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Dispensa non frequentanti Teologia 3-Il cristiano nel mondo, I Comandamenti per la libertà, Dispense di Teologia

Dispensa per non frequentanti di Teologia 3, contiene i riassunti dei libri "Il cristiano nel mondo" e i "Comandamenti per la libertà".

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 18/07/2023

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Scarica Dispensa non frequentanti Teologia 3-Il cristiano nel mondo, I Comandamenti per la libertà e più Dispense in PDF di Teologia solo su Docsity! 1 IL CRISTIANO NEL MONDO Introduzione Dionigi card. Tettamanzi “Maestro, che cosa devo fare di buono...?” (Mt 19,16). Il dialogo tra il giovane ricco e Gesù può essere suddiviso in tre momenti, imperniati attorno a tre concetti: la vita eterna, i comandamenti di Dio e la sequela di Gesù. La forma dialogica comporta un discorso che scorre tra due interlocutori. La morale cristiana è dialogo interpersonale, relazione vitale di persone. Il desiderio dell’uomo Il dialogo della scena evangelica comincia con la domanda di “un tale” che due resterà anonimo. L’anonimato universalizza la sua identità: quel tale rappresenta ogni uomo che s’interroga sul bene e la felicità. La felicità è il desiderio di ogni uomo e ogni scelta è volta alla sua conquista. Per conquistare la felicità si deve fare qualcosa e questo qualcosa è il bene. C’è nell’uomo un legame naturale tra la felicità e il fare bene: legame che si può chiamare coscienza. La legge di Dio Gesù gli risponde interrogandolo sui motivi della domanda e poi gli fa notare che solo Uno è il vero Bene, e lo invita a rispettare i comandamenti, suddivisi nei tre della prima tavola che riguardano Dio e nei sette della seconda tavola che riguardano il prossimo. Infatti, Gesù li ha sintetizzati nei due comandamenti dell’amore. Ma il giovane risponde che già li rispetta e quindi la sua domanda rispecchia il desiderio di andare oltre. La sequela di Gesù La risposta di Gesù alla richiesta del giovane verte sulla vendita delle ricchezze a favore dei poveri. Il desiderio di perfezione del giovane viene calibrato sugli altri. La perfezione morale non consiste nell’inappuntabile pratica di precetti impersonali, ma nella dedizione personale agli altri, scegliendo di preferenza i poveri. Perciò: l’amore verso il prossimo in funzione del Signore: questa è la morale cristiana. Epilogo Nella difficoltà del giovane a cambiare vita si può vedere la difficoltà dei giovani d’oggi a fare scelte di vita radicali. Nella difficoltà a rinunciare ai propri beni si vede l’atteggiamento degli avari. In entrambi i casi, Gesù dice ai discepoli che difficilmente un ricco entrerà nel Regno dei Celi. Per salvarsi occorre affidarsi a Dio. In ogni uomo c’è il desiderio di felicità eterna e però è difficile conquistarla rinunciando alla felicità terrena, perché i piaceri terreni possono allontanare dal desiderio di una felicità divina. PARTE 1 – FEDE CRISTIANA E AGIRE MORALE Cap 1 – I LEGAMI DELLA LIBERTÀ La morale cristiana consiste nel legame che intercorre tra Cristo e gli uomini, così come dall’innesto nella vite dipendono la vitalità e fruttuosità dei tralci. Morale ed etica Il vocabolo morale, usato in italiano come sostantivo, deriva da un aggettivo latino che significa abitudinario, legato all’usanza. Il sostantivo etica deriva dal greco ed indica sia l’usanza che il carattere. In italiano si usano come sinonimi, mentre il concetto di etica morale indica ciò che caratterizza l’agire umano, valutandolo come buono o cattivo. La presunta libertà L’orizzonte postmoderno Per lungo tempo l’etica è stata concepita in stretta dipendenza dall’Essere divino. Con l’avvento dell’epoca moderna si è prodotta una profonda svolta. La questione che viene alla ribalta è la questione dell’uomo. Lo 2 sforzo moderno di dare alla morale una fondazione autonoma raggiunge il suo vertice con Kant: con l’acquisizione dell’autonomia, la morale si è liberata dall’ancora divina che le impediva di navigare da sola, ma sembra anche aver smarrito la stella polare sulla quale stabilire la rotta. Tra i principali maestri che propiziano e caratterizzano la nascita dell’etica postmoderna, spicca Nietzsche. La metafora più adatta per indicare l’uomo postmoderno sembra essere quella del turista. Il turista gira il mondo sapendo che non prenderà dimora da nessuna parte. Il turista è extraterritoriale, è ovunque e da nessuna parte: libero di andare dove vuole. Un vincolo sussiste, ed è quello della sua disponibilità economica. Il grado della sua libertà è dato dal potere di acquisto. La metafora del turista che non conosce confini se non quelli dettati dal suo portafoglio si adatta alla condotta morale dell’uomo postmoderno, priva di regole che non siano quelle stabilite in proprio. Individualismo della libertà e relativismo della morale vanno a braccetto. Il miraggio della libertà La parola libertà rimanda al non dover far qualcosa. La libertà sembra essere il poter fare ciò che si vuole. Sapere ciò che si vuole è tutt’altro che facile come potrebbe sembrare. Ciò che si vuole non è solo ciò di cui si ha voglia. Ciò che si vuole, diventa ciò per cui siamo disposti a impegnarci. La libertà, non potendo evitare di scegliere, cerca di non farlo definitivamente, di tenersi sempre aperta una via d’uscita per evitare una scelta che sia per sempre. Scegliere è rischioso. Decidere non è semplicemente scegliere qualcosa ma è tagliar via, privarsi di tutte le altre cose che non si sono scelte. Scegliere lei/lui è sacrificare tutti gli altri. E ciò che non si sceglie resta in qualche modo sempre presente come ciò che manca. Alla libertà manca la cosa più fondamentale, la scelta iniziale di esistere. La libertà legata La libertà non può decidere se fare o non fare. È costretta a giocare la partita della vita, deve giocarsi. La libertà e il corpo La libertà è ciò che fa di un corpo una persona umana: un corpo senza la libertà potrebbe al massimo aspirare ad essere un animale. Nei confronti del corpo non si può fare ciò che si vuole: compromettere il corpo significa compromettere la propria libertà. Il corpo è fonte dei motivi che inclinano la libertà a compiere determinate azioni. I bisogni inducono l’uomo a nutrirsi ed accoppiarsi. Il dolore e il piacere percepito spingono l’uomo a evitare i pericoli e a ricercare il benessere. Il corpo è anche il modo mediante il quale la libertà si esprime. Il legame della libertà col corpo si esprime nelle emozioni. Oltre che dalle emozioni, la libertà è condizionata anche dalle abitudini che non le consentono di cambiare le proprie scelte con la fermezza e la rapidità con cui vorrebbe. C’è poi un livello biologico del corpo che condiziona la libertà in modo pressoché assoluto: eventi come la nascita, la crescita, l’età, il declino, la morte sono realtà indisponibili all’uomo. La libertà e il mondo L’evoluzione che la civiltà umana ha favorito è la degenerazione di un legame che l’uomo inevitabilmente intrattiene con il suo mondo vitale. Là dove l’uomo vive, la natura è già cultura. La cultura è ciò che scaturisce dalla libertà che opera nella natura. La libertà e gli altri Il mondo dell’uomo non è solo un mondo di cose. Esso è popolato da altri simili a lui, la cui presenza non è certo secondaria. Sono