Scarica Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP): strategie inclusive nella scuola secondaria di sec e più Tesi di laurea in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! Università Degli Studi Di Perugia Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane, e della Formazione Corso di Specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità- VI ciclo ELABORATO FINALE Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP): strategie inclusive nella scuola secondaria di secondo grado Relatrice: Prof.ssa Maria Ausilia Fiorentino Corsista: Giulia Ribelli Matricola n° 351405 Anno Accademico 2020-2021 INDICE INTRODUZIONE CAPITOLO 1 1.0 Disturbo Oppositivo Provocatorio 1.1 Diagnosi 1.2 Eziologia 1.3 Comorbidità con altri disturbi 1.4 Trattamento 1.5 Il riflesso allo specchio di Andrea CAPITOLO 2 2.0 Strategie didattiche inclusive efficaci nel DOP 2.1 Ruolo dell’insegnante nella didattica inclusiva 2.2 Metodologie didattiche efficaci nel DOP CAPITOLO 3 3.0 Progettazione didattica inclusiva per Andrea 3.1 Analisi del contesto 3.2 Progettazione didattica 3.3 Valutazione 3.4 Aspetti inclusivi della progettazione per Andrea CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA 1 CAPITOLO 1 1.0 Disturbo Oppositivo Provocatorio Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), American psychiatric association, 1994), riporta tre categorie diagnostiche relative ai comportamenti aggressivi comportamentali: il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) il disturbo della condotta (DC) e il disturbo oppositivo provocatorio (DOP), che sarà il principale oggetto di studio di questa relazione. Tutti e tre i disturbi tendono a manifestarsi maggiormente nei maschi piuttosto che nelle femmine e la manifestazione sintomatologica di tali disturbi varia sia fra essi che all'interno di ciascuna categoria diagnostica (l'impulsività che si manifesta nell'ADHD con l'incapacità di prevedere le conseguenze negative di un'azione, diventano incurante rispetto delle regole nel DOP; a sua volta la violazione delle regole che in quest'ultimo assume un carattere provocatorio, nel disturbo della condotta diventa intenzione violenta e crudele). Ciò che accomuna tali disturbi del comportamento è la difficoltà di autoregolazione emotiva e comportamentale che si esprime con l'incapacità di organizzare il proprio comportamento in funzione delle proprie esigenze e di quelle l'ambiente. Il Disturbo Oppositivo Provocatorio rientra in quelli che vengono definiti Bisogni Educativi Speciali (BES), ovvero l’insieme di tutte le possibili difficoltà educative-apprenditive che possono avere gli alunni sia in modo permanente sia per un periodo ben definito nel tempo e tutelate normativamente dalla legge n° 170 del 2010. Tale legge, nota come “Nuove norme in materia di disturbi specifici dell’apprendimento in ambito scolastico”, con il successivo DM del 12/07/2011 e le allegate Linee guida, aprono una nuova via di tutela per gli alunni che presentano tali disturbi (diversi da quelli per cui si ricorre alla certificazione 104/1992). Tali disturbi, si manifestano in presenza di normali funzioni cognitive e in assenza di patologie neurologiche o deficit sensoriali, ma sono causa di difficoltà specialmente nell'ambito dell'apprendimento scolastico e 3\ richiedono da parte della scuola adeguate e tempestive soluzioni. Ad esempio, il consiglio di classe deve predisporre per questi alunni un piano didattico personalizzato (PdP) che costituisce il punto di partenza per l'inclusione nella classe. Esso permette allo studente di sviluppare al massimo le sue potenzialità e raggiungere il successo formativo attraverso iniziative didattiche personalizzate e individualizzate, strumenti compensativi, misure dispensative e adeguate forme di verifica e valutazione. 1.1 Diagnosi La diagnosi di DOP si applica a bambini che esibiscono livelli di rabbia persistente e inappropriata, hanno un atteggiamento provocatorio oppositivo non adatto al contesto sociale in cui si trovano. Affinché avvenga diagnosi di questo disturbo il bambino deve mostrare tali sintomi in modo costante per almeno 6 mesi con impatti sociali in ambito scolastico, familiare o extrascolastico. Tale disturbo viene diagnosticato solitamente in modo precoce, intorno ai 6 anni di età, anche se molti casi di DOP vengono diagnosticati in età pre- adolescenziale. Il DSM IV definisce il DOP come una modalità di comportamento negativistico, ostile e provocatorio che dura da almeno 6 mesi durante i quali sono presenti 4 o più dei seguenti criteri con delle serie ripercussioni in ambito familiare e/o scolastico e/o extrascolastico: − Spesso va in collera. − Spesso litiga con gli adulti. − Spesso sfida attivamente o si rifiuta di rispettare richieste e regole. − Spesso irrita deliberatamente le persone. − Spesso accusa gli altri per i propri errori. 4\ − È spesso suscettibile o facilmente irritato dagli altri. − È spesso arrabbiato e rancoroso. − È spesso dispettoso e vendicativo. 