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dispensa storica gatti, Sintesi del corso di Linguistica Generale

riassunto della dispensa del corso di linguistica generale

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica dispensa storica gatti e più Sintesi del corso in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! LINGUISTICA GENERALE Dispensa storica - Gatti Introduzione Una prima delimitazione dell’oggetto e del metodo della linguistica La lingua è una componente essenziale della vita dell’uomo, tanto sul piano conoscitivo, quanto su quello pragmatico. Il linguaggio è: · Il tratto specifico dell’essere umano · L’indizio della razionalità umana · L’unica finestra che abbiamo sullo spirito umano I problemi sollevati dalla lingua sono diversi, a seconda delle domande che ad essa si pongono e della prospettiva nella quale ci si colloca. 1. La lingua può rappresentare un problema dal punto di vista della prassi, e in questa prospettiva costituisce un problema anzitutto per il politico. La società politica tende a dare ad una o più lingue il marchio dell’ufficialità rispetto ad altri idiomi che possono essere usati. 2. Si può inoltre considerare la lingua dal punto di vista sociale. La lingua è uno strumento di comunicazione e costituisce quel tessuto che unisce gli individui nella società. L’interazione umana, infatti, è possibile soltanto perché c’è una lingua e quindi un codice comune ad un insieme di parlanti che così vengono a costituire una comunità linguistica. La lingua però ha un valore sociale perché non è soltanto strumento di unione ma anche di divisione, di individuazione. Parlare la stessa lingua è un modo per appartenere allo stesso gruppo, per costituire il “noi” che si oppone al “voi”, agli “altri”. 3. La lingua è rilevante, e in più sensi, dal punto di vista economico. Fin dall’antichità, in epoche di intensi scambi economici, si sono affermante lingue internazionali di vario tipo per consentire le comunicazioni fra nazioni diverse. C’è un rapporto tra la stratificazione economica di una società e la sua stratificazione linguistica. 4. C’è un rapporto fra lingua e cultura, sia intesa in senso generale sia in relazione agli ambiti specifici in cui la cultura si suddistingue. La cultura può essere vista come un super-codice che ha tra i suoi sottosistemi, come perno del proprio funzionamento, la lingua naturale. In questo ambito, si evidenziano altri rapporti della lingua con diversi aspetti della cultura: Þ Si individua un rapporto fra lingua e filosofia. La filosofia si regge su un linguaggio; ora questo linguaggio offre al filosofo un sistema di categorie semantiche dalle quali egli non può prescindere e che non può dare per scontate se non rinunciando alla totale assenza di presupposti cui, in quanto filosofo, deve tendere. Þ Esiste poi un rapporto fra lingua e ideologia. I paesi che mutano regime politico modificano anche la loro struttura semantica e spesso il loro frasario; insomma, il modo di affrontare la 1 realtà con il linguaggio. Sempre più spesso l’ideologia si avvale di sofisticate manipolazioni del sistema linguistico: una versione più smaliziata e radicale della retorica. Þ Il rapporto tra lingua e scienza viene posto in luce soprattutto nella nostra epoca. Le diverse scienze sono certo tuttora attente alla loro metodologia e alla loro base sperimentale, tuttavia viene sempre maggiormente alla luce questo rapporto necessitante tra linguaggio, metodo e oggetto di una determinata scienza. Noi ci occuperemo però della lingua dal punto di vista linguistico. Abbiamo una prima definizione della linguistica (o glottologia): è la scienza che si propone di spiegare come una lingua funziona. La situazione problematica che si presenta allo studioso della lingua è la seguente: fra i tanti fatti con i quali veniamo a contatto, solo la lingua costituisce un fatto per molti aspetti sorprendente, quasi assurdo  il fatto che delle sequenze di elementi fisici fonici (i suoni), grafici (i caratteri), gestuali ecc. sono portatrici di messaggi. Il messaggio supera la sfera puramente fisica, appartiene alla sfera dei significati. È proprio perché questo fatto è sorprendente che molti pensatori hanno visto nella lingua il contrassegno della specie umana, l’unico elemento assolutamente indubitabile per distinguere l’umano dal non umano. Se il fato linguistico essenziale è il rapporto tra sequenze di elementi fisici e messaggi, dobbiamo subito affermare che la lingua non può essere affrontata solo in senso storico  dobbiamo passare da un atteggiamento diacronico (storico) nei confronti della lingua, ad un atteggiamento sincronico, cioè di contemporaneità: dall’analisi di una successione nel tempo all’analisi di una compresenza in una data sezione temporale  dev’esserci un rapporto tra presente e passato basato sul confronto e la verifica. “Was du von deinen Vätern ererbt hast, erwirb es, um es zu besitzen” (Faust pt. 1) “Quello che hai ereditato dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo”. Bisogna verificare e confrontare ciò che è fatto dai linguisti del passato per capirlo davvero. Conseguenze di tale affermazione: 1. La lingua deve essere studiata da un punto di vista strutturale Il concetto di struttura può essere accostato al vecchio concetto di “essenza” che significa ciò che fa di una cosa quel che essa è. Dire “strutturale” equivale a dire “essenziale”. Affrontando lo studio della lingua, il nostro approccio sarà strutturale se fra gli aspetti peculiari che caratterizzano in qualche modo il fatto linguistico (dal punto di vista fonico, sintattico, semantico, politico, culturale, ecc.) faremo emergere solo quei caratteri e quelle proprietà che costituiscono la lingua in rapporto a questa sua funzione essenziale. Si tratterà di far emergere ciò che di essenzialmente linguistico c’è nella lingua. 2. Il fine della linguistica è spiegare come la lingua funzioni “Spiegare” non significa chiarire un concetto in senso didattico (renderlo piano, accessibile) ma formulare delle ipotesi esplicite e coerenti, dalle quali tutti gli aspetti inerenti all’oggetto di 2 storico-comparativa, in quanto attraverso il confronto fra le varie lingue documentate si cercherà di ricostruire frammenti più o meno estesi dai quali le lingue documentate sono derivate  (Nella linguistica si prendono le lingue esistenti e le si confrontano per cercare una matrice, una protolingua originaria, che è l’indeuropeo). Questa loro comune derivazione è dimostrata dal fatto che si scoprono delle corrispondenze regolari che consentono un passaggio da un sistema linguistico ad un altro. Nascita dello strutturalismo Dalla linguistica storico – comparativa a quella strutturale Le origini della linguistica strutturale non sono state tuttora chiarite in tutte le loro implicazioni culturali. Se indubbiamente dobbiamo la sua prima formulazione sistematica a