gli altri che consentono all’uomo di venire al mondo. Il legame con gli altri può essere più o meno stretto. C’è un legame che ci portiamo inscritto fin nel patrimonio cromosomico. Ad esso è associato un profondo legame affettivo che diventa vincolante per tutta la vita. Tra i legami più intimi c’è il legame con colui/colei di cui sono innamorato. Gli altri, per quanto ci consentano di vivere, sono dei limiti alla libertà personale. La libertà dell’individuo finisce dove comincia quella degli altri. La libertà trasgressiva 5 La legge nuova deve essere integrata considerando la legge naturale, quella propria della natura umana. La relazione tra le due leggi può essere stabilita rispetto alla loro intima presenza nell’uomo. La somiglianza è dovuta al fatto che entrambe sono leggi infuse. La dissomiglianza sta nel fatto che la legge nuova è infusa nell’uomo non solo come indicazioni di ciò che deve essere fatto, ma anche come aiuto a compierlo. La legge naturale invece è riguarda il fatto che quest’ultima è la risorsa per compierlo. La legge naturale trova espressione scritta nei comandamenti del Decalogo, i precetti del Decalogo indicano il livello minimo della vita amorosa e l’interpretazione amorosa dei precetti negativi permette di rivalutarli nella loro positiva funziona. L’amore dei nemici eleva l’amore umano sino all’altezza dell’amore divino. Confrontato con questo amore, l’amore del prossimo risulta di grado inferiore. Caratteristiche della legge morale • Interpersonalità: in quanto amore, la legge morale è essenzialmente inter-personale, cioè tra almeno due persone. L’amore per gli altri non costituisce più la sostanza della legge morale, ma l’obbligo che essa impone. L’altro è amato in nome della legge e non per amore. • Obbligatorietà: sorge la domanda circa la sua obbligatorietà, l’amore sembrerebbe escludere ogni obbligo. La forza imperativa dell’amore è debole; nient’altro impone di obbedire al comandamento dell’amore se non l’invocazione di chi chiede di essere amato. • Universalità e immutabilità: esprimono in ogni circostanza spaziale e temporale la validità dell’amore, l’ovunque e il sempre dell’esigenza di amare. • Gradualità: l’amore può essere conosciuto e vissuto a diversi gradi e trovare diversa espressione nello spazio e nel tempo, a seconda che sia più vicino al livello basilare dell’amore del prossimo. La legge naturale traccia il limite al di sotto del quale l’amore scompare, la legge nuova ne indica il vertice supremo e insuperabile. L’estensione tra i due livelli amorosi rende l’idea di come l’amore possa essere conosciuto e vissuto a diversi gradi. Cap 3 – I DINAMISMI DELLA LIBERTÀ La libertà sussiste solo nella concretezza delle singole azioni. L’azione è la dimora della libertà. Analitica dell’atto La legge morale è immessa nell’uomo dallo Spirito Santo e presuppone la libertà d’agire. Seguire questa legge morale significa comportarsi secondo essa, cioè dimostrare di seguirla con le proprie azioni e la propria vita. L’agire morale richiede continuità e su di essa si pongono domande riferite al passato, al presente e al futuro: che cosa hai fatto, che cosa stai facendo, che cosa hai intenzione di fare. Se non si facessero queste domande, l’agire sarebbe valutato solo dopo la morte, quando sarebbe compiuto, ma in questo caso l’uomo non potrebbe valutare la sua vita e quindi verrebbe meno la sua responsabilità e anche la responsabilità morale. San Tommaso distingue tra gli atti propri del genere umano (naturali) e gli atti desiderati dall’uomo (liberi): negli atti umani è presente la libertà, è indicata come azione; mentre gli atti animali sono indicati dalle passioni. Ma l’uomo è insieme spirito e corpo, pertanto non possiamo incasellare ogni azione in una delle due categorie ma ci sono azioni che sono intreccio di azione e passione, cioè un insieme delle due categorie. L’agire morale vede come limite inferiore l’azione sfuggita: quella istintiva, al limite superiore l’azione differita: quella legata alla volontà, alla libertà di scelta e preparata. Ogni azione differita ha perciò dei tempi: il tempo del volere, del progetto, della scelta, dell’efficienza e della gioia/soddisfazione. In questo tipo d’azione, la libertà è sempre presente e ogni azione richiede lunghezza di tempi diversa. All’interno di ciascuna azione vi è: • Un oggetto che non deve essere solo fisico, ma collegato al bene o al male, quindi scelto. • Le circostanze che rispondono al concetto già espresso di limiti di libertà, non modificano la qualità morale dell’azione, ma concorrono ad aggravarne il concetto positivo o negativo. • Un fine, che a volte è diverso dall’oggetto. 6 Metafisica dell’atto La scelta della libertà umana rispetto al suo bene fondamentale, Dio, prende il nome di opzione fondamentale. Tale opzione, attraverso cui l’uomo decide radicalmente di sé, accogliendo o rifiutando Dio, è più che tutte le azioni morali come tali, è più profonda, le penetra e le supera. L’indissociabile intreccio tra scelte particolari e opzione fondamentale è vincolo imprescindibile per l’interpretazione dell’agire morale dell’uomo e va posto in relazione con la peculiarità del più grande e primo dei comandamenti “amerai il signore Dio tuo e il prossimo con tutto te stesso”: l’originalità sta nella correlazione, chi non ama il proprio fratello non può amare Dio. Il darsi dell’opzione fondamentale nei singoli atti conosce diversità di grado: • Atti profondi: opzione fondamentale si modifica, coinvolge totalmente la libertà della persona. • Atti periferici: opzione fondamentale rimane invariata, coinvolge parzialmente la libertà della persona. Il passaggio dal “si” al “no” nei confronti di Dio costituisce il peccato. Il passaggio dal “no” al “si” costituisce la conversione. La coscienza Il Vaticano II definisce la coscienza come il nucleo più segreto dell’uomo, dove si trova da solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria. Nella storia, la si è intesa: • Come voce di Dio (Agostino). • Come voce dell’uomo (Tommaso). La seconda concezione è la più diffusa nella dottrina cattolica. La coscienza morale comprende sia la stabile percezione dei principi della moralità, sia il giudizio concreto su atti che sono stati o non ancora compiuti. A fronte del rischio di censura della voce di Dio nell’interpretazione della coscienza, il Magistero insiste sulla necessità di concepire la coscienza come testimonianza di Dio stesso. La coscienza non è più una voce solo divina o semplicemente umana, ma è un fenomeno relazionale, derivante dalla relazione che la libertà umana intrattiene con lo spirito divino, è una voce sinfonica che attesta e giudica le azioni. Ci sono quattro relazioni costitutive della coscienza: • La relazione ambientale con la natura e la cultura. • La relazione interpersonale con il corpo. • a relazione interpersonale con il prossimo umano. • La relazione religiosa con Dio. Storia dell’atto Quando la scelta è di ordine morale, riguarda cioè il bene da fare, succede che l’uomo compiendolo ne entra in possesso, diviene cioè buono, mentre omettendolo se ne priva e diventa cattivo. La bontà di cui l’uomo entra in possesso o si priva attraverso le sue scelte diviene condizione del suo agire, un habitus che si specifica in virtù, storia buona della libertà, o