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Documento completo di Didattica e Legislazione scolastica "Concorso docenti 2023/2024., Appunti di Didattica generale e speciale

Propongo appunti di didattica e legislazione scolastica stilati a seguito della partecipazione ad un corso di preparazione per il concorso straordinario ter 2023/2024

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 15/01/2024

martinab11e
martinab11e 🇮🇹

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Scarica Documento completo di Didattica e Legislazione scolastica "Concorso docenti 2023/2024. e più Appunti in PDF di Didattica generale e speciale solo su Docsity! DIDATTICA+Legislazione scolastica: LE RICERCHE CHE PORTERANNO ALL’UDA La scuola, nel porre al centro l’azione educativa dello studente, promuove diverse azioni sia prioritarie che secondarie. Tra le azioni primarie troviamo: l’accoglienza di alunni e famiglia, la valorizzazione delle potenzialità individuali, la realizzazione della persona sul piano individuale e sociale. TRA I MODELLI DIDATTICI PRINCIPALI: 1. CONTEXT ORIENTED Attenzione agli ambienti di apprendimento viene data importanza ai bisogni educativi e specifici del territorio, della famiglia, dell’ambiente sociale. 2. MODELLO PROCESS-ORIENTED Attenzione rivolta ai processi di apprendimento dello studente, al come orientare, far conoscere, comprendere. 3. MODELLO PRODUCT-ORIENTED Attenzione verso gli esiti dell’apprendimento- ai contenuti, al cosa insegniamo, trasmissione contenuti disciplinari. PRODUCT-ORIENTED si concentra maggiormente sugli esiti dell’apprendimento, discipline, formazioni di abilità, metodologie per interpretare, comportamentismo (Skinner) stimolo-risposta, quindi una didattica per obiettivi di apprendimento valutabili, didattica per concetti e competenze, valutazione sommativa. MODELLO PROCESS-ORIENTED è centrale lo studente in formazione, si focalizza sui processi di apprendimento, centralità su COME si insegna piuttosto che sul cosa, LEARN TO LEARN imparare ad imparare Dewey, interscambio fra ambiente sociale e processi educativi, la scuola laboratorio di Dewey, didattica su Misura (Montessori), didattiche non direttive (Rogers), didattiche cooperative (Don Milani/Freinent), valutazione formativa, giuda ATUO-REGOLATIVA, vi è libertà dell’AGIRE DIDATTICO. MODELLO CONTEXT-ORIENTED sono centrali i contesti e gli ambienti di apprendimento. Constructive, Self-Rregulated, Situted and Collaborative. Lo studente parte attiva del processo-compito autentico, la conoscenza si costruisce nei contesti. Valutazione: contestuale e individualizzata, modello di riferimento: la Comunità di Pratica. [PTOFPIANO TRIENNALE DELL’OFFERTA EDUCATIVA, una sorta di carta d’identità della Scuola, viene elaborato da ogni singolo istituto. Deve rispettare gli obiettivi generali ed educativi nazionali come previsto dalla legge 107/2015 della Buona Scuola, che ha assegnato maggior autonomie alle scuole, ma anche di rilevare i bisogni del territorio. Quindi, la scuola redigendo questo documento deve tener conto dei bisogni formativi del territorio, della famiglia e degli studenti. Pertanto, riflette le esigenze del contesto culturale in cui opera la scuola ed indica gli obiettivi che si impegna a perseguire per tutti gli alunni. Tra le informazioni presenti nel PTOF: situazione di partenza, metodi di valutazione, descrizione dell’istituto, regolamento d’istituto, bisogni formativi, programmi previsti per le singole classi, emergenza e sicurezza (primo soccorso, simulazione incendio etc.) corsi di aggiornamento dedicati ai docenti e al personale ATA.] PTOF sostituisce il POF (istituito nel 1999 con la legge dell’8 marzo 1999, a seguito dell’autonomia scolastica legge 59 1997) come stabilito dalla legge del 2015. Prima del POF vi era il Piano Educativo d’Istituto. Il PTOF esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le scuole