Ferdinand de Saussure, molti importanti aspetti di questo tipo di approccio linguistico erano stati precedentemente fissati in altre tradizioni (es. tradizione russa). Con la nascita dello strutturalismo nasce la volontà di scoprire come funziona la lingua, la sua struttura. · Ferdinand de Saussure Per analizzare il passaggio dalla linguistica storico-comparativa alla linguistica strutturale è utile iniziare con la lettura di un breve passo di Saussure, nel quale ci dà con precisione la misura del divario che separa le due linguistiche: “D’altra parte, come hanno proceduto coloro che hanno studiato la linguistica prima della fondazione degli studi linguistici, vale a dire i “grammatici” ispirati dai metodi tradizionali? È curioso constatare che il loro punto di vista, sulla questione che ci occupa, è assolutamente irreprensibile. I loro lavori mostrano chiaramente che vogliono descrivere degli stati, il loro programma è strettamente sincronico”. Il rapporto tra grammatica e linguistica appare molto più stretto di quanto si possa pensare. Dal punto di vista che a noi interessa – il modo in cui la lingua funziona – il fine cui tendeva la grammatica tradizionale era a noi più vicino di quanto lo possa essere uno studio storico- comparativo. Se si vuole scoprire come una lingua funziona ci si deve porre su un piano sincronico, descrivendo degli stati di lingua. “Così la grammatica di Porto Reale cerca di descrivere lo stato del francese sotto Luigi XIV e di determinarne i valori. Per far questo essa non ha bisogno della lingua del Medioevo: segue fedelmente l’asse orizzontale senza mai discostarsene. Questo metodo è dunque giusto, il che non vuol dire che la sua applicazione sia perfetta”. Saussure tenta qui di recuperare tutta la tradizione grammaticale. Ci mette in guardia: l’applicazione del principio sincronico attuato concretamente nella grammatica tradizionale non è corretto  c’è una continuità tra la grammatica scolastica e la linguistica del nostro secolo, ma non un’identità. Infatti: “La grammatica tradizionale ignora interi settori della lingua (come la formazione delle parole) e promulga leggi invece che descrivere fatti” “Si è rimproverato alla grammatica classica di non essere scientifica; tuttavia la sua base è meno criticabile e il suo oggetto meglio definito di quel che sia per la linguistica inaugurata da Bopp.” · Linguistica russa Un altro momento che cronologicamente precede questo passaggio dalla linguistica storica alla linguistica strutturale è rappresentato due rappresentanti polacchi della linguistica russa: Baudoin de Courtenay (1845-1929) e Kruszewski (1851-1887). Essi sono due linguisti polacchi che hanno operato nella scuola di Kazan’ (poi diventa di San Pietroburgo) e hanno contribuito a portare nello studio della lingua delle nozioni basilari che poi confluiranno nello strutturalismo saussuriano. 5 Þ In un passo del saggio di Baudouin de Courtenay del 1871: “Nell’oggetto della fonetica rientrano: a) la considerazione dei suoni dal punto di vista puramente fisiologico, le condizioni naturali della loro formazione, del loro sviluppo e la loro classificazione, la loro suddivisione; b) il ruolo dei suoni nel meccanismo della lingua e il loro valore per il sentimento del popolo non sempre coincidente con le corrispondenti categorie dei suoni in base al loro aspetto fisico e condizionato da una parte dalla natura fisiologica dei suoni e dall’altra dalla loro origine e dalla loro storia”. Egli mette a tema l’oggetto della fonetica, ovvero la branca della linguistica che si occupa dello studio dei suoni. Lui dice che l’oggetto della fonetica è duplice: Þ Si deve occupare dei suoni dal puto di vista storico: articolatorio, ovvero della modalità con cui il nostro apparato fonatorio produce il suono e quali organi sono coinvolti nel processo. E si deve occupare dei suoni dal punto di vista acustico, che rientra nella fisica. Þ Si deve occupare del ruolo che svolge un suono nel meccanismo della lingua. Il punto di vista qui assunto è chiaramente strutturale; l’intento è di vedere come la lingua funziona, di costruire delle ipotesi sul funzionamento della lingua. Compare la distinzione fra diacronia e sincronia: lo sviluppo genetico dei suoni, la loro storia non coincide con la funzione dei suoni nel meccanismo della lingua. Nel passo esaminato l’enucleazione del punto di vista strutturale è ancora mescolata ad un punto di vista tradizionale  Bisogna sia guardare i suoni dal punto di vista storico (diacronico), che osservarli in sincronia e scoprirne la funzione comunicativa. Nel seguente passo successivo, il principio strutturale è chiaramente enunciato. Þ In un passo del saggio di Baudouin de Courtenay del 1900 intitolato “Fonema”: “Fonema: unità fonetica viva sul piano psichico. Il termine “suono” indica l’unità più semplice della fonazione o della pronuncia che suscita la singola impressione fonetico-acustica, ma levandoci al livello della lingua reale, non ci basterà più il concetto di suono ma dovremo cercare un altro termine che possa designare l’equivalente psichico del suono: questo è il fonema.” È un saggio sul concetto di fonema, che è diverso da quello di fono  Fono= suoni dal punto di vista fisiologico (acustico-articolatorio)  Fonema invece è un’unità fonetica viva sul piano psichico. È un prototipo, una matrice, che abbiamo in sede mentale e che ci permette di realizzare i suoni. Ci permette di scoprire la pertinenza, rilevanza e significato dei foni Il suono come il fatto fisico concreto che viene pronunciato e udito non ha in sé rilievo linguistico, cioè non basta a far funzionare la lingua.  Il suono solo dal punto di vista fisiologico, è assimilabile a un rumore. Solo quando si guarda all’interno del sistema linguistico con la sua funzione precisa, diventa pertinente, rilevante e significativo. Þ Kruszewski, discepolo di Baudouin de Courtenay, scrive: “Tutte le parole senza eccezioni, a qualunque strato esse appartengano, portano in sé le tracce di processi fonetici, più o meno durevoli, puramente francesi. [...] Nessuna parola può esistere nella lingua senza essersi adattata con il suo aspetto esterno e interno 6 al tutto strutturato che si chiama lingua. Nessuna parola può esistere in una lingua se nella lingua esiste un’altra parola con funzione del tutto identica”. Egli osserva che osservando il francese si vede che non tutte le parole sono di origine francese, ma ci sono strati di parole provenienti da altre lingue, i quali si adattano però a leggi tipiche della lingua francese. Per esempio si adattano alla fonetica francese, alla semantica ecc. Egli individua nelle lingue la presenza di leggi che ne regolano il funzionamento  ragionamento strutturalista  in ciascuna lingua ci sono alcune leggi che non operano attraverso la storia, ma nella sincronia, nella contemporaneità (Saussure dirà nell’asse orizzontale). A questo