Scarica Dispensa di Economia e Gestione della Banca e più Dispense in PDF di Economia e gestione della banca solo su Docsity! Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 1. IL SISTEMA FINANZIARIO 1 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 1.A. La struttura del sistema finanziario: Lineamenti del sistema finanziario, i circuiti e i saldi finanziari A.1 DEFINIZIONE E FUNZIONE DEL SISTEMA FINANZIARIO Il sistema finanziario è costituito dal complesso integrato di contratti1, intermediari2 e mercati finanziari3, autorità di regolamentazione4 e vigilanza5 e banche centrali6, esistenti in un dato luogo e in un dato momento. È un’infrastruttura cruciale per il funzionamento delle moderne economie in quanto svolge importanti funzioni, quali: i. funzione monetaria: assicura l’efficiente funzionamento del sistema dei pagamenti ii. funzione creditizia o di allocazione del risparmio: realizza il trasferimento di risorse del risparmio agli investimenti iii. funzione di trasformazione degli impulsi di politica monetaria: trasmette al sistema economico gli impulsi della politica monetaria Per l’economista Robert Merton, le funzioni del sistema finanziario si basano su: - fornire sistemi di compensazione e regolamento dei pagamenti - creare meccanismi che consentano la raccolta di risorse presso il pubblico e realizzare pooling per finanziare grandi investimenti - effettuare trasferimenti intersettoriali (nello spazio e nel tempo) di risorse economiche e finanziarie - ridurre le variabili finanziarie di rischio attraverso l’offerta di strumenti di copertura, diversificazione e assicurazione - diffondere informazioni sui prezzi dei prodotti finanziari - ridurre i problemi di incentivo e i costi di agenzia derivanti dalla presenza di asimmetrie informative tra i partecipanti al mercato finanziario A.2 I MERCATI FINANZIARI Le classificazioni dei mercati sono le più varie. Ad esempio, i mercati possono essere suddivisi in mercati fisici e mercati telematici; altra classificazione è quella che distingue in mercati di broker (soggetto che facilita la transazione) e marcati di dealer (dispone di titoli propri in portafoglio). La distinzione più rilevante ai fini di questo corso è quella tra: - mercati diretti: al cui interno è determinante la forza contrattuale delle parti al fine della definizione del prezzo. Esempi di questo tipo di mercato sono i crediti e i depositi. - mercati aperti (indiretti): al cui interno non è decisiva la forza contrattuale delle parti al fine della definizione del prezzo, poiché vi sono moltissime correnti di domanda e offerta per le quali la forza contrattuale risulta in qualunque caso minima. Esempi di mercati aperti sono il mercato monetario (è il mercato nel quale vengono scambiate attività finanziarie di breve periodo, ossia aventi vita residua inferiore ai 12 mesi), il mercato finanziario (è il mercato nel quale vengono scambiate attività finanziarie di medio-lungo periodo, ossia aventi vita residua superiore ai 12 mesi), il mercato dei cambi e il mercato internazionale dei capitali (sul quale vengono scambiati eurocrediti (componente minoritaria, è un mercato diretto) e eurobbligazioni (componente maggioritaria, è un mercato aperto). 2 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore Le decisioni in materia di risparmio e di investimento sono separate e attribuibili a soggetti diversi. La dissociazione fra risparmi e investimenti origina dall’esistenza di unità istituzionali e settori con saldi finanziari con segni tipicamente contrapposti che fanno insorgere esigenze di trasferimento delle risorse monetarie dalle unità in surplus alle unità in deficit. Dimensione e distribuzione dei saldi finanziari dei settori sono, infatti, riconducibili a scelte di welfare state1, di politiche di distribuzione dei redditi2, di natura fiscale3. Tanto più ampi risultano, in termini relativi, i saldi finanziari dei diversi settori istituzionali, maggiore è il fabbisogno di disporre di dispositivi di trasferimento che sono individuabili nei contratti finanziari. Anche in una condizione di SFi = 0 vi è comunque bisogno di effettuare trasferimenti di risorse finanziarie inter-settoriali e infra-settoriali: - funzione monetaria (i pagamenti) - funzione di gestione dei rischi (le assicurazioni per la copertura e il trasferimento dei rischi) - emissione di passività finanziarie in contropartita di nuove attività finanziarie per ogni settore o unità settoriale - ricomposizione dei portafogli di attivo e passivo La composizione di attività e passività finanziarie dei settori istituzionali dipende da: - scelte di investimento e finanziamento dei diversi settori nel tempo (ad es., la necessità di adeguarsi a standard ambientali e inclusivi) - trasformazioni strutturali del sistema finanziario (ad es., crescita dell’homebanking e dei sistemi informatizzati) - modelli di sviluppo economico perseguiti (ad es., welfare state) - fattori demografici e di educazione finanziaria A.5 TRE CONCETTI DI RICCHEZZA La ricchezza finanziaria netta è definita come la differenza tra attività finanziarie (AF) e le passività finanziarie (PF). La ricchezza totale lorda viene definita come la somma di attività finanziarie (AF) e attività reali (AR). La ricchezza totale netta è una misura di patrimonio netto (PN) che si definisce come la differenza tra ricchezza totale lorda e passività finanziarie (PF). 5 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 1.B. La struttura del sistema finanziario: Le componenti B.1 I CONTRATTI FINANZIARI All’interno del sistema finanziario formale lo scambio di fondi avviene attraverso contratti finanziari, quali i depositi bancari, le obbligazioni, i titoli di Stato, i prestiti bancari, ecc. Tali strumenti contrattuali sono usualmente identificati come “attività finanziarie”, indicando i contratti finanziari detenuti dai soggetti cedenti risorse finanziarie (il risparmio). Un’attività finanziaria è un rapporto contrattuale nel quale le prestazioni delle controparti sono denominate in moneta e scadono in tempi diversi; essa prevede un trasferimento di potere di acquisto contro una o più prestazioni future di segno opposto. L’attività finanziaria è il cuore dell’operato degli intermediari. Le attività finanziarie possono avere natura di: - contratti bilaterali: (impropriamente) sono i contratti che regolano gli scambi di mercato diretto - contratti di mercato: (impropriamente) sono i contratti che regolano gli scambi di mercato indiretto/aperto In un’attività finanziaria le prestazioni delle due parti in causa sono rette da un contratto che può appartenere a tipologie diverse, con implicazioni economico-giuridiche diverse. Occorre innanzitutto distinguere le attività finanziarie a seconda della natura del contratto sottostante: - un rapporto di credito (titoli di Stato, obbligazioni, depositi bancari, strumenti derivati) - un rapporto di partecipazione (azioni con diritti patrimoniali e amministrativi differenti) - un rapporto di tipo assicurativo (polizze vita, morte, danni) La durata dei contratti finanziari può essere breve1 (massimo 12 mesi), media2 (da 1 a 10 anni) o lunga3 (oltre 10 anni o perpetua). La valutazione delle varie tipologie di rischio nel corso della vita dell’attività finanziaria dipende dalle informazioni disponibili alle parti in causa. L’informazione è allo stesso tempo input e output dell’attività degli intermediari finanziari. È input in quanto i processi decisionali degli operatori si basano su informazioni (ad es. definizione del contratto, decisione di finanziamento e/o investimento). È anche output perché il prezzo di ciascuna attività finanziaria incorpora informazioni, in quanto è il frutto del processo decisionale stesso. 6 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore B.2 IL RENDIMENTO E IL RISCHIO DELLE ATTIVITÀ FINANZIARIE Il rendimento delle attività finanziare è la remunerazione percentuale per chi cede potere di acquisto e richiede un compenso sia per la rinuncia al potere di acquisto, sia per il rischio sopportato. Il rendimento di un’attività finanziaria è determinato da: - tasso d’interesse: il prezzo per lo scambio nel tempo di potere d’acquisto sotto forma di credito - dividendo: rappresenta la remunerazione per i detentori di contratti di partecipazione - variazioni di prezzo delle attività finanziarie - variazioni dei tassi di cambio - variazioni del tasso di inflazione Il margine d’interesse è dato dalla differenza tra interessi attivi e interessi passivi. Esiste sempre una probabilità non nulla che alla scadenza i contratti finanziari (es. debiti) non vengano onorati o che, comunque, durante la vita dell’investimento si verifichino fenomeni che non possono essere perfettamente previsti e che modificano la situazione economica del creditore e del debitore. Le tipologie di rischio a cui si espone l’investitore sono di tipo: - finanziario (insolvenza, prezzo, tassi di cambio e interesse, liquidità) - non finanziario (frode, malfunzionamenti, tecnologici, catastrofi naturali, ecc…) B.3 GLI STRUMENTI FINANZIARI Benché gli intermediari finanziari siano regolati dal Testo Unico Bancario (TUB) del 1993, gli strumenti finanziari da essi utilizzati vengono regolamentati dal Testo Unico della Finanza (TUF) del 1998: - valori mobiliari: si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio, azioni di società ed altri titoli equivalenti e certificati di deposito azionario, obbligazioni, titoli di Stato e altri titoli di debito - strumenti del mercato monetario: si intendono categorie di strumenti normalmente negoziati nel mercato monetario, quali, ad esempio, i Buoni del Tesoro (BOT), i certificati di deposito e le carte commerciali (es. cambiali finanziarie, commercial papers) 7 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore - gestione di sistemi multilaterali di negoziazione (piattaforme specializzate per specifici strumenti finanziari o operatori) - sottoscrizione e/o collocamento di strumenti finanziari emessi nei mercati primari - gestione di portafogli (tipicamente per conto della clientela) B.8 GLI INTERMEDIARI FINANZIARI I soggetti che rientrano nella categoria degli intermediari finanziari individuata dal TUB sono: - Banche - Intermediari creditizi non bancari - Società veicolo per la cartolarizzazione (SPV): si occupano di trasformare strumenti finanziari in strumenti cartolari, ossia titoli, che così possono essere scambiati sul mercato - Società di Gestione del Risparmio (SGR): operano sull’investimento e sulla gestione del risparmio nella clientela - Società di Intermediazione Mobiliare (SIM) - Compagnie di assicurazione - Istituti di Moneta Elettronica e di pagamento (IMEL): 10 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore B.9 AUTORITÀ DI REGOLAMENTAZIONE E VIGILANZA La crucialità delle funzioni svolte dai sistemi finanziari giustifica l’ampia attività di regolamentazione che li contraddistingue, della cui produzione e sorveglianza sono competenti le autorità di vigilanza. La necessità di prevenire “fallimenti” nel sistema è collegata ai costi relativi alle crisi, all’impatto delle stesse sulla fiducia dei partecipanti e sullo sviluppo delle economie interessate. La globalizzazione dell’intermediazione finanziaria rende più importante il rafforzamento dei presidi per il coordinamento dell’attività di vigilanza e l’armonizzazione dei regolamenti a livello internazionale. Le attività svolte dalle autorità di regolamentazione sono: - Attività di indirizzo (policy): produzione di norme e regolamenti inerenti l’attività finanziaria - Attività di vigilanza (supervisione): attuazione di controlli sulle singole componenti dei sistemi finanziari (ottica micro) e sul sistema finanziario nel complesso (ottica macro) Il sistema europeo di vigilanza finanziaria è stato creato nel 2010 ed è composto da: - Comitato Europeo per il Rischio Sistemico (ESRB - European Systemic Risk Board) - tre Autorità Europee di Vigilanza (ESA - European Supervisory Authorities): - ESMA (European Security and Markets Authority) - EBA (European Banking Authority) - EIOPA (European Insurance and Occupational Pension Authority) L’ESRB monitora e valuta le potenziali minacce alla stabilità finanziaria che derivano dagli sviluppi macroeconomici e dagli sviluppi all’interno del sistema finanziario nel suo complesso. L’Unione Bancaria è fondata su un meccanismo di vigilanza unico (MVU) e un meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie unico relativamente ai paesi dell’euro-zona. Il MVU assegna compiti e poteri di vigilanza sulle banche da parte della BCE e delle autorità di vigilanza dei paesi dell’area dell’euro. La BCE vigila direttamente le banche “significative”. Le altre anche sono soggette all vigilanza delle autorità nazionali. 