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Dispositivi elettronici, Appunti di Dispositivi elettronici

Per ingegneria elettronica: argomenti trattati, transistori

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 19/03/2021

Giuliaroms
Giuliaroms 🇮🇹

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Scarica Dispositivi elettronici e più Appunti in PDF di Dispositivi elettronici solo su Docsity! TRANSISTORI BIPOLARI I transistori bipolari rappresentano un’importante evoluzione, in quanto grazie a loro si è scoperta l'applicazione dell'amplificazione. Si è scoperto infatti che polarizzando in maniera opportuna i transistori bipolari era possibile ottenere un'amplificazione molto lineare senza distorsioni significative del segnale sorgente. In inglese vengono detti BJT= bipolar junction transistor Il termine giunzione ci ricollega ai diodi. Si parla, tuttavia, di una giunzione non più unipolare come il diodo (dove si ha un terminale in ingresso e una in uscita e si vede la corrente che scorre tra i due terminali). Si parla infatti di un dispositivo bipolare il quale è un dispositivo nel quale in ingresso e in uscita si ha una maglia, cioè esso ha due terminali in ingresso e due terminali in uscita. Indicando con Vi il segnale di comando in ingresso in questo caso ci interessa conoscere il segnale nella maglia in uscita V0, dunque avremo una funzione detta funzione di trasferimento che permette di comprendere il rapporto matematico tra il segnale in ingresso e il segnale in uscita. Inoltre, individuando quali sono i parametri che agiscono sulla funzione possiamo Modificare i parametri della funzione a nostro piacimento per ottenere ciò che desideriamo facendo in modo che il bipolo ottenuto funzioni secondo determinate caratteristiche che noi imponiamo. Dunque, è chiaro che in un bipolo bisogna avere un numero di terminali superiori a due. Il transistore bipolare viene incontro a questa necessità. Il principio di funzionamento di un transistore bipolare è quello di due giunzioni PN contrapposte tra loro. Rappresentiamo per il momento tutte e tre le zone uguali tra loro vedremo poi che geometricamente sono fortemente differenti tra loro. Infatti, un dispositivo bipolare non è simmetrico rispetto al punto mediale Ma è fortemente asimmetrico e basa il suo funzionamento proprio sulla sua asimmetria Un dispositivo bipolare può essere di due tipi: • p-n-p • n-p-n Ovviamente entrambi i tipi sono duale i quindi ciò che accade in un dispositivo p-n-p sarà diametralmente opposto al dispositivo n-p-n. Supponiamo ora di voler considerare un transistor bipolare di tipo p-n-p Ipotizziamo di avere in corrispondenza del bordo sinistro una metallizzazione e di andare ad inserire un terminale, mentre in corrispondenza del bordo destro vi sarà un'altra metallizzazione e un altro terminale. Supponiamo inoltre di avere un ulteriore terminale nel centro In corrispondenza del quale abbiamo Un doppio elettrodo per cui vediamo che si crea un bipolo. Notiamo che orientando opportunamente il punto di vista si può creare un dispositivo bipolare anche in corrispondenza di altri terminali. Dunque, in base alle esigenze elettroniche che devo soddisfare andrò a scegliere il terminale in comune più opportuno Se invece non avessimo realizzato la parte rossa fortemente drogata ma avessimo realizzato una comune zona drogata di tipo p con un livello di drogaggio non molto alto, si sarebbe sviluppata una regione di carica spaziale abbastanza ampia e quindi campi elettrici moderati e di conseguenza una caduta di tensione non trascurabile in corrispondenza di questa giunzione metallo-semiconduttore. Dunque, il diodo Schottky è il diodo che si realizza quando metto a comune un metallo e un semiconduttore, ed è un diodo nel quale la regione di carica spaziale è tutta interamente confinata dalla parte del semiconduttore. Se vogliamo mutare le condizioni del diodo Schottky affinché diventi un vero e proprio contatto Ohmico in cui non vi sia caduta di potenziale, bisogna fare in modo che i portatori attraversino sempre la giunzione per effetto quantistico e quindi bisogna fare in modo che la giunzione sia molto drogata dalla parte del semiconduttore, in maniera tale che vi siano dei campi elettrici così elevati da trasportare i portatori senza una prestabile caduta di tensione (ovviamente il tutto sia dalla parte p, sia dalla parte n) e solo in questo modo siamo certi del fatto che applicando una tensione VD ai terminali del diodo, essa cada interamente sulla giunzione pn e non in corrispondenza delle giunzioni metallo-semiconduttore che inevitabilmente sono presenti all’interno del diodo. Torniamo ora alla spiegazione del transistor bipolare. Sappiamo ora che in corrispondenza del punto dove viene messo il terminare, sotto la metallizzazione, ogni regione presenta sempre una piccola area molto drogato per non danneggiare elettrostaticamente la parte che c’è sotto il contatto. Andiamo ora a vedere com’è fatto un transistor. e c b P N P Consideriamo un transistor di tipo pnp. Chiameremo emettitore la parte più a sinistra del transistor, base la parte centrale del transistor e collettore la parte finale del transistor. (vedremo che la scelta di questi terminali non è casuale in quanto bisogna immaginare come se in corrispondenza dell’emettitore andremo ad emettere le cariche utili del transistor, in corrispondenza del collettore si andranno a raccogliere gli effetti del transistor e in corrispondenza della base andremo ad attuare l’effetto transistor) Avremo dunque due tensioni: VEB: che sarà la tensione relativa alla prima giunzione pn dall’emettitore alla base. Notiamo che così come avevamo detto che la tensione in un diodo era positiva andando dall’anodo verso il catodo, nel caso in questione, la giunzione emettitore- base in un transistor pnp è una giunzione il cui anodo è l’emettitore e il cui catodo è la base. VCB: che sarà la tensione relativa alla seconda giunzione np dal collettore alla base. Notiamo che l’anodo sarà sempre dalla parte del collettore in quanto per definizione l’anodo si trova nella parte di tipo p e il catodo è la parte di tipo n. dunque nella seconda giunzione la tensione sarà positiva se viene detta come VCB con c anodo e b catodo. Dunque, ci troviamo in una situazione dove abbiamo due giunzioni i cui una segue l’altra: -nella giunzione EB si ha: una tensione VEB, una corrente di lacune IpEB che scorre, quando il diodo è polarizzato direttamente, dall’emettitore verso la base e poi abbiamo una corrente di elettroni InEB e questi elettroni attraversano la giunzione dalla base verso l’emettitore ma essendo elettroni la loro corrente sarà opposta e andrà sempre dall’emettitore verso la base. Quindi possiamo dire che la corrente complessiva è data dalla somma delle due componenti IEB= IpEB+ InEB -nella giunzione CB si ha: una tensione VCB, una corrente di lacune IpCB che vanno dalla base verso il collettore e una correte di elettroni InCB che vanno dal collettore verso la base. Quindi si avrà una corrente totale dal collettore alla base ICB= IpCB + InCB Dunque, come prima impressione abbiamo un transistor i cui terminali sono polarizzati direttamente e quindi si ha una corrente dall’emettitore alla base e una corrente dal collettore alla base. Descritto così sembra che la base raccolga il tutto. Tuttavia, non abbiamo detto che il transistor bipolare è un circuito che somma le correnti, sappiamo che esso è un circuito che fa un’amplificazione il che non significa che sommi le correnti. Per sommare le correnti, infatti, non serve realizzare un transistor ma basterebbe porre in parallelo due diodi o più diodi ottenendo in uscita la somma delle loro correnti. Non vogliamo usare il transistor polarizzando direttamente entrambe le giunzioni, ma vogliamo vedere cosa accade quando una giunzione la polarizziamo direttamente e l’altra inversamente e soprattutto vogliamo vedere cosa succede quando drogo in maniera differente tutte le regioni. In particolare, supponiamo di avere l’emettitore più drogato di tutti, la base drogata di tipo n e il collettore con un basso drogaggio e c b quindi, in questa situazione abbiamo NAE>>NDB cioè una concentrazione di atomi accettori nell’emettitore molto maggiore della concentrazione di atomi donori nella base, come se avessimo realizzato un diodo di tipo p++n Per il diodo collettore base invece si ha un diodo del tipo np- NDB>>NAC cioè la concentrazione di atomi donori nella base è molto maggiore della concentrazione di atomi accettori nel collettore. Dunque, la situazione è: NAE>>NDB>>NAC Sotto queste ipotesi andiamo ad analizzare quello che accade in condizioni di equilibrio termodinamico nel dispositivo. Consideriamo ora il seguente grafico dove sovrapponiamo il transistor considerato P N P Sappiamo che in regione attiva diretta la regione emettitore-base polarizzata direttamente e la regione collettore-base polarizzata inversamente. -xe 0 wb xc L’ipotesi di partenza è sempre il transistor dove abbiamo NAE>>NDB>>NAC E ipotizziamo inoltre di avere VEB>0 (condizione di polarizzazione diretta della giunzione emettitore base) e VCB<0 (condizione di polarizzazione inversa della giunzione collettore base). Convenzionalmente, invece di usare la tensione VCB nel transistor si preferisce leggere sempre le tensioni che vanno da sinistra verso destra, per cui parleremo di VBC>0 che sarà anch’essa maggiore di zero (sempre per la condizione di polarizzazione inversa della giunzione collettore base) In queste condizioni, nella giunzione emettitore-base avremo una corrente IE=IpE +InE Essendo una giunzione polarizzata direttamente i portatori di una regione vengono iniettati nella zona dove diventano portatori minoritari e cominciano a diffondere. Quindi, avremo un gran numero di lacune che dall’emettitore vanno alla base e cominciano a diffondere nella base dove sono portatori minoritari, quindi avremo un’iniezione di lacune nel punto zero, cioè nel bordo della regione di carica spaziale della base. Dopodiché avremo anche una corrente di elettroni, i quali elettroni dalla base vengono iniettati per diffusione (essendosi ridotta la regione di carica spaziale a causa della polarizzazione diretta) nell’emettitore, dove diventano portatori minoritari e cominciano a diffondere. Sappiamo che tra questi due meccanismi quello che prevale è la corrente di lacune che arriva dall’emettitore verso la base per il fatto che NAE>>NDB quindi sono molte di più le lacune che passano la giunzione andando dall’emettitore verso la base piuttosto che gli elettroni che passano la giunzione andando dalla base verso l’emettitore. Accade ora che abbiamo determinato un eccesso di lacune che diffondono. Se questo eccesso fosse caratterizzato da una curva di tipo esponenziale, significa che N P P di fatto questo eccesso si ricombinerebbe tutto prima di andare nel punto wb, perché la lunghezza di diffusione delle lacune è più piccola della lunghezza delle regione neutra della base e ciò significa che l’effetto del diodo emettitore-base sarebbe già concluso prima che la base finisca e quindi ottengo che la corrente di base è data dalle lacune che si sono ricombinate, la quale è esattamente la corrente di un diodo a base lunga. Se invece supponiamo che la lunghezza di diffusione delle lacune sia molto più grande della lunghezza della regione neutra della base ( wb<<Lp ricordiamo di poter controllare la wb in quanto dipende dalle concentrazioni del drogante e dalle tensioni di Built in e le tensioni che applico) abbiamo praticamente un diodo a base corta e ricordiamo che in un diodo a base corta l’eccesso delle lacune ha un andamento lineare e possiamo dire che il gradiente di concentrazione dell’eccesso è una curva di tipo lineare che andiamo a risolvere con le condizioni al contorno per cui nel punto iniziale deve essere l’eccesso di lacune nel punto zero e nel punto finale deve andare a zero. In questo caso però in questo diodo, quando la base finisce non vi è un contatto metallurgico quindi, se abbiamo una base corta si ha un eccesso di lacune lineare ma non è detto che vada a zero quando finisce la zona neutra di base in quanto alla fine non vi è un contatto metallurgico per cui, le lacune non trovano una quantità di elettroni talmente elevata da ricombinarsi immediatamente per cui possiamo trovare l’eccesso nel punto zero grazie alla teoria del potenziale di contatto, ma quando imponiamo che questa funzione sia lineare, non appena l’eccesso di lacune arriva nel punto wb trova una giunzione polarizzata inversamente, per cui questo eccesso di lacune immediatamente è attratto verso il collettore poiché vi è prima una regione di tipo p poi una regione di tipo n polarizzata inversamente per cui nel punto xc si ha un potenziale più basso che nel punto wb , le lacune vedono una scivola di potenziale e lì vanno. Facendo però in modo di dimensionare la larghezza neutra della base in modo tale da non far ricombinare tutte le lacune prima che arrivino nel punto wb quando ci arriveranno N P P esse non usciranno dal terminale di base ma usciranno del terminale di collettore perché il diodo collettore-base se teoricamente fosse un diodo svincolato da questa situazione dovrebbe condurre una corrente inversa di saturazione, quindi una corrente pari a zero, invece non ha una corrente di saturazione perché nella base che è una regione di tipo n ci sono in maniera anomala talmente tante lacune provenienti dall’emettitore che queste lacune vanno a finire nel collettore. Ricordiamo che in un diodo la corrente di saturazione è piccola in quanto è una corrente fatta da portatori minoritari e se non ci fosse l’emettitore, la quantità di lacune presente nella zona drogata di tipo n di base sarebbe molto piccola e sarebbe pari ad ni2/ND e quindi la correnti d saturazione sarebbe costituita da quelle poche lacune che grazie al campo elettrico inverso riescono ad andare nel collettore e di quei pochissimi elettroni nel collettore che grazie al campo elettrico inverso riescono ad andare nella base. In questo caso tuttavia vi è una variante in tutto questo processo, infatti, nel punto wb che è il bordo della regione di carica spaziale della giunzione collettore-base, arriva una quantità enorme di lacune dovuta all’emettitore quindi avremo una corrente di collettore fatta dalle lacune che attraversano la giunzione polarizzata inversamente e che dalla base vanno verso il collettore e dagli elettroni che sono portatori minoritari nel collettore e che passano alla base, in particolare la quantità IpC diventa predominante così come la quantità IpE di lacune che attraversava la giunzione emettitore-base, questa IpC tende ad essere uguale alla quantità IpE quindi accade che riusciamo a trasferire nel collettore (che per questo prende il nome di collettore) raccoglie la corrente che abbiamo immesso nel dispositivo dall’emettitore. Dunque abbiamo realizzato due diodi che polarizzati in maniera opportuna (il primo direttamente il secondo inversamente) e realizzando la giunzione neutra di base wB in modo tale che questa regione sia molto più piccola della lunghezza di diffusione delle lacune riesce perfettamente a trasferire dall’emettitore la corrente per farla arrivare al collettore, facendo in modo che la corrente che esce dalla base che è corrente di ricombinazione delle lacune sia molto piccola, in queste condizioni si sviluppa quello che prende il nome di effetto transistore riusciamo a creare un guadagno molto grande utilizzando il terminare di base come terminale di ingresso dove abbiamo una corrente quasi nulla e viceversa nella maglia in uscita abbiamo una corrente diversa da zero perché è la corrente che sta scorrendo tra collettore ed emettitore dunque il guadagno deve essere molto alto avendo ottenuto una funzione di trasferimento tra corrente in ingresso e corrente in uscita che sarà appunto un guadagno. Vedremo ora se esistono delle condizioni per descrivere il transistor mediante un generatore di corrente che ha il terminale in ingresso della corrente nell’emettitore, il terminale di uscita della corrente nel collettore e che questa corrente che fluisce dall’emettitore al collettore sia una corrente IE = IC funzione della tensione che si ha tra l’emettitore e la base dunque IE= IC= f(VEB) E C Cò potrebbe sembrare banale perché in realtà si sa che la corrente di emettitore è una funzione della tensione che vi è tra l’emettitore e la base; se si tratta di una giunzione polarizzato direttamente, abbiamo già visto che in un diodo la corrente è una funzione non lineare della tensione che si ha tra i due morsetti del diodo e sappiamo che la relazione che lega la grandezza in uscita cioè la corrente del diodo e la grandezza in uscita cioè la tensione del diodo è una relazione non lineare di tipo esponenziale. Ricordiamo però che il diodo è u dispositivo a due terminale. In questo caso noi abbiamo qualcosa in più, abbiamo sempre la corrente in ingresso e la corrente in uscita ma abbiamo anche il fatto che la corrente che scorre tra i due terminali sia comandata dalla tensione che vi è tra altri terminali che non sono quelli di ingresso e di uscita. Quindi immaginiamo di avere la tensione in due parti del circuito e che questa controlla la corrente in altre parti del circuito. Vediamo se questo dispositivo è in grado di realizzare questo tipo di relazione. A tal fine andremo a chiamare fattore di guadagno 0 la quantità che rappresenta il rapporto tra la grandezza di uscita e la grandezza di ingresso in questo circuito, in questo caso la grandezza in uscita per noi sarà la IpC cioè la corrente di lacune del collettore (corrente desiderata) e la quantità in ingresso sarà la IE cioè tutta la corrente che sta fluendo dall’emettitore. Non consideriamo anche la InC perché essa non va a finire nell’emettitore che è polarizzato direttamente con la base ma la InC va a costituire una parte della corrente di base quindi non dobbiamo considerarla ai fini dell’effetto desiderato ma la andremo a considerare nell’effetto indesiderato. Dunque, si ha 0= IpC/IE È chiaro che il dispositivo considerato sarà un dispositivo ideale nel momento in cui il guadagno 0 = 1 sotto questa condizione si avrebbe che la corrente di base sarebbe pari a zero. In realtà dunque si può dire che il transistore bipolare è un transistore che presenta questo guadagno sicuramente più piccola di uno, più si avvicina all’unità più diventa un transistor ideale. 0<<1 Se ora andiamo a scrivere la corrente IE in funzione di ciò che avevamo precedente scritto si ha che, = IpC/(IpE+InE) che sono le due componenti della corrente di emettitore. A questo punto moltiplichiamo e dividiamo per la grandezza IpE e si ha che: = [IpE/(IpE+InE)] *(IpC/IpE) Così facendo abbiamo suddiviso questo guadagno in due parti la prima parte che è IpE/(IpE+InE) osserviamo che IpE è la corrente di lacune che attraversa la giunzione emettitore base, quindi è la corrente desiderata diviso tutta la corrente che sta attraversando la giunzione base emettitore, dunque stiamo rapportando la corrente desiderata dell’emettitore con tutta la corrente dell’emettitore, per questo motivo questo fattore prende il nome di efficienza di emettitore e ci da l’informazione di quanto efficiente sia l’emettitore nel fornire i propri portatori all’interno della giunzione base emettitore rispetto la base. Ricordiamo in fatti che IpE è la corrente di lacune che dall’emettitore vanno alla base, InE è la corrente di elettroni che dalla base vanno verso l’emettitore e che vanno a costituire corrente di base (ciò ce non vorremmo). Questo termine che prende il nome di Efficienza di emettitore e si indica con E= IpE/(IpE+InE) ed è anche questo un termine compreso tra zero e uno  E= IpE/(IpE+InE) <1 più questo termine va verso uno più significa che il termine InE sarà trascurabile rispetto alla corrente IpE e quindi la giunzione base emettitore che abbiamo realizzato è una funzione efficiente. L’unico modo per rendere efficiente questa giunzione è fare in modo che NAE>>NDB soltanto se l’emettitore è realmente molto drogato rispetto alla base segue che il termine E tende a 1 Per quanto riguarda invece il secondo fattore (IpC/IpE) siamo mettendo a rapporto la corrente di lacune che sta andando verso il collettore e la corrente di lacune che dall’emettitore sta andando verso la base, anche questo termine sarà più piccolo di uno e dipende dalla larghezza della regione neutra di base, più piccola sarà la larghezza della regione neutra di base minore sarà la quantità di lacune che fa parte della corrente IpE e che si ricombinerà in base e di conseguenza più piccola sarà la corrente IBB che fuoriesce dalla base a causa della ricombinazione di queste lacune. Questo termine (IpC/IpE) prende il nome di fattore di trasporto della base e si indica con T ed esso tiene conto di quanto sia efficiente la base nel trasportare queste lacune e si intende il fatto che in base non si deve ricombinare un numero significativo di lacune. Questo termine può tendere ad 1 facendo si che la larghezza della regione neutra di base sia molto più piccola della lunghezza di diffusione delle lacune. Avendo quindi suddiviso l’efficienza complessiva del transistor bipolare possiamo dire che: 0= E* T Dunque, l’efficienza complessiva del transistor dipende complessivamente da due fattori distinti che sono quanto efficiente è l’emettitore a generare una corrente di lacune piuttosto che una corrente di elettroni attraverso la giunzione polarizzata direttamente base emettitore e quanto efficiente è la base nel trasportare queste lacune dal bordo della giunzione base emettitore al bordo della giunzione base collettore. In queste condizioni possiamo misurare l’efficienza del transistor. A questo punto possiamo parlare di guadagno di corrente del transistor e prendendo il modello precedente possiamo dire che la corrente IC=IpC + InC sarà pari a IC=*IE + InC dove IE è tuta la corrente entrante nel dispositivo e InC è la corrente indesiderata della giunzione base emettitore, supponendo che InC sia piccola (è vero se consideriamo che il contributo della corrente InC è dato dagli elettroni che sono già portatori minoritari all’interno del collettore e che tornano indietro a causa della polarizzazione inversa) sotto queste condizioni IC può essere approssimata con ragionevole accuratezza ad IC=*IE questo è il motivo per cui  è il guadagno di corrente nel transistor in quanto la corrente di uscita IC è uguale alla corrente di ingresso IE moltiplicata per un fattore che è appunto il fattore  Cerchiamo ora di capire qual è il ruolo della base e vediamo a che cosa corrisponde la corrente di emettitore rispetto alla base. Sappiamo che IB = IE- IC allora la corrente di emettitore sarà pari alla somma della corrente di base e della corrente di collettore→ sostituendo si ha che IC=*IE = *(IB + IC) Dunque, se consideriamo il dispositivo come se il terminale di ingresso fosse il terminale di base e quello di uscita sia il terminale di collettore, allora il terminale di emettitore è solo un terminale che mette a comune la maglia in ingresso e in uscita. Dicendo questo vogliamo ottenere la funzione di trasferimento tra la corrente di base e la corrente di collettore, poco importa della corrente di emettitore che è solo una corrente che serve per polarizzare il dispositivo. Dunque, per ottenere la funzione di trasferimento tra la corrente di base e la corrente di collettore scrivo la corrente di collettore al primo membro come grandezza in uscita e la base al secondo membro come grandezza di controllo → si ha, che: IC*(1-0) = IB*0 → IC= IB*0/ (1-0) Inseriamo un nuovo parametro = 0/ (1-0) e quindi si ha che IC= IB*  collettore si sono ricombinati totalmente prima di giungere alla fine del dispositivo , mentre per quanto riguarda la base, essa comincia e finisce con una concentrazione di portatori minoritari che è diversa da zero. Possiamo dunque osservare che queste quantità diffonderanno seguendo un andamento di un diodo a base corta o a base lunga. In generale possiamo dire che n’pE(x) = npE0*(eVEB/VT-1) * e(x+xE/Ln) analogamente per gli elettroni nel collettore, in generale, si ha: n’pC (x) = npC0*(eVCB/VT-1) * e -(x-xC/Ln) per quanto riguarda invece la base avremo un andamento differente in quanto l’andamento delle lacune nella base è l’andamento che si ha in un diodo a base corta, per cui avremo che p’nB(x) = a - b*x dove come condizioni al contorno avremo che: • p’nB (0) = pnB0*(eVEB/VT-1) • p’nB(wB)= pnB0*(eVCB/VT-1) in questo modo troveremo i coefficienti a e b. vedremo che a differenza di quanto accade negli andamenti dei portatori minoritari nell’emettitore, il quale è dipendente dalla tensione VEB e nel collettore, dipendente dalla tensione VCB, l’andamento dei portatori minoritari nella base è condizionato da entrambe le tensioni VEB e VCB per trovare il valore di a dobbiamo porre x=0 e si ha che p’nB (0) = a → a = pnB0*(eVEB/VT-1) p’nB (WB) = a - b*wB → a-b*wB= pnB0*(eVCB/VT-1) → b= (pnB0/wB) *[(eVEB/VT - eVCB/VT)] questa dimostrazione è stata fatta non considerando alcun tipo di polarizzazione, è ovvio che considerando ina polarizzazione inversa, il termine eVCB/VT risulta molto piccolo, viceversa il termine eVEB/VT risulta molto grande. Dunque, alla fine si ha: p’nB(x)= pnB0*(eVEB/VT-1) - (pnB0/wB) *[(eVEB/VT - eVCB/VT)] *x abbiamo quindi una funzione lineare in x nella quale sia il coefficiente a sia il coefficiente b dipendono dalle tensioni VEB e VCB. a questo punto supponendo che la giunzione base emettitore sia polarizzata direttamente e la giunzione base collettore sia polarizzata inversamente otteniamo che l’espressione delle correnti dipenderà dall’eccesso dei portatori che abbiamo ottenuto, in particolare si ha che: InE= q*AT*DnE*d(n’pE(x)) /dx= q*AT*DnE*(npE0/LnE) * (eVEB/VT-1) = q*AT*DnE*(ni2/NAE*L nE) * (eVEB/VT-1) IpE= -q*AT*DpB*d(p’nB(x)) /dx=q*AT*DpB*(pnB0/WB) * (eVEB/VT - eVCB/VT) = q*AT*DpB*(ni2/WB*NDB) * (eVEB/VT - eVCB/VT) ovviamente se polarizziamo direttamente questa giunzione resta solo eVEB/VT → IpE= q*AT*DpB*(ni2/WB*NDB) * (eVEB/VT) Infine, per quanto riguarda la corrente di collettore si ha che: InC= q*AT*DnC*(ni2/NAC*L nC) * (eVCB/VT-1) =0 Ma essendo che in questo caso stiamo considerando una polarizzazione inversa della giunzione collettore base possiamo dire che tutto questo contributo è zero. Vediamo dunque che gli unici due contributi che rimangono, non trascurabili all’interno della giunzione sono InE e IpE mentre possiamo tranquillamente dire che IpC = IpE *0 = q*AT*DpB*(ni2/WB*NDB) * (eVEB/VT) *0 In questa maniera abbiamo ottenuto ciò che volevamo descrivere all’inizio, cioè una corrente che fluisce dall’emettitore al collettore (osservando la corrente dell’emettitore come la somma di IpE e InE che è controllata dalla tensione che c’è al terminale tra emettitore e base) controllata dalla tensione tra altri due terminali del dispositivo che sono l’emettitore e la base. Questo è ciò che accade al dispositivo quando polarizziamo direttamente la giunzione emettitore base e inversamente la giunzione collettore base. Osserviamo che in questo modo abbiamo trovato il rapporto E Noi vorremmo che IpE >> InE → condizione che definisce un emettitore efficiente in cui E è molto maggiore di uno. Dunque, sostituendo i valori si ha che: (possiamo trascurare il -1) q*AT*DpB*(ni2/WB*NDB)* (eVEB/VT)>> q*AT*DnE*(ni2/NAE*L nE)* (eVEB/VT) allora si ha che la condizione di collettore efficiente si trasforma in: DpB/WB*NDB>> DnE/NAE*LnE Notiamo che sulla diffusività non possiamo fare nulla in quanto parametri fisici, lo stesso sulla lunghezza di diffusione degli elettroni nell’emettitore. Tuttavia, possiamo modificare la larghezza WB e le concentrazioni dei donori nella base e degli accettori nell’emettitore. Tutte le ipotesi che abbiamo fatto, cioè di ipotizzare la base molto piccola e l’emettitore molto drogato, concorrono a far si che il primo termine sia molto più grande del secondo termine. Notiamo che per assicurare che il primo termine sia molto grande, la concentrazione di donori in base deve essere molto piccola, tuttavia, non possiamo rendere piccola a nostro piacimento la concentrazione degli atomi donori in base perché se questa è più piccola della concentrazione di atomi accettori nel collettore rischiamo di peggiorare le prestazioni della giunzione base collettore. Quindi per quanto riguarda la rete efficiente dell’emettitore ci concentriamo solo sul fatto che la concentrazione di atomi accettori nell’emettitore deve essere molto grande e la larghezza della base deve essere molto piccola. Per cercare di chiarire la trattazione del transistor, dato che si tratta di un dispositivo in cui l’eccesso di portatori in base dipende contemporaneamente da come si muovono le due tensioni, si è nel tempo diffuso un modello nel quale il transistor in ogni sua generica applicazione si può sempre considerare come la sovrapposizione di due casi differenti: un caso detto FORWARD o caso diretto e un caso detto REVERSE o caso indiretto. In particolare, la configurazione forward è la configurazione nella quale si decide di dare un valore arbitrario alla tensione che vi è ai capi della giunzione emettitore base e si decide invece di dare un valore di tensione pari a zero alla tensione che cade ai terminali della giunzione collettore base. Di fatto ciò implica che, se la tensione che cade tra collettore e base è pari a zero, significa che quella giunzione è polarizzata inversamente, quindi la configurazione forward ricorda molto la regione attiva diretta nella quale la giunzione emettitore base è polarizzata direttamente e la giunzione collettore base è polarizzata inversamente, con la differenza che mentre nella regione attiva diretta si dice che la giunzione collettore base è polarizzata inversamente con qualunque tensione negativa compresa lo zero, nella configurazione forward questa tensione VCB assume solo il valore zero. Nella configurazione reverse si decide di usare come variabile la tensione VCB, dandole un valore qualunque e porre invece pari a zero, la tensione che cade ai capi della giunzione emettitore base VEB avrà un gradiente di concentrazione dei portatori minoritari. Quindi i portatori minoritari saranno pari alla loro concentrazione all’equilibrio sia nel punto finale del collettore sia in corrispondenza del bordo della regione di carica spaziale e si ha che la concentrazione di equilibrio dei portatori minoritari è pari a ni2/NAC Quindi n’pCF(x) = 0, cioè l’eccesso degli elettroni nel collettore, sarà pari a zero in tutti i punti del collettore. Per qualunque x nel collettore. Questo è ciò che accade in configurazione forward. Per quanto riguarda invece l’eccesso di concentrazione degli elettroni nell’emettitore drogato di tipo p, è chiaro che in questa regione gli elettroni subiscono una variazione, una iniezione positiva o negativa in base al segno della VEB, se applichiamo una VEB > 0 ridurremo la regione di carica spaziale e quindi inietteremo portatori minoritari ai bordi della regione di carica spaziale; viceversa se VEB < 0 amplieremo la regione di carica spaziale, quindi il punto -xE che avevamo indicato si sposta verso sinistra e di conseguenza avremo sempre una variazione dei portatori minoritari ai bordi della regione di carica spaziale ma in questo caso sarà una riduzione, quindi n’ sarà una quantità minore di zero e quindi sappiamo che in questo caso, in un diodo polarizzato inversamente, la corrente che fluisce è la corrente inversa di saturazione che è negativa. Quindi in linea di principio, in configurazione forward avremo (diodo a base lunga perché l’emettitore è abbastanza lungo): n’pE0(x) = npE0 * (eVEB/VT-1) * e(x+xe) / LnE questa relazione è uguale a quella ottenuta la volta precedente in quanto come avevamo già detto, gli elettroni che diffondono dal bordo della regione di carica spaziale della giunzione emettitore base, dipendono comunque solo dalla tensione che vi è nella giunzione emettitore base. La differenza degli eccessi rispetto alla volta precedente riguarda l’eccesso delle lacune nella base, infatti, mentre la volta precedente l’eccesso delle lacune nella base diffondeva secondo una legge lineare che però non finiva a zero nel punto in cui finiva la base wB, adesso nella configurazione forward, sapendo che VCB fa zero, si ha che l’eccesso di concentrazione delle lacune al bordo della regione di carica spaziale della giunzione collettore base è uguale a zero, non stiamo quindi perturbando l’equilibrio nella giunzione collettore base, l’equilibrio è perturbato solo nella regione di carica spaziale emettitore base. Quindi, possiamo dire che p’nBF(x) ha lo stesso andamento che ha in un diodo a base corta nel quale arrivato al bordo del diodo, quindi in corrispondenza del punto wB, l’eccesso va a zero proprio perché abbiamo assunto che VCB = 0. Quindi si ha che: p’nBF(x) = pnB0* (eVEB/VT-1) * (1- x/wB) quindi avendo chiare queste relazioni e applicando la legge della corrente di diffusione abbiamo che: IEF = InEF + IpEF = q*AT*DnE*d(n’pEF(x))/dx -q*AT*DpB*d(p’nBF(x))/dx Quindi si ha che: IEF= q* ni2 *AT * [DnE/(NAE*LnE) + DpB/(NDB*WB) * (eVEB/VT-1) Questa è l’espressione della corrente di emettitore in configurazione forward. Osserviamo che è molto simile a quella precedentemente trovata ma con la considerazione che questa dipende solamente dalla VEB. Tuttavia, lo scopo della nostra trattazione è ottenere ICF cioè la corrente di collettore in configurazione forward. Sappiamo innanzitutto che ICF = IEF – IBF sfruttando la legge di Kirchhoff al nodo Troviamo quindi la corrente di base. Sappiamo che essa è data da tutte quelle lacune che si ricombinano con gli elettroni all’interno della base → IBF = QBF/pB cioè la quantità di carica che si ricombina nel tempo di ricombinazione delle lacune in base. Ricordando che il tempo di ricombinazione delle lacune in base è legato alla lunghezza di diffusione delle lacune e alla diffusività delle lacune, infatti si ha che, Lp= (p* Dp)1/2 quindi, conoscendo all’interno di un tempo di diffusione quante sono le lacune che si vanno a ricombinare con gli elettroni, conosceremo la corrente. La quantità di carica QBF= AT * q *ʃp’nBF(x) dx = AT * q *ʃ0wb pnB0*(eVEB/VT-1)*(1- x/wB)dx Allora si ha: IBF = AT * q * (wB/2nB) * (ni2/NDB) * (eVEB/VT-1) Quindi, la corrente IBF la quale è la corrente di tutte quelle lacune che si vanno a ricombinare nella base, è direttamente proporzionale alla quantità di carica che c’è nella base ed inversamente proporzionale al tempo di ricombinazione delle lacune in base. Se pB è molto piccolo è altamente probabile che le lacune non abbiano il tempo di superare le base che si ricombinino tutte e quindi la corrente IBF sarà molto elevata. Avendo, dunque, ottenuto sia la corrente IEF sia la corrente IBF possiamo ricavare la corrente ICF cioè la corrente che uscirà dal dispositivo in configurazione forward. ICF= IpEF – IBF (solo la corrente di lacune in quanto la corrente di elettroni che va nella direzione opposta, cioè che va dalla base verso l’emettitore chiaramente non arriva anche al collettore) ICF= IpEF –IBF = q*ni2 *AT *DpB/(NDB*WB)*(eVEB/VT-1) - AT*q*(wB/2nB)*(ni2/NDB)*(eVEB/VT-1) ICF=q*(ni2/NDB) *AT*[(DpB/WB) – (WB/2nB)] *(eVEB/VT-1) Allora possiamo definire il parametro F F = ICF/IEF =ICF/(IpEF + InEF)= (ICF / IpEF)*[IpEF/(InEF + IpEF )] Il primo termine (ICF / IpEF) è il termine T cioè l’efficienza di trasporto nella base Il secondo termine [IpEF/(InEF + IpEF )] è il termine E cioè l’efficienza di emettitore che indica quanto nell’emettitore la corrente di lacune è superiore alla corrente totale di emettitore F = TF * EF Avendo ottenuto l’espressione di tutte le correnti, otteniamo che il fattore di trasporto in base è molto simile al fattore di trasporto in base in configurazione forward perché in configurazione forward abbiamo che la giunzione collettore base è polarizzata con una tensione nulla e risulta uguale a: T ≈ TF = 1-[(1/2) *(WB2 /pB*DpB)] Ricordando che pB*DpB = Lp2 possiamo scrivere che T =TF = 1- [(1/2) *(WB /LpB)2] Questa è la prima relazione di progetto che troviamo all’interno di un transistor. Sappiamo che un transistor che ha delle buone prestazioni, è un transistor in cui sia T sia E sono entrambi molto prossimi ad uno e poi il loro prodotto va a costituire  quindi il guadagno del transistor. Dunque, T viene espresso come 1- qualcosa perché poiché esso deve tendere all’unità affinché il transistor sia un buon dispositivo esprimerlo in quel modo da subito l’idea che più il termine che sta dopo il segno meno è piccolo, migliore sarà il transistor e si ha che quel termine è piccolo quando il termine wB è piccolo (nel caso ideale in cui wB=0 il transistor sarebbe perfetto ma in questo caso la base non esiste e quindi non sarebbe un transistor) oppure, essendo che si ha un rapporto non corrente di emettitore come somma della corrente di emettitore in configurazione forward più la corrente di emettitore in configurazione reverse. Quindi si ha che: IE=IEF + IER = IpF + InF + (-R * ICR) La corrente di collettore sarà anch’essa data da: IC= ICF + ICR = (F * IEF) - ICR In questa maniera noi stiamo legando la corrente di emettitore e la corrente di collettore alla corrente di emettitore forward e alla corrente die emettitore reverse mediante i due guadagni che abbiamo visto che dipendono esclusivamente da parametri costruttivi del dispositivo. Ricordando che: IEF=q* ni2 *AT * [DnE/(NAE*LnE) + DpB/(NDB*WB) * (eVEB/VT-1) ICR=- q* ni2 *AT * [DnC/(NAC*LnC) + DpB/(NDB*WB) * (eVCB/VT-1) Essendo noti R e F troviamo le espressioni della corrente di emettitore e della corrente di collettore nel dispositivo, quindi della corrente in ingresso e della corrente in uscita del dispositivo, qualunque siano i valori delle tensioni VEB e VCB. Similmente a come accade nel diodo in cui si definisce una corrente inversa di saturazione che è tutta la parte che sta a moltiplicare (eVD/VT-1) anche nel transistor si ha che tutta la parte che moltiplica quella parentesi prende il nome di corrente inversa di saturazione dell’emettitore nel primo caso e di collettore nel secondo caso. IEF=q* ni2 *AT * [DnE/(NAE*LnE) + DpB/(NDB*WB) * (eVEB/VT-1) = IES *(eVEB/VT-1) ICR=- q* ni2 *AT * [DnC/(NAC*LnC) + DpB/(NDB*WB) * (eVCB/VT-1)= ICS *(eVCB/VT-1) Vale poi la relazione per la quale F *IES = R *ICS e questa è pari a IS corrente inversa di saturazione del transistor e ci permette di esprimere le due relazioni fondamentali del transistor nel seguente modo: IE= IEF + IER = IEF - R* ICR = IES *(eVEB/VT-1) -R*ICS*(eVCB/VT-1)= IES*(eVEB/VT-1) - IS*(eVCB/VT-1) = (IS/F) *(eVEB/VT-1) - IS*(eVCB/VT-1) IC= ICF+ICR=(F*IEF)- ICR = F*IES *(eVEB/VT-1) - ICS *(eVCB/VT-1)= IS *(eVEB/VT-1) - ICS *(eVCB/VT-1) = IS *(eVEB/VT-1) – (IS/R) *(eVCB/VT-1) In questo modo l’unica corrente di saturazione che compare è la corrente di saturazione inversa del transistor che viene solitamente data come costante. IE =(IS/F) *(eVEB/VT-1) - IS*(eVCB/VT-1) IC =IS*(eVEB/VT-1) - (IS/R) *(eVCB/VT-1) TRANSISTORE NPN Per quanto riguarda il transistore npn, la situazione è del tutto analoga. Abbiamo sempre l’emettitore a sinistra, la base al centro e il collettore a destra. Per quanto riguarda il drogaggio in questo caso abbiamo l’emettitore drogato con specie droganti di tipo donore e anche in questo caso è la specie più drogata, la base ha un drogaggio di tipo accettori, infine il collettore è anch’esso drogato con atomi donori e si ha: NDE>>NAB>>NDC Dunque, la relazione della specie drogante è sempre la stessa anche se cambiano i tipi di drogaggio. La prima differenza che vediamo è il fatto che cambia il verso delle correnti. Mente nel transistore pnp abbiamo visto che si considera sempre entrante la corrente nell’emettitore ed uscente la corrente nel collettore e nella base, stavolta nel transistor di tipo npn si considera uscente la corrente nell’emettitore ed entranti le correnti della base e del collettore. Dal punto di vista della legge di Kirchhoff ai nodi non cambia nulla: IE= IC+IB tuttavia su ogni singola parte cambia il verso della corrente. Ciò accade perché in questo caso, la componente principale all’interno del dispositivo è una corrente di elettroni, non è più una corrente di lacune ed è una corrente di elettroni che vengono iniettati dall’emettitore verso la base quindi andando a disegnare il verso con cui vengono iniettati gli elettroni, vediamo che gli elettroni hanno un verso che va da sinistra verso destra. Sappiamo che la corrente principale è una corrente di diffusione di elettroni che va dall’emettitore verso la base e vediamo dunque che la concentrazione degli elettroni in base che ha un andamento lineare in quanto la base è una base corta anche nel caso del transistor npn, sappiamo che il gradiente di concentrazione va sempre nella direzione in cui gli elettroni sono di meno (freccia rossa). Indichiamo anche il verso della corrente il quale è opposto rispetto al verso del moto degli elettroni (freccia blu). Questo spiega perché la convenzione che si utilizza in un transistor npn è quella di considerare la corrente dell’emettitore come corrente uscente. L’emettitore infatti si considera sempre come il responsabile dell’emissione dei portatori responsabili del contributo principale della corrente all’interno del transistor, essendo in questo caso gli elettroni, la corrente si considera uscente dall’emettitore perché essendo composta da elettroni che migrano dal terminale di emettitore al terminale di base questi elettroni concorrono a formare una corrente che ha segno opposto rispetto al loro movimento. Spiegato il motivo del verso delle correnti, vediamo che come nel transistor pnp, anche in questo caso nell’asse delle ascisse ci sono i punti fondamentali e anche in questo caso si sceglie come punto: • 0: il punto che corrisponde alla fine della regione di carica spaziale della giunzione base emettitore dalla parte della base • -xE: il punto che corrisponde alla fine della regione di carica spaziale della giunzione base emettitore dalla parte dell’emettitore • WB: il punto che corrisponde alla fine della regione neutra di base e quindi l’inizio della regione di carica spaziale della giunzione base collettore dal lato della base • XC: il punto che corrisponde alla fine della regione di carica spaziale della giunzione base collettore dal lato del collettore. In questo grafico è stato rappresentato la concentrazione dei portatori minoritari in ciascuna regione. Notiamo che il punto in cui si raggiunge la maggiore concentrazione dei portatori minoritari è il bordo della regione di carica spaziale della giunzione base emettitore dal lato della base. Chiaramente noi stiamo supponendo di andare a polarizzare direttamente entrambe le giunzioni, altrimenti un grafico di questo tipo non avrebbe senso, quindi vediamo che VBE (e non la chiamiamo VEB in quanto il diodo base emettitore è un diodo che ha l’anodo dal lato Mentre nel caso precedente E era quasi sicuramente tendente a 1 grazie al fatto che la concentrazione della base era di molto inferiore rispetto alla concentrazione dell’emettitore, in questo caso non è così. Infatti, la concentrazione di drogaggio della base è ben superiore alla concentrazione di drogaggio del collettore e quindi C non sia tendente ad 1 ma sia molto più piccola e quindi il guadagno del transistore in configurazione reverse è molto basso. Le espressioni che otteniamo per quanto riguarda la corrente di emettitore e di collettore sono identiche a quelle precedentemente ottenute per il transistore pnp con la differenza che le tensioni sono VBE e VBC IE = IES *(eVBE/VT-1) -R*ICS*(eVBC/VT-1) IC= F*IES *(eVBE/VT-1) - ICS *(eVBC/VT-1) Dove IES e ICS sono le correnti di saturazione IES = q* ni2 *AT * [DpE/(NDE*LpE) + DnB/(NAB*WB)] ICS = q* ni2 *AT * [DpC/(NDC*LpC) + DnB/(NAB*WB)] Anche in questo caso vale la relazione di reciprocità per cui possiamo definire una corrente inversa di saturazione unica. F *IES = R *ICS = IS che ci permette di ottenere: IE= (IS/F) *(eVBE/VT-1) - IS*(eVBC/VT-1) IC= IS *(eVBE/VT-1) – (IS/R) *(eVBC/VT-1) MODELLI CIRCUITALI DEI TRANSISTOR BIPOLARI Come avevamo descritto dei modelli circuitali nel diodo, lo stesso andiamo ora a fare nei transistor. Un primo modello abbastanza semplice è il modello di Ebers-Moll. Questo modello ha il proprio punto di partenza dalle relazioni che abbiamo precedentemente trovato utilizzando le configurazioni forward e reverse. Osserviamo che nel momento in cui utilizziamo queste relazioni per capire se stiamo utilizzando un transistor pnp o npn dobbiamo andare a vedere le tensioni, ad esempio se vediamo VEB e VCB→ pnp di questo abbiamo conferma andando a vedere lo schema circuitale. Se la corrente all’emettitore è entrante, alla base e al collettore è uscente questo significa che il transistor è un pnp vediamo che per disegnare il circuito di un transistor, sono stati inseriti, tra i vari terminali, dei diodi o dei generatori di corrente comandati (vedremo da alcuni guadagni). Osserviamo in particolare che il diodo che è stato inserito tra l’emettitore e la base è di fatto il diodo della giunzione emettitore base, e vediamo che al posto di (IS/F) *(eVEB/VT-1) scrivessi IES*(eVEB/VT-1) vediamo subito che questa è l’espressione della corrente proprio nella giunzione emettitore base. Analogamente per quanto riguarda la corrente dell’altro diodo, invece che (IS/R) *(eVCB/VT-1) = ICS*(eVCB/VT-1) che è la corrente nella giunzione base collettore. Vediamo che nel circuito le correnti nel diodo che vanno dall’anodo verso il catodo sono indicate con le frecce nere e notiamo che a questi diodi sono posti in parallelo dei generatori di corrente le cui rispettive correnti hanno verso opposto alla corrente del rispettivo diodo. Ma queste correnti non rappresentano altro se non per la corrente di emettitore il contributo dovuto alla corrente di reverse e per la corrente di collettore il contributo dovuto alla corrente di forward. Infatti, se al posto di avere Is*(eVCB/VT-1) avessi R *ICS*(eVCB/VT-1) E al posto di IS *(eVEB/VT-1) avessi F *IES *(eVEB/VT-1) Otteniamo un modello in cui i generatori di corrente non rappresentano altro se non gli effetti transistori in configurazione forward e configurazione reverse. Supponendo di andare a considerare la sola configurazione forward infatti si ha, VCB=0 e allora eVCB/VT =1 e quindi di fatto avremmo due circuiti aperti in corrispondenza del secondo diodo e del primo generatore di corrente (andando da sinistra verso destra). Vediamo dunque che il modello circuitale di Ebers-Moll in configurazione forward si riduce ad un primo diodo, che è il diodo della giunzione emettitore base, attraverso cui passa una corrente IES*(eVEB/VT-1) e poi si ha pure un guadagno F che va a moltiplicare la corrente del diodo F *IES *(eVEB/VT-1). Dunque, il modello di Ebers-Moll ci dice che il transistor si comporta come un diodo che ha i serie un generatore di corrente comandato dai guadagni F in configurazione forward e R in configurazione reverse. Infatti, se andiamo a considerare la configurazione reverse otteniamo due circuiti aperti in corrispondenza del primo diodo e del secondo generatore di corrente (andando da sinistra verso destra) in quanto la tensione VEB in configurazione reverse è pari a zero. Quindi in configurazione reverse abbiamo una corrente di lacune che sta entrando dal collettore ICS*(eVCB/VT-1) che è la corrente del diodo collettore base e a questo si aggiunge in serie un effetto transistore che non è altro che la stessa corrente che transita dalla giunzione collettore base, moltiplicata per un guadagno R ottenendo quindi R *ICS*(eVCB/VT-1) che esce dall’emettitore. È ovvio che in questo caso l’effetto transistore è pessimo poiché R è sempre molto minore di 1. Il modello di Ebers-Moll tiene conto attraverso quel circuito di entrambe le configurazioni e per descrivere entrambe le configurazioni basta guardare a x il circuito (la prima linea che unisce il primo diodo e il secondo generatore corrisponde alla configurazione forward e la seconda linea che unisce il secondo diodo e il primo generatore corrisponde alla configurazione reverse). significa che la corrente di questo transistor è una corrente che va dalla base verso l’emettitore e quindi è una corrente di elettroni quindi il transistor è di tipo npn. Notiamo anche che nel caso del transistor pnp l’emettitore è sopra il collettore, viceversa nel transistor npn, questo tiene conto delle condizioni di polarizzazione e del fatto che nel transistor pnp il terminale a polarizzazione maggiore è l’emettitore e nel transistor npn il terminale a polarizzazione maggiore è il collettore. MODELLI IN REGIONE DI INTERDIZIONE Supponiamo di polarizzare inversamente entrambe le giunzioni, quindi ci troviamo in regione di interdizione nella quale (supponendo un transistor npn) abbiamo VBE<0 e VBC<0 Riprendiamo il modello di Ebers-Moll Da esso sappiamo che le due tensioni VBE e VBC comandano tutte e quattro le correnti nei rami, nei rami di sopra ovviamente perché abbiamo i due diodi delle due giunzioni, ni rami di sotto perché abbiamo le correnti di guadagno che provengono dai diodi dell’altra giunzione. Ma se VBE e VBC sono entrambe <0, queste correnti che attraversano i quattro rami, si riducono a delle correnti inverse di saturazione perché all’interno delle parentesi tonde, se le tensioni sono negative, rimangono come contributi principali i -1. Quindi avremo una corrente che sarà una corrente IS/F che è la corrente inversa di saturazione e cambiamo verso della corrente facendola diventare opposta a quella del diodo (per non mettere il -1). E allo stesso tempo cambiamo la polarizzazione del generatore di corrente. Per cui si ottiene un circuito di questo tipo: La corrente Is sappiamo essere la corrente inversa di saturazione del transistor, dipende esclusivamente dai parametri della base, dall’area del transistor ecc. Poi ci sono i guadagni F R e sappiamo che F è un guadagno che tende ad 1 mentre R è un guadagno più piccolo di 1. Quindi di queste correnti sappiamo che l’unica corrente che non potremo trascurare sarà IS/ R in quanto R è un valore più piccolo di uno, rendendo quella corrente l’unica non trascurabile. Dunque, in regione di interdizione vorremmo una corrente nulla su tutti i terminali del transistor e invece abbiamo una corrente di emettitore che è piccola in quanto data dalla somma di IS che è piccola in quanto corrente di saturazione meno il termine (IS/ F). per quanto riguarda IC non possiamo dire lo stesso in quanto è data dalla somma di -IS + IS/ R il quale ultimo termine non è piccolo in quanto R è molto piccolo. Quindi, in regione di interdizione il transistor si comporta come un transistor che ha una giunzione effettivamente interdetta che è la giunzione base emettitore e una giunzione nella quale passa una corrente la quale è piccola ma non trascurabile ed è la giunzione base collettore attraverso la quale passa la corrente negativa (perché va dal collettore verso la base) IS/R. Questo è il motivo per il quale in condizione di interdizione il transistor viene linearmente rappresentato nel seguente modo: Osserviamo che i terminali sono sempre tre. Il transistor in questa regione è equivalente ad un circuito aperto all’emettitore, ma fluisce una corrente piccola che va dal collettore verso la base la quale è pari ad IS*(1/R-1) ed è una corrente detta ICB0 (0 perché il terzo terminale è considerato aperto) ed è una corrente che dipende appunto solo dalla corrente inversa di saturazione e dal guadagno in configurazione reverse del transistor. Più piccolo è R più grande è questa corrente. Dunque, se analizzando un circuito vediamo che le tensioni in corrispondenza della base emettitore e della base collettore, al posto del transistor sostituiamo un circuito aperto tra base ed emettitore e un generatore di corrente tra collettore e base entrante dal collettore verso la base e che ha un valore pari a IS*(1/R-1). MODELLI IN REGIONE ATTIVA DIRETTA Partiamo sempre dal modello generico di Ebers-Moll per un transistore npn: Abbiamo le due tensioni pari a VBE>0 e VBC<0 Le correnti dei diodi sono: (IS/F) *(eVBE/VT-1) (IS/R) *(eVBC/VT-1) I diodi sono sempre orientati con l’anodo sulla base e il catodo sull’emettitore per uno e sul collettore per l’altro e sotto ciascun diodo abbiamo un generatore di corrente polarizzato inversamente rispetto al diodo che la corrente dell’altro diodo moltiplicata per R per l’emettitore e moltiplicata per F per il collettore: IS*(eVBC/VT-1) nel primo generatore e IS*(eVBE/VT-1) nel secondo generatore. Avendo utilizzato questa relazione si preferisce rappresentare il circuito come una maglia in ingresso fatta dalla base e dall’emettitore e una maglia di uscita fatta dal collettore e dall’emettitore. Nella maglia di ingresso si rappresenta il generatore di tensione che modellizza il diodo che c’è tra la base e l’emettitore e che si rappresenta con VBE(ON). Se IB è la corrente di ingresso di questa maglia, la corrente di uscita sarà Ic= F*IB. per quanto riguarda la tensione di uscita, non sappiamo qual è la tensione di uscita tra collettore ed emettitore ma sappiamo sicuramente che la tensione che c’è nella giunzione base collettore deve essere una tensione negativa. Proprio perché la regione attiva diretta rappresenta una regione fondamentale nello studio del transistore è fondamentale capire anche come modellizzare un transistor nel modello in cui siamo in presenza di un transistor pnp anziché di un transistor npn. Per la regione di interdizione questo era praticamente banale. Si ha una situazione di questo tipo: Per cui in regione attiva diretta resta solo il primo diodo e il secondo generatore e i componenti polarizzati inversamente si annullano. Ruotando poi in senso orario il transistor per mettere l’emettitore in alto e il collettore in basso otteniamo: Otteniamo un diodo tra l’emettitore e la base, una corrente entrante che è la corrente IE di emettitore e il generatore di corrente dell’effetto transistore rivolto verso il collettore, quindi con la corrente uscente. Quindi se vogliamo considerare i modelli lineare con l’emettitore messo a comune tra la maglia in ingresso e la maglia in uscita, otteniamo: Quindi qui, si rappresenta il diodo con una tensione VEB(ON) positiva dal lato dell’emettitore e negativa dal lato della base e avremo una corrente stavolta uscente dal lato del collettore in quanto il transistor è pnp ed è quindi una corrente uscente dal collettore perché è una corrente di lacune di valore pari a Ic= F*IB con F= F/ (−F) sia nel caso npn sia nel caso pnp. MODELLI IN REGIONE ATTIVA INVERSA Abbiamo detto che questa regione non viene mai utilizzata nella realtà ma la tratteremo comunque didatticamente. In questo caso, considerando un transistor npn abbiamo: VBE <0 e VBC >0 e si ha dal modello di Ebers-Moll: In questo caso essendo VBE <0 il primo diodo si annulla perché portano una corrente inversa di saturazione sicuramente molto piccola e trascurabile, il generatore che rappresenta l’effetto transistore si annulla perché la corrente sarà sempre molto piccola e quindi si ha: Questo altro non è se non il modello reverse che include il diodo della giunzione base collettore che porta una corrente ICS*(eVCB/VT-1) e un generatore di corrente comandato dalla corrente ICS e che subisce un guadagno che è pari ad, R*ICS*(eVCB/VT-1) Le prestazioni sono molto scarse perché il guadagno R è molto più piccolo di uno. NB: l’immagine è al contrario, il collettore sta sopra, l’emettitore sta sotto. Perché si tratta di un transistor npn. In configurazione reverse tutte le correnti vanno dall’emettitore verso il collettore perché in questo caso la corrente è di elettroni e quindi in questo caso ha verso opposto rispetto al moto dei portatori principali che in questo caso sono gli elettroni. In questa configurazione reverse la corrente del diodo è la corrente Ic e la corrente del generatore comandato è pari ad R*IC e sarà sempre più piccola della corrente Ic e sarà trascurabile in quanto R è molto più piccolo di 1. Anche in questo caso possiamo definire un guadagno utilizzando la configurazione con il collettore in comune, il guadagno in questo caso sarà tra la corrente di emettitore e la corrente di base perché in questo caso la corrente di uscita è la corrente di emettitore e la corrente di ingresso è la corrente di base. Applicando la legge di Kirchhoff dei nodi al nodo rosso troviamo che: IB= IC-IE= [(1/R)-1]*IE= [(1- R)/ R)*IE con l’emettitore a comune dove la tensione di uscita è VCE e la corrente di uscita è I. dunque in regione di saturazione si preferisce considerare il modello circuitale come un modello in cui si vanno a rappresentare le grandezze di ingresso e di uscita e si ha che, IB e VBE come ingresso e IC e VCE come uscita. Ricavando dal modello di Ebers-Moll queste grandezze si ha: IC=IS*(eVBE/VT-1) - (IS/ R)*(eVBC/VT-1) IB=(IS/F) *(eVBE/VT-1) + (IS/ R)*(eVBC/VT-1) Essendo entrambe le giunzioni polarizzate direttamente non possiamo annullare uno degli elementi e lasciare o solo il percorso forward o solo il percorso reverse. Bisogna necessariamente andarli a considerare tutti e due differentemente da come avevamo fatto nei modelli precedenti. In particolare, si ha che all’aumentare di VBC: - IC diminuisce - IB aumenta Quindi questa è la spiegazione del perché in regione di saturazione, il rapporto tra Ic e IB comincia a diventare minore di F, mentre quando eravamo in regione attiva diretta potevamo trascurare gli elementi dipendenti da VBC e si aveva la relazione di proporzionalità tra IC e IB Per definizione si entra nella regione di saturazione nel momento in cui il rapporto tra IC e IB risulta pari a 0.9*F. Questa per definizione è la situazione di ingresso all’interno della regione di saturazione. Vediamo la curva di F al variare di VBC e sperimentalmente si osserva che questa curva comincia a diventare pari a 0.9* F quando VBC è compreso tra 0.4 e 0.5 volt. Per cui possiamo dire che per VBC pari a 0.5 volt siamo entrati in regione di saturazione. Proprio per questa ragione si dice che il transistore in regione di saturazione è caratterizzato dal fatto che la tensione VCE assume un valore ben preciso pari a VCEsat che è pari a circa 0.2 volt. Andando a rappresentare con un + e un – questa tensione, essa altro non è se non la tensione VBC. Dunque, se la giunzione base collettore in condizioni di saturazione la polarizziamo con un generatore di tensione pari a 0.5 volt in quanto è da quel valore che la giunzione base collettore comincia a funzionare come se fosse polarizzata direttamente, essendo un diodo quello che c’è nella giunzione base collettore, la tensione poi non si discosta molto dal valore di polarizzazione. Quindi, se la tensione VBE è 0.7 volt pari a VBE(ON) e VBC è 0.5 volt, applicando la legge di Kirchhoff alle tensioni con i loro segni si ha che VCE=-VBC+VBE =-0.5+0.7 = 0.2 In condizioni di polarizzazione in saturazione il dispositivo lo possiamo modellare come costituito non più come un generatore di tensione tra base ed emettitore e un generatore di corrente in uscita pari a F*IB ma lo possiamo modellare come avente nella maglia in ingresso un generatore di tensione pari a VBE(ON)=0.7V e nella maglia di uscita un generatore di tensione pari a VCEsat dove VCEsat è pari a 0.2 volt perché in cndizioni di saturazione si ha che i potenziali che si fissano nelle due giunzioni sono 0.7 volt tra base ed emettitore e 0.5 volt tra base e collettore. quindi tra collettore ed emettitore cadranno 0.2 volt e questa tensione prende il nome di VCEsat. Il modello del transistore npn diventa il seguente: Mentre per un transistore pnp si ha: Nelle espressioni che abbiamo finora trovato, non abbiamo considerato quelli che sono i fenomeni di secondo ordine del transistor. Un primo fenomeno di secondo ordine è chiamato: TENSIONE DI EARLY La tensione di Early consiste nel fatto che quando siamo in regione attiva diretta, andiamo a modellare la corrente IC con IS*eVBE/VT ottenendo: IC= IS*eVBE/VT questo, ipotizzando che il transistor sia npn e quindi la tensione positiva è la tensione VBE piuttosto che VEB. Sembrerebbe da questa relazione che non vi sia nessuna dipendenza della corrente di collettore dalla tensione che cade ai capi della giunzione base collettore. In realtà osservando IS si ha che IS= q*ni2*AT*[DnB/(NAB*WB)] * [1- ½*(WB/LnB)2] Quindi si vede che avendo dimensionato il transistor a base corta, sicuramente il secondo fattore dove è contenuto il WB si può trascurare in quanto abbiamo detto che un transistor è ben dimensionato quando il WB<<LnB quindi in questa relazione possiamo trascurare tutto il termine [1- ½*(WB/LnB)2] in quanto sarà un termine che tenderà ad uno in quanto WB<<LnB ed è anche elevato al quadrato Ciò significa che IS può essere approssimata a: IS= q*ni2*AT*[DnB/(NAB*WB)] Andando a vedere le dipendenze di IS da VCB, apparentemente sembra che non ci sia alcuna dipendenza di IS da VCB, tuttavia all’interno di questa relazione, non ci sono soltanto parametri fisici come ni, la carica dell’elettrone, la diffusività la concentrazione di atomi accettori in base o parametri geometrici come per esempio l’area del transistor e sembrerebbe che anche WB sia un fattore semplicemente geometrico. Ricordiamo però che WB non è l’estensione metallurgica della base ma è l’estensione della regione quasi neutra della base, questo significa che se andiamo a variare VCB ad esempio se aumentiamo la polarizzazione inversa della giunzione base collettore accade che la regione di carica spaziale che c’è tra la base e il collettore aumenta. Quindi si ha: Si ha che più VA è grande più può essere trascurata da la dipendenza di IC da VCE. Noi idealmente vorremmo che il transistore non dipendesse dalla tensione in uscita in quanto come abbiamo detto altre volte, il transistor lo vogliamo utilizzare come una scatola chiusa in cui abbiamo un terminale a comune che è sempre l’emettitore quando utilizziamo il transistor come amplificatore. Dopodiché vorremmo che, una volta messo a comune tra l’ingresso e l’uscita l’emettitore, il transistor si comportasse come un circuito in cui si ha una grandezza in ingresso che è la IB o la VBE e una grandezza di uscita che invece è la IC e la VCE. Questo è il modello ideale che vorremmo avere. Quindi abbiamo un circuito e in particolare vorremmo che questo circuito altro non fosse se non semplicemente un . Cioè noi polarizziamo il transistor in regione attiva diretta con una certa VBE>0, sappiamo che sulla giunzione base emettitore va a cadere una tensione che è sempre VBE(ON), automaticamente troviamo una corrente IB che dipende dalla tensione che abbiamo applicato in quanto IB=IS/  (eVBE/VT) vorremo che il transistor avesse un guadagno , e poi vorremmo una corrente di uscita IC che porta poi ad una tensione di uscita che è VCE perché questa corrente è su una resistenza e quindi dà la tensione VCE. Noi non vorremmo la parte di relazione (VCE /VA) perché inserendo questa parte di relazione, cioè inserendo l’effetto di secondo ordine dovuto alla tensione di Early, non si ha più che la corrente di uscita dipende solo dalla maglia in ingresso, ma otteniamo che la corrente di uscita risente anche della tensione nella maglia in ingresso. (ma ciò è normale perché il transistor accoppia le maglie, quindi bisogna avere un effetto concatenato) Però per fortuna il transistor bipolare è un buon dispositivo perché l’effetto di accoppiamento tra la maglia di ingresso e la maglia di uscita per i tipici valori di VA è un effetto che si fa sentire solo se la VCE o la VCB è molto grande. Se la tensione di uscita varia in un range piccolo, possiamo tranquillamente dire che la tensione di uscita non ha nessun peso sulla corrente di collettore e che la corrente di collettore dipende solo da parametri della maglia di ingresso. Si chiama effetto di secondo ordine perché è un effetto non voluto e se non si avesse questo effetto, per determinare la corrente di collettore servirebbero solo i parametri della maglia in ingresso. Osserviamo che VA non dipende solo dalla derivata di WB rispetto a VCB ma WB dipende da VCB attraverso parametri legati al drogaggio delle due regioni e dal potenziale di Built in che dipende anch’esso dai drogaggi delle due regioni. Quindi all’interno della derivata, ci sarà il drogaggio della base e il drogaggio del collettore, però osserviamo anche che VA dipende anche da 1/WB e questo significa che VA non dipende solo dal drogaggio ma dipende anche dalla larghezza WB in condizioni di equilibrio quando VCB è zero. Quindi se il dispositivo è un dispositivo che ha grandi larghezze di base WB (sempre però con WB<LnB) allora VA sarà grande. Ma se lavoriamo con dispositivi in tecnologie sub micrometriche VA tende a diventare piccolo. Più piccola è WB più piccola è VA. Un altro parametro importante è quello legato ad una accurata polarizzazione del transistor, cioè il parametro . Avevamo detto che il parametro  lo potevamo considerare come il parametro F cioè il  forward che lo avevamo ottenuto attraverso la legge di Kirchhoff ai nodi in quanto avevamo detto che in un transistore pnp la corrente di emettitore era uguale alla corrente di collettore più quella di base e utilizzando il parametro  che era il parametro di guadagno tra la corrente di emettitore e la corrente di base, avevamo ottenuto  che era il guadagno che intercorre tra la corrente di emettitore e quella di base. (IC= F*IB) Quindi  è legato ad  e quest’ultimo a sua volta dipendeva dal prodotto del fattore di trasporto in base T e l’efficienza di emettitore E. A primo impatto,  può sembrare una quantità costante in quanto non sembra dipendere da parametri che influenzano la polarizzazione, tuttavia sia il fattore di trasporto in base T sia l’efficienza di emettitore E abbiamo sempre visto che dipendono da parametri legati al drogaggio, alle diffusività, alle lunghezze di diffusione ecc ecc... In realtà abbiamo dimostrato queste quantità supponendo di essere in condizione di modesti livelli di iniezione. Quando i livelli di iniezione cominciano a diventare o troppo alti o troppo bassi, il modello del transistor non è più descritto dalle equazioni che abbiamo trovato perché le giunzioni si comportano in maniera differente. A livello sperimentale si è visto che se un transistor lo polarizziamo in modo tale da andare ad aumentare sempre di più la corrente di collettore incrementano la VBE che fa incrementare la IB e quindi in regione attiva diretta si incrementa anche la IC. Dunque, se misuriamo sperimentalmente il rapporto in regione attiva diretta che c’è tra la corrente di collettore e la corrente di base, cioè misuriamo sperimentalmente il valore  al variare di IC, otteniamo una curva in cui per valori di corrente che vanno da 1 mA e 10mA otteniamo una curva costante, superati ai due estremi questi valori si ottiene un rapporto IC/IB più piccolo. Ciò significa che il  che esprime il rapporto IC/IB=costante è l’intervallo entro il quale noi abbiamo descritto il funzionamento del transistor ipotizzando che F fosse indipendente dai valori di polarizzazione del transistore. Laddove invece il F comincia a ridursi rispetto a questo valore massimo in cui si mantiene costante, vuol dire che siamo in condizioni di bassi livelli di iniezione delle giunzioni (sinistra) o alti livelli di iniezione delle giunzioni (destra) in cui il valore di F è sempre più piccolo rispetto al valore che si ha in polarizzazione. Questo perché si ha una corrente di base che aumenta più della corrente di collettore (caso a destra) nel caso di elevati livelli di iniezione e si ha che la corrente di base emettitore aumenta di più della corrente di base collettore a parità di VBC. Viceversa, nella parte di sinistra si ha IC piccola per bassi valori di VBE e vediamo che ci sono bassi livelli di iniezione in entrambe le giunzioni e quindi i modelli che abbiamo considerato non sono modelli validi.  C Questo significa che la trattazione che abbiamo fatto continua ad essere valida e l’unica trattazione che ci consente di utilizzare il bipolo come noi vogliamo, quindi come un bipolo che continua ad avere un guadagno  indipendente dalla polarizzazione, ma per far questo dobbiamo essere certi che la corrente IC vari entro certi limiti (3-4 decadi al max→ grafico logaritmico perché appunto si parla di decadi). osserviamo che in questo caso si ottiene l’effetto opposto rispetto a quello che si ottiene non considerando la tensione di Early, cioè noi ci aspettiamo una certa corrente di collettore (se non polarizziamo in maniera opportuna il transistor) dovuta al guadagno  e ci troviamo una corrente più piccola perché il guadagno  è più piccolo rispetto a quello desiderato. Un’ultima considerazione da fare è che la relazione che abbiamo ottenuto per la corrente di collettore IC= IS*eVBE/VT * [1+ (VCE /VA)] è una relazione non indipendente dalla temperatura, infatti anche nel caso del transistor abbiamo una dipendenza dei parametri di ingresso e di uscita dalla temperatura. In particolare, nella data relazione, questa dipendenza dalla temperatura la osserviamo sia nella corrente IS perché è la corrente inversa di saturazione di un diodo dove era dipendente dalla temperatura e quindi anche nel transistor ci sono dei parametri che la rendono dipendente dalla temperatura (es. ni2). Ma la dipendenza la troviamo anche Per quanto riguarda la pendenza che hanno le curve parametrizzate rispetto a IB, nella relazione in cui abbiamo IC= IS*eVBE/VT * [1+ (VCE /VA)] osserviamo che di fatto - VA sarebbe l’intercetta sull’asse delle ascisse del punto zero. Cioè quando VCE=-VA IC=0. Andando a rappresentare il punto VCE= -VA nelle ascisse si ha: IC -VA VCEsat VCE (il punto VA è una parte ideale per trovare la pendenza delle curve) EFFETTI CAPACITIVI Così come abbiamo visto che in un diodo ci sono delle capacità di giunzione e di diffusione, anche nel transistor abbiamo delle capacità di giunzione e di diffusione. In particolare, a noi interessa valutare le capacità in regione attiva diretta. Supponiamo di avere un transistor npn e supponiamo che VBE>0 e VBC<0 per la regione attiva diretta. In regione attiva diretta sicuramente sulla giunzione base collettore possiamo andare a rappresentare la capacità come una capacità di giunzione che chiameremo CjBC e che si indica con C essa è una capacità di giunzione e sarà quindi data da una CjBC0 che è la capacità di questa giunzione in condizione VCB=0 per l’area del transistor che è l’area della giunzione base collettore, diviso 1-VBC(tensione presa in maniera diretta, quindi negativa, diviso VBi della giunzione base collettore tutto elevato (in teoria nel diodo era ½ ma nel transistor quel coefficiente lo si indica con mj che è un valore compreso tra ½ e 1/3 questo perché per come è polarizzato il transistor e per come si realizza dal punto di vista della tecnologia planare, la giunzione base collettore e base emettitore, non sono sempre riconducibili ad una giunzione brusca , cioè il potenziale non cambia sempre dal potenziale del collettore al potenziale della base ma vedremo che all’interno del collettore vi sono diversi tipi di drogaggio anche per venire in contro a quello che abbiamo detto in relazione ai contatti ohmici e quindi al fatto che vicino al contatto di collettore abbiamo una zona più drogata e via via meno drogata. Tutti questi fattori si fanno risentire proprio sul tipo di giunzione che abbiamo in corrispondenza della giunzione base collettore che non può definirsi quindi una giunzione brusca. Per ovviare a questo problema si è visto che è possibile modellare la giunzione si aggiunge questo coefficiente mj che varia tra 1/3 e 1/2 BC: CjBC = C = CjBC0 *AT/[(1-VBC) /VBiBC] mj Dunque, nella giunzione base collettore abbiamo una capacità di giunzione che si esprime come nel diodo con la differenza dell’esponente che varia tra 1/3 e ½ Per quanto riguarda la giunzione base emettitore dobbiamo considerare due capacità che sono tra loro in parallelo e che quindi andiamo a sommare. La capacità della giunzione base collettore CBE si indica C ed è pari alla somma di due componenti CjBE + CDB (capacità di diffusione di base legata alla quantità di cariche immagazzinate all’interno della base) C = CjBE + CDB= CjBE0 *AT/[(1-VBE) /VBiBE] mj+dQBF/dVBE (derivata della quantità di carica nella base in condizioni forward rispetto alla tensione VBE) Ma poiché la carica altro non è se non una serie di termini costanti per l’esponenziale di eVBE/VT la quantità dQBF/dVBE diventa QBF/VT C = CjBE + CDB= CjBE0 *AT/[(1-VBE) /VBiBE] mj+QBF/VT In questo modo andiamo ad esprimere la capacità di diffusione e come abbiamo fatto nel diodo possiamo mettere in relazione questa capacità di diffusione con la corrente di emettitore che è analoga alla corrente di collettore in quanto sappiamo che utilizzata in configurazione emettitore comune alfa è circa uguale a 1 e in questo caso otteniamo che la relazione che c’è tra la carica e la corrente è quella per cui la carica è uguale alla corrente moltiplicata per  dove  è il tempo di propagazione delle cariche in configurazione forward C = CjBE + CDB= CjBE0 *AT/[(1-VBE) /VBiBE] mj+F*IC /VT MODELLO DI PICCOLO SEGNALE Ciò che abbiamo trattato precedentemente, ci permette di linearizzare il comportamento del transistor all’interno della propria regione di funzionamento e di linearizzarlo, per esempio all’interno della regione attiva diretta, mediante l’utilizzo di un generatore di tensione collegato tra la base e l’emettitore di valore pari a VBE(ON)=0.7, un generatore di corrente di valore pari a F*IB dove IB è la corrente di base e un generatore di corrente comandato in corrente posto invece tra il collettore e l’emettitore. Questa è la rappresentazione di un transistor in regione attiva diretta per ampio segnale, perché esattamente come abbiamo visto per il diodo, la corrente di base o di collettore dipendono dalle tensioni applicate ai terminali non soltanto quando queste tensioni sono costanti (in polarizzazione), ma vi dipendono per ampio segnale. Quindi se applichiamo un segnale per esempio tra collettore ed emettitore molto grande, possiamo passare dalla zona attiva diretta alla zona di saturazione e se applichiamo un segnale VBE in grado di scendere sotto 0.7 possiamo anche passare dalla zona attiva diretta alla zona di interdizione. Quindi il transistor può essere soggetto a grosse commutazioni e sappiamo che le relazioni che descrivono il comportamento del transistor sono le seguenti: (scrivo le grandezze in configurazione di ampio segnale, ricordiamo che la grandezza si indica con lettera maiuscola o minuscola a seconda del fatto che sia una grandezza tempo variante o tempo invariante) I=corrente costante nel tempo i=corrente variabile nel tempo PEDICE: se maiuscolo=i valori assunti dal segnale sono ampi in grado di polarizzare il dispositivo se minuscolo= il valore assunto dal segnale è piccolo, tendente a zero iB=(IS/F) *(eVBE/VT-1) IB= corrente variabile nel tempo in grado di polarizzare il transistor IS=corrente costante nel tempo VBE= tensione variabile nel tempo in grado di polarizzare il transistor perché andiamo a definire un parametro di piccolo segnale che sarà una resistenza di base di piccolo segnale che è funzione di VBE. Quindi la corrente di piccolo segnale di base dipende dalla tensione costante che c’è tra la base e l’emettitore perché è possibile definire un parametro di piccolo segnale che lega a corrente di base di piccolo segnale alla tensione vbe di piccolo segnale. Lo stesso possiamo dire per la corrente di collettore. Tuttavia, la corrente di collettore dipende da due variabili, sia da VCE sia da VBE quindi possiamo dire che la corrente di collettore per ampio segnale dipenderà da entrambe le tensioni di polarizzazione che si hanno tra la giunzione base emettitore e la porta collettore emettitore (i segnali costanti di polarizzazione hanno effetto sulla componente costante) poi avremo la ib che sarà funzione delle tensioni costanti e delle tensioni variabili di piccolo segnale iC=IC+ ic= IC (VBE, VCE) + ic (VBE, VCE, vbe, vce) se vogliamo scindere gli effetti della VBE dagli effetti della VCE possiamo scrivere: iC=IC+ ic= IC (VBE, VCE) + ic (VBE, VCE, vbe, vce) = IC (VBE, VCE) + ic1 (VBE, vbe) + ic2 (VCE, vce) Scindendo così, gli effetti che la VBE ha sulla corrente di collettore, dagli effetti che la VCE ha sulla corrente di collettore. Quindi andremo a trovare due parametri di piccolo segnale che legano la ic sia alla VBE sia alla VCE quindi avremo: una conduttanza di collettore legata alla giunzione base emettitore di piccolo segnale che dipende dalla VBE e si moltiplica la vbe una conduttanza di collettore legata alla porta collettore emettitore di piccolo segnale, che dipende dalla VCE e che moltiplica la vce iC=IC+ ic= IC (VBE, VCE) + gc, be, ps (VBE)* vbe + gc, ce, ps (VCE)* vce notiamo che le tre conduttanze che abbiamo definito NON SONO PARAMETRI CHE VARIANO NEL TEMPO. Cerchiamo ora di ottenere i valori di questi parametri. Sappiamo che: iB=(IS/F) *(eVBE/VT) trascuro il -1 perché siamo in regione attiva diretta. Sviluppiamo ora la corrente in serie di Taylor iB=(IS/F) *(eVBE/VT) = iB|vBE=VBE|+diB/dvBE|vBE=VBE|*vbe iB|vBE=VBE| questa di fatto corrisponde ad IB, la corrente del punto di lavoro. diB/dvBE|vBE=VBE|*vbe questa corrisponde a ib (n.b. il punto di lavoro si indica con la lettera Q che sta ad indicare quiescent point) iB= IB, Q +[(IS/F) *(eVBE/VT)] vBE=VBE /VT] *vbe [(IS/F) *(eVBE/VT)] vBE=VBE questa è la IB, Q Dunque, la conduttanza di piccolo segnale collegata alla base sulla quale ha effetto la VBE nel punto di lavoro è pari a gb, be, ps= IB, Q/VT Dunque, la conduttanza è pari alla corrente nel punto di lavoro diviso la tensione termica. Osserviamo che questa conduttanza va a definire la corrente di base al variare della tensione ai propri capi perché è una conduttanza che si va a collegare tra la base e il terminale a comune, l’emettitore. Quindi, una conduttanza definita dalla tensione a propri capi non è altro se non una conduttanza o resistenza pilotata dalla stessa tensione ai suoi capi. Questa conduttanza storicamente si indica con: gb, be, ps= IB, Q/VT= 1/r e la tensione ad essa associata è r (ricordiamo che quando abbiamo parlato di capacità, la capacità che è collegata tra la base e l’emettitore prende il nome di C, questo perché storicamente la maglia che è collegata tra base ed emettitore viene chiamata maglia , mentre la maglia collegata tra la base e collettore prende sempre il nome di maglia , infatti la sua capacità l’avevamo definita come C) Vediamo invece adesso la corrente di collettore. Andando a sviluppare in serie di Taylor la corrente di collettore (iC= IS*eVBE/VT * [1+ (VCE /VA)]) iC=IC |vBE=VBE; vCE=VCE| + (diC/dvBE) |vBE=VBE|*vbe + (diC/dvCE) |vCE=VCE|*vce dallo sviluppo in serie di Taylor abbiamo un elemento fisso IC funzione del punto di lavoro che andremo a definire come IC,Q che dipende dalla VBE fissa e VCE fissa applicate al circuito, poi conterrà due componenti soggette al piccolo segnale, date dalla derivata di iC rispetto a vBE=VBE (punto di lavoro) e moltiplicata per vbe, ed è anch’essa una conduttanza, sommata ad un’altra derivata di iC rispetto a vCE=VCE (punto di lavoro) e moltiplicata per vce, anche questa è una conduttanza. Si ha che IC, Q= IS*eVBE/VT * [1+ (VCE /VA)] valutata quando vCE e VBE sono pari a VCE e VBE Facciamo poi la derivata e ottengo come risultato finale: iC= IC, Q + (IC, Q /VT) *vbe + [(IS*eVBE/VT) /VA] *vce nel caso in cui la VCE di ampio segnale applicata è tale da non incidere eccessivamente sulla tensione di Early, il termine (IS*eVBE/VT) tende ad IC, Q quindi si può approssimare il tutto e si ha: iC= IC, Q + (IC, Q /VT) *vbe + (IC, Q /VA) *vce questa approssimazione si può fare quando la VCE di polarizzazione non è eccessivamente elevata, perché sappiamo che per VCE costante che tende a VA l’effetto Early non è trascurabili e la corrente ne risente fortemente. In genere però per le normali tensioni che vengono applicate va bene considerare la dipendenza dell’effetto Early nel piccolo segnale ma considerare che la corrente di polarizzazione non dipende dall’effetto Early. Relativamente ai parametri che abbiamo definito prima troviamo le due conduttanze: la conduttanza gc, be, ps collegata al collettore ma dovuta alla giunzione base emettitore è pari a: gc, be, ps=IC, Q /VT =gm la conduttanza gc, ce, ps collegata al collettore e dovuta alla porta collettore emettitore, è pari a: gc, ce, ps = IC, Q /VA=1/rC (si indica in questo modo) avendo definito questi parametri, 1/r, gm, 1/rC notiamo in particolare che due di queste, che non a caso sono state scritte come 1/r, rappresentano una corrente pilotata dalla stessa tensione ai propri capi. Il modello che noi abbiamo ottenuto, il modello di piccolo segnale in cui ora toglieremo le componenti costanti, è un modello nel quale possiamo scrivere che: ib=(1/r) *vbe →legge di ohm: vbe=ib*r ic= gm*vbe + (1/rC) *vce queste due sono le relazioni che ci permettono di descrivere il modello di piccolo segnale. Avendo una maglia di ingresso dove vi è una tensione vbe e una maglia di uscita vce e dalla legge di ohm avremo che la vbe è proprio la tensione di comando della corrente ib e quindi si ha che tra la base e l’emettitore, nel modello di piccolo segnale, c’è collegata una resistenza e questa resistenza ha un valore pari a: Andandole ad inserire all’interno del modello di piccolo segnale, si ha: Osserviamo che considerando il circuito di prima a confronto con questo, di fatto non abbiamo fatto altro che considerare quelle zone come circuiti aperti: Quindi il circuito precedente vale per una frequenza tale per cui le impedenze associate a quelle due capacità sono dei valori talmente elevati da poter essere considerate dei circuiti aperti e quindi non inserirle all’interno del modello di piccolo segnale. Quando invece lavoriamo per frequenze elevate dobbiamo considerare le due capacità come delle impedenze di valore pari a 1/(jC) o -j /(1/(C) e di conseguenza dobbiamo svolgere il circuito considerando che queste capacità siano delle impedenze che hanno un valore variabile con la frequenza. Dunque, il modello con le capacità è il modello completo per alta frequenza e quello senza, è il modello completo per bassa frequenza che integra tutti gli effetti che le tensioni vBE e vCE hanno sulle correnti iB e iC. Vediamo ora una particolare configurazione per alta frequenza. L’inserimento delle capacità all’interno del circuito è tale da alterare completamente la funzione di trasferimento del circuito. Noi sappiamo che vogliamo utilizzare il transistor BJT in configurazione ad emettitore comune per avere un guadagno di corrente, quindi utilizziamo il transistor BJT in regione attiva diretta affinché IC=IB Sappiamo che il motivo per cui utilizziamo il transistore è portare in uscita una corrente che sia  volte più grande della corrente in ingresso. Supponiamo di avere sempre la stessa polarizzazione del circuito, allora i parametri di piccolo segnale sono sempre gli stessi. Supponiamo di considerare che incrementando la frequenza del segnale cambia l’impedenza associata alle capacità C e C perché mentre le resistenze e le conduttanze che si hanno nel circuito sono indipendenze dalla frequenza, lo stesso non si può dire per le impedenze associate alle capacità le quali sono strettamente legate alla frequenza. Quindi, per alta frequenza questo circuito è un circuito nel quale i parametri non sono costanti e di conseguenza non è costante neanche la funzione di trasferimento. Allora possiamo dire che in alta frequenza il  diventa anch’esso una funzione della frequenza f o della frequenza  = (f) = () Quindi si ha che il guadagno del circuito è un guadagno che varia al variare della frequenza perché le impedenze associate alle capacità sono funzioni della frequenza. Allora è importante capire se esiste una frequenza in corrispondenza della quale il transistor smette di funzionare come amplificatore e comincia a diventare un attenuatore. Stiamo considerando un circuito che in condizioni di bassa frequenza amplifica e si ha che IC=IB. Può accadere che incrementando la frequenza il guadagno  può ridursi fino al punto in cui IC alla frequenza * sia uguale ad IB alla frequenza *? IC (*) =IB (*) In questo caso, troveremo che il guadagno  che alla frequenza * che è unitario. Dunque, si ha: IC (*) =IB (*) → (*) =1 E superando la frequenza * il circuito diventa un attenuatore e si ha un guadagno minore di 1. Questa frequenza esiste e prende il nome di frequenza di transizione o di attraversamento. *= T È definita in questo modo perché rappresenta quella frequenza in corrispondenza della quale il guadagno attraversa il valore 1 e al di sopra di quella frequenza il guadagno ha un valore inferiore ad 1. Dunque, la frequenza di trasferimento è quella frequenza in corrispondenza della quale il circuito ha una funzione di trasferimento unitaria. Per trovare questa frequenza, si utilizza la configurazione peggiore, cioè la configurazione nella quale il collettore è cortocircuitato con l’emettitore. Dobbiamo quindi considerare il modello per alta frequenza nella quale però il collettore è cortocircuitato per cui la resistenza rC è cortocircuitata. Questo significa che, se abbiamo un cortocircuito tra il collettore e l’emettitore, di fatto la capacità C si trova in parallelo con la capacità C Cioè non cambia nulla se anziché mettere la capacità C collegata tra la base e il collettore, visto il cortocircuito che c’è tra il collettore e l’emettitore, la andiamo a mettere: Avendo fatto questo possiamo dire di avere una capacità equivalente che darà un’impedenza capacitiva ZC* che è data da: ZC*= ZC//ZC Sapendo che in generale Z=1/(jC) essendo che le capacità sono in parallelo dobbiamo fare il prodotto delle due diviso la somma. ZC*= [1/(jC)1/(jC)1(jC)+1(jC) ZC*= [1/(jC)1/(jC)/ [(jC+jC)/(jCjC) ZC*= 1/ (jC+jC) Facendo un grafico in cui nell’asse delle ascisse c’è la frequenza e nelle ordinate c’è  al variare della frequenza, si ha: Il guadagno si mantiene costante e pari al valore F solo per frequenza piccole, al di là di un certo valore di frequenza, il guadagno comincerà a ridursi assumendo valore unitario in corrispondenza del punto T (n.b. ovviamente è un grafico logaritmico infatti vediamo che diventa negativo→il suo argomento è inferiore ad uno e quindi il suo logaritmo è inferiore a zero). Notazione per il modello di piccolo segnale: sappiamo che questo è il modello di piccolo segnale in bassa frequenza: ()  T E questo è il modello di piccolo segnale in alta frequenza: Tuttavia, non abbiamo mai specificato se avevamo di fronte un transistor npn o pnp. Il modello di piccolo segnale non cambia tra npn e pnp perché di fatto è come se guardassi un pnp ritardato di mezza fase. Nel modello di piccolo segnale consideriamo quantità variabili nel tempo per cui consideriamo un segnale che per metà periodo della sua semionda è positivo e per il resto è negativo, per cui invertire la sua polarità significa solo sfasare di 180 gradi il circuito. Per cui quando consideriamo il modello di piccolo segnale sia in un npn sia in un pnp utilizziamo sempre questa rappresentazione chiaramente quando consideriamo invece la polarizzazione del circuito, trattandosi di segnali costanti nel tempo ma ampi, è fondamentale sapere di avere a che fare con un npn o pnp, perché nel pnp la corrente entra dall’emettitore, nell’npn la corrente esce dall’emettitore, nel pnp l’emettitore è a potenziale più elevato della base, nell’npn l’emettitore è a potenziale più basso della base. Quindi i modelli di polarizzazione dell’npn e del pnp sono differenti, in particolare sono duali tra loro, mentre nel piccolo segnale, i parametri di piccolo segnale si definiscono allo stesso modo sia in un pnp sia in un npn.