adottano nell’ambito della loro autonomia. Segue le indicazioni nazione per i diversi indirizzi di studi. (RIFLETTERE SUL NOME OFFERTA FORMATIVA= COSA OFFRE QUESTA SCUOLA?). Questo documento risponde alle richieste del territorio e alla piena attuazione dell’autonomia scolastica, la scuola mediante questo documento comunica con il territorio, include anche il PI Piano per l’inclusione scolastica. SCHEMA RIASSUNTIVO ELABORAZIONE IL DIRIGENTE DEFINISCE GLI INDIRIZZI PER LE ATTIVITà DELLA SCUOLA E DELLE SCELTE DI GESTIONE E DI AMMINISTRAZIONE; IL COLLEGIO DEI DOCENTI, SULLA BASE DI QUESTE INDICAZIONI, ELABORA IL PTOF; IL CONSIGLIO DI ISTITUTO APPROVA O MENO IL PTOF. Il PTOF contiene materie e corsi offerti, obiettivi di apprendimento in una particola disciplina o in rapporto al Profilo dello studente, orario scolastico, laboratorio, attività progettate. Il PTOF deve rispettare gli obiettivi generali ed educativi nazionali come sancito dalle legge Buona Scuola (o anche detta Legge Quadro Scuola) n.107/2015 questa legge ha dato piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche modificando il POF (nato del 1999) a PTOF che deve essere approvato dal Consiglio d’Istituto entro il mese di ottobre, può essere poi, rivisto ogni anno ma sempre entro il mese di ottobre. IL PTOF contiene i documenti strategici di valutazione della scuola: PDM PIANO DI MIGLIORAMENTO Dominio psicomotorio (classificazione di Harrow collaboratore di Bloom): 1. Movimenti riflessi- risposte ad uno stimolo senza volontà cosciente; 2. Movimenti fondamentali di base- strutture motorie innate; 3. Abilità percettive-interpretazione degli stimoli e adattamento all’ambiente; 4. Qualità fisiche- caratteristiche funzionali organiche; 5. Movimenti di padronanza e competenza 6. Comunicazione non-verbale La tassonomia di Bloom essendo molto rigida verrà molto critica, ad esempio da Mario Castoldi, il quale afferma che i processi di apprendimento sono molto più dinamici e complessi non possono essere ridotti ad un rigido schema di sei livelli. Mastery learning Bloom e Bruner negli anni 60 teorizzano e pensano una scuola che cerca di adattarsi, calibrare il SAPERE alle REALI POSSIBILITÀ degli studenti. Il docente deve calibrare l’azione didattica sulle reali capacità dello studente. Al centro della rivoluzione della scuola di Bruner e Bloom vi è il concetto di MASTERY LEARNING, elaborato soprattutto da B. Bloom (APPRENDIMENTO PER PADRONANZA, PER POSSIBILITÀ CONCRETE DI PADRONANZA DA PARTE DELLO STUDENTE), anche definito come apprendimento per pillole, una didattica che permette di adeguare le conoscenze che si vogliono trasmettere alle specificità dell’alunno. Quindi, si propone di calibrare ciò che si insegna o si vuole insegnare ai reali bisogni dello studente, alle sue capacità e possibilità di apprendimento. MASTERY LEARNING rendere lo studente padrone -master- del sapere e della conoscenza, spesso questo metodo è definito APPROCCIO PER PADRONANZA obbiettivo primaria è quello di permettere a tutti gli studenti, ognuno con i suoi tempi, di padroneggiare conoscenze e competenze prefissate in classe. Benjamin S. Bloom per l’elaborazione del “mastery Learning” parte dalla considerazione che ogni studente può raggiungere un alto livello di apprendimento se vengono create le condizioni adatti al suo bisogno di apprendimento. Per fare ciò il Mastery prevede uno “spezzamento” della comunicazione didattica che viene effettuata in piccole pillole, per tale ragione viene definito anche a pillole o step, ovvero è una didattica per concetti che prevede la loro scomposizione da difficili a facili. Quindi, l’attività didattica si organizza per unità o blocchi, oggi chiamate UDA Unità di apprendimento. Unità didattiche e blocchi sono a loro volta definiti da traguardi o obiettivi da raggiungere, dai contenuti, strumenti, mezzi e tutte le risorse didattiche necessari per raggiungerli, ma