vizio, storia cattiva della libertà. Entrambi appartengono alla libertà: la virtù determina il bene fatto dalla libertà, il vizio il male. Aristotele insegna che la virtù è acquisibile dall’uomo mediante l’esercizio ripetuto e costante di un’azione buona ed è quindi il prodotto dell’attività dell’uomo. Tommaso provvede all’integrazione del quartetto delle virtù morali di prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, introdotte nel cristianesimo come virtù cardinali da Ambrogio da Milano, con la triade delle virtù teologali di fede, carità e speranza. Le virtù teologali non si uniscono alle morali per addizione, ma si infondono in esse. In particolare è Paolo che formula la triade (fede, speranza, carità): • Carità: attrazione dell’amore di Dio. • Speranza: movimento nell’amore di Dio. • Fede: affidamento all’amore di Dio. 7 Paolo parla dell’agape (carità) come delle più grandi virtù teologali, essa è l’origine, il senso, il movimento e anche il fine della vita cristiana. Cap 4 – LE SCELTE DELLA LIBERTÀ La libertà si trova impegnata nell’alternativa tra due possibili scelte: • La scelta del male: peccato. • La scelta del bene: conversione. Il peccato L’iniziativa dello Spirito Santo obbliga la libertà a reagire, impedendo spazio di astensione rispetto all’amore di Cristo: “chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, dispende”. L’unico peccato imperdonabile è quello contro lo Spirito Santo. Il peccato, in quanto indurimento della libertà, viene definito mortale. Considerando che lo Spirito instilli l’amore di Cristo nell’intimo dell’uomo, il peccato può essere definito come disamore: è la maligna opposizione all’amore. Il disamore peccaminoso è la distrazione dall’amore integrale di Cristo e la deviazione verso forme di pseudo-amore: commettere peccato significa omettere di amare integralmente. Le forme principali di disamore potrebbero essere descritte attingendo alla tradizione dei vizi capitali. Peccato mortale: coincide con l’interruzione della relazione con Dio e il prossimo. Non si restringe ad un atto puntuale, ma comporta il protrarsi di una relazione interrotta. Peccato veniale: crea le premesse per la rottura della relazione con Dio e il prossimo. Riconosciuto come la preistoria del peccato mortale. Deliberato consenso, piena avvertenza (fanno riferimento alla percezione del bene del prossimo e alla disposizione a realizzarlo) e materia grave (precisata dai comandamenti) sono tre elementi la cui compresenza comporta il peccato mortale e l’assenza di uno dei quali comporta il peccato veniale. La conversione Rispetto all’attrazione dello Spirito, la libertà può arrendersi e lasciarsi plasmare affinché ami come Cristo: ciò avviene nel corso del tempo. La storia della conversione non conosce solo il progresso lineare, ma anche arresti, cadute, regressi. La conversione ha il suo momento iniziale nell’atto di fede. Il momento sacramentale è quello del battesimo, il quale toglie il peccato ma lascia la concupiscenza (predominio della materia sullo spirito, segno del peccato originale). L’inizio della conversione morale si caratterizza come liberazione dal dominio della concupiscenza in modo tale che la libertà non assecondi la sua inclinazione al peccato. Strumento necessario è il sacramento della riconciliazione. Bisogna riconoscere e combattere il peccato fin dal suo comparire come tentazione, che, come atto sulla libertà, richiede di reagire. La tradizione cristiana distingue la tentazione tra diavolo, mondo e concupiscenza. • La tentazione diabolica agisce sulle altre due. • La tentazione mondana (occasione di peccato): circostanza che costituisce occasione esteriore di tentazione, secondo la gravità del peccato si distingue in prossima o remota, secondo la possibilità di evitarla i distingue in occasione necessaria o occasione volontaria di peccato. • La concupiscenza è la tentazione interiore e sorge come deformazione della coscienza. Il racconto di Genesi 3 (serpente e mela) mette in evidenza come il peccato sia nato nella tentazione interiore, che mira a falsificare la realtà: l’immagine del mondo viene distorta. Bisogna quindi vigilare sulla propria immaginazione. PARTE 2 – NATURA E ETICA Cap 1 – BIOETICA: UNA NUOVA SCIENZA? 10 Ripresa sintetica In definitiva, il disordine e la confusione etica si manifestano quando non c’è il rispetto per l’embrione, quando lo si manipola, a seconda della volontà della coppia. Questo mette in luce l’assurdità delle quantità di embrioni conservati nel mondo, che non si capisce quale continuità avranno, se non saranno fatti sviluppare da coppie richiedenti. La sperimentazione scientifica non ammette che si abusi di altri esseri umani, comunque concepiti. Il rischio è che l’embrione sia considerato semplice materiale sperimentale e non essere umano concepito. È difficile stabilire dove finisce la consapevolezza matura e comincia l’egoismo. Le pratiche tecniche sono solo prove per medici e scienziati, a cui non interessa dell’essere umano a livello sociale e morale. “La scienza e la tecnica richiedono il rispetto dei criteri fondamentali della moralità”. La chiesa condanna le pratiche se non sono di carattere propriamente terapeutico, cioè, finalizzate a superare la condizione di sterilità per una coppia davvero desiderosa di procreare. Cap 3 – UN NUOVO MODO DI CURARE Con la formulazione del codice genetico, portato a compimento nel 2000, ciascun individuo può sapere tutto di sé grazie ad una sigla. Subito si è previsto che il codice genetico e la scoperta della bioetica avrebbero influenzato tutte le scelte e azioni della nostra vita. Alcuni dati essenziali Il nucleo di ogni cellula del nostro organismo contiene il codice che regola il tutto-individuale caratteristico della nostra specie. Tale patrimonio è contenuto nel DNA (acido desossiribonucleico). Una rivoluzione medica? Lo scopritore del DNA parla di una rivoluzione medica, che ha permesso di capire che la vita umana non è altro che una serie di reazioni chimiche. Ci sono altri entusiasti di questa scoperta, mentre c’è chi la vede come qualche cosa di terribile e fantascientifico. Positivo o negativo: per qualcuno è la possibilità di superare i limiti fisici della vita; per altri è la paura di manipolare qualche cosa di intimo dell’uomo, forse la sua anima. Il discorso scientifico prevede comunque un aspetto di ricerca e sperimentazione, che va fatto su individui. Questo comporta la necessità del consenso del paziente, ma la perplessità è su quanto il paziente conosca, sia informato della sperimentazione che è fatta a suo carico. Inoltre, spesso la pratica non soddisfa la teoria, nel senso che i risultati delle terapie applicate in seguito alle sperimentazioni sono molto inferiori alle attese. Perciò l’efficacia delle teorie sperimentali non giustifica tante sperimentazioni a danno degli eventuali pazienti. Il medico è da sempre anche un ricercatore, perché ogni caso gli può servire come esperienza e come esperimento, ma la differenza sta tra tentare di applicare una terapia efficace e invece tentare una terapia sconosciuta per vedere se sarà efficace. La sperimentazione va fatta a favore dell’uomo e non sull’uomo. L’ingegneria genetica include altre implicazioni: scoprire la situazione genetica di una persona vuol dire anche scoprire dati sulla sua famiglia e può incidere sulle scelte. Inoltre, l’ingegneria genetica ha costi elevati e si rischia di permettere la terapia ad un ambito sociale limitato. Ancora, si ha un’implicazione di carattere sociale quando la terapia ha l’obbiettivo di mantenere in vita una persona, perché c’è in tutti il senso di attaccamento alla vita, a dimostrazione che vivere è bello: apprezzamento del dono della vita che Dio ci ha fatto. 