanto ai genitori, al tutore ed al curatore;  Per altro verso, il richiamo dell’art 121 c.p. autorizza la nomina di un curatore speciale. Per concludere l’analisi dell’art 90, esso è stato modificato dal d.lgs.212/2015, il quale oltre ad integrare il co.3, ha introdotto anche il co.2bis. Il co.2bis disciplina l’ipotesi in cui si concretizzi una situazione di incertezza circa la minore età della persona offesa. Per quanto riguarda il co.3, si tratta di una disposizione in cui viene sancita ope legis un’estensione soggettiva delle prerogative riservate alla persona offesa, allorché quest’ultima sia deceduta in conseguenza del reato. Il d.lgs.212/2015 ha anche introdotto gli artt. 90bis e 90ter (oltre al già citato 90quater). Con l’art 90bis (“Informazioni alla persona offesa“) si stabilisce che la persona offesa debba essere informata in una lingua a lei comprensibile e con riguardo ai diritti informativi, si è riconosciuto alla persona offesa il diritto di chiedere all’autorità procedente informazioni relative allo stato del procedimento, senza pregiudizio del segreto investigativo, una volta che siano decorsi 6 mesi dalla presentazione della denuncia/querela (art 335 co.3ter). Coerentemente, si è inserito nella comunicazione sui diritti ex art 90bis l’avviso della “facoltà di ricevere comunicazione del procedimento e delle iscrizioni di cui all’art 335 co.1,2,3ter”. Infatti, ex art 178 co.1 lett.c, si sanziona con nullità l’omessa citazione in giudizio del querelante; così come altri articolo che gli riconoscono una certa importanza. Si tratta, infatti, di una posizione di ben maggiore rilievo rispetto a quella in cui si collocano gli autori di altri tipi di notitiae criminis. Nel caso in cui si debba nominare un curatore speciale per la presentazione della querela, il termine decorre dal giorno in cui gli è notificato il decreto di nomina. Ulteriore principio, è espresso dalla regola della c.d. indivisibilità della querela, operante sul lato attivo e passivo:  Il reato commesso in danno a più soggetti è perseguibile anche quando la querela sia presentata da una sola delle persone offese (art 122 c.p.);  In caso di concorso di persone nel reato, la querela contro una di esse si estende di diritto agli altri concorrenti (art 123 c.p.). Si tratta, in sostanza, di una revoca da effettuare (salvo che non sia esclusa dalla legge) in ambito processuale o extrapenale, prima che sia divenuta irrevocabile la sentenza di condanna (art 152 co.3 c.p.). Come per la rinuncia, la remissione:  può avvenire sia in forma espressa che tacita  non può essere sottoposta a condizioni o termini,  e in caso di concorsi di persone nel reato, si estende a tutti i concorrenti eccetto per chi l’abbia ricusata. In tema di remissione tacita, le S.U. hanno stabilito che la mancata comparizione all’udienza dibattimentale del querelante va interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela (art 152 c.1 c.p.). 90 33. Il querelante L’esercizio dell’azione penale, da parte del P.M., in relazione ad una serie di reati espressamente indicati dal legislatore, è subordinato ad un’esplicita voluntas persecutionis, che la persona offesa o, in sua vece, gli altri soggetti menzionati ex art 120 (“Diritto di querela”) e 121 (“Querela esercitata da un curatore speciale”) c.p. sono tenuti ad esprimere nella forma della querela (art 50 co.2).  Da un lato, la querela appartiene alla categoria delle notizie di reato, e in particolare, alla sottocategoria delle condizioni di procedibilità;  Dall’altro, è innegabile l’importanza della posizione del querelante nel processo penale sviluppatosi in seguito alla sua iniziativa. La normativa di riferimento per il querelante è quella contenuta nel codice penale (art 120-126), da richiamare per un miglior apprezzamento di quanto contenuto nel codice di rito. Un primo dato da considerare concerne i limiti temporali entro cui deve essere presentata la querela:  Di regola > entro 3 dal giorno della notizia del fatto (con possibilità di raddoppio del termine per alcuni reati ex art 609septies c.p.). È necessario che, da parte del soggetto legittimato a sporgere querela non vi sia stata rinuncia, la quale opera automaticamente nei confronti di tutti gli autori del reato, e che può essere espressa o tacita. Circa