Scarica Dispensa di Economia e Gestione della Banca e più Dispense in PDF di Economia e gestione della banca solo su Docsity! ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Economia delle Aziende di Credito Il sistema finanziario e il sistema reale ▪ Sistema Economico: Insieme dei soggetti che svolgono attività atte a procurarsi beni e servizi funzionali al soddisfacimento dei propri bisogni all’interno di un framework regolamentativo. All’interno del sistema economico vengono scambiati beni, servizi e forza lavoro – che danno luogo al sistema reale, e in contropartita viene trasferita moneta, mezzi di pagamento alternativi o strumenti finanziari, la cui complessiva gestione dà luogo al sistema finanziario. i due sistemi costituiscono il sistema economico. Sistema reale e finanziario sono strettamente interdipendenti, e soltanto un loro contemporaneo equilibrio permette quello economico complessivo. La teoria economica suggerisce la necessità di equilibrio tra i due sistemi: 𝑃𝑄 = 𝑀𝑉 L’economia reale è rappresentata dal complesso di beni e servizi prodotti (Q) moltiplicato per i relativi prezzi (P) e deve essere in equilibrio con il quantitativo di moneta (M) presente sul mercato e dotata di una sua specifica velocità di circolazione (V). 𝑃𝑄 = 𝑀𝑉 la capacità delle variabili di riportare il sistema all’equilibrio non è omogenea Caso 1) ipotizziamo uno shock dei prezzi che aumentano: - Se agisco sul sistema reale diminuiscono la quantità di beni reali producendo di meno, questo provoca un aumento della disoccupazione e il PIL precipita non si genera equilibrio dal punto di vista pratico; quindi, non è efficace. - Se agisco sul sistema finanziario aumento la quantità di moneta o la velocità di circolazione della moneta (ovvero lo scambio di una unità di conto in un dato periodo di tempo). Però più si scambia moneta più c’è compravendita e ci sono più consumi con meno risparmi (al contrario minore è la circolazione e maggiore è il risparmio) è difficile far crescere la propensione a spendere di più quando i prezzi aumentano quindi bisogna quindi agire sulla quantità di moneta. Questo aspetto è nella gestione dalla BC ma questo non può togliere o aggiungere moneta dai conti. ▪ ∆↑ 𝑃 S.R. ∆↓ 𝑄; S.F. ∆↑ 𝑉; ∆↑ 𝑴 Caso 2) ipotizzano un aumento della quantità dei beni prodotti può essere contrastato da una diminuzione dei prezzi (non operazione semplice) oppure con un aumento della velocità di circolazione della moneta o con l’aumento della quantità di moneta nel sistema finanziario e restaurare l’equilibrio. ▪ ∆↑ 𝑄 S.R. ∆↓ P; S.F. ∆↑ 𝑉; ∆↑ 𝑀 Caso 3) ipotizzando un aumento della moneta, si può neutralizzare con la diminuzione della velocità della circolazione, producendo la quantità di beni prodotti (mesi) o aumentando i prezzi ▪ ∆↑ M S.R. ∆↑ 𝑄; ∆↑ 𝑷; S.F. ∆↓ 𝑉 Caso 4) ipotizzando un aumento della velocità di circolazione, si aumentano i prezzi e le quantità oppure si fa una stretta macroeconomica abbassando la quantità di moneta. ▪ ∆↑ 𝑉 S.R. ∆↑ 𝑄; ∆↑ 𝑃; S.F. ∆↓ M Quando c’è una crisi finanziaria ci sono ripercussioni anche sul lato reale. è difficilissimo che uno shock sul lato reale non abbia effetti sul lato finanziario e viceversa. Se lo squilibrio persiste si crea una bolla speculativa con il termine bolla speculativa si definisce il sentiero esplosivo che si forma nel prezzo di un bene e che lo porta, progressivamente sempre più distante dai valori compatibili con le fondamentali economiche dello stesso, ovvero una situazione di squilibrio persistente, nella maggioranza dei casi dal lato del sistema finanziario ma comunque con una controparte nel sistema reale. Come funziona la bolla speculativa? Nel momento in cui si affaccia sul mercato un nuovo oggetto di investimento che suscita grande interesse, si registra un aumento vertiginoso e inaspettato della domanda di un bene, di conseguenza il prezzo aumenta e aumenta la produzione. Entrano nel mercato nuovi investitori, spesso non professionali, che si basano sulle prospettive di guadagno senza curarsi delle ragioni che hanno garantito i primi aumenti. Investitori e aziende, per superare i blocchi all’entrata, fanno un massiccio ricorso alla leva finanziaria (investono a debito). Si verifica uno scollamento tra il sottostante, valore determinato dalle caratteristiche reali di un bene, e il prezzo. Diminuisce la liquidità del sistema economico: • Salgono i tassi d’interesse. • Scende la capacità di pagare debiti e rendite. Nel momento in cui il livello di debito è salito eccessivamente, il mercato si satura (non ci sono più persone a cui vendere), inizia una situazione di panico perché il mercato non è più liquido. Si verifica un eccesso di offerta e scoppia la bolla: il valore di mercato crolla. Gli investitori registreranno una perdita. Tre conseguenze possibili: • la chiusura del mercato: soluzione irreale in un mercato mondiale integrato; • l’intervento di un prestatore di ultima istanza come la Banca d’Italia, il Fondo Monetario Internazionale; • la convenienza associata ad una eccessiva caduta: inizialmente l’economia aveva spinto i prezzi al di sopra di ogni ragionevole valutazione, ora deprime le quotazioni al di sotto del valore reale creando ottime opportunità. Spesso non si opta per una sola delle tre opzioni possibili ma per almeno due. Esempi: • Tulipomania nell’Olanda del 1600 (tulipano semper Augustus) • Crisi dei mutui sub-prime SISTEMA FINANZIARIO I sistemi finanziari rappresentano architetture complesse che svolgono l’importante funzione economica di trasferimento delle risorse finanziarie accumulate dai risparmiatori a quanti necessitano di finanziare investimenti produttivi o di acquistare beni durevoli e non. Esistono due modi per affrontare lo studio dei sistemi finanziari: • Profilo strutturalepropone l’individuazione delle parti che compongono il sistema finanziario stesso. • Profilo funzionalecomposto a sua volta da: - Funzione creditizia: nei sistemi finanziari formali l’impiego dei risparmi e il reperimento di mezzi finanziari sono resi possibili dalla dinamica combinazione degli elementi che ne determinano la struttura: i mercati (borse), gli intermediari (banche), i contratti finanziari (obbligazioni) e le norme/autorità regolatrici e di supervisione degli scambi finanziari. La situazione economica dei settori istituzionali può essere rappresentata considerando i rispettivi SALDI FINANZIARI = il tra le risorse finanziarie prodotte (entrate) e utilizzate (uscite). Nei singoli paesi, il processo di formazione dei redditi e la loro distribuzione e utilizzo fra i diversi settori istituzionali è colto dai conti nazionali, redatti sulla base delle regole definite dai sistemi di contabilità nazionale. L’attività economica e finanziaria dei singoli settori istituzionali del paese nel complesso è svelata da una sequenza di conti delle operazioni correnti, dell’accumulazione e dai conti patrimoniali. I conti in esame chiudono con un saldo, il risparmio (S), che può essere positivo (eccesso delle entrate rispetto alle spese correnti) oppure negativo (eccesso delle spese correnti sulle entrate). Il conto del capitale e il conto finanziario evidenziano gli impieghi che gli agenti economici fanno del risparmio, sia sotto forma di investimenti reali, registrati nel conto del capitale, sia di investimenti finanziari, evidenziati nei conti finanziari (essi sono parte dei cosiddetti conti di accumulazione). Il risparmio è riportato nel conto di accumulazione del capitale dove è utilizzato per finanziare gli investimenti reali (I). Lo sbilancio tra risparmio e investimenti reali dà luogo ad un saldo finanziario (SF = S - I) che può assumere valore positivo (S>I), negativo (S<I) o nullo (S=I). Qualora il saldo del conto capitale sia positivo (negativo) si rileva un surplus (deficit) a cui equivale un accreditamento (addebitamento) che trova corrispondenza nella parallela variazione delle attività finanziare (∆AF) e delle passività finanziarie (∆PF) dei diversi settori istituzionali. I conti patrimoniali danno conto della ricchezza finanziaria e non finanziaria (reale) dei settori istituzionali e dell’economia nazionale; il loro saldo esprime il patrimonio netto. In particolare, in essi sono espresse le consistenze di attività e passività finanziarie e di investimenti reali che fanno capo ai diversi settori. Dal confronto fra attività e passività finanziarie detenute dai settori si può desumere la loro ricchezza finanziaria netta, mentre sommando le attività finanziare e reali si ottiene la ricchezza totale lorda. Deducendo da quest’ultima le passività finanziarie, si rileva la ricchezza totale netta, ossia il patrimonio netto. ▪ A livello macroeconomico c’è equilibrio quando domanda aggregata = offerta aggregata → Y = PIL essendo: Y = C + S e PIL = C + I (senza scambi con l’estero) ne deriva: C + S = C + I da cui: S = I ▪ A livello di singoli settori istituzionali, invece S > I, S < I o nullo S=I Saldo finanziario è la differenza tra: SF = S – I = ∆ AF - ∆ PF S + ∆ PF = I + ∆ AF SF > 0 soggetti in surplus SF < 0 soggetti in deficit SF = 0 Uguaglianza tra fonti e impieghi di risorse finanziarie Le istituzioni finanziarie sono chiamate a raccogliere, trasformare e impiegare le disponibilità finanziarie degli operatori in surplus per finanziare quelli in deficit. Affinché il sistema finanziario esista è necessario avere entrambi i soggetti. La funzione creditizia, infatti, è regolare e gestire in modo ottimale il flusso finanziario da soggetti in surplus a soggetti in deficit. La composizione di attività e passività finanziarie dei settori istituzionali dipende da: ▪ Scelte di investimento e finanziamento dei diversi settori nel tempo ▪ Trasformazioni strutturali del sistema finanziario (ad es. crescita dei circuiti diretti) ▪ Modelli di sviluppo economico perseguiti (welfare state) ▪ Fattori demografici e di educazione finanziaria L’analisi dei saldi finanziari attribuibili ai diversi settori istituzionali mette in luce alcuni loro tratti peculiari. Ad esempio: - Famiglie: soggetti in surplus perché il deficit (passività finanziaria) è compensato dalle attività finanziarie e reali. - Settore pubblico: soggetti in deficit perché le passività finanziarie più che compensa le attività reali e finanziarie, infatti, la ricchezza netta è sotto lo zero. - Società non finanziarie (imprese produttive): soggetti leggermente in surplus perché le passività non compensano le attività reali e finanziarie; questo è un aspetto negativo poiché essere in surplus significa che non ci sono investimenti data l’incertezza e l’economia sta rallentando. - Società finanziarie: soggetti leggermente in surplus; è difficile che il settore sia stabilmente in deficit. Le famiglie italiane continuano ad essere in surplus ma hanno perso potere d’acquisto; dal 2005 al 2020 la ricchezza è aumentata ma molto meno rispetto agli altri paesi. Segni e trends dei saldi finanziari (grafico 1) sono indicativi del fabbisogno di trasferimento di risorse finanziarie fra i diversi settori realizzato attraverso il sistema finanziario. Il fabbisogno di trasferimento dipende da: ▪ Capacità di risparmio delle famiglie ▪ Capacità di auto-finanziamento e di investimento delle imprese ▪ Gestione del deficit delle amministrazioni pubbliche e investimenti pubblici ▪ Interscambio con l’estero FUNZIONE ALLOCATIVA E DI INTERMEDIAZIONE È mediante la funzione allocativa che si compie il trasferimento delle risorse finanziarie accumulate dagli agenti economici in surplus a quelli in deficit. Nei sistemi finanziari formali l’allocazione delle risorse si accompagna al parallelo sviluppo di dispostivi che favoriscono l’incontro fra la domanda e l’offerta di fondi. Tali meccanismi altro non sono che le componenti strutturali dei sistemi finanziari, quali attività e strumenti finanziari, mercati e intermediari finanziari. La canalizzazione o mobilizzazione del risparmio fra unità in surplus e in deficit è resa possibile e potenziata dalla correlata funzione di pooling svolta dal sistema finanziario (in particolare dagli intermediari) attraverso l’offerta di meccanismi di aggregazione delle risorse finanziarie limitate. Gli intermediari bancari realizzano, ad esempio, tale funzione tramite la raccolta di depositi di piccolo importo tra un numero elevato di risparmiatori che vengono impiegati per concedere prestiti di importo elevato a imprese e alla pubblica amministrazione. La dissociazione fra risparmi e investimenti origina dall’esistenza di settori istituzionali e con saldi finanziari con segni tipicamente contrapposti, che fanno insorgere esigenze di trasferimento delle risorse monetarie dalle unità in surplus alle unità in deficit. La dinamica e l’entità dei fenomeni di dissociazione in atto nei sistemi economici traggono origine dai modelli di sviluppo economico seguiti. Dimensione e distribuzione dei saldi finanziari dei settori sono, infatti, riconducibili a scelte di welfare state, di politiche di distribuzione dei redditi, di natura fiscale. Tanto più ampi risultano, in termini relativi, i saldi finanziari dei diversi settori istituzionali, maggiore è il fabbisogno di disporre di dispositivi di trasferimento che sono individuabili nei contratti finanziari. I soggetti in surplus e quelli in deficit devono essere messi in condizione di trasferire risorse all’interno del sistema economico. Affinché ciò sia possibile, è necessario un certo grado di finanziarizzazione dell’economia: I redditi non consumati o la ricchezza accumulata devono poter essere incorporati in contratti standardizzati che rappresentano ▪ una forma di INVESTIMENTO per il detentore (per i soggetti in surplus) ▪ una forma di FINANZIAMENTO per l’utilizzatore (per i soggetti in deficit) Esempio: Titolo di stato è un contratto finanziario standardizzato perché è una forma di investimento per chi lo compra, ovvero per il detentore poiché si priva del potere d’acquisto attuale per un rendimento futuro; ed è una forma di finanziamento per l’utilizzatore, ovvero lo stato che è colui che lo emette; lo stato utilizza le risorse finanziarie in surplus finché il contratto non scade, poi restituisce la somma con l’incremento del tasso di rendimento. - Nei circuiti diretti si viene a creare un rapporto diretto fra i bilanci degli agenti economici coinvolti nello scambio finanziario. I prestiti ottenuti dalle unità in deficit o gli strumenti finanziari da loro emessi (azioni/obbligazioni), riportati tra le passività del loro stato patrimoniale, compaiono fra i crediti e gli investimenti finanziari nell’attivo delle unità in surplus. Nei circuiti diretti l’incontro tra unità in surplus e unità in deficit può realizzarsi in modo autonomo, senza l’ausilio di intermediari, né tanto meno dei mercati, o può intermediato, tramite l’intervento di intermediari finanziari. Nessun costo è dovuto agli intermediari così come nessun onere deve essere sostenuto per l’accesso ai mercati. Ciononostante, le controparti sopportano costi di transazione, che possono spaziare dalle spese per la ricerca della controparte a quelle per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni, per la produzione del contratto e per il monitoraggio dei comportamenti del prenditore di fondi. - Nei circuiti indiretti il trasferimento dei risparmi avviene per il tramite degli intermediari finanziari che interpongono il proprio bilancio e i propri contratti di debito e credito tra le unità in deficit e in surplus. È questo il caso tipico dell’attività creditizia svolta dalla banca: essa concede prestiti alle unità in deficit che sono finanziati attraversi i fondi raccolti dalle unità in surplus. Il ruolo dell’intermediario all’interno di tali circuiti è propriamente riconducibile a quello dell’asset transformer, vale a dire un operatore in grado di trasformare, mediante i • come asset broker: servizi di negoziazione, custodia, portafoglio (gestioni patrimoniali). Vengono sfruttate economie nei costi di transazione. • come asset transformer: riconciliazione delle preferenze di investimento/indebitamento di soggetti in surplus e deficit. Assunzione del rischio di prezzo (limitato attraverso diversificazione dell’attivo, capitale proprio e safety net) e di liquidità. Prestiti per la banca (attivo) e finisce nel passivo dell’impresa e si trasforma in investimento reale in attivo delle imprese. 2. TRASFORMAZIONE DEL RISCHIO: puro e speculativo. (asset transformer). Il rischio può essere di due tipologie: RISCHI PURI: “non diversificabili” riguarda la persona o il patrimonio: es. invalidità/furto/morte ▪ non può essere eliminato o neutralizzato con contratti di segno opposto; ▪ è sempre a sfavore ▪ può però essere trasferito Attività assicurativa: ha per oggetto la negoziazione di rischi puri, i rischi cioè che si manifestano sotto forma di perdite o danni futuri e incerti nella frequenza e nella gravità (e quindi nel costo). L’assicurato trasforma un evento futuro dannoso e incerto in un costo certo (premio della polizza). La compagnia è in grado di far fronte ai suoi impegni di risarcimento attraverso processo di pooling, assumendo cioè un numero sufficientemente alto e diversificato di rischi, per il complesso dei quali è possibile prevedere con buona approssimazione il costo complessivo. RISCHI SPECULATIVI/FINANZIARIO: Es. oscillazione dei prezzi, dei tassi di mercato: ▪ può essere eliminato o ridotto con operazioni e strumenti di hedging, ▪ è simmetrico: può essere a favore o a sfavore (rischio di guadagno e rischio di perdita) Un investitore riesce a ridurre il rischio finanziario perché è il rischio che il valore del mio asset sia volatile nel tempo. Rischio = volatilità Atteggiamenti rispetto al rischio Ci sono tre possibili atteggiamenti rispetto al rischio: avversione, neutralità, propensione. L’avversione al rischio dei datori di fondi potrebbe impedire il finanziamento della parte più rischiosa dei prenditori di fondi (il trasferimento diretto risulta difficoltoso). La trasformazione del rischio permette al datore di fondi di trovare forme di investimento che soddisfino la propria propensione al rischio e al prenditore di fondi di finanziarsi, nonostante presenti un rischio elevato. Nella trasformazione del rischio ci sono due meccanismi principali: • Un intermediario finanziario si interpone tra datore e prenditori di fondi, assumendo sul proprio bilancio una parte del rischio dei prenditori. Gli intermediari realizzano processi di redistribuzione dei rischi di cui beneficiano gli investitori e i prenditori di fondi. Ad esempio, le banche emettono passività finanziarie idonee a soddisfare le preferenze in termini di rischio dei risparmiatori, assicurando, come nel caso dei depositi, rimborso in qualsiasi momento dei capitali raccolti e certezza nell’entità dei medesimi. Allo stesso tempo, l’attività di intermediazione bancaria implica la produzione di prestiti con caratteristiche difformi, per entità, scadenza, tassi d’interesse, dai depositi raccolti dai risparmiatori (trasformazione dei rischi e delle scadenze). • Una diversificazione del portafoglio: i datori di fondi possono impiegare il risparmio sotto forma di partecipazione a un portafoglio di strumenti finanziari di diversi emittenti (questo affinché diminuisca la correlazione tra i rendimenti dei diversi impieghi). La numerosità e la varietà delle esposizioni creditizie assunte consentono alla banca di attuare processi di diversificazione. Attraverso il frazionamento del credito complessivamente allocato fra un gran numero di impieghi differenti, i cui rendimenti non risultano perfettamente correlati, diventa possibile ridurre il rischio specifico di ogni investimento, contenendo in maniera sensibile il rischio complessivo del portafoglio di impieghi creditizi. Da ciò deriva: - La maggiore efficacia della banca nella valutazione del rendimento atteso di portafoglio. - La più ampia capacità della banca di rimborso dei fondi ottenuti dalle unità in surplus. La centralità del ruolo rivestito dagli intermediari finanziari nella gestione e nel trasferimento dei rischi risiede in grande misura nel know-how e nella convenienza a progettare strumenti e tecniche per il risk management, potendo sfruttare economie d’informazione e costi di transazione via via decrescenti all’aumentare della scala (o dimensione) delle operazioni realizzate. L’efficacia e l’efficienza dell’attività di trasformazione dei rischi attuata dalle banche risultano, nel caso specifico della funzione creditizia, rafforzate dalla creazione e dall’utilizzo di meccanismi di trasferimento dei correlati rischi di liquidità e insolvenza, di cui le unità in surplus tipicamente non possono disporre. È il caso della tecnica della cartolarizzazione (o securitization), sviluppata negli anni Settanta negli Stati Uniti; essa rappresenta una tecnica di finanziamento che prevede lo smobilizzo di poste dell’attivo bancario, tipicamente poco liquide (es: prestiti concessi a famiglie e imprese) a fronte dell’emissione di titoli negoziabili sul mercato; obiettivo primario di queste operazioni è la rimozione di attività dallo stato patrimoniale allo scopo di ottenere liquidità da reimpiegare successivamente; la cessione di pool di poste dell’attivo e la conseguente liquidità ottenuta favorisce l’attuazione di strategie di ricomposizione della struttura di bilancio, ad esempio, remigando i fondi ottenuti in crediti meno rischiosi di quelli ceduti. 