punto, Kruszewski si chiede come avvenga l’apprendimento delle parole, che secondo lui avviene diversamente all’apprendimento dei nomi geografici  Risulterebbe infatti molto complesso imparare le parole a memoria, prese singolarmente come nomi di laghi. In realtà, tutti gli uomini con attitudini intellettuali normali giungono con facilità e abbastanza in fretta al possesso di una lingua. Questo perchè quando noi impariamo, per esempio, la parola “conduce” già conosciamo numerose forme o parole simili come “conduci”, “conducente” “conduzione”, “conduttore”. C’è quindi una parte della parola, “conduc-”, che ci è già nota tramite un insieme di altri termini che hanno in comune questa parte. Per lui la lingua è infatti “un tutto strutturato” (strojnoe celoe). Diventa chiaro che nella forma verbale da noi analizzata ritroviamo due parti che non appartengono alla singola parola, ma a insiemi di parole. Qualsiasi parola appare legata con le altre dai nessi dell’ associazione per somiglianza . Inoltre, se mi si presenta l’enunciato “Luigi ha corrisposto a Marco una grossa…”mi viene spontaneo completare i puntini con “somma”  metto in pratica così l’ associazione per contiguità, ovvero per compresenza di elementi nella catena. Osservazione 1 – Importanza dei due assi associativi per il funzionamento della lingua Si opera nel meccanismo della lingua di queste due dimensioni: l’asse della similarità o equivalenza e l’asse della contiguità Si parte dall’enunciato “Luigi beve molta birra”  funziona perché è collocato all’intersezione dei due assi: Þ c’è una contiguità fonetica (serie di suoni in successione), fonologica, morfologica (Luigi, bev-e, molt-e, birr-a), semantica e sintattica. Þ “Luigi” è stato inoltre scelto tra una serie di termini equivalenti che sono stati esclusi (“Luigi” non “Marco”). Lo stesso vale per il termine beve (“beve” non “trangugia”). NB  il concetto di equivalenza è relativo a ciascun livello: Es. se dal punto di vista semantico “Luigi” è equivalente a “Marco”, non lo è dal punto di vista fonologico. Aver individuato questi due assi fondamentali sui quali si regge l’atto linguistico equivale ad aver posto i due concetti centrali dello strutturalismo. Se connettiamo queste affermazioni di Kruszewski con quella di Baudouin de Courtenay constatiamo che già viene in luce la teoria strutturale. NB  loro non sono stati suggestionati da Saussure, nonostante le loro teorie fossero molto simili alle sue. 2.3 La dottrina di Ferdinand De Saussure Ferdinand de Saussure (1857-1913) è un linguista ginevrino. Egli pubblicò il “Cours de la langue générale” (1916)  sua opera più importante. 7 contemporaneamente tutti i foni. C’è un prima e un poi che nella lingua scritta si trasferisce nella successione. Secondo Saussure questa linearità è un fatto essenziale che caratterizza in profondità la natura del segno. Osservazione 2 – La linearità del segno È sorto il problema se la linearità faccia parte solo del significante o anche del significato. Dal punto di vista del significato, il segno non sembra essere lineare. La linearità che si esprime in un determinato ordine della parole può diventare però, in alcune lingue, lo strumento espressivo di determinati livelli del significato: Es. “John loves Mary” vs “Mary loves John” cambia il significato  Il cambiamento di significato è dato dal cambiamento delll’ordine. Qui cambia l’organizzazione comunicativa dell’informazione  L’ordine delle parole è significativo, anche se in modo diverso, e nelle diverse lingue ha sempre la funzione di esprimere determinati momenti del significato. Due nuovi concetti nel meccanismo della lingua sono: · L’entità: Saussure afferma che coincide nella lingua con il segno inteso come inscindibile unione di significante e significato. L’entità, in quanto è delimitata nella catena fonica, è un’unità · L’unità: è di natura funzionale e non va identificata con il segmento fonico isolato  L’unità che si costituisce non è un’unità materiale ma un’unità funzionale. L’unità linguistica è il senso in cui due segmenti fonici più o meno diversi sono una stessa cosa  posso dire “la guerra con un tono neutro, oppure esclamare “oh, la guerra” con sdegno  in entrambi i casi mi riferisco sempre allo stesso concetto. Il valore linguistico Possiamo definire la langue come il repertorio delle unità linguistiche mentre la parole va considerata l’uso di queste unità, possibile grazie al riferimento continuo a un sistema che costituisce i valori; questo far riferimento comporta l’identificazione di segmenti che materialmente possono avere una notevole differenza. Il sistema delle differenze su cui si fonda il valore linguistico viene paragonato al gioco degli scacchi: se si rompesse il cavallo durante una partita di scacchi, ai fini del gioco si tratterebbe di un fatto irrilevante, poiché basterebbe solo sostituire prontamente il cavalo con qualsiasi altro oggetto. L’unica condizione è che quest’ultimo non si confonda con un elemento già presente nel sistema. Tornando alla lingua, per Saussure si può sostituire, all’interno del sistema linguistico, un elemento ad un altro, purchè diverso da qualsiasi altro elemento già presente. Per lui la lingua è un processo di differenziazioni. Il segno ha natura oppositiva, per tanto segnala che il valore è questa unità linguistica con funzione differenziativa, che riguarda tutto il segno. L’identità delle entità e quindi delle unità linguistiche è costituita soltanto dalle loro differenze. Le unità linguistiche, esistono solo nel sistema, ossia esistono in quanto valori. Nel celebre capitolo sul “valore linguistico” Saussure colloca il segno nel sistema linguistico. Ciascun segno è costituito dal significante e dal significato i quali costituiscono un’entità linguistica solo se sono uniti; inoltre ogni segno è se stesso in quanto inserito nel sistema linguistico in cui funziona. · Piano del significante 10 Analizziamo il piano del significante. Ciascun elemento del significante (fonemi) è tale in quanto si oppone a tutti gli altri elementi. Dal punto di vista strutturale nel meccanismo della lingua non è importante che /b/ si pronunci [b], importa soltanto che si differenzi da tutti gli altri fonemi della lingua italiana (cfr. bere : pere). · Piano del significato Ma questo vale, secondo Saussure, anche sul piano del significato: ciò che costituisce un certo significato è il non identificarsi con gli altri significati. Là dove l’italiano distingue “legna”, “legno”, “legname” e “bosco”, il francese ha soltanto “bois” (area di significato più ampia ed estesa). In altre parole, come non è linguistico il suono in sé, ma il modo in cui il suono è articolato, così non è pertinente il significato in sé, ma il modo in cui il significato è articolato. Ciò che costituisce un certo significato è il non essere gli altri significati. La saldatura di queste due articolazioni dà luogo