11 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 1.C L’orientamento dei sistemi finanziari La struttura del sistema finanziario cambia sotto la spinta di: - fattori esogeni: regolamentazione, innovazione tecnologica, globalizzazione… - fattori endogeni: concorrenza, innovazione finanziaria… I mutamenti nella struttura del sistema finanziario incidono sulle condizioni di efficienza ed efficacia con cui vengono svolte le funzioni nel tempo. Sistemi finanziari più complessi si associano ad economie più sviluppate. C.1 LA CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI FINANZIARI Una distinzione classica fra i sistemi finanziari è quella fra sistemi basati sugli intermediari (bank based)1, in particolare sulle banche (Italia e Germania), e sistemi basati sui mercati (market based)2 (Regno Unito, Usa). Tale classificazione non è sempre netta: gli intermediari sono importanti anche nel Regno Unito (assicurazioni e fondi pensione privati) e negli USA (banche di investimento) Un’altra distinzione è fra sistemi basati su relazioni strette con la clientela (relationship based)1 e su informazioni private (prestiti bancari) e sistemi con un grado elevato di anonimità (arm’s lenght)2 e fondati su informazioni di natura pubblica (emissioni obbligazionarie). Non esiste un sistema finanziario ottimale BANK-BASED VIEW Un sistema basato sugli intermediari ha una superiore capacità di acquistare informazioni (anche riservate) sulle aziende e sui manager, questo contribuisce ad un’allocazione più efficiente delle risorse. Gli intermediari sono in grado di instaurare relazioni di lungo periodo con i clienti, senza divulgare le informaizoni private che hanno raccolto. La gran parte dell'attività di mobilizzazione dei risparmi dalle unità in surplus alle unità in deficit avviene attraverso i circuiti indiretti, ovvero attraverso le banche. Quindi le banche giocano un ruolo essenziale nella mobilizzazione delle risorse finanziarie e quindi anche dello sviluppo economico del paese. Gli intermediari hanno una maggiore capacità nel monitorare l’operato e la solvibilità dei clienti; essi possono forzare in modo più efficace i clienti a ripagare i debiti rispetto ai mercati atomistici, soprattutto nei paesi in cui i sistemi legali sono deboli. Empiricamente, i sistemi basati sugli intermediari risultato maggiormente idonei a favorire un’industrializzazione diffusa, spesso caratterizzata dalla elevata presenza di piccole e medie imprese. Il rischio delle imprese viene trasferito in modo limitato alle famiglie. Tuttavia, un sistema basato sugli intermediari mostra alti costi di intermediazione. C’è un rischio di formazione di accordi collusivi fra gli intermediari, nonché una possibile concentrazione negli assetti proprietari delle imprese. Vi è anche la possibilità di frizioni all’innovazione e alla competizione fra imprese per proteggere le imprese con più stretti legami con gli intermediari. 12 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore Ross Levine affermò che non esiste un supporto empirico che possa stabilire la superiorità del sistema basato sugli intermediari o del sistema basato sui mercati. La conclusione rimane la stessa anche quando si osservano i casi estremi: paesi con banche molto sviluppate e mercati poco evoluti non sono più performanti di paesi in cui la situazione è opposta o perfettamente bilanciata. L’evidenza empirica dimostra che un sistema finanziario meglio sviluppato influenza positivamente la crescita economica; è irrilevante se esso sia basato sui mercati o sugli intermediari. Più nello specifico, i dati confermano che il sistema legale gioca un ruolo determinante nella determinazione del livello di crescita dei servizi finanziari. C.3 INTERCONNESSIONE FINANZIARIA L’interconnessione finanziaria si riferisce alle relazioni tra gli agenti economici dovute alle transazioni finanziarie realizzate. Il grado di interconnessione aumenta con: - le dimensioni degli intermediari bancari e finanziari - il livello di concentrazione dei sistemi finanziari - l’ampiezza dell’operatività internazionale degli operatori finanziari In un sistema finanziario altamente interconnesso, l’insolvenza di un intermediario viene trasmessa ad altre entità e all’economia reale. L'interconnessione è uno dei fattori chiave nei framework analitici per la valutazione del rischio sistemico nel settore bancario sviluppati dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dalla Banca per i Regolamenti Internazionali (BRI) e dal Financial Stability Board (FSB). 15 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 1.D. Perché esistono gli intermediari finanziari? Fenomeni che incidono sulla morfologia del sistema D.1 LA FUNZIONE DEGLI INTERMEDIARI Gli intermediari finanziari si distinguono: - in asset broker: i quali hanno la capacità di sfruttare economie di scala e ridurre i costi unitari di transazione al crescere di volumi di attività; gli asset broker puri non operano una trasformazione dei rischi di credito e di liquidità tipica degli intermediari creditizi, bensì affrontano un rischio di tipo operativo (ad esempio, mancanza di connessione internet, malfunzionamento software e infrastruttura informatica); i ricavi di questo intermediario provengono da una commissione (fee). - in asset transformer: sono intermediari creditizi che raccolgono i fondi presso i soggetti in avanzo emettendo proprie passività (secondary securities) che costituiscono la raccolta da impiegare in crediti e, alternativamente in titoli e partecipazioni a favore delle imprese (primary securities). La differenza di rendimento tra primary e secondary securities, ovvero tra impieghi (crediti, titoli, ecc…) e passività (depositi, obbligazioni, ecc…) definisce il costo del processo di intermediazione e la remunerazione lorda dell’attività degli intermediari a fronte dei rischi assunti. Le passività bancarie sono richiamabili a vista dal depositante e hanno natura monetaria, pertanto non vi è incertezza circa il prezzo di rimborso e il profilo di liquidità dell’attività finanziaria; i depositanti hanno fiducia nella promessa della banca di rimborsare i depositi a vista al nominale. Nel confronto con i circuiti diretti, la banca dovrebbe essere in grado di minimizzare costi informativi, rischi di prezzo e di liquidità inferiori, assicurando pooling e sharing. Pertanto, le banche agiscono sia come asset broker (servizi di negoziazione, custodia, portafoglio) sia come asset transformer (riconciliazione delle preferenze di investimento e indebitamento, assunzione del rischio di prezzo) I COSTI DI TRANSAZIONE Gli agenti che desiderano operare sul mercato finanziario devono sostenere dei costi di transazione per: - instaurare i rapporti (costi di ricerca del contraente e dei servizi di intermediazione) - trattative e stesura dei contratti (i costi di consulenti e avvocati) - controllo del rispetto degli accordi l’entità di questi costi dipende da: - grado di specificità del capitale umano e finanziario coinvolti nelle transazioni - incertezza - frequenza delle transazioni Tutti questi elementi fanno si che un singolo operatore non riesca a sostenere questi costi, per cui si affida ad un intermediario, il quale, movimentando una massa rilevante di transazioni, riesce a sfruttare economie di scala e, così, a trarre un profitto dall’attività di intermediazione. 16 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore Gli intermediari finanziari sono anche in grado di sfruttare economie di scopo, utilizzando le stesse informazioni per offrire servizi diversi agli stessi clienti (ad esempio, mutui per acquisito immobili e polizze assicurative per copertura dei vari rischi). Espandendo il raggio di azione e la durata dei rapporti di clientela si riducono ulteriormente i costi di produzione delle informazioni. LE ASIMMETRIE INFORMATIVE L’informazione è asimmetrica quando i soggetti che partecipano allo cambio non hanno le stesse informaizoni su cui basarsi per prendere le proprie decisioni, infatti, un contraente dispone di informazioni private che l’altro contraente non ha. La presenza di asimmetrie informative rende difficoltosa e costosa la produzione di “contratti completi” e fragili i sistemi finanziari, esigendo la definizione di regole e di autorità preposte alla supervisione e alla vigilanza. Esistono diverse tipologie di asimmetrie informative: - selezione avversa (adverse selection): l’asimmetria informativa nasce in fase precontrattuale, durante la quale uno dei due contraenti tiene nascosta un’informazione che se venisse a conoscenza dell’altra parte non porterebbe alla conclusione del contratto (esempio: sono malato terminale e stipulo un’assicurazione sulla vita). Il rimedio è quello di incentivare la parte che possiede l’informazione privata a rivelarla attraverso la regolamentazione dell’informazione e la richiesta di garanzie e il livello di capitale proprio dei debitori. Per evitarla, l’intermediazione bancaria si specializza nella produzione di informazioni private e nella selezione dei debitori. - azzardo morale (moral hazard): l’asimmetria informativa nasce dopo la stipulazione del contratto, successivamente alla quale un’azione viene nascosta alla controparte, che se venisse a conoscenza dell’accaduto causerebbe l’invalidità degli effetti del contratto (esempio: stipulo un’assicurazione furto e incendio, poi do fuoco alla macchina per prendere il risarcimento). Il rimedio è incentivare l’agente ad agire nel suo interesse e riuscire a controllare il suo comportamento con costi contenuti tramite una regolamentazione per aumentare le informazioni prodotte dai debitori, monitoraggio continuo, utilizzo di contratti con clausole specifiche - insider trading: consiste nell’abuso di informazioni privilegiate per guadagnarci - free riding La presenza di conflitti di interessi è una manifestazione del problema dell’azzardo morale che sorge quando un individuo o una istituzione hanno molteplici obiettivi e interessi contrastanti fra di loro. La presenza di conflitti di interessi porta a una notevole riduzione della qualità delle informazioni disponibili e aumenta il livello di asimmetria informativa. Conseguenze dirette di questa situazione è una subottimale e inefficiente allocazione delle risorse a scapito delle opportunità di crescita dell’economia. La regolamentazione mira a ridurre la presenza dei conflitti di interesse. Nonostante la riduzione dei costi di transazione e delle asimmetrie informative nei mercati, non si è ridotto il bisogno di intermediari finanziari. Merton suggerì di guardare ai sistemi finanziari non in termini istituzionali, bensì in termini funzionali, perché mentre le istituzioni nascono e muoiono non è così per le funzioni dei sistemi finanziari. Crescente è divenuto il ruolo degli intermediari finanziari nel trading del rischio (bundling e unbundling) attraverso l’innovazione finanziaria. Alla crescita dei mercati finanziari e dell’innovazione finanziaria non si è associato un decremento del ruolo degli intermediari. La presenza degli intermediari favorisce la partecipazione dei diversi agenti economici allo sviluppo dei mercati. 