1.2 Eziologia Limitare l’eziologia del DOP ad una singola causa risulta essere troppo semplicistico per questo complesso disturbo: infatti, ci sono una serie di tratti e fattori preventivi che possono rappresentare un campanello d'allarme per i medici gli educatori. Primo tra tutti è quello che viene definito dai genitori “temperamento difficile” ovvero ragazzi che faticano a regolare le proprie emozioni e sono soggetti a scoppi emotivi improvvisi. Per quanto riguarda i fattori di rischio biologici, i ricercatori si sono focalizzati nell'individuare differenze a livello il sistema nervoso centrale dei bambini con tali disturbi rispetto alla popolazione generale. Sembra, infatti, che alcune anomalie abbiano un ruolo centrale nella manifestazione di questi disturbi (Matthys, Vanderschuren e Schutter, 2021). Nel 1997, Quay elaborò una teoria della disinibizione del funzionamento del sistema nervoso centrale nei soggetti con disturbi comportamentali. In particolare, questo modello riporta che i ragazzi con disturbi del comportamento hanno un’alterazione nel sistema di inibizione del comportamento e una iperattivazione del sistema di attivazione del comportamento. Anche le funzioni relative ai processi cognitivi usati nel mantenere l'attenzione e l'impegno, nell’inibizione delle risposte inappropriate e nella regolazione delle risposte emotive e comportamentali risultano essere alterate in casi di DOP (Barkley, 1998; Giancola et al, 1996). Sono stati riscontrati anche scarsa attivazione fisiologica con livelli più bassi di sensibilità al panico e all'ansia (Seguin et al., 1999), battito 5\ una compromissione nel funzionamento personale, sociale e scolastico. I ragazzi con ADHD mostrano livelli invalidanti di disattenzione, disorganizzazione e/o iperattività-impulsività. L'attuale norma legislativa per la disabilità, legge 104 del 1992, prevede l'assegnazione di un insegnante di sostegno in caso di certificazione di ADHD. Dato che l’insorgenza di disturbi comportamentali, come visto in precedenza, è spesso associata a instabilità familiare, spesso indicativa di un ambiente caotico e poco rassicurante, i ragazzi sviluppano problemi nell’esternalizzazione delle emozioni, ma anche sintomi internalizzanti come ansia e depressione (Ackerman et al, 1999). 1.4 Trattamento I trattamenti più empiricamente efficaci per il DOP sono la terapia collaborativa genitore-figlio, la formazione dei genitori e l’adozione di programmi di prevenzione precoce. I programmi di formazione dei genitori possono aiutarli a capire perché il loro bambino si comporta male, quali e come le loro strategie genitoriali possono contribuire al problema e come possono cambiare il loro stile genitoriale per affrontare in modo più efficace i comportamenti del proprio figlio (Danforth, 2016). Un altro approccio è la risoluzione collaborativa dei problemi, in cui genitori e figli partecipano insieme a un percorso terapeutico finalizzato ad aiutare i ragazzi a regolare le proprie emozioni e i genitori a imparare ad affrontare la problematica (Greene et al., 2003). Generalmente, infatti, i genitori, tendono a sottostimare i comportamenti positivi del figlio, e sono frequentemente convinti che la situazione sia difficile, se non quasi impossibile da cambiare (Barkley, 2015). A tal proposito, gli obiettivi generali dei modelli educativi per la famiglia di Andrea sono caratterizzati dal tentativo di risposta alle sue necessità educative speciali, rappresentate dalla presenza di un contesto 8\ familiare e scolastico che lo indirizzi verso l’apprendimento di strategie di autoregolazione emotiva e verso lo sviluppo di maggiori capacità di autocontrollo e di riflessività (Lochman, Wells, 2002; Wells, Lochman, Lenhart, 2008). Tutti gli interventi di educazione familiare, hanno come obiettivi quelli di migliorare la relazione genitore-figlio e di fornire ai genitori gli strumenti per imparare a gestire i comportamenti disadattivi del figlio grazie alla conoscenza di metodi educativi efficaci (Wells, Lochman, Lenhart, 2008; Barkley, 2015). I comportamenti aggressivi tendono a consolidarsi intorno agli 8 anni senza interventi precoci, quindi i primi programmi sono essenziali per cercare di correggerli (Webster-Stratton & Taylor, 2001). Il coinvolgimento dei genitori, come riportato in precedenza, non è limitato alla sola informazione delle difficoltà del figlio o ad interventi educativi implementati nel contesto scolastico, ma prevede la partecipazione attiva dei genitori a vere e proprie sedute di educazione familiare, orientate alla modifica degli stili educativi disfunzionali e alla riconsiderazione delle proprie reazioni verso i comportamenti adattivi del figlio (Reyno, Mcgrath, 2006; Eyberg et al., 2008). Per la gestione di Andrea, il coinvolgimento dei genitori assume un ruolo ancora più significativo, rappresentando un fattore di efficacia evidenziato dalle principali meta-analisi condotte sui modelli di intervento educativo (Loeber et al., 2000; Eyberg et al., 2008; Garland et al., 2008; Kazdin, Whitley, 2011). Altri fattori determinanti l’efficacia dell’intervento, prevedono il trattamento delle carenze nel successo scolastico comunemente riscontrate nei ragazzi che come Andrea hanno una deregolazione comportamentale, attraverso l’apprendimento di competenze metacognitive (Garland et al., 2008). L’efficacia dell’intervento si traduce come miglioramento del profitto che a sua volta si ripercuote positivamente sull’autostima dell’alunno, migliorando il suo interesse nelle varie discipline. Attivare delle attività didattiche finalizzate all’insegnamento delle competenze prosociali, rappresenta anch’esso 9\ un fattore determinante di efficacia dell’intervento, attraverso specifici moduli di apprendimento delle competenze sociali. Partecipando ad attività in gruppi, ad esempio, si stimolano nell’alunno quelle competenze sociali comuni a molteplici situazioni sociali, in cui sono richieste competenze empatiche e negoziative, solitamente poco sviluppate negli alunni con DOP. Grazie all’osservazione del comportamento dei suoi pari, l’alunno con tale disturbo, può imparare quale sia il modello comportamentale giusto da riprodurre nelle diverse situazioni, limitando e prevenendo i comportamenti problema (Garland et al., 2008; Kazdin, Whitley, 2011). Tra i modelli di intervento maggiormente usati nella pratica educativa ci sono il Coping Power Program-CPP (Lochman & Wells, 2002) e il Multi Systemic Treatment-MST (Henggeler & Lee, 2003), i quali prevedono degli interventi centrati sull’allievo e altri centrati sui genitori. Infine, i trattamenti farmaceutici possono aiutare ragazzi con DOP in comorbidità con ADHD, sempre se associati a terapia comportamentale, ma sono complessivamente considerati inefficaci nel trattamento dei comportamenti DOP e non rappresentano un trattamento di elezione del disturbo (Hamilton & Armando, 2008; Riley et al., 2016). 1.5 Il riflesso allo specchio di Andrea Spesso di fronte alle condotte aggressive di Andrea, la maggior parte della gente, non conoscendo il mondo della neuropsichiatria infantile, è spesso portata a dare giudizi avventati e molto distanti dalla realtà. Si può pensare, infatti, che i ragazzi con tale disturbo, provino piacere nel provocare i compagni o portare allo sfinimento insegnanti o genitori e che siano orgogliosi di essere temuti da tutti. Ma cosa pensano veramente di sé questi ragazzi? In realtà è noto che questi ragazzi soffrano molto del proprio modo di essere e sono dispiaciuti per le opinioni che gli altri hanno di loro e ciò 10\ nell’arco dell’anno. Il passo successivo per un insegnante è cercare di comunicare con l’alunno seguendo una precisa sequenza di azioni che vadano ad ammonire progressivamente il ragazzo per impedire che si manifesti il comportamento problema. A tal riguardo, un esempio di una progressione efficace potrebbe essere avvicinarsi al ragazzo usando un segnale non verbale, successivamente un avvertimento verbale seguito da una pausa di 1 minuto, seguito dal infine da un’azione. Valutare come progredisce la situazione è importante affinché l'insegnante possa conoscere le conseguenze di ogni azione fatta e possa prevenire il comportamento problema prima che esso si manifesti. L'insegnante deve essere proattivo, prevedendo anche attraverso la programmazione dell’attività didattica da svolgere in classe, quali siano le situazioni potenzialmente conflittuali, e trovare delle soluzioni adeguate; a tal proposito, è fondamentale chiarire cosa ci si aspetta che venga fatto e assicurarsi che il ragazzo abbia ben capito il suo ruolo nell’attività, in modo da limitare eventuali occasioni di conflitto. Se, tuttavia, il ragazzo si rifiuta di seguire il compito dato, l’insegnante con molta fermezza, dovrebbe ammonire il ragazzo, spiegando chiaramente quale sarà la conseguenza del suo comportamento (Danforth, 2016). Se, nonostante l’ammonimento, il ragazzo continua a rifiutarsi, l’insegnante può utilizzare una sequenza progressiva di azioni fino ad una conseguenza finale. Nonostante alcune volte sembra essere inevitabile, la punizione non rappresenta la soluzione migliore, infatti una delle strategie più efficaci per gli insegnanti è il rinforzo positivo, ovvero elogiare e premiare il ragazzo quando mostra comportamenti desiderati: a tal proposito, i dati in letteratura mostrano che tale azione è negativamente associata a comportamenti problema (Danforth,2010). È fondamentale che l’insegnante eviti discussioni perché è proprio ciò che cerca Andrea, ma che rimanga fermo nelle proprie azioni: in caso di obbedienza il ragazzo riceverà lodi, in caso contrario una conseguenza. 13\ Per Andrea, la coerenza delle informazioni ricevute e l’uniformità di azione da parte di tutti i docenti è fondamentale per conoscere bene le regole e rafforzare il comportamento positivo. La collaborazione tra insegnanti, dirigente scolastico e genitori è importante per creare un piano di gestione del comportamento per l’alunno. Ciò include ad esempio, la sequenza di azioni per avvertire il ragazzo che il comportamento che sta mostrando non è quello giusto e che deve modificarlo, la conseguenza che avrà il suo comportamento problema e i sistemi di ricompensa. Inoltre, l’insegnante deve individuare quali possono essere le abilità specifiche dell’alunno e cercare le strategie che le possano promuovere, anche per sfatare lo stereotipo di pigrizia e svogliatezza che ruota intorno ai ragazzi con tale disturbo. In presenza di comportamenti disadattivi è importante cercare di capire che significato ha quel comportamento per quel ragazzo: infatti, nella maggior parte dei casi, tale comportamento ha una funzione comunicativa e pertanto vanno comprese le motivazioni scatenanti, altrimenti ogni intervento potrebbe dare soltanto risultati parziali o inefficaci. A tal proposito, è importante che l'insegnante conduca un’osservazione più possibile sistematica per capire le circostanze in cui si manifestano i comportamenti problema o quando si manifestano di meno o ancora quando non si manifestano affatto. L'osservazione è quindi indispensabile per valutare con precisione e in modo oggettivo se i nostri interventi funzionano e se il comportamento si va a modificare. L'osservazione richiede un tempo minimo di due settimane e soltanto dopo un confronto con gli altri docenti, si può compilare una griglia di osservazione in cui è indicata la frequenza dei comportamenti e le situazioni in cui si verificano per cercare di definirne la causa. Nell'analisi funzionale è importante indicare gli antecedenti, ovvero gli eventi che innescano i comportamenti problema, il comportamento stesso descrivendo che cosa fa il ragazzo e le conseguenze che il suo comportamento ha sull'ambiente circostante (insegnanti e compagni) e 14\ sul ragazzo stesso. Infine, l'insegnante di Andrea deve cercare le strategie più efficaci per poter migliorare l'intelligenza emotiva del ragazzo il quale come noto, spesso non ha acquisito sufficienti capacità prosociali. La relazione educativa non può pertanto prescindere dalle abilità empatiche del docente che insieme all’accettazione positiva incondizionata e all'autenticità del suo modo di relazionarsi, guida agli studenti attraverso un percorso di alfabetizzazione emotiva migliorando la relazione degli studenti con se stessi e con gli altri, favorendo lo sviluppo delle abilità sociali, quali la capacità di collaborare, esprimere le proprie opinioni ascoltare attivamente e generare un clima classe nel complesso sereno in cui gli studenti si relazionano in modo adeguato e gli obiettivi educativi e didattici si raggiungono nel rispetto delle competenze di ognuno. La relazione educativa non può prescindere dalla relazione empatica, il docente nel comunicare deve possedere la capacità di valutare continuamente le relazioni, anche non verbali dell'alunno, rendendosi disponibile tanto a modificare e migliorare il suo stile comunicativo quanto a rafforzare il rapporto di empatia. È importante esprimersi con chiarezza nel comunicare e riuscire a comprendere l'altro sapendolo ascoltare. L'ascolto consapevole comporta una condivisione di emozioni, al riparo da critica e giudizio e la comunicazione si concentra sul messaggio e sui sentimenti dell'interlocutore cercando di guardare il mondo dal suo punto di vista, comprendendone le emozioni. Questa strategia didattica è fondamentale per strutturare e rafforzare l'intelligenza emotiva, soprattutto per Andrea. Sviluppare l'intelligenza emotiva, infatti, significa identificare i comportamenti più idonei per quella situazione, essere influenzati dai sentimenti dei compagni, cercare quindi di non offendere i loro sentimenti riconoscendo il dolore che ciò provocherebbe. A tal proposito Howard Gardner, psicologo statunitense, ha effettuato numerosi studi arrivando a delineare la teoria delle intelligenze multiple secondo cui ogni individuo è dotato di 9 tipi di intelligenze incrementabili 15\ studenti non siano troppo elevate, in modo tale che l'esigenza di domanda del tutorato richiedano al tutor un certo impegno cognitivo che sia per lui stimolante. Il tutor dovrebbe avere adeguate capacità comunicative incluse l'ascolto attivo, l'empatia, le abilità nella comprensione delle esigenze e delle difficoltà del tutorato. Il tutee si deve sentire a suo agio nel porre domande e chiedere aiuto. I vantaggi di questa strategia didattica sono diversi: è trasversale a tutte le discipline, favorisce lo sviluppo delle abilità sociali di entrambi gli studenti, accrescere le abilità metacognitive soprattutto del tutor che è chiamato a riflettere sulle conoscenze che possiede e rielaborarle in base allo stile di apprendimento del compagno (Topping,1996). Problem-solving Il modello del problem solving introdotto da D’Zurilla e Goldfried prevede il susseguirsi di 7 fasi (D'Zurilla & Goldfried, 1971): 1. Riconoscere il problema ed essere quindi consapevoli delle proprie emozioni. Ci si deve fermare a pensare prima di prendere una decisione ed agire 2. Cercare le cause del problema e analizzare il problema stesso 3. Stabilire degli obiettivi rispetto ai risultati attesi 4. Formulare delle soluzioni in base alle risorse agli strumenti che si possiedono 5. Valutare per ciascuna soluzioni quali possono essere le conseguenze annesse 6. Scegliere quindi la soluzione migliore 7. Strutturare e attuare un piano Gli aspetti positivi portati dal problem solving riguardano la capacità di affrontare con maggiore efficacia stress o frustrazioni e, secondo numerose ricerche, diminuisce la probabilità di sviluppare comportamenti devianti. Inoltre, saper usare strategie di problem solving aiuta a costruire una fonte di orgoglio e di autostima nei ragazzi. il problem solving comprende una componente emotiva in quanto è 18\ l'emozione a rivelare la presenza di un problema, di una cognitiva indispensabile per identificare il problema e di una comportamentale per portare a termine il programma individuato. La didattica del problem solving è inoltre stimolante per i ragazzi in quanto suscita interesse e coinvolgimento anche se richiede grande concentrazione e capacità di rielaborazione. Soprattutto con gli studenti con problemi motivazionali, tra cui quelli con DOP, queste strategie si rilevano vincenti perché gli alunni riescono a capire la potenza della propria mente nello scovare errori e nell’essere in grado di generare ipotesi e quindi di trovare soluzioni adeguate. Circle Time Introdotto già negli anni ‘70 e usato con successo nella didattica italiana, rappresenta un momento in cui gli alunni si siedono in cerchio con l'insegnante. È un vero e proprio momento di confronto e di riflessione tra pari in cui tutti riescono ad esprimere le proprie opinioni ad emozioni liberamente. L'insegnante ha il ruolo di mediatore, pone la domanda su cui riflettere e media la comunicazione tra gli alunni. Tale tecnica, facilita la conoscenza e l’empatia tra gli alunni facilitando l’integrazione all'interno della classe e la valorizzazione di ogni singolo alunno. Date le sue caratteristiche, il circle time rappresenta uno strumento di prevenzione e risoluzione di eventuali conflitti all'interno della classe e permette all'insegnante di conoscere meglio i propri alunni e le dinamiche presenti nel gruppo classe. Inoltre, questa metodologia si può utilizzare anche avvalendosi della tecnica del brainstorming in cui l'insegnante stimola gli alunni ad esprimere la propria opinione riguardo a un tema e questi la espongono all'intera classe. Questa tecnica è di grande efficacia anche ai fini dello sviluppo del pensiero divergente, ovvero quello che si attiva negli studenti quando le soluzioni di fronte ad una problematica sono molteplici, perciò si passa attraverso una fase di confronto delle varie idee per cercare quale sia la migliore (Brandani e Rizzardi, 2005). 19\ Learning by doing In ambito scolastico, la didattica laboratoriale fonda le sue radici con Dewey e comporta una vera e propria esperienza di scoperta che va man a mano costruita. Grazie a questa metodologia, si attiva un’operatività cognitiva oltre a quella manuale e si stimola un sapere complesso partendo dall’elaborazione pratica. Questo tipo di attività didattica si presta ad essere utilizzata come strategia per facilitare l’apprendimento di Andrea. Evitando la classica lezione frontale, troppo monotona e scarsamente interessante per Andrea, si pone come un valido strumento nelle mani dell’insegnante per cercare di aumentare l’interesse e il coinvolgimento dello studente. 20\ gruppo classe unito con una buona conoscenza del territorio che li circonda ma, per quanto riguarda i punti di debolezza, si osservano difficoltà nell'interazione con il ragazzo straniero e una scarsa inclusione di Andrea. Questo alunno con i suoi atteggiamenti problematici e aggressivi viene, infatti, isolato dalla gran parte della componente maschile, mentre riesce ad avere un rapporto con la componente femminile, anche se non mancano momenti di lite che culminano con il pianto delle ragazze per le parole offensive dette di troppo dal ragazzo. Nel progettare la sua attività didattica, l'insegnante deve tener conto degli alunni con bisogni educativi speciali, in particolare, gli alunni certificati dovranno seguire le misure e gli obiettivi di apprendimento individualizzati, concordati dal GLHO e riportati nel relativo PEI (piano educativo individualizzato), mentre gli alunni DSA perseguiranno gli stessi obiettivi della classe, come riportato dal PdP attraverso l'uso di strumenti compensativi, dispensativi e strategie didattiche personalizzate. Gli strumenti compensativi che un insegnante può utilizzare sono: mappe concettuali e schemi, programmi di sintesi vocale, video esplicativi, e dizionario linguistico. Gli strumenti dispensativi, invece, sono: l'utilizzo di tempo extra per l’alunno, l'attenzione al contenuto più che alla forma degli elaborati (indicatore riportato anche nelle griglie di valutazione per i ragazzi BES), la riduzione del carico di studio, l'esenzione dalla lettura ad alta voce (soprattutto per il ragazzo dislessico) e l'elaborazione di test che siano possibilmente a risposta multipla e con quesiti scritti in modo chiaro e semplice. Le strategie didattiche che è un insegnante può adottare per facilitare l'apprendimento degli alunni BES sono: una spiegazione lineare aggiungendo un contenuto alla volta, come tessere di un puzzle, la promozione del peer tutoring e del cooperative learning, l'utilizzo di 23\ sussidi video e iconici e la programmazione delle verifiche con ampio anticipo. 3.2 Progettazione didattica Prerequisiti, discipline e risorse Una volta definito il contesto in cui verrà svolta l'unità didattica, l'insegnante deve passare alla parte relativa ai contenuti. Quindi definire un titolo, i prerequisiti necessari per la comprensione dei contenuti, le materie coinvolte, gli strumenti che si andranno ad utilizzare e gli ambienti in cui si svolgeranno le attività. A tal proposito, immaginando di progettare un'unità didattica avente come titolo la biodiversità, i prerequisiti richiesti sono quelli acquisiti negli anni precedenti ovvero: la conoscenza del concetto di essere vivente, delle caratteristiche proprie degli esseri viventi, definire le fasi del ciclo vitale, definire il concetto di specie e quindi la teoria di selezione naturale di Darwin e saper utilizzare il microscopio. Le materie coinvolte nell’Uda saranno scienze naturali ed educazione civica. Le attività progettate richiederanno come strumenti didattici il PC della classe con associata la LIM, il tablet personale di ciascun studente e la piattaforma Google classroom. Le varie fasi didattiche saranno svolte all'interno dell'aula, nel laboratorio di scienze della scuola e nel territorio locale. Competenze, conoscenze e abilità Nel progettare un'attività didattica bisogna tener conto delle competenze chiave europee che si intendono rafforzare, attraverso l'acquisizione di conoscenze e abilità specifiche, ma bisogna porsi come obiettivo anche lo sviluppo di quelle che sono definite soft skills, ovvero l'insieme di capacità motivazionali e di squadra che caratterizzano la persona. Queste competenze trasversali si suddividono in tre grandi categorie: competenze personali, sociali e metodologiche e sono quelle che 24\ definiscono il lavoratore di domani. Le soft skills riguardano: - l'autonomia nello svolgere i compiti assegnati; - la fiducia in se stessi e quindi la consapevolezza delle proprie capacità; - la flessibilità cioè l’adattamento ai vari contesti e alle varie opinioni; - la resistenza allo stress, quindi la capacità di mantenere il controllo e di perseguire un obiettivo nonostante le tensioni che si possono creare; - la capacità di pianificare ed organizzare, quindi sapere realizzare ed identificare gli obiettivi e le priorità tenendo conto del tempo a disposizione e sfruttando le risorse disponibili; - la precisione, quindi l'attenzione a ciò che si fa e al come si fa; -l’apprendere in maniera continuativa riconoscendo debolezze e le aree di miglioramento; - il conseguimento degli obiettivi, ovvero l'impegno e la determinazione messi nel conseguire un obiettivo; - la capacità di gestire le informazioni e quindi saper reperire informazioni corrette e saperle rielaborare; - l’avere spirito di iniziativa proponendo agli altri il proprio punto di vista; - la capacità comunicativa per condividere in modo chiaro è sintetico le proprie idee e di confrontarsi con gli altri; - il problem solving che mira a trovare le possibili soluzioni ai problemi; - il teamwork ovvero la capacità e la disponibilità di lavorare con gli altri; - la leadership quindi l'innata capacità di condurre, motivare e trascinare gli altri. In relazione all'unità didattica progettata, le competenze europee riguardano quelle alfabetiche funzionali, quella in matematica e di base in scienza e tecnologia, la competenza personale sociale e capacità di imparare ad imparare ed infine la competenza sociale e civica in materia di cittadinanza. 25\ invita i ragazzi a riflettere e a trovare una spiegazione sul perché la biodiversità sia essenziale per la sopravvivenza dell'uomo. Nella seconda lezione invece, si espone alla classe il concetto di estinzione facendo riflettere che tale fenomeno non riguarda soltanto il passato, quando 66 milioni di anni fa circa la caduta di meteoriti portò l'estinzione dei dinosauri, ma come riportato dal WWF sono molteplici le estinzioni avvenute negli ultimi anni e sono diverse le specie ad oggi in pericolo di estinzione. Tra queste c'è l'orso bianco, il rinoceronte, la tigre, il gorilla e l'elefante ma anche un animale a noi più vicino, ovvero l'ape, la cui estinzione sarebbe drammatica per tutti gli esseri viventi in quanto rappresentano i principali impollinatori ed è stato stimato che l'uomo sopravvivrebbe soltanto 4 giorni dalla loro estinzione. A questo punto, si spiegherebbe ai ragazzi quali sono le minacce alla biodiversità causando l’estinzione, ovvero principalmente l'introduzione di specie aliene e l'attività antropica. Per quanto riguarda le specie aliene, si riporta l'esempio della Vespa velutina co-responsabile dell'estinzione delle api, in quanto suo predatore o ancora il pesce gatto nero che, nonostante crediamo sia una specie autoctona dei nostri fiumi, è stato introdotto negli anni 70 dall' America per la pesca sportiva ed essendo un feroce competitore ma difficilmente preda per la presenza di spine velenose, ha ormai infestato le acque dolci italiane. In riferimento all'attività antropica, si porrebbe l'accento sul bracconaggio responsabile ad esempio, del pericolo di estinzione dei rinoceronti e degli elefanti e a tal proposito, si mostrerebbero agli alunni dati dell'adattamento evolutivo che stanno subendo i nuovi nati elefanti: è stato stimato che il 30% dei nuovi nati ha perso le zanne, motivo dell'uccisione di numerosi esemplari. La seconda parte della lezione si incentrerebbe sul cambiamento climatico provocato anche dall'attività antropica e quindi facendo riferimento all'obiettivo 13 dell'agenda 2030 si spiegherebbe come l'attività antropica ha una ripercussione sul clima globale e quindi sul Global Warming registrato negli ultimi anni. Per stimolare la curiosità 28\ degli alunni, si riportano video-stimolo sul cambiamento dei ghiacciai nel tempo e foto a confronto di anni che riportano il restringimento dei ghiacciai italiani. La fase successiva prevede un'attività di flipped classroom incentrata sullo studio della biodiversità locale. L'insegnante, dopo aver caricato in classroom il materiale da consultare, chiede ai ragazzi di sviluppare una presentazione che riporti informazioni riguardo la biodiversità locale con un focus sul ritorno del lupo negli Appennini. Questo tipo di attività verrà svolta in piccoli gruppi per promuovere l'integrazione e l'inclusione. La presentazione verrà poi mostrata e discussa in classe con i propri compagni. Terminata la parte di spiegazione teorica, si testerebbe la preparazione degli studenti attraverso una valutazione formativa somministrando dei quesiti attraverso la metodologia del gaming e quindi ricorrendo ad esempio alla piattaforma kahoot. Questa fase è indispensabile per far acquisire ai ragazzi consapevolezza riguardo al proprio stato dell'arte sulla tematica affrontata: quante cose so? Ma soprattutto quali sono gli argomenti che non ho ancora acquisito e che devo ancora studiare meglio? L'ultima attività prevista dalla progettazione didattica riguarda un'uscita nel territorio seguita da un'esperienza laboratoriale. Il territorio in cui si trova la scuola è immerso nella natura montana, pertanto è stata progettata un'uscita con un percorso trekking durante il quale sarà possibile osservare la presenza dei licheni, bioindicatori della qualità dell'aria e sarà possibile osservare un lago glaciale e uno stagno che hanno la particolarità di assumere, in determinati periodi dell'anno, una colorazione particolarmente rossa. Tale colorazione, riferibile in passato alla presenza di un gamberetto arancione, è in realtà dovuta alla presenza di un’alga che dà alle acque il colore caratteristico e che potrà essere osservata prelevando un campione d'acqua e facendo un'esperienza di laboratorio il giorno successivo a scuola. 29\ L'ultima fase nella progettazione prevede, infatti, un'attività laboratoriale in cui si osserverà al microscopio un vetrino allestito con una goccia del campione. Sarà possibile osservare quindi la presenza dell'alga e se questa risulterà di colore rosso vorrà dire che sta producendo un pigmento come risposta ad alte temperature e al ph acido dell'acqua. Anche questa alga, infatti, rappresenta un bioindicatore ambientale e ci dà informazioni relative alle temperature delle acque e quindi ai livelli di eutrofizzazione. 3.3 Valutazione All'interno di una progettazione didattica vanno sempre inserite, inoltre, le modalità di valutazione. Queste possono essere di diversi tipi: diagnostica volta a valutare i prerequisiti della classe, formativa per avere feedback riguardo alla preparazione degli studenti ma anche per consentire loro di avere autoconsapevolezza riguardo alle proprie carenze ed infine, quella sommativa che serve per valutare l'effettiva apprendimento dei nuclei tematici affrontati a termine di ogni unità didattica svolta grazie a verifiche orali e/o scritte. In tal caso, la valutazione sommativa si baserà sull'utilizzo di griglie dipartimentali stabilite a inizio anno e che riportano gli indicatori riferibili al voto relativi ad ogni conoscenza da acquisire. Nella progettazione didattica, infine, potrebbe essere inserito un test di gradimento dei contenuti affrontati e delle attività svolte per raggiungere gli obiettivi prefissati e di autovalutazione per far sì che i ragazzi siano consapevoli delle proprie conoscenze, ma anche delle aree di miglioramento. 3.4 Aspetti inclusivi della progettazione per Andrea La progettazione didattica è stata pensata per essere inclusiva anche nei confronti di Andrea. L’attività, infatti, mostra diversi elementi che si adattano meglio a questi bisogni educativi speciali. Ci sono diversi riferimenti di autoriflessione e autoconsapevolezza, non 30\ CONCLUSIONI Questo lavoro rappresenta una raccolta di buone pratiche didattiche che l’insegnante può utilizzare quando si trova in classe un Andrea. Spesso, infatti, il docente non conosce appieno il disturbo e può adottare delle strategie che non solo si dimostrano inefficaci, ma che addirittura vanno a peggiorare un equilibrio già molto precario, scaturendo il comportamento problema. Il motivo che mi ha spinto ad approfondire questo aspetto è nato dalla mia esperienza didattica: mi sono trovata, infatti, spiazzata di fronte al comportamento di questi ragazzi e mi sono sentita più volte impotente, tanto da dubitare delle mie capacità professionali. Ho analizzato e riportato gli aspetti caratterizzanti del disturbo, nonché le strategie didattiche che più si prestano alla gestione di tale disturbo in classe e ho progettato un esempio di unità didattica inclusiva non solo per l’alunno con DOP, ma per l’intera classe. Un punto debole del lavoro potrebbe essere quello di aver incentrato l’argomento su un disturbo che, diagnosticato da solo, non rappresenta una disabilità, pertanto potrebbe risultare non di pura competenza dell’insegnante di sostegno. Tuttavia, ci tengo a ricordare come l’insegnante di sostegno rappresenti un docente specializzato non solo per supportare i ragazzi con disabilità, ma per accompagnare l’intera classe verso un percorso di crescita finalizzato al raggiungimento del successo didattico di ogni singolo alunno. Pertanto, ritengo che avendo forti ripercussioni sull’equilibrio dell’intera 33\ classe, questo disturbo del comportamento possa creare un importante ostacolo sia per lo svolgimento delle normali attività didattiche, ma anche per l’instaurarsi di un sereno e accogliente clima di lavoro in classe. Dato quindi che l’insegnante di sostegno rimane la figura maggiormente presente in classe come ripartizione oraria ed essendo compresente con i vari docenti disciplinari è colui che può avere una maggiore visione della situazione e può fare quindi da mediatore tra le figure autorevoli degli insegnanti e gli studenti, soprattutto con Andrea consigliando e supportando i vari docenti nella scelta delle attività e delle strategie più efficaci da utilizzare in questi casi. La figura di docente specializzato sul sostegno è essenziale, inoltre, per ricoprire il ruolo di responsabile dell’inclusione in ogni istituto scolastico e supporta e raccorda tutti i docenti affinché la scuola sia un ambiente inclusivo per tutti gli studenti. A tal proposito, anche in questo caso, rappresenterà il referente che verrà interpellato dal docente qualora si abbiano delle situazioni classe difficilmente gestibili, come nel caso di un ragazzo con disturbo del comportamento. Pertanto, la conoscenza delle giuste misure da attuare in questi casi, si rivelerebbe di fondamentale importanza per guidare i docenti verso un piano di azione volta a migliorare il clima classe. 34\ BIBLIOGRAFIA Ackerman, B. P., Kogos, J., Youngstrom, E., Schoff, K., & Izard, C. (1999). Family instability and the problem behaviors of children from economically disadvantaged families. Developmental Psychology, 35(1), 258–268. https://doi.org/10.1037/0012-1649.35.1.258 Aguilar B, Sroufe LA, Egeland B, Carlson E. (2000). Distinguishing the early- onset/persistent and adolescence-onset antisocial behavior types: from birth to 16 years. Dev Psychopathol. 12(2):109-32. doi: 10.1017/s0954579400002017. Barkley, R. A. (1998). (2nd ed.). Guilford Press. Barkley, R. A. (Ed.). (2015). (4th ed.). The Guilford Press. Bloomquist, M. L., & Schnell, S. V. (2002). Helping children with aggression and conduct problems: Best practices for intervention. New York, NY: GuilfordPress. Brandani F & Rizzardi M. (2005). Circle time. Il gruppo nella pratica educativa. Editografica. Danforth, J. S. (2016). A flow chart of behavior management strategies for families of children with co-occurring attention-deficit hyperactivity disorder and conduct problem behavior. Behavior Analysis in Practice, 9(1), 64–76. https://doi.org/10.1007/s40617-016-0103-6 D'Zurilla, T. J., & Goldfried, M. R. (1971). Problem solving and behavior modification. Journal of Abnormal Psychology, 78(1), 107–126. https://doi.org/10.1037/h0031360 Eyberg, S. M., Nelson, M. M., & Boggs, S. R. (2008). Evidence-based psychosocial treatments for children and adolescents with disruptive behavior. 35\ Matthys, W., & Schutter, D. J. L. G. (2021). Increasing effectiveness of cognitive behavioral therapy for conduct problems in children and adolescents: What can we learn from neuroimaging studies? Clinical Child and Family Psychology Review, 24(3), 484–499. https://doi.org/10.1007/s10567-021- 00346-4 McBurnett K, Lahey BB, Rathouz PJ, Loeber R. (2000). Low salivary cortisol and persistent aggression in boys referred for disruptive behavior. Arch Gen Psychiatry 57(1):38-43. doi: 10.1001/archpsyc.57.1.38. Patterson, G. R., DeBaryshe, B. D., & Ramsey, E. (1989). A developmental perspective on antisocial behavior. American Psychologist, 44(2), 329–335. https://doi.org/10.1037/0003-066X.44.2.329 Raine, A., Reynolds, C., Venables, P.H., Mednick, S.A. (1997). Biosocial Bases of Aggressive Behavior in Childhood. In: Raine, A., Brennan, P.A., Farrington, D.P., Mednick, S.A. (eds) Biosocial Bases of Violence. Nato ASI Series, vol 292. Springer, Boston, MA. https://doi.org/10.1007/978-1-4757- 4648-8_7 Reyno, S. M., & McGrath, P. J. (2006). Predictors of parent training efficacy for child externalizing behavior problem--a meta-analytic review. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 47(1), 99–111. https://doi.org/10.1111/j.1469-7610.2005.01544.x Riley, E. N., Rukavina, M., & Smith, G. T. (2016). The reciprocal predictive relationship between high-risk personality and drinking: An 8-wave longitudinal study in early adolescents. Journal of Abnormal Psychology, 125(6), 798–804. https://doi.org/10.1037/abn0000189 Séguin, J., Boulerice, B., Harden, P., Tremblay, R., & Pihl, R. (1999). Executive Functions and Physical Aggression after Controlling for Attention Deficit Hyperactivity Disorder, General Memory, and IQ. The Journal of Child Psychology and Psychiatry and Allied Disciplines, 40(8), 1197-1208. doi:10.1111/1469-7610.00536 38\ Shields A, Ryan RM, Cicchetti D. (2001) Narrative representations of caregivers and emotion dysregulation as predictors of maltreated children's rejection by peers Developmental Psychology, 37(3):321-37. https://doi.org/10.1037//0012-1649.37.3.321 Topping, K.J. The effectiveness of peer tutoring in further and higher education: A typology and review of the literature. High Educ 32, 321–345 (1996). https://doi.org/10.1007/BF00138870 Webster-Stratton, C., & Taylor, T. (2001). Nipping early risk factors in the bud: Preventing substance abuse, delinquency, and violence in adolescence through interventions targeted at young children (0 to 8 Years). Prevention Science, 2(3), 165–192. https://doi.org/10.1023/A:1011510923900 Whitt, P. B. & Danforth, S. (2010). Reclaiming the power of address: New metaphors and narrative for challenging behaviors. In L. J. Graham (Ed). (De)Constructing ADHD: Critical guidance for teachers and teacher educators (pp. 143–164). New York: Peter 39\