al valore linguistico. Il valore linguistico nasce dal fatto che il segno è unione inscindibile di significante e significato e dal fatto che ciascun segno non è sè stesso se non è visto nella solidarietà di tutto il sistema segnico; solidarietà che è garantita dal fatto che sui due piani ciascun segno è se stesso in quanto si oppone agli altri segni. Analogie nel concetto di valore linguistico Þ Rapporto fra pensiero e linguaggio, analogia col foglio di carta: “La lingua è paragonabile a un foglio di carta, il pensiero è il recto (fronte), mentre il suono è il verso (retro)  è impossibile ritagliare il recto senza ritagliare allo stesso tempo il verso” ergo il segno (unità linguistica) è unione inscindibile di significante e significato Þ Analogia fra sistema linguistico e sistema economico: Esiste un nesso profondo tra commercio e lingua. La comunicazione infatti non è altro che uno scambio come il commercio: 1. Una moneta può essere scambiata con della merce, così come una parola può essere scambiata con un’idea 2. Una moneta può essere confrontata con altre monete appartenenti allo stesso sistema o a sistemi diversi, così come una parola può essere confrontata con un’altra simile. Il valore di una parola nasce dalle differenze fra il suo significato e i significati delle altre parole. L’articolazione del significato è dunque determinata dall’articolazione del significante. Il segno non funziona isolatamente preso. In linea teorica è pensabile che ci sia un sistema con dei soli segni, ma non ci può essere per definizione un sistema con un solo segno. Questo perché la natura del segno è essenzialmente oppositiva; sia sul piano del significante sia sul piano del significato il segno è se stesso non per le qualità positive che possiede ma per il non essere gli altri segni, ossia per la sua forma e non per la sua sostanza. Þ Analogia tra la natura oppositiva del segno e i cappotti a teatro Noi a teatro portiamo i cappotti al guardaroba e in cambio riceviamo contrassegni diversi (significanti) per non confondere i cappotti (significanti)  l’unica cosa che conta è che i contrassegni siano differenti per non confondere i cappotti tra loro  Nel significante non ha dunque importanza la qualità positiva, ma la sua essenza negativa, il suo contrapporsi, la sua opposizione, il suo non essere gli altri significanti. La natura concreta, la sostanza, del significante non è rilevante dal punto di vista del funzionamento della lingua. 11 In sintesi, il valore linguistico è concepito come il fatto che ciò che caratterizza ciascun significato nel sistema, è il non essere gli altri significanti Il fatto indubitabile che ciascuna lingua distribuisce a modo suo i significati sulle parole viene interpretato da Saussure come prova del fatto che l’articolazione del significato si modella sull’articolazione del significante, in altri termini, come prova dell’esistenza di un legame assoluto, inscindibile tra pensiero e linguaggio, in quanto la peculiare articolazione del significato in ciascuna lingua sarebbe determinata dalla peculiare articolazione del significante. Il nucleo centrale della dottrina saussuriana può essere così sintetizzato: la forma linguistica del significante emerge in rapporto alla forma linguistica del significato; ma a sua volta la forma linguistica del significato emerge in rapporto alla forma linguistica del significante. È evidente il circolo vizioso. In effetti la pura negatività non fondata su alcun contenuto positivo è contradditoria  (la grandezza x non può essere solo un non y senza essere anche qualcosa in sé stessa). Così come il morfo zero nel genitivo plurale di donna (женщина) in Russo, si esprime con женщин0  la desinenza zero non è solo un’assenza, un niente, ma nel suo essere una “casella vuota” funge da significante. Riprendendo l’esempio dei contrassegni del guardaroba, diciamo che i contrassegni per differenziarsi devono essere fatti in un modo tale che ci consenta di distinguerli gli uni dagli altri; saranno di materiale diverso, di diverso colore o avranno una diversa numerazione, ma devono in qualche modo differenziarsi, e per ciò devono avere delle qualità positive proprie. In rapporto allo spettatore, tuttavia, ciò che interessa è la loro funzione differenziativa, non la loro natura intrinseca. Tornando alla lingua si afferma che la forma del significante viene determinata in rapporto alla forma del significato ma questa viene determinata in rapporto alla forma del significante  ovvero: non soltanto i contrassegni sarebbero diversi affinchè non vadano confusi i diversi cappotti, ma i cappotti stessi sarebbero diversi per consentire contrassegni diversi. Tornando alla linguistica  non solo io pronuncerei suoni diversi per esprimere pensieri diversi, ma formulerei pensieri diversi per pronunciare suoni diversi  questa è un’aporia del discorso Saussuriano. “Da una parte, nel discorso, le parole contraggono tra loro, in virtù del loro concatenarsi, dei rapporti fondati sul carattere lineare della lingua, che esclude la possibilità di pronunciare due elementi alla volta. Si schierano le une dopo le altre sulla catena della parole. Queste combinazioni che hanno per supporto l’estensione possono essere chiamate sintagmi. Il sintagma dunque si compone sempre di due o più unità consecutive. Posto in un sintagma, un termine acquisisce il suo valore solo perché opposto a quello che precede o a quello che segue ovvero a entrambi.” Saussure individua 2 rapporti tra elementi: 1. Rapporti sintagmatici  elementi in “praesentia” = gli elementi della catena fonica sono legati fra loro 2. Rapporti associativi  elementi in “absentia” = l’elemento è legato a tutti gli altri elementi non presenti nella catena fonica Il discorso non è per noi completamente nuovo; ricordiamo quanto affermava Kruszewski affermava sui rapporti di contiguità e di similarità; in questo caso si stratta dei rapporti di contiguità. 12 · Le esclamazioni, molto vicine alle onomatopee, danno luogo a osservazioni analoghe. Per la maggior parte di esse si può negare che vi sia un legame necessario tra il significante e il significato. Inoltre, come le onomatopee, anche le esclamazioni variano da una lingua all’altra (il francese “aye!” corrisponde al tedesco “au!”). Riassumendo, le onomatopee e le esclamazioni sono d’importanza secondaria e la loro origine simbolica è in parte contestabile. 