17 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore - acquisizione di partecipazioni - banche che danno vita ad assicurazioni: la produzione dell’assicurazione può avvenire solo all’interno di un istituto assicurativo, le banche si limitano a distribuire le polizze - assicurazioni che danno vita a banche Dall’integrazione banca-assicurazione possono nascere due tipi di prodotti: - ad offerta congiunta: sono prodotti che vengono congiuntamente collocati sul mercato sia dalla banca sia dall’assicurazione - misti bancario-assicurativo: sono prodotti che presentano allo stesso tempo sia caratteristiche bancarie sia assicurative, così inscindibilmente legate che il venir meno di una delle due caratteristiche rende il prodotto non vendibile 20 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 2. LE FUNZIONI DEL SISTEMA FINANZIARIO 21 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 2.A. La funzione monetaria Per funzione monetaria si intende la capacità del sistema finanziario di mettere a disposizione strumenti di pagamento. La moneta assolve alle funzioni di: - mezzo di regolamento degli scambi: mezzo di scambio che libera l’acquirente di un bene o servizio da ogni obbligo nei confronti del venditore - Moneta-merce (es. oro e argento): esiste corrispondenza tra il valore degli scambi da regolare e quello del bene scambiato come mezzo di pagamento - Moneta segno (es. banconote, assegni, depositi): ha un valore intrinseco nullo - unità di conto: misura ciò che in teoria non esiste, vale a dire il valore intrinseco dei beni e dei servizi all’interno di un determinato contesto sociale - scorta di liquidità: ossia svolge la funzione di riserva nel mantenimento del potere d’acquisto nominale La moneta può essere: ‣ moneta a corso legale: la sua accettazione è imposta per legge e non può essere rifiutata dal creditore. Essa è creata da un soggetto pubblico, cioè la banca centrale. ‣ moneta scritturale o moneta bancaria o moneta fiduciaria: è un’alternativa alla moneta legale basata su una o più “scritture” contabili che circola sulla base della fiducia che il creditore ripone nel debitore e nella banca del debitore che l’ha emessa. (es. assegni, bonifici). È un insieme di strumenti e procedure di pagamento alternativi alla circolazione della moneta legale i. Strumento di pagamento ii. Procedure di pagamento A.1 CRIPTOATTIVITÀ, VALUTE VIRTUALI E STABILE COINS Una criptoattività è un’attività finanziaria di natura digitale il cui trasferimento è basato sulla crittografia e sulla blockchain. Essendo emesse da enti minori e non da una banca centrale, le criptovalute non richiedono il pagamento di passività ad un emittente. La mancanza di un organo emittente e garante fa si che non ci sia stabilità nel loro valore e, soprattutto, che non ci siano garanzie. Queste attività sono redditizie se l’investimento viene fatto con aspettative di un aumento dei prezzi, tuttavia è necessario fare molta attenzione alle bolle finanziarie. I pericoli connessi a questo tipo di attività sono l’alta volatilità e il rischio di bolle; c’è mancanza di protezione giuridica per gli investitori, in conseguenza del fatto che manca una normativa finanziaria; manca la trasparenza sul prezzo e sulle modalità della sua determinazione. A causa della mancanza di una normativa vigente in materia, le criptovalute sono molto esposte ad un uso illecito, tra cui riciclaggio, finanziamento al terrorismo ecc… 22 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 2.B. La funzione creditizia Il sistema finanziario è un’infrastruttura cruciale per il funzionamento di un’economia. La funzione creditizia (o allocazione delle risorse finanziarie) consiste nel trasferimento delle risorse tra operatorie economici. Il sistema finanziario facilita il trasferimento delle risorse all’interno del sistema economico, reso necessario dalla contemporanea presenza di mobilizzazione fra i soggetti in surplus e in deficit e di pooling delle risorse finanziarie (ossia meccanismi di aggregazione delle risorse finanziarie limitate). B.1 IL CROWDFUNDING Il crowdfunding è un metodo di raccolta di denaro per finanziare imprese, consumatori e attività no profit. Esso consente ai fundraiser di raccogliere risorse finanziarie direttamente da un gran numero di investitori attraverso piattaforme online. Il crowdfunding è utilizzato perlopiù da start-up o da imprese in espansione quale modalità di accesso a finanziamenti alternativi. Le piattaforme di crowdfunding sono siti web che consentono l’interazione tra i fundraiser e un ampio pubblico. I fundraiser si vedono di solito chiedere il pagamento di una commissione dalle piattaforme se la campagna di raccolta fondi ha successo. Vi sono diversi tipi di crowdfunding: • Lending crowdfunding: il pubblico presta denaro a un fundraiser con il presupposto che verrà ripagato con gli interessi • Equity crowdfunding: vendita di una partecipazione azionaria in un’impresa a diversi investitori • Rewards crowdfunding: i privati fanno una donazione per un progetto attendendosi di ricevere in cambio del loro contributo una ricompensa di carattere non finanziario, come beni o servizi • Donation crowdfunding: il pubblico devolve somme per finanziare specifiche cause, senza ricevere alcuna ricompensa o talora ottenendo un riconoscimento simbolico • Crowdfunding con titoli di debito: i privati investono in un titolo di debito emesso dall’impresa 25 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore B.2 L’ATTIVITÀ CREDITIZIA Il trasferimento delle risorse si svolge attraverso accordi e prestazioni differite nel tempo, che comportano il rischio per il creditore relativo al buon fine delle controprestazione. Il sistema finanziario cerca di rendere efficiente il trasferimento di risorse attraverso: - liquidità, negoziabilità e standardizzazione degli strumenti. - trasformazione del rischio. - le informazioni. TRASFORMAZIONE DEL RISCHIO L’avversione al rischio dei datori di fondi potrebbe impedire il finanziamento della parte più rischiosa dei prenditori di fondi (è il caso in cui il trasferimento diretto risulta difficoltoso). La trasformazione del rischio permette al datore di fondi di trovare forme di investimento che soddisfino la sua propensione al rischio e al prenditore di fondi di finanziarsi, nonostante presenti un rischio elevato. Attraverso la diversificazione del portafoglio, i datori dei fondi impiegano il risparmio dei finanziatori sotto forma di partecipazione a un portafoglio di strumenti finanziari di diversi emittenti in diversi settori. - I rischi puri sono quelli che non possono essere coperti con un’operazione di segno opposto, infatti è un rischio sempre sfavorevole e che non comporta mai dei benefici; non sono “diversificabili”, poiché riguardano la persona o il patrimonio. Per sopportare il rischio, può essere stipulata un’assicurazione (es., furto e incendio). L’attività assicurativa ha per oggetto la negoziazione di rischi puri che si manifestano sotto forma di perdite o danni futuri e incerti nella frequenza e nella gravità. L’assicurato trasforma un evento futuro dannoso e incerto in un costo certo (la polizza). La compagnia è in grado di far fronte ai suoi impegni di risarcimento attraverso un processo di pooling, assumendo cioè un numero sufficientemente alto e diversificato di rischi, per il complesso dei quali è possibile prevedere con buona approssimazione il costo complessivo. - I rischi speculativi (es., oscillazione dei prezzi, tassi di cambio, tassi di interesse) possono essere eliminati o ridotti con operazioni e strumenti di hedging (operazioni di copertura dei rischi). Tali rischi, tuttavia, possono comportare anche dei ricavi, in quanto sono simmetrici. La trasformazione del rischio viene tramite due meccanismi principali: un intermediario interpone il proprio bilancio tra datore e prenditori di fondi, in questo modo assume parte del rischio del prenditore; successivamente, l’intermediario diversifica il proprio portafoglio di strumenti finanziari. LE INFORMAZIONI Il rischio percepito dal potenziale datore di fondi è quello relativo al rimborso alla scadenza; diventa quindi fondamentale il controllo dell’informazione ex-ante (valutazione dell’affidabilità) ed ex-post (monitoraggio dell’utilizzo delle risorse). 26 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore Gli intermediari finanziari e i mercati organizzati hanno la funzione di ridurre il GAP informativo attraverso la misurazione del rischio nei due momenti ex-ante ed ex-post e attraverso la funzione di “informazione di prezzo”, ossia attraverso alcuni segnali di “convenienza” espressi attraverso la quotazione degli strumenti finanziari. Non essendo le informazioni distribuite egualmente nel sistema, è immancabile che nascano delle asimmetrie informative (moral hazard, selezione avversa, insider trading, free riding). 27 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore iii. riserva obbligatoria: costituisce un deposito liquido che le banche devono versare presso la Banca Centrale Nazionale in proporzione alla consistenza della raccolta diretta. Essa è generalmente remunerata al tasso sui depositi presso la BCE. La riserva si applica sulle varie forma di raccolta che rientrano in: a. tutti i depositi di durata inferiore a due anni, titoli di debito con scadenza fino a due anni, titoli del mercato monetario. Aliquota dell’1% dedotta la franchigia di 100.000€ b. depositi di durata superiore a due anni, pronti contro termine, titoli di debito superiori a due anni. Aliquota del 0% dedotta la franchigia di 100.000€ c. sono escluse le passività verso altra istituzione di credito soggetta al medesimo obbligo (la raccolta interbancaria non è soggetta al computo della riserva), verso al BCE e verso la BCN area €. Il regime di riserva obbligatori si applica agli istituti di credito dell’aerea dell’euro e mira principalmente a: - stabilizzare i tassi di interesse: Al fine di favorire la stabilizzazione dei tassi di interesse, il regime di riserva obbligatoria consente alle istituzioni di utilizzare un meccanismo di mobilizzazione integrale della riserva. La parte mobilizzabile è pari al 100%, ma l’obbligo si considera soddisfatto se l’istituzione creditizia mantiene una riserva media giornaliera, calcolata nell’arco di sei o sette settimane (periodo di mantenimento), almeno pari all’ammontare di riserva dovuto. Alle inadempienze può essere applicata una sanzione calcolata applicando un tasso di penalizzazione. - gestire il fabbisogno strutturale di liquidità: Un aumento (diminuzione) del coefficiente di riserva obbligatoria comporta, una diminuzione (aumento) dell’offerta di moneta. La riserva viene ridotta quando si ritiene necessaria una politica monetaria espansiva o il sistema bancario è in crisi di redditività, poiché una riduzione della riserva obbligatoria aumenta le possibilità di erogare credito e quindi tende a migliorare i conti economici del sistema bancario. C.4 L’EUROSISTEMA Il termine Eurosistema identifica l’insieme formato dalla BCE e dalle BCN di tutti i paesi dell’’UE che hanno adottato l’euro come propria valuta nazionale. La gestione della politica monetaria è affidata al SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali), che comprende la BCE che ha poteri decisionali, le BCN che hanno poteri attuativi, altre BCN extra UEM che hanno solo ruolo consultivo. La distinzione tra Eurosistema e SEBC rimarrà in vigore fino a quando alcuni dei paesi membri dell’Unione Europea manterranno la propria valuta nazionale. All’interno dell’Eurosistema, gli organi decisionali responsabili della preparazione, condotta e implementazione della politica monetaria sono: - consiglio direttivo, responsabile della formulazione della polita monetaria - comitato esecutivo, responsabile dell’attuazione della politica monetaria - consiglio generale, organo di transizione necessario per quegli stati che non hanno ancora adottato l’euro. 30 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore La BCE si occupa di definire la politica monetaria, conduce operazioni in cambi, custodisce e gestisce le riserve ufficiali di valuta estera degli Stati membri, promuove e gestisce il sistema dei pagamenti, raccoglie informazioni statistiche. Le BC stipulano spesso accordi fra loro per disciplinare l’intervento sul mercato delle valute estere, pertanto, la BCE segue l’approccio di lasciar fluttuare i tassi di cambio senza vincoli particolari. Solo in casi di particolare instabilità, la BCE interviene sui mercati valutari internazionali. Le BCN si occupano di trasmettere gli impulsi di politica monetaria stabiliti dalla BCE e svolgono la funzione di vigilanza sui sistemi bancari nazionali. 31 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 3. L’ATTIVITÀ BANCARIA E I RISCHI CONNESSI 32 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 3.B. I rischi dell’attività bancaria B.1 I RISCHI BANCARI L’assunzione, la trasformazione e la gestione del rischio rappresenta l’essenza stessa dell’attività bancaria. Essendo la banca un’impresa, essa deve sopportare un certo rischio di impresa. La banca adotta sistemi di gestione dei rischi (risk management) che contemplano: - strategie e politiche di gestione dei diversi rischi, nonché procedure per l’identificazione e la misurazione dei medesimi - adeguata organizzazione interna della banca - adeguati sistemi informativi e di controllo (internal audit) L’esposizione al rischio di un intermediario dipende dalla composizione del portafoglio1 di attività e passività, dalla predisposizione al rischio (risk appetite)2, dalla normativa di vigilanza3, dalla struttura e dai presidi organizzativi adottati4, dal quadro macro-economico5. RISCHIO DI CREDITO Il rischio di credito è un rischio finanziario identificabile nell’insolvenza totale o parziale del debitore nel rimborsare nei tempi e nei modi prestabiliti i prestiti bancari. Rappresenta l’alea principale a cui è esposta l’intermediazione creditizia. La banca deve essere in grado di stimare correttamente la probabilità di insolvenza dei debitori (probabilità of default - PD), la quale è misurata con una scala di valutazione (AAA - AA - A - BBB - BB - B - CCC/C). Il rischio di insolvenza deriva da: - fattori idiosincratici, ossia riferiti ad un singolo debitore (cattiva gestione economico- finanziaria, errori strategici relativi al business, comportamenti fraudolenti, danni subiti) - fattori di natura macro-economica (o sistemici) che possono influenzare la solvibilità dei debitori bancari (es. forte inflazione, aumento costi beni prima necessità) I crediti nei portafogli bancari possono essere di due tipologie: i. crediti in bonis o performing: crediti “sani” e rimborsati con puntualità ii. crediti deteriorati o non performing: i debitori sono classificati come deteriorati (default) al ricorrere di almeno una delle seguenti condizioni: a. La banca ritiene improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alla sua obbligazione. b. Pagamento arretrato da oltre 90 giorni (per le amministrazioni pubbliche 180 giorni) nel pagamento di un’obbligazione rilevante (100€ per le esposizioni 35 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore al dettaglio e 500€ per le esposizioni diverse da quelle al dettaglio (soglia assoluta), e l’1% dell’esposizione complessiva verso una controparte (soglia relativa)) La gestione del rischio di credito contempla la messa in atto di strategie a livello: - micro (singolo credito): screening e selezione dei debitori; definizione delle condizioni contrattuali; monitoring del comportamento dei debitori - macro (a livello di portafoglio prestiti): diversificazione del portafoglio prestiti (per natura dei debitori, durata prestiti), trasferimento del rischio di insolvenza (mediante cartolarizzazione e derivati creditizi) Tipologie del rischio di insolvenza: i. rischio di recupero (recovery risk): è il rischio di mancato recupero integrale del credito concesso ii. rischio di downgrading: è il rischio di deterioramento della solvibilità dei debitori a seguito della riduzione del rating assegnato dalla agenzie di rating iii. rischio di regolamento: è il rischio che si determina nelle operazioni in strumenti finanziari quando la controparte alla scadenza del contratto non abbia adempiuto la propria obbligazione di consegna di strumenti finanziari o di pagamento degli importi iv. rischio di controparte: rischio legato all’eventualità che la controparte di una transazione di determinati strumenti finanziari risulti inadempiente prima del regolamento della transazione stessa v. rischio di concentrazione: è il rischio dovuto ad un eccessivo impegno creditizio assunto nei confronti di un singolo debitore, gruppo di debitori collegati (gruppi di imprese) o settori economici o aree geografiche vi. rischio paese: è il rischio che un paese in un paese straniero si verifichi un evento che influenzi negativamente la volontà/capacità dei debitori privati o pubblici in quel paese di ripagare i propri debiti internazionali. Può dipendere da fattori pubblici o anche da eventi catastrofici naturali. 9.2 RISCHIO DI MERCATO I rischi di marcato originano da diversi fattori che possono causare perdite del valore di singole attività finanziarie o di portafogli di attività/passività finanziarie a seguito di variazioni inattese delle condizioni di mercato (tassi di interesse, tassi di cambio, prezzi degli strumenti finanziari, volatilità). Nella categoria dei rischi di mercato si annoverano: - rischio di tasso di interesse: origina da variazioni “sfavorevoli” dei tassi di interesse; l’impatto sul bilancio della banca è legato al processo di trasformazione delle scadenze e alla detenzione di contratti finanziari sensibili a variazioni dei tassi di interesse. La fluttuazione dei tassi di interesse determina sia una variazione degli utili bancari sia una variazione del valore di mercato delle attività e delle passività e quindi del valore economico del patrimonio netto. Le variazioni nei tassi di interesse influenzano il livello corrente dei profitti attraverso variazioni nel flusso netto degli interessi (il margine degli interessi). Cambiamenti nei tassi di interesse influenzano anche il valore della attività, passività, in quanto il valore attuale dei cash flow cambia al variare dei tassi di interesse. - rischio di prezzo: deriva da variazioni dei prezzi dei titoli azionali o da variazioni dei prezzi delle commodities (merci) a cui è collegato il rendimento di strumenti finanziari 36 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore - rischio di cambio: deriva da variazioni avverse dei tassi di cambio delle valute in cui sono denominate le attività e passività detenute dalla banca - rischio di volatilità: è il rischio connesso a variazioni nello scostamento del prezzo rispetto al suo valore medio di un certo periodo. Statisticamente, la volatilità è approssimata dallo scarto quadratico medio. Il rischio di mercato si ripercuote sul portafoglio di strumenti finanziari detenuto dalla banca per negoziazione (trading book) e, in senso più ampio, sull’attivo e passivo finanziario della banca. Per prevenire l’impatto del rischio di mercato, l’intermediario può minimizzare l’esposizione (gestione passiva) o attraverso strategie di immunizzazione dell’attivo-passivo e strumenti di copertura dei rischi di mercato (es. derivati) o governando l’esposizione in base alle attese, per ottimizzare il livello assoluto della rischiosità (gestione attiva). 9.3 RISCHIO DI LIQUIDITÀ Il rischio di liquidità è il rischio che un intermediario non sia in grado di far fronte tempestivamente ed economicamente al rimborso delle proprie passività o alle richieste di utilizzo dei prestiti concessi. L’esistenza di un mismatch temporale tra passività e attività è causa tipica del rischio di liquidità, ma allo stesso tempo è anche un rischio tipico ed ineliminabile dell’intermediazione finanziaria, senza il quale l’intermediazione non sarebbe fruttifera. Effetti estremi del rischio di liquidità sono la perdita di fiducia, la corsa agli sportelli e un’ondata di fallimenti bancari con conseguenze sistemiche. I rischi di liquidità si suddividono in: - funding risk: quando l’intermediario non è in grado di far fronte in modo efficiente, senza mettere a repentaglio la propria ordinaria operatività e il proprio equilibrio finanziario, a deflussi di cassa attesi e inattesi - market liquidity risk: quando l’intermediario al fine di monetizzare una consistente posizione di attività finanziarie finisce per influenzarne in misura significativa (e sfavorevole) il prezzo, a causa dell’insufficiente profondità del mercato finanziario, a cui tali attività sono scambiate o di un suo temporaneo malfunzionamento. 9.4 RISCHIO OPERATIVO Il rischio operativo è definito come il rischio di subire perdite derivanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure (procedura e controlli interni difettosi o inadeguati), risorse umane (eventi come errori, frodi, violazioni di regole e procedure interne, problemi di incompetenza e negligenza) e sistemi informatici (guasti dell’hardware e nel software, frodi informatiche tra cui incursioni di hacker e perdite di dati), oppure da eventi esogeni (perdite cagionate da cause esterne tra cui modifiche nel quadro politico, regolamentare, furti, vandalismo, rapine, terremoti e altre catastrofi naturali). 37 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 4.A. I modelli organizzativi delle banche A.1 CENNI STORICI Dopo l’entrata in vigore della Legge Bancaria del ’93, ad una banca spetta la libertà di scelta del modello giuridico-organizzativo da adottare. Precedentemente, la Seconda Direttiva CEE di coordinamento delle legislazioni bancarie e creditizie disciplinava le attività che le banche potevano svolgere, basandosi sui principi di mutuo riconoscimento (le banche si impegnano a riconoscere che le attività svolte da una banca, anche in altri paesi, rientrano nel novero di quelle bancarie) e di country control (o controllo del paese d’origine, una banca che opera in un altro stato deve seguire le normative del suo stato d’origine). Dal momento che in Italia, prima dell’emanazione della legge bancaria, il modello della banca universale di tipo tedesco non era consentito, le banche italiane si organizzarono in gruppi polifunzionali per poter comunque coprire il (quasi) totale della attività bancarie e poter competere con le banche straniere. A seguito del processo di armonizzazione europeo e dell’introduzione delle attività ammesse al mutuo riconoscimento si iniziò a discutere su quale fosse il modello di banca appropriato per affrontare la globalizzazione dei mercati. Inizialmente, la legge Amato-Carli del 1990 aveva spinto per il modello del gruppo polifunzionale, mentre il successivo Testo Unico Bancario del 1993 apriva alla Banca Universale. A.2 I FATTORI CRUCIALI NELLA SCELTA DEL MODELLO ORGANIZZATIVO Un modello organizzativo è il risultato delle decisioni assunte in tema di divisione del lavoro tra diversi soggetti e di meccanismi di coordinamento, di comunicazione e di controllo. I fattori che influenzano le scelte organizzative sono: - l’ambiente nel quale l’impresa è inserita (ad esempio, se in una zona geografica agricola o industrializzata) - età e dimensione dell’impresa - livello della tecnologia - vincoli regolamentari - mercati di riferimento I modelli organizzativi cambiano a causa di: - crescente competizione e tendenza all’aumento delle dimensioni della banca - maggiore presenza internazionale per poche grandi banche - inserimento in segmenti di mercato specialistici - razionalizzazione della struttura organizzativa - sviluppo del fintech A fronte di tempi mutevoli, sono necessari modelli organizzativi complessi e flessibili (detti “a geometria variabile”). 40 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore A.3 SEGMENTI DI CLIENTELA Il modello organizzativo varia anche in funzione della clientela di una banca. Vengono individuati alcuni segmenti di clientela: - retail banking (o mass market): clienti con piccoli capitali - affluent: clienti con capitali di media dimensione - private: fascia elitaria della clientela con capitali di grandi dimensioni - corporate: le imprese - istituzionali: altre banche, assicurazioni, fondazioni In risposta ai bisogni di tali segmenti di clientela si sono sviluppate differenti tipologie di banking: - retail banking: è contraddistinto da processi produttivi industrializzati e standardizzati con canali distributivi diretti e capillari e modalità di scambio orientate alle transazioni. I prodotti offerti sono standardizzati ed elementari con un valore aggiunto unitario relativamente basso e di dimensioni medie piuttosto contenute. È preminente l’uso di strumenti e canali di remote banking. - wholesale banking: si caratterizza per strumenti e servizi complessi ed integrati dal valore aggiunto elevato e con una personalizzazione dei prodotti specifica ai bisogni del cliente con dimensione unitaria non piccola. I negoziati si svolgono all’interno di una relazione di clientela duratura e consolidata. - private banking: i prodotti e i servizi hanno come fine il soddisfacimento dei bisogni emergenti della gestione del patrimonio della clientela privata più abbiente attraverso una forte personalizzazione sulle specificità della situazione del cliente. Gli interlocutori dedicati al rapporto con il cliente sono i private bankers, con i quali si instaura un rapporto di fidelizzazione. - corporate banking: si caratterizza per una clientela costituita da imprese spesso di dimensioni medio/grandi e dotato di forma societaria (corporate) con un’area di affari complessa ed estesa. Si occupa anche di gestione della finanza ordinaria e straordinaria dell’impresa (es. gestione della tesoreria, della struttura di indebitamento, delle operazioni sul capitale proprio, dei rischi) - investment banking: offre una serie molto ampia di servizi alle imprese di dimensioni elevate connessi essenzialmente all’intermediazione sul mercato mobiliare. Le attività tipiche offerte sono intermediazione sul mercato primario e secondario, consulenza finanziaria per operazioni di M&A, LBO, MBO, financial engineering, venture capital, private equity. A.4 MODELLI E DIMENSIONI DELLA BANCA Nel sistema bancario convivono intermediari bancari aventi dimensioni significative molto diverse. La grande banca è caratterizzata da: - responsabilità di politica economia e rapporti privilegiati con le autorità di vigilanza - supposto miglior controllo dei rischi, operatività con la clientela istituzionali e corporate di grandi dimensioni, operatività a livello internazionale - economie di scala e di scopo 41 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore La banca piccola tipicamente: - si avvantaggia della conoscenza del territorio in cui opera (soft information) e di un maggiore orientamento al relationship banking - presenta un localismo bancario Peraltro anche la grande banca si prefigge l’obiettivo di recuperare contatto con il territorio attraverso la rivisitazione di soluzioni organizzative e di marketing. 42 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore VANTAGGI I vantaggi del gruppo bancario sono: - economie di specializzazione, in forza delle singole aree d’affari specializzate - maggiore facilità nell’acquisire risorse finanziarie e nel creare accordi e alleanze, poiché ogni controllata agisce in autonomia e con più flessibilità - possibilità di eliminare le partecipazioni non redditizie SVANTAGGI Gli svantaggi del gruppo sono: - organizzazione burocratica - potenziale minore efficienza del modello del gruppo rispetto a quello della banca universale, perché le economia di scala e di scopo sono nettamente meno sviluppate - problemi di unicità strategica - costi di coordinamento B.3 I CONGLOMERATI FINANZIARI I conglomerati finanziari sono gruppi di imprese, assoggettate ad un comune controllo, attivi in maniera significativa nei settori assicurativo, bancario e dei servizi di investimento. Comprendono almeno un’impresa assicurativa e una operante nel settore bancario o dei servizi di investimento. Al vertice devono necessariamente avere un’impresa regolamentata. 