non solo queste unità e blocchi devono prevedere anche le modalità di verifica, i propri prerequisiti in ingresso e il loro eventuale consolidamento. Il Mastery Learning rimane uno dei principali modelli per l’operatività didattica, con un’attenzione specifica ai ritmi e modi personali di apprendimento degli alunni. È una metodologia didattica attiva serve per stimolare, motivare il discente all’apprendimento. Il docente infine ha modo di effettuare una VALUTAZIONE FORMATIVA, non il voto, ma verificare se lo studente ha raggiunto una “PADRONANZA (DEI CONCETTI E DEI SAPERE) cognitiva, ma anche di interesse, motivazione e passione per la materia appresa. NB.  LE FASI METODOLOGICHE DEL MASTERY LEARNING SONO ALLA BASE DELLA PROGRAMMAZIONE DELLE UDA, in parte ne seguono la logica: 1. Bisogna divere la materia in unità didattiche; 2. Prevedere il tempo di apprendimento delle unità stabilite 3. Descrivere e determinare gli obiettivi cognitivi e di apprendimento che si intende far acquisire allo studente, 4. Determinare i materiali didattici e supporti fisici (non solo libri, ma anche immagini, video etc.) che contengono i contenuti informativi che si vogliono far apprendere. 5. Valutazione formativa o anche detta valutazione in itinere primo controllo delle competenze acquisite dopo lo svolgimento di una parte dell’unità didattica. 6. Previsto una fase di attività di recupero con itinerari alternativi per gli alunni che non hanno superato la valutazione formativa o in itinere. 7. Valutazione finale o sommativa ROBERT FRANK MAGER scrisse Preparing Instruction Objectives sostiene che l’obiettivo dell’apprendimento è la DESCRIZIONE DI UNA PERFORMANCE che gli studenti devono essere in grado di mostrare al fine di essere considerati competenti. (Quindi Robert Frank Manger “dice agli insegnanti calcolate cosa volete ottenere con la didattica). Il framework Criterion Referenced Instruction (CRI) sviluppato da Robert Mager è un insieme completo di metodi per la progettazione e l'erogazione di programmi di formazione. Alcuni degli aspetti critici includono: (1) analisi degli obiettivi/compiti – per identificare ciò che è necessario apprendere, (2) obiettivi di prestazione – specificazione esatta dei risultati da ottenere e come devono essere valutati (il criterio), ( 3) test basati su criteri: valutazione dell'apprendimento in termini di conoscenze/competenze specificate negli obiettivi (pensa a schede e strumenti per verificare l’apprendimento del discente), (4) sviluppo di moduli di apprendimento legati a obiettivi specifici. Riassumendo Per progettazione di un corso di formazione vanno definiti: 1. GLI OBIETTIVI GENERALI E DIDATTICI le competenze che il discente dovrà sviluppare 2. Performance specificare i risultati da conseguire in base ai criteri stabiliti 3. Valutazione valutare gli apprendimenti in termini di conoscenza- competenze. Lo studente attraverso gli strumenti di verifica strutturati, sarà in grado di verificare il proprio livello di apprendimento. L’obiettivo si identifica con un COMPORTAMENTO OSSERVABILE e MISURABILE, deve possedere, secondo Mager, tre caratteristiche: - Condizione l’insieme delle circostanze entro le quali si realizzerà es. l’ambiente di apprendimento - PERFORMANCE cosa lo studente impara e sa ridare indietro - Criterio di valutazione affinché l’obiettivo possa considerarsi raggiunto l’alunno dovrà eseguire la performance (es, risposte esatte, capacità di sviluppo del tema e precisione). Per Merger, il quale può essere considerato come uno scienziato della logica del comportamento, i risultati didattici devono essere osservabili e misurabili oggettivamente rispetto agli obiettivi prefissati. Ad esempio, egli consiglia ai docenti come somministrare un compito: esplicitarlo secondo una forma narrativa, usare la seconda persona singolare, evitare il ricorso a verbi generici come: conoscere, imparare, parlami etc. Questo