1. Secondo principio: la linearità  Il significante, essendo di natura auditiva, si svolge soltanto nel tempo ed ha i caratteri che trae dal tempo: · Rappresenta una estensione · Tale estensione è misurabile in una sola dimensione: è una linea. Questo principio è fondamentale e le sue conseguenze sono incalcolabili Tutto il meccanismo della lingua ne dipende. In opposizione ai significanti visivi (segnali marittimi etc.) che possono offrire complicazioni simultanee su più dimensioni, i significanti acustici non dispongono che della linea del tempo: i loro elementi si presentano l’uno dopo l’altro, formano una catena. Tale carattere appare immediatamente non appena li si rappresenti con la scrittura e si sostituisca la linea spaziale dei segni grafici alla successione nel tempo. Saussure e la traduzione Saussure parla di una dimensione interlinguistica, la quale collega le varie lingue. Es. Là dove l’italiano distingue “legna”, “legno”, “legname” e “bosco”, il francese ha soltanto “bois” (area di significato più ampia ed estesa). Non vi è un parallelismo perfetto fra due sistemi linguistici à un certo segno non ha un corrispondente perfetto in diverse lingue. Non vi è isomorfismo fra una langue e l’altra ma aisomorfismo  ciascuna langue distribuisce i significati a “modo suo” Conseguenza  è impossibile una traduzione diretta Cos’è la signification Confrontiamo le espressioni: 1. “Je mange du MOUTON” (francese) 2. “I’m eating some MUTTON” (inglese) Hanno stessa signification, ma diversi signifiès  ovvero essi hanno la stessa significazione, ma significati differenti: · Mouton (francese) à significa sia pecora viva che carne macellata (area semantica ampia, non vi sono distinzioni tra l’animale vivo e la sua carne). · Mutton (inglese)  indica l’animale macellato e si oppone a “sheep”(la pecora viva)  dirò infatti “the sheep (not the mutton) has been killed”. La signification è dunque il valore ultimo che il segno precisa in relazione al contesto, mentre invece il signifiè può indicare più significati non precisati: osserviamo il processo che avviene nel passaggio langue - parole: 15 · Mutton (inglese) il parlante attiva nella parole il segno “mutton” = carne di agnello macellata · Mouton  parlante francese prende il segno (con doppia semantica  pecora viva vs carne) e fa intervenire il testo: il parlante scarta un concetto e mantiene attivo quello pertinente al contesto (scarta quello di “pecora viva” e tiene attivo quello di “pecora macellata”) = quando dalla langue passa nella parole, il termine si precisa nel testo. Signification non è da confondere con denotato  infatti anche il tedesco Frege, distingue similmente: · SINN = oggetto, senso · BEDEUTUNG = denotato, significato La Scuola di Praga (pp. 29-48) Praga nel periodo fra le due guerre svolse per più ragioni un ruolo culturale di rilievo: era un punto di collegamento tra la cultura slava e la cultura europea occidentale; era inoltre, in continuità con la sua tradizione, un centro intellettuale molto attivo. La città appartiene linguisticamente al mondo slavo, con molti legami, grazie alle vicende politiche del passato, con il mondo germanico. Al tempo stesso Praga ha nella sua tradizione culturale una particolare attenzione ai problemi linguistici. L’attenzione filosofica per il linguaggio non può esercitarsi sull’evoluzione, ma sul funzionamento del linguaggio può considerare il linguaggio soltanto da un punto di vista sincronico. In Marty abbiamo un sostenitore dell’universalismo che, in conformità con l’impostazione gnoseologica generale di Marty, si fonda sulla presupposizione di una comune struttura psicologica degli uomini. La nozione di intenzionalità è vista da Brentano, maestro di Marty, come tratto distintivo di tutta l’attività psichica. La tesi di fondo dei linguisti praghesi è che nei fatti umani e nella lingua in particolare l’aspetto fondamentale è l’intenzione, la destinazione. Tale è il perno della concezione linguistica praghese, per la quale la domanda intorno alla causa lascia il posto alla domanda intorno alla fine. Si parla in effetti della Scuola di Praga come di una scuola “funzionalista”. Nella Scuola di Praga il concetto di funzione va inteso come “essere in funzione di..” ossia come finalità. Sono due punti di vista diversi ma altrettanto essenziali: da una parte ci si chiede come un fatto sia costituito, quali siano le funzioni che legano gli elementi di cui questo fatto è costituito e dall’altra ci si chiede a cosa serva questo fatto, verso quale fine sia destinato. I due punti di vista sono complementari e connessi. L’adeguatezza della struttura di un oggetto può essere valutata solo in rapporto alla sua funzione. Il Circolo di Praga fu fondato nel 1926 da Vilém Mathesius, un linguista praghese. A Praga però, intorno a Mathesius, si riunirono presto numerosi studiosi di origine orientale e occidentale. In primo luogo ricordiamo il russo R. Jakobson. Il contributo russo consiste in un accostamento alla lingua – che anticipa o è parallelo alla posizione saussuriana - come a un tutto strutturato, quindi come a un sistema di unità che si presuppongono vicendevolmente e sono organizzate sull’asse paradigmatico e sull’asse sintagmatico, oltre che nell’attenzione a tutti i livelli della lingua: fonologico, morfologico e sintattico. Jakobson era stato uno dei fondatori dell’OPOJAZ, società per l’analisi della lingua poetica. 16 Un altro elemento importante della componente orientale è la nozione di fonema. C’è una componente occidentale che viene rappresentata da Bühler e Benveniste. Il contributo della componente occidentale è anzitutto la dottrina di Ferdinand de Saussure, della quale conosciamo i capisaldi: la distinzione fra langue e parole, già però presente, in forma diversa, nei rapporti di contiguità e similarità evidenziati da Kruszewski, il rilievo dato alla forma in contrapposizione alla sostanza, in altre parole l’importanza data alla negatività delle grandezze linguistiche e al loro carattere puramente oppositivo. Queste tre componenti (praghese, russa ed occidentale) saranno sintetizzate anzitutto nell’opera di Trubeckoj, il quale darà di questa sintesi un’applicazione alla fonologia. Osserviamo che l’importanza che la fonologia riveste nella scuola di Praga è tale che talvolta si parla dei praghesi come di fonologi, cioè come di studiosi che avrebbero curato esclusivamente la fonologia. È più corretto parlare di funzionalisti perché, se la fonologia ebbe un’importanza preminente, gli altri campi non furono affatto trascurati. La lingua, in quanto prodotto dell’attività umana, deve essere analizzata in rapporto alla sua funzione che è di espressione o di comunicazione. È definita come “un sistema di mezzi d’espressione appropriati a uno scopo”. La prospettiva fondamentale è quella sincronica ma l’evoluzione non può essere trascurata. Per quanto riguarda l’analisi del suono si sottolinea la preminenza funzionale dell’aspetto acustico su quello articolatorio. Si dovrà distinguere ancora il suono “come fatto fisico, come rappresentazione, come elemento del sistema funzionale”. La descrizione del suono dal punto di vista fisico non ci dà l’aspetto essenziale del suono linguistico; le immagini acustiche soggettive (le rappresentazioni) possono essere considerate elementi di un sistema linguistico “soltanto quando svolgono in questo sistema una funzione di differenziazione dei significati”. Solo in questo caso si parla di fonemi. Essenziale è l’individuazione dei rapporti del fonema con gli altri fonemi del sistema. Il fonema deve essere caratterizzato dal punto di vista sintagmatico con la determinazione: · delle combinazioni ammesse rispetto a quelle teoricamente possibili; · dell’ordine dei fonemi in ciascuna combinazione; · dell’estensione delle combinazioni stesse. Attigua alla fonologia è la morfofonologia, che studia l’uso morfologico delle differenze fonologiche. Il morfonema è “un’immagine complessa di due o più fonemi che possono sostituirsi reciprocamente, secondo le condizioni della struttura morfologica, all’interno di uno stesso morfema”. Fondamento della denominazione è la parola, necessariamente presente in tutte le lingue anche se diversamente strutturata. L’atto sintagmatico fondamentale, che è insieme l’atto creatore della frase, è la predicazione. Il rapporto del soggetto grammaticale con il tema – inteso come ciò di cui si dice – da una parte e del predicato grammaticale con il rema (o enunciazione) – inteso come ciò che si dice del tema – dall’altra parte, è diverso nelle diverse lingue. Le forme linguistiche sono usate più spesso per pensare che per parlare. Le manifestazioni linguistiche possono caratterizzarsi per la prevalenza dell’aspetto intellettuale o dell’aspetto affettivo. Il linguaggio intellettuale ha una destinazione soprattutto sociale mentre il linguaggio emotivo può essere rivolto sia all’uditore per suscitare in lui determinate emozioni quanto destinato ad essere uno sfogo dell’emozione. Il linguaggio orientato socialmente ha una funzione comunicativa o una funzione poetica a seconda che sia diretto verso la realtà o verso il segno stesso. La funzione comunicativa può essere pratica quando il linguaggio è “di situazione” o teoria 17 combinazione. Tutte le strutture poetiche, dal verso, alla strofa, alla rima, all’allitterazione presuppongono la ricorrenza obbligatoria o facoltativa di elementi equivalenti (ugual numero di sillabe, identico schema accentativo, omoteleuto, identica quantità sillabica etc.). Nel linguaggio metalinguistico è il testo che pone in essere un’equivalenza, nel linguaggio poetico è l’equivalenza che pone in essere un testo. Per essere operante il messaggio richiede in primo luogo il riferimento a un contesto (il referente secondo un’altra terminologia) che possa essere afferrato dal destinatario e che sia verbale o suscettibile di verbalizzazione. Jakobson fa propria la tesi di Peirce secondo il quale la destinazione del segno è la tua traduzione in altri segni. Sia per il linguista che per il parlante comune il senso di una parola altro non è che la trasposizione di esso in un altro segno che può essere sostituito a quella parola. Osservazione 4 – Rapporto fra lingua e realtà La distinzione entro il linguaggio di langue e parole impone di distinguere il rapporto della lingua con la realtà dal rapporto della parole con la realtà. Qui si tratta di vedere in che rapporto i contenuti degli elementi delle lingue stanno con la realtà. Jakobson e Russel rappresentano due istanze ugualmente valide. · Russel sottolinea che la comprensione del significato di un termine deve rimandare in qualche modo all’esperienza immediata (acquaintance), la quale è necessariamente la fonte ultima di ogni contenuto. · Jakobson fa presente che noi possiamo rispondere alla domanda sul significato di un’espressione solo mediante un’altra espressione. Si parla di tre tipi di traduzione: · endolinguistica  la parafrasi; · interlinguistica  la traduzione comunemente intesa; · intersemiotica  il trasferimento di un messaggio da un codice semiotico ad un altro. Jakobson nota come il meccanismo della selezione stia alla base del costrutto metaforico mentre il costrutto della metonimia si fonda sul meccanismo della contiguità. Linguistica e poetica Le conferenze scientifiche non hanno nulla in comune con le conferenze politiche. Il successo di una riunione politica dipende dal consenso della maggioranza o della totalità dei suoi partecipanti; al contrario il ricorso al voto e al veto è estraneo alla discussione scientifica, in cui il disaccordo si rivela, in genere, più fecondo dell’accordo. Il disaccordo rivela antinomie e tensioni all’interno del campo studiato e stimola ulteriori ricerche. Durante le riunioni scientifiche degli esperti internazionali di varie discipline tentano di disegnare la carta di una regione sconosciuta, di stabilire dove si trovano gli ostacoli maggiori per l’esploratore, i picchi insuperabili, i precipizi. Il compito fondamentale della poetica consiste nel rispondere a questa domanda: “che cosa è che fa di un messaggio verbale un’opera d’arte”? Poiché questo compito concerne la differenza specifica che contraddistingue l’arte della parola in relazione alle altre arti e specie di comportamenti verbali, la poetica ha diritto al primo posto fra gli studi letterari. La poetica tratta problemi di struttura verbale e può essere considerata parte integrante della linguistica. Molti tratti poetici appartengono non soltanto alla scienza del linguaggio ma alla teoria dei segni nel suo insieme, cioè alla semiotica generale. Questa asserzione è valevole non solo per l’arte della 20 parola, ma anche per tutte le varietà del linguaggio, poiché il linguaggio ha molti caratteri in comune con qualche altro sistema di segni o anche con l’insieme di tali sistemi. La linguistica è in grado di indagare tutti i problemi possibili dei rapporti fra il discorso e l’universo del discorso: di esaminare che cosa, in questo universo, si traduce in parole attraverso un dato discorso, e in qual modo. Talvolta si sente dire che la poetica, in opposizione alla linguistica, ha compiti valutativi. Questa separazione dei due campi si fonda su un’interpretazione corrente, ma erronea, del contrasto fra la struttura della poesia e altri tipi di strutture verbali: si sostiene che questi ultimi si oppongono per la loro natura “fortuita”, e non intenzionale, al carattere intenzionale, “non fortuito”, del linguaggio poetico. Gli studi letterari, tra i quali la poetica occupa il posto centrale, implicano, esattamente come la linguistica, due gruppi di problemi: problemi sincronici e diacronici. La descrizione sincronica considera non solo la produzione letteraria di una data epoca, ma anche quella parte della tradizione letteraria che per l’epoca in questione è ancora vitale o e stata richiamata in vita. Il linguaggio deve essere studiato in tutta la varietà delle sue funzioni. I fattori insopprimibili della comunicazione verbale sono mittente, destinatario, contesto, messaggio, contatto, codice e ciascuno di questi fattori dà origine a una funzione linguistica diversa. Sebbene distinguiamo sei aspetti fondamentali del linguaggio, difficilmente potremo trovare messaggi verbali che assolvano soltanto una