45 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore B.4 BANCA SPECIALIZZATA Una banca specializzata è una banca che può essere a tutti gli effetti un polo di offerta completa sulla base delle indicazioni del TUB, ma che sceglie di specializzarsi su prodotti o servizi specifici, su canali distribuitivi particolari, su segmenti specifici di clientela o su una certa zona geografica. La specializzazione è quindi una scelta strategica dei vertici della banca. Sono banche specializzate: - le società finanziarie trasformate in banca che si occupano di gestione dei patrimoni mobiliari, di credito al consumo, e di leasing - nuove banche che solitamente adottano una specializzazione geografica - piccole banche con specializzazione geografiche La specializzazione operativa consiste nell’orientamento da parte di un intermediario in termini di segmento di clientela1, prodotto2, area geografica3 o canale distributivo4 utilizzato. Le scelte dipendono dalla precedente normativa che disciplinava gli intermediari in maniera più specifica. SPECIALIZZAZIONE PER CANALE DISTRIBUTIVO La scelta dei canali distributivi dipende da fattori principali (segmentazione del mercato attuale e potenziale, identificazione dei servizi da offrire, analisi della concorrenza, vincoli di bilancio, compatibilità delle scelte con al rete esistente) e da fattori non secondari (potenzialità commerciali e operative dei singoli canali, costi di investimento e di gestione, flessibilità organizzativa, possibilità di coordinamento e di integrazione con il resto della struttura). Una banca può anche adottare una multicanalità, in modo da poter raggiungere il maggior numero di clienti in base alle singole esigenze: filiali, ATMs, reti di promotori, internet banking, mobile banking (app), filiali “light”, social media. I sistemi a rete (network) sono sistemi di collegamento tra vari intermediari finanziari, solitamente piccoli, con finalità strategiche condivise. Attorno ad un organismo centrale si ricercano sinergie tra gli aderenti e benefici comuni, senza dover ricorrere a condivisioni di capitali. I progetti tipici riguardano il campo informatico, il sistema dei pagamenti e la formazione. B.5 IL FINTECH Il concetto di Fintech nasce dall’unione tra finanza e innovazione tecnologica, ossia l’applicazione della tecnologia alla fornitura dei servizi bancari. L’ecosistema del fintech è ampio e variegato, poiché comprende molti attori che agiscono in una logica di competizione e cooperazione. 46 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 5. REGOLAMENTAZIONE E VIGILANZA 47 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore Il modello di vigilanza in Italia è ibrido: - la vigilanza per finalità è effettuata da soggetti diversi a seconda degli obiettivi: la stabilità viene perseguita dalla BCE e dalla Banca d’Italia, l’efficienza e la concorrenza dall’AGCM, la trasparenza delle informazioni e la correttezza degli operatori è controllata dalla CONSOB - la vigilanza per soggetti è affidata a due istituti: l’IVASS vigila sulle compagnie di assicurazione e il COVIP sui fondi pensione - Il CICR e il Ministero dell’Economia svolgono dei compiti di alta vigilanza, ossia di coordinamento, monitoraggio e indirizzo delle diverse autorità di vigilanza. Le norme di vigilanza si classificano: - secondo le finalità della norma di vigilanza - strutturale: cambia la morfologia del sistema finanziario - prudenziale: si basa sul contenimento dei rischi - in caso di crisi: - early warning (amministrazione straordinaria e credito di ultima istanza) - resolution - cronologia temporale rispetto ad una crisi - Ex ante - Ex post - attività svolta - Regolamentare - Informativa - Ispettiva Esistono autorità domestiche e sovranazionali che devono intervenire congiuntamente per la stabilità del sistema. Errori commessi in passato dalle autorità di vigilanza sono stati: - assenza di regolamentazione - mancanza di coordinamento - assenza di vigilanza macroprudenziale - assenza di vigilanza per SIFI (intermediari di grandi dimensioni con una forte valenza sistemica) Pertanto sono state create nuove autorità di vigilanza, per sopperire agli errori passati: - Consiglio Europeo del Rischio Sistemico (ESRB): si occupa di vigilanza macroprudenziale ed è composto dal presidenze e dal vicepresidente della (BCE), dai governatori delle banche centrali nazionali, dalla commissione europea e dai presidenti delle autorità europee di vigilanza - Sistema europeo delle autorità di vigilanza (ESFS - European System of Financial Supervisors): si occupa di vigilanza microprudenziale ed è composto da: - EBA: vigila sul sistema bancario. Interagisce direttamente con le banche centrali nazionali e definisce le regole del manuale unico di vigilanza, inoltre conduce stress test sulle singole banche - EIOPA: vigila sul sistema assicurativo e pensionistico. Intercorre rapporti con IVASS e COVIP - ESMA: vigila sul sistema mobiliare. È l’alter ego europeo delle CONSOB. 50 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 5.B. L’Unione Bancaria Europea B.1 UNIONE BANCARIA EUROPEA L’unione bancaria europea mira a: - garantire la solidità delle banche a fronte di nuove crisi finanziarie - evitare costi per la collettività per la soluzione di crisi bancarie - creare regole uniformi che permettono di ridurre la frammentazione del mercato - rafforzare la stabilità finanziaria dell’area euro e dell’UE. L’unione Bancaria Europea si compone di tre enti che si occupano di vigilanza e regolamentazione: - meccanismo unico di vigilanza - MVU (SSM) - meccanismo unico di risoluzione - MRU (SRM) - disciplina armonizzata per i sistemi di garanzia dei depositi (DGS) MECCANISMO UNICO DI VIGILANZA (MVU) Il meccanismo unico di vigilanza (MVU) si realizza con l’operato della BCE1, autorità nazionali di controllo2 e dell’EBA3. MVU vigila sulle cosiddette istituzioni significative (SI), ossia banche che hanno un totale dell’attivo superiore ai 30 miliardi oppure corrispondente ad almeno il 20% del PIL nazionale ed in ogni caso sui primi 3 gruppi di ciascun stato aderente. MVU si occupa di: - autorizzare e revocare l’abilitazione all’esercizio dell’attività bancaria - decidere in tema di assunzione di partecipazioni nelle banche - processo di revisione e valutazione prudenziale - SREP (Supervisory Review and Evaluation Process) - valutazione idoneità dei membri degli organi di gestione - ispezioni in loco - gestione delle crisi bancarie Sulle banche LSI (Less Significant Institution) intervengono le singole Autorità Nazionali di Controllo (ANC). L’EBA si occupa della definizione del Single Supervisory Rulebook (regole comuni) ed è responsabile degli stress test per valutare la resilienza del sistema bancario e il rischio sistemico del sistema finanziario dell’UE. 51 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore MECCANISMO UNICO DI RISOLUZIONE (MRU) Il meccanismo unico di risoluzione (MRU) è un fondo alimentato dai contributi delle singole banche che cuba 55 miliardi di euro. La finalità di questo strumento è quello di evitare interventi di salvataggio degli enti creditizi con il denaro dei contribuenti e di prevenire insolvenza e ridurne gli impatti sistemici. L’intervento è differente a seconda che si tratti - del risanamento di una banca in difficoltà (recovery plans): vengono adottati degli strumenti per la prevenzione di una crisi irreversibile, infatti servono a stabilizzare la situazione finanziaria dell’ente prima che diventi una crisi sistemica. - di una risoluzione di una situazione di crisi (resolution plans): sono strumenti di intervento ex-post correttivi da adottare in caso di dissesto (o qualora il dissesto diventi altamente probabile); tali strumenti sono coattivi e non è necessario il consenso né degli azionisti né dei creditori, ma agiscono e hanno effetto per il potere conferito al MRU. Gli strumenti a disposizione sono: vendita dell’attività di impresa, ente ponte (bridge bank), separazione delle attività (cessione a bad bank), svalutazione o conversione in capitale delle passività (bail in). Il bail-in è uno strumento di risoluzione di crisi che può essere adottato dal MRU. Esso prevede una partecipazione alle perdite della banca da parte dei creditori, cioè depositanti ed obbligazionisti. Esistono delle passività escluse e altre ammissibili al bail-in, queste vengono convertite in azioni della “nuova” banca: i. azioni e strumenti di capitale ii. Titoli subordinati iii. Obbligazioni e altre passività ammissibili iv. Depositi > 100.000€ di persone piccole e PMI Le passività escluse sono i depositi fino a 100.000€ (coperti dal fondo interbancario), passività garantite (covered bond) e debiti verso dipendenti, fisco, enti previdenziali e fornitori. DISCIPLINA ARMONIZZATA PER I SISTEMI DI GARANZIA DEI DEPOSITI È un meccanismo ancora in fase di elaborazione. Nel disegno iniziale prevederebbe un’armonizzazione dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi sia per quanto riguarda i livelli di protezione sia per le modalità di intervento. Lo scopo sarebbe quello di obbligare le banche a rimborsare una cifra massima di 100.000€ per ciascun depositante entro 7 giorni dal fallimento. 52 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore C.4 VIGILANZA PRUDENZIALE La vigilanza prudenziale si occupa di: - definire i coefficienti patrimoniali sui rischi - definire i limiti alla concentrazione dei rischi - definire le modalità di assunzione delle partecipazioni - definire i controlli interni I coefficienti patrimoniali sui rischi sono necessari, poiché la loro applicazione porta alla determinazione di un ammontare di denaro, detto “patrimonio di vigilanza”, ossia un patrimonio di fondi propri della banca senza il quale la banca non potrebbe operare (una banca ben patrimonializzata è solida). I coefficienti patrimoniali vengono stabiliti con gli accordi di Basilea. Gli accordi di Basilea 1 gettarono le basi per la prima forte regolamentazione del contesto bancario. Proprio in Basilea 1 venne introdotto il “requisito patrimoniale minimo”, ossia quella quota di capitale che deve essere accantonata dalla banca e che serve a proteggere i depositanti dal rischio che i crediti concessi dalla banca non vengano ripagati. Tale patrimonio di vigilanza doveva essere almeno pari all’8% dei crediti concessi alla clientela. Tuttavia, il requisito dell’8% veniva applicato indifferentemente a tutti i soggetti finanziati, talvolta immobilizzando inutilmente delle cifre consistenti; allora vennero introdotti i “coefficienti di ponderazione”, i quali sono specifici per ogni categoria di soggetto finanziato e tengono conto del grado di rischio che questi ha. Risk Asset Ratio (TCR) = patrimonio di vigilanza / RWA TCR >= 8% Un TCR inferiore all’8% segnala alla BC un allarme sulla stabilità della banca, che viene sottoposta a controlli. Il TCR può essere aumentato: - aumentando il patrimonio di vigilanza - diminuendo le attività - diminuendo il grado di rischio delle attività Tali correttivi vengono detti arbitraggi di vigilanza. 55 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore Nonostante gli importanti cambiamenti introdotti sul fronte dei rischi di credito, Basilea 1 ancora non considerava i rischi operativi e la diversificazione del portafoglio quale strumento per ridurre il rischio. Con Basilea 2, siglato nel 2004 ed entrato in vigore nel 2008, i criteri di calcolo vennero riformati così da renderli più sensibili al rischio di ogni prestito. Attraverso la creazione di strumenti di rating, la banca è in grado di associare a ciascun prenditore di fondi un certo grado di affidabilità. IL PROCESSO DI CONTROLLO PRUDENZIALE Il processo di controllo prudenziale avviene in due fasi: 1. ICAAP (Internal Capital Adequacy Assessment Process) e ILAAP (Internal Liquidity Adequacy Assessment Process) sono due processi che riguardano l’adeguatezza patrimoniale di una banca, infatti essa deve disporre di un capitale e di una liquidità commisurata al grado di rischio che ha intenzione di assumere. Sono due processi di controllo che spettano internamente alla banca, alla fine dei quali la banca valuterà le strategie di governance adottate, le attività intraprese e i rischi che fronteggia. 2. SREP (Supervisory Review and Evaluation Process) è la fase del processo di vigilanza prudenziale che spetta alle autorità di vigilanza (BCE/ANC) nell’ambito del Meccanismo di Vigilanza Unico, le quali valutano i dati forniti dalle singole banche in seguito all’ICAAP e all’ILAAP e forniscono un riscontro, fornendo eventualmente dei correttivi. 56 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore LA COMPOSIZIONE DEL PATRIMONIO DI VIGILANZA Il patrimonio totale di vigilanza (TC - Total Capital) è composto da: - TIER 1 o Patrimonio di Base: è in grado di assorbire le perdite in condizioni di continuità d’impresa (going concern) e contiene le voci patrimoniali più pure. Complessivamente deve essere almeno il 6% delle attività ponderate per il rischio - CET 1 o Patrimonio di qualità primaria (Common Equity Tier 1): deve essere almeno il 4,5% delle attività ponderate per il rischio. Accoglie azioni ordinarie, sovrapprezzo delle azioni, riserve di utili, altre riserve - TIER 1 AGGIUNTIVO: accoglie strumenti finanziari subordinati, senza garanzia, senza data di scadenza, senza clausole di rimborso anticipato - TIER 2 o Patrimonio Supplementare: è in grado di assorbire le perdite in caso di crisi (gone concern) ed è costituito da voci patrimoniali spurie (near capital). Complessivamente può essere al massimo pari ad 1/3 del TIER 1. Accoglie: - strumenti finanziari con requisiti specifici - alcuni accantonamenti per perdite su crediti - Deduzioni patrimoniali con segno opposto T1 RATIO = TIER 1 / RWA (Risk Weighted Asset) >= 6% CET 1 RATIO = CET 1 / RWA >= 4,5% TCR = TC / RWA >= 8% I BUFFER PATRIMONIALI I buffer patrimoniali sono delle riserve di capitale aggiuntive richieste oltre ai requisiti minimi di capitale. Hanno lo scopo di migliorare la qualità del capitale bancario in momenti di tensione ed evitare possibili distorsioni nel mercato. Si presentano sotto forma di percentuale che deve essere sommata ai requisiti minimi del CET1, del TIER 1 e del TCR. - capital conservation buffer: è pari al 2,5% ed è richiesto in situazioni di crisi per mantenere più stabile la banca - counter cyc l ica l buffer : è r ichiesto solo in determinati momenti; ha lo scopo di assorbire capitale nelle fasi di espansione da utilizzare in situazioni critiche - systemic risk buffer. L’adeguamento ai buffers si ottiene aumentando il capitale sociale oppure emettendo titoli subordinati. 57 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore LGD, EAD e M dipendono dalle caratteristiche tecniche del finanziamento, dalle garanzie, dalle procedure e dai costi per il recupero in caso di insolvenza. Poiché risulta molto difficile e costoso stimare LD, LGD e EAD, allora viene previsto un metodo standard semplificato basato sul rating dei prenditori di fondi. Le principali agenzie di rating sono Fitch Investor Services, Moody’s e Standard&Poor’s. I rating vanno da AAA+ a D: a. Da AAA a BBB- il prenditore ha un rischio accettabile (investment grade) b. Da BB+ a D il prenditore ha un elevato rischio (non investment grade), per cui ci si aspetterà un profitto elevato a fronte di elevate probabilità di default Il metodo standard permette di utilizzare pochi coefficienti di ponderazione, a seguito del raggruppamento sotto un unico coefficiente di prenditori con rating di poco differenti. Con questo metodo, ad un prenditore AAA viene applicato il medesimo coefficiente di un prenditore AA, sebbene i due abbiano probabilità di default differenti, perdendo così efficienza e assorbendo molto più capitale di quello che sarebbe effettivamente necessario. Con il metodo IRB (Internal Rating Based), si mantiene l’efficienza dei rating specifici e si assorbe meno capitale, poiché ogni cliente viene ponderato per il suo rischio effettivo. La banca si occupa di calcolare per ogni credito PD, LGD, M, i quali vengono poi approvati dalle autorità di vigilanza. Il metodo IRB può essere “base”, se la banca calcola solo il PD, o “avanzato”, se vengono calcolati PD, LGD, M. 60 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore . RISCHIO DI LIQUIDITÀ Il rischio di liquidità venne normato dagli accordi di Basilea 3 attraverso l’introduzione di due ratio: - LCR (Liquidity Coverage Ratio): è un indice che analizza la liquidità nel breve periodo (30 giorni). Esso è espresso come: LCR: totale attività liquide di alta qualità / deflussi di cassa netti >= 1 - NSFR (Net Stable Funding Ratio): analizza la liquidità nel corso di un anno NSFR : provvista stabile disponibile / provvista stabile obbligatoria >= 1 . LEVERAGE Leverage = TIER 1 / totale attività (on&off balance) >= 3% C.6 VIGILANZA CONOSCITIVA La vigilanza conoscitiva si basa sull'acquisizione di informazioni sulle banche da parte delle autorità di vigilanza; essa può avvenire: - a distanza: le banche devono produrre delle informazioni sulla propria attività e inviarle alla BCE. Viene utilizzato il meccanismo della matrice dei conti, ossia una serie di adempimenti informativi che con una certa periodicità devono essere inviati alla BCE; tale flusso viene analizzato e successivamente la BCE emette un flusso di ritorno. - on site (ispettiva): la BCE può effettuare delle ispezioni presso le singole banche. La Centrale dei Rischi (CR), gestita dalla Banca d'Italia, è una base dati - cioè un archivio di informazioni - sui debiti di famiglie e imprese nei confronti del sistema bancario e finanziario. La CR è alimentata dalle informazioni che gli intermediari partecipanti (banche, società finanziarie e altri intermediari) trasmettono relativamente ai crediti e alle garanzie concessi alla propria clientela, alle garanzie ricevute dai propri clienti e ai finanziamenti o garanzie acquistati da altri intermediari. È prevista una soglia di rilevazione: il cliente è segnalato se l'importo che deve restituire all'intermediario è pari o superiore a 30.000 euro; questa soglia si abbassa a 250 euro se il cliente è in sofferenza. Gli intermediari classificano un cliente come debitore in sofferenza e lo segnalano come tale in CR quando ritengono che abbia gravi difficoltà a restituire il proprio debito. La classificazione presuppone che l'intermediario abbia valutato la situazione finanziaria complessiva del cliente e non si sia basato solo su singoli eventi, ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito. La Banca d'Italia comunica agli intermediari partecipanti l'indebitamento complessivo dei propri clienti, il tipo di finanziamento che hanno ricevuto e la regolarità o meno dei loro pagamenti. Gli intermediari possono chiedere informazioni anche su soggetti non clienti ma che hanno presentato una domanda di finanziamento o stanno per rilasciare una garanzia e potrebbero, quindi, diventare loro clienti, esclusivamente per valutarne il merito di credito, cioè la capacità del cliente di rimborsare il finanziamento. 61 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore C.7 VIGILANZA PROTETTIVA Le autorità di vigilanza sono molto attente a prevenire delle crisi sistemiche; pertanto hanno predisposto degli strumenti di controllo (early warning system) che hanno lo scopo di evidenziare in anticipo il verificarsi di difficoltà gestionali degli intermediari e di fornire per tempo soluzioni adeguate. La presenza di strumenti preventivi non esclude l'esistenza di strumenti risolutivi necessari quando la crisi è irreversibile (recovery plans). Tali misure sono necessarie per il ripristino dell’equilibrio patrimoniale e finanziario dell’istituto. Qualora vengano riscontrati gravi irregolarità gestionali accompagnate da evidenti violazioni della normativa, o perdite patrimoniali che possono mettere in pericolo la stabilità dell'istituzione creditizia o dell'intero sistema creditizio, si può ricorrere all'utilizzo di due istituti: i. Amministrazione straordinaria: gli organi decisionali della banca vengono rimossi e sostituiti da commissari nominati direttamente dalla Banca d'Italia, il cui compito è quello di accertare la situazione della crisi, rimuovere le irregolarità che l'hanno generata e di adottare tutti i provvedimenti necessari a preservare l'interesse dei creditori, in primis quello dei depositanti. Essa può avere una durata massima di un anno, al termine del quale la gestione dell'intermediario deve essere ricondotta alla sua normalità. ii. Liquidazione coatta amministrativa: qualora non sia possibile ricondurre l'operato della banca alla normalità in bonis e nel corso della procedura i commissari non siano riusciti a trovare soluzioni alternative, diventa inevitabile il ricorso alla liquidazione coatta amministrativa. Immediatamente, viene revocata l'autorizzazione dell'esercizio dell'attività bancaria e vengono nominati dalla Banca d'Italia i commissari liquidatori, i quali provvederanno a svolgere le operazioni di liquidazione, mentre il comitato di sorveglianza si occuperà di controllare e dirigere tutto il procedimento. Gli strumenti utilizzati durante la liquidazione coatta amministrativa sono la vendita di attività, l’appoggio a bridge bank o bad bank, e il bail-in. C.8 NORME IN MATERIA ORGANIZZATIVA E DI GOVERNANCE Poiché il sistema di vigilanza non è sufficiente a garantire la stabilità del sistema bancario, è necessario porre delle norme che agiscano direttamente sull’assetto organizzativo e di governo societario. La circolare 285 di Banca d’Italia ha un contenuto ampio e variegato: assetti proprietari, statuto e modifiche, sistemi di remunerazione e incentivazione, sistema dei controlli interni, requisiti degli esponenti aziendali, conflitti di interesse, contrasto a riciclaggio e usura, gestione dei rischi… Il CdA di una banca e il collegio sindacale hanno il compito e la responsabilità di applicare le norme dettate dalla BdI in materia organizzativa e di controlli interni. Gli obiettivi dei controlli interni devono essere: - efficacia ed efficienza dei processi aziendali - contenimento del rischio entro il Risk Appetite Framework - protezione dalle perdite - affidabilità delle informazioni - conformità a leggi e regolamenti 62 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 5.E. Vigilanza e attualità Preso atto che lo scopo della regolamentazione è quello di fornire delle indicazioni normative che abbiano effetti positivi per l’intero sistema e non quello di ostacolare l’esercizio dell’attività bancaria; si introduce il concetto di prociclicità: ossia l’insieme di meccanismi attraverso i quali il sistema finanziario contribuisce ad amplificare le fluttuazioni cicliche dell’economia. La prociclicità consiste nell’effetto maggiorato dalle norme di vigilanza: in pratica, una certa situazione ha degli effetti che, per via delle norme di vigilanza, vengono amplificati e sono maggiori di quelli che si avrebbero senza tali norme. È il caso degli accordi di Basilea 2 e della crisi del 2008. Basilea 2 entro effettivamente in vigore a partire dal 1 gennaio 2008: venivano introdotti nuovi requisiti patrimoniali e nuovi requisiti sulla valutazione del rischio di credito. Pochi mesi dopo, a settembre, scoppiò la crisi sui mutui e la Lehman Brothers dichiarò fallimento. La crisi dilagava e le banche difficilmente riuscivano a soddisfare i requisiti patrimoniali introdotti da Basilea 2. I requisiti molto stringenti e le decisioni delle autorità di vigilanza non fecero altro che aumentare lo stress sul sistema bancario. La crisi finanziaria si estese all’economia reale, causando il collasso di moltissime imprese che non riuscivano a ripagare i finanziamenti concessi. Conseguentemente, le banche iniziarono a stralciare i loro crediti e a rivalutare il rating dei prenditori con valutazioni negative, questo comporto un abbassamento della qualità dell’attivo bancario e un aumento del patrimonio di vigilanza richiesto dalle autorità. Le AutVig chiesero ulteriori fondi propri per, secondo loro, rafforzare le banche, tuttavia questa scelta non fece altro che peggiorare la situazione, poiché era molto difficile per le banche recuperare liquidità. Le banche che riuscirono a reperire fondi per aumentare i propri patrimoni, o che godevano già di una situazione patrimoniale molto stabile, uscirono dalla crisi. In soccorso delle banche venne usata anche la cartolarizzazione, la quale permetteva alle banche di liberarsi di attività e di crearne dei titoli cartolari. Con l’avvento del Covid, le AutVig non ripeterono gli stessi errori già commessi nella crisi del 2008, pertanto vennero allentate alcune misure di vigilanza, concedendo di operare al di sotto di alcuni parametri, riprogrammando le ispezioni e rinviando gli stress test. 65 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 6. LE AREE DI GESTIONE 66 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 6.A Profili di gestione bancaria La banca si configura come un’impresa multiprodotto1, multicliente2 e multimercato3. Nonostante le sue specificità, è pur sempre un’impresa e pertanto mira a raggiungere un equilibrio reddituale, un equilibrio finanziario e un equilibrio patrimoniale; a seconda che si tratti di una commercial bank o di una investment bank, cambiano le modalità con cui questi tre equilibri vengo perseguiti. Una commercial bank opera come asset transformer, poiché effettua la raccolta del risparmio presso il pubblico (depositi) e fornisce credito alle unità in deficit (prestiti). - equilibrio reddituale: il suo reddito nasce dalla differenza tra l’interesse corrisposto sui depositi e l’interesse riscosso sui depositi, detta Margine di Interesse (MINT) - equilibrio finanziario: la stabilità finanziaria viene perseguita creando una sincronia tra le scadenze dei depositi e quelle dei prestiti - equilibrio patrimoniale: una banca è stabile se è ben patrimonializzata, cioè se il suo patrimonio è adeguato sia dal punto di vista aziendale (le consente di porre in essere delle operazioni) sia dal punto di vista regolamentare (rispetta i requisiti di vigilanza); un patrimonio forte consente di minimizzare il rischio Una investment bank è un asset broker che svolge servizi di consulenza, di gestione di patrimonio e di advisory. - equilibrio reddituale: il reddito di una investment bank proviene dal Margine di Intermediazione (MINTM), cioè dalle commissioni che applica sui suoi servizi - equilibrio finanziario: la stabilità finanziaria non è legata alle scadenze, bensì alla capacità di eseguire una quantità sufficiente di servizi per far fronte agli impegni finanziari assunti - equilibrio patrimoniale: il patrimonio di una investment bank deve essere sufficiente a fronteggiare le possibilità di rischio operativo e reputazionale, nonché a sopportare conflitti di interesse se opera anche come asset transformer L’Asset-Liability Management (ALM) è quell’aerea della gestione che si occupa di valutare complessivamente l’attivo e il passivo; in particolare, queste unità misurano le interdipendenze fra le altre unità di gestione, i risultati economici singoli e le componenti di rischio, ma con un’ottica complessiva. 67 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore APPROCCIO FLESSIBILE L'approccio flessibile viene utilizzato da quelle banche che mostrano un rapporto titoli/depositi elevato e un rapporto prestiti/depositi contenuto. L'obiettivo reddituale è assegnato all'attività in titoli: è necessario detenere in portafoglio di titoli più lunga scadenza e più rischiosi, affinché essi possano generare una redditività maggiore. L’ampiezza del portafoglio non è in funzione diretta dell’oscillazione della domanda di prestiti, poche si investe in titoli ricercando la redditività che essi possono offrire. L'operatività della gestione flessibile è dinamica e anticiclica: i titoli vengono acquistati in fase espansiva, quando i tassi di interesse sono alti e i prezzi dei titoli bassi, e vengono ceduti in fase recessiva, quando i tassi sono bassi e i prezzi dei titoli alti. È evidente che l'acquisto dei titoli venga fatto con finalità speculative, tuttavia, non è semplice prevedere quando si verificheranno le oscillazioni dei tassi d’interesse e il conseguente cambiamento dei prezzi dei titoli, pertanto è necessario prevedere strutture e analisi di previsione adeguate. La qualità di un titolo è data dalla somma di vari fattori: - natura dell’emittente e rischio di solvibilità: ci si affida al rating - liquidità del titolo: dipende dalla scadenza e dalla sua natura - negoziabilità del titolo: dipenda dall’esistenza o meno di un mercato secondario - rendimento dei titolo: è difficile da prevedere ex ante La Yield Curve (curva dei rendimenti) rappresenta la relazione fra rendimenti e scadenza dei titoli. Una curva normale è una curva crescente: i rendimenti aumentano al crescere delle scadenze. Una curva decrescente rappresenta una situazione in cui i mercati temono una recessione e perciò vengono privilegiati i rendimenti dei titoli con scadenza breve termine. La curva dei rendimenti è utile per confrontare titoli omogenei. Un portafoglio viene classificato analiticamente attraverso una matrice che ha per colonna le scadenze e nelle righe la qualità dei titoli; in questo modo, i titoli potranno essere raggruppati secondo criteri di qualità o di scadenza. Nella realtà, come si è già detto, la gestione titoli finisce spesso per convivere ed essere complementare con l’attività creditizia: in questo equilibrio dinamico, la banca ricerca una stabilità economico-finanziario sfruttando la gestione residuale e alla gestione flessibile a seconda dei momenti e delle necessità che affronta in ogni momento, in particolare, tenendo conto delle scelte di politica monetaria della BCE. Dal punto di vista qualitativo, una banca può valutare: - laddered approach: consiste nell’investire in titoli di varia scadenza, al fine di ridurre il rischio di credito e garantire un rendimento più o meno certo. - barbell approach: consiste nell’investire in titoli agli estremi, o altissimo rischio o bassissimo rischio, al fine di trovare il giusto equilibrio tra rendimento e rischio. 70 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore B.3 LA RAPPRESENTAZIONE CONTABILE DEI TITOLI La rappresentazione contabile di un titolo dipende dalle modalità e dai fini con cui è stato acquistato, in particolare, se i titoli vengono acquistati per il portafoglio della banca allora rientrano nella gestione residuale-flessibile, altrimenti, se sono acquistati per conto della clientela, rientrano nel risparmio amministrato e rappresentano la raccolta indiretta non gestita. I titoli possono essere classificati in base a: - natura (titoli di stato, obbligazioni, azioni, quote OICR e ETF, ETC, derivati) - destinazione (portafoglio di negoziazione, portafoglio di proprietà) Dal 1 gennaio 2018 il principio contabile internazionale IFRS 9 regola l’iscrizione in bilancio delle attività finanziarie (crediti e titoli di debito). La valutazione del valore di iscrizione dei titoli è basato sulla combinazione di due variabili: - Business model: dipende dalle finalità di gestione associate a ciascun portafoglio - HTC (Hold To Collect) - HTCS (Hold To Collect and Sell) - altri - Caratteristiche dei flussi di cassa derivanti dalle attività finanziarie (interessi, rate, rimborso di capitale o cedole, dividenti) Dalla combinazione di tali criteri derivano nuove categorie contabili di classificazione delle attività finanziarie: - nuove voci per i titoli in portafoglio - attività finanziarie valutate al fair value con impatto a conto economico (voce 20) - attività finanziarie valutate al fair value con impatto sulla redditività complessiva (voce 30) - nuove voci per i crediti - attività finanziarie valutate al costo ammortizzato (voce 40) Il fair value (o valore equo) è il prezzo che si riceverebbe per vendere un'attività, o che si pagherebbe per trasferire una passività, in una transazione ordinata tra operatori di mercato al momento della misurazione. In presenza di un mercato attivo, il fair value è facilmente rintracciabile poiché è il valore di mercato. In assenza di un mercato attivo, il fair value è determinato sulla base di specifiche valutazioni come il prezzo di recenti transazioni di strumenti analoghi, flussi finanziari attualizzati, modelli di pricing delle opzioni. B.4 LE ATTIVITÀ IN TITOLI PER CONTO DELLA CLIENTELA Le famiglie possono investire le loro disponibilità in surplus in titoli. Il supporto che gli intermediari finanziari possono offrire riguarda l’attività di negoziazione su strumenti di risparmio amministrato1 (l’intermediario compra strumenti per il cliente) , soluzioni di risparmio gestito2 (fondi comuni d’investimento, polizze assicurative, gestione patrimoniale) e attività di consulenza3. 71 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore Il primo importante passo consiste nel porre il cliente al centro dell’attenzione: - Profilazione: principalmente viene valutata la rischiosità del cliente - Analisi dei bisogni - Pianificazione del patrimonio - Soluzione - Ripianificaizone - Reportistica Il procedimento di asset allocation è un processo dinamico che tiene conto della situazione dei mercati finanziari dei settori in cui si intende investire (situazione attuale e previsioni), della ricchezza del cliente e delle sue esigenze, nonché della sua tolleranza al rischio e delle sue aspettative. L’intermediario mira all’ottimizzazione di tutte queste funzioni, elaborando: - asset allocation strategica: individua la tipologia di titolo in cui è conveniente investire - asset allocation tattica: individua il singolo titolo in cui investire B.5 L’IMPATTO DI MIFID II SULL’ATTIVITÀ DI CONSULENZA MOBILIARE L’attività bancaria in titoli è influenzata dalla disponibilità e dalle capacità dei consulenti in merito agli strumenti finanziari. Inoltre, le piattaforme IT devono essere in grado di supportare l’operatività delle banche. Le innovazioni regolamentari incidono fortemente sull’operatività delle banche. La MiFID I ha fornito la base generale per un quadro di regole comuni riguardanti la tutela degli investitori, l’attività dei mercati finanziari e la prestazione di servizi e attività di investimento da parte di istituti di credito e imprese di investimento. Nell’ottobre 2011 la Commissione Europea ha presentato una proposta che ha poi portato all’adozione della nuova direttiva, MiFID II. La direttiva mira a: - aumentare la concorrenza sui mercati finanziari: l’aumento della concorrenza porta ad un abbassamento dei prezzi - aumentare la tutela dell’investitore: un investitore è tutelato quando c’è trasparenza nelle informazioni presentate al cliente; le banche temono di presentare tutte le informazioni per paura che i clienti possano essere scoraggiati dal fare l’investimento. Attraverso la rendicontazione online ai clienti vengono presentate le informazioni più importanti riguardanti l’investimento. - rafforzare i poteri di vigilanza a livello nazionale e sovranazionale - regolamentare l’accesso al mercato per le imprese di investimento nei paesi terzi La normativa ha introdotto la distinzione tra: a. consulenza non indipendente: è la consulenza classica svolta dai consulenti bancari, i quali offrono dei prodotti sia propri sia delle banca per cui lavorano b. consulenza indipendente: è la consulenza svolta da soggetti autonomi che hanno come unica forma di remunerazione il pagamento di commissioni di consulenza da parte del cliente; non è consentita alcuna forma di retrocessione. Il consulente dovrà sfruttare una struttura organizzativa autonoma che gli consente di offrire una gamma di prodotti di emittenti diversi, egli non dispone di emissioni proprie. È inoltre previsto che vi sia piena separatezza organizzativa tra le due tipologie di consulenza: al consulente è concesso fare sia consulenza non indipendente e consulenza indipendente, ma a patto che egli sfrutti due strutture organizzative diverse. 72 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 6.D. La gestione crediti La politica dei prestiti è un insieme di azioni volte a conseguire degli obiettivi di: - dimensione: in termini di ammontare assoluto, diversificazione e frazionamento - composizione qualitativa: screening e selezione dei soggetti a cui concedere finanziamenti - rischi conseguibili: monitoring della quantità e della tipologia di rischi connessi ai crediti concessi - pricing: si intende gli obiettivi di prezzo La banca mira a raggiungere un proprio obiettivo finale di dimensione del portafoglio prestiti associato ad un determinato e prescelto livello di rischio/rendimento attraverso adeguati strumenti. La gestione crediti si compone di 9 attività: 1. Screening e monitoring 2. Analisi storica e prospettica 3. Limitazione e frazionamento del rischio 4. Il pricing 5. Valutazione accentrata e decentrata 6. Il portafoglio prestiti e la diversificazione 7. Gestione crediti e risk appetite 8. Crediti deteriorati e default 9. Cartolarizzazione 1. SCREENING E MONITORING L'attività di screening si consiste nella selezione degli affidamenti, articolata nelle seguenti fasi: a. Raccolta delle informazioni: possono derivare da fonti ufficiali e non b. Analisi qualitative: sulla motivazione della richiesta di credito c. Analisi quantitative: secondo i modelli valutativi stabiliti da Basilea 2 d. Analisi previsionale e. Valutazione e delibera di affidamento L’attività di monitoring consiste nella continua messa in atto di operazioni al fine di preservare la qualità dell’attivo: - revisione periodica dell’affidamento (dati di bilancio, colloqui con gli affidati, informaizoni private, analisi geosettoriale, congiuntura) - controllo andamentale (quota di lavoro assegnato alla banca dal cliente, regolarità dei flussi, rispetto della scadenza, accordati e utilizzi in Centrale dei Rischi) - controllo dei fidi accordati 2. ANALISI STORICA E PROSPETTICA L'analisi storica si basa sul passato dell'azienda, in particolare vengono analizzati gli ultimi tre bilanci dal punto di vista economico, finanziario e patrimoniale. L’analisi prospettica viene effettuata anche in relazione al business plan e sugli obiettivi di utilizzo del credito richiesto. È un’analisi molto complessa che mostra un problema di selezione avversa. 