Scarica Disturbi specifici apprendimento bisogni educativi speciali e più Appunti in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! I DSA affliggono bambini e ragazzi che in genere non hanno disabilità o difficoltà particolari, ma possono rendere loro difficile la vita a scuola, se non vengono aiutati nella maniera corretta. I disturbi specifici dell'apprendimento comportano la “non autosufficienza” durante il percorso scolastico in quanto interessano nella maggior parte dei casi le attività di lettura, scrittura e calcolo. Attualmente i bambini e i ragazzi affetti da DSA non hanno diritto all'insegnante di sostegno. Hanno però diritto, a strumenti didattici e tecnologici di tipo compensativo (sintesi vocale, registratore, programmi di video-scrittura e con correttore ortografico, calcolatrice) e a misure dispensative. I principali disturbi specifici di apprendimento sono: Dislessia, discalculia, disortografia, disprassia, disgrafia. La Dislessia: disturbo specifico di lettura e si caratterizza per la difficoltà ad effettuare una lettura accurata e fluente in termini di velocità e correttezza; La Disortografia: disturbo specifico che riguarda la componente costruttiva della scrittura, legata agli aspetti linguistici e consiste nella difficoltà di scrivere in modo corretto; La Discalculia: difficoltà nell’eseguire calcoli rapidi a mente, difficoltà della cognizione numerica. La Disprassia: è un’alterazione dello sviluppo degli apprendimenti gestuali. La Disgrafia: La disgrafia è una condizione caratterizzata da marcata difficoltà nell’esecuzione della scrittura in presenza di quoziente intellettivo nella norma e assenza di deficit sensoriali in grado di spiegare il problema. La presenza di un disturbo specifico di apprendimento spesso determina difficoltà psicologiche nelle seguenti aree: comportamento, autostima, affettività e controllo della propria emotività. E’ possibile effettuare una ragionevole ipotesi diagnostica, da verificare in momenti successivi, al fine di un precoce intervento sia abilitativo che didattico. La procedura diagnostica suggerita dalle linee guida prevede una fase di valutazione clinica, e una di approfondimento clinico e funzionale. Diagnosi clinica La valutazione clinica prevede, in relazione alle difficoltà riscontrate nel bambino, diversi livelli di approfondimento diagnostico. In ogni momento della valutazione si deve tenere conto degli aspetti di diagnosi differenziale con altri disturbi cognitivi, neurologici, psicopatologici e sensoriali. La diagnosi clinica la elabora sia lo psicologo libero professionista, che lo psicologo, o equipe che lavora in regime ambulatoriale. Secondo il criterio di inclusione, affinché si possa effettuare diagnosi di DSA bisogna che si verifichi la condizione di discrepanza tra abilità nel dominio specifico interessato che deve risultare deficitario di almeno 2ds (ds: deviazione standard, indica di quanto la prestazione di un soggetto si discosta dalla prestazione media) in rapporto ai risultati attesi per età e\o la classe frequentata, e l'intelligenza che deve essere nella norma. Questo tipo di diagnosi è provvisoria, bisogna poi passare al CRITERIO DI ESCLUSIONE, cioè escludere la presenza di patologie o anomalie sensoriali, neurologiche, cognitive. Diagnosi funzionale medica Nell’ottica di completare il quadro diagnostico, sia per le funzioni deficitarie che per le funzioni integre, è fondamentale un approfondimento funzionale del disturbo. Ha il compito di attestare la disabilità, è il risultato di un problema di deficit. In questo secondo momento, la valutazione del Disturbo Specifico dell’Apprendimento si approfondisce e si amplia con l’analisi delle caratteristiche, specifiche per individuo, coinvolte nell’abilità deficitaria (linguistiche, percettive, prassiche, attentive, mnestiche). L’eventuale conferma diagnostica è necessaria per il progetto riabilitativo. I BES non sono una categoria diagnostica e di per sé non identificano un disturbo poiché qualunque studente può manifestare dei bisogni educativi speciali nel corso del suo percorso di studi. Ci riferiamo a una difficoltà che dà diritto a un intervento personalizzato (che può portare al PDP) ma non si tratta di un concetto clinico, bensì pedagogico. Qualunque studente può avere dei bes per diversi motivi: fisici, biologici, fisiologici, psicologici e sociali. L’area dei Bisogni Educativi Speciali (BES) comprende: “lo svantaggio sociale e culturale, i disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, le difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse”. Come si può facilmente comprendere, non ha senso parlare di “diagnosi BES” perché all’interno di questa categoria rientra un gruppo fortemente eterogeneo di persone, sia con diagnosi molto diverse fra loro, sia senza diagnosi. In estrema sintesi potremmo dire che a livello concettuale DSA e BES differiscono per essere una categoria diagnostica e una categoria “scolastica”, rispettivamente. Il funzionamento intellettivo limite (FIL) caratterizza quegli alunni che, in assenza di difficoltà specifiche dell’apprendimento, presentino un risultato ai test di intelligenza tale da collocare il loro quoziente intellettivo tra il valore 70, limite inferiore oltre al quale si potrebbe parlare di ritardo mentale (seppur lieve) e 84, limite superiore oltre il quale si trovano i valori che denotano un adeguato funzionamento intellettivo. Le caratteristiche comuni a quasi tutti i soggetti con Funzionamento Intellettivo Limite sono: frequenti insuccessi ampiamente diffusi e distribuiti su più aree disciplinari; generale lentezza nella comprensione ed esecuzione di ogni compito assegnato; prestazioni tendenzialmente migliori quando le consegne sono fornite attraverso esempi concreti di realizzazione del compito; difficoltà nel comprendere i concetti astratti; difficoltà nel mettere in atto processi di generalizzazione o trasferimento di apprendimenti da un contesto all’altro (es. da una disciplina all’altra o tra compiti simili proposti all’interno della stessa disciplina); difficolt à nell’integrare le nuove informazioni fornite dall’insegnante con le informazioni già possedute, cioè difficoltà nell’integrare tra di loro i concetti e riconoscere ciò che li lega (es. appartenenza ad una stessa categoria, i rapporti causa effetto, ecc.). Solo recentemente è stata approvata una legge (n.170/2010) che tutela questi studenti, avviando nelle scuole e nelle università italiane percorsi didattici