funzione. La diversità dei messaggi non si fonda sul monopolio dell’una o dell’altra funzione ma sul diverso ordine gerarchico fra di esse. La struttura verbale di un messaggio dipende prima di tutto dalla funzione predominante. La funzione emotiva, che si concentra sul mittente, mira ad un’espressione diretta dell’atteggiamento del soggetto riguardo a quello di cui si parla. Tende a suscitare l’impressione di una mozione determinata, vera o finta che sia. L’orientamento verso il destinatario, cioè la funzione conativa, trova la sua espressione grammaticale più pura nel vocativo e nell’imperativo, che, dal punto di vista sintattico, morfologico e spesso anche fonematico, si staccano dalle altre categorie nominali e verbali. Il modello tradizionale del linguaggio era limitato alla funzione emotiva, conativa e referenziale ed ai tre vertici di questo modello corrispondenti: alla prima persona (il mittente), alla seconda persona (il destinatario) e alla “terza persona” propriamente detta (qualcuno o qualcosa di cui si parla). Vi sono messaggi che servono essenzialmente a stabilire, prolungare o interrompere la comunicazione, a verificare se il canale funziona, ad attirare l’attenzione dell’interlocutore o ad assicurarsi la sua continuità. Questa accentuazione del contatto (la funzione fatica) può dare luogo ad uno scambio sovrabbondante di formule stereotipate, a interi dialoghi il cui unico scopo è di prolungare la comunicazione. La logica moderna ha introdotto una distinzione fra due livelli di linguaggio: il “linguaggio-oggetto”, che parla degli oggetti e il “metalinguaggio” che parla del linguaggio stesso. Ma il metalinguaggio non è soltanto uno strumento scientifico necessario utilizzato dal logici e dai linguisti, svolge anche una funzione importante nel linguaggio di tutti i giorni. Ogni volta che il mittente e/o il destinatario devono verificare se essi utilizzano lo stesso codice, il discorso è centrato sul codice, che svolge una funzione metalinguistica o di chiosa. 21 La messa a punto rispetto al messaggio in quanto tale, cioè l’accento posto sul messaggio per se stesso, costituisce la funzione poetica del linguaggio. L’analisi del verso è di stretta competenza della poetica, e quest’ultima può essere definita come quella parte della linguistica che tratta della funzione poetica nelle sue relazioni con le altre funzioni del linguaggio. La poetica, in senso lato, si occupa della funzione poetica non solo in poesia, dove questa funzione predomina sulle altre funzioni del linguaggio, ma anche all’infuori della poesie, quando qualche altra funzione si sovrappone alla funzione poetica. IL GENERATIVISMO SINTATTICO (pp. 80-85) Un discorso sul generativismo prende le mosse da Noam Chomsky. Discepolo di Harris in linguistica, è una figura preminente della linguistica contemporanea, un autentico innovatore che non solo ha modificato il metodo e la teoria linguistica ma ha capovolto la prospettiva delle scienze umane. L’influsso della linguistica chomskiana è assai rilevante nella teoria linguistica e in tutte quelle scienze che prima di lui erano chiamate Scienze del comportamento e che ora vengono denominate Scienze umane. Il suo contributo innovativo si caratterizza per un processo ininterrotto di rielaborazione protrattosi per più di vent’anni. La difficoltà di avviare un discorso su Chomsky dipende anche dal fatto che il suo è un punto di vista nuovo, strettamente legato all’ambiente culturale americano. Da una parte abbiamo l’affermazione del metodo “formale” mentre dall’altra abbiamo una posizione in cui si ritiene che il compito del linguista sia fra l’altro di mostrare come certi significati sono legati a certi significanti. La distanza fra queste due concezioni sembra incolmabile le invece si tratta di un percorso lungo ma continuo. La prima grammatica generativa trasformazionale La prima formulazione della teoria di Chomsky è affidata a due opere fondamentali: · Logical Structure of Linguistic Theory; · Syntactic Structures. È presente un legame con la linguistica boomfieldiana: Chomsky continua a parlare di rigore e di formalizzazione. Questo studio riguarda la struttura sintattica sia in senso lato sia in senso stretto. Fa parte di un tentativo di costruire una teoria generale formalizzata dalla struttura linguistica e di indagarne i fondamenti. Spingendo una formulazione rigorosa ma inadeguata ad una conclusione inaccettabile possiamo mettere in luce la fonte di questa inadeguatezza e guadagnare una comprensione più profonda dei dati linguistici. In Chomsky vediamo emergere una diversa formalità. Harris parla di “metodo formale” mentre Chomsky di “teoria formalizzata”: per formalizzazione si intende l’esplicitazione di tutti i passaggi del discorso e l’evidenziazione delle connessioni logiche della teoria. Se invece formalizziamo tale teoria, cioè la riconduciamo a un discorso dove ogni nozione è definita preliminarmente e ogni passaggio è esplicitato, questa diventa una teoria che si assume tutta la responsabilità delle conseguenze che da essa si possono trarre. Con il metodo formale Chomsky si propone di analizzare la forma linguistica La nuova concezione della forma linguistica indaga la forma linguistica stessa, ossia la sintassi. Il fatto che si riconducano infinite strutture linguistiche ai pochi principi e a pochi elementi primitivi per un verso risponde a esigenze linguistiche, cioè al modo in cui la lingua realmente funziona, per un altro verso risponde a esigenze, ossia a un principio generale al quale le scienze contemporanee si ispirano. Tale principio è il principio della generalità. 22 Dobbiamo chiederci se questa grammatica che non è altro che la versione generativa dell’analisi logica spieghi tutte le relazioni effettive che intercorrono fra i simboli, tanto le relazioni fra i simboli nella gerarchia quanto quelle che legano i simboli contigui nella sequenza derivazionale che in un determinato momento si raggiunge. La struttura sintagmatica ha come presupposto teorico fondamentale che fra la struttura del pensiero e la struttura del discorso, così come quest’ultimo si manifesta concretamente, ci sia una proiezione diretta, ossia che si possa segmentare la catena, in unità che hanno ciascuna il loro status nel sistema categoriale. Osservazione 2 – Spunti per una prima valutazione critica Fin qui non abbiamo esposto tanto la grammatica di Chomsky quanto il modo in cui Chomsky giudica debba essere costituita ogni grammatica, ossia che cosa Chomsky intenda per grammatica. Nell’interpretazione chomskiana della grammatica come calcolo ricorsivo che genera tutti e soli gli enunciati grammaticali di una lingua abbiamo invece la possibilità di verificare la validità della grammatica. In altri termini si è tratto di riformulare la grammatica tradizionale facendola diventare una scienza della lingua. La grammatica a struttura sintagmatica, invece di proporsi dei compiti di analisi, si propone dei compiti generativi: è la riformulazione della grammatica tradizionale per evidenziarne la capacità teorica. Inteso come calcolo però questo modello elaborato da Chomsky lascia un po’ a desiderare perché i presupposti sono un po’ troppi. Chomsky ingloba il modello a struttura sintagmatica nel proprio modello linguistico e sarà questo uno dei motivi per i quali il modello chomskiano non risulterà completamente soddisfacente. Chomsky fa proprie le categorie della grammatica tradizione e della linguistica descrittiva senza darne una propria definizione. Chomsky si limita ad assumere come già costruite le classi del lessico e come già definite le categorie maggiori. La limitazione imposta alla struttura sintagmatica di riscrivere un solo simbolo alla volta non è più ammissibile, perché qui le determinazioni comportano la riscrittura dell’intero indicatore sintagmatico o per lo meno della parte di esso entro la quale opera questa intersezione della struttura sintagmatica. Abbiamo superato la grammatica a struttura sintagmatica e intravisto il modo in cui Chomsky intende sostituire questa grammatica. Non il rifiuto della grammatica a struttura sintagmatica ma la sua integrazione in una grammatica più completa, nella quale intervengono regole di ordine diverso che tengono conto di questo particolare rapporto tra pensiero e linguaggio. Quando ci troviamo di fronte ad una congiunzione gli elementi congiunti devo essere anzitutto costituenti effettivi e, in secondo luogo, devono essere costituenti dello stesso tipo. Quando abbiamo in due enunciati un’identità parziale bisogna fare attenzione che l’identità parziale non intersechi i confini di sintagma. Inoltre i membri congiunti devono essere dello stesso tipo. Quando abbiamo in due enunciato un’identità parziale bisogna fare attenzione che l’identità parziale non intersechi i confini di sintagma. Inoltre i membri congiunti devo essere dello stesso tipo. Osservazione 3 – Polisemia delle strutture congiunte Trattare indistintamente gli enunciati dove compia la congiunzione e come il risultato di una trasformazione che fonde insieme due enunciati diversi non è certo opportuno. La congiunzione presuppone o pone in essere un gruppo di due o più elementi accomunati 25 dall’essere nella stessa situazione secondo un rapporto che può essere di contiguità o in senso lato. La nozione di trasformazione è un’operazione in cui una sequenza (string) di simboli, analizzata nei termini di un indicatore sintagmatico di base o derivato, ossia tale che ad esso è già stata applicata qualche trasformazione. Si parte da una sequenza di simboli che sono stati analizzati mediante un indicatore sintagmatico ad essa associato. Chomsky osserva: Se la grammatica a struttura sintagmatica è arbitrariamente limitata a un certo sottoinsieme di enunciati dichiarativi semplici, allora la grammatica più alta nella valutazione è adeguata insieme dal punto di vista intuitivo e sistematico. Uno dei requisiti fondamentali della grammatica è la semplicità e una grammatica che risparmi il ricorso a derivazioni diverse è ovviamente una grammatica più semplice perché ricorre ad un minor numero di principi esplicativi. La grammatica trasformazionale consente di derivare l’enunciato innestando ad un certo punto della derivazione dei meccanismi trasformativi con cui si ottengono diversi tipi di enunciato. La grammatica trasformazionale non solo “risparmia” numerosi procedimenti generativi ma evidenzia ciò che questi enunciati hanno in comune. Un componente trasformazionale è costituito da regole trasformative di due tipi: 1. trasformazioni obbligatorie: la regola trasformativa che pone –s (in inglese) come affisso verbale, quando si abbia un sintagma nominale singolare, non è una regola che si può applicare o non applicare per avere l’uno o l’altro tipo di enunciato, è una regola che si deve comunque applicare per avere un enunciato. 2. trasformazioni facoltative: sono le trasformazioni che abbiamo introdotto per ottenere diversi tipi di enunciato. Applicando le regole di riscrittura e le trasformazioni obbligatorie otteniamo gli enunciati nucleari, costituenti il nucleo della lingua. Applicando invece le regole di riscrittura, le trasformazioni facoltative e le trasformazioni obbligatorie otteniamo gli enunciati derivato o non nucleari. LA TEORIA STANDARD (108 – 109) Per ragioni interne al suo stesso pensiero e per esigenze sottolineate dai discepoli, Chomsky passa alla formulazione di una seconda teoria sintattica in cui il posto della semantica è ben diverso rispetto alla prima teoria. Il testo fondamentale in cui viene esposta questa teoria, chiamata teoria standard, è Aspects of the theory of syntax del 1965. La teoria standard è un po’ il modello classico di tutto il generativismo, nel senso che sia fautori sia avversari non posso non farvi riferimento. In questo modello restano soltanto le trasformazioni obbligatorie avendo un valore puramente sintattico. La teoria che si costruirà dovrà prevedere un livello della generazione dell’enunciato che ci caratterizza per essere responsabile del significato. Questo livello dovrà comprendere due tipi di informazioni: le informazioni sintattiche profonde (cioè quelle sintagmatiche) e le informazioni lessicali. Una delle regole della prima grammatica trasformazionale stabiliva che il simbolo E può comparire nel componente sintagmatico una sola volta e le combinazioni di più enunciati venivano trattate mediante lo strumento della trasformazione generalizzata. La trasformazione generalizzata coinvolge il significato giacché il modo in cui gli enunciati costituenti sono saldati per formare l’enunciato maggiore non indifferente per il significato di questo enunciato maggiore, non possiamo trattare trasformativamente il rapporto fra gli enunciati che costituiscono l’enunciato 26 maggiore. La sede del significato è la struttura profonda e quindi quel ruolo che nella prima grammatica trasformazionale era svolto dalle trasformazione generalizzate dovrà essere qui svolto anzitutto dal componente sintagmatico profondo. Come si può stabilire se una certa struttura profonda è davvero la struttura profonda del nostro enunciato e, data una struttura profonda, come si può stabilire che un certo enunciato è l’enunciato che viene derivato da quella struttura profonda? Chomsky confessa che non esiste nessun criterio esplicito formalizzabile per ricostruire, dato un enunciato, la struttura profonda ad esso propria. C’è un riferimento, pur non formale, al significato; ossia se una struttura profonda ha significato identico a quel certo enunciato superficiale, essa è la sua struttura profonda. In altri termini la struttura profonda è una formulazione di un enunciato tale che rispetti determinati requisiti formali, cioè si avvalga di determinati simboli sviluppati in un certo modo. 27