le forme della rinuncia espressa, si rinvia all’art 339 (“Rinuncia alla querela”), il cui co.2 sancisce l’inefficacia dell’atto abdicativo sottoposto a termini/condizioni. A parte limitate eccezioni (contenute nel c.p.), il diritto di querela si estingue  in seguito alla morte della persona offesa che non lo abbia ancora esercitato, mentre, in caso contrario, la morte è irrilevante ai fini dell’estinzione del reato (art 126 c.p.). L’estinzione del reato consegue, invece:  alla remissione della querela (art 152 co.1 c.p.) > sempre che il querelato non l’abbia espressamente o tacitamente ricusata (art 155 co.1 c.p.), e fermo restando che, se la querela è stata proposta da più persone, affinché si produca l’effetto estintivo, è necessaria la remissione di tutti i querelanti (art 154 co.1 c.p.). Con riferimento ai reati per i quali è prevista ex art 550 la citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica, vale la pena di ricordare la remissione ex art 555 co.3, la quale consegue al tentativo di conciliazione tra il querelato e la persona offesa esperito con successo dal giudice in sede di udienza di comparizione. In conformità a quanto detto, il d.lgs.36/2018 ha previsto ex novo la necessità della querela nelle fattispecie disciplinate dai seguenti articoli del codice penale: - Art 612 co.2  limitatamente alla previsione della minaccia “grave”; - Art 615 co.2; art 617ter co.1; art 617sexies co.1; art 619 co.1 e art 620 c.p. Inoltre, è intervenuto su altr disposizioni del c.p., riducendo/eliminando il riferimento a circostanze aggravanti la cui ricorrenza escludeva la procedibilità a querela prevista per il reato base; con la conseguenza che si procede d’ufficio “qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale”. Inoltre, il d.lgs.36/2018 ha dettato una disciplina transitoria articolata nelle 2 previsioni seguenti: 1) Se i reati divenuti perseguibili a querela sono stati commessi prima della entrata in vigore del decreto in esame, il termine per presentare la querela decorre dalla data della sua entrata in vigore, sempre che la persona offesa abbia avuto in precedenza notizia del fatto di reato; 2) Qualora il procedimento penale sia pendente, il P.M., nel corso delle indagini preliminari, o il giudice, dopo l’esercizio dell’azione penale, informa la persona offesa della sua facoltà di presentare querela e il termine decorre dal giorno della suddetta informativa. Non appena entrata in vigore, quest’ultima previsione ha dato origine ad alcuni dubbi, tuttora in attesa di risposta. 91 Per quanto riguarda i profili formali della remissione bisogna far capo all’art 340 (“Remissione della querela”), il cui co.4 pone le spese a carico del querelato, salvo che sia diversamente convenuto. Il capitolo dei reati perseguibili a querela è stato oggetto di particolare attenziona da parte della l.103/2017 (c.d. Riforma Orlando), intervenuta con lo scopo di alleggerire il carico di lavoro degli uffici giudiziari:  da un lato, è stato introdotto l’art 162ter c.p. > che ricollega l’estinzione del reato alla messa in atto di “condotte riparatorie” da parte dell’imputato, fermo restando che la declaratoria di estinzione è circoscritta ai “casi di procedibilità a querela”, e sempre che si tratti di reati per i quali è ammessa la remissione della medesima.  Dall’altro, si è demandato al legislatore delegato il compito di procedere ad un ampliamento delle ipotesi in cui la perseguibilità del reato sia subordinata alla presentazione di apposita querela. 34. Il difensore di fiducia dell’imputato. TITOLO VII (Art 96-108) Molte sono le disposizioni dedicate alla difesa tecnica, attenzione riservatale dal momento in cui si sono poste le basi del nuovo modello processuale (accusatorio). Ciò è una logica conseguenza dell’inviolabilità del diritto di difesa ex art 24 co.2 Cost, il quale garantisce copertura:  sia per la difesa tecnica,  sia per l’autodifesa > attività che l’imputato esplica personalmente per dimostrare l’inconsistenza o la minore gravità dell’accusa a suo carico. Grazie al nuovo modello accusatorio, il difensore dell’imputato viene a svolgere un ruolo più importante e più impegnativo, essendo tenuto non solo a dimostrare la scarsa significatività degli elementi di prova a valenza accusatoria, ma anche ad individuare e ad acquisire elementi probatori che scagionino l’imputato o alleggeriscano la sua posizione. Rilevante è anche la disciplina che nega qualsiasi spazio all’ipotesi di un’esclusiva autodifesa dell’imputato. La disciplina del difensore è contenuta nel Titolo VII (art 96-108). L’art 96 apre la disciplina con il “difensore di fiducia”, riconoscendo all’imputato il diritto di nominare non più di due difensori di fiducia (co.1), per cui è senza effetto la terza eventuale nomina, finché non sia revocata una delle 2 precedenti nomine. 92 Il perno del nuovo sistema va individuato nell’ufficio, con recapito centralizzato, che deve essere istituito presso l’ordine forense del capoluogo del distretto di ogni corte d’appello:  È l’ufficio in questione che fornisce, sulla base di una selezione automatica, il nominativo del difensore d’ufficio, ogniqualvolta gli pervenga la relativa richiesta da parte dell’A.G. o della P.G. ART 98  Patrocinio dei non abbienti “L’imputato, la persona offesa dal reato, il danneggiato che intende costituirsi parte civile e il responsabile civile possono chiedere di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, secondo le norme della legge sul patrocinio dei non abbienti”. (co.1) 95 Deve essere iscritto nell’elenco nazionale o avere conseguito il titolo di specialista in diritto penale. Inoltre, è tenuto ad avvisare immediatamente l’A.G. specificando le ragioni ostative, in modo che si proceda ad una nuova designazione. Per adeguare l’istituto a criteri che ne garantissero l’effettività, in correlazione anche con l’art 111 Cost, dove di proclama che il contraddittorio tra le parti debba svolgersi “in condizioni di parità” e che la persona accusata deve disporre “del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa”, sono stati promulgati due provvedimenti legislativi, ossia la l.60/2001 e la l134/2001. Circa la regolamentazione della difesa di ufficio, il d.lgs.6/2015 ha modificato sia l’art 97 co.2, sia l’29 disp.att.. Si è cercato di rendere più selettivi i requisiti necessari per essere iscritti nell’elenco nazionale dei difensori di ufficio; con la conseguenza che l’avvocato deve dimostrare di essere in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti (art 29 disp.att.): a) Partecipazione, con superamento dell’esame finale, ad un corso biennale di formazione e aggiornamento professionale in materia penale; b) Iscrizione all’albo da almeno 5 anni, accompagnata da una documentata esperienza nella materia penale; c) Conseguimento del titolo di specialista in diritto penale. Ad ogni modo, ogni anno l’interessato deve presentare, per evitare la cancellazione dall’albo, una documentazione comprovante l’esercizio continuato dell’attività nel settore penale. inoltre, si è attribuito al Consiglio nazionale forense la competenza in ordine alle iscrizioni ed al periodico aggiornamento. Per riassumere, l’art 97, per garantire l’effettività della difesa, ha previsto la nascita dell’albo dei difensori di ufficio. L’elenco dei difensori di ufficio, con la riforma in materia si prevede che venga unificato su base nazionale. I difensori iscritti nell’albo potranno essere nominati ogni volta che un soggetto che ne sia sfornito necessita di assistenza legale (quindi anche nel caso in cui il P.M. o il giudice debbano compiere un atto che richiede la presenza del difensore). L’effettività della difesa è garantita dal fatto che il difensore nominato rimane lo stesso per tutto l’arco del processo. Inoltre, se l’imputato non è abbiente, potrà chiedere di essere ammesso al gratuito patrocinio. 36. Patrocinio dei non abbienti e poteri del difensore. Lo Stato assicura ai non abbienti “i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione” (art 24 co.3 Cost). Il patrocinio dei non abbienti si traduce nel diritto, garantito dalla Costituzione, alla difesa legale ed all’assistenza ausiliaria e tecnica ad opera di professionisti, quali consulenti tecnici, notai ed ufficiali giudiziari, scelti dallo stesso interessato ed obbligati a prestarla, sempre a spese dello Stato, nonché all’esonero dal pagamento delle spese processuali, comprese quelle per la consulenza tecnica, anche quando non sia esperita consulenza del P.M. o perizia di ufficio. 96 Il patrocinio è gratuito per l’interessato, ma i professionisti prescelti devono essere retribuiti dallo Stato. La persona offesa dai reati di violenza sessuale, nonché, ove commessi in danno ai minori, dai reati di prostituzione e pornografia minorile, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal d.P.R. 115/2002 (€ 11.369, 24). Ad ogni modo, è importante evidenziare l’innalzamento alla soglia di € 11.493,82 del reddito annuale che consente di usufruire del patrocinio a spese dello Stato. È previsto che il limite di reddito venga modificato ogni 2 anni in base alle variazioni dell’indice Istat. Dunque, l’istanza di ammissione al patrocinio deve essere respinta qualora il tenore di vita, le condizioni personali e familiari del richiedente nonché le attività economiche da lui eventualmente svolte offrano al giudice “fondati motivi” per ritenere che il reddito da prendere in considerazione superi il tetto stabilito dalla legge. Per completare il quadro, è opportuno dare atto del superamento di taluni divieti e limitazioni contenuti nella l.217/1990. 1) In primis, l’ammissione al patrocinio non è più ostacolata dalla natura contravvenzionale del reato per cui si procede; 2) in secundis, risulta superato il disposto che non consentiva la sostituzione del difensore solo per giustificato motivo e previa autorizzazione del giudice procedente; 3) in terzo luogo, si attenua il divieto di nomina di un secondo difensore  attualmente, grazie al d.P.R.115/2002, è ammessa la nomina di un secondo difensore “limitatamente agli atti che si compiono a distanza”. Eccettuata tale ipotesi, la nomina di un secondo difensore implica che gli effetti dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato vengano a cessare. 97 Il d.l.93/2013 convertito in l.119/2013 (Femminicidio), stabilisce che, attualmente è assicurata l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato anche alla persona offesa dai delitti di maltrattamenti, atti persecutori e mutilazioni o lesioni di organi genitali femminili in deroga ai limiti di reddito previsti dal decreto citato. Nonostante l’innalzamento, rispetto al passato (si ammetteva al patrocinio chi avesse un reddito inferiore di lire 11.260.000 = € 5.815,30) dei limiti di reddito, il progresso è largamente inadeguato. Una soluzione adottata in altri paesi (es .Francia) ed ignorata da noi, avrebbe potuto essere quella di prevedere due distinti livelli di reddito, e di riservare un’esenzione solo parziale dalle spese processuali ai titolari del reddito di livello meno basso. Analoga impostazione emerge dalla direttiva 2016/1919/UE, concernente l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell’ambito di procedimenti penali e per e persone ricercate nell’ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d’arresto europeo. Ci si è preoccupati del rischio che vengano ammessi al patrocinio soggetti i quali non versino in realtà nella situazione di “non abbienza”. Recentemente questa impostazione è stata ribadita dal legislatore con termini troppo drastici. Un articolo introdotto col d.l.92/2008 ha infatti stabilito che, nel caso di un soggetto già condannato con sentenza definitiva per taluni delitti contestualmente elencati, il livello di reddito richiesto ai fini dell’ammissione al patrocinio statale “si ritiene” superato. Inoltre, in merito agli effetti dell’ammissione al patrocinio, è stato disposto che il difensore del soggetto ammesso al patrocinio può nominare sia un sostituto, sia un investigatore privato autorizzato; a sua volta, si prevede anche che il soggetto ammesso al patrocinio possa “nominare un consulente tecnico di parte”. La scelta del sostituto, dell’investigatore e del consulente tecnico può avvenire (rispetto al passato) anche al di fuori dell’ambito distrettuale, sia pur con la clausola che in tal caso non sono dovute le spese e le indennità di trasferta imputabili al travalicamento di tale ambito. Ritornando al codice, occorre ribadire la regola che (nel definire in via generale i poteri del difensore) estende a quest’ultimo le facoltà ed i diritti spettanti all’imputato medesimo (art 99 co.1 “Estensione al difensore dei diritti dell’imputato”). Al difensore è precluso l’esercizio di diritti e facoltà che presuppongono l’imputato come soggetto agente, ma anche in relazione