75 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 3. LIMITAZIONE E FRAZIONAMENTO DEL RISCHIO Per frazionamento si intende la possibilità che l’importo richiesto venga erogato da più intermediari, affinché il rischio sia distribuito su più banche. Per limitazione si intende la riduzione dell’importo concesso rispetto alla richiesta formulata dall’impresa. Tale possibilità induce l’impresa a ricorrere alla prassi dei fidi multipli. Tuttavia, se l’impresa non riesce a reperire l’intero importo di cui ha bisogno, disponendo di una cifra inferiore rispetto a quella ottimale, potrebbe avere delle difficoltà a generare sufficiente flussi di casa da riuscire a rimborsare la cifra limitata concessa dalla banca. L’analisi prospettica e la limitazione sono fortemente influenzabili dal rapporto fiduciario sottostante che intercorre tra banca e affidato: se nell’analisi prospettica l’impresa può omettere alcuni particolari e raggiungere un accordo per la banca sfavorevole, nella limitazione il problema è opposto infatti la banca può generare una situazione di sfavore per l’impresa. 4. PRICING Un prezzo viene determinato da: - costo del funding: è il costo del reperimento del denaro - costi operativi: è il costo di gestione operativa per emettere il finanziamento e mantenere operativa tutta la struttura - costi della perdita attesa: tale costo viene stimato anteriormente rispetto all’erogazione del finanziamento secondo i criteri di rating - costi del patrimonio assorbito - rendimento obiettivo La determinazione di un certo prezzo costituisce: - Trasferimento di una parte del costo del rischio di credito sul cliente: se il cliente è rischioso, egli dovrà sopportare alti interessi - Componente commerciale per acquisire/detenere clientela: più gli interessi sono bassi, più imprese vorranno avere affari con la banca - Leva di gestione relazionale: un prezzo basso fidelizza il cliente - Variabile obiettivo in chiave di profittabilità: a seconda del prezzo stabilito, si perseguono obiettivi di profitto 5. VALUTAZIONE ACCENTRATA E DECENTRATA La valutazione decentrata è quella affiata alle strutture periferiche (filiali), a cui vengono concesse ampie autonomie nella concessione crediti, in virtù del fatto che il direttore della filiale ha una conoscenza del territorio e dei clienti. Il decentramento è tanto maggiore quanto è maggiore l’autonomia del direttore della filiale. Solo le richieste di un certo ammontare vengono inviate alla gestione crediti centrale. Una valutazione decentrata è molto più “intima” e conoscitiva del cliente, poiché chi concede il finanziamento conosce il cliente. La valutazione accentrata si verifica quando le strutture periferiche hanno autonomia limitata e i finanziamenti, anche di importo inferiore, vengono principalmente gestiti dagli organi centrali. Il decentramento sarà sempre meno possibili a causa delle chiusure delle filiali. 76 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 6. IL PORTAFOGLIO PRESTITI E LA DIVERSIFICAZIONE Esistono fattori che possono incidere sulla gestione crediti: - struttura finanziaria del paese di riferimento: è rilevante l’orientamento prevalente del sistema finanziario, agli intermediari o ai mercati; rileva anche il livello di concorrenza - fattori esterni alla banca: andamento dell’economia del paese di riferimento (crescita o recessione), regolamentazione, livello dei tassi di interessi - fattori interni alla banca: livello e struttura del passivo in funzione delle scadenze con cui avviene la raccolta, livello di patrimonio, know how aziendale e capacità dei dipendenti, obiettivi in termini di riccio-rendimento. La gestione del portafoglio crediti opera al fine di ridurre il rischio di credito, pertanto, agisce a fini di diversificazione. La diversificazione opera su più livelli: - importo dei crediti erogati - scadenze e durate medie - forme tecniche e clausole contrattuali - valuta di denominazione dei crediti: la diversificazione della valuta minimizza il rischio di oscillazione dei tassi di cambio - settore di appartenenza del debitore - dimensione delle imprese finanziate - qualità delle imprese finanziate - screening geo-settoriale dei crediti 7. GESTIONE CREDITI E RISK APPETITE La gestione dei crediti è ovviamente connessa al risk management: - il rischio di interesse viene trattato dalla più ampia gestione dell’asset liability management - Il rischio di credito viene trattato in modo specifico nelle politiche dei prestiti. La valutazione del rischio di credito si basa sia sulla situazione economico-finanziaria- patrimoniale attuale e prospettica della clientela sia sulla qualità e sulla quantità delle informazioni detenute sulle imprese affidate La valutazione dell’impresa affidata è complicata dalla probabilità che si verifichi una situazione di insolvenza legata alla curva di vita dell’azienda, al momento congiunturale, alla presenza o al possibile verificarsi di una crisi settoriale o territoriale. I tassi d’interesse corrisposti devono considerare il livello di rischio collegato all’operazione, da qui nasce il concetto di “rendimento corretto per il rischio”. 8. CREDITI DETERIORATI E DEFAULT Talvolta può accadere che un’attività sia “deteriorata”: a. Sofferenze b. Incagli: mancato pagamento di una rata c. Crediti scaduti o sconfinanti (utilizzati oltre il limite concesso) d. Crediti ristrutturati: se vengono mutate le condizioni di rimborso per favorire il cliente 77 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore 7.A. Bilancio della banca e principali indicatori A.1 LA REDAZIONE DEL BILANCIO Il bilancio d’esercizio è l’insieme dei documenti contabili-finanziari che come obiettivo quello di riportare i risultati della gestione bancaria; quindi, è uno strumento di reporting e d’informazione. I soggetti interessati al bilancio d’esercizio sono gli azionisti, gli stakeholders (insieme ampio che comprende AutVig, risparmiatori, dipendenti, fornitori, comunità sociale) e il mercato. Data la sua importanza conoscitiva e informativa, è necessario che sia predisposto in modo da essere di concreta utilità per il maggior numero possibile di destinatari. Le valutazioni spettano alla società di revisione, la quale certifica la credibilità del bilancio, e gli organi di controllo (collegio sindacale, consiglio di sorveglianza, CdA). Il bilancio deve essere redatto in base a postulati, criteri, procedure di contabilizzazione, valutazione e classificazione che permettano allo stesso di dare una periodica e attendibile conoscenza del risultato economico e della situazione patrimoniale dell’impresa. In particolare, deve essere rispettoso delle norme di Consob, Ivass e Banca d’Italia, nonché osservare i principi contabili internazionali IAS/IFRS. Deve rispettare requisititi di significatività, comprensibilità, attendibilità e comparabilità. Il bilancio d’esercizio è costituito da più documenti: - Stato patrimoniale: le attività vengono ordinate secondo un criterio di liquidità decrescente; le passività vengono ordinate secondo un criterio di esigibilità decrescente. - Conto economico: segnala risultati intermedi, tenendo conto di proventi e oneri di natura operativa e valutativa - Prospetto della redditività complessiva - Prospetto delle variazioni del patrimonio netto: deve riportare l’utile (perdita) d’esercizio, indicato nel conto economico, cui vanno sommate algebricamente le altre componenti di reddito, al netto delle imposte, registrate a patrimonio netto in contropartita delle riserve da valutazione - Rendiconto finanziario - Nota integrativa - Relazione sulla gestione - Relazione del collegio sindacale: svolge attività di controllo e di informazione all’assemblea dei soci, nonché formula osservazioni e proposte sul bilancio - Relazione della società di revisione - Revisione legale dei conti: valuta la conformità ai principi contabili e i requisiti di chiarezza, veridicità e correttezza La nota integrativa deve fornire informazioni a riguardo di politiche contabili, informaizoni sullo Stato Patrimoniale, informazioni sul Conto Economico, informazioni sulla redditività complessiva, informazioni sui rischi e sulle relative politiche di copertura, operazioni di aggregazione riguardanti imprese o rami d’azienda, informazioni sul patrimonio (patrimonio di vigilanza e operazioni di aumento di capitale), accordi di pagamento basati su propri strumenti patrimoniali, informativa di settore e operazioni con parti correlate. In nota integrativa devono essere riportate le operazioni che la banca intraprende con parti correlate: i soggetti correlati sono gli esponenti aziendali, stretti familiari di uno degli esponenti 80 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore aziendali, enti o società o imprese in cui in soggetto correlato eserciti un controllo o un’influenza notevole, società o imprese in cui la banca sia in grado di esercitare il controllo. Le operazioni svolte da soggetti correlati e parti correlate devono essere obbligatoriamente riportate, in quanto costituiscono informazioni rilevanti per il mercato. A.2 LA RICLASSIFICAZIONE DI BILANCIO La riclassificazione del bilancio permette evidenziare dei risultati intermedi e dei giudizi complessivi sulla performance molto importanti sia a livello micro (temporale) sia macro (con il sistema). La riclassificazione viene operata aggregando voci omogenee e definendo dei rapporti tra valori. Lo Stato patrimoniale viene riclassificato in categorie secondo una logica reddituale: - attività fruttifere: sono attività su cui la banca ricava un interesse, una commissione o un dividendo (cassa e disponibilità liquide, attività finanziarie, finanziamenti, derivati, partecipazioni) - attività non fruttifere: sono attività che non generano un reddito (attività materiali, attività immateriali, avviamento) - passività onerose: sono passività su cui la banca deve pagare degli interessi o delle commissioni (debito verso banche, raccolta diretta, passività finanziarie di negoziazione, derivati) - passività non onerose: sono passività su cui la banca non corrisponde interessi o commissioni - patrimonio netto 81 Matteo Barbero Appunti di EGB (ORIANI) Università Cattolica del Sacro Cuore Il conto economico è valutato utilizzando dei risultati intermedi chiamati “margini”. -MINT (Margine di Interesse): è la differenza tra interessi attivi e passivi, sommata ai dividendi; esprime la capacità della banca di generare profitti nell’attività classica raccolta-impiego -MINTM (Margine d’Intermediazione): è la somma di MINT e commissioni nette e il risultato delle operazioni finanziarie; è il risultato che ingloba nell’attività di raccolta-impiego anche l’esercizio di servizi bancari (negoziazione, copertura, cessione/ acquisto di attività/passività) -RLG (Risultato Lordo di Gestione): è il MINTM epurato dei costi operativi e degli accantonamenti per rischi e oneri; esprime il risultato lordo conseguito dall’area gestionale della banca -RG (Risultato di Gestione): è il RLG rettificato per il rischio di credito -RN (Risultato Netto): è il RG sommato di proventi e oneri straordinari e sottratto delle imposte sul reddito d’esercizio A.3 L’ARMONIZZAZIONE DELLA REDAZIONE DEL BILANCIO E CRITERI DI VALUTAZIONE Dal 2006 è fatto obbligo per tutte le banche di redarre il bilancio d’esercizio in conformità ai principi internazionali IAS/IFRS emanati dall’IASB. L’IFRS 9 disciplina la classificazione e la valutazione degli strumenti finanziari, introducendo il concetto di fair value. La determinazione del fair value può avvenire secondo diverse modalità: è facile intuire che l’esistenza di un mercato attivo, su cui sono rilevabili dei prezzi, rappresenta la via più diretta di determinazione del fair value di una attività finanziaria. Se non vi è un mercato attivo, il fair value è determinato utilizzando una “tecnica di valutazione”, con l’obiettivo di stabilire quale sarebbe stato il prezzo dell’operazione alla data di valutazione in una libera transazione a normali condizioni commerciali. Le tecniche di valutazione includono l’utilizzo di recenti operazioni di mercato normali tra parti consapevoli e disponibili, se a disposizione, il riferimento al fair value corrente di un altro strumento che è sostanzialmente lo stesso, analisi tramite flussi finanziari attualizzati e modelli di prezzo delle opzioni. L’altro principale criterio di valutazione è quello del costo ammortizzato, principalmente utilizzato per valutare il valore dei crediti sia verso banche sia verso clienti. Per gli strumenti valutati al costo ammortizzato e al fair value con contropartita il patrimonio netto (diversi dagli strumenti di capitale), viene introdotto un modello basato sul concetto di “expected loss” (perdita attesa), in modo da riconoscere con maggiore tempestività le perdite. 82 Matteo Barbero