11 Ma la continuità della vita dev’essere completa, non solo fisica-sperimentale. Questo discorso si ricollega alla necessità di uno sviluppo che deve essere completo, non solo economico e tecnologico, ma deve riguardare l’intero sviluppo della persona, quindi anche quello intellettuale e morale. Alcune problematiche specifiche Sempre più si fa ricorso ai test genetici, sia prenatali sia postnatali per scoprire la possibilità di malattie presenti o dell’insorgere di malattie in futuro. I test sono invasivi e possono provocare danni fino al 4% di probabilità. Per quanto riguarda eventuali malattie o malformazioni coperte dai test prenatali, non ci sono terapie possibili e l’unica terapia proposta è quella dell’aborto procurato, cosicché viene meno il discorso dell’amore e rispetto per l’altro, considerato che la creatura già in embrione è un essere vivente. Perciò la coppia è posta davanti ad un dilemma psicologico, senza nessun aiuto. Per quanto riguarda le terapie possibili sugli adulti, scoperte dai test postnatali, le terapie geniche consistono in una manipolazione del nastro del DNA, inserendo geni “sani” o modificando quelli malati, in modo che l’adulto quando vorrà procreare trasmetterà altri geni sani. Si tratta di interventi complessi e rischiosi, sulla cui efficacia senza danno non si hanno certezze. Le cellule staminali vengono usate come terapia. Sono cellule non ancora impiegate in una funzione precisa, che sono di scorta e possono essere indirizzate verso la formazione del tessuto necessario, là dove sia compromesso. Sono di solito sottratte ad un embrione e questo significa la sua distruzione, che si scontra con il pensiero etico, perché l’embrione è usato solo come strumento. Alla ricerca sulle cellule staminali, si collega la clonazione: da un embrione far nascere due individui perfettamente identici. Non si accetta la clonazione a scopo riproduttivo, ma si accetta quella terapeutica, bloccando lo sviluppo di uno degli embrioni a uno stadio iniziale, in modo da creare cellule staminali adatte a qualunque funzione, da usare per l’altro individuo se ne dovesse aver bisogno. La valutazione teologico-morale si basa sul fatto che viene meno il rispetto dell’individuo, che è usato solo come strumento. Esso non avrà mai la libertà di scegliere d’essere trattato in questo modo. Cap 4 – UN NUOVO MODO DI MORIRE? Anche il modo di morire è cambiato nel tempo: da un momento solenne e sereno col prete e coi parenti, è diventato un lungo processo con rianimazioni, terapie, intubazioni e altro; perché si vuole provare tutto per protrarre la vita anche di mezza giornata, torturando il malato. È difficile e faticoso curare un malato, ma si preferisce sottoporsi a tale sacrificio pur di averlo in vita, in qualunque condizione. Non si accetta più la morte come condizione dell’essere umano. Le sperimentazioni sono volte a prolungare la vita, come se si potesse diventare eterni. La morte ha un coinvolgimento psichico in varie fasi: • Il rifiuto e la rabbia che si sfoga contro tutti (perché io?) • Il compromesso con Dio (in quei casi ci si attacca a tutto per prolungare la vita). • La depressione per l’impossibilità di ripresa. • Rassegnazione e accoglienza del destino. Non tutte queste fasi riguardano tutti e non nello stesso ordine, ma tutti sono accomunati dalla speranza che sia un incubo, che non sia vero e ci sarà un risveglio. È necessario avere col malato una comunicazione sincera, rispondendo anche alle domande più difficili e gravi. La morte ai giorni nostri è diventata un tabù, quello che un tempo era il sesso. I bambini pensavano di essere nati sotto i cavoli, ma assistevano alla morte del nonno nella sua camera. Oggi sanno da subito come nascono, ma si nasconde loro il significato della morte; non si fa riferimento alla morte. 12 Il paziente spesso accetta le terapie invasive, perché vede nel medico poteri enormi che lo rendono immortale, come ciascuno pensa di essere. Il medico è sempre apparso una figura di grande potenza, ma il suo ruolo vero è di alleviare il dolore, non di prolungare la vita dove non si può o dove non ha significato. La morte è il completamento del percorso dell’uomo. Nel momento della morte si è consapevoli di essere vicino a Dio. Con la morte si ha: • Distacco da tutto ciò che è uomo. • Rinascita e riavvicinamento a Dio. La morte appartiene all’uomo e deve viverla nel momento previsto. La morte deve essere intesa come un momento del vivere, come parte integrante della natura umana. Su questa base, la libertà dell’uomo non deve spingersi a scegliere la morte, il momento, il modo. Non deve compromettere l’atto di consegnarsi a Dio, accettando spontaneamente il momento. L’intervento dell’uomo deve essere rivolto a limitare la sofferenza e accompagnare l’ultimo periodo, senza accanimento e senza nulla da nascondere alla persona. Eutanasia ed esubero terapeutico Eutanasia: “morte bella”, era una pratica intesa a rendere piacevole anche il morire. Attualmente indica il processo di accelerazione della morte, per compassione verso il malato che soffre. È attiva, quando si fa qualcosa per procurare la morte (iniezione); è passiva, quando si interrompono le terapie che mantengono in vita (ossigeno, flebo). In entrambi i casi si trascura il valore etico. Esiste anche il suicidio assistito, in cui il medico non agisce, ma dà al malato le conoscenze e gli strumenti per agire da solo. Il contrario dell’eutanasia è la distanasia o l’esubero terapeutico, in cui si forniscono al malato supporti terapeutici superiori al moralmente lecito, per tenerlo in vita ad ogni costo, anche in condizioni gravemente compromesse. In entrambi i casi, eutanasia ed esubero terapeutico, riconosciamo la fuga dalla morte. Entrambe le procedure sono contro la morale teologica, in quanto non tengono conto della dignità della persona che muore. Quasi una conclusione: vivere la propria morte L’apparente contraddizione di questo titolo si spiega con la necessità di essere educati alla consapevolezza che avremo una fine e che questa non dipende da noi e non deve dipendere da altri esseri umani. PARTE 3: SESSUALITÀ E MATRIMONIO Cap 1 – GLI ENIGMI DELL’AMORE Perché enigmi? Perché l’amore sfugge a ogni definizione precisa. Tra teologia morale, diritto e teologia sistematica Il Concilio Vaticano II modifica i contenuti della dottrina morale relativamente al matrimonio. In precedenza, si rifaceva ad un documento del 1930 in cui il matrimonio era l’atto religioso e riconosciuto a termini di legge, che consentiva la procreazione, cioè l’obbedienza a un ordine divino, che però non teneva conto della sessualità, né dell’innamoramento e dell’affetto che è necessario tra uomo e donna per arrivare alla decisione del matrimonio. La purezza dell’atto coniugale e la fedeltà dei coniugi erano prescritte dai comandamenti “non commettere atti impuri” e “non desiderare la donna d’altri” (ora modificato in “non commettere adulterio” per evitare l’aspetto maschilista). Il matrimonio in generale era considerato come un sacramento. Si metteva in evidenza la sua funzione di fondamento della famiglia, per la procreazione e l’educazione dei figli. La morale relativa ad esso prevedeva che fosse usato come strumento per la procreazione. Non si faceva un discorso generale sulla sessualità e sul matrimonio, introdotta solo col Concilio Vaticano II. Una scelta metodologica: ascoltare il contesto 15 Quindi il matrimonio ha una dimensione fisica nella storia, nello spazio e nel tempo; manifesta la partecipazione di Dio attraverso la grazia. Cap 3 – LE CARATTERISTICHE DELL’AMORE Il nome proprio dell’amore: come Cristo amò la Chiesa L’amore di Cristo è il criterio per interpretare la qualità dell’amore tra uomo e donna. Per sapere la qualità completa della forza che lega l’uomo e la donna dobbiamo guardare a Lui. Il culmine dell’amore di Gesù è nell’accettazione del sacrificio della croce, quando dà la vita per la chiesa, la sposa. Quello dei coniugi è, prima di tutto, amore pienamente umano, quindi sensibile e spirituale, non semplice trasporto dei sensi. È inoltre atto della volontà libera, destinato a mantenersi e ad accrescersi attraverso le esperienze quotidiane, gioie e dolori. Inoltre, dall’amore trae durevole felicità. Infine, non si esaurisce nell’amore dei coniugi, ma procura nuove vite, oggetto del medesimo amore. Le caratteristiche dell’amore di Cristo Come un diamante irradia luce da diverse angolazioni, Cristo irradia amore distinto in 4 tratti essenziali: • Amore totale: dal punto di vista fisico si può esprimere con l’amore sessuale; l’uomo e la donna riconoscono la propria diversità e unità: unione dei corpi che si mescolano in una nuova forma; unione degli animi, nella componente emotiva e psicologica. • Amore fedele: l’unione di coppia presuppone l’esclusività, un amore esclusivo che i coniugi si possono permettere. È il riflesso dell’amore esclusivo che Cristo ha per la Chiesa, come sua sposa. Perché ciascuno dei due accolga l’altro come coniuge e faccia con consapevolezza la promessa di fedeltà, occorre che conosca l’altro in tutte le sue dimensioni, fisiche e spirituali. Questa fedeltà va oltre il fatto di non avere un altro, significa la riscoperta quotidiana dell’altro come fonte inesauribile di vita e felicità. • Amore indissolubile: i due non diventano uno solo istantaneamente, ma nel tempo. L’unione non si scioglierà più. • Amore fecondo: donare la vita a una creatura è un gesto di partecipazione a perdere la vita. Il figlio ha diritto di essere voluto e accettato nella sua identità; perciò, da quel momento il matrimonio che diventa famiglia non si limiterà a due, ma le scelte devono essere fatte anche per il bene del figlio. Imboccato il sentiero La grazia che lo Spirito Santo diffonde e immette nei due coniugi non è un dono che viene dato in quel momento, ma è un dono che si sviluppa da quel momento in poi, che dà le basi per una vita futura che si accetta comune, con le quattro caratteristiche elencate. Cap 4 – I SENTIERI DELL’AMORE La morale cristiana va vista come impegno della propria libertà e della propria coscienza a ricercare il bene e dargli attenzione. In questo senso le norme e le regole sono da interpretare come un dono che vi viene fatta da Dio. Sentieri che si aprono La via dell’amore comincia dal grembo materno e procede fino a farci riconoscere e accettare la persona con cui intraprendere un legame coniugale. Per arrivare a questo, occorre un coinvolgimento completo della personalità: prima di tutto la costruzione di una solida identità personale e quindi la conoscenza della diversità dell’altro. Inoltre, occorre sviluppare il desiderio di fare una scelta di fede. Il primo compito dei fidanzati è di prendersi cura l’uno dell’altro: questo è il passo fondamentale per considerarsi soggetti attivi del proprio matrimonio. Hanno una loro storia distinta, un cammino dopo il battesimo. L’impegno della conoscenza reciproca deve partire da loro, ma è importante che abbiano anche una guida spirituale che insegni loro come aprire il loro amore di coppia. 16 Durante il fidanzamento sviluppa e cresce il rapporto affettivo, c’è una maturazione spirituale che porta a decidere se sposare o no quella persona. I fidanzanti devono essere preparati alla vita di coppia, ma anche alla famiglia: vanno preparati. Sentieri quotidiani Dopo la celebrazione delle nozze, si dà avvio alla vita coniugale. Col sacramento del matrimonio si riceve il dono di amare il proprio coniuge e i seguenti figli come Gesù ha amato noi e la Chiesa. Per riuscire in questo intento, è necessario che gli sposi conducano una vita cristiana, sulla quale fondare la loro quotidianità. La spiritualità coniugale Spiritualità qui significa presenza dello Spirito Santo, trasmesso attraverso il sacramento. Proprio lo Spirito Santo è il propulsore, perché ogni giorno progrediscano verso una sempre più profonda unione tra loro a tutti i livelli. Dal Concilio Vaticano II è emersa la convinzione che il matrimonio può essere considerato alla stregua di una vocazione sacerdotale: amandosi l’un l’altro gli sposi amano Dio. Le regole dell’etica matrimoniale non sono vincoli, ma percorsi lungo i quali l’amore sessuale diviene comunione integrale; esse intendono salvaguardare i comportamenti della coppia, perché rispondano al desiderio di divenire una cosa sola. Ciascuno dei due deve donarsi all’altro nella propria totalità e allo stesso tempo deve accettare l’altro. L’atto non deve ridursi a solo rapporto fisico, senza amore o sentimento, o alla sola ricerca del piacer erotico o alla procreazione. La castità è l’arte di parlare l’amore personale attraverso il linguaggio dell’eros. La poligamia o l’adulterio impediscono la fedeltà, in quanto impediscono ai coniugi di appartenersi l’un l’altro in modo totale ed esclusivo. L’atto coniugale porta alla procreazione. Per una procreazione responsabile, i metodi naturali che rispettano la fecondità della donna sono accettati, in quanto mantengono l’integrità corporale dei due. I metodi contraccettivi sono invece la negazione dell’atto. Sentieri tortuosi Ci sono delle possibili deviazioni che oscurano la relazione d’amore con Cristo. La via del matrimonio è difficile da percorrere, perché sono due che devono portarla insieme. Il criterio fondamentale per riuscire è quello di rimanere fedeli a Cristo. Non è considerata trasgressiva il divorzio, ma anche la stabilità di un matrimonio che non sia dono completo dei coniugi. Questo consente alla chiesa di valutare la possibilità di sciogliere matrimonio non cristianamente regolari. Unione irregolare è quella di persone battezzate che vivono insieme senza aver contratto matrimonio: conviventi, sposati solo civilmente, divorziati risposati. Guidata dal profondo amore materno, la chiesa ha il ruolo di richiamare ad una situazione regolare quelli che se ne sono allontanati. È necessaria un’azione pastorale misericordiosa per giungere ad un riavvicinamento. Anche queste persone continuano ad appartenere alla Chiesa, la quale deve stare vicina a questi figli che si trovano in un momento di sofferenza e difficoltà. La chiesa non esprime un giudizio morale sulle persone, ma analizza il fatto che queste persone non possono vivere nella fedeltà e secondo i criteri considerati, perché hanno un precedente che è venuto meno. La chiesa è propensa a riconoscere la possibilità di un nuovo sacramento. PARTE 4: PERSONA E SOCIETÀ Cap 1 – UN’ETICA SOCIALE E CRISTIANA Sguardo all’attuale fenomeno sociale Lo sguardo sulla società attuale coglie una serie di sintomi: frammentazione, flessibilità, multicentricità. La società si presenta oggi all’insegna della complessità, ovvero come una realtà in cui è necessario comprendere 17 le differenti tensioni presenti al suo interno. Il tratto caratteristico del nostro tempo è la “globalizzazione”, con i relativi pregi e difetti. La tensione fondamentale oggi sembra essere quella tra individuo e società. C’è uno scarto sempre più marcato tra il cittadino, o più semplicemente l’uomo che pensa sé stesso come un io isolato, e la società, intesa come realtà periferica e sganciata dal vissuto personale. La persona è sempre un essere in relazione. A fronte di tale approccio individualista al sociale, apprezzate sono le relazioni comunitarie o primarie in cui prevalgono i tratti del riconoscimento dell’altro e dell’attivo coinvolgimento. La libertà dell’uomo si rende afferrabile in tre dimensioni della vita sociale: personale, comunitaria, istituzionale. Ciò significa che ogni problema sociale necessita di essere indagato almeno sotto questi tre profili. Un’etica sociale non potrà non tener presente di queste dimensioni, perché è dal loro intreccio che la libertà può essere colta in modo totale. Un metodo per l’etica sociale Le tre tappe irrinunciabili sono rappresentabili secondo lo schema: • Fenomeno sociale: la società è un fenomeno che accomuna la vicenda di tutti. • Rilettura alla luce della fede cristiana: la Bibbia. • Etica sociale: si manifesta in quanto direzione di compimento della libertà. La verità dell’agire sociale La verità delle relazioni, nella Scrittura, si dà in modo paradigmatico, mediante la narrazione di vicende esemplari, ad alto contenuto simbolico. Con “giustizia” la Scrittura esprime il modo più autentico di vivere le relazioni nella storia, nelle concrete circostanze del vissuto. Tra due diverse e conflittuali modalità dell’agire nelle relazioni, la Bibbia non definisce con criteri astratti la migliore, ma dal confronto vivo tra le modalità possibili dell’agire fa scaturire la migliore, perché il lettore ne sia istruito. Giustizia è fedeltà, solidarietà, lealtà, anche in condizioni estreme, come di fronte al nemico o all’avversario. Si sta parlando di Antico Testamento (La Legge di Israele, la Profezia) e il Nuovo Testamento (Gesù e la società del suo tempo, Dio e Cesare, Paolo e gli altri scritti). L’esigenza di un Fondamento Gesù è il solo Giusto: in lui si rivela la giustizia autentica. Circa il fenomeno sociale le relazioni si presentano nella loro verità come vincolo. Circa la prospettiva etico-sociale le relazioni si presentano come occasione di solidarietà, di condivisione e come opportunità di essere con e per l’altro. Circa la verità ultima della società, la Scrittura rivela una più profonda verità delle relazioni, interpersonali e sociali. Cap 2 – UN’ECONOMIA A SERVIZIO DELL’UOMO Un’introduzione all’etica delle relazioni economiche L’economia si occupa di quei bisogni dell’uomo per cui possono essere soddisfatti mediante beni scambiabili, dotati quindi di un certo valore di scambio. In questo senso, si parla di bisogni e di beni economici. I beni economici possiedono attitudini in grado di soddisfare alcuni aspetti dei bisogni umani. Tale attitudine è detta utilità. Il problema economico sorge in quanto i bisogni e beni economici si presentano contrapposti quanto a disponibilità: • I bisogni si presentano come tendenzialmente illimitati. • I beni si presentano come tendenzialmente scarsi. 20 COMANDAMENTI PER LA LIBERTÁ Introduzione Il Decalogo (o Dieci Comandamenti) viene consegnato da Dio a Mosè sul Monte Sinai (al popolo d’Israele liberato dalla schiavitù). In ebraico ‘’Le dieci Parole”. Possiamo anche chiamarli dieci ordini perché sono formulati come imperativi. Consistono in 2 tavole: nella prima troviamo i doveri verso Dio, nella seconda verso il prossimo. Il Decalogo contiene i principi essenziali per la vita della persona e ha influenzato i principi civili, i diritti e i doveri su cui si fondano le società. I dieci comandamenti sono chiamati anche “Tavola della Legge”. Viene inaugurata in questo modo l’alleanza sul Sinai, tra Dio e gli uomini. Viene fatto un ‘’patto’’, continuando quella relazione di liberazione già inaugurata. Il Decalogo può essere inteso come un ‘’documento’’ che ricorda le ‘’clausole’’ per mantenere viva questa relazione. I comandamenti sono scolpiti su pietra (materiale meno deperibile), questo garantisce continuità e fedeltà meglio della trasmissione orale. Le Dieci Parole sono eterne perché capaci di reincarnarsi sempre nella vita degli uomini di ogni tempo, perché sono parole scolpite nel cuore. L’alleanza è il desiderio di Dio di entrare in un profondo legame con l’uomo, alleanza vuol dire contratto, patto. ‘’Io sono JHWH tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla casa dei servi’’ ➔ prima delle 10 parole. Non-comando. Sottolinea l’iniziativa di Dio che vuole entrare in relazione con gli umani. Non è strettamente necessario essere credenti, ebrei o cristiani, per comprendere, aderire e vivificare questi “ordini”. Vivere seguendo i precetti di Dio significa amarlo. Le prime 10 tavole sono state scritte da Dio stesso, le altre 10 da Mosè sotto volontà di Dio. Un orizzonte di libertà – io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile (1) La prima delle Dieci Parole è un “non comando”, in quanto non è finalizzata alla prescrizione di qualcosa da dover fare, ma rimanda piuttosto a quella che possiamo definire come condizione di comprensione e praticabilità sia delle nove parole successive che di ogni altro precetto rivelato: si tratta di una solenne affermazione divina che precisa il motivo fondamentale in base al quale accogliere ogni comando/insegnamento, ma soprattutto attesta l’autorevolezza di Colui nel nome del quale viene trasmesso. È interessante notare che questo non-comando, che rimanda in maniera precisa e significativa al rapporto fra il Signore e il popolo che è stato liberato, è espresso al presente, mentre le nove parole successive sono tutte espresse al futuro, indicando cosa fare o non fare nella prospettiva di una promessa di bene. Nella prima delle Dieci Parole è quindi contenuto il nome divino nel quale, misteriosamente, convivono due dimensioni: l’immanenza di un Dio che cammina con gli uomini, nella loro storia, e che al contempo è totalmente altro, trascendente e irriducibile a concetti umani, motivo per cui la seconda delle Dieci Parole insiste sul divieto di ricondurlo a qualsiasi schema raffigurabile e nominabile. Idoli e ideologie - non avrai altri dèi di fronte a me (2) Nella Bibbia non troviamo l’opposizione tra religione e ateismo, ma tra fede ed idolatria. Idolatria: ciò che le persone riconoscono come valore fondamentale che guida le loro scelte. Abbiamo bisogno che ci sia indicata una direzione, di risposte chiare. L’idolo è la risposta a questo (popolo di Israele ha usato le sue ricchezze per costruire il vitello d’oro). La scienza è fondamentale, non possiamo fare a meno 21 di essa nella lotta contro la Pandemia ma anche questa fiducia cieca in essa può trasformarsi in un idolo, non facendoci vedere che non tutti possono accedere ai suoi risultati. La costruzione dell’idolo riposa su un’operazione di semplificazione della realtà. Nel nome, un programma – non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano (3). La legge può essere paragonata ad un recinto all’interno del quale c’è la vita e al di fuori si trovano i pericoli innumerevoli di morte. Il nome esprime la funzione di un elemento nell’universo. Il Creatore conclude la sua opera assegnando un nome ad ogni sua creatura. Il Creatore dà il compito all’uomo di assegnare nomi agli animali: ogni animale acquisisce in questo modo il diritto ad essere un elemento intoccabile ed essenziale nel mondo. Invano sta per nulla, vale a dire non abusare del nome di Dio, cioè non farne un uso indebito e illecito. Oltre al “non pronunciare” si deve procedere anche nella semantica del “non nominare” che va oltre il valore sinonimico e scende ancor più in profondità. Nome di una persona assegnato alla nascita ➔ esprime l’attività, funzione sociale che eserciterà nella sua vita. EX Abramo (padre del popolo di Israele). Dio cambierà il suo nome in ‘’Israele’’. Il nome di Dio ➔ ‘’Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe’’ Dio va a identificarsi con la sua appartenenza al popolo di Abramo. Il nome di Dio non può essere pronunciato senza vivere seguendo speranza, fede e carità. Non può essere nominato invano. Non si può abusare del suo nome EX tutte le guerre fatte in nome di Dio. Liberare il tempo – osserva il giorno del sabato per santificarlo, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato (4) Proprio quei verbi che, prima, semplicemente esortano e, poi, rimandano a un preciso comando del Signore, a un ordine perentorio, sembrerebbero confermarne il carattere meramente impositivo. Il Signore stesso pone al quarto posto, subito dopo quelli più direttamente riferiti a lui e prima di quelli riguardanti comportamenti sbagliati specificamente umani. Le caratteristiche importanti sono che: la prima è che, per essere reale, deve riguardare tutti, non solo il singolo o alcuni gruppi, e la seconda è che dev’essere vissuta in una dimensione decisamente comunitaria. Un tempo liberato, che gli esseri umani possono finalmente dedicare a ciò che hanno di più caro: il rapporto con Dio, innanzitutto, attraverso il culto e la preghiera. Ma anche la riflessione su sé stessi, sulla propria vita, il rapporto con la famiglia e quello con i fratelli, gli altri, la comunità. Un “ri-poso” che non è semplice ozio e può piuttosto essere inteso anche come “ri-posizionamento”, come il luogo e il momento, cioè, in cui si osserva la propria esistenza da una prospettiva diversa. Giornata di riposo (Dio si riposò) ma anche per onorare il Signore. Per stare in famiglia. Tuttavia, negli ultimi tempi viene considerato come un giorno da riempire con le commissioni che non si è fatto in tempo a fare in settimana. Una giornata vuota. Si va affievolendo, invece, la percezione della domenica e della festa come occasione per ritrovare sé stessi nella riflessione, ma soprattutto per partecipare alla costruzione della propria comunità. Il lavoro è benedetto: viene ancora visto come prestazione fisica e basta, invece che essere riconosciuto come partecipazione a un processo creativo. Si parla ancora di sfruttamento, quando non di vera schiavitù come per tanti immigrati che vengono assoldati per la raccolta nei campi. 22 La domenica e le festività finiscono così per essere sempre più ridotte solo a esperienze di consumo, in cui i legami sociali e lo stare insieme sono subordinati allo scambio monetario, al profitto. Proprio il contrario di quella gratuità che è la natura costitutiva della festa e di rapporti autenticamente umani. L’opposto di quanto il comandamento di “santificare le feste” ci offre come occasione di una libertà che non può essere né acquistata né venduta, ma sempre e solo donata a tutti. Quali madri e padri - onora tuo padre e tua madre come il Signore tuo Dio ti ha comandato (5) Cosa significa in questi nostri anni la scelta della paternità e della maternità? Parliamo di “scelta”, e lo diciamo in modo consapevole perché, se tutti siamo figli, i genitori sono sempre meno e, allo stesso tempo, sempre meno sono coloro che desiderano diventarlo, a differenza della società di riferimento dell’autore biblico, dove i pochissimi non genitori interrogavano sé stessi e, soprattutto, Dio sulla disgrazia dell’infecondità loro toccata. Era post-familiare: il far famiglia diventa agli occhi dei giovani solo una delle possibilità (non quella preferenziale). Denatalità, crollo dei matrimoni, decrescita famiglie con figli. ‘’Onorare’’ vuol dire anche accettare la gioia e l’impegno di far posto ad una nuova vita. In questa prospetti, a ben guardare, il “post-familiare” non esiste. Esisteranno le famiglie del futuro prossimo, certamente diverse rispetto agli schemi che ci hanno accompagnato per tanti anni. La famiglia ideale, come la storia e la nostra esperienza ci dimostra, non esiste. Non lo era la famiglia patriarcale, o quella borghese o quella mononucleare. La famiglia “senza famiglia”: la tendenza ormai prevalente tra le giovani coppie a mettere sullo stesso piano relazioni istituzionalizzate e ogni altra modalità di intendere affetti e legami. Il quadro a questo punto rischia di diventare contraddittorio. Giovani donne, ancorate all’etica della cura, che si aprono alla possibilità della generazione, ma soltanto in un quadro di stabilità familiare che non è necessariamente quello istituzionalizzato. E, sullo stesso piano, altre giovani donne che, raggiunti i trent’anni e un lavoro stabile, preferiscono mettere da parte i sogni di maternità ma anche quelli di una relazione forte, rinunciando a immaginare il proprio futuro in chiave familiare. Perché, cioè non abbiamo ribadito con più forza e con più determinazione la pari dignità della “doppia carriera” a cui oggi i genitori sono chiamati? Invece per troppo tempo l’impegno tra le pareti di casa, indirizzato al benessere della coppia coniugale e alla cura dei figli, è apparso a tante madri, ma anche a non pochi padri, meno appagante rispetto a quello da dedicare alla realizzazione personale sul lavoro. Ecco perché capire cosa significa oggi “onora il padre e la madre” vuol dire anche superare tanti stereotipi legati alla progettualità familiare che sfuma. Forse “onorare” andrebbe oggi tradotto in una duplice prospettiva. Tenendo, cioè, presente quella di chi non trascura l’ipotesi di diventare genitore. E quindi appare disponibile a declinare “onorare” nel significato di desiderare, accogliere, accettare la gioia ma anche il sacrificio rappresentato dall’impegno di far posto a una nuova vita. Fecondazione assistita e adozioni: è necessario parlare anche di chi non vuole figli o non può averne o di chi ricorre alla fecondazione assistita o all’adozione (scelta a cui ricorrono sempre meno persone). Maternità surrogata: una donna che quasi sempre dietro compenso presta il suo corpo per una gravidanza, ma che rimane biologicamente una madre. Una madre che ama comunque ama la creature da cui ha