approccio di Mager è tipico dei modelli di apprendimento SEQUENZIALI come le UdA, è di tipo “istruzionale”. Il docente dà delle istruzioni, indicazioni al discente e poi controlla come queste sono state eseguite e di conseguenza valuta il raggiungimento dell’obiettivo. Quindi, vi è particolare attenzione al materiale TYLER individua 4 principi, ritenuti fondamenti di ogni azione di progettazione per sviluppare qualsiasi curricolo scolastico, oggi li ritroviamo nel P.T.O.F.: - Deve riportare FINALITÀ EDUCATIVE che la scuola dovrebbe cercare di raggiungere; - Indicare ESPERIENZE EDUCATIVE utili a raggiungere tali obiettivi; - ORGANIZZAZIONE DELLA DIDATTICA - VERIFICARE che gli obiettivi siano stati raggiunti e VALUTARE (valutare il processo e ridefinire le aree che non sono risultate efficaci). Per Tyler il curriculum è la relazione diretta tra gli apprendimenti attesi e quelli realmente appresi dagli studenti. Dal momento che il curriculum è realizzato in classe, il docente diviene un osservatore, determinando se le sue ipotesi sono confermate o meno dal comportamento degli studenti. Se così non fosse, avrebbe la possibilità di fare i cambiamenti adeguati ad assicurare il risultato nella classe. COMPONENT DISPLAY THEORY di David Merrill o TEORIA DELLO SVILUPPO- VISUALIZZAZIONE riflette sul come presentare i contenuti della didattica, classifica gli apprendimenti attraverso due dimensioni: contenuti didattici (fatti, concetti, procedure, principi) e performance (processi di memorizzazione, uso degli stessi e generalizzazioni concettuali. La CDT è relativa al micro-learning lo studente si focalizza su un singolo obiettivo per volta, mentre l’Elaboration Theory agisce sul sistema macro dell’istruzione. Obiettivo della C.D.T. è creare la migliore combinazione di strategie atte all’apprendimento di contenuti, al fine di determinare cosa poi in termini di risultato lo studente ricorda, usa, impara (dimensione della performance). HOWARD NICHOLLS CURRICULO APERTO O CIRCOLARE Sulla strada di William Heard Kilpatrick, il METODO DEI PROGETTI, Howard Nicholls nel 1975 propone un modello di curriculum che definisce circolare ed aperto alla complessità, il curricolo, che egli definisce lo spazio per correre. Nel curricolo proposto da Nicholls l’azione educativa è suddivisa in fasi controllabili e temporalizzate, gli elementi che lo costituiranno sono scelti dal docente ma sono discussi anche con il discente per meglio analizzare l’ambiente di vita e motivare la loro stessa azione, consentono la migliore scelte di obbiettivi e metodi. Il modello è sistemico: si modifica un aspetto si cambia tutto. L’alunno, cosciente della propria insufficienza, può scegliere di correggersi e relazionarsi al gruppo, il giudizio è sempre rinnovabile, senza il muro della svalutazione e del voto. PHILIPPE MEIRIEU sottolinea il ruolo della MOTIVAZIONE nella costruzione della progettazione didattica e di Unità di Apprendimento. M. pone particolare attenzione agli studenti in “scacco” e in “difficoltà”. Mentre quest’ultimo necessita di cambiamenti nel METODO e di NUOVE strategie di apprendimento, lo studente in sacco deve ritrovare il senso dell’apprendimento bisogna agire sulla MOTIVAZIONE. La sua proposta si basa sull’unione di didattica e disciplina EDU- DIDATTICA. Professore emerito di Scienze dell’Educazione all’Università di Lumière Lyon, P. Meirieu appartiene alla scuola francese della pedagogia attiva ed è influenzato dai principali esponenti dell’Educazione Nuova da: Parkhurst a Kilpatrick, Korczak a Makarenko. Scrisse l’opera Quale educazione per salvare la democrazia? Dalla libertà di pensare alla costruzione di un mondo comune. Per P. Meirieu per progettare l’esperienza didattica bisogna sempre partire dai bisogni dello studente, dai suoi progetti personali e dal suo stile di apprendimento (es. se preferisce un approccio verbale o scritto, una strategia visