Scarica Dispositivi Elettronici e più Appunti in PDF di Dispositivi elettronici solo su Docsity! 1) I solidi nei circuiti integrati I circuiti integrati (CI) sono delle reti di dispositivi attivi e passivi allo stato solido realizzati sullo stesso chip di silicio (silicon in inglese). I singoli dispositivi a loro volta sono costituiti da materiali (elementi o composti) allo stato solido, quali ad esempio Si, Al, SiO2, W, TiN, Si3N4 ecc. (silicio, alluminio, biossido di silicio, tungsteno, nitruro di titanio, nitruro di silicio ecc.). I solidi citati differiscono fra loro per le proprietà elettriche, termiche, chimiche, meccaniche nonché per la loro struttura atomica che le determina. Distingueremo i solidi principalmente in base alle proprietà elettriche, anche se, come vedremo, le altre caratteristiche sono importanti per la fabbricazione ed il funzionamento dei dispositivi elettronici e dei CI. Dal punto di vista del trasporto di corrente i solidi possono essere: condut- tori (Al, Cu, Au...), semiconduttori (Si, Ge, GaAs...), isolanti (SiO2, Si3N4...). La conducibilità σ per un metallo è molto elevata ( 105 Ω−1cm−1) e, in prima approssimazione, indipendente dalla temperatura; per un semiconduttore può co- prire un range molto esteso (lo stesso semiconduttore può essere quasi un metallo o quasi un isolante a seconda del contenuto di impurezze) e dipende inoltre dalla temperatura; per un isolante è teoricamente nulla a tutte le temperature. La struttura dei solidi ne determina le proprietà elettriche. Quando gli atomi che costituiscono un solido sono disposti in modo periodico nello spazio si parla di struttura cristallina. La più semplice è la struttura cubica (che peraltro non è adottata da alcun solido): un atomo posto in ogni punto di un reticolo cubico. Il lato del cubo a costituisce la costante reticolare e il suo valore è di qualche Å. Per ottenere un solido nella forma di monocristallo sono necessarie tecniche particolari. I solidi possono avere anche struttura policristallina o amorfa. In un monocristallo la periodicità della struttura si ha in tutto il volume occupato dal solido; in un policristallo questo ordine si ha solo localmente in volumi più o meno ampi; in un solido amorfo invece non esiste alcuna struttura regolare e ripetitiva. 2) Metalli L’Al adotta la struttura cubica a facce centrate (FCC): si tratta di una strut- tura cubica con in più un atomo al centro di ogni faccia. 2) METALLI 2 A partire dalla conoscenza di a per l’Al (a = 4.04 Å) si può calcolare la sua densità atomica NAl, considerando quanti atomi appartengono ad un cubo di lato a. Si ottiene (tenendo conto che un atomo al vertice del cubo è a comune con altre otto celle, mentre un atomo al centro della faccia è a comune con due sole celle) NAl = 1 + 3 (4.04 × 10−10)3 = 6. 07× 10 28 atomi/m3 = m−3. Le densità atomiche di tutti i solidi sono di quest’ordine di grandezza: 1028 m−3 = 1022 cm−3. Nell’Al, per effetto delle interazioni fra gli atomi, ogni atomo cede al volume occupato dal solido un elettrone, che diviene così libero di muoversi al- l’interno del cristallo. La concentrazione di elettroni di conduzione n sarà dunque pari a 6. 07 × 1022 cm−3. A partire da questo dato si può facilmente calcolare la conducibilità σ dell’Al. Come è noto σ = ne2τ m0 dove τ è il tempo di rilassamento degli elettroni di conduzione (2.2×10−14 s per l’Al) e m0 è la massa dell’elettrone libero (9.1×10−31 Kg). σ = 6. 07 × 1028 × (1.6 × 10−19)2 × 2.2× 10−14 9.1× 10−31 = 3.76× 10 7 Ω−1 m−1 = 3. 76 × 105 Ω−1 cm−1 La resistività ρ = 1 σ vale dunque 1 3. 76×105 = 2. 66× 10−6 Ω·cm. Tutti i metalli hanno resistività dell’ordine del μΩ·cm. Equazione della neutralità di carica Un campione metallico è normalmente neutro. E’ costituito, per quanto visto, da ioni positivi fissi nelle posizioni reticolari (atomi che hanno ceduto un elettrone) e da un gas di elettroni liberi. Si avrà dunque n = N+Al o, in termini di carica netta nell’unità di volume −qn+ qN+Al = 0. Ovviamente N+Al = NAl. _________ Le strutture cristalline sono caratterizzate da un certo grado di simmetria. E’ importante individuare piani e direzioni notevoli nello spazio occupato dal cristallo. Allo scopo servono gli indici di Miller, che si ottengono, con riferimento ai piani della figura, come segue: 3) INTRODUZIONE ALLA FOTOLITOGRAFIA 5 1) Su un substrato (diametro 20 cm, spessore 0.7 mm = 700 μm) si depone (vedremo in seguito come) un film sottile di Al (ad esempio 200 nm). Per film sottile si intende uno strato uniforme di materiale con spessore ≤ 1 μm. sub 1) Al 2) Il film viene poi ricoperto con uno strato di fotoresist. Il fotoresist è un materiale sensibile alla radiazione con lunghezza d’onda inferiore ai 400 nm (UV). Ciò significa che quando il fotoresist viene esposto all’UV cambia le sue proprietà e diviene solubile in una soluzione di sviluppo. Quanto detto definisce il compor- tamento di un f. positivo. Un f. negativo si comporta in modo complementare. 2) sub fotoresist 3) Si espone il f. attraverso una maschera. Per maschera si intende una lastra di quarzo (trasparente all’UV) su cui si hanno delle zone non trasparenti. 3) sub fotoresist UV maschera non esposto 4) Si sviluppa il fotoresist. L’operazione rimuove completamente il f. esposto lasciando scoperto il film di Al. 4) sub sviluppo fotoresist 4) SEMICONDUTTORI 6 5) Si immerge il substrato in una soluzione che attacca l’Al (etching solution o, più brevemente, etching) nelle zone non protette. 5) sub attacco Al 6) Si elimina il fotoresist non esposto. Restano quindi sul substrato le porzioni del film di Al che durante l’attacco erano state protette dal fotoresist. 6) sub Risulta altresì evidente che con un’unica sequenza di passi (processo fotoli- tografico) si possono definire sul substrato metal di Al con geometrie diverse. Il processo fotolitografico è l’intermediario fra un disegno (un file di dati) e l’oggetto reale sul substrato. Il processo descritto, schematicamente per il momento, è lo stesso per tutti i processi che portano alla realizzazione dei CI, anche quelli più complessi. Gli attacchi dei vari materiali che compongono un CI sono di due tipi: wet (in soluzione) o dry (al plasma). Entrambi i tipi di attacco possono essere isotropi o anisotropi. In un attacco isotropo la velocità di attacco è identica in tutte le direzioni. Si definisce l’anisotropia A dell’attacco mediante la relazione A = 1− vo vv in cui vo è la velocità di attacco nelle direzioni yz e vv quella in direzione x. 4) Semiconduttori Esistono numerosi materiali semiconduttori (sc), sia semplici (Si, Ge), che composti (GaAs, InP, GaAlAs...). La resistività di un sc dipende fortemente da T ed inoltre può essere cambiata di ordini di grandezza introducendo nel sc una quantità controllata di impurezze opportune (drogaggio). Il sc di riferimento sarà d’ora in poi, salvo menzione esplicita, il silicio (Si). Il Si ha numero atomico 14 e appartiene al IV gruppo del sistema periodico, a cui appartengono anche C e Ge. Senza il Si e l’SiO2, l’elettronica integrata non esisterebbe, almeno nella forma attuale. 5) PROPRIETÀ ELETTRICHE DEI SOLIDI 7 Dal lingotto vengono ricavati i wafer, che tipicamente hanno uno spessore di 600÷ 700 μm. Come già detto i wafer più comunemente usati nella fabbricazione dei CI sono quelli (100) e (111). I piani di facile rottura nel Si sono gli {111} . Per rendere ragione delle 5) Proprietà elettriche dei solidi è necessario conoscere come sono distribuiti in energia all’interno di un solido gli elettroni di conduzione. Lo stato di un elettrone è definito quando si conoscano le tre componenti della sua quantità di moto e l’orientamento dello spin. De- scrivendo il comportamento dell’elettrone con il formalismo della meccanica quan- tistica (MQ) sussiste la seguente uguaglianza fra le componenti della quantità di moto e le componenti del vettore d’onda px = m0vx = kx, py = m0vy = ky, pz = m0vz = kz per cui l’energia cinetica dell’elettrone si potrà scrivere come E = p2 2m0 = 2k2 2m0 = 2 2m0 ( k2x + k 2 y + k 2 z ) . La relazione precedente stabilisce che si possono avere più stati con la stessa energia E. D’ora in avanti intenderemo per stato una terna di valori kx, ky, kz (un vettore k = 2π λ ). La costante di Planck h vale 6.62×10−34 joule·s. è per definizione = h/2π. Uno dei risultati più importanti della MQ è la quantizzazione dei valori per- messi di k e quindi dell’energia. Questo accade quando l’elettrone è confinato in uno spazio finito e quindi per un elettrone di conduzione di un solido: non tutti i valori di k sono permessi. Introduciamo il concetto di densità di statiD(E): D(E) rappresenta il numero di stati per unità di intervallo di energia e di volume. Dimensionalmente E−1l−3. 5) PROPRIETÀ ELETTRICHE DEI SOLIDI 10 k è la costante di Boltzmann che vale 8.633×10−5 eVK−1. kT a 300 K= 0.0259 eV. Il primo grafico mostra la FD nei pressi di EF per T = 300 K ed EF = 5 eV. Valori dell’ordine degli eV sono tipici dei metalli. Si noti che solo su una scala espansa si può chiaramente apprezzare l’andamento della FD nei pressi di EF . In effetti l’argomento dell’esponenziale a denominatore è la variabile x = E−EF kT e quindi, poiché si ha 1 1+exp(4) = 1. 78× 10−2 e 1 1+exp(−4) = 0. 982, la FD differisce da 0 ed 1, rispettivamente, solo per |E −EF | ≤ 4kT ; complessivamente in un intervallo di 8kT , pari a 0. 208 eV. E 5.45.254.84.6 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 EF f(E) Il secondo grafico è relativo alla f(E) a due temperature notevolmente di- verse (300 e 1300 K); si noti la deformazione della funzione nei pressi di EF : la probabilità che uno stato con E > EF sia occupato cresce al crescere di T. 6543210 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 f(E) EF E 300 Κ 1300 Κ Se f(E) è la probabilità che uno stato sia occupato, ovviamente 1 − f (E) è la probabilità che uno stato sia vuoto. f (E) vale 0.5 quando E = EF e per ogni T ; la definizione di livello di Fermi come quel livello energetico i cui stati hanno probabilità 0.5 di essere occupati ad ogni temperatura viene mantenuta anche allo zero assoluto. Resta il problema di sapere rispetto a quale valore di riferimento viene mi- surata l’energia EF . Si introduce a questo scopo il 5) PROPRIETÀ ELETTRICHE DEI SOLIDI 11 Modello dell’elettrone libero che consiste nel considerare ciascuno degli elettroni del metallo in interazione con un potenziale costante, generato dagli N atomi della struttura, che hanno perso un elettrone (ioni positivi fissi nelle posizioni reticolari), e dai rimanenti N − 1 elettroni. Un singolo elettrone vede dunque un potenziale positivo, che gli impedisce normalmente di abbandonare il metallo. Una rappresentazione schematica monodimensionale del modello è quella della figura. L’energia poten- ziale è assunta uguale a zero nell’intervallo (0, L) dell’asse x, mentre all’esterno vale qV0 (profondità della buca di potenziale). E’ rispetto al fondo della buca che vengono misurate le energie cinetiche dell’elettrone e quindi anche EF . 0 L x E qV0 Per elettrone libero si intende un elettrone non soggetto a forze: all’interno della buca questo è sicuramente vero, non lo è tuttavia in 0 ed L; non entreremo comunque nel merito delle condizioni al contorno in 0 e in L. Il valore di EF si calcola supponendo di essere alla temperatura di 0 K. La n = 2 ∫ ∞ 0 D(E)f(E)dE diviene, in questa ipotesi n = 2 ∫ EF 0 2π ( 2m0 h2 ) 3 2 E 1 2 dE = 8 3 π ( 2m0 h2 ) 3 2 E 3 2 F da cui EF = ( 3n 8π )2 3 h2 2m0 . Dato che per l’Al n = 6. 07 × 1028 m−3 EF = ( 3 × 6. 07 × 1028 8π )2 3 (6.62× 10−34)2 2× 9.1 × 10−31 = 9. 07 × 10 −19 joule = 9. 07 × 10−19 1.6× 10−19 = 5.67 eV. 5) PROPRIETÀ ELETTRICHE DEI SOLIDI 12 Poiché n in un metallo è indipendente da T lo è anche EF . Un elettrone che ha energia pari ad EF avrà una velocità (all’equilibrio) che si ottiene dalla relazione EF = 1 2 m0v 2 F vF = √ 2EF m0 = √ 2 × 5.67× 1.6× 10−19 9.1× 10−31 = 1. 4× 10 6 m/s = 1400 Km/s 1/200 circa della velocità della luce. Facendo sempre riferimento allo spazio dei k, alla temperatura di 0 K co- minceremo a disporre gli n elettroni di conduzione a partire dagli stati con energia più bassa, ma poiché per ogni livello energetico sono in numero finito, una volta sistemati tutti gli elettroni avremo raggiunto un certo valore di energia, che è appunto EF . Il modello dell’elettrone libero è sintetizzato nella figura. qΦM rappresenta la funzione di lavoro del metallo, ovvero l’energia minima che bisogna fornire ad un elettrone per estrarlo dal metallo stesso. Le funzioni di lavoro dei metalli sono comprese nell’intervallo 3÷6 eV. 0 L x E qV0 EF qΦM Il passaggio di corrente nei metalli La figura mostra lo spazio degli stati permessi agli elettroni (spazio dei k, inversi delle lunghezze ≡ spazio reciproco). 5) PROPRIETÀ ELETTRICHE DEI SOLIDI 15 La densità di corrente è per definizione la carica mobile che passa nell’unità di tempo attraverso l’unità di superficie J = qnvdrift = qn μnVapp L e l’intensità I I = JS = Sqn μnVapp L = qnμn S L Vapp = σ S L Vapp = Vapp R . _____________ Non è ovviamente possibile descrivere tutti i solidi con questo modello, dato che si comporterebbero tutti come metalli. Un modello, ancora schematico, ma più aderente alla realtà è il Modello di Kronig e Penney che differisce dal precedente in quanto l’energia potenziale all’interno della buca non è costante, ma varia periodicamente con la posizione. U1 a b qV0 Risolvendo l’equazione di Schroedinger per un elettrone in interazione con un potenziale come quello della figura (i parametri che definiscono il modello sono: a, b, qV0) si ottiene che, a parte la quantizzazione dovuta al confinamento dell’elettrone, i livelli di energia permessi sono raggruppati in bande separate fra loro da intervalli di energie proibite (gap). gap x banda di energie permesse 5) PROPRIETÀ ELETTRICHE DEI SOLIDI 16 Questi intervalli assumono valori dell’ordine degli eV. Vediamo invece quale sia il ∆E relativo alla quantizzazione. –––––––––––––— Per un metallo, nel caso in cui tutte le componenti di k sono uguali: E1 = 2k2 2m0 = 2 2m0 ( k2x + k 2 y + k 2 z ) = 2 2m0 (( n12π L )2 + ( n12π L )2 + ( n12π L )2) = 3 2n21 2m0 ( 2π L )2 ; E2 = 2 2m0 (( (n1 + 1) 2π L )2 + ( (n1 + 1) 2π L )2 + ( (n1 + 1) 2π L )2) = 3 2 (n1 + 1) 2 2m0 ( 2π L )2 ∆E = 3 2 2m0 ( 2π L )2 ( (n1 + 1) 2 − n21 ) = 3 2 2m0 ( 2π L )2 (2n1 + 1) = 3 × (6.62× 10−34)2 8 × π2 × 9.1× 10−31 ( 2π 10−2 )2 (2n1 + 1) = 7. 2× 10−33 (2n1 + 1) joule = 7. 2 × 10 −33 1.6 × 10−19 (2n1 + 1) = 4. 5× 10−14 (2n1 + 1) eV. avendo assunto L = 1 cm. Se supponiamo che E1 = 1 eV, otteniamo per n1 n1 = √ E1 2m0 3 2 ( L 2π )2 = √√√√1.6× 10−19 2× 9.1 × 10−31 3× (6.62×10−34 2π )2 × ( 10−2 2π )2 = 4. 7× 106 e quindi ∆E = 4. 5×10−14× 2×4. 7×106 = 4.23×10−7 eV, che è assolutamente trascurabile rispetto al valore assunto dai gap. –––––––––––––— 6) I PORTATORI DI CARICA NEI SEMICONDUTTORI 17 kx E π/a−π/a E x I grafici mostrano la struttura a bande E = E(x) ed E = E(k) per un solido 1D. Diamo qui solo le conclusioni salienti del modello. BC BV EC EV 1) Ogni solido è caratterizzato da una struttura a bande. 2) Le bande possono essere completamente occupate dagli elettroni; la più alta in energia, immediatamente successiva all’ultima completamente occupata, può essere occupata per metà. 3) I metalli o non hanno gap (l’ultima occupata e quella successiva vuota si sovrappongono) oppure l’ultima è occupata per metà. 4) I semiconduttori e gli isolanti hanno le ultime due bande (quella piena ≡ banda di valenza e quella vuota ≡ banda di conduzione) separate da un gap; il fatto che si comportino da semiconduttori o da isolanti dipende dal valore del gap Eg. Per il Si Eg 1 eV; per l’SiO2 Eg 9 eV. 5) In un metallo EF si trova fra i livelli permessi; in un semiconduttore gen- eralmente EF è nel gap. 6) nella banda di valenza a 0 K trovano posto tutti e solo gli elettroni di valenza (la banda è completamente occupata). 6) I portatori di carica nei semiconduttori Le proprietà dei semiconduttori, e in particolare la concentrazione dei porta- tori all’equilibrio, sono descrivibili a partire dalla struttura a bande utilizzando la f(E) e la D(E), già definite. Ricordiamo che il riferimento per la f(E) è il livello di Fermi, a cui la f (E) è, per così dire, vincolata. Le bande di interesse 6) I PORTATORI DI CARICA NEI SEMICONDUTTORI 20 Massa efficace Il punto di partenza è il comportamento di un elettrone in interazione con una struttura periodica. Il modello di KP dà luogo alla struttura a bande; all’interno di ciascuna banda si ha un andamento dell’energia in funzione del vettore d’onda dato dalla funzione E = E(k). Si osservi che gli elettroni nella BC, ad esempio, occupano con probabilità non nulla solo gli stati con energie molto prossime ad EC. Si può dunque sviluppare in serie la funzione E = E(k), nell’intorno di un minimo o di un massimo, dove la derivata prima è nulla: E(k) = E(k0) + d2E dk2 |k=k0 (k − k0)2 2 + TOS; l’andamento di E è quadratico con k, come nel modello dell’elettrone libero, con la differenza che in questo caso la dipendenza quadratica vale solo nell’intorno di un punto di massimo (o di minimo). Ricordando che per un metallo E = 2k2 2m0 si può stabilire un’analogia formale E(k)− E(k0) = d 2E dk2 |k=k0 (k − k0)2 2 = 2 (k − k0)2 2m∗e pur di porre m∗e = 2 d2E dk2 |k=k0 . m∗e prende il nome di massa efficace dell’elettrone (per la mobilità) nella BC ed è in generale diversa da m0. E’ un parametro che tiene conto di tutte le complesse interazioni che subisce un elettrone in un potenziale periodico. In altre parole, quando si studiano i problemi legati al movimento dei portatori di carica soggetti ad un campo elettrico, la massa efficace consente di tenere in conto soltanto del campo elettrico applicato dall’esterno. Dato che nella definizione compare la derivata seconda, m∗e può essere positiva o negativa, a seconda che lo sviluppo in serie sia stato effettuato nei pressi di un minimo o di un massimo, rispettivamente. Il fatto che si possa avere una massa (efficace) negativa non deve turbare più di tanto: si tratta solo di un parametro atto a descrivere il comportamento dinamico dell’elettrone. Ovviamente la massa gravitazionale dell’elettrone vale sempre m0. Rimane tuttavia il problema del trasporto di corrente in un semiconduttore nel quale (supponiamolo intrinseco) a una certa temperatuta T > 0, ci sono sia elettroni sul fondo della BC (con massa e. positiva) che stati liberi alla sommità della BV (nei quali la massa e. dell’elettrone sarebbe stata negativa). 6) I PORTATORI DI CARICA NEI SEMICONDUTTORI 21 Supponiamo di essere allo zero assoluto: la BV è completamente piena e la BC completamente vuota. Se applichiamo un campo elettrico nessun elettrone dell BV è in grado di incrementare il suo vettore d’onda (e la sua energia) dato che nessuno stato è disponibile e quindi la corrente elettrica risultante sarà pari a zero. Potremo dunque affermare che il contributo C(N) di tutti gli N elettroni della BV è nullo. CBV (N) = 0. Osserviamo ora che di tutti gli elettroni della BV, alcuni hanno massa e. po- sitiva, altri negativa, mentre per la maggior parte di essi non è neppure definibile. Possiamo tuttavia scrivere, estraendo il contributo di un singolo elettrone che si trovi alla sommità della BV (e quindi destinato a passare in BC quando T diviene > 0) CBV (N − 1) + CBV (−m∗e,−q) = 0 in cui C(−m∗e,−q) rappresenta il contributo di un elettrone con massa e. negativa e carica (ovviamente) negativa. Proseguendo in questa trattazione formale CBV (N − 1) = −CBV (−m∗e,−q) ovvero CBV (N − 1) = −CBV (−m∗e,−q) + CBV (m∗h, q)− CBV (m∗h, q) in cui abbiamo sommato e sottratto il contributo di una particella fittizia di massa e. positiva (m∗h) e carica positiva (lacuna). Nel secondo membro dell’uguaglianza precedente −CBV (−m∗e,−q)− CBV (m∗h, q) = 0 in quanto si tratta del contributo di una coppia di particelle con massa e. e carica pari a zero. Rimane dunque CBV (N − 1) = CBV (m∗h, q) : il contributo di N−1 elettroni al trasporto di corrente è equivalente a quello di una particella, la lacuna, con massa efficace positiva |−m∗e| = m∗h e carica positiva. Riassumendo: 1) elettroni nei pressi del minimo della BC: massa e. m∗e, carica −q; 2) stati vuoti nei pressi della sommità della BV: massa e. m∗h, carica q. m∗e e m ∗ h prendono il nome di masse e. per la conducibilità. Dovrebbe a questo punto risultare evidente che una banda completamente occupata non dà alcun contributo al passaggio di corrente; quindi un sc alla T di 0 K si comporta come un isolante. La differenza fra sc ed isolanti sta nel valore del gap Eg. L’SiO2, che è un isolante a tutte le temperature accessibili, ha un gap di 6) I PORTATORI DI CARICA NEI SEMICONDUTTORI 22 circa 9 eV; questo significa che qualunque sia la sua temperatura la Fermi-Dirac non è in grado di mandare elettroni nella BC. Il Si ha un gap di 1.08 eV alla temperatura di 300 K (il gap dipende debolmente dalla temperatura). Mobilità e conducibilità In un sc in cui siano presenti entrambi i tipi di portatori si avrà: μn = eτ m∗e μh = eτ m∗h σ = σe + σh = e (nμn + pμh) n e p nel Si intrinseco Abbiamo visto che per un sc non degenere n = NC exp ( −EC − EF kT ) p = NV exp ( −EF − EV kT ) . Per il Si intrinseco n = p = ni, quindi facendo il prodotto np = n2i = NCNV e ( − EC−EF kT ) e ( − EF−EV kT ) = NCNV e ( − EC−EV kT ) = NCNV e ( − Eg kT ) ni = √ NCNV e ( − Eg 2kT ) . Il risultato è indipendente dalla posizione del livello di Fermi, purché ci si trovi all’equilibrio. La relazione np = n2i prende il nome di legge dell’azione di massa. Il suo significato verrà chiarito in seguito. _____________ Esempio Per il Si a T ambiente ni = √ 2.8 × 1019 × 1019 × e ( − 1.08 2×8.633×10−5×300 ) = 1.47 × 1010 cm-3 che usualmente si approssima con 1.5 × 1010 cm-3 (n2i = 2.25 × 1020 cm−6). _____________ 6) I PORTATORI DI CARICA NEI SEMICONDUTTORI 25 Il motivo di questa schematizzazione è che quando il Si viene drogato si in- troducono nella struttura atomi estranei che hanno in generale rt diverso e ciò provoca effetti di deformazione locale del reticolo. Per motivi di praticità grafica si suole schematizzare la struttura del Si con quella bidimensionale della figura seguente Supponiamo di aver sostituito un atomo di Si con un atomo di P (si parla di impurezza sostituzionale) e di essere a 0 K. Dato che il P ha un elettrone esterno in più, il numero complessivo di elettroni di valenza della struttura è aumentato di un’unità; non può essere quindi sistemato nella BV che, per quanto visto, è completamente occupata, né può andare in BC dato che la Fermi-Dirac non lo consente. In effetti se la struttura energetica del solido non cambiasse non ci sarebbe nessuna possibilità per l’elettrone in più. Ma il solido non è evidentemente lo stesso di prima perché è formato da N − 1 atomi di silicio e da un atomo di fosforo. Quello che accade nella sua struttura energetica è mostrato dalla figura: E x EC EC ED per ogni atomo di P si ha uno stato localizzato all’interno del gap. Questo stato è molto vicino energeticamente alla BC (dell’ordine del centesimo di eV). L’elettrone eccedente dell’atomo di P è vincolato al suo atomo di origine dal- l’attrazione elettrostatica, ma poiché si trova in un mezzo, il silicio, con costante dielettrica relativa εSi = 11.8 questa attrazione è ridotta rispetto al caso di atomo di P isolato. In altri termini per liberare questo elettrone è necessaria un’energia molto minore di quella che ci vorrebbe per l’atomo isolato. Per l’elettrone nel solido essere libero significa trovarsi nella BC. Lo stato su cui si trova l’elettrone a 0 K è individuato nella 6) I PORTATORI DI CARICA NEI SEMICONDUTTORI 26 figura dalle coordinate di posizione (asse delle ascisse) e dal valore dell’energia ED. E’ evidente che ci sono nel silicio tanti stati localizzati quanti sono gli atomi di P introdotti. Per il P ad esempio EC −ED = 0.045 eV. Basta quindi un piccolo aumento di temperatura per portare l’elettrone in BC. Il P prende il nome di atomo donatore o, più brevemente, donatore. La BC viene adesso rifornita di elettroni di conduzione sia dalla BV, distante in energia circa 1 eV, che dagli stati donatori la cui distanza in energia è molto minore. Se indichiamo con ND la concentrazione in cm−3 di atomi di P che possono essere introdotti nel Si 1014 ND 10 20; come si vede un intervallo molto esteso. Il Si drogato con atomi di P (o di As, o di Sb) prende il nome di Si di tipo n. Si pone il problema, in questa situazione mutata, di conoscere la funzione n = n(T ). Si non-degenere di tipo n L’equazione della neutralità di carica si scrive n = N+D + p : la concentrazione n degli elettroni nella BC è data dalla somma della concen- trazione di elettroni provenienti dagli stati donatori (= alla frazione N+D di dona- tori che hanno perso il loro elettrone) più la concentrazione di elettroni provenienti dalla BV (= p). Si noti che i donatori ionizzati costituiscono una carica fissa. Dato che si tratta di un Si non-degenere n = NCexp (−EC−EF kT ) NC exp ( −EC − EF kT ) = N+D + p; se supponiamo poi di essere in un intervallo di T tali che p sia trascurabile (basse T ) l’equazione precedente diviene NC exp ( −EC − EF kT ) = N+D in cui l’incognita è EF . E’ necessario ora esprimere N+D in funzione di EF . La probabilità che uno stato con energia ED sia occupato da un elettrone è data da f(ED) = 1 1 + 1 2 exp ( ED−EF kT ) 6) I PORTATORI DI CARICA NEI SEMICONDUTTORI 27 e quindi la probabilità che sia vuoto è 1− f (ED) = 1 − 1 1 + 1 2 exp ( ED−EF kT ) = 12 exp ( ED−EF kT ) 1 + 1 2 exp ( ED−EF kT ) = 1 2 exp ( EF−ED kT ) + 1 ; l’equazione NC exp (−EC−EF kT ) = N+D diviene infine NC exp ( −EC −EF kT ) = ND 2 exp ( EF−ED kT ) + 1 . Ponendo e EF kT = x xNC exp ( −EC kT ) = ND 2x exp (−ED kT ) + 1 2x2NC exp ( −EC + ED kT ) + xNC exp ( −EC kT ) −ND = 0 x2 + x NC exp (−EC kT ) 2NC exp (−EC+ED kT ) − ND 2NC exp (−EC+ED kT ) = 0 x2 + x exp ( ED kT ) 2 − ND exp ( EC+ED kT ) 2NC = 0 che ha per soluzioni x = −exp ( ED kT ) 4 ± √ exp ( 2ED kT ) 16 + ND exp ( EC+ED kT ) 2NC = exp ( ED kT ) 4 ⎛ ⎝−1 ± √ 1 + 8ND exp ( EC−ED kT ) NC ⎞ ⎠ ; scartando il segno − nella parentesi x = exp ( ED kT ) 4 ⎛ ⎝−1 + √ 1 + 8ND exp ( EC−ED kT ) NC ⎞ ⎠ . L’espressione trovata ha validità nell’intervallo di basse T (a partire da 0 K). Il termine sotto radice dipende da T (si ricordi che NC = NC(T )). Al crescere di T il termine 8ND exp ( EC−ED kT ) NC diminuisce; quando diviene 1 si può sviluppare in serie la radice (√ 1 + y 1 + y 2 ) e ottenere x = exp ( ED kT ) 4 ( −1 + 1 + 4ND exp ( EC−ED kT ) NC ) = ND NC exp ( EC kT ) ; 6) I PORTATORI DI CARICA NEI SEMICONDUTTORI 30 E’ chiaramente individuabile l’intervallo di temperature di svuotamento. Si non-degenere di tipo p La procedura è la stessa utilizzata per il Si di tipo n. Il risultato notevole è, come nel caso precedente, che nell’intervallo delle T di svuotamento, p = NA. Qualche considerazione sul drogaggio di tipo p. Il boro è trivalente e quindi quando è in posizione sostituzionale ha un legame incompleto. Per completare questo legame può intervenire un elettrone del legame Si-Si, ma per far questo deve acquistare un pò di energia. Si hanno due effetti: 1) si libera parzialmente un legame Si-Si e questo corrisponde alla formazione di una lacuna nella BV; 2) l’elettrone che si è trasferito a completare il legame Si-B resta bloccato in quella posizione formando così uno ione fisso negativo. Il tutto viene descritto brevemente dicendo che gli atomi di B introducono degli stati localizzati accettori a poca distanza dalla BV. La distanza EC −EF (EF −EV ) si ottiene invertendo le NC exp ( −EC − EF kT ) = ND NV exp ( −EF − EV kT ) = NA EC − EF = kT ln ( NC ND ) EF − EV = kT ln ( NV NA ) . 6) I PORTATORI DI CARICA NEI SEMICONDUTTORI 31 Ricordiamo che queste relazioni sono valide se EC − EF > kT (EF − EV > kT ) (sc non-degenere). EC − EF@1014 = 0.326 eV EC − EF@1015 = 0.266 eV EC − EF@1017 = 0.146 eV. Si noti che il limite di validità dell’espressione utilizzata si situa nei pressi del valore ND (NA) = 1019 cm−3. Il Si, p o n, con drogaggi superiori a 1019 cm−3 viene indicato rispettivamente con n+ e p+. Drogaggio netto e silicio compensato Un campione di Si è drogato con accettori e donatori in modo che ND = NA. La struttura a bande è quella della figura, nella quale è stato messo in evidenza che gli elettroni dei donatori a 0 K hanno trovato posto sugli stati accettori. EC EV All’aumentare della temperatura il Si, dal punto di vista della concentrazione dei portatori, si comporterà come se fosse intrinseco, dato che gli elettroni disponi- bili sono tutti in BV o molto vicini ad essa. Il Si in queste condizioni prende il nome di Si compensato. Nella figura successiva è illustrato il caso ND > NA. E’ immediato vedere che il Si si comporta come se fosse di tipo n con una concentrazione netta di donatori pari a ND −NA. EC EV 6) I PORTATORI DI CARICA NEI SEMICONDUTTORI 32 Profilo dei droganti e profilo di drogaggio Per profilo dei droganti si intende la concentrazione degli atomi donatori ND(x) (accettori NA(x)) in funzione di x; per profilo di drogaggio si intende la differenza NA − ND in funzione di x. Questa differenza determina il tipo di conducibilità del Si. Se NA −ND > 0 il Si è di tipo p, se NA −ND < 0 il Si è di tipo n. Solitamente, dato che la concentrazione dei droganti varia di diversi ordini di grandezza, i profili vengono rappresentati su un grafico semilogaritmico. Il profilo del boro, dopo l’operazione di drogaggio di un wafer di tipo n, è dato dalla funzione (NAS = NA(0) e a una costante) NA(x) = NASe − x2 a2 mentre il profilo del drogaggio netto è la differenza N(x) = NA(x) −ND riportata in grafico come N (x) = ln (|NA(x)−ND|) Dall’uguaglianza NASe − x2i a2 = ND si ottiene immediatamente il valore della coordinata xi, xi = a √ ln ( NAS ND ) in cui la differenza NA − ND = 0. Il luogo dei punti in cui NA − ND = 0 è la superficie della giunzione, che separa la zona di tipo p da quella di tipo n. Abbiamo qui supposto che la diffusione avvenga solo secondo x. In realtà la diffusione avviene anche secondo direzioni nel piano yz (diffusione laterale). Esempio ND (costante) = 1015 cm−3, NAS = 1018 cm−3, a2 = 3 μm2. Dalla relazione precedente si ottiene immediatamente xi = 4.55 μm. Il grafico che segue mostra i vari profili prima e dopo l’operazione di drogaggio. 7) SOLIDI DIVERSI A CONTATTO 35 e moltiplichiamo entrambi i membri per μnn(x) kTμn dn(x) dx + qμnn(x)E(x) = 0; nel termine Jn(x) = qμnn(x)E(x) riconosciamo una densità di corrente di trasci- namento, dovuta al campo presente nella zona di carica spaziale compresa fra −x1 e x2. Ne consegue che anche il termine kTμn dn(x) dx rappresenterà una densità di corrente, la cui causa è il gradiente di concentrazione dei portatori dn(x) dx ; dato che siamo all’equilibrio la somma delle due densità deve essere zero (la densità di cor- rente −qμnn(x)dV (x)dx è causata da un gradiente di potenziale). kTμn dn(x)dx = Jdiff prende il nome di densità di corrente di diffusione. Nella zona compresa fra −x1 ed x2 non si ha più neutralità di carica ed è quindi presente un campo elettrico E(x). Uguagliando l’espressione trovata per Jdiff con quella più comunemente nota Jdiff = kTμn dn(x) dx = qDn dn(x) dx si ottiene kT q = Dn μn che costituisce la relazione di Einstein fra coefficiente di diffusione Dn e mobilità. _____________ C(x) x S Δx Nella figura è rappresentata una concentrazione di particelle funzione di x (caso 1D). A causa delle collisioni ciascuna di esse sarà caratterizzata da un tempo libero τ e da un cammino libero medio l. Se la particella si muove in una certa direzione, dopo l’urto avrà uguale prob- abilità di muoversi nella stessa direzione o in direzione opposta. Dette C(x) e C(x+ ∆x) le concentrazioni a sinistra e a destra della superficie S indicata, il numero netto di particelle che l’attraversa nell’unità di tempo sarà dato da C(x)S∆x 2τ − C(x+∆x)S∆x 2τ ; dividendo per S e moltiplicando e dividendo per ∆x si ottiene il flusso F F = C(x)∆x2 2τ∆x − C(x+∆x)∆x 2 2τ∆x = −∆x 2 2τ dC(x) dx = − l 2 2τ dC(x) dx = −DdC(x) dx . 7) SOLIDI DIVERSI A CONTATTO 36 D è il coefficiente di diffusione che dimensionalmente è l2t−1. Il segno meno significa che il flusso ha verso contrario al gradiente di concentrazione (le particelle diffondono dalle zone a concentrazione più alta verso quelle a concentrazione più bassa). _____________ 1) Il livello di Fermi in una catena di solidi diversi all’equilibrio è costante. Per rendere possibile questa condizione è necessario che si abbia un trasferimento di carica da un solido all’altro in modo da modificare l’energia potenziale. 2) Nella zona dove non sussiste più la neutralità di carica, ed è quindi presente un campo elettrico e un gradiente di concentrazione dei portatori, per ciascun tipo di portatori all’equilibrio si scriverà JTOT = Jdiff + Jdrift = 0 3) La differenza di energia dovuta all’allineamento dei livelli di Fermi si tra- duce in una ddp di contatto V0 che è data in modulo da V0 = ∣∣∣∣EF1 −EF 2q ∣∣∣∣ E’ possibile ottenere analiticamente l’andamento di V (x) e quindi del campo elettrico? L’equazione di Poisson d2V (x) dx2 = −ρ(x) εs si scrive, ad esempio fra 0 e x2 d2V (x) dx2 = −qND2 − qn(x) + qp(x) εs ; trascurando i minoritari, le lacune in questo caso d2V (x) dx2 = −qND2 − qNCe − EC (x)−EF kT εs = − q ( ND2 −NCe qV (x)+EF kT ) εs : la densità di carica, la cui conoscenza è necessaria per determinare V (x), è a sua volta funzione di V (x). La risposta è quindi negativa. Il problema può essere risolto solo con opportune approssimazioni. Si osservi che il caso trattato non è che la semplificazione della situazione che frequentemente si incontra nei dispositivi integrati, ovvero il drogaggio funzione della posizione. 8) GENERAZIONE E RICOMBINAZIONE 37 8) Generazione e ricombinazione ni è funzione di T ; più in generale n e p sono funzioni di T. Al crescere di T si ha generazione di coppie elettrone-lacuna, quando invece T diminuisce si ha ricombinazione. Indichiamo con G e con R le velocità di generazione e ricom- binazione, rispettivamente. G rappresenta il numero di coppie che si generano nell’unità di volume nell’unità di tempo. Dimensionalmente: cm−3s−1. Analoga- mente per R. La probabilità che un elettrone si ricombini nell’unità di tempo è proporzionale alla concentrazione di lacune p; segue che R = rnp; se il sc è intrinseco R = rn2i . All’equilibrio deve essere evidentemente R = G e quindi G(T ) = rn2i (T ). Per un semiconduttore drogato (n = p) G rimane la stessa⇒ all’equilibrio G = R, n2i (T ) = np. La legge dell’azione di massa (n2i = np) ha questo significato: all’equilibrio le velocità di generazione e ricombinazione sono uguali. Notazione: pn0 : conc. di minoritari all’equilibrio nel Si n; nn0 : conc. di maggioritari all’equilibrio nel Si n; np0 : conc. di minoritari all’equilibrio nel Si p; pp0 : conc. di maggioritari all’equilibrio nel Si p; pn : conc. di minoritari nel Si n; nn : conc. di maggioritari nel Si n; np : conc. di minoritari nel Si p; pp : conc. di maggioritari nel Si p. 1) Illuminazione uniforme Un campione di Si n (nn0 = ND, pn0 = n2i /ND) viene illuminato uniforme- mente in modo che si abbia una generazione uniforme di coppie GOP in tutto il volume. A regime (non siamo più all’equilibrio) nn = nn0 + δn pn = pn0 + δp 9) L’EQUAZIONE DI CONTINUITÀ 40 In un sc non-degenere EF si trova nel gap e la FD in BC è approssimabile con una funzione di distribuzione di tipo classico f(E) = exp ( −E − EF kT ) ; gli elettroni (bassa n(E) in rapporto alla D(E)) si comportano come particelle classiche e quindi 1 2 m∗ev 2 th = 3 2 kT. ____________ vth = √ 3 2 kT 2 m∗e = √ 3×8.63×10−5×1.6×10−19×300 0.26×9.1×10−31 = 2. 3×105 ms−1 (si noti il valore della massa efficace degli elettroni). Un difetto tipico, che si usa anche intenzionalmente per stabilire il valore di τ, è l’Au; quando Nt (Au) = 1014 cm−3 τ vale 2× 10−7 s. Si può adesso calcolare σc = 1vthNtτ = 1 2. 3×107×1014×2×10−7 = 2. 17 × 10−15 cm2. Il ruolo di questo tipo di difetti si spiega sapendo che introducono all’interno del gap e nei pressi del livello di Fermi intrinseco degli stati (accettori e/o donatori) che fungono da intermediari per la ricombinazione delle coppie elettrone-lacuna. EC EV EF Sono noti come deep levels o trappole. Nel Si, che è un semiconduttore a gap indiretto, i processi di ricombinazione diretta banda-banda non sono permessi. Se è possibile con opportuni processi rendere Nt molto basso si può avere un Si con un tempo di vita dei minoritari molto lungo (es. di applicazione: CCD (Charge Coupled Devices)−→fotocamere digitali) 9) L’equazione di continuità La variazione nel tempo del numero dei portatori nel volume indicato è data dal flusso netto (F (x) − F (x + ∆x)) più quello che si genera internamente al volume meno quello che si si ricombina; prendendo in considerazione le lacune 9) L’EQUAZIONE DI CONTINUITÀ 41 S J(x) J(x+Δx) Δx ∂ ∂t (pS∆x) = [Jh(x)− Jh(x+∆x)] q S + (G−R)S∆x ovvero ∂p ∂t = [Jh(x)− Jh(x+∆x)] q∆x + (G−R) ∂p ∂t = −1 q ∂Jh(x) ∂x + (G−R) ∂p ∂t = −1 q ∂ ( qμhpE−qDh ∂p∂x ) ∂x + (G−R) Nel termine qμhpE−qDh ∂p∂x sia μh che Dh dipendono in generale da x; suppo- nendo tuttavia per semplicità che siano costanti ∂p ∂t = − ( μhp ∂E ∂x + μhE ∂p ∂x −Dh ∂ 2p ∂x2 ) + (G−R) che non può essere risolta analiticamente se non in casi particolari quali l’illumi- nazione uniforme prima considerata. In quel caso infatti p(x) = cost. ed E = 0 e quindi l’equazione di continuità si riduceva a dpn dt = −pn − pn0 τ +GOP N.B.: Il termine G − R si può scrivere come −pn−pn0 τ solo nell’hp di bassa iniezione. _______________ Dipendenza della mobilità dalla posizione. μe,h = eτ m∗ dove τ è il tempo di rilassamento. 1 τ rappresenta dunque il nu- mero medio di collisioni al secondo. Una causa importante di scattering sono le impurezze (ionizzate e non). All’aumentare del drogaggio cresce il numero di col- lisioni nell’unità di tempo e quindi la mobilità diminuisce. In un campione in cui il drogaggio è funzione di x anche la mobilità è funzione di x. 9) L’EQUAZIONE DI CONTINUITÀ 42 Nella tabella sono riportati i valori della mobilità dei portatori nel Si per un ampio range di valori di drogaggio. ND,A (cm−3) μn (cm 2V−1s−1) μh (cm 2V−1s−1) 1014 1350.0 495.0 2×1014 1345.0 495.0 4×1014 1335.0 495.0 6×1014 1320.0 495.0 8×1014 1310.0 495.0 1015 1300.0 491.1 2×1015 1248.0 487.3 4×1015 1200.0 480.1 6×1015 1156.0 473.3 8×1015 1115.0 466.9 1016 1076.0 460.9 2×1016 960.0 434.8 4×1016 845.0 396.5 6×1016 760.0 369.2 8×1016 720.0 348.3 1017 675.0 331.5 2×1017 524.0 279.0 4×1017 385.0 229.8 6×1017 321.0 203.8 8×1017 279.0 186.9 1018 252.0 178.0 2×1018 182.5 130.0 4×1018 140.6 90.0 6×1018 113.6 74.5 8×1018 99.5 66.6 1019 90.5 61.0 2×1019 86.9 55.0 4×1019 83.4 53.7 6×1019 78.8 52.9 8×1019 71.6 52.4 1020 67.8 52.0 2×1020 52.0 50.8 4×1020 35.5 49.6 6×1020 23.6 48.9 8×1020 19.0 48.4 1021 17.8 48.0 Si osservi che la mobilità dipende dalla concentrazione totale di droganti e 12) LA GIUNZIONE PN 45 vdiff = Ln τn = 5.8 × 10−3 10−6 = 5.8 × 103 cm/s. La lunghezza di diffusione degli elettroni in eccesso è maggiore di quella delle lacune. Dato che la generazione delle coppie avviene in x = 0 e dato che gli elettroni tendono a diffondere più in profondità, a regime si stabilirà un campo elettrico, dovuto alla differenza dei profili di diffusione, che impedisce agli elettroni di assumere il loro profilo esponenziale. Per ottenere il vero profilo di elettroni e la- cune sarebbe necessario risolvere l’equazione di continuità tenendo conto anche del campo che ha origine dalle diverse lunghezze di diffusione e questo non può essere fatto per via analitica. Se tuttavia la differenza fra le i due profili (δp(x) e δn(x)) non è molto grande, anche la densità di carica risultante e il campo associato saranno quasi trascurabili: si parla in tal caso di ipotesi di quasi-neutralità. In tutte le considerazioni che seguiranno utilizzeremo sempre il profilo esponenziale. 12) La giunzione pn Una giunzione pn si ottiene dunque cambiando il drogaggio di una zona di silicio cristallino p o n. Di seguito sono mostrate le maschere necessarie per realizzare una giunzione pn integrata ed il layout relativo. 1) Diffusione p su wafer n; se c’è stato un drive-in in atmosfera ossidante questa finestra si è richiusa automaticamente. 2) Diffusione n+; è necessaria per rendere ohmico il contatto Al/Si (n). 3) Apertura di una finestra sulla diffusione p. 12) LA GIUNZIONE PN 46 4) Maschera per la definizione della metal. p n+ n Si noti che tutti i diodi del wafer hanno a comune la parte n. Si dovrà pertanto provvedere a isolarli elettricamente uno dall’altro. La sequenza di maschere mostrata deve essere considerata solamente come un esercizio. Nell’attraversare la giunzione non si ha nessuna interruzione della periodicità del cristallo. È evidente da quanto esposto che il drogaggio, a destra e sinistra del piano di giunzione, non può in generale essere considerato costante. Tuttavia, per motivi di semplicità considereremo inizialmente la giunzione ideale pn brusca. La giunzione pn all’equilibrio La figura mostra la giunzione pn brusca (ideale) cosí definita: p n x ND NA 1) i drogaggi NA ed ND sono costanti; 2) i contatti metallo-semiconduttore alle estremità non presentano apprez- zabile resistenza di contatto (contatti ohmici); 12) LA GIUNZIONE PN 47 3) il dispositivo è monodimensionale; ciò significa che tutte le quantità che de- scrivono il comportamento della giunzione (concentrazione di elettroni, di lacune, campo elettrico, densità di corrente ecc.) sono funzione soltanto di x. L’asse x è ortogonale al piano della giunzione (x = 0) ed è orientato dalla zona p alla zona n. Per compredere ciò che accade nei pressi della giunzione immaginiamo che le due parti p ed n siano inizialmente separate. Il diagramma a bande prima del contatto è mostrato nella figura. x qΦnq Φ p EC EV EF È evidente che le funzioni di lavoro del Si p (qΦp) e del Si n (qΦn) sono diverse: qΦp > qΦn. Sappiamo peraltro, che a contatto avvenuto e all’equilibrio, il livello di Fermi deve essere costante con la posizione, EF (x) = C. Mettiamo a contatto le due parti e, per disegnare il diagramma a bande della giunzione nel suo complesso, disegnamo prima il livello di Fermi, poi le bande a destra e sinistra della giunzione e finalmente raccordiamo EC ed EV tenendo presente che il gap del Si deve rimanere costante. x EC EF EV-x p xn Prima del contatto c’è un gradiente di concentrazione di elettroni e di lacune fra il lato n e il lato p. A contatto avvenuto gli elettroni tendono a diffondere verso sinistra e le lacune verso destra. Come si può vedere EC , fra le due linee tratteggiate, varia in funzione di x. Ciò significa che la concentrazione di elettroni, data all’equilibrio dalla relazione 12) LA GIUNZIONE PN 50 Andamento del campo e del potenziale fra −xp e xn E(x) e V (x) si ottengono risolvendo l’equazione di Poisson fra −xp e xn d2V (x) dx2 = −ρ(x) s una volta nota la densità di carica ρ(x). Contribuiscono alla ρ(x) fra 0 e xn: i) i donatori ionizzati con concentrazione ND (carica positiva); ii) gli elettroni con concentrazione n(x) < ND (carica negativa); iii) le lacune con concentrazione p(x) (carica positiva). Avremo dunque ρ(x) = qND + qp(x)− qn(x) = qND + qNV e− EF−EV (x) kT − qNCe− EC (x)−EF kT dove EC(x) = −qV (x). Nella ρ(x) non compare esplicitamente la variabile x per cui non è possibile ottenere direttamente, mediante integrazione, l’andamento di E(x) e V (x). È possibile tuttavia rendere integrabile l’equazione di Poisson ricorrendo a delle approssimazioni, la cui validità potrà essere verificata a posteriori. Approssimazione di svuotamento completo. Si suppone che nell’intervallo (−xp, xn) la concentrazione dei portatori mobili, p(x) ed n(x), sia nulla. In questo caso l’equazione di Poisson diviene, nell’intervallo (0, xn) d2V (x) dx2 = −qND s e d2V (x) dx2 = + qNA s nell’intervallo (0,−xp). Che si tratti di un’approssimazione è evidente. Infatti, ad esempio, n(x) non è mai nulla nell’intervallo (−xp, xn), ma è compresa fra i limiti nn0 = ND (in xn) e np0 = n2i /NA (in −xp). Tuttavia, poiché n(x) è una funzione esponenziale con argomento −(EC(x)− EF )/kT l’approssimazione ρ(x) = qND, nell’intervallo (0, xn), sarà tanto migliore quanto più ci si avvicina ad x = 0. La ρ(x) con l’approssimazione di svuotamento completo è rappresentata nella figura. 12) LA GIUNZIONE PN 51 ρ(x) xxn -xp -qNA qND Per ottenere l’andamento del campo elettrico si integra una prima volta l’eq. di Poisson nei due intervalli: dV (x) dx = −qND s x+ C1 dV (x) dx = qNA s x+ C2 Le costanti C1 e C2 si determinano imponendo, come condizioni al contorno, che il campo elettrico (E(x) = −dV (x)/dx), sia nullo in xn e −xp. Si ha pertanto, nella zona n −dV (x) dx = E(x) = qND s x− qND s xn e, nella zona p −dV (x) dx = E(x) = −qNA s x− qNA s xp L’andamento del campo è mostrato nella figura. E(x) x -xp xn 12) LA GIUNZIONE PN 52 In x = 0 il campo è continuo (non c’è infatti discontinuità nella costante dielettrica nel passaggio dalla zona n alla zona p) ed assume il suo massimo valore. Dalla continuità del campo in x = 0 si ottiene immediatamente |EMAX| = qND s xn = qNA s xp ovvero NDxn = NAxp : la zona di svuotamento si estende maggiormente nella parte meno drogata. Calcoliamo adesso quanto vale tutta la zona di svuotamento W = xn + xp. Dalla relazione −dV (x) dx = E(x) otteniamo ∫ V0 0 dV (x) = − ∫ xn −xp E(x)dx = area del triangolo V0 = W |EMAX| 2 = W |EMAX| 2 = W qND 2 s xn che, una volta espressa W come W = xn + xp = xn + ND NA xn = xn ( 1 + ND NA ) diventa V0 = W 2 qND 2 s NA ND +NA da cui infine W = √ 2 sV0 q ( ND +NA NAND ) Esempio ND = 10 15 cm−3, NA = 1017 cm−3. Calcolo di W 12) LA GIUNZIONE PN 55 si può ottenere, come è noto, in due modi diversi: i) calcolando la differenza fra i livelli di Fermi prima del contatto, ii) imponendo l’annullarsi della densità di corrente totale di lacune (o di elettroni) nella zona di carica spaziale. Si tratta in ogni caso di una quantità caratteristica della giunzione. La successiva integrazione dell’equazione di Poisson, d2V (x) dx2 = −ρ(x) s che fornisce l’andamento di E(x) e di V (x), ci ha consentito di determinare una relazione semplice fra V0 e W , ampiezza della zona di svuotamento. È importante osservare che il risultato dell’integrazione, e quindi l’andamento di E(x) e di V (x), dipende dall’approssimazione usata per la ρ(x). Consideriamo ora una giunzione p+n e rimuoviamo l’approssimazione di svuo- tamento completo, ipotizzando il seguente andamento di ρ(x): fra 0 e x0 svuota- mento completo (ρ(x) = qND) e fra x0 e x1 carica minore di qND ma costante (ρ(x) = qND − qh). Questo andamento rende ragione, molto schematicamente, del fatto che al confine della zona di carica spaziale la densità di carica è fun- zione decrescente di x. La linea tratteggiata mostra invece l’approssimazione di svuotamento completo. xx1xn ρ(x) x0 qND q(ND-h) 0 Si tratta di risolvere l’equazione di Poisson nei due intervalli dell’asse x, im- ponendo la continuità del campo in x0. d2V (x) dx2 = −qND s , nell’intervallo 0 ≤ x < x0 d2V (x) dx2 = −q(ND − h) s , nell’intervallo x0 < x ≤ x1 Si ottiene dV (x) dx = −qND s x+ C1, (0 ≤ x < x0) (1) 12) LA GIUNZIONE PN 56 dV (x) dx = −q (ND − h) s x+ C2, (x0 < x ≤ x1) ; (2) la costante C2 viene determinata imponendo che in x = x1 sia dV/dx = 0 dV (x) dx = −q (ND − h) s x+ q (ND − h) s x1 (3) mentre per la C1 si deve imporre la continuità del campo in x = x0 −qND s x0 + C1 = −q (ND − h) s x0 + q (ND − h) s x1 C1 = qND s x0 + q (ND − h) s (x1 − x0) La (1) diviene dV (x) dx = −qND s x+ qND s x0 + q (ND − h) s (x1 − x0) (4) La (3) e la (4), cambiate di segno, descrivono completamente il comportamento del campo il cui andamento è mostrato nella figura. xx1xnx0 0 E (x) Per confronto è riportato anche l’andamento del campo che si ottiene con l’approssimazione di svuotamento completo (linea tratteggiata). Poiché l’integrale del campo è la ddp V0, in accordo con la relazione − ∫ Vo 0 dV = ∫ xi 0 E(x)dx (i = n oppure 1 a secondo dell’approssimazione usata per ρ(x)) e V0 viene determinata indipendentemente, si può notare che il valore del campo all’interfac- cia e l’ampiezza della zona di svuotamento dipendono dall’approssimazione usata (l’area sottesa dalle due curve deve essere sempre uguale a V0). Un andamento più realistico della ρ (x), mostrato nella figura insieme al campo che ne risulta, può essere schematizzato come una successione di tratti di lunghezza dx all’interno dei quali la funzione ρ (x) è costante. 12) LA GIUNZIONE PN 57 x ρ(x) E(x) La giunzione pn a profilo di drogaggio lineare Abbiamo già visto che una giunzione pn si ottiene drogando p (n) un substrato a drogaggio costante n (p). Profili di drogaggio reali hanno un andamento del tipo NA(x) = NAS exp(−x 2 a2 ) per cui il drogaggio netto a partire dalla superficie si ottiene dalla differenza N (x) = NAS exp(−x 2 a2 )−ND Sviluppando in serie la funzione N(x) in un intorno di xi si ottiene N(x) = −NASe − x2i a2 2xi a2 (x− xi) = −k0(x− xi) Questa approssimazione prende il nome di giunzione a gradiente (linear graded junction). Spostando l’origine dell’asse x in xi, N(x) può essere scritta N(x) = −k0x Per ottenere campo, potenziale e ampiezza della zds si deve, come al solito inte- grare l’equazione di Poisson fra −L ed L d2V dx2 = −qk0x εs nell’approssimazione di svuotamento completo imponendo che il campo si annulli in x = L dV dx = −qk0x 2 2εs + qk0L2 2εs 12) LA GIUNZIONE PN 60 x0 W EV= EF EC In un semiconduttore degenere, n+ o p+, si assume che il livello di Fermi coincida con EC o EV , rispettivamente. All’equilibrio la carica totale compresa fra 0 e W è data da (S è la sezione del diodo) Q = SqNDW = SqND √ 2εsV0 qND = S √ 2εsV0qND mentre in polarizzazione inversa Q = S √ 2εs (V0 − V ) qND = f(V ) per cui CW (V ) = ∣∣∣∣dQdV ∣∣∣∣ = S 2εsqND2√2εs (V0 − V ) qND = S √ εsqND 2 (V0 − V ) . L’ampiezza della zds viene modulata dalla variazione (piccola) di tensione come è mostrato nel disegno. qND xW(V) W(V+dV)W(V-dV) 12) LA GIUNZIONE PN 61 Se si scrive CW (V ) = εs S W (V ) in modo da renderla formalmente analoga alla capacità di un condensatore piano, si ottiene la stessa espressione: CW = S √ εsqND 2 (V0 − V ). Si noti che l’espressione della CW è determinata dalla particolare dipendenza di W da V ; in questo caso quella relativa ad una giunzione brusca. La capacità a 0 volt vale CW (0) = 10 −8 × √ 11.8 × 8.85× 10−12 × 1.6× 10−19 × 1021 2× 0.817 = 1. 01× 10 −12 F; la figura mostra il grafico di CW = CW (V ) CW (0) per tensioni comprese fra 0 e −20 V. Alcuni valori sono riportati nella tabella V CW -2 V 0.544 pF -5 V 0.379 pF -10 V 0.278 pF -20 V 0.200 pF V 0-5-10-15-20 1 0.8 0.6 0.4 0.2 C(pF) L’espressione CW (V ) = εs SW (V ) , che si potrebbe dimostrare essere vera per ogni profilo di drogaggio, è molto utile nelle considerazioni sulle capacità parassite dei dispositivi integrati: in ogni dispositivo ci sono sempre delle giunzioni pn. Si osservi ancora che in base alla CW = S √ εsqND 2(V0−V ) più elevato è il drogaggio del lato n maggiore la capacità differenziale della zona di svuotamento. 12) LA GIUNZIONE PN 62 La misura del drogaggio 1) Eleviamo al quadrato e 2) invertiamo l’espressione di CW : 1) C2W = S 2 εsqND 2 (V0 − V ) 2) 1 C2W = 1 S2 2 (V0 − V ) εsqND = 1 S2 ( 2V0 εsqND − 2 εsqND V ) si ottiene una dipendenza lineare da V la cui derivata è (1/CW)2 VV0 2 S2εsqND . Se l’area della giunzione è nota con precisione, da misure CW = CW (V ) e dalla successiva elaborazione si ottiene il drogaggio (costante) del lato n. V CW C2W 1 C2 W -2 V 0.544×10−12 2.9594× 10−25 3.3791× 1024 -5 V 0.379 × 10−12 1.4364× 10−25 6.9618× 1024 -10 V 0.278×10−12 7.7284× 10−26 1.2939× 1025 -20 V 0.200×10−12 4.0 × 10−26 2.5 × 1025 Il circuito schematico per la misura è quello seguente: 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 65 Come conseguenza della Ia ipotesi avremo W = √ 2 s (V0 − V ) q ( ND +NA NAND ) : l’ampiezza della zona di svuotamento diminuisce in condizioni di polariz- zazione diretta (V positive) e aumenta, come abbiamo già visto, in condizioni di polarizzazione inversa (V negative). E inoltre: l’altezza di barriera qV0 diminuisce in diretta e aumenta in inversa. In altre parole il campo elettrico applicato dall’esterno, orientato da sinistra verso destra, fa diminuire il campo elettrico interno. Poiché all’equilibrio (I = 0) si aveva JnTOT = qDn dn(x) dx + qμnn(x)E = 0 JhTOT = −qDndp(x) dx + qμhp(x)E = 0 è evidente che la diminuzione del campo fa prevalere la componente diffusiva rispetto alla componente di trascinamento, con il risultato che adesso JnTOT = 0 e JhTOT = 0. Con riferimento alla figura, x EC EF EV -xp xn q(V0-V) quando la giunzione è polarizzata direttamente sia gli elettroni che le lacune vedono una barriera di altezza ridotta q(V − V0). Prendiamo in considerazione il comportamento delle lacune; per gli elettroni si può ripetere lo stesso ragiona- mento. Il prevalere della componente diffusiva della densità di corrente Jhdiff = −qDhdp(x) dx fa sí che un maggior numero di lacune possano diffondere da sinistra verso destra. Una volta entrate nella zona n, queste lacune vanno ad incrementare la 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 66 concentrazione di lacune minoritarie. Siamo in presenza di iniezione di portatori minoritari. Nella zona n dunque, e precisamente in xn pn(xn) = pn0 + δp(xn) A questo punto è necessaria la IIa ipotesi: la riduzione dell’altezza di barriera provocata dalla polariz- zazione è tale che sia sempre δp << nn0 (ipotesi di bassa iniezione), dove δp è l’eccesso di minoritari iniettati. Questa ipotesi pone evidentemente dei limiti alla tensione applicabile alla giun- zione. Ciò non vuol dire che alla giunzione non è possibile applicare una tensione tale che δp sia confrontabile con nn0; significa semplicemente che la trattazione che stiamo sviluppando non sarebbe, in quest’ultimo caso, più valida. All’equilibrio pp0(−xp0) = pn0(xn0)e V0 VT np0(−xp0) = nn0(xn0)e− V0 VT In condizioni di polarizzazione pp(−xp) = pn(xn)e (V0−V ) VT np(−xp) = nn(xn)e− (V0−V ) VT Osservazione. Le ultime due sono state dedotte dalle prime due, che sono valide all’equilibrio. L’estensione, ad una situazione di non equilibrio, di relazioni valide solo all’equilibrio, non è in generale lecita. In questo caso tuttavia il loro utilizzo è giustificato dal fatto che la deviazione dalla situazione di equilibrio è trascurabile. Per il prodotto delle concentrazioni in xn avremo pn(xn)nn(xn) = pp(−xp)nn0e− (V0−V ) VT Poiché la zona n in xn era all’equilibrio neutra, la carica positiva in eccesso iniettata richiama un ugual numero di elettroni in xn per ristabilire la neutralità. nn(xn) = ND + δn 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 67 con δp = δn. Ma in virtù dell’ipotesi di bassa iniezione nn(xn) ND = nn0; le stesse considerazioni possono essere fatte per pp(−xp) (la concentrazione dei maggioritari resta di fatto inalterata in entrambi i lati della giunzione). In definitiva la si può scrivere pn(xn)nn(xn) = pp(−xp)nn0e− (V0−V ) VT = pp0nn0e − (V0−V ) VT = pp0nn0e − V0 VT e V VT = pp0np0e V VT pn(xn)nn(xn) = n 2 i e V VT L’ultima relazione costituisce la legge di Schockley della giunzione. Per quanto riguarda la concentrazione delle lacune in xn pn(xn) = pn0e V VT = pp0 + δp(xn) da cui δp(xn) = pn0 ( e V VT − 1 ) che fornisce, in funzione di V , l’eccesso dei minoritari iniettiati. Si confronti questa relazione con l’espressione della caratteristica I − V del diodo. Per gli elettroni in −xp vale un’analoga relazione δn(−xp) = np0 ( e V VT − 1 ) Abbiamo visto che l’iniezione di lacune richiama in xn un ugual eccesso di elettroni per mantenere la neutralità di carica. Le lacune in eccesso diffondono verso destra e si ricombinano. Stessa cosa faranno gli elettroni in eccesso. Per semplificare supponiamo che la giunzione sia p+n. In base alla relazione di Schockley np(−xp) = nn(xn)e− V0−V VT nn0e− V0−V VT = np0e V VT il contributo degli elettroni iniettati nel lato p è del tutto trascurabile ( n2i NA << n2i ND ) . L’equazione di continuità nella zona n ha per soluzione (poniamo l’origine dell’asse x in xn) δp(x) = pn0 ( e V VT − 1 ) e − x Lh cui corrisponde una corrente di diffusione 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 70 Per x tali che Ihdiff (x) = 0 la ITOT si riduce ad una sola componente di trascinamento di elettroni. Riepilogo del procedimento. La ddp applicata ai terminali del diodo cade interamente ai capi di W . Che questa sia un’approssimazione è evidente. Infatti, a grande distanza da xn e −xp (qualche lunghezza di diffusione), le zone p ed n si comportano come semplici resistori in cui la corrente ITOT = I provoca una caduta, la cui entità dipende proprio da I. Indicando con R tutti gli effetti resistivi del diodo si dovrà scrivere I = I0 ( e V−RI VT − 1 ) Ritorneremo più avanti sull’effetto che ha R sulla caratteristica del diodo. La riduzione della barriera provoca l’iniezione di portatori minoritari nei due lati della giunzione. La valutazione della concentrazione dei portatori in eccesso viene fatta utiliz- zando espressioni valide all’equilibrio, nell’ipotesi che le deviazioni dall’equilibrio stesso siano trascurabili. Essenziale a questo scopo è l’ipotesi di bassa iniezione. La corrente del diodo si valuta calcolando le correnti di diffusione dei mi- noritari in xn e -xp. Si riporta qui di seguito il grafico delle intensità di corrente di elettroni e di lacune per una giunzione non unilaterale, per la quale l’iniezione di entrambi i tipi di portatori è rilevante per il calcolo di I. 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 71 ITOT Ih Ie x IhdiffIndiff xn-xp Esempio di caratteristica I − V I = I0 ( e V VT − 1 ) = 4.1 × 10−15 × ( e V 0.026 − 1 ) V 0.70.60.50.40.30.20.100 10-4 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 72 V 0.70.60.50.40.30.20.10 10-4 10-7 I valori della corrente per V ≤0.5 V (I ≤ 2× 10−8 A) non sono leggibili sulla scala lineare, per cui generalmente la caratteristica è rappresentata in forma semi- logaritmica (si noti che per valori di tensione inferiori a 0.05 V non si può più trascurare il −1). Dipendenza della corrente dalla temperatura Una delle caratteristiche fondamentali dei semiconduttori è la dipendenza delle proprietà elettriche dalla temperatura. Ne consegue che nei dispositivi a semicon- duttore le caratteristiche sono funzione della temperatura T . Questa dipendenza, generalmente non desiderabile, ha una notevole influenza anche sulle soluzioni da adottare in fase di progettazione circuitale. La corrente di saturazione per una giunzione qualsiasi ha per espressione I0 = qSDh Lh pn0 + qSDn Ln np0 che può essere scritta I0 = qSDh Lh n2i ND + qSDn Ln n2i NA dove le quantità che dipendono dalla temperatura sono Dh,n, Lh,n, n2i . È noto che n2i = NCNV e − Eg kT Ammettiamo per il momento che Dh, Lh siano indipendenti da T . Segue che I0 = ( qSDh LhND + qSDn LnNA ) n2i = Bn 2 i in cui NC e NV dipendono da T : 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 75 p+ W W* nL Si tratta di risolvere la solita equazione di continuità con condizioni al contorno diverse. La soluzione della Dh d2δp(x) dx2 = δp(x) τh si scrive δp(x) = Ae − x Lh +Be x Lh nell’intervallo 0 ≤ x ≤ W ∗ Poiché abbiamo assunto W ∗ << Lh sarà sicuramente x << Lh in tutto l’in- tervallo. Sviluppando in serie gli esponenziali avremo δp(x) A(1− x Lh ) +B(1 + x Lh ) = A∗ +B∗ x Lh In x = 0 niente è cambiato rispetto al caso precedente (diodo a base lunga); quindi δp(0) = pno(e qV kT − 1) In x = W ∗ facciamo l’ipotesi che il contatto ohmico sia in grado di far ricom- binare tutte le lacune in eccesso, per cui δp(W ∗) = 0. La soluzione, con le condizioni al contorno in 0 e W , diviene δp(x) = pno(e qV kT − 1)(1 − x W ∗ ) = δp(0)(1− x W ∗ ) Ricordando che Jhdiff = −qDhdδp(x) dx (si noti che adesso la derivata è costante per ogni x) si ottiene 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 76 I = SqDhpno W ∗ (e qV kT − 1) = I0(e qVkT − 1). Il confronto con il diodo a base lunga rivela che adesso la I0 è determinata da W ∗ invece che da Lh. Osservazione 1 La δp(x) = δp(0)(1− x W ∗ ) non è soluzione dell’equazione di continuità, a meno di non porre τh →∞. Osservazione 2 Se la densità corrente di diffusione di lacune è costante per ogni x, ciò significa che le lacune, nel transitare da 0 a W ∗, non hanno avuto modo di ricombinarsi. In questo senso τh →∞. Osservazione 3 Se si applica il modello del controllo di carica al caso presente, si ottiene una corrente che non ha niente a che fare con quella ottenuta calcolando la derivata del profilo. Infatti dividendo per τh la carica totale in eccesso sottesa dal profilo si ottiene: a) zero, se si pone τh =∞ b) Spno(e qV kT − 1)W ∗ 2τ = SpnoW ∗ 2τ (e qV kT − 1) se si utilizza il valore di τ caratteristico del tratto di silicio n, che è palesemente diversa dalla SqDhpno W ∗ (e qV kT − 1). L’apparente incongruenza si risolve se si considera che il modello del controllo di carica stabilisce che: Dato un certo profilo di minoritari in eccesso, la condizione di stazionarietà viene mantenuta se la diminuzione nel tempo dei portatori in eccesso, dovuta a una qualsivoglia causa, viene compensata mediante l’afflusso di nuovi portatori. Nel caso del diodo a base lunga l’eccesso dei minoritari tendeva a diminuire per effetto della ricombinazione e quindi doveva essere rispristinato mediamente ogni τh secondi; nel diodo a base corta l’eccesso tende a diminuire perché i portatori vengono portati via al contatto ohmico. Il profilo deve quindi essere ripristinato ogni τ t secondi, dove τ t è il tempo di transito, ovvero il tempo che mediamente impiega una lacuna per passare da 0 a W ∗. Resta dunque da calcolare τ t. Jhdiff = −qDh d dx [δp(0)(1 − x W ∗ )] = qDhδp(0) W ∗ che può essere posta formalmente uguale a Jhdiff = ρ(x)vdiff 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 77 dove ρ(x) è la densità di carica associata ai portatori coinvolti nel trasporto. Uguagliando le due si ottiene la velocità di diffusione vdiff(x) = Dh W ∗(1− x W ∗ ) . Si può adesso calcolare il tempo di transito dalla relazione ( vdiff (x) = dxdt )∫ τt 0 dt = ∫ W ∗ 0 dx vdiff (x) = ∫ W ∗ 0 W ∗(1− x W ∗ )dx Dh che risulta quindi essere uguale a W ∗2 2Dh = τ t Il modello del controllo di carica qSpno(e qV kT − 1)W ∗ 2τ t = qApnoDh W ∗ (e qV kT − 1) = I fornisce ora lo stesso risultato ottenuto calcolando la corrente come corrente di diffusione. Esempio a) Base lunga Sappiamo che per la giunzione di riferimento 1) sezione S: 100×100 μm2 = 10−4 cm2; 2) ND = 1015 cm−3; NA = 1019 cm−3; 3) μhn = 490 cm 2s−1V−1; μhp = 60 cm 2s−1V−1; μnp = 90 cm 2s−1V−1; μnn = 1300 cm 2s−1V−1; 4) τ = 10−5 s; 5) V0 = 0.026× ln ( 1015×1019 2.25×1020 ) = 0. 817 V. I0 = qSDh Lh pn0 = 1.6× 10−19 × 10−8 × 0.026 × 490 × 10−4√ 0.026 × 490 × 10−4 × 10−5 × 2.25× 1032 1021 = 4. 1× 10−15 A. b) Base corta. Supponiamo che W ∗ = 3 μm. Si deve valutare Lh. Lh = √ Dhτ = √ 0.026× 490× 10−5 = 1. 1287× 10−2 cm = 112.87 μm 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 80 I VV12 Vd Le resistenze parassite del diodo, e segnatamente quelle dovute ai contatti, dipendono criticamente dai processi. Per quello che riguarda le resistenze di con- tatto metallo/Si, dato che si tratta un tipico fenomeno di interfaccia, l’espressione della Rc non può essere ovviamente quella consueta R = ρL/S, ma piuttosto Rc = rc S : la resistenza di contatto è inversamente proporzionale all’area di contatto S; la costante di proporzionalità rc prende il nome di resistenza specifica di contatto e si misura in Ω×cm2. Il LED (Ligth Emitting Diode) Il principio di funzionamento dei LED è basato sulla ricombinazione dei por- tatori che avviene in una giunzione pn in condizioni di polarizzazione diretta. Se il semiconduttore di cui è formato il diodo è a gap diretto (vedi figura) le ricombi- nazioni avvengono prevalentemente mediante emissione di un fotone con energia pari a quella del gap. 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 81 k E π/a−π/a Calcoliamo la quantità di moto di un fotone con lunghezza d’onda pari a 700 nm. pph = k = h λ = 6.62 × 10−34 7× 10−7 = 9. 45 × 10 −28 mKgs-1 e confrontiamola con quella di un elettrone con k = π/2a (a è la costante reticolare pari, in questo esempio, a 4 Å) pel = k = h 2π π 2a = 6.62× 10−34 4× 4 × 10−10 = 4. 13 × 10 −25 mKgs-1; è evidente che pph << pel. Un elettrone della BC, come quello della figura può eseguire la transizione indicata con conservazione dell’energia (emissione di un fotone con hν = Eg) e della quantità di moto, la cui variazione (piccola), nel caso di semiconduttore a gap diretto, è dovuta al fotone stesso. Nel caso invece del Si, il gap è indiretto e la ricombinazione non può avvenire nel modo precedente, perché la variazione (grande) della quantità di moto dell’elettrone non può essere attribuita al fotone. k E π/a−π/a In un LED la potenza ottica emessa si calcola utilizzando il modello a controllo di carica. Infatti I = Q τ e il numero di ricombinazioni nell’unità di tempo si ottiene dividendo per q 13) LA GIUNZIONE PN POLARIZZATA 82 N = Q qτ ; nell’ipotesi che ogni ricombinazione dia luogo all’emissione di un fotone con energia hν, la potenza ottica emessa è semplicemente POP = Nhν = Q qτ hν = I q Eg. Un LED polarizzato con I = 10 mA e che emetta a 7000 Å, ha una POP POP = 10−2 1.6 × 10−19 6.62 × 10−34 × 3× 108 7 × 10−7 = 1. 77× 10 −2 W. Esempio Un LED rosso commerciale è realizzato in GaAlAs (semiconduttore composto ternario a gap diretto). Polarizzazione inversa L’ampiezza della zona di svuotamento e l’altezza di barriera vista dai mag- gioritari aumenta. q(V0-V) EC EV np(E) nn(E) La distribuzione nn(E) viene spostata verso il basso fino a che nessuno degli elettroni ∈ nn(E) riesce a superare la barriera. Affinché si verifichi questa con- dizione basta uno spostamento verso il basso di qualche kT . Solo i minoritari (l’integrale della np(E)) passano dal lato p a quello n per effetto del campo (che aumenta in polarizzazione inversa). E’ evidente a questo 15) LA STRUTTURA MOS 85 come si vede una capacità piccola che occupa una superficie notevole. La costante dielettrica relativa dell’SiO2 vale 3.9. Da una misura di capacità si risale banalmente allo spessore. Tuttavia, come vedremo, per la misura dello spessore è più semplice utilizzare una struttura un pò diversa, ovvero il condensatore MOS. 15) La struttura MOS La struttura MOS ideale Il comportamento elettrico dei transistori ad effetto di campo (MOSFETs: Metal Oxide Field Effect Transistors) è strettamente legato alle proprietà della struttura MOS, che costituisce la parte attiva del dispositivo. Il condensatore MOS è poi indispensabile come strumento per la caratterizzazione elettrica del- l’ossido ed a loro volta, parametri propri dell’isolante, come la densità di carica fissa e mobile, sono da un lato legati alle tecnologie di fabbricazione e dall’altro condizionano la qualità dei dispositivi realizzati. Si (p o n) gate (poly n+ o p+) G S ossido Le ipotesi che stanno alla base della trattazione della struttura MOS ideale sono: 1) la differenza qΦMS tra le funzioni di lavoro del metallo (gate) e del semi- conduttore è uguale a zero; 2) la resistività dell’isolante è infinita; 3) non ci sono cariche nell’ossido (né fisse né mobili). Con le ipotesi semplificative di cui sopra la struttura a bande in assenza di tensione applicata è mostrata nella figura (prima e dopo il contatto). Si noti che a contatto avvenuto l’interesse, come in generale accade, si sposta sulla struttura a bande interna. 15) LA STRUTTURA MOS 86 Me SiO2 Si EF qΦM qΦS Me SiO2 Si EF L’ipotesi di uguaglianza delle funzioni di lavoro fra il gate, costituito da un certo metallo, e il Si con un dato drogaggio non è più vera, pur lasciando invariato il materiale metallico, se si cambia il valore del drogaggio. La tensione di soglia VTH Consideriamo la struttura MOS ideale. Poiché qΦMS è uguale a zero non c’è caduta di potenziale interna (condizione di bande piatte). In presenza di polarizzazione esterna si possono avere le tre condizioni di: a) accumulazione (VGS < 0), b) svuotamento (VTH > VGS > 0), c) inversione (VGS > VTH), come è mostrato nella figura relativa ad un substrato di tipo p. VGS è per definizione la ddp fra il gate e il Si (substrato). a) b) c) 15) LA STRUTTURA MOS 87 NB: nei primi dispositivi il gate era di Al, attualmente è costituito di poly (p+ o n+). La tendenza attuale è di utilizzare materiali metallici con alto punto di fusione. La differenza di potenziale imposta dall’esterno si ripartisce fra isolante e semiconduttore. Sarà quindi VGS = Vox +ΨS dove ΨS è definito come la caduta totale nel semiconduttore (vedi figura). qΨS qΨ(x) x E bande piatte EF EFi Il comportamento del condensatore MOS è descritto a partire dall’equazione di Poisson nella zona di carica spaziale del semiconduttore; deve essere risolta senza l’approssimazione di svuotamento completo (siamo infatti interessati proprio agli elettroni di conduzione della zona di inversione). La condizione di inversione si ha quando : ns ≥ ppo dove ns è la concentrazione di elettroni in x = 0; ppo vale ppo = nie EF i−EF kT ______________________ Infatti ricordiamo che ppo = NV e − EF−EV kT ma pi = NV e− EFi−EV kT per cui ppo = pie EF i−EV kT e− EF−EV kT = pie EFi−EF kT ______________________ 15) LA STRUTTURA MOS 90 che mette in relazione E2 e Ψ; ponendo in evidenza ppo e cambiando segno si ottiene: E2 = 2qppo βεs [( e−βΨ + βΨ− 1)+ npo ppo ( eβΨ − βΨ− 1)] Posto F ( βΨ; npo ppo ) = [( e−βΨ + βΨ− 1)+ npo ppo ( eβΨ − βΨ− 1)] 12 il campo è dato da E = −dΨ dx = ± √ 2qppo βεs F ( βΨ; npo ppo ) Si noti che il rapporto npo ppo è un numero molto piccolo. Infatti se ppo = 1015 cm−3 npo ppo = 2.25× 105 1015 = 2.25× 10−10. Il campo elettrico all’interfaccia Si/SiO2 sarà: Es = ± √ 2qppo βεs F ( βΨs; npo ppo ) Se si applica il teorema di Gauss ad un cilindro di base unitaria, con base all’interfaccia silicio /ossido, e altezza parallela all’asse x con valore maggiore o uguale della profondità della zona di carica spaziale, si ottiene n _ x S Qs = −εsEs = ∓εs √ 2qppo βεs F ( βΨs; npo ppo ) Qs = ∓ √ 2qppoεs β [( e−βΨS + βΨS − 1 ) + npo ppo ( eβΨS − βΨS − 1 )] 12 L’andamento di |Qs|, carica per unità di superficie, è illustrato nella figura in funzione di ΨS , sia per valori positivi che negativi. Il drogaggio del Si è NA = 1015 cm−3. 15) LA STRUTTURA MOS 91 Ψs 10.80.60.40.20-0.2-0.4 1000. 100. 10. 1. 0.1 0.01 0.001 Qs Si noti che per ΨS > 2ΨB, |Qs| cresce esponenzialmente con ΨS. Osserviamo che la carica per unità di superficie del gate (QM) deve essere uguale al valore assoluto della carica totale nel semiconduttore, che è costituta in generale sia da accettori ionizzati (QW ) che da elettroni (Qn): QM = |Qn + qNAW | = |Qs| La differenza di potenziale applicata al condensatore è VGS = Vox +ΨS. Non essendoci cariche nell’ossido, Vox = Eoxtox; imponendo all’interfaccia la continuità del vettore induzione Eoxεox = Esεs si ha Eox = Esεs εox e Vox = Eoxtox = Esεs tox εox = − Qs Cox dove Cox è la capacità per unità di superficie dell’isolante. La tensione di soglia, ovvero la tensione necessaria per ottenere l’inversione, sarà quindi: VTH = −Qs (2ΨB) Cox + 2ΨB 15) LA STRUTTURA MOS 92 in cui Qs (2ΨB) è dato da Qs (2ΨB) = − √ 2qppoεs β [( e−2βΨB + 2βΨB − 1 ) + npo ppo ( e2βΨB − 2βΨB − 1 )] 12 Di tutti i termini sotto radice resta soltanto 2βΨB = 2qΨB kT (si ricordi che npo ppo è molto piccolo) e quindi Qs (2ΨB) = − √ 2qppoεs β √ 2βΨB = − √ 2εs2ΨBqNA Si osservi che nell’espressione precedente Qs = − (2εsqNA2ΨB) 1 2 è la carica per unità di superficie dovuta ai soli accettori ionizzati. Infatti se si risolve l’equazione di Poisson con l’approssimazione di svuotamento completo: d2Ψ dx2 = qNA εs si ottiene quando ΨS = 2ΨB W = ( 2εs2ΨB qNA )1 2 ovvero: Qs = −qNAW = − (2εsqNA2ΨB) 1 2 Quindi per V = VTH la carica è costituita principalmente dagli accettori. In effetti all’inversione ns = ppo = NA; poiché lo spessore dello strato di inversione è trascurabile (n(x) decresce esponenzialmente con Ψ(x)) rispetto a W si può, alla soglia, trascurare Qn rispetto a qNAW . ρ(x) x W -qNA -2qNA L’espressione della tensione di soglia della struttura MOS ideale è VTHi = (2εsqNA2ΨB) 1 2 εox tox + 2ΨB 16) IL PROCESSO LOCOS PER L’INTEGRAZIONE DI NMOS 95 3) Si esegue un drogaggio di channel stop (p+). Lo scopo è quello di aumentare la tensione di soglia locale. Si p, (100) p+ p+ 4) Si cresce uno strato di ossido spesso (field oxide). L’ossido cresce solo dove il substrato non è protetto dal nitruro. Tuttavia durante l’ossidazione si ha penetrazione della specie ossidante sotto il nitruro; il profilo del field oxide è mostrato in figura e dà luogo al fenomeno dei becchi d’uccello (bird’s beaks) che è non trascurabile nel caso di lunghezze di canale submicrometriche. Si p, (100) p+ p+ 5) Si eliminano nitruro e pad oxide e si cresce un sottile strato di ossido sacrificale, che ha lo scopo di eliminare la difettosità dalla superficie libera del Si. 6) Si asporta l’ossido sacrificale (immersione rapida in HF) e si cresce l’ossido di gate. Si tratta un passo molto delicato. L’ossidazione è ovviamente dry. Si p, (100) p+ p+ 7) Si stende uno strato di poly (come nel caso dell’Si3N4 si tratta di una tecnica CVD). 16) IL PROCESSO LOCOS PER L’INTEGRAZIONE DI NMOS 96 Si p, (100) p+ p+ 8) Si utilizza la seconda maschera per definire il gate. Si p, (100) p+ p+ 9) Si droga n+. Durante questa operazione vengono formati i pozzetti di source (S) e drain (D) e contemporaneamente si rende n+ anche il poly di gate. Si p, (100) p+ p+ n+ n+ n+ 10) Si deposita uno strato di isolante. Si p, (100) p+ p+ n+ n+ n+ 11) Si utilizza la terza maschera per aprire delle finestre in corrispondenza di S e D. 16) IL PROCESSO LOCOS PER L’INTEGRAZIONE DI NMOS 97 Si p, (100) p+ p+ n+ n+ n+ 12) Si deposita un film di Al. Si p, (100) p+ p+ n+ n+ n+ 13) Si usa una quarta maschera per la definizione della metal di Al. Si p, (100) p+ p+ n+ n+ n+ A questo stadio è completamente definita la struttura dell’NMOS, ma non è completo il processo che darà luogo al CI finale. Ritorneremo su questo aspetto in seguito. Il layout del dispositivo è mostrato nella figura.