deciso preventivamente di separarsi. Come si fa a dire lei non vada ‘’onorata’’? Tra poco tempo ci saranno anche migliaia e migliaia di bambini che dovranno coniugare il quinto comandamento al plurale ‘’onorare i miei padri e le mie madri’’. Si tratta di un tema che divide molto. Ogni madre e padre può essere ricchezza ma anche sofferenza: si pensi a un bambino che in famiglia viene maltrattato, come potrà delineare il quinto comandamento se quando lo sentirà avrà solo sofferenza e rabbia? Diritto di uccidere? - Non ucciderai (6) 25 ‘’Non ruberai’’ non fa riferimento solo al singolo furto ma anche quel tipo di furto con il quali si toglie all’altro la possibilità di vivere, il potente che opprime il povero, oppure il ricco che nega all’indigente la possibilità di vivere, rifiutandogli il salario. Rubare è molto più che prendere qualcosa che non ti appartiene, è un tradimento dell’alleanza e una ferita alla tua comunità. Cogliere e mangiare ciò che si trova nel campo del ricco non costituisce né un furto né una colpa poiché si è spinti a farlo dalla fame e bisogno, anzi è un gesto permesso e tutelato dalla Legge. In primo piano c’è la difesa della vita e della libertà dell’essere umano, non tanto della sua proprietà. Il primato della vita si conferma nel fatto che il furto non è mai punito con la condanna a morte, ma deve restituire ciò che ha rubato. La proprietà privata e la ricchezza sono ammesse, ma con limiti e nella misura in cui concorrono al benessere della comunità. La terra è stata creata come un bene per tutti, ricchi e poveri, quando aiuti il povero restituisci il dovuto. Nell’economia globalizzata, dominata dalla ricchezza immateriale prodotta da una finanza senza regole, il confine tra il rubare e il non rubare, tra il furto e il comportamento onesto diventa sempre più incerto. In più, si parla anche di corruzione. La corruzione è finalizzata a sottrarre risorse pubbliche e private a vantaggio di pochi amici, a conquistare nuove posizioni di potere o conservare e consolidare rendite e vecchi privilegi. Prendersi cura di un mondo in cui prevale “l’economia della truffa”, richiede riaffermare il principio di legalità. Eppure, si continuano ad accettare sconti in cambio di una mancata fattura e continua l’evasione fiscale, restiamo indifferenti di fronte alla piaga del lavoro nero e irregolare. Non rubare non può limitarsi al rispetto della “roba” degli altri. Quando lo Stato non fa la sua parte venendo meno all’articolo 3 (rimuovere gli ostacoli che impediscono l’uguaglianza e il pieno sviluppo della persona) l’illegalità spadroneggia. Furto in politica: comprare voti e indifferenza ai bisogni dei cittadini. Menzogna e false notizie - Non pronuncerai testimonianza menzognera contro il tuo prossimo (9) Il pronunciare falsa testimonianza ha a che fare con le parole e la ricezione popolare coglie in questo precetto la condanna della bugia, della calunnia, della maldicenza e così via. Questo comandamento è perciò decisivo per la correttezza delle relazioni sociali e delle azioni penali ma anche per la tutela della dignità di una persona: per questo, in senso positivo, è l’esaltazione del diritto all’onore come dovuto a ogni persona. Nesso tra falsità e morte: anche nei confronti di Gesù si istruì un processo sulla base di una falsa testimonianza. Alcuni testimoniarono il falso, portando alla sua uccisione. Lotta alle fake news: le parole possono portare anche ad uccisioni, rovinare intere esistenze. Le fake news son spesso paragonate a dei virus: si diffondono e contagiano ancor prima che riusciamo a diagnosticarli. Nell’era digitale è fondamentale verificare le notizie ma basta una sola disattenzione e le menzogne vengono diffuse. Nell’era digitale diventa fondamentale verificare la fonte delle notizie, ma basta una disattenzione o un po’ di superficialità per rendersi, anche in maniera inconsapevole, complici di una cultura che diffonde menzogne per interesse di potere. La calunnia genera calunnia (film tedesco): chi gioca con la calunnia alla fine può rimanerne vittima, la seconda, invece, nella direzione del cercare la via di un bene senza ambiguità e a beneficio di tutti. Il bene genera bene (immagine di Giuseppe d’Egitto): chi riesce a sopravvivere al male subito e a non diventare a sua volta generatore di male può portare parole e gesti di vita che superano ogni calunnia. 26 Collezionisti di desideri - Non desidererai la moglie del prossimo. Non bramerai la casa del tuo prossimo né il suo campo schiavo schiava bue asino né alcuna cosa che gli appartenga (10) In ordine di importanza, il decimo comandamento sarebbe l’ultimo, ma in realtà è unanimemente riconosciuto come un comandamento particolare che sintetizza tutti gli altri. Infatti, invece di proibire un’azione riguarda l’intenzione con cui la compiamo. In questo senso, parla del cuore e di come desideriamo intimamente quello che appartiene agli altri, e come ognuno di noi possa arrivare alla violenza pur di averlo. Il punto di vista del Decalogo è fortemente patriarcale: la moglie non aveva nelle società d’Oriente piena capacità giuridica. Faceva parte dell’insieme delle proprietà, tanto più che la si comprava con uno scambio di beni e una dote. La donna è sempre di qualcuno, di un uomo, sia un padre, un marito o un fratello. È un’idea che perdura ancora oggi tra popoli che restano legati a queste tradizioni. Nel velo, o fazzoletto, che deve nascondere le donne, fino ad arrivare al burqa, troviamo spesso non tanto un gesto di sottomissione a Dio, quanto un segno di sudditanza. Il messaggio è l’accettazione rassegnata di non voler attentare all’onore maschile con troppa libertà femminile. Da un lato la nostra società desidera di possedere tutto, dall’altro sembra prevalere in molti una sorta di anestesia, un torpore. Proprio perché si desidera tutto e troppo, si finisce per non desiderare più niente. Forse, una società senile come quella europea e occidentale, a differenza dei popoli giovani negli altri continenti, vive un problema col desiderio, che si affievolisce con l’invecchiamento. La crisi demografica, che si accompagna alla sfiducia nel futuro, rende sospettosi e prudenti. I figli non sono più dono della natura, ma volontà; la procreazione diventa programmazione. Si parla di desiderio condizionato. Desideriamo possedere cose, l’organizzazione capitalistica suggerisce di desiderare sempre oggetti nuovi, promette immaginari piaceri che non potranno mai essere soddisfatti del tutto. L’iperconsumo crea un desiderio infelice: comprato l’oggetto desiderato se ne desidera subito un altro. Non si vuole veramente quel bene o persona, ma si vuole sottrarlo all’altro. Però l’invidia la si preferisce nascondere perché, se si rivelasse si ammetterebbe la propria inferiorità. L’invidia ai tempi dei social media: il ‘’mediatore’’ ci indica quello che dobbiamo/possiamo apprezzare, chi dobbiamo apprezzare, e di quale reputazione possiamo disporre. I nostri “cervelli emotivi” sono profondamente contagiati dagli altri e Internet rappresenta un ambiente particolarmente mimetico. Tendiamo ad agire facendoci guidare dalle reazioni degli altri. Siamo condizionati dalla pressione dei like e post. Il sistema dei social media costruito sulla condivisione all’interno delle proprie tribù favorisce le emozioni ostili.