3. INFORMAZIONI Il rischio percepito dal potenziale datore di fondi è quello relativo al rimborso alla scadenza; diventa quindi fondamentale il controllo dell’informazione ex-ante (valutazione dell’affidabilità) ed ex-post (monitoraggio dell’utilizzo delle risorse). Gli intermediari finanziari e i mercati organizzati hanno la funzione di ridurre il gap informativo tra datore e prenditore di fondi: ▪ misurazione del rischio ex-ante ed ex-post; ▪ funzione di “informazione di prezzo” (segnali di “convenienza” espressi attraverso la quotazione degli strumenti finanziari). ▪ Asimmetrie informative: un lato del mercato non è perfettamente informato sulla qualità e/o le caratteristiche del bene scambiato (Akerlof, The Market of Lemons, 1970) Adverse Selection: informazione nascosta Moral Hazard: azione nascosta ADVERSE SELECTION: informazione nascosta, l’adverse selection è una tipologia di asimmetria informativa che si verifica prima della conclusione dei contratti finanziari. La sua manifestazione sortisce il potenziale effetto di facilitare il finanziamento (selezione) di unità in deficit che hanno maggiore probabilità di esporre i datori di fondi ed eventi avversi, quali l’insolvenza dei prenditori. I datori di risorse finanziarie sono cronicamente soggetti a fenomeni di asimmetrie informativa rispetto alle controparti. Obiettivi opportunistici di queste ultime possono indurre a non rivelare informazioni essenziali ai fini degli scambi finanziari o a fornirne non veritiere. Manifestazione ex-ante dell’asimmetria informativa Gap informativo tra richiedente e cedente di fondi, costi informativi → Concessione di credito subottimale Rischio = imprevedibilità. Caso B è più ampio il gap La Banca guarda il tasso soglia (massimo tasso che si richiede). Solo i cattivi imprenditori sarebbero disposti a pagare i 20%. la banca è incentivata a chiedere poco ma ciò mi provoca una perdita (cattivi imprenditori che non mi permettono di pareggiare le perdite che questi mi causano), quindi cerca di tararsi sotto il tasso soglia. Se il tasso si alza si allontanano i buoni imprenditori. La banca sa che ci sono i cattivi e i buoni imprenditori ma non li distingue; può effettuare un’analisi per diminuire la adverse selection. Se l’informazione è nascosta la banca non può ottimizzare il progetto si seleziona in modo sbagliato l’apprenditore di fondi. MORAL HAZARD: azione nascosta, il moral hazard si configura come una situazione di asimmetria informativa che si palesa successivamente alla conclusione dei contratti finanziari ed è da L’attività delle autorità di controllo è atta ad assicurare efficienza e affidabilità dei trasferimenti di fondi tra gli operatori economici. L’Europa è inclusa nella SEPA (single Euro Payments Area), l’area unica dei pagamenti permette di avere condizioni omogenee all’interno di tutta la comunità europea (come costi di transazione). Lo scopo della SEPA è quello di creare un mercato dei pagamenti armonizzato che offra degli strumenti di pagamento comuni (bonifici, addebiti diretti e carte di pagamento), che possono essere utilizzati con la stessa facilità e sicurezza su cui si può contare nel proprio contesto nazionale. La direttiva che regolamenta il sistema dei pagamenti è la PISD2 (dal 2018). Le novità introdotte sono le seguenti, sono state riconosciute altre tre figure che possono operare nel sistema dei pagamenti: - PISP fornitori di servizi di pagamenti (satispay). - AISP attori che hanno creato le piattaforme dove i PISP possono operare (yolt) - CISP le carte di pagamento possono essere ufficialmente non essere braimizzare da una banca (postepay). Dopo che questi provider furono autorizzati ufficialmente, anche provider che non hanno a che fare con la funzione monetaria ora vi possono entrare a far parte. L’ingresso di attori che non sono né bancari né finanziari (come Fin Tech) ha sdoganato il fatto che al sistema di pagamento possono accedervi moltissimi attori (ad esempio per Amazon, negli USA eroga prestiti e lo fa con algoritmi in base agli acquisti dei clienti, erogando così credito). La PSD1 prevedeva che le interfacce sulle quali si potevano spostare i pagamenti era solo dalle banche, con la PSD2 questa visione viene sdoganata. FIN TECH Dal 2018 si aprono le porte della funzione bancaria al Fin Tech. Con il termine "FinTech" viene indicata l'innovazione finanziaria resa possibile dall'innovazione tecnologica, che può tradursi in nuovi modelli di business, processi o prodotti, e ovviamente anche alla nascita di nuovi operatori di mercato. Il Fin tech si appoggia alle DLT, ossia tecnologie non accentrate che si basano sul concetto di network e che si mettono in opposizione al sistema bancario puro accentrato che vede l’esistenza di una banca per poter movimentare denaro. Non si deve confondere il bitcoin utilizzata come funzione di pagamento (di cui si sta parlando adesso) e bitcoin come strumento finanziario. Normalmente le criptovalute vengono acquistate a fine speculativo, forma d’investimento e non come funzione di pagamento. Il Fin tech è stato ufficialmente riconosciuto come attore bancario del sistema dei pagamenti. Da minaccia al conto economico all’assorbimento di molti servizi e piattaforme: «la fintech si diffonde nell’industria finanziaria italiana: la spesa 2021-2022 in innovazione per i servizi bancari ammonta a 530 milioni di euro, in crescita rispetto al biennio precedente (456 milioni). Alcuni intermediari hanno sviluppato un modello di investimento, che, accanto all’investimento produttivo, prevede la partecipazione diretta in imprese fintech.» Se fino a dieci anni fa c’era uno scontro tra i nuovi entranti e le banche, il Fin tech è passata ad essere un alleato tanto che le banche hanno assorbito tante piattaforme Fin tech. Ad oggi, non è corretto parlare della differenza netta tra Fin teche e banche ma la maggior parte delle tecnologie e delle piattaforme sono state assorbite dai gruppi bancari; adesso si da, ad esempio, per scontato la presenza dell’online banking. Se si parla di tecnologie come l’utilizzo della block chain nel sistema finanziario allora questa distinzione è ancora netta. TRASMISSIONE DELLA POLITICA MONETARIA La politica monetaria è l’insieme delle azioni intraprese dalla BCE per influenzare il costo e la disponibilità di denaro nell’economia. Il termine chiave in questa definizione è le parole “denaro” perché la BCE non definisce mai che cosa effettivamente sia il denaro, dal punto tecnico-finanziario non ha alcun tipo di significato. Quando si fa riferimento al fatto che la BCE influenza il costo e la disponibilità del suo denaro si riferisce a: - Moneta circolante/legale/contante: banconote e moneta metalliche. - Moneta offerta: circolante + depositi. - Base monetaria: circolante + riserve bancarie (costituite dalle riserve libere + riserve obbligatorie, ossia le banche devono detenere un certo ammontare di liquidità presso la BCE sotto forma di riserva obbligatoria). Ci sono variabili, dentro a queste appena elencate, che la BCE non può influenzare? Si, ad esempio il quantitativo di depositi non può essere determinato dalla BCE. Altra variabile sono le riserve libere, le banche possono decidere di lasciare una percentuale aggiuntiva. Dunque, la base monetaria è gestita direttamente dalla BCE ma non rappresenta l’intera quantità di moneta a disposizione del pubblico, non inclusi nella base monetaria sono infatti i depositi bancari utilizzabili per effettuare pagamenti. La BCE quando immette euro e concede credito, incrementa il suo attivo e quindi crea base monetaria; quando drena euro o vengono estinti prestiti, riducendo l’attivo, distrugge base monetaria. Moltiplicatore della moneta rapporto tra moneta disponibile e base monetaria. M=C+D; BM=C+R=C+RL+RO - p rapporto tra moneta legale e moneta bancaria: - b riserve detenute dalle banche (propensione e mero adempimento): - rapporto tra moneta legale e moneta bancaria, propensione del pubblico a mantenere moneta legale, funzione inversa dei tassi: - Riserve detenute dalle banche, funzione del loro costo implicito, del vincolo di riserva obbligatoria e dai movimenti di moneta legale: la quantità di moneta è direttamente proporzionale alla base monetaria, in funzione del rapporto p+1/p+b definito moltiplicatore della moneta. l’offerta di moneta è un multiplo della base monetaria. minore è il rapporto riserve/depositi, maggiore è il volume di prestiti effettuati dalle banche e la quantità di moneta bancaria. minore è il rapporto circolante/depositi, minore è la quantità di BM rappresentata dal circolante e maggiore è quella rappresentata dalle riserve bancarie. Aggregati monetariper vedere se la BCE ha una politica monetaria di successo guarda a tre aggregati monetari, ordinati in termini di liquidabilità (nella loro capacità di trasformarsi in contante o depositi, più liquidi sono più si trasformano in contanti). 1. M1, ristretto= circolante + depositi c/c, il circolante è già disponibile liquidamente ma anche i depositi sono capaci di trasformarsi in mezzi di pagamento istantaneamente. 2. M2, intermedio= M1 + depositi monetari (con durata inferiore a due anni) o ritirabili con un preavviso massimo di sei mesi. La loro capacità di smobilizzarli è inferiore rispetto a M1. 3. M3, ampio= M2 + titoli obbligazionari (di scadenza inferiore a due anni), quote di fondi monetari comuni (con un periodo consigliato di investimento sotto i diciotto mesi). N.B Un’obbligazione con una scadenza fino ai cinque anni è negoziabile ma non necessariamente la si rivende al prezzo di vendita, si trasforma in un guadagno ma non è detto che si venda al prezzo di acquisto per cui i depositi con durata superiore ai due anni non vengono in questo caso considerati. La BCE monitora tutti e tre gli aggregati per l’attualizzazione della politica monetaria, ma da maggior importanza a M3 perché più stabile, anche se meno controllabile nel breve rispetto a M1. Intuitivamente la BC può influenzare direttamente il circolante, di meno i depositi e man mano che gli aggregati diventano meno liquidi la BCE fa più fatica a controllarli. 1. Strumenti di politica economica: Sono tre le categorie di strumenti operazioni attivabili su iniziativa delle controparti, operazioni di mercato aperto, vincolo di riserva obbligatoria. - Operazioni di mercato aperto: la BCE influenza disponibilità e costo di denaro attraverso acquisto e vendita di titoli tra la BCE e le banche (singole banche europee). Queste banche comprano e/o vendono titoli perché, acquistando titoli dalla BCE le banche danno liquidità alla BCE stessa che a sua volta rilascia liquidità. Se invece le banche nazionali vendono titoli alla BCE la base monetaria si contrae. Le caratteristiche di queste operazioni sono decise dalla BCE. Il mercato inteso in termini di investitori non entra in questo scambio. Questa è la trasmissione degli impulsi di politica monetaria dove le banche sono intermediari, si interpongono tra le decisioni della BCE e il mercato. La BCN realizza questo scambio a livello operativo e passa l’impulso alle banche nazionali. Le operazioni di rifinanziamento principali operazioni segnaletiche (segnalano che cosa la BCE vuole ottenere) temporanee di immissione di liquidità. Quando la BCE cambia il tasso di rifinanziamento, se aumenta rende più caro prendere a prestito la liquidità delle banche nazionali (ci indica qual è l’obbiettivo della politica monetaria). Queste operazioni avvengono a mercato aperto. Le operazioni di rifinanziamento a più lunga scadenza non sono segnaletiche (a nessuno interessa i tassi sulle transazioni) perché il volume massimo che la BCE mette sulle transazioni è fissato ma la BCE non stabilisce il tasso che è deciso dal ranking delle banche. Per il resto la struttura è la medesima, cambia la durata e da chi è stabilito il tasso. Fine tuning operazioni flessibili perché non segnaletiche e non hanno frequenza stabilita da calendario, la BCE non se ne occupa e sono utilizzate per fare fronte ad eventuali tensioni a livello di liquidità in ambito nazionale. La BCN interviene con queste operazioni e dare credito alle singole banche se necessario. Operazioni strutturali operazioni che modificano in modo permanente la quantità di moneta nel mercato europeo. Non hanno scadenza né calendarizzazione, molto rare. Sono pesanti azioni di drenaggio e di liquidità o di enorme e forte immissione di liquidità nel mercato. Le operazioni straordinarie molto spesso sono considerate come operazioni strutturali anche se le prime hanno inondato il sistema di liquidità che cambiano la liquidità nel breve lungo termine. Strutturale invece è definito in base alla durata che queste hanno, la più importante è l’operazione di rifinanziamento principale. - Operazioni attivabili su iniziativa delle controparti: attivabili se le singole parti ne necessitano. Operazioni di deposito presso la BC se le banche singole hanno eccesso di liquidità allora possono depositare sui conti della BC questo eccesso di liquidità per la durata di un giorno lavorativo (overnight). Il tasso che la BC paga per questa liquidità è al minimo L’attuazione della politica monetaria unica è affidata al SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali), che comprende: • La BCE (Banca Centrale Europea) che ha poteri decisionali • Le BCN (Banche Centrali Nazionali) che hanno poteri attuativi • BCN extra UEM che hanno solo ruolo consultivo La distinzione tra Eurosistema e SEBC rimarrà in vigore fino a quando alcuni dei paesi membri dell’Unione Europea manterranno la propria valuta nazionale. Eurosistema All’interno dell’Eurosistema, gli organi decisionali responsabili della preparazione, condotta e implementazione della politica monetaria sono: ▪ Consiglio Direttivo (responsabile della formulazione della politica monetaria) ▪ Comitato Esecutivo (responsabile della attuazione della politica monetaria) ▪ Consiglio Generale (organo di transizione, sarà sciolto una volta che tutti gli Stati membri dell’UE avranno introdotto la moneta unica.) Intervento della BCE sul mercato dei cambi: la politica della BCE è liberista e lascia che i cambi fluttuino, non c’è controllo stringente di nessun tipo di quanto l’€ posso essere forte nei confronti delle altre monete. Dal momento che le politiche economiche sono lasciate alle singole nazioni, la BCE non può fare nulla e quindi questo non è un problema. Se ci fosse una sola politica economica, questo avrebbe importanza per controllare l’inflazione. IL PROFILO STRUTTURALE Lo schema illustrato a destra rappresenta lo spostamento di surplus dalle famiglie alle imprese. Al centro sono posizionate le autorità che vigilano questo scambio. Un’economia caratterizzata da una fluida tensione creditizia deve avere dei contratti che contengono il risparmio delle famiglie affinché questo possa fluire agli altri soggetti. Gli strumenti finanziari sono proprio questi contratti che hanno come scambio il potere d’acquisto, aspettandosi un potere d’acquisto futuro maggiore. Il fatto che la ricchezza reale possa essere inglobati in contratti di questo tipo è un bene perché aumenta il grado di finanziarità (si acquistano strumenti o asset standardizzati sul mercato). CARATTERISTICHE DELLE ATTIVITÀ FINANZIARIE ▪ Tipo di rapporto contrattuale sottostante (vedi oltre) ▪ Natura dell’emittente (sovereign, emesso da enti pubblici, corporate emessi da enti privati) l’emittente è l’attore finanziario che emette lo strumento finanziario. ▪ Valuta di denominazione denominato in € oppure in valuta estera, importante perché il tasso di cambio è uno degli elementi che vanno considerati per il tasso di rendimento effettivo. ▪ Durata contrattuale breve (max 12/18 mesi), media (da 2 a 10 anni), lunga (oltre 10 anni) o perpetua importante perché gli strumenti finanziari hanno durata differita nel temp. Il fatto che la prestazione sia dilazionata nel tempo fa si che in quel periodo la solidità finanziaria dell’emittente possa peggiorare e quindi può essere che egli non sia più in grado di soddisfare l’emissione del prestito. ▪ Negoziabilità quanto facilmente liquidabile è l’investimento. ▪ Trattamento fiscale (12,5% vs 26%) la rendita derivante dai titoli italiani è tassa al 12,5% mentre degli altri del 26%. ▪ Rischio (vedi oltre) ci sono modalità di valutazioni del rischio ma si guarda solo ai rapm ossia indicatori che contengono contestualmente valutazioni sul rischio e sul rendimento. ▪ Rendimento proporzionale al rischio (che dipende dalla solidità dell’emittente dalla natura del contratto e dalla durata dell’investimento). Il tasso di rendimento (il guadagno rispetto alla quantità di denaro investito) comprende eventuali flussi di cassa che l’emittente stacca durante la vita dell’investimento. NB non confondere tasso cedolare con il tasso di rendimento effettivo. Nel tasso di rendimento bisogna considerare l’eventuale cambio di prezzo tra il prezzo d’acquisto e il prezzo o di vendita o il valore nomina le che viene riconsegnato a scadenza. Un’obbligazione quinquennale con una cedola semestrale, ad esempio, non vuol dire necessariamente che si tenga in portafoglio 5 anni, si può rivendere prima. Se dopo due anni si rivende allora: o la si rivende in perdita, sul mercato ci sono persone disponibili ad acquistare quell’obbligazione e quindi il rendimento totale è dato anche da una perdita (va considerata la perdita secca registrata), oppure la si rivende in un momento propizio riuscendo a venderla ad un prezzo extra che dovrà essere sommato al tasso cedolare. Bisogna considerare anche l’inflazione il rendimento è del 5% e l’inflazione dell’8%, allora si ha perdita del 3%. Il rendimento di un’attività finanziaria è determinato anche dalle variazioni di prezzo, di cambio e del tasso di inflazione. Il rendimento è parametrato comunque al rischio dell’investimento (maggiore è il rischio maggiore sarà il rendimento atteso). Lo stacco tra bond ed equity è molto marcato. Se si compra uno strumento obbligazionario semplicemente si diventa obbligazionari, sennò soci. NATURA DEL DIRITTO Gli strumenti finanziari possono avere diversa natura: -di indebitamento: prevedono la rinuncia a qualsiasi forma di ingerenza della gestione dell’emittente. Si acquista ad esempio un’azione di Stellantis e si diventa solo creditore, non si ha voce in capitolo di come la società viene gestita e quindi non si può dire la propria opinione ma vi è comunque un diritto di remunerazione. Oltre a questo diritto si ha anche diritto alla restituzione del capitale a scadenza e in caso di fallimento della società, gli obbligazionisti sono tra i primi ad essere rimborsati. -di partecipazioni: diversi sono i diritti di un azionista che diventa socio quota parte (socio con potere decisionale) della società. Ci sono anche soci di maggioranza e di minoranza, si rinuncia a qualsiasi tipo di remunerazione e restituzione del capitale. L’emittente può anche decidere di staccare i dividendi, che però non sono obbligatori. Se un emittente fallisce allora sicuramente anche gli azionisti perderanno i propri diritti, se si è invece obbligazionisti il rimborso è precedente. -di assicurazione: consentono al contraente, dietro pagamento di un premio, di tutelarsi contro l’eventuale manifestazione di un evento avverso attinente alla vita umana o ad altri danni, al cui verificarsi matura il diritto a incassare un indennizzo. -derivati: contratti che non hanno valore intrinseco ma il valore deriva dall’attività sottostante (qualsiasi attività finanziaria). Lo strumento derivato segue l’attività, ad esempio, di un’azione o obbligazione sottostante o di natura reale (prezzo di alcuni panieri di beni). -composti: nascono dalla combinazione delle quattro tipologie di contratti precedenti. AZIONI: il rischio che deriva dall’acquisto di un’azione è elevato, se l’attività operativa dell’azienda che ha emesso quell’azione va bene allora se si vuole rivenderla si deve sperare che il prezzo aumenti (il guadagno aumenterà), unica via per smobilizzare l’azione perché non ha scadenza, si è molti più esposti alle oscillazioni di prezzo. La remunerazione derivante dalle azioni può essere duplice: la differenza tra il prezzo di acquisto e di vendita oppure gli stacchi dei dividendi (che però non sono certi). OBBLIGAZIONE: un’obbligazionista diventa un creditore, quindi, può aspettarsi un rimborso a scadenza e gli interessi (capitale di debito e non di rischio). Non hanno una scadenza, a differenza delle azioni. Per smobilizzare un’azione o si aspetta che scada oppure la si rivende ad un altro investitore che la vuole acquistare. Sicura è la remunerazione dell’obbligazione, grazie alla sua scadenza. Obbligazioni: rendimentiIL TASSO DI RENDIMENTO: Teoria del time value of money: l’interesse è il compenso ricevuto dal prestatore di fondi per il differimento del consumo che egli accetta, nel momento in cui presta denaro a chi necessita di consumare oggi più di quanto possa fare con le risorse che ha a disposizione. Struttura: ZCB/con cedola Tasso: tasso fisso/variabile → parametro di indicizzazione. Il tasso di rendimento effettivo a scadenza (TRES o YTM) è un indicatore preciso (ma non perfetto!!!) per il calcolo del rendimento di un titolo obbligazionario a tasso fisso. Tasso che eguaglia la somma investita (prezzo, tel quel) al valore attuale dei flussi di pagamento futuri. persone. Il future può essere poco liquido su mercati di nicchia, spesso quindi si preferisce fare contratti più rischiosi (non c’è clearing house sul mercato non regolamentati anche se più flessibili perché non standardizzati). Fondi comuni d’investimento sono strumenti ma anche intermediari/broker, si possono vedere come strumenti o attori finanziari. I fondi sono portafogli che contengono strumenti come azioni, obbligazioni, derivati ecc. Se acquisto, ad esempio, una parte di un fondo comune, il rendimento di quel fondo seguirà il rendimento di tutti quegli strumenti che ne fanno parte: investo su un paniere di titoli comprando solo una quota del fondo (si riesce ad ottenere un rendimento identico a quello di un investitore che ha comprato tutti i titoli del fondo). Questo è un vantaggio enorme perché permette di diversificare anche un portafoglio molto piccolo. Questo portafoglio è gestito da una SGR che amministra il patrimonio nel fondo comune d’investimento. Se colui che gestisce il fondo dovesse fallire, coloro che hanno comprato le quote di quel fondo possono comunque rifarsi su quel fondo perché è autonomo rispetto al capitale della società che lo gestisce (distinto a tutti gli effetti dal patrimonio dei singoli partecipanti e da quello del gestore). I fondi comuni sono: -flessibili: non hanno vincoli di asset allocation). -azionari: almeno 70% del portafoglio investito in azioni e sono suddivisi per ambito geografico o settore. -obbligazionari: non possono investire in azioni e si suddividono in base la tipo di emittente, durata media finanziaria. -bilanciati: investono in azioni dal 10 al 90%. -monetari: investono in strumenti di brevissimo termine. ETP: strumenti quotati come le azioni. Se ho un fondo comune di investimento non posso comprarlo e venderlo in ogni istante questo perché non c’è un prezzo ma un NAV ossia il valore che tra tot giorni gli strumenti del fondo avranno. Sono strumenti regolamentati e se hanno un fondo sottostante sono detti ETF (replicano l’andamento di un fondo comune, replica passiva). Se il sottostante sono beni reali, lo strumento è ETC, ossia il sottostante segue l’andamento di un bene fisico. ETN vuol dire che lo strumento segue l’andamento di un intero indice di mercato. Questi sono strumenti ibridi ma sono scambiabili tutti i giorni ad un prezzo certo. MERCATI I mercati sono luoghi non fisici completamente informatici in cui si scambiano strumenti come azioni, derivati, obbligazioni ecc. I mercati rappresentano una parte essenziale dei circuiti diretti per la canalizzazione dei risparmi dalle unità in surplus alle unità in deficit. I mercati finanziari sono piattaforme informatiche ("sedi di negoziazione") dove si incrociano le proposte di acquisto e di vendita di strumenti finanziari immesse nel sistema telematicamente. Borsa Italiana nasce dalla privatizzazione dei mercati di borsa e dal 1998 si occupa dell’organizzazione, della gestione e del funzionamento dei mercati finanziari. A ottobre 2007 diventò effettiva l'integrazione tra il Gruppo Borsa Italiana ed il Gruppo London Stock Exchange. Nell’aprile 2021 è entrata a far parte di Euronext, la borsa pan-europea che comprende le piazze di negoziazione di Amsterdam, Bruxelles, Dublino, Lisbona, Oslo, Milano e Parigi. I mercati si dividono in: 1. Strumenti negoziati obbligazionari, azionari, valutari, degli strumenti derivati. 2. La funzione primari/secondari, monetari/dei capitali, regolamentati/OTC, all’ingrosso/al dettaglio. - Mercato primario: mercato delle nuove emissioni, quando si crea un elemento nuovo questo viene reindirizzato sul mercato primario. L’emittente crea lo strumento, lo vende sul mercato primario e riceve la liquidità che guadagna da quello strumento. Un’azienda privata crea le proprie azioni per la prima volta e in queste sedi colloca per la prima volta le azioni neonate della propria azienda e coloro che vogliono diventare soci acquistano queste azioni. - Mercato secondario: tutte le compravendite successive alla prima, che avvengono quindi tra investitore e investitore. Nessuna liquidità scambiata sul secondario entra nelle casse dell’emittente (se un’azione sale di valore ne guadagnano gli investitori che scambiano l’azione sul secondario). L’andamento di uno strumento sul secondario fa gli investimenti o le perdite per gli investitori. Una qualità di uno strumento finanziario è la sua negoziabilità, ossia la facilità con cui un investitore ne può trovare un altro sul mercato, questo è un grande vantaggio perché non si è vincolati alla durata dell’investimento. Altra funzione del mercato secondario (azionario) è che ilo mercato prezza e valuta ogni istante dell’azione ovvero quanto vale una quota del capitale di quell’emittente, se il valore delle azioni dell’emittente X salgono allora l’emittente X sta avendo successo dal punto di vista economico/finanziario. Anche il bilancio da una valutazione dell’emittente ma questa valutazione viene fatta una volta l’anno. - Mercato monetario: sui quali si scambiano strumenti a breve termine, sotto i 12 o 18 mesi. - Mercato dei capitali: mercato sui quali si scambiano strumenti a medio-lungo termine. - Mercato regolamentato: disciplinato dal testo unico della finanza, esistono regole d’accesso, per l’operatività e degli operatori di vigilanza che fanno si che su queto mercato avvengano della compravendita in linea con le regole del mercato. Intervento eventuale anche da parte delle clearing house, ossia una cassa che interviene in caso di fallimento. - Mercato non regolamentato (OTC): tutti quegli scambi che non passano per la cassa e che non sono regolamentati dove gli scambi avvengono tra due investitori tramite contratti privati e non standardizzati. - Mercato all’ingrosso: mercato sul quale operano investitori professionali e istituzionali che effettuano operazioni di controvalore unitario elevato. Si scambiano strumenti più rischiosi e le singole azioni hanno un controvalore più elevato. - Mercato al dettaglio: fatto per investitori che comprano e vendono strumenti con un controvalore unitario per transazione molto basso. Efficienza di mercato il grado di efficienza si misura sulla base di indicatori, si può comunque parlare di tre efficienze: -efficienza informativa: in che misura e in quanto tempo un’informazione relativa ad un emittente viene assorbita dai prezzi (prezzata). A seconda del tipo di informazioni si parla di: ▪ Efficienza in forma debole quando nei prezzi è presente l’informazione storica. ▪ Efficienza in forma semi-forte quando nei prezzi è presente tutta l’informazione pubblica (appena esce una notizia, subito il mercato reagisce). ▪ Efficienza in forma forte quando nei prezzi è presente tutta l’informazione pubblica e privata. L’informazione privata è quella che può avere solo coloro che fanno parte di quella organizzazione, che potrebbero impattare il valore dello strumento finanziario. Aggiotaggio= differente dall’efficienza in forma forte, ossia quando si comunica ad una parte terza le informazioni e questa parte terza la utilizza per tirare profitti sui mercati finanziari. -efficienza allocativa: quando tutti gli operatori di mercato agiscono in maniera razionale e i mercati raggiungono un equilibrio paretiano. -efficienza tecnico-operativa: capacità dei mercati di minimizzare i costi di transazione. CdT: l’insieme degli oneri che il soggetto sostiene per effettuare e gestire un investimento. - costo di ricerca - costo di valutazione - costi di esecuzione dello scambio - costi di gestione dell’investimento (costi delle operazioni intermedie, costi di amministrazione e controllo, eventuali costi di ricontrattazione, di risoluzione del contratto, di azione legale) Le condizioni di efficienza tecnico-operativa del mercato è legata all’ampiezza (ampi voluti degli ordini) all’elasticità (rimane attivo anche dopo shock di prezzo), allo spessore (fitta distribuzione dei prezzi). Affinché il mercato abbia queste caratteristiche, ci sono intermediari che entrano nel mercato regolamentato per disciplinare questo stesso mercato come gli specialist che si occupano del buon fine delle negoziazioni di uno o più strumenti specifici (agevolano transazioni di uno specifico strumento). I broker, invece, agevolano l’incontro tra compratori e venditori senza entrare nello scambio diretto assistito, diverso il marker dealer che agevola lo scambio ma intervenendo direttamente con il proprio portafoglio che acquista a coloro che vogliono vendere e vendono a coloro che vogliono comprare (generalmente hanno un portafoglio molto diversificato). Questi intermediari, generalmente, sono price taker, ossia non influiscono sul prezzo (che è sempre prezzo di mercato). Coloro che invece sono in grado di modificare il prezzo di un titolo con la loro attività di compravendita sono detti price maker. I fattori di imperfezione dei mercati vi sono quattro sottocategorie: -la divergenza di preferenze degli attori: chi ha tanto surplus preferiscono acquistare strumenti poco rischiosi, mentre chi è in deficit acquista strumenti più rischiosi. -costi di transazione: non è semplice per un investitore trovare un investimento che sia per lui proficuo. -la razionalità limitata. -l’asimmetria informativa: colui che acquista non avrà mai tutte le informazioni di cui dispone invece colui che vengono. Per cui c’è bisogno di intermediari finanziari che si interpongono perché cambiano l’ampiezza, la liquidità, la scadenza degli strumenti. LA FINANZA SOSTENIBILE La finanza sostenibile è un concetto compreso tra la finanza tradizionale (votata all’estrazione di rendimenti finanziari) e la filantropia (il cui obbiettivo ultimo è quello di avere un rendimento non finanziario). La finanza sostenibile è dividibile in tre aree: - SRI (finanza responsabile) la ricerca di rendimento finanziario competitivo è di primaria importanza, affiancato dalla gestione di rischi di sostenibilità (ossia in ambito sociale, ambientale e di governance, ESG). Ha un approccio poco proattivo, ricerca di rendimento finanziario competitivo e gestione di rischi ESG: si preoccupa più di non creare un danno dal punto di vista della sostenibilità piuttosto che creare un impatto positivo. - Finanza sostenibile in senso stretto cerca rendimenti finanziari competitivi e minimizza i rischi di sostenibilità ma dal punto di vista attivo integra nelle proprie strategie di investimento anche le proprie opportunità: cerca di creare un impatto positivo creando delle opportunità. - Finanza ad impatto più vicino alla filantropia, viene meno la ricerca di un rendimento finanziario competitivo, si può accontentare anche di rendimenti finanziari sotto la media di mercato perché fortemente incentivato a creare un forte impatto ambientale e sociale. • TRANSPARENCY & ACCOUNTABILITY: prevede la creazione di un sistema di monitoraggio e rendicontazione dei risultati impatti positivi e negativi conseguiti. Gli strumenti finanziari sostenibili devono possedere le seguenti caratteristiche: - Orizzonte di lungo periodo non c’è alcuna politica di sostenibilità che hanno orizzonti brevi. - Compresenza di rendimento finanziario e non finanziario se vi è solo il primo lo strumento è tradizionale, se c’è solo il secondo l’elemento è filantropico. - Fattori ambientali, sociali e di buon governo uno strumento sostenibile deve considerare questi tre fattori, non vuol dire che bisogna perseguire questi tre obbiettivi attivamente. Dal regolamento UE 2019/2088 è stata elaborata la definizione di investimento sostenibile: investimento in un’attività economica che contribuisce a un obbiettivo ambientale, misurato, ad esempio, mediante indicatori chiave di efficienza delle risorse concernenti l’impiego di energia, l’impiego di energie rinnovabili, l’utilizzo di materie prime e di risorse idriche e l’uso del suolo, la produzione di rifiuti, le emissioni di gas a effetto serra nonché l’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare (tassonomia definita e precisa). O un investimento in un’attività economica che contribuisce a un obbiettivo sociale in particolare un investimento che contribuisce alla lotta contro la disuguaglianza o che promuove la coesione sociale, l’integrazione sociale e le relazioni industriali (SDG). O un investimento in capitale umano o in comunità economicamente o socialmente svantaggiate a condizione che tali investimenti non arrechino un danno significativo a nessuno di tali obbiettivi e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali (Global compact). non necessariamente tutti e tre gli obbiettivi evidenziati devono essere perseguiti: a prescindere da quello che si sceglie non si devono arrecare agli obbiettivi ambientali e sociali. Si può contribuire ad un singolo obbiettivo specifico ma comunque non bisogna arrecare un danno significativo (gli emittenti devono rispettare prassi di buon governo, un rating di governance elevato). Obbligazioni sostenibili sono nate per prime le obbligazioni sostenibili GSS e poi nacquero le obbligazioni di transizione (illustrate nell’immagine) che complessivamente vengono indicate con l’acronimo GSS+. Green bond: qualsiasi strumento obbligazionario che utilizza i proventi derivanti dalla vendita per finanziari progetti di natura ambientali. Ad oggi non esiste ancora una definizione ufficiale e condivisa di green bond, ma linee guida a adesione volontaria emanati da: -soggetti pubblici TEG. -operatori di mercato ICMA. -NGOs attive nell’economie della sostenibilità. I green bond sono un mercato in forte espansione ma la mancanza di standardizzazione e di definizioni ufficiali condivise, lascia la porta aperta a fenomeni speculativi. Da qui nasce il Greenwashing ossia, tutti i tentativi di aziende di mostrarsi pubblicamente più attenti, sensibili, attivamente impegnati in questioni ambientali di quanto lo siano effettivamente. Campagne di comunicazione e di green marketing, pubbliche relazioni o donazioni spesso operano in questo senso. Questo fenomeno è quello che ha permesso al green bond di quintuplicare nell’arco di sette anni. Social bond: in questo caso l’emittente utilizza i proventi per finanziare progetti finalizzati ad obbiettivi di tipo sociali. Il social bond è diverso dal social impact bond. Sustainability bonds: bond che finanzia progetti sia di natura ambientale che di natura sociale. è un progetto proattivo perché si passa dal non creare un impatto negativo agli altri a creare sia un impatto sociale che ambientale. gli emittenti possono seguire le linee guida volontarie dei sustainable bond emanati da ICMA che obbligano gli emittenti a utilizzare i flussi finanziari ricevuti sia per progetti sociali che per quelli ambientali. Transition bond: finanziano le società che ad oggi operano in industrie e che hanno un forte impatto ambientale (settore agricolo) ma vogliono tentare di diventare più green dal punto di vista ambientale. Finanziano emittenti che vogliono aumentare la loro sostenibilità in particolari in ambienti che hanno un impatto generalmente molto pesante, ad esempio il settore chimico. Sustainability-linked bonds: la struttura del bond dipendono dal raggiungimento di diversi obbiettivi ambientali o sociali. L’emittente paga o non paga la cedola in funzione del fatto che raggiunge determinati obbiettivi. È l’emittente che decide quali sono i KPI (obbiettivi) e come questi impattano sulla natura del bond. La potenziale variazione della cedola è l’esempio più comune, ma è anche possibile considerare la variazione di altre caratteristiche finanziarie e/o strumentali di SLB. INTERMEDIARI Che cos’è un intermediario finanziario? Operatori professionisti specializzati nella produzione e nello scambio di strumenti e servizi finanziari. Secondo la definizione di Goodhart, gli intermediari finanziari: - Attenuano le imperfezioni di mercato esistenti, anche con contributi che derivano dalle economie di scale nello svolgimento di transazioni di mercato, raccolta di informazioni, gestioni del portafoglio ecc. - Offrono servizi di assicurazione contro eventi accidentali. - Realizzano l’emissione di attività e passività finanziarie nelle forme e nei tagli graditi agli utilizzatori finali e ai risparmiatori. Tassonomia: possono essere classificati per: Specificità istituzionale: legata agli intermediari bancari e non bancari. Il difetto di questo approccio tassonomico è quello per cui viene modificata la definizione di banca, secondo il sistema Italia l’attività bancaria è “l’esercizio congiunto dell’attività di raccolta di risparmio tramite la raccolta dal pubblico e dell’attività di concessione del credito”. C’è una sorte di limite perché si basa solo sulla divisione di attività bancaria e non bancaria. Svolgimento della funzione monetaria: si dividono gli intermediari in due ambienti, ossia quelli che svolgono funzione monetaria e quelli che non lo fanno. Con il passare del tempo chi entra nell’uno o nell’altro insieme può cambiare. In funzione del sistema economico e tecnologico questa tassonomia varia molto. In questo contesto si distinguono IMEL (istituto di moneta elettronico, che non sia la banca come nexi, postepay) e IP (istituti di pagamento, dove si possono versare sui conti corrente eccessi di liquidità e che creano moneta elettronica, non sono banche perché non hanno l’abilitazione alla concessione del credito, come american express), sottoposti a controlli di vigilanza maggiori. Gli intermediari «monetari» sono stati sottoposti ad un controllo più stringente da parte delle autorità, per gli effetti che l’immissione di moneta bancaria può creare nell’economia reale ai fini della stabilità. Lo svolgimento della funzione monetaria costituisce un vantaggio competitivo nell’offerta di strumenti di investimento del risparmio, il numero di intermediari che possono svolgere tale attività sta crescendo nel tempo in virtù di cambiamenti normativi. Servizi e prodotti offerti: ordine degli intermediari in base al servizio e al prodotto che offrono, si va a vedere nel dettaglio chi può offrire un determinato servizio. Un medesimo intermediario può però erogare più servizi e prodotti. -Servizi di pagamento Banche, IMEL, IP. -Intermediazione creditizia sul credito a breve, medio e lungo termine sono attive solo le banche. Come credito è anche considerato il leasing che è erogato sia da banche che da società più specifiche, oppure anche credito al consumo, servizio erogato dalle banche ma anche dalle società di credito al consumo (erogano solo credito, che non può essere pensato come quello bancario di breve termine). I soggetti che chiedono un prestito a credito al consumo sono quei soggetti che le banche non finanziano (più rischioso). Negli ultimi decenni le banche sono diventate molto più selettive per finanziare un credito; quindi, se non si hanno asset da dare a garanzia, allora le banche non concedono il finanziamento. La popolazione a cui prestano il credito queste società di credito al consumo è più rischiosa, non hanno garanzie importanti come quelle richieste dalle banche e quindi i tassi di interessi alti servono per avere la liquidità per finanziare nuovi tassi. -Intermediazione mobiliare banche e società finanziarie, ossia le uniche che possono acquistare pacchetti azionari e che si dedicano quindi all’assunzione di partecipazioni. La gestione collettiva del risparmio è portata avanti da SICAV e SGR. La banca non può svolgere gestione collettiva del risparmio, ossia gestire direttamente fondi comuni di investimento (ad esempio i fondi di Intesa San Paolo non sono gestiti direttamente dalla banca ma solo controllati dalla medesima). Tra i servizi di intermediazione mobiliare vi è anche quello di investimento. • Negoziazione in conto proprio o terzi: Banche, SIM • Sottoscrizione e collocamento + gestione: Banche, SIM, SGR • Ricezione e trasmissione ordini: Banche, SIM • Consulenza in materia di investimenti: Banche, SGR, Società di consulenza finanziaria IMEL: istituti di moneta elettronica; persone giuridiche, diverse dalle banche, autorizzate in Italia a emettere moneta elettronica, conformemente a quanto previsto dall’art. 114-quinquies del TUB; In tale contesto gli IMEL continuano a mantenere tra i soggetti non bancari un ruolo privilegiato nell’emissione di moneta elettronica. Gli istituti di moneta elettronica possono, inoltre, prestare servizi operativi e accessori strettamente connessi all’emissione di moneta elettronica. IP: persone giuridiche, diverse dalle banche e dagli IMEL, autorizzate a prestare servizi di pagamento, che permettono: ▪ di depositare il contante su un conto di pagamento, ▪ di prelevare il contante da un conto di pagamento, ▪ di eseguire ordini di pagamento, incluso il trasferimento di fondi su un conto presso il prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore o presso un altro prestatore di servizi di pagamento, ecc. Banca d'Italia iscrive in un apposito Albo gli istituti di pagamento autorizzati ad operare in Italia. Le società finanziarie sono intermediari che sono inseriti nell’elenco di Banca d’Italia, per cui hanno una normativa specifica e devono essere dichiarate (appartenere ad un albo). Sono una categoria di operatori che svolgono la funzione creditizia e di assunzione di partecipazioni in imprese, ma che non presentano un’autonoma capacità di provvista presso operatori finali. Quindi: SOCIETÀ FINANZIARIA: Soggetto, diverso dalle banche, che esercita le attività di erogazione del credito o di servicing in operazioni di cartolarizzazione e sono iscritti negli elenchi ex art. 106 o 107 TUB, tenuti dalla Banca d'Italia. d’Italia a: ▪ gestire fondi comuni di propria istituzione e patrimoni di SICAV/F ▪ prestare il servizio di gestione di portafogli. ▪ prestare il servizio di consulenza in materia di investimenti. ▪ prestare il servizio di ricezione e trasmissione di ordini, qualora autorizzate a prestare il servizio di gestione di Fondi di investimento alternativi (FIA). La banca NON può gestire un fondo comune, semplicemente colloca presso gli investitori i fondi gestiti dalle SGR. Tuttavia, la maggior parte delle SGR appartengono a gruppi bancari. Oltre a gestire i fondi comuni di investimento, le SGR possono istituire e gestire fondi pensione, svolgere attività di gestione individuale di portafogli nonché attività connesse e strumentali. LA BANCA L’intermediario per eccellenza è la banca che, come scritto nell’ art. 10 Testo Unico Bancario, contemporaneamente svolge due attività fondamentali ossia raccogliere il risparmio ed esercitazione del credito (concessione). La combinazione raccolta del risparmio - esercizio del credito costituisce la combinazione minima di attività che definiscono l’attività bancaria. «Le banche esercitano ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse e strumentali.» Ciascun intermediario può realizzare la combinazione produttiva desiderata. ATTIVITÀ FINANZIARIE 1) esecuzione di ordini per conto dei clienti (broker; best execution); 2) negoziazione per conto proprio (dealer); 3) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione (tra mkt regolamentato e otc); 4) ricezione e trasmissione di ordini; 5) sottoscrizione e/o collocamento di strumenti finanziari (NB consorzio di semplice collocamento vs di garanzia vs di assunzione a fermo); 6) gestione di portafogli; 7) consulenza in materia di investimenti; 8) servizi accessori. SERVIZI ACCESSORI ▪ custodia e amministrazione di strumenti finanziari; ▪ locazione di cassette di sicurezza; ▪ concessione di finanziamenti per effettuare operazioni relative a strumenti finanziari nelle quali interviene il soggetto che concede i finanziamenti; ▪ consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, industriale e in materia di concentrazione e acquisti di imprese; ▪ servizi connessi all'emissione o al collocamento di strumenti finanziari; ▪ ricerca in materia di investimenti, analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale riguardanti strumenti finanziari; ▪ intermediazione in cambi collegata alla prestazione di servizi di investimento. Adeguatezza e appropriatezza I requisiti di adeguatezza e appropriatezza indicati dalla MIFID rappresentano una parte delle regole di condotta relative all’obbligo da parte degli intermediari di agire in modo onesto, equo e professionale per servire al meglio gli interessi del cliente. Ne consegue che quando l’intermediario effettua servizi ad alto valore aggiunto come la consulenza in materia di investimenti o la gestione di portafoglio, il livello di approfondimento di conoscenza del cliente deve essere superiore rispetto agli altri servizi. Infatti, l’intermediario deve disporre e ottenere delle informazioni necessarie in merito alle conoscenze ed esperienze del cliente o potenziale cliente in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio, alla situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento, per essere in grado di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale. Per tali servizi è previsto il massimo di tutela dell’investitore ossia il questionario di adeguatezza. In questo caso le regole imposte all’intermediario sono molto rigide e nel caso in cui l’intermediario non ottenga dal cliente le informazioni richieste, egli non può effettuare il servizio. Invece l’obbligo per l’intermediario di effettuare la “valutazione di appropriatezza” è relativo ai servizi di negoziazione per conto proprio, di esecuzione di ordini per conto dei clienti, assunzione a fermo di strumenti finanziari. In questo caso si ritiene che il contenuto del servizio sia di carattere “secondario” in quanto non è l’intermediario a proporre uno strumento finanziario ma è lo stesso cliente ad indicare le operazioni da svolgere. Mentre non sussiste nessun obbligo per l’intermediario di effettuare una “valutazione di adeguatezza” o di “valutazione di appropriatezza” quando presta servizi di investimento che consistono unicamente nella ricezione e trasmissione di ordini del cliente (c.d esecution only). Le banche agiscono: ▪ come asset broker: servizi di negoziazione, custodia, gestione portafoglio (gestioni patrimoniali). Agiscono in concorrenza con Sim, Sgr. ▪ come asset transformer: riconciliazione delle preferenze di investimento/indebitamento assunzione del rischio di prezzo (limitato attraverso diversificazione dell’attivo, capitale proprio e safety net) e di liquidità. Gli intermediari creditizi raccolgono fondi presso i soggetti in avanzo direttamente o emettendo proprie passività, le cosiddette secondary securities (fonti), che costituiscono la raccolta da impiegare in crediti e, alternativamente, in titoli e partecipazioni a favore delle imprese, le primary securities (impieghi). La differenza di rendimento tra primary e secondary securities ovvero tra impieghi (crediti, titoli, ecc.) e passività degli intermediari (depositi, obbligazioni, ecc.) definisce il costo del processo di intermediazione e la remunerazione lorda dell’attività degli intermediari finanziari a fronte dei rischi assunti. La maggior parte delle passività bancarie ha due caratteristiche fondamentali: - è richiamabile a vista dal depositante in qualsiasi momento e viene rimborsata al valore nominale; - ha natura monetaria, è cioè accettata quale strumento di pagamento. Le peculiarità delle passività bancarie annullano di fatto il rischio di prezzo e di liquidità. Non vi è incertezza circa il prezzo di rimborso (che è sempre il valore nominale) e il profilo di liquidità dell’attività finanziaria (la banca rimborsa l’importo depositato nei tempi desiderati dal risparmiatore). I depositanti hanno fiducia nella promessa della banca di rimborsare i depositi a vista al nominale in virtù di tre fattori: - diversificazione del portafoglio impieghi; - contratto di debito e l’impegno di capitale proprio della banca; - presenza di schemi di assicurazione dei depositi e di un prestatore di ultima istanza (safety net). RaccoltaLa raccolta può essere diretta o indiretta: - La raccolta diretta è l'aggregazione dei depositi della clientela sotto forma di libretti di risparmio, conti correnti, certificati di deposito, assegni circolari; emissione di titoli obbligazionari propri. - La raccolta indiretta invece riguarda titoli di credito e altri valori, non emessi dalla banca depositaria, ricevuti dalla stessa in deposito a custodia, amministrazione o in relazione all'attività di gestione di patrimoni mobiliari. Non costituendo impegni diretti della banca, non sono evidenziati nello stato patrimoniale. Esistono aree di attività riservate ad intermediari diversi dalle banche: l’attività assicurativa e l’attività di gestione collettiva del risparmio. La banca La Banca d'Italia iscrive in un apposito albo le banche italiane e le succursali in Italia di banche extracomunitarie, nonché le succursali delle banche comunitarie stabilite nel territorio della Repubblica. L’autorizzazione all’attività bancaria è rilasciata quando ricorrano le seguenti condizioni: a) sia adottata la forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata; a-bis) la sede legale e la direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica; b) il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca d’Italia [€10m o €5m] c) venga presentato un programma concernente l'attività iniziale, unitamente all'atto costitutivo e allo statuto; d) sussistano i presupposti per il rilascio dell'autorizzazione prevista dall'articolo 19 per i titolari delle partecipazioni ivi indicate (autorizzazione preventiva di partecipazioni che comportano controllo e influenza notevole o che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10%) e) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo siano idonei, ai sensi dell'articolo 26 (devono possedere requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, soddisfare criteri di competenza e correttezza, dedicare il tempo necessario all’efficace espletamento dell’incarico, in modo da garantire la sana e prudente gestione della banca); f) non sussistano, tra la banca o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti, stretti legami che ostacolino l’effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza. Diversi modelli di business bancario: BBM: modello che definisce le soluzioni organizzative e strategiche che permettono alla banca di creare valore. COMMERCIAL BANKINGAttività tradizionale della banca: raccolta dei depositi e impiego del denaro. L’attività di sconto di credito commerciale fu in alcuni casi un allargamento dell’attiva di commercianti all’ingrosso, che si trasformarono così in banchieri. Fin dalla loro origine, le banche commerciali svilupparono sistemi di pagamento alternativi alla moneta che potessero agevolare l’attività commerciale/industriale. Il commercial banking si può riferire ad aree d’affari distinte per quanto riguarda: ▪ La segmentazione della clientela (retail vs private banking), ▪ La modalità di scambio prevalente (internet banking) RETAIL BANKING Servizi e prodotti standardizzati Operazioni di piccolo taglio Valore aggiunto unitario contenuto Canali distributivi diretti e capillari Modalità di scambio orientata alla transazione Criteri d’efficienza basati sull’attuazione di processi ripetitivi ad elevato contenuto tecnologico PRIVATE BANKING Con il termine private banking si intende identificare l’insieme dei prodotti e dei servizi che l’intermediario finanziario offre per il soddisfacimento dei bisogni emergenti dalla gestione finanziaria della clientela “private” appartenenti a categorie di reddito e/o ricchezza finanziaria superiori alla media. Il contenuto del servizio offerto è elevato, l’offerta di prodotti/servizi è personalizzata, cioè focalizzata alla specificità della situazione finanziaria del cliente, la relazione è orientata a conseguire obiettivi di breve, medio e lungo termine e produrre con continuità le migliori soluzioni dei problemi finanziari del cliente (nelle diverse aree: incasso/pagamento, investimento, finanziamento, assicurazione-previdenza, passaggio generazionale) secondo una visione integrata e unitaria della gestione finanziaria e patrimoniale del cliente. INTERNET BANKING Economie di scala e scopo. La banca piccola, tipicamente: Si avvantaggia soprattutto della conoscenza del territorio in cui opera (possesso di soft information) e di un maggiore orientamento (almeno teorico) al relationship banking; Presenta un più pronunciato localismo bancario. Peraltro, anche la banca grande si prefigge l’obiettivo di recuperare contatto con il territorio attraverso la rivisitazione di soluzioni organizzative e di marketing Principali modelli organizzativi I principali modelli organizzativi tra cui può optare una banca specializzata sono i seguenti: - Banca Universale - Gruppo Bancario - Banche specializzate: si concentrano su una nicchia e si specializzano. - Network: gruppo di piccole banche più o meno specializzate. In linea di principio (ma con qualche eccezione) optano per i primi due modelli banche di dimensioni media e grande, mentre le banche di piccola dimensione si orientano maggiormente verso scelte di specializzazione. Questi modelli sono puramente teorici, nella realtà le banche adottano modelli ibridi, con diverse caratteristiche. La Banca Universale È una banca che può operare sia nel breve che nel medio/lungo termine, in grado di offrire una gamma completa di prodotti e servizi finanziari. Tra le banche universali possono trovare posto tutti i modelli di business visti precedentemente. La banca universale è caratterizzata da: Estesa attività creditizia Attività di capital market e ampia operatività in titoli Partecipazione al capitale di rischio delle imprese non finanziarie Organizzazione in forma divisionale (si internalizzano attività che potrebbero essere svolte da società esterne) Grandi dimensioni Eterogenee tipologie di clienti: retail, corporate... La banca universale può svolgere tutte le attività consentite ad una banca ad eccezione delle attività che, per riserva di legge, competono ad altri intermediari finanziari. È un intermediario: - multibusiness: in quanto ha al proprio interno diverse divisioni. - multiclient: in quanto i clienti serviti appartengono a categorie eterogenee. La banca sa interfacciarsi con il pubblico nel modo specifico e giusto. - multiprodotto: diversificato anche nell’offerta di prodotti, adeguati a tutte le categorie di clienti di cui si occupano. Questo porta a grandi complessità dal punto di vista organizzativo (tante funzioni/divisioni all’interno della medesima banca), ma consente la diversificazione in termini di rischio. La banca universale persegue un elevato livello di diversificazione. Il portafoglio crediti e titoli è molto eterogeneo, quindi abbatte il rischio specifico che grazie alla diversificazione riduce la rischiosità complessiva del portafoglio. Lascia all’interno dei portafogli l’esposizione al rischio sistematico caratteristico degli stessi. Vantaggi Economie di scala e di scopo dal punto di vista informativo, per effetto dell’esercizio congiunto attività creditizia e finanziaria. Il cliente può essere seguito sotto punti di vista differenti, in base alle diverse persone giuridiche. Il vantaggio di avere queste informazioni da più punti di vista consente la diminuzione dell’asimmetria informativa; si pensi infatti che spesso, per le micro-imprese, il confine tra patrimonio d’impresa e di persona è piuttosto labile. Economie di scala e di scopo superiori all’aumentare delle dimensioni e possibilità di strategie di cross-selling tra diversi comparti di business → Wealth management Se il cliente è imprenditore, ma è anche facoltoso e quindi necessita di essere seguito dal private bank e ha bisogno di consulenze patrimoniali, le economie di scala crescono. Ci sono più possibilità di cross-selling, ovvero possibilità di vendere il medesimo strumento a diversi soggetti. Le banche vendono il medesimo strumento con diverse peculiarità in base al cliente. Diversificazione del rischio (possibilità di assumere partecipazioni, e diverse combinazioni mercati/prodotti/clienti/tecnologia). È una diversificazione cross business, perché ci sono diverse posizioni all’interno delle business unit. Si parla di diversificazione macro (per le diverse linee di business) e micro (per i singoli portafogli) Le varie linee di business possono essere difatti soggette a crisi in momenti diversi Potere di mercato dovuto alle dimensioni (player internazionale). Ha un ruolo istituzionale perché le banche universali sono poche e hanno grosse quote di mercato, anche in grado di influenzare i tassi di riferimento come l’euribor. Le banche presenti in Italia sono in tutto 750, ma il potere di mercato è in mano a pochissime grandi banche. Reputation: è tra i potenziali vantaggi ma può essere un’arma a doppio taglio. Le grandi banche sono talmente importanti che non vengono lasciate fallire (too big to fail). La reputation si basa su prestatori di ultima istanza, che non le lasciano fallire in quanto il danno che potrebbero causare sui mercati potrebbe essere disastroso. Svantaggi Possibili conflitti di interesse: insider trading fra raccolta diretta e indiretta (conoscendo informazioni di altre imprese) o fra negoziazione per conto proprio e di terzi. Tra linee di business ci possono essere rischi di utilizzo di informazioni private improprie. Ad esempio, se ci fosse un cliente proprietario di una grande impresa quotata, i rischi di utilizzi illeciti di informazioni potrebbero essere diversi. Si potrebbe decidere di garantire meno credito o richiedere tassi di interesse elevati (insider trading interno). Si potrebbe poi decidere di prendere decisioni economiche con informazioni riservate (insider trading esterno). Risoluzioni per questi problemi potrebbero essere: -presenza di efficaci meccanismi di controllo e governo a livello organizzativo. -adeguamento alle migliori best practices internazionali e adozione di regole di governance (amministratori indipendenti); -inserimento nelle normative di specifiche norme sui conflitti di interesse, antitrust e insider trading Difficoltà organizzative ed elevati costi di integrazione: si cerca di integrare e organizzare i diversi business perseguendo la stessa mission e vision. Può risultare difficile perché le unit sono tutte diverse e frammentate. Costi di monitoraggio Elevati investimenti iniziali: costruire da zero una banca universale è enormemente costoso e richiede investimenti a lunghissimo termine. Una crescita interna è infatti molto più dispendiosa rispetto alla crescita esterna (outsourcing), soprattutto per i costi di integrazione. La banca specializzata Per la banca specializzata si ribaltano tutte le caratteristiche appena enunciate. La banca specializzata è una banca piccola, che ha un’offerta mirata e specializzata in un determinato segmento. Questo segmento può riguardare: - una tipologia di cliente - una zona geografica (territorio) - canali distributivi (internet), ad esempio internet banking - prodotti e servizi Le banche sono piccole e vogliono rimanere piccole per restare specializzate (es banche private). Una banca specializzata può essere anche una banca neonata, con una specializzazione iniziale in termini di servizi, target, clientela, e poi decidere di ampliarsi per vie interne (grande banca) o per vie esterne (facendo parte di un gruppo). Quindi la banca specializzata può essere una fase di vita della banca. Nulla vieta comunque alla banca di rimanere piccola e specializzata così com’è. Vantaggi Specificità delle competenze: può diventare un polo di riferimento, magari con un team particolarmente forte su uno specifico settore. Si crea una reputation positiva e fortemente specializzata. Funziona solo se la qualità di una banca specializzata riesce ad essere nettamente superiore di quella garantita da una banca con più linee di business. Economie di apprendimento Premium price: riesce ad applicare un prezzo superiore rispetto alla banca generalista in quanto garantisce la qualità della specializzazione. Svantaggi Concentrazione dei rischi (imprenditoriali, «di controparte»): è difficile diversificare il rischio, perché se uno shock esogeno colpisse il settore, la banca ne risentirebbe sicuramente. Dimensioni ridotte: non è uno svantaggio tout court, ma le piccole dimensioni possono precludere la banca da possibili fattispecie. Network Il Network in Italia nasce come forma difensiva, ideata dalle banche radicate territorialmente (piccole) per contrastare la tendenza alla fusione e creazione di grandi gruppi. Il network prevede la coalizzazione di tante piccole banche con una forte caratterizzazione geografica, tanto che dal punto di vista teorico prevede che non ci sia sovrapposizione territoriale tra i componenti. All’interno di esso c’è omogeneità dimensionale: sono piccole banche che presidiano aree geografiche differenti. La connessione tra queste è costituita da accordi e relazioni tra intermediari bancari organizzati attorno a un organismo centrale, che consente di creare sinergie, superando i limiti dimensionali delle singole realtà locali. Il network non è un gruppo, non ha unica vision, mission e bilancio consolidato. Le banche mantengono autonomia ed individualità, non c’è alcun intermediario centrale che ha partecipazioni di controllo nelle altre. Il network rimane unito per il mutuo accordo, tipico una volta delle banche di credito cooperativo. Gruppo bancario Il gruppo bancario è un sistema di società specializzate in determinati servizi finanziari, governate da una capogruppo, che esercita anche funzioni di pianificazione strategica tra tutte le società del gruppo. Il gruppo, a differenza del network, è un unico polo bancario, gestito da una società capogruppo. Questo modello fa dunque riferimento a banche di grandi dimensioni. La banca assume partecipazioni in una società di leasing, in una società di factoring, in una SIM, in una società di gestione fondi ecc ...in ottica di salvaguardia delle autonomie e delle differenti specializzazioni. Tramite questa rete di partecipazioni in società specializzate, il gruppo polifunzionale riesce a costituire un polo di offerta ampio e diversificato di servizi finanziari. Se un grande gruppo ingloba una banca in cattive condizioni economico-finanziarie perché spinta dal governo (moral suasion), non è perché abbia un valore aggiunto, ma solo per evitare crisi. Il gruppo ha un modello organizzativo che comprende Società capogruppo (holding pura o mista). - Holding pura quando non svolge attività operativa, ma si occupa della gestione strategica e del coordinamento del gruppo. Il core business di questa società è quello di avere partecipazioni di controllo o rilevanti all’interno delle varie banche facenti parte del gruppo. - Holding mista quando non attua una separazione tra la gestione operativa e quella strategica. Subholding: sono società finanziarie alle quali vengono imputate partecipazioni in società controllate appartenenti a raggruppamenti omogenei (non sempre presenti). Società specializzate: sono società che svolgono attività bancaria, finanziaria e spesso anche assicurativa. Devono essere presenti società eterogenee, proprio per garantire quella serie di servizi tipici dei grandi gruppi. Il gruppo consente di abbinare un unico disegno strategico e imprenditoriale, e inoltre di applicare economie di specializzazione che scaturiscono dagli elevati livelli di specializzazione che contraddistinguono i processi produttivi delle diverse società. È stato proprio questo il modello adottato in prevalenza dalle banche italiane (a partire dagli anni ‘90) per realizzare la diversificazione produttiva. Sono possibili distinte configurazioni del gruppo bancario Modello funzionale, caratterizzato da: Ridotta complessità gestionale Strategia di integrazione orizzontale (processi di acquisizione) Elevata autonomia per controllate Contenimento costi di struttura In questo modello ogni componente si concentra su una specifica funzione. Nella realtà questo modello non esiste, ma è puramente teorico. Modello federale, caratterizzato da Un’aggregazione “progressiva” di banche a vocazione locale. Le ultime arrivate hanno delle grosse frizioni e costi, proprio per cominciare ad adeguarsi a qualcosa di già definito. Mantenimento relationship a livello “locale” (federalismo) La Capogruppo si occupa dell’indirizzo strategico, coordinamento e controllo. Gestione accentrata di talune attività Banche “federate”, società prodotto e società strumentali a valle (gestione di diverse “culture” aziendali) Il modello federale rappresenta un ‘modello intermedio’ in cui le componenti devono ancora integrarsi completamente Modello divisionale, caratterizzato da Una ridotta complessità gestionale, “ideale” per banche grandi e diversificate Le ASA (business unit) corrispondono alle divisioni La capogruppo si occupa del monitoraggio e valutazione della performance delle singole ASA + indirizzo strategico del gruppo Le divisioni vengono organizzate per - Prodotto sarebbero anche più efficaci nell’escursione dei crediti, aspetto vero per clienti piccoli ma con l’aumentare della complessità dell’imprenditore questa capacità viene meno. I sistemi finanziari bancocentrici risultano maggiormente idonei a favorire un’industrializzazione diffusa, spesso caratterizzata dalla elevata presenza di micro, piccole e medie imprese (caso Italia). Il tessuto industriale è sempre stato frammentato e questo ha fatto si che un sistema banco centrico con banche di minori dimensioni ma con una distribuzione elevata sul territorio fosse idoneo (sistema industriale molto diffuso e frammentato che ha fatto si che il sistema finanziario venisse inglobato). Le debolezze sono legate agli elevati costi. Il fatto che si debba passare per un intermediario implica una serie di costi, un sistema fortemente intermediato ha degli elevati costi di transazione e di intermediazione. C’è anche rischio di formazione di accordi collusivi tra i player bancari principali. Ci sono circa 400 banche italiane e le prime 4 fanno il 90% del capitale intermediato in Italia (potere di mercato). Inoltre, c’è un limitato accesso al capitale di rischio perché se si pensa all’attività di banca, che è prestare capitale, se le imprese sono portate ad appoggiarsi alle banche per chiedere finanziamenti e far entrare capitali di debito questo fa si che la loro tendenza a quotarsi sul mercato e chiedere capitale di rischio sia inferiore (questione di visibilità), questo implica che sul mercato ci saranno meno azionisti. Vi è anche la possibile concentrazione negli assetti proprietari delle imprese partecipate, ossia poche imprese e poche banche concentrate, queste sono quindi le uniche a diventare controparti perché le banche piccole generalmente non fungono da intermediari. Anche l’attività di acquisizione di partecipazioni cela il rischio di una possibile contrazione: poche imprese grandi si quotano ma i grandi investitori sul mercato sono le banche (che hanno il capitale sufficiente per acquisire il capitale delle imprese) e si trovano a entrare nell’assetto della governance delle imprese partecipate. Altro punto di debolezza è il fatto che se sono queste banche ad entrare nell’assetto della governance allora vi è l’elevato grado di competizione e basso di innovazione. Una banca impegnata nel capitale di rischio di un’impresa non voterà mai progetti troppo innovativi perché la liquidità è presa dai suoi correntisti e quindi viene meno il beneficio cardine di diffondere il capitale di rischio e quotare la propria impresa. Con poco capitale di rischio tanto indebitamento bancario è difficile coltivare la logica di innovazione (come in Italia), finché non ci si smarca da questo meccanismo gli imprenditori italiani trovano un territorio fertile più all’estero che all’Italia. Marked based anglosassoni (focalizzati sui mercati e meno sugli intermediari); Il sistema market-based, detto anche basato sui mercati, è caratterizzato dalla presenza di mercati finanziari sviluppati e attivi, come la borsa, dove le imprese possono raccogliere fondi emettendo titoli (azioni e obbligazioni). In questo sistema, le imprese si affidano principalmente ai mercati finanziari per ottenere finanziamenti e le banche svolgono un ruolo marginale, fornendo principalmente servizi di intermediazione finanziaria. In questo sistema, gli investitori individuali e istituzionali hanno un ruolo importante, poiché investono direttamente in titoli emessi dalle imprese, condividendo quindi il rischio con l'emittente. Il meccanismo del market based utilizza l’incontro tra domanda e offerta di capitale senza che questo venga fatto da intermediario. I mercati dei capitali competitivi svolgono un ruolo positivo nell’aggregare (in maniera efficiente) informazioni diffuse e tramettere queste informazioni agli investitori, con conseguenze benefiche per il finanziamento dell’economia e la performance economica. Solitamente si prezzano gli emittenti, il mercato valuta gli emittenti e aggrega le informazioni di tanti emittenti e contestualmente le inserisce all’interno del prezzo (che sconta le informazioni storiche e contemporanee). La diffusione del capitale e il fatto che ci siano molti azionisti che offrono capitale di rischio ad un emittente fa si che la governance sia varia e che cambi nell’arco del tempo, molto diversificato. Altro punto di forza dell’essere quotati è il fatto che l’impresa possa parametrare i pacchetti compensativi e le politiche di remunerazione del top manager all’andamento delle azioni. Questo può far nascere delle distorsioni a livello di incentivi, essere troppo orientati al benessere esclusivo del capitale di rischio può causare un investimento del capitale che non ha a che fare con il core business dell’impresa che, nel lungo periodo, sarà dannoso. Ultimo punto di forza è il fatto che il mercato finanziario non è solo il mercato azionario e ad un luogo in cui ci si può quotare ma anche un luogo in cui si possono acquistare altri prodotti finanziari come i derivati che sono favorevoli per il trasferimento dei rischi e la minimizzazione dei medesimi (swap). Uno swap molto semplice è quello per cui due controparti si scambiano alla fine della vita del derivato due tassi: il primo scambia un tasso fisso che paga alla controparte che a sua volta paga alla prima un tasso variabile. Questo ha senso perché ad esempio se un’impresa ha un debito nei confronti della banca e deve pagare un tasso fisso del 2% può decidere di scambiare tale tasso con un soggetto terzo che invece ha un tasso variabile. Scambiando tale tasso l’impresa spera che il tasso variabile si abbassi mentre il soggetto terzo prevede che nel tempo il tasso variabile aumenti e per questo acquista il tasso fisso del 2%. Il market based riesce quindi ad ottimizzare il rischio (come il caso dello swap), tutti i derivati in generale hanno questo tipo di funzionamento. I punti di debolezza sono: non c’è un intermediario. Le scelte di investimento sono rimandate in capo agli investitori retail e alle famiglie che si diventano prestatori di capitali di rischio e la categoria meno tutelata tra gli investitori. Quando si acquista una quota di un fondo comune, questa ha una quota di derivati che non si conosce. Più il sistema non ha intermediari e più questi vengono attribuiti agli investitori retail che sono in generale i più deboli. CAPITALIZZAZIONE E FLOTTANTE Per flottante (è determinato tramite il rapporto del numero di azioni sul mercato e il totale delle azioni detenute dall’impresa) si intende la quantità di azioni di una società che non costituiscono le partecipazioni di controllo e che sono quindi disponibili per la negoziazione in borsa. Il flottante rappresenta la parte del capitale sociale effettivamente in circolazione sul mercato azionario. Nel computo di questa quota non si tiene conto delle partecipazioni azionarie di controllo, di quelle vincolate da patti parasociali e di quelle soggette a vincoli alla trasferibilità (come clausole di lock- up) di durata superiore ai 6 mesi; al contrario, rientrano nel computo le azioni possedute da organismi di investimento collettivo del risparmio, da fondi pensione e da enti previdenziali. Borsa Italiana S.p.A. richiede alle società specifici requisiti in termini di flottante minimo per l’ammissione a quotazione: si richiede un flottante minimo pari al 25% del capitale per le azioni negoziate nei segmenti di Borsa. Una volta ammessa a quotazione, la società deve mantenere il requisito relativo al flottante; infatti, la carenza di negoziazioni sul proprio titolo può comportare la revoca dell’ammissione a quotazione. Le azioni con un flottante di poco superiore al 25% e caratterizzate da bassi volumi di scambio sono dette titoli sottili. La capitalizzazione (valore di mercato dell’intera società) è la valorizzazione di tutte le azioni di un emittente, infatti, è il numero complessivo di azioni di un emittente per il valore di mercato di quell’azione (market value). La capitalizzazione guarda al numero complessivo di azioni mentre il flottante solo una parte ossia quelle azioni che possono essere libere di essere comprate sul mercato finanziario. Quando si parla di capitalizzazione si parla di prezzo per il numero complessivo di azioni. Ci sono però vari tipi di azioni, quindi, è una forzatura quella capitalizzazione perché si fa finta che oggi si possa acquistare quell’impresa a quel prezzo di mercato anche se effettivamente non è così. Inoltre, mentre il flottante può variare nel tempo in base alle transazioni di acquisto e vendita di azioni, la capitalizzazione di mercato dipende dal prezzo di mercato delle azioni e dal numero totale di azioni emesse. In sintesi, il flottante è una misura della porzione di azioni di una società che è in circolazione sul mercato, mentre la capitalizzazione di mercato rappresenta il valore dell'intera società. Entrambe le misure sono importanti per gli investitori, poiché possono influenzare la liquidità e la volatilità delle azioni e il loro potenziale di crescita a lungo termine. FINANCIAL SERVICES VIEW I sistemi finanziari veri non sono completamente bancocentrici o marked base tant’è che nell’ultimo periodo è nata la financial services view. Questa visione punta ad avere un ambiente finanziario efficiente, minimizzando la rilevanza del dibattito sulla superiorità della banca o del mercato. Tale impostazione sottolinea che contratti, mercati regolamentati e intermediari nascono per migliorare le imperfezioni del mercato nell’offerta di servizi finanziari. I contratti finanziari sorgono per cogliere potenziali opportunità di investimento, esercitare il controllo societario, facilitare la gestione dei rischi, migliorare la liquidità e la facilità di mobilizzazione del risparmio. Secondo questo punto di vista, il problema principale non è la scelta fra banche o mercati. Il problema è la creazione di un ambiente finanziario in cui gli intermediari e i mercati forniscano servizi finanziari efficienti. Concettualmente, i riflettori di questa prospettiva analitica sono puntati sulle modalità di creazione di migliori banche e mercati. Financial service view: le economie con una buona crescita lo sono a prescindere che all’intermediazione passino dalle banche o dal mercato (quindi a prescindere che il sistema finanziario sia bancocentrico o mercato centrico), ciò che rende un’economia con un buon tasso di crescita è la bontà del sistema legale che si declina in due aspetti: - Leggi right i contratti siano chiari e quindi che vengano ben definiti i diritti delle due controparti. - Contract enforcement il sistema legale tuteli le controparti e faccia rispettare il contratto, pena per chi non lo rispetta. Gli indicatori per la misurazione della struttura e dello sviluppo dei sistemi finanziari: di intermediazione creditizia; 2) entità consolidate in gruppi bancari, sottoposti alla regolamentazione prudenziale e supervisione; 3) residuo statistico (derivante da differenze metodologiche nella raccolta e classificazione dei dati dei conti finanziari nazionali di alcune giurisdizioni). Data l’enorme pressione che la regolamentazione bancaria esercita questi risultati sono molto ragionevoli. I narrow banking sono arrivati per esclusione: si è stimato il giro bancario complessivo a cui si sono tolti tutti i MUNFI e OFI e dalle stime degli asset scambiati rimanevano fuori degli asset ulteriori, è una stima quindi individuata per esclusione. Se si inizia ad avere una pressione regolamentare sullo shadow banking allora si tenderà ad ampliare il narrow shadow banking che è quello meno regolamentato. Le misure contro lo shadow banking le prime a voler sfuggire dalle regolamentazioni a cui sono sottoposte sono le banche stesse. Si riesce a monitorare in generale lo shadow banking ma non riesco a stimare al centesimo gli asset che passano dal narrow. CONCENTRAZIONE BANCARIA A partire dagli anni 90 l’industria europea ha subito una forte spinta alla concentrazione, ossia quando il numero di player diminuisce e contestualmente aumenta la loro quota di mercato. Ci fu questa forte spinta e pressione alla concentrazione per tre motivazioni: - Deregulation (deregolamentazione finanziaria): il sistema finanziario gradualmente è diventato sempre più libero di operare, questo va di pari passo con il progresso tecnologico. Il progressivo abbattimento delle barriere fisiche ha accresciuto il grado di concorrenza e la contendibilità degli asset proprietari e ha spinto le istituzioni finanziarie ad ampliare la gamma dei servizi proposti a famiglie e imprese. - Progresso tecnologico: si inizia a parlare di cartolarizzazione (come, ad esempio, i mutui sub prime). Dopo costi di avviamento ingenti, ha avuto un ruolo fondamentale nella riduzione dei costi operativi e nel miglioramento dei servizi offerti. L’innovazione nelle telecomunicazioni e nell’elaborazione elettronica dei dati, insieme alla diffusione di internet, ha facilitato i flussi informativi tra banca e clienti e tra banche, contribuendo a velocizzare le operazioni e a efficientare i costi dei servizi. Da ultimo l’uso massivo della tecnologia ha consentito la creazione di nuovi canali distributivi, che permettono di raggiungere in modo diretto la clientela bancaria. - Crescente integrazione tra i mercati: l’integrazione dei mercati europei ha conosciuto una forte accelerata con l’introduzione della moneta unica. In Europa in particolare ha portato ad un aumento della concorrenza (→ specializzazione; competitività sui prezzi). Il consolidamento rappresenta la risposta dell’industria bancaria ai cambiamenti del quadro competitivo e all’accentuarsi della concorrenza. ➢ Si è ridotto il numero degli intermediari bancari ed è aumentata la concentrazione del mercato. Ciò nonostante, il grado di competizione non è affatto diminuito. La concorrenza è particolarmente vivace su tutti i segmenti dell’attività bancaria. I margini di ricavo si assottigliano e l’innovazione finanziaria, tecnologica e normativa richiede elevati investimenti. Se si parla di concentrazione bancaria, non vi è elevata competizione tra i grandi player a livello mondiale. Come ci si concentra a livello di industrie bancarie? O tramite integrazione verticale (a monte o a valle) oppure tramite integrazione orizzontale (verso prodotti o segmenti di clientela nuovi). In quest’ultimo campo una banca si espande verso modelli tipo banca universale oppure modelli tipo il gruppo bancario (da banca specializzata si diventa più grandi perché ci si sposta in ambiti più ampi). Nella grande maggioranza dei casi la concentrazione bancaria avviene per vie orizzontali. Due sono le forme giuridiche che una banca intaglia: SPA e credito operativo. L’unica forma coerente con la nascita di grandi poli bancari è la prima, non si riuscirà mai a recuperare tanto capitale di rischio; quindi, c’è necessità per le banche quotarsi (per espandersi tramite capitale di rischio e non tramite capitale obbligazione). Come mai c’è incentivo a crescere? - Economie di scala e di scopo facilitano il cross selling che è più economico e fidelizzano fortemente il cliente (miglioramento dell’efficienza operativa). - Potere di mercato la reputazione della banca aumenta, quando si arriva ad una certa soglia critica si passa da essere price takers ad essere price makers. - Diversificazione del rischio la diversificazione comporta la minimizzazione del rischio e probabilmente si riesce a diversificare il portafoglio credito e si creano contratti di credito verso soggetti differenti. Come si cresce? La crescita può essere: ▪ per linee interne: aumento del grado di utilizzo della capacità produttiva esistente o per apertura di sportelli bancari. Crescita lenta, ma controllata → banca universale. Più lento ▪ per linee esterne: crescita rapida, strategica ma la nuova realtà potrebbe non integrarsi nel gruppo gruppo bancario. Più rapido, si investe con una partecipazione in un terzo intermediario e quindi quasi instantemente si riesce ad ampliare il proprio ventaglio di offerta anche se i costi e i tempi sono superiori. Es/ L’acquisizione di una banca commerciale porta con sé il beneficio di una rete di sportelli già radicata, una base di clientela già fidelizzata, un marchio riconosciuto, relazioni e conoscenze a livello locale, ma presenta notevoli costi di trasferimento coordinamento, integrazione. Le modalità di espansione sono: Indiretta ▪ Rapporti di corrispondenza = apertura conto su banca estera per agevolare transazioni di una particolare categoria di clienti ▪ Accordi una tantum = per singole operazioni, accordi tra due banche per singole operazioni. ▪ Joint ventures = modalità per attuare politiche di diversificazione in attività altamente specialistiche o per entrare in aree di business non presidiate ▪ Franchising = una banca cede segni distintivi Diretta ▪ Uffici di rappresentanza = No operatività perché non effettua raccolta (non raccoglie liquidità); contatta nuova clientela e svolge attività promozionale; esamina possibilità di sbocco/M&A anche per imprese clienti. Non viene svolta attività bancaria ma va a capire se il mercato è un mercato fruttifero, serve per evitare di lasciare incustodito il mercato. ▪ Filiali = Dipendenza priva di autonomia giuridica diretta da banca. Sviluppa in loco un circuito finanziario raccolta/impiego. Banca a tutti gli effetti che svolge attività bancaria vera e propria e si riesce a creare un circuito creditizio finanziario ed espandere quello nazionale. Qui aumenta la quota di mercato, cosa che non accade per l’ufficio di rappresentanza. ▪ Sussidiarie o Affiliate = partecipazioni all’estero; acquisto di una quota di mercato. Istantaneamente si aumenta il proprio giro d’affari anche in quel mercato. La concentrazione è considerata generalmente il risultato delle decisioni di crescita per linee esterne, tramite fusioni, acquisizioni di partecipazioni (di controllo), accordi e joint-ventures. Fusioni e acquisizioni, sempre più spesso cross-border, rappresentano di gran lunga la principale modalità con cui è stato realizzato il processo di consolidamento dell’industria bancaria. Durante la prima ondata degli anni Novanta le operazioni di M&A hanno coinvolto soprattutto intermediari di piccole dimensioni e hanno avuto principalmente l’obiettivo di aumentare l’efficienza. Già verso la fine degli anni Novanta le operazioni di M&A sono diventate più importanti in termini di dimensione, motivate anche dall’obiettivo di migliorare la posizione competitiva sul mercato internazionale. Indici di concentrazione: - CR3/5: totale asset dei primi 3/5 player bancari sul totale dell’industria bancaria. - HHI: è la somma dei quadrati delle quote percentuali di mercato di ciascuna banca e varia da 0 a 1. Interconnessione finanziaria player sempre più internazionali e campo di gioco che è il mercato mondiale provoca l’interconnessione maggiore di questi players. Il loro grado di interconnessione aumenta con la concentrazione del mercato bancario, l’ampiezza dell’operatività internazionale degli operatori finanziari e con l’ampiezza del ventaglio di prodotti e servizi offerti (disintermediazione bancaria= le banche sono anche dealer e broker, uscendo così dall’esecuzione di un’attività esclusivamente bancaria). È più facile però che si crei quell’effetto domino quando uno di questi grandi player cade. Se si crea un mercato connesso con grandi player molto concentrati le cui sorti dipendono dagli altri players si inserisce una grande fragilità nel mercato (rischio sistemico non sistematico). L’interconnessione è uno dei fattori chiave nei framework analitici per la valutazione del rischio sistemico nel settore bancario sviluppato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dalla Banca per i regolamenti internazionali (BRI) e dal Financial Stability Board (FSB). G-SIIs: GLOBAL SYSTEMICALLY IMPORTANT INSTITUTIONS Il rischio totale di una banca può essere suddiviso in due componenti: rischio specifico/idiosincratico (può essere diversificato ed abbattuto mettendo all’interno del portafoglio titoli con una bassa correlazione) e rischio sistemico (non può essere compressa nemmeno grazie ad una buona diversificazione). Il rapporto tra i rischi delle varie banche è detto rischio sistemico, le banche che hanno tale rischio (la cui rischiosità può essere trasmessa anche alle altre banche) si chiamano “G-SIIs”. Tutte le banche hanno una rischiosità idiosincratica ma non tutte hanno un effetto “spill over” rispetto al proprio rischio. Il rischio sistemico si propaga all’interno dell’industria bancaria, per cui la banca G-SIIs è una banca il cui rischio è intrinseco a quello delle altre. Queste sono banche che non possono essere lasciate fallire perché innescherebbero quell’effetto domino che fa si che una crisi bancaria diventi una crisi del sistema bancario (effetto spill over). LGD: perdita che il sistema registra, PD: probabilità che una banca fallisca. Sono cinque i criteri che si prendono in considerazione per considerare una banca G-SIIs: - Operatività internazionale la loro operatività internazionale è particolarmente elevata. - Dimensione la dimensione influisce ma è comunque una delle tante voci incluse. - Interconnessione maggiore è l’interconnessione maggiore è la probabilità che si possa causare l’indebolimento di un’altra banca. - Sostituibilità il sistema bancario si sta disintermediando, ossia le banche sono prestatrici di servizi che un tempo non erano erogate da un ente bancario. Più la banca eroga servizi che altre istituzioni non erogano (grado di sostituibilità) più il suo rischio sistemico è alto, perché il suo fallimento impatterebbe non solo le partnership con altre banche ma anche quelli con altri istituti finanziari. - Fornitore di servizi complessi i servizi complessi non si trovano iscritti nel bilancio, ossia tutti quei servizi (come derivati) che sono iscritti fuori bilancio. Se sono fuori bilancio come possono influenzare la solubilità di una banca? le attività fuori bilancio sono rilevanti perché, anche se non sono computate a bilancio, ciò viene fatto per non far pesare troppo tutte quelle attività rischiose. Tecnicamente, “on balance”, non intaccano il bilancio queste azioni, ma teoricamente si. più si è fornitori di questi servizi ossia l’attività collettiva del risparmio. È una dele SGR più produttive che crea tutti questi prodotti in house. - La divisione insurance ha una serie di prodotti che non hanno alcun tipo di legame con l’attività bancaria che però vantano un livello di raccolta (ossia asset gestiti sulle quali la banca applica delle commissioni). Società prodotto: sono delle società satellite che non rientrano in una divisione o funzione ma che sono controllate da un gruppo (in questo caso anche direttamente dalla Capogruppo di Intesa Sanpaolo. IL BILANCIO BANCARIO Il bilancio è un documento che fornisce a terzi (azionisti, creditori, mercato, etc.) una rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale, economica e finanziaria aziendale. Tale documento deve consentire la formulazione valutazioni corrette sullo stato di salute dell’impresa bancaria e di prendere coerenti decisioni economiche e di investimento. Il bilancio bancario è rivolto agli azionisti, in primo luogo, che sono soci quota parte dell’azienda. Inoltre, tutti gli indici di bilancio sono utilizzati da investitori che non necessariamente sono azionisti ma che vogliono prestare capitale di quella determinata banca. Infine, è rivolto anche a tutti gli altri stakeholder come l’autorità di vigilanza, risparmiatori, dipendenti, fornitori, comunità sociale. Il bilancio è sottoposto a vaglio del collegio sindacale (vaglio interno) ma anche a consiglio di sorveglianza, al CDA e alla società di revisione. PRINCIPI: il bilancio deve essere redatto in base a postulati, criteri, procedure di contabilizzazione, valutazione e classificazione che permettano allo stesso di dare una periodica e attendibile conoscenza del risultato economico e della situazione patrimoniale dell’impresa. CRITERI DI REDAZIONE: § Veridicità: delle quantità oggettive e attendibilità/credibilità delle stime; § Correttezza: Applicazione di criteri di valutazione tecnicamente corretti (principi contabili) per rappresentare o valutare una determinata operazione; § Chiarezza: Il bilancio deve essere redatto in modo da consentire il massimo grado di intelligibilità sia negli aspetti quantitativi, sia in quelli descrittivo - esplicativi della situazione aziendale e delle scelte valutative effettuate. Tale principio riguarda struttura e contenuto. STRUTTURA: i documenti principali sono lo SP, CE, il prospetto della redditività complessiva che evidenza quali sono stati le aree gestionali nella banca che hanno contribuito a formare il reddito (ad esempio le aree preformanti, quelle che hanno contribuito a formare il reddito…), il prospetto delle variazioni di PN che include le cause che hanno fatto variare il patrimonio netto della banca, il rendiconto finanziario è finalizzato alla liquidità della banca ed evidenzia le aree che hanno esorbito o generato liquidità (e non reddito, come viene generato reddito è contabilizzato nel prospetto della redditività complessivo, mentre il rendiconto finanziario sottolinea quali sono i flussi di liquidità), relazione del collegio sindacale, la revisione legale dei conti (revisione dei conti e società di revisione), la dichiarazione non finanziaria (aspetti di carattere ambientale), la nota integrativa mette in luce quegli aspetti che hanno bisogno di una spiegazione ulteriore circa le politiche contabili (ad esempio, i derivati di copertura possono finire in bilancio, in SP oppure off balance e non inseriti in stato patrimoniale, a prescindere dalla collocazione bisogna dare descrizione in nota integrativa di come il derivato svolga tale attività di copertura e se effettivamente abbia offerto una buona copertura del sottostante; i derivati senza sottostante invece non hanno voce per l’iscrizione in bilancio). Altri documenti sono: - Stato patrimoniale evidenzia la composizione del patrimonio della banca, è redatto nella forma «a sezioni contrapposte». Nella sezione attivo sono inserite tutte le tipologie di investimento delle risorse finanziarie della banca. Nella sezione passivo, oltre alle voci del pn, trovano spazio tutte le diverse forme di finanziamento dell’attività (le fonti principale dell’operatività bancaria sono i depositi della clientela che vengono impiegate nelle attività d’impiego). Le voci dell’attivo vengono inserite secondo il criterio della liquidità decrescente (per la banca). Le voci del passivo vengono inserite secondo il criterio della esigibilità crescente (per la banca). Non tutte le attività e passività finanziarie sono valutate secondo i medesimi criteri: Fair value attività e passività finalizzate alla negoziazione (derivati di copertura). La determinazione del fair value può avvenire secondo diverse modalità distribuite su una scala gerarchica valutativa suddivisa in tre liveli: Livello 1: l’esistenza di un mercato attivo, su cui sono rilevabili dei prezzi, rappresenta la via più diretta di determinazione del fair value di una attività finanziaria. Negoziato su un mercato attivo e quindi è determinato dalle variazioni di domanda e offerta, la banca recepisce il prezzo di quotazione dello strumento e quello è pari al fair value. Livello 2: se il fair value è misurato sulla base di tecniche valutative diverse dalle quotazioni con parametri osservabili sul mercato. La tecnica di valutazione ha l’obiettivo di stabilire quale sarebbe stato il prezzo dell’operazione alla data di valutazione in una libera transazione a normali condizioni commerciali; Livello 3: se il fair value è misurato sulla base di tecniche valutative diverse dalle quotazioni con parametri non osservabili sul mercato. Costo ammortizzato attività e passività detenute fino a scadenza (titoli in circolazione). Il costo ammortizzato adegua, di anno in anno, l’originario valore di iscrizione dell’attività o della passività sulla base del valore attuale dei flussi futuri prodotti dalla stessa. Il costo ammortizzato deve essere calcolato utilizzando il metodo dell’interesse effettivo, che prevede la ripartizione degli interessi attivi e passivi e dei costi e ricavi di transazione lungo il periodo di durata dello strumento finanziario («ammortamento»). Quando si iscrivono le attività finanziarie in bilancio, bisogna indicare ogni anno se queste sono allo stage 1, 2 o 3. Bisogna anche vedere se il merito creditizio di quell’emittente è peggiorato, ossia se l’asset è diventato più rischioso o meno; ciò viene eseguito tramite la tecnica dell’impairment (valutare che le condizioni di quel titolo siano stabili rispetto all’anno precedente). Stage 1: rientrano in tale stato le attività che non hanno manifestato un aumento significativo del rischio di credito dal momento della loro rilevazione iniziale o che presentano un basso rischio di credito alla data di riferimento. Se l’attività finanziaria non ha manifestato cambiamenti, allora quell’attività è allo stage 1 questo non necessariamente implica che l’attività non sia rischiosa. Stage 2: si classificano in questo stato gli strumenti che hanno manifestato un incremento significativo del rischio di credito dal momento della loro rilevazione iniziale, ma che non presentano evidenze oggettive di perdita di valore alla data di riferimento; quindi, se il rischio peggiora ma in modo non grave; Stage 3: in tale stato sono ricomprese le attività che presentano un’oggettiva evidenza di perdita di valore alla data di riferimento, quindi se l’attività peggior a tal punto da implicare una perdita imminente. Con riferimento ai crediti, gli IAS/IFRS prevedono l’attivazione di una procedura di impairment, ossia un meccanismo che verifica, in sede di valutazione di fine esercizio, le eventuali svalutazioni dei crediti. Le rettifiche di valore per deterioramento di crediti vanno alla voce 130 del C.E. (Rettifiche di valore nette su crediti). Per gli strumenti valutati al costo ammortizzato e al fair value con contropartita il patrimonio netto (diversi dagli strumenti di capitale) viene introdotto un modello basato sul concetto di “expected loss” (perdita attesa), in luogo dell’“incurred loss” prevista dallo IAS 39, in modo da riconoscere con maggiore tempestività le perdite. STATO PATRIMONIALE Nello stato patrimoniale riclassificato si individuano delle aree fondamentali di attività della banca e coerente aggregazioni delle poste di bilancio. Nell’attivo la distinzione fondamentale è tra attività fruttifere (che generano interessi o dividendi e non fruttifere, la cui somma costituisce il totale delle attività. Nel passivo si dividono in debiti passività onerose e altre passività, che insieme costituiscono le passività totali. ATTIVO Cassa e disponibilità liquide non può essere iscritta la riserva obbligatoria ma solo quelle libere. La riserva obbligatoria viene valutata nei crediti verso le banche. Crediti possono essere verso banche o verso la clientela. Di anno in anno vengono rettificate in funzione dell’aumnento della rischiosità. L’autorità bancaria europea ha certificato di semplificare il ranking dei crediti, per comprendere la qualità del credito (credito performanti e non) l’autorità bancaria italiana ha effettuato un ranking diverso. In funzioone di quanto grave è il detoriamento di quel credito, la Banca d’Itaia ha previsto la seguente classificazione: sofferenze (quelle più gravi) inadempienze probabili (non eccessivamente gravi) esposizioni scadute (poco gravi). Le sofferenze si verificano quando a controparte sta per fallire, nelle inadempienze probabili la banca prevede che è improbasbile che il cliente ricorra ai suoi obblighi a meno che non si ricorra ad escussione del credito, le esposizioni scadue e/o sconfinanti deteriorate sono esposizioni in cui vengono varcati i confini dell’affido per 90 giorni e anche oltre una soglia che la banca determina interiormente. CONTO ECONOMICO Il CE riclassificato permette di mettere in evidenza il contributo delle diverse aree di gestione. Una prima divisione viene operata tra la gestione caratteristica e non ordinaria Nella gestione ordinaria emerge: Margine di interesse (MINT): indica il risultato della gestione dell’intermediazione creditizia, differenza tra interessi attivi (differenziati dai dividendi perché arrivano da capitale di rischio quindi più volatili) e interessi passivi. Margine gestione denaro e servizi (MINTS): all’intermediazione creditizia va sommato il saldo delle commissioni che identifica la remunerazione dei servizi ottenuta dalla banca. Si ottiene dall’aggiunta al MINT con commissioni nette attive e si sottraggono invece e commissioni passive. Margine di intermediazione (MINTM): è il risultato di tutta l’attività di intermediazione, il risultato di tutte le operazioni finanziarie (tutte le azioni di compravendita sui mercati che svolge la banca non rientrano direttamente nell’operatività della banca stessa). In generale, si parte definendo l’attività core della banca (interessi passivi, costo del funding, interessi attivi, quanto rendono gli impieghi) a cui poi si aggiungono tutte quelle attività che generano commissioni e che una banca non deve necessariamente fare, come l’operatività sul mercato finanziario. Risultato di gestione (RG): misura l’economicità della gestione ordinaria della banca. La differenza tra MINTS e RG è principalmente la seguente: il primo deriva dal risultato di un’azione attiva di compravendita mentre il secondo è il risultato dell’andamento degli strumenti di mercato che si possiedono in portafoglio (vengono confrontate rispetto agli anni precedenti e si valuta a seconda di un eventuale apprezzamento o deprezzamento). Con le rettifiche si netta il risultato lordo di gestione. Reddito netto (RN): da questo si ricava direttamente l’utile o la perdita di esercizio. Composizione: - Interessi attivi e proventi assimilati (10). Vi sono iscritti gli interessi attivi ed i proventi generati dalle disponibilità liquide, attività finanziarie detenute per la negoziazione, attività finanziarie detenute sino alla scadenza, attività finanziarie disponibili per la vendita, crediti, attività finanziarie valutate al FV e eventuali interessi maturati nell’esercizio. - Dividendi e proventi simili (70 +). Figurano i dividendi relativi ad azioni o quote detenute in portafoglio diverse da quelle valutate in base al metodo del patrimonio netto. Sono compresi in questa voce i dividendi e gli altri proventi di quote di O.I.C.R. - Interessi passivi e oneri assimilati (20 -). Vi sono iscritti gli interessi passivi e gli oneri assimilati generati da debiti, titoli in circolazione, passività finanziarie di negoziazione, passività finanziarie valutate al FV e eventuali altri interessi maturati nell’esercizio. - Commissioni nette: attive (40 +) e passive (50 -). Comprende la somma algebrica di proventi e oneri relativi ai servizi prestati/ricevuti dalla banca; - Risultato netto dell’attività di negoziazione (80). Saldo tra profitti e perdite delle operazioni classificate nelle Attività finanziarie detenute per la negoziazione e nelle Passività finanziarie di negoziazione, inclusi i risultati delle valutazioni di tali operazioni; e il saldo tra profitti e perdite delle operazioni finanziarie, diverse da quelle designate al fair value e da quelle di copertura. - Risultato netto dell’attività di copertura (90). Riguarda il saldo delle valutazioni inerenti le attività di copertura. I risultati delle valutazioni delle operazioni di copertura del FV e dei flussi finanziari; I risultati delle valutazioni delle attività e passività finanziarie oggetto di copertura del FV; i differenziali e i margini relativi a contratti derivati di copertura; I risultati della valutazione di attività e passività per cassa collegate da una relazione di copertura del rischio di cambio; - Utili/perdite da cessione o riacquisto (100). Il valore che figura in questa voce è la somma algebrica dei componenti positivi e negativi di reddito derivanti dalla cessione o riacquisto di crediti/ attività finanziarie/passività finanziarie. - Risultato netto delle attività/passività finanziarie valutate al fair value (110). Il valore che figura in questa voce è il saldo tra gli utili e le perdite delle «attività/passività finanziarie valutate al fair value», inclusi i risultati delle valutazioni al fair value di attività e passività. OPERAZIONI FUORI BILANCIO (OFF BALANCE SHEET) Secondo le istruzioni di banca d’Italia, due sono le categorie che sono fuori dai documenti di bilancio ma che impattano il CE: la prima riguarda le transazioni in strumenti derivati (la banca può decidere se iscrivere a bilancio gli strumenti di copertura o meno, non c’è invece spazio di scrittura in bilancio per i derivati speculativi che vanno collocati off balance sheet), la seconda categoria sono le emissioni di garanzie che una banca può prestare (fideiussione, avvalli, accettazioni bancarie). Queste ultime non sono iscritte perché non è detto che siano utilizzate dal cliente, se venissero utilizzate creerebbero un deflusso in CE (rientrano nel margine di intermediazione). In generale però, specialmente le prime, generano dei flussi positivi certi, ossia le commissioni: per aumentare il RN di una banca, per la medesima è più sicuro aumentare il ventaglio di servizi offerti (perché aumentano le commissioni senza aumentare la rischiosità del business) che aumentare l’esposizione in attività core, come ad esempio in crediti (perché gli interessi attivi non sono certi a differenza delle commissioni e arrivano soltanto in virtù di un’esposizione al rischio). Il margine di interesse (che prima era da guardare per vedere se effettivamente una banca in generale è remunerativa, attività core della banca stessa) pende notevolmente dai MINTS e dal MINTM attività di disintermediazione). ANALISI DI BILANCIO: le variabili specifiche sui quai si concentra l‘analisi sono: - Equilibrio patrimoniale misura la solvibilità della banca, è un indice di SP che dice in che misura le attività patrimoniali coprono le passività. È importante capire quali sono le componenti che hanno portato all’equilibrio di bilancio perché se il passivo è coperto per la maggior parte dall’attivo non fruttifero (ad esempio immobilizzazioni) non si traggono le stesse conclusioni nel caso in cui il passivo fosse coperto dall’attivo fruttifero (non importa solo se la banca è solvibile o meno ma anche come è solvibile). - Equilibrio economico se i costi superano o meno i ricavi, si valuta quindi se l’attività è redditizia o meno e poi si va a vedere quali sono le voci di costo che abbattono i ricavi per valutare quali sono le aree che incidono particolarmente sula redditività. - Equilibrio finanziario si utilizza per vedere se i flussi di cassa dell’attivo fruttifero coprono i flussi di cassa in uscita. Si utilizza l’asset liabiity managment, ossia l’attività che si occupa di vedere se l’equilibrio finanziario è positivo, è un’analisi dinamica per la quale non basta alla fine di un anno per vedere se i flussi prodotti hanno coperto i deflussi; per tutti i giorni e settimane i flussi prodotti devono essere in grado di coprire i deflussi. La causa più famosa di buco di liquidità di una banca è la corsa agli sportelli perché se troppi correntisti chiedono di essere rimborsati dei propri risparmi allora la banca va in crisi di liquidità (non ci interessa se tra un mese ci sarebbe un ingente afflusso di entrate perché la banca sarebbe già fallita). La prima analisi di bilancio è la riclassificazione. È importante che il bilancio venga redatto secondo i principi di chiarezza, completezza e veridicità per comparare gli stessi indici della medesima banca anno dopo anno. La seconda è un’analisi di tipo temporale: si guarda nel tempo come variano gli indici. L’analisi cross section consiste nel confrontare gli indici delle diverse banche commerciali. INDICI: gli indici di bilancio fanno riferimento alle quantità iscritte a bilancio da non confondere con gli indici che sono coefficienti relativi alla vigilanza e alla capitalizzazione regolamentare. Gli indici sono suddivisi per aree tematiche: - Qualità del credito: - Redditività: misurato dal ROE (return on equity) ossia il rendimento sul capitale proprio. ROE=RN/PN, ovvero quanto si è fatto rendere (reddito netto) il proprio capitale (patrimonio netto). A combinazione dei quattro indici che compongono il ROE sono: ROA (return on asset) che esprime il rendimento della gestione ordinaria che si ottiene. Dividendo il risultato di gestione sul totale dell’attivo (RG/TA). Leva finanziaria che indica quanto l’attivo è finanziato dal PN (TA/PN). Per “andare a leva” o investire di più bisogna investire più di quello che si ha ne PN (ciò che effettivamente si possiede), maggiore è la leva maggiore sarà il grado di attività speculativa della banca. Come capire se una leva è alta fisiologica oppure alta e rischiosa? Questa è fisiologica in base alo stadio di una banca (cercare). Le banche in generale impostano la loro strategia e può cambiare tra modelli di business: ha senso per gestionali si collocano da una parte o dall’altra come la gestione dei prestiti che impattano l‘attivo e la raccolta diretta che invece impatta sul passivo. Tutte queste attività sono fortemente correlate le une alle altre. GESTIONE DELLA LIQUIDITA’: garantisce l’equilibrio finanziario della banca e possono essere di due tipi: -liquidità primaria comprende liquidità già disponibile ma anche quei crediti prontamente esigibili presso la banca centrale, come le riserve libere. In questa categoria rientrano le banconote nella cassa ma anche le attività esigibili presso la banca centrale come se riserve libere (cassa e attività esigibili presso la BC). Liquidità primaria comprende anche la riserva obbligatoria, dalla quale a banca può trarre liquidità a patto che il saldo medio giornaliero della riserva ne periodo di stallo sia pari alla riserva (mobilizzazione della riserva obbligatoria). Se una banca vanta un credito verso una banca quei crediti, quasi sicuramente è esigibile (crediti esigibili presso altre banche). -liquidità secondaria tutti quei titoli (altamente negoziabili) che possono essere trasformati in moneta nel breve termine. Ad esempio, i titoli di stato che sono i titoli più altamente negoziabili in commercio, così come tutti gli altri titoli altamente negoziabili come quelli emessi da imprese finanziari e non con un alto merito creditizio (basso rischio di controparte). GESTIONE DEI PRESTITI: fondamentale perché costituisce una delle due attività definitorie dell’attività bancaria. Riguarda la valutazione delle esposizioni creditizie ma anche della valutazione del rischio connesso (gestione rischi, solitamente gestita a sé stante). Viene analizzato: - L’impatto di ciascuna posizione sul bilancio. - La compatibilità con il volume di credito aggregato erogabile, alla luce del patrimonio posseduto: per ogni € che possiedo quanto presto. Bisogna sempre tenere sotto controllo la leva della banca, anche il portafoglio prestiti deve essere bilanciato rispetto al patrimonio della banca. - L’effetto dell’importo e della scadenza sull’equilibrio finanziario. Dai prestiti derivano diversi rischi come: - Rischi di credito: rischio che la controparte non riesca a restituire il debito (come moral hazard e adverse selection), per ogni deflusso cassa generato da un prestito la gestione liquidità deve far sì che ci sia un flusso liquidità che lo compensi, affinché l’equilibrio della banca rimanga in positivo. - Rischio di liquidità. - Rischio di tasso. Peculiarità dei prestiti: prestazioni differiti, per cui si eroga il prezzo oggi ma la prima riscossione avviene in modo differito nel tempo (esposizione decrescente rispetto alla controparte), le leve per diminuire questo rischio di credito sono legate alla gestione delle informazioni ossia quanto meglio si conosce la propria controparte quanto più si riesce a prevenire il rischio di advance selection. Il transactional banking avrà un accesso minore a questo patrimonio informativo rispetto al relationship banking che invece avranno accesso a maggiori informazioni perché più radicate sul territorio. Avendo un buon patrimonio informativo vengono selezionati quei clienti con una minore esposizione al rischio della controparte. La gestione a livello micro: - Screening fase di selezione dei progetti coerente con i vincoli tecnico-operativi e influenzato da variabili strategico-istituzionali. - Monitoring monitoraggio del comportamento del debitore (rispetto accordi contrattuali e merito creditizio). - Sanctioning azione di intervento ne caso di mancato rispetto dei termini contrattuali. A livello aggregato la banca deve operare due scelte: - Volume: quanto si vuole prestare e quanto ampia è l’attività creditizia. Questa è una scelta endogena, operata autonomamente dalla banca, in quel caso il volume dei prestiti sarà molto ampio, ma anche esogena, che quindi dipende dal costo del funding e delle fonti. Se i prestiti sono gli impieghi si deve vedere quanto si deve remunerare questa liquidità che poi si presterà. Se bisogna pagare tanto un deposito allora bisognerà traslare questo elevato costo sugli impieghi, così da chiedere un elevato interesse di tipo attivo. Non è il caso delle banche questo perché se i prestiti hanno un tasso elevato non è da associare al costo del funding per le banche alto. - Composizione: scelta qualitativa ossia come si vuole comporre il proprio portafoglio prestiti. La diversificazione abbatte le componenti inattese delle perdite per cui più il portafoglio è diversificato più il rischio diminuisce. La componente inattesa è il vero rischio perché viene così concessa la volatilità all’esposizione, diversificando si riesce ad abbattere, fino ad un certo punto, la componente inattesa della perdita. C’è però sempre una componente sistematica del rischio davanti alla quale non si può prevenire tramite diversificazione. Anche la concentrazione indica quante controparti ci sono ne portafoglio, maggiore è la concentrazione maggiore sarà il rischio. Il legislatore mette un limite ai grandi fidi: i grandi fidi (o grandi rischi) sono quelle esposizioni di importo pari o superiore al 10% del patrimonio di vigilanza, ovvero molto elevata ed esposte ad un’attenzione massima anche da parte del legislatore. Queste esposizioni devono avere un’attenzione maggiore nella gestione rischi. Dal 2013 ci sono due limiti a queste esposizioni: a. L’ammontare complessivo dei grandi fili (tutte le grandi esposizioni) non può essere superiore a otto volte il patrimonio di vigilanza (si opera a leva, quindi, è normale che i grandi fidi siano superiori al patrimonio di vigilanza perché la banca presta di più pur possedendo di meno). Non si possono però avere troppi grandi fidi. b. C’è anche un limite individuale: ciascun grande fido non può eccedere ¼ del patrimonio di vigilanza. Deve essere più grande del 10% ma non può eccedere il 25% del patrimonio di vigilanza. Questa posizione pesa ¼ di tutti gli asset che la banca possiede complessivamente. Il profilo della gestione prestiti è strettamente correlato con: - Gestione della raccolta - Gestione finanziaria una volta che la banca ha la propria raccolta deve scegliere se investire questo denaro nell’erogazione di prestiti o destinare questo denaro al portafoglio titoli. - Gestione patrimoniale quanto prestare per ogni €. - Gestione commerciale - Asset/liabilities management e risk management. GESTIONE PORTAFOGLIO TITOLI La maggior parte delle attività dentro al portafoglio titoli sono costituite da attività che la banca compra e vende per conto proprio. Rientrano in parte anche quelli che derivano dai servizi di collocamento (consorzi di garanzia); anche le emissioni con garanzia a fermo aumenta il portafoglio titoli. I due impieghi (portafoglio titoli gestione dei titoli e gestione dei prestiti) definiscono il modello di business della banca. Ad esempio, se la gestione titoli è importante all’interno di quella complessiva della banca allora la banca avrà le caratteristiche tendenti a quelle di una investment bank. Quindi Minore è l’entità del portafoglio titoli maggiore è la caratterizzazione in termini di banca commerciale, viceversa se il portafoglio titoli è maggiore più la banca ha un’offerta diversificata. La figura illustra l’elenco delle attività finanziarie che una banca può svolgere: le attività finanziarie che hanno a che fare con la gestione titoli sono: 2), 3), 5), 6), 8). La gestione titoli impatta fortemente sul CE e in particolar modo sui costi e i ricavi (MINTM), ma anche sul MINTS perché quando la banca gestisce per conto terzi potrebbe operare anche sul suo mercato interno. Se una banca anche gestendo risorse non proprie le va a vendere sul proprio mercato interno allora movimenta il proprio portafoglio titoli. Vi è inoltre una forte interconnessione con le altre aree di gestione: - Raccolta - Liquidità il portafoglio titoli è un’ottima risorsa per mantenere in equilibrio finanziario la banca ma potrebbe anche creare deflussi di liquidità, motivo per il quale viene posta sull’attivo ma anche sul passivo di SP. - Capitale Il portafoglio titoli è suddiviso in portafoglio con obbiettivi diversi: - Finalità speculativa: volta alla massimizzazione de rendimento. Si cerca di cogliere le opportunità che il mercato offre. Ha un forte impatto sull’equilibrio economico e sull’attività bancaria. - Finalità di copertura: tutta la parte attesa la si può coprire, per cui una parte del portafoglio titoli è destinato alla copertura (di, ad esempio, scadenze, valuta o un’esposizione eccessiva verso un determinato settore industriale). Si riesce a minimizzare la rischiosità e lasciare la componente inattesa al minimo, questo non vuol dire che necessariamente si debbano utilizzare i derivati, altro metodo sostitutivo è lo smobilizzo delle riserve. La differenza tra questi due metodi di copertura è che la riserva non è rischiosa, è immediatamente disponibile ed è un costo fisso, il derivato invece può generare una copertura ma l’effetto può anche essere inverso (maggior rischio). La dimensione delle attività svolte dalla banca dipende dal modello di business, le due strategie in questione sono la residuale e la flessibile, che sono due strategie da manuale e tecniche estreme: - Residuale: la banca impiega la componente residuale (dell’impiego in termini di prestiti) delle fonti. Questo è un approccio tipico per le banche hanno: un rapporto impieghi in prestiti/depositi elevato e un rapporto titoli in portafoglio/depositi basso. Questo perché tutto ciò che avanza da un mancato impiego in prestiti allora viene allocato nel portafoglio titoli (nel primo caso). Il portafoglio titoli funziona come un cuscinetto liquidità: il volume si ampia quando sul mercato non ci sono condizioni remunerativi per concedere prestiti (prestiti non remunerativi aumento portafoglio titoli), si sgonfia se il mercato creditizio offre delle condizioni remunerative (prestiti remunerativi aumento del portafoglio prestiti diminuzione del portafoglio titoli). - Sistema europeo di assicurazione dei depositi (EIDS) Il meccanismo unico di vigilanza è un sistema che comprende la BCE e le autorità di vigilanza nazionali dei paesi partecipanti. Le banche minori vanno sotto le autorità della vigilanza nazionale, mentre le banche più significative a livello europeo (banche sotto la diretta vigilanza della BCE, diverse dalla GSIB che sono le banche significative a livello globale) vengono controllate dalla BCE. Le sue principali finalità sono: § garantire il rispetto della normativa bancaria europea. § salvaguardare la sicurezza e la solidità del sistema bancario europeo controllando la qualità di prestiti e investimenti § prevenire crisi bancarie richiedendo detenzione extra di liquidità § accrescere l’integrazione e la stabilità finanziarie Quindi, per quanto riguarda gi obbiettivi della vigilanza viene fatto in modo che l’ambiente bancario europeo sia regolato dalle medesime leggi e che le banche europee abbiano le stesse pressioni regolamentari affinché vengano meno quegli incentivi ad aprire succursali in nazioni vicine ma che non sono regolamentate da questo meccanismo di vigilanza univoco. Bisogna fare in modo che il contesto nel quale le banche operano in Europa sia il più omogeneo possibile (una delle tre leve che il legislatore europeo ha utilizzato per fare in modo che venga garantito l’abilità di internazionalizzazione così da essere competitivi anche nell’ambito internazionale). Meccanismo unico di risoluzione della crisinell’ultimo periodo se una banca europea entra in uno stato di dissesto questo viene gestito in modo univoco a prescindere dall’origine della banca stessa (in base al paese). Obbiettivo comune è quello di risolvere a crisi nell’arco di un fine settimana (perché i mercati finanziari sono chiusi, di modo che chi ha i titoli di quella determinata banca non possa renderli alo scoperto e far precipitare e quotazioni sui mercati di quella banca.) facendo si che i costi ribaltati su i risparmiatori e i contribuenti siano minimizzati. La Banca d’Italia è quella autorità designata a risolvere il problema di crisi bancaria. Se viene interrotta anche solo una delle attività bancarie questo crea un problema in ambito di economia reale. per rimanere in piedi una banca deve ottimizzare almeno tre obbiettivi: equilibrio patrimoniale, finanziario e reddituale. Cos’è a crisi bancaria? È lo stato o rischio di dissesto di una banca e ciò avviene in presenza di: - violazione dei requisiti autorizzativi - attività inferiori alle passività - incapacità di rimborso dei debiti: viene meno l’equilibrio economico reddituale ma anche quando viene meno solo l’equilibrio finanziario. - necessità dell’intervento straordinario pubblico: questa fattispecie è quella che si vuole evitare maggiormente. In cosa consiste il meccanismo di risoluzione unico? La BRRD (Bank recovery and Resolution Directive) pianifica la gestione di una crisi per prevenire e gestire le crisi delle banche. La BRRD dà alle autorità di risoluzione poteri e strumenti per: - pianificare la gestione di una crisi - intervenire prima della completa manifestazione - gestire al meglio la fase di risoluzione (banca già in dissesto). Due sono i piani che la BRRD prevede: - Recovery plans si previene il dissesto vero e proprio. La banca è ancora solvibile ma è a rischio dissesto. Gli strumenti che vengono utilizzati sono: 1. Intervento della BCE come prestatore di ultima istanza: questo trasferimento può avvenire o tramite le operazioni di mercato aperto (canale ordinario, più economico) oppure tramite il rifinanziamento marginale (tassi di interesse penalizzanti). 2. Ricapitalizzazione precauzionale: sostegno pubblico approvato dalla Commissione Europea, cautelativo e temporaneo per far fronte a carenze di capitale evidenziate nell'ambito di stress test (valutazione dell’equilibrio delle banche europee sottoponendo a un’analisi di scenario la banca e testando come questa reagirebbe in questo contesto) condotti da BCE o EBA non può essere utilizzato a copertura di perdite attuali o potenziali. Ad essa è applicabile la disciplina degli aiuti di Stato e, conseguentemente, il principio della condivisione degli oneri (burden sharing, lo stato può intervenire fornendo la liquidità della quale la banca ha bisogno ma solo se sono già state utilizzate le risorse interne disponibili della banca, la banca deve provare a salvarsi con le proprie risorse e se non riesce allora interviene lo stato con aiuti pubblici) previsto dalla Commissione europea. Questa ricapitalizzazione deve essere approvata dalla BCE ma questo intervento pubblico deve nascere come temporaneo. Nel momento in cui i soldi pubblici entrano nelle casse della banca deve essere già depositato un piano che indica come questi soldi pubblici rientreranno nelle casse dello stato. - Resolution plans risoluzione e gestione di una crisi già avvenuta e manifestata. Questi sono tutti interventi ex post, ossia dopo il fallimento della banca. Negli ultimi anni, la BRRD interviene tramite il resolution plan anche quando la banca è a rischio di dissesto. Innanzitutto, bisogna capire se cercare di salvare (risoluzione) o no la banca (liquidazione), questo viene stabilito in base alla rilevanza sistemica (basta che abbia rilevanza sistemica Europea per essere salvata) e all’interesse pubblico della banca (tutte le banche sono di interesse pubblico, è molto difficile dimostrare che l’attività di una banca non sia di interesse pubblico). In ogni caso se anche si verificasse che i principi della rilevanza sistema e l’interesse pubblico non sono rispettati allora vale il principio del no creditor worse off: bisogna scegliere la soluzione che sia più tutelativi nei confronti dei creditori della banca tra la risoluzione e a liquidazione. Risoluzione bancaria: l’obbiettivo è quello di risolvere la crisi bancaria e che quindi non ci siano interruzioni nell’attività standard della banca. L’operatività ordinaria deve essere garantita, si deve vedere su quale ei tre equilibri la banca è in crisi (generalmente sono tutti e tre) e si mira poi a rispristinare tali equilibri. Generalmente, dopo la procedura di risoluzione, una banca si divide in parti sanabile (che continua a rimanere operativa) e la parte non sanabile (che viene invece liquidata, specialmente perché non si possiedono le risorse per risanarla). Le autorità di risoluzione possono sottoporre una banca a risoluzione se ritengono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: § la banca è in dissesto o a elevato rischio di dissesto; § non si ritiene che misure alternative di natura privata (quali aumenti di capitale) consentano di evitare in tempi ragionevoli il dissesto dell’intermediario; § sottoporre la banca alla liquidazione ordinaria non permetterebbe di salvaguardare la stabilità sistemica, di proteggere depositanti e clienti, di assicurare la continuità dei servizi finanziari essenziali e, quindi, la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico. Le autorità di risoluzione possono ricorrere a quattro soluzioni: § MERCATO: vendere una parte dell’attività (parte non sanabile) a un acquirente privato, è difficile però stimare quanta parte di quella esposizione si possa salvare quindi vengono vendute a sconto. Questa è la soluzione più efficiente in assoluto. § BRIDGE BANK: passo intermedio rispetto alla vendita sul mercato. Quando una crisi è improvvisa, l’operatività della banca viene interrotta, è quindi necessario che si vada a formare questa bridge bank che è un’entità fittizia in cui vengono trasferiti temporaneamente le attività e passività al valore di mercato della banca in crisi, di modo che si stimi anche meglio la parte performante della banca e quella meno performante. Trasferire temporaneamente le attività e passività a un’entità costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato. Già nel momento della formazione della bridge bank si divide la parte salvabile da quella che verrà venduta sul mercato. Questo metodo viene utilizzato generalmente per le crisi di liquidità, l’operazione è di un’attività che è stata interrotta e quindi c’è bisogno di fare ordine (ci sono titoli in scadenza, contratti da regolare…). La bridge bank è quindi una banca ponte tra una situazione di dissesto e una situazione di risoluzione della crisi; § BAD BANK: trasferire le attività deteriorate a un veicolo che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli, è una società veicolo, banca aperta ad hoc (è complementare alla bridge bank). Tutto ciò che non viene salvato nella bridge bank vengono trasferiti nella bad bank. È un veicolo che coletta i titoli tossici affinché possa essere liquidita totalmente (tramite vendita sul mercato) o in parte (creare dei prodotti come le asset backed securities) e collocare questi strumenti sul mercato tramite la cartolarizzazione. § BAIL-IN: la banca utilizza risorse interne per cercare di ristrutturare al meglio gli equilibri interni della banca. Si cerca di mettere insieme tutte le risorse disponibili per cercare di ripristinare la situazione bancaria (non ci riesce totalmente perché la banca è in crisi quindi sicuramente non ci riuscirà). La banca deve utilizzare tutte le risorse che sono per lei disponibili prima di poter chiedere un aiuto esterno con fondi pubblici. L’attivazione dell’intervento pubblico richiede comunque che i costi della crisi siano prima ripartiti con gli azionisti e i creditori subordinati (burden sharing) e attraverso l’applicazione di un bail- in almeno pari all’8% del totale del passivo. Se la banca (fatto 100 il valore del passivo) non riesce a trovare le risorse che almeno coprano l’8% allora non può richiedere dei servizi pubblici straordinari. Il peso del patrimonio e del capitale sociale entra nettamente in gioco quindi: solo se si riesce a vendere quelle parte di risorse proprie e di attivi performanti e si riesce complessivamente a racimolare l’8% del passivo allora si utilizzano queste risorse per quanto possibile e poi ulteriormente si possono chiedere risorse esterne. Come funziona il bail-in? Non è così facile trovare queste risorse interne per coprire le perdite perché se ci fossero la banca non arriverebbe ad arrivare sotto procedura di liquidazione. Nella colonna a sinistra è illustrato lo stato della banca in uno stato di normalità, dove l’attivo copre il passivo. Nella seconda situazione di dissesto, l’attivo non riesce più a coprire il passivo: si cerca di coprire eventuali perdite. Se il capitale non è sufficiente (nella seconda parte è azzerato) per coprire le perdite allora si deve guardare nel passivo e vedere se ci sono passività ammissibili al bail in ossia utilizzabili come se fossero capitale proprio della banca. All’intero delle passività ammissibili (poste del passivo che possono essere trasformate in capitale di rischio nel momento in cui la banca vuole ripristinare il proprio patrimonio) Ad oggi sono attivi: FITD (fondo interbancario di tutela dei depositi) e FGD (fondo garanzia dei depositanti del credito cooperativo) e l’EDIS. Nel 2015 si prevede che operi solo l’EDIS GESTIONE DEL RISCHIO Ogni area aumenta la rischiosità complessiva della banca che va quindi gestita e minimizzata quindi bisogna innanzitutto identificare il rischio, per poi misurarle. In altri casi è però complicato misurare e quantificare il rischio, il problema di una mancata misurazione precisa è che non ci si riesca a coprire. Una volta misurato il rischio bisogna valutarlo. È necessario poi un’attività di controllo e monitoring per controllare tale rischio: monitoraggio dell’esposizione significa che devono essere messi in atto dei sistemi di early intervention. →SISTEMA di GESTIONE dei RISCHI (risk management) Identificare: mappare i rischi e i fattori di rischio provenienti da tutte le gestioni (es. Stretto rapporto «circolare» con la gestione titoli). Misurare: strategie qualitative e quantitative Valutare: capitale assorbito, prezzare e ponderare correttamente la redditività corretta per il rischio Controllare: monitoring e audit interni (early warring) che suggerisce politiche di ottimizzazione e gestione del portafoglio rischi, input per la direzione strategica. L’attività di gestione del rischio è diventata fondamentale perché i mercati finanziari sono diventati più complessi. Inoltre, quegli eventi con una probabilità nefasti ma con una probabilità molto bassa di verificarsi, con il tempo tale probabilità è aumentata, ecco perché si parla di “fat tails”, il fatto che la coda rimanda un po’ più alta e che non ricada più orizzontalmente mostra come eventi nefasti che storicamente sono molto poco rischiosi hanno ora una probabilità maggiore di verificarsi. Le crisi finanziarie sono per lo più ciclici e ora sono molto più riavvicinati, motivo per il quale la gestione dei rischi si specializza sempre di più in rischi più specifici, che da una parte è un bene (a causa della complessità del mercato finanziario) ma dall’altro lato si rischia di sottostimare l’effettiva esposizione, perché ci si occupa solo di una tipologia senza rendersi conto che in realtà ci sono scambi tra queste varie esposizioni (la somma complessiva può essere maggiore delle singole esposizioni). Rischio: cambiamento inatteso nel valore della banca o dei suoi profitti riconducibile a differenti fonti di incertezza (fattori di rischio). Due grandi famiglie sono i rischi finanziari (di tasso, si mercato, di credito e di liquidità) e rischi non- finanziari (operativo e reputazionale). nuovo rischio di sostenibilità: è necessaria una gestione integrata delle varie fonti di rischio perché si nascono dietro ogni investimento ed esposizione, per questo è imprescindibile una gestione integrata. La misurabilità dei rischi finanziari è più semplice, mentre per i rischi non finanziari la complessità è molto più alta. La questione dell’assunzione dei rischi non finanziari è inventabile ossia non riesce ad escludere questo rischio dal mercato finanziario in realtà è inevitabile anche l’assunzione di rischi finanziari però comunque si riesce a decidere quanto esporsi a quel determinato rischio finanziario così da decidere se aumentare o diminuire l’esposizione ai rischi finanziari. Ad esempio, nel momento in cui viene richiesto un mutuo le garanzie reali risultano avere un’importanza rilevante: più garanzie si hanno allora maggiore sarà la tendenza da parte della banca a concedere il mutuo ad un tasso più basso (si riesce a prezzare meglio il rischio connesso alla garanzia reale). A rendimenti attesi maggiori corrispondono rischi maggiori: se si aumenta l’esposizione al rischio allora ci si può aspettare un aumento del rendimento atteso. Tuttavia, per i rischi non finanziari questo principio non è totalmente rispettato. RISCHIO OPERATIVO è un rischio non finanziario che è impossibile da minimizzare perché deriva da tutte quelle perdite derivanti da errori procedurali e umani. Non si possono prevedere nonostante la sua assunzione sia inevitabile. Il comitato di Basilea introduce il rischio operativo (a cui appartiene anche il rischio legale) nelle tipologie di rischi solo a partire dal 2004. Le quattro fonti di rischio operativo sono: - Risorse umane: errori, negligenza, violazione di regole e procedure interne, frodi. L’esposizione causata da queste tipologie di negligenza è il medesimo. - Sistemi informativi: malfunzionamento di software, problemi di virus e hacker. Molto comune ma non si può prevedere un’esposizione al rischio di questo tipo. - Processi: processi e controlli fallaci, esecuzione di transazioni in titoli, errori contabili. È la più importante perché può causare che un rischio non sia coperto perché non si riesce in questo caso a catturare questa componente ignota per coprire il rischio. Il risk manager deve riuscire a limitare la componente inattesa del rischio che è difficilmente quantificabile e quindi bisogna cercare di prevedere e coprire. Ex ante questa componente non si può prevedere ma ex post si. - Eventi esterni: tutto ciò che in modo esogeno può creare una perdita alla banca (cause non controllabili dal management: cambiamenti politici, regolamentari, legali, furti, vandalismo, incendi e calamità naturali). Il manifestarsi di calamità naturali è legittimato in Europa in parte di rischio fisico di sostenibilità ambientale e in parte di cause di rischio operativo. Misurazione del rischio operativo: importante definire dal punto di vista quantitativo l’impatto della manifestazione del rischio operativo (diretto e indiretto). Analisi dei fenomeni connessi alla manifestazione del rischio: mappare le perdite subite o potenziali derivanti da eventi connessi ai rischi operativi. Gestione: Obiettivo ultimo della gestione del rischio operativo è minimizzarne l’esposizione da parte della banca. Il rischio operativo è asimmetrico, sempre negativo: il suo aumentare non comporta un aumento del rendimento atteso. Gestione ex-ante (per non far manifestare il rischio operativo): ▪ Formazione del personale ▪ Sistemi di incentivi ▪ Processi di comunicazione interna ▪ Controlli precauzionali (procedure e regolamenti interni) Gestione ex-post (gestione di un rischio operativo che si è già manifestato) tramite coperture assicurative. →Politiche di prevenzione e controllo con l’unico limite del budget Trade-off rischio/minimizzazione costi. RISCHIO REPUTAZIONALE “i rapporti bancari si fondano sulla fiducia e sulla credibilità”. Minimizzare l’esposizione di una banca al rischio reputazionale è fondamentale perché in questo modo la fiducia e la credibilità della banca viene salvata, è un rischio non finaanziario. Una volta che una banca è colpita da uno scandalo più o meno grave è difficile recuperare la reputazione dell’intermediario. La fiducia e la credibilità di un istituto finanziario è fondamentale. Il problema del rischio reputazionale è che l’impatto sulla banca ad oggi è messo in discussione dalle fake news, che può portare un’inflessione reddituale e un prelievo di depositi massivi sulla base di notizie non veritiere. CARATTERISTICHE PRINCIPALI ▪ Complessità di identificazione: Rischio «derivato»; rischi primari con conseguenze reputazionali ▪ Complessità di valutazione: probabilità, esposizione e impatto ▪ Quasi impossibile da «coprire» ex-ante Dal momento che i rischi non finanziari sono così complicati da prevedere quantificare e gestire e sarebbe molto oneroso creare degli algoritmi che potrebbero prevederlo con. efficacia allora si guarda alla gravità di un evento e la probabilità che questo ha di verificarsi. Se la probabilità dell’evento rischioso è basso non si prende in considerazione (zona verde), alta gravità ma bassa probabilità che si verifichi l’evento allora si cerca di prevederlo (zona rossa), per gli eventi rischiosi di alto rischio e alta gravità allora bisogna tendenzialmente evitare di esporsi (per gestire une veneto avverso che ha elle caratteristiche fortemente avverse). IMPACT SGR Impact è un SGR fondata da tre gestori italiani che nasce nel 2018 con l’intenzione di provare ad offrire prodotti finanziari che potessero sposare l’impatto ambientale sociale con il ritorno finanziario. Impact era una Sim originariamente e poi è diventata SGR con l'idea di provare a creare e costruire fin da subito dei prodotti che avessero questo obiettivo quindi non solo quello di generare un ritorno finanziario ma anche quello di generare un impatto sociale. L’obbiettivo è quindi quello di generare un impatto netto positivo sulla società e sull’ambiente attraverso strategie di investimento innovative che misurano l’impatto netto generato dagli investimenti e il loro contributo al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite e dell’Accordo di Parigi. All’origine di IMPact c’è una visione dei tre fondatori: proporre un modello aziendale capace non solo di creare valore per i clienti, mettendo a frutto competenze gestionali trentennali, ma anche di condividere sistematicamente parte del valore creato con la collettività. Il modo in cui si è deciso di dare concretezza a quest’idea è attraverso un vincolo statutario che impone la devoluzione di almeno il 50% degli utili annuali distribuibili di IMPact per realizzare la strategia di corporate philanthropy attraverso IMPact Foundation. Finanza sostenibile: l’investitore da una prospettiva tradizionalista, prova ad inserire altri elementi. Nella storia della finanza sostenibile il concetto di “investimento” è insido già nella finanza così - Misurazione della performance di sostenibilità. - Attività di engagement. - Definizione della strategia di sostenibilità dei prodotti. - Predisposizione del reporting di sostenibilità per gli investitori. - Monitoraggio dei limiti e obbiettivi di sostenibilità dei prodotti. RISCHIO DI CREDITO È un tipo di rischio finanziario collegato al mancato ingresso totale o parziale dei flussi di cassa attesi dalle attività fruttifere in portafoglio. È il rischio che la controparte di un contratto creditizio non sia in grado di pagare il capitale a scadenza. Il suo merito creditizio si è quindi degradato: è fallito, oppure peggiorato ma non al punto da determinarne il default (riferimento agli imperforming loans). Quello che farà la banca è cambiare il rischio di credito relativo a quella esposizione. Dal 2021 le normative europee hanno implementato una definizione omogenea in Europa di default di una controparte bancaria: per una società è immediato comprendere quando si è in uno stato di default, nel caso di microimpresa è meno immediato (anche perché un conto corrente in rosso non vuol dire che per forza le risorse sono pari a zero). Le nuove regole europee riescono a definire lo stato di default e coglierlo prima che effettivamente la situazione sia così grave da non possedere risorse finanziarie a disposizione. Tre sono le condizioni che si devono verificare affinché una controparte bancaria sia definita fallita: - Esposizione assoluta: le condizioni sono che l’importo in arretrato superi i 100€ (se il cliente è un privato), l’importo in arretrato superi i 500€ (se il cliente è un’impresa). - Esposizione relativa: la condizione è che l’importo in arretrato è superiore all’1% del totale delle esposizioni verso il gruppo bancario. - Vincolo temporale: i giorni di arretrato sono superiori a 90 stato di default. La soglia di ingresso, in generale, è molto bassa; tuttavia, la parte è in default se tutti e tre i vincoli sono rispettati. Per quantificare l’esposizione al rischio di credito vengono utilizzate due tipologie di misurazione: istantanea (rating creditizi o CDS) dove istantaneamente si riconosce il merito creditizio della controparte, formale. I rating creditizi (nella figura a fianco è illustrato il rating che mostra la percentuale di probabilità di default nell’anno successivo, ci possono anche essere più rating in ogni caso il valore principale è quello dell’Outlook, ossia la previsione) partono dalla situazione di insolvenza per arrivare al merito creditizio AAA (dove il titolo è di estrema qualità). La BCE accetta come garanzia dei propri prestiti solo titoli che hanno un merito creditizio medio, medio alto o alto (solo recentemente si è abbassata l’asticella dell’investment grade per includere anche i titoli di qualità media). Quanto è migliore? Quanto cambia un merito creditizio da una casella all’altri? Idealmente se si compra una AAA il rendimento è maggiore rispetto a un BBB, ma di quanto? Se un emittente emette un titolo di rating AAA, la probabilità di fallire è pari al 0,01%, a differenza di un BBB- il cui rischio di fallire è comunque basso ma ha comunque la probabilità di fallire pari a 32 volte il AAA (anche se il rischio è maggiore il rendimento atteso non è più alto). Per quanto riguarda invece il CDS (credit default swap) fa parte dei derivati over the counter. Uno strumento negoziato su un mercato così poco regolamentato è rischioso che possa prezzare il rischio di credito della controparte. Il meccanismo di funzionamento è il seguente: si scambia il rischio di credito di una parte terza. Nel mondo ideale il protecion buyer (creditore) compra protezione rispetto alla rischiosità del credito che ha aperto rispetto ad una parte terza (debitore), finché il terzo onora il debito, la copertura assicurativa pagata al protection seller non viene utilizzata: si continua però a pagare una commissione assicurativa al protection seller. Nel momento in cui il creditore non paga allora si attiva lo swap, copertura e invece della controparte debitoria il protection seller pagherà. Maggiore è la rischiosità, maggiore è il prezzo del credito di defaullt swap. Le controparti del CDS sono due: questo credito può non esistere affatto, il CDS sono contratti tra due controparti dove ci si può mettere d’accordo su quanto è rischioso il debito di un terzo che non ha rapporto con nessuna delle due parti e si crea così uno strumento sintetico il cui sottostante è il rischio di credito (over the counter). Questo diventa uno scambio tra privati di cui si sa solo il prezzo e la controparte su quale viene costruito questo merito creditizio. Esempio: la situazione economica finanziaria dell’Italia è instabile (terzo), quindi il protection buyer per proteggersi dal rischio potenziale di controparte deve pagare un 20% di interesse al protection seller. Se sono utilizzati senza sottostate e quindi con finalità speculativa (come in questo ultimo caso), il loro utilizzo potrebbe non essere così legittimo. Si scommette che la controparte peggiorerà il suo merito creditizio: si è disposti ad avere una perdita fissa ma certa per coprire degli investimenti già fatti. Un altro esempio è quello relativo al debito pubblico italiano che era stato shortato pesantemente: dei contratti delle vendite allo scoperto che avrebbero guadagnato se il debito fosse aumentato (merito creditizio sceso) cosa che però non è successa. Quello che si è fatto è quindi andare a creare delle aspettative che faccia in modo che il merito creditizio scenda tramite il rapporto tra privati che mostra quindi che delle controparti effettivamente prezzino in modo molto alto il caso default della controparte se qualcuno è disposto a pagare così tanto vuol dire che il rischio è alto. Quando bisogna andare a calcolare materialmente l’esposizione di una controporta sul rischio di credito si deve considerare sia la parte attesa (coperta dagli accantonamenti) che quella inattesa al rischio (legato alla rischiosità dell’alzamento di tassi, con l’aumento del tasso soglia, si vanno ad aumentare le perdite attese attraendo sempre di più su mercato cattivi imprenditori e si andrà a sfiorare l’ideale tasso soglia). La parte intessa grava sulla situazione patrimoniale della banca e crea quindi una perdita. L’esposizione complessiva al rischio è costituita da due elementi: 1. Perdita attesa (expected loss, componente attesa della perdita) moltiplicazione della exposure at default, probability of defaullt, loss given default (si potrebbero avere degli strumenti che fanno in modo che non si perda tutto il credito nel caso in cui a controparte fallisca). LGD: il primo complemento è il recovery rate, ossia la parte di esposizione che ci si aspetta di recuperare (perché si hanno delle coperture assicurative, riserve ecc.). 2. Perdita inattesa quanto è volatile ex post il costo di quel rischio, che si può misurare solo quanto la perdita si verifica. Ci sono dei metodi che consentono di valutare questa perdita inattesa e ciò avviene tramite due approcci: -Default mode: -Mark to market: anche solo il rischio di downgrading (il rating creditizio scende) è considerata una perdita. La perdita intessa si calcola con dei valori a rischio sulla distribuzione di probabilità di quella posta nel momento in cui a posta della controparte degrada. Le riserve non coprono strettamente la perdita attesa ma sono più generose. C’è un grande trade off: se si copre troppo si ha un’eccessiva liquidità ferma che crea un corso sommerso in termini di mancato guadagno, è fondamentale identificare il range del tasso soglia. Capitale disponibile e capitale a rischio: il capitale disponibile (AC) corrisponde al valore di mercato di tutte le attività -valore di mercato delle passività (patrimonio a valori di mercato). Il capitale economico (EC) rappresenta una stima del capitale ottimale di cui una banca dovrebbe disporre per coprire in maniera adeguata i rischi assunti. Rischio di credito di portafoglio: il rischio di controparte nella componente inattesa beneficia dell’effetto diversificazione. Un coefficiente di diversificazione basso fa si che il rischio complessivo diminuisca. La diversificazione non agisce su tutto il rischio ma solo sulla parte idiosincratica: quando si parla di rischio di credito la parte che reagisce alla diversificazione è quella delle perdite non attese. C’è un modello che è detto credit metrics che cerca di cogliere il rischio di credito totale (atteso + inatteso) e lo fa chiedendosi quando la controparte sarebbe disposta a pagare se la banca volesse sbarazzarsi di quel credito attualmente. È un modello a due step: primo step è elencare un pool di crediti AAA (del suo sistema di rating) e crea quindi un rating, secondo step è qual è la probabilità che i crediti rimangano o scendano gli anni successivi ad un diverso grado di rating? Si calcola la probabilità che una classe di rating subisca un upgrading o un downgrading. In funzione della probabilità si valuta quale sarebbe la perdita: quanto si dovrebbe abbassare il prezzo per convincere la quindi l’amplificatore tra lo scostamento dei tassi e l’impatto che ha sul prezzo. 1,5 vuol dire che l’effetto di uno scostamento dei tassi è amplificato del 50%. Limiti del VaR Volatilità non è stazionaria in media, ma segue un random walk. Usando questo modello possiamo assumere che essa sia stazionaria, ma non lo è. La conseguenza di ciò sono le fat tales. Non è istantaneo il risultato che fornisce, ma va contestualizzato Il VaR del portafoglio non corrisponde alla media dei var degli strumenti che lo compongono. Il limite più grande è di tipo tecnico. Per valutare la rischiosità del titolo a 5 anni del tot %, dovrei prendere lo scostamento tra valore atteso e valore effettivo con cadenza quinquennale. È un problema avere pochi dati, ne servirebbero tantissimi per creare un modello attendibile. Il calcolo della deviazione standard a 5 anni si applica con Come usare sigma? La prima limitazione di questo modello mostra che sigma non spiega la volatilità del modello. Non bisogna quindi approssimare la volatilità ad un anno moltiplicandola per l’anno che si prendono in considerazione. Per calcolare la volatilità a lungo termine (sigma T) e si ha a disposizione quella a breve la si deve moltiplicare per la radice di T (ossia il periodo di volte che la volatilità nota è contenuta nella volatilità che si vuole calcolare). Nel tempo la rischiosità non segue un andamento lineare e quindi cresce meno che proporzionalmente rispetto al rendimento. Il rendimento a breve lo si moltiplica invece per T e si trova il rendimento al tempo T (lineare nel tempo). Altro limite del var è che ad oggi il var di un portafoglio o di un mercato sono la media pesata dei var degli asset contenuti. Il var ha dei problemi di comparabilità se non si conosce l’ammontare (l’effettivo valore a rischio), l’intervallo di confidenza e l’orizzonte temporale. RISCHIO DI INTERESSE L’esposizione è l’insieme delle conseguenze inattese che le variazioni inattese dei tassi di interesse di mercato hanno. Le variazioni hanno degli impatti dal punto di vista: reddituale e patrimoniale. L’impatto sul bilancio della banca è legato al processo di trasformazione delle scadenze e alla detenzione di contratti finanziari sensibili a variazioni dei tassi di interesse. Le conseguenze per la banca per il rischio di interesse sono date dal fatto che attivo e passivo fisiologicamente non nascono con lo stesso orizzonte temporale. I portafogli bancari, inoltre, non sono immunizzati: i tassi di mercato, sia che scendano che salgano, hanno un impatto non positivo sui conti della banca. Ad esempio, un’obbligazione a tasso fisso: la banca ha in portafoglio un’obbligazione che garantisce una cedola del 5%, se i tassi aumentano il prezzo dell’obbligazione scende; di conseguenza si subisce a tuti gli effetti una perdita. Nel caso opposto, se i tassi si abbassano, il valore dell’obbligazione sale e si è tentati a vendere. Tuttavia, il guadagno andrebbe investito in un’obbligazione che ha dei tassi inferiori. Questo è il rischio più difficile da coprire perché ogni volta che si muovono i tassi il valore del portafoglio cambia. Gli impatti sul margine di interesse di oscillazione inattese dei tassi di mercato: se si guarda al MINT si vede qual è la differenza tra il costo del funding e il ricavo da investimento (quindi i flussi passivi al nesso dei deflussi di liquidità). Quindi Prospettiva relativa agli utili correnti: MINT= valore contabile dei flussi di cassa generati dal saldo tra interessi attivi e passivi su un dato orizzonte temporale (costo del funding vs ricavi da investimento) Trasformazione delle scadenze (peculiarità del business bancaria che è più dannosa per riuscire a mantenere il margine di interesse stabile dato il fatto che i tassi di mercato variano) → gap temporale PO/AF. La trasformazione delle scadenze permette di eguagliare le scadenze delle passività onerose e delle attività fruttifere che nascono come estremamente divergenti. Se non ci fosse l’attività di asset transformation della banca, il passivo oneroso sarebbe nettamente più a breve dell’attivo fruttifero (esempio di passivo oneroso è il conto corrente, esempio di attivo di attivo fruttifero è il mutuo). La banca trasforma queste scadenze che aggiustano gli investimenti dei clienti. Quindi che esista un mismatch (il fatto che attivo e passivo abbiano scadenze diverse) è fisiologico, la banca ridurrà le scadenze senza mai minimizzarle. Altro fatto da tenere in considerazione è il ripezzamento delle varie poste: il fatto che i tassi varino ha un impatto su tutte le poste di bilancio ma non è detto che ce l’abbia per tutte nello stesso istante. Ad esempio, se si ha un’obbligazione a tasso variabile (valutata al fair value) e una che si vuole tenere fino a scadenza (decennale, a tasso fisso), entrambe avranno un impatto a livello di tassi ma a prima ce l’avrà immediatamente, la seconda vedrà un aggiustamento per il valore a scadenza. Il fatto che sia asincrono significa che le poste non hanno la stessa sensibilità alle variazioni dei tassi. Il cambiamento del valore della prima cedola è immediato, o molto rapido, appena i tassi cambiano il valore della posta cambia. Per l’obbligazione a tasso fisso, il suo valore di mercato cambia ma fin quando non si vende non si vede la variazione e sarà poco flessibile al cambiamento dei tassi. Oscillazione dei tassi ATTIVITA’ FRUTTIFERA in t2 se i tassi scendono la cedola scenderà e quindi l’attività fruttifera sarà negativa. I flussi di cassa attesi scenderanno. Nel caso opposto, se l’attività fruttifera è sensibile ai tassi di mercato, in t2 l’attività aumenterà (i tassi quindi si alzano). PASSIVITA’ ONEROSA Se in t2 avviene un abbassamento improvviso dei tassi dal punto di vista reddituale è ottimale per la banca. si paga di meno la cedola. Se i tassi salgono sarà un male per le passività onerose. Perché ci si aspettava di dover pagare una cedola C fissa non perché l’obbligazione è a tasso fisso ma perché le aspettative sui tassi erano di stabilità, ci si trova a pagare una cedola che si aggiusta all’andamento dei tassi (si paga una cedola più alta). RENDIMENTO DELLE ATTIVITA’ FRUTTIFERE E COSTO DELLE PASSIVITA’ ONEROSE. 1.Se i tassi si alzano si inizia a pagare di più prima e poi gli altri mi iniziano a pagare a tassi più alti. Se il reprincing del passivo oneroso ha un repricing minore rispetto all’attivo fruttifero vuol dire che i deflussi maggiorati verranno registrasti prima dei flussi maggiorati. in generale è negativo perché il margine di interesse ne soffre. 2.Se i tassi si alzano in maniera improvvisa ma le attività fruttifere aumentano il MINT e le passività onerose producono dei deflussi, è ottimo perché si registrano flussi positivi maggiorati prima che si misuri deflussi di cassa maggiorati. Tra quando si riprezza l’attivo fruttifero e il passivo oneroso si ha un guadagno perché si viene pagati di più e pago di più in un secondo momento in generale positivo. 3.Se i tassi scendono in modo inatteso vuol dire che si inizia a pagare di meno prima che gli altri mi pagano di meno. Quindi si guadagna perché pago meno i creditori prima che io debitori paghino me con i tassi abbassati. in generale positivo. 4.Se i tassi scendono e l’attivo fruttifero si riprezza prima del passivo oneroso vuol dire che si continuano a pagare le vecchie passività onerose allo stesso tasso e quindi si perde. Si viene pagato ad un tasso diminuito prima che io paghi ad un tasso diminuito gli altri. in generale negativo. Determinanti del rischio di interesse: Diversa a scadenza del repricing di poste attive e passive: serve sapere quanto dura questo disallineamento. Se le attività fruttifere avessero una scadenza maggiore, allora la perdita potrebbe aumentare/diminuire o il guadagno potrebbe aumentare/diminuire. Gap tra l’ammontare di poste attive e passive su ogni data di repricing: la prospettiva a parità di ammontare di attivo fruttifero e passivo oneroso. Durata del disallineamento. REPRICING GAP: dal punto di vista quantitativo si deve andare a vedere il numero di asset dell’attivo fruttifero e del passivo oneroso. Bisogna rilevare quei sottoperiodi che sono rilevanti per calcolare l’impatto sul margine di interesse. Ad esempio, se la banca si accorge che l’aggiustamento in media dei tassi avviene al più mensilmente (più frequentemente) allora è inutile tenere l‘osservazione da un mese all’altro. Se invece la banca si accorge che l’aggiustamento in media dei tassi avviene con meno frequenza allora è necessario calcolare l’impatto del margine di interessa in funzione della frequenza del repricing. Bisogna poi identificare le poste sensibili: si devono trovare le rate sensitive liabilities e le rate sensitive asset (RSA RSL), ossia le poste sensibili al cambiamento dei tassi. Non esistono ex ante poste sensibili o non ma dipende dalla collocazione nel bilancio. Bisogna poi identificare il gap marginale ossia la differenza tra l’attivo sensibile e il passivo sensibile. Se si fa la sommatoria di questo valore si va a calcolare il gap cumulato. Sarebbe inutile avere un gap emperiod ravvicinato se il repricing medio delle poste dell’attivo e passivo è pari a 15 giorni (è inutile calcolarlo ogni 2 giorni). Esempio l’impatto sul margine di interesse è dato dal gap cumulato che è la somma. Dei gap marginali moltiplicato per o scostamento dei tassi di mercato. →Come cambia il margine di interesse di una banca se i tassi di mercato a tre mesi diminuiscono del 3%? E se quelli a 2 anni diminuiscono del 3%? La banca ha le seguenti poste: nel medio termine non si riprezzano così velocemente e quindi si fa passare più tempo per calcolare l’impatto su margine di interesse, e attività sensibili si riprezzano invece in un arco temporale inferiore. Si deve calcolare i gap marginale e il gap cumulato. Il segno – è dato dal fatto che i tassi scendono. Il margine di interessi a 3 mesi beneficia di un abbassamento dei tassi mentre il margine di abbassamento in 2 anni risente del medesimo abbassamento a tre mesi ho però un gap cumulato negativo mentre a due anni è positivo (si guarda sempre il gap cumulato per vedere l’andamento e non il gap marginale). Limiti del repricing gap: 1) Ignora l’impatto del repricing dalla data effettiva fino a chiusura del gapping period si fa finta che tutte le poste da 3 mesi ad un anno scadessero ad un anno, oppure 0-1 mese si reprezza ad 1 mese. Quelle poste che scadono prima dell’anno iniziano a generare i loro flussi negativi o Esogeni: dipende dalle caratteristiche generali del mercato, quindi lo spessore/profondità, ampiezza e elasticità. Un CDS ha un mercato per nulla liquido, poiché contratto specifico. Per quanto riguarda invece un’obbligazione, il mercato è sicuramente più liquido. Endogeni: funzione delle caratteristiche del portafoglio. Tratta di tutte le considerazioni che si fanno su un portafoglio per minimizzare l’esposizione al rischio. CRYPTOASSETS CURRENCIED AND BLOCKCHAIN La criptovaluta è la valuta digitale generata da una rete pubblica, invece che da una BC, che adotta la crittografia affinché transazioni avvengano in sicurezza. HASH: è una stringa composta da numeri e lettere, al modificarsi di un elemento questo output sarebbe radicalmente diverso. Questo è uno dei pilastri sui quali si forma la parte cripto delle criptovalute. Le proprietà: 1. Collision free se si prendono due stringhe diverse l’output finale sarà sempre diverso. Teoricamente è possibile che ciò non avvenga ma la probabilità che vi sia una collisione tra le due stringhe è molto bassa. 2. Hiding non si deve poter risalire dall’hash all’input. Quello che si vuole è che il dominio sia estremamente elevato, in modo tale da non potere a riuscire a risalire al valore iniziale. 3. Hash point un puntatore è una sequenza e un inizio che oltre a dire dove si trova una certa informazione identifica quella che è la chain. La sicurezza della blockchian è data dal meccanismo dell’hash. Non si può andare a modificare i dati iniziale della blockchain. - Decentralizzazione: l’obbiettivo della blockchain è quello di evitare che ci siano attori che abbiano controllo su ciò che avviene sulla rete. - Decentralizzazione: le criptovalute non esistono materialmente - Pseudoanonimità: ogni persona che si avvaluta di criptovalute è identificata da un indirizzo pubblico. - Basate sulla crittografia: La blockchain privata è quella che viene utilizzata per autenticare la transazione, se viene smarrita la chiave privata, tuttavia, le informazioni rimarranno racchiuse in questa rete senza poter essere estrapolate. Mining bitcoin: si installa questo bitcoin core che raccoglie le transazioni (registro) che non sono ancora state verificate e che aspettano di essere verificate da un minder. Quando si vuole mandare un bitcoin, con il bitcoin core, si possono applicare delle fee sulle transazioni. Si vanno ad inserire poi tutte queste stringhe e le si ordinano per megabyte. L’obbiettivo è trovare un nans tale che tutte le transazioni inserite prima siano inferiori ad un target z. Ciò che accade è che questo z viene aggiustato nel tempo, non è fisso: più si ristringe z più difficile è trovare questo nans. Questo valore dipende da quello che è la potenza computazionale dei minder in movimento (se cresce è più difficile trovare z e viceversa). Le persone hanno iniziato a mettersi insieme in mining pool, ossia gruppi di persone molto specifichi che trova un nans (insieme di utenti con tanti g+). All’inizio le fee erano basse e i bitcoin erano elevate quindi la ricompensa era data dalla BTC piuttosto che dalla fee, ultimamente il controvalore monetario che si ottengono sono maggiori per le fee che vengono pagate. I costi sono coperti sia dalle fee sia da un numero fisso dato per default. L’impatto ambientale del mining bitcoin è molto rilevante perché il prezzo dei bitcoin nel tempo è incrementato sempre di più. Con i bitcoin si ha bisogno di un sistema decentralizzato che consenta automaticamente il pagamento. Numeraire: criptovalute il cui valore è ancorato a quello del dollaro, proprio perché l’oscillazione dei bitcoin è molto ampia, si è pensato di basare lo stesso bitcoin sulla moneta emessa dalla banca centrale europea. - Ethereum è un tipo di numerarire che nacque perché si è notato che i bitcoin stessero diventando sempre più centralizzate. Ethereum possiede una machine per cui le persone possono girare l’applicazione su un server, per questo si viene pagati in tramite la criptovaluta del sistema. - Altro numeraire è sia per cui le persone hanno un’esposizione spaziale, si viene pagati mettendo a disposizione una serie di documenti condivisi nella rete reale (una sorta di google drive box). DeFi degli imprenditori stanno probando a creare società che diano, ad esempio, dei fondi, o che comunque vengono utilizzate quotidianamente, tramite criptovalute. “Banking the unbanked”, ossia in paesi in via di sviluppo decentralizzate si vogliono dare degli strumenti a chi effettivamente non li ha. Applicazioni: 1. Invio di moneta istantaneo a qualunque ricevente nel mondo. 2. Debito e credito decentralizzato. 3. Crowdfunding. 4. Investimenti e risparmi. 5. Assicurazioni. 6. Mercati previsionali: mercati dove se l’evento previsto si verifica si viene pagati in proporzione alla conoscenza della collettività (che punta ad un certo esito per un certo evento). Il compito del comitato di Basilea è di far predisporre un patrimonio di vigilanza che possa assorbire le perdite derivanti dai rischi. In funzione del rischio assunto una banca deve detenere più capitale regolamentare. Questa ratio si ritrova nella formula che segue, dove il patrimonio di vigilanza deve essere almeno pari all’8% dell’RWA, maggiore è il rischio maggiore sarà il denominatore più grande deve essere il patrimonio di vigilanza per rispettare questa formula. Per ogni 100€ di attività con un rischio medio ne devo detenere 4 in termine di patrimonio di vigilanza. Limiti B1: - Si considerano poche tipologie di esposizione al rischio (rischio di credito e di mercato). - Scarsa differenziazione del rischio di credito: lo schema adottato per la ponderazione delle diverse attività in bilancio considera come una unica categoria a rischio pieno (coefficiente 100%) i crediti verso imprese private commerciali ed industriali; - Vigilanza microprudenziale: solo a livello di singola banca, che non prende in considerazione il rischio sistemico. A seguito di queste limitazioni, è stato introdotto l’accordo di Basilea 2 (B2). Una cosa rimasta è la suddivisione dei requisiti in tre pilastri: - Requisiti patrimoniali possibilità di utilizzare rating interni per quantificare l’esposizione al rischio della banca. - Controllo prudenziale si occupa della quantificazione dell’esposizione ai rischi. - Disciplina di mercato trasparenza della banca nei confronti degli shareholders. Come si calcola il numeratore della formula di prima? Tier 1 capital, [core Tier 1 + lower Tier 1] patrimonio maggiormente liquido e sulla quale la banca può contare. (+) Tier 2 capital (+) Tier 3 capital (ad oggi non esiste) (-) Deduzioni È rimasto l’impianto a strati ed elementi che hanno segno negativo. Il multiplo di capitale non cambia, il patrimonio di vigilanza deve essere sempre pari all’8% dell’RWA, quello che cambia è il calcolo delle attività ponderate del rischio di credito (RWA). Viene aggiunto un coefficiente (12,5) che moltiplica il rischio operativo e la valorizzazione dell’esposizione del rischio di mercato. Ci sono anche diverse modalità per calcolare RWA ponderato per il rischio di credito, le modalità sono: 1. Metodo standard si applica la griglia emanata da comitato di B2 che determina in modo oggettivo per tutte le banche i fattori di esposizione per tutte le posizioni. 2. Metodo dei rating interni (più personalizzati) possono essere FIRBA, ossia base e saranno più complessi. Rispetto al metodo standard (che sovrastima il rischio), la rischiosità in termini di rischi di credito è predisposto alla banca stessa. Si può stimare la probabilità di default del rischio della banca nei confronti della controparte, si può stimare solo un parametro. 3. Metodi di rating interni avanzati (meno personalizzati) AIRBA. Si stimano tutte le componenti di esposizione al rischio di credito. BASILEA 3: Le tre novità sono: 1. Rafforzamento patrimoniale: capitale quali e quantitativamente più elevato PDV = patrimonio di base + patrimonio supplementare – deduzioni 2. Ottica micro- e macroprudenziale 3. Rafforzamento della posizione di liquidità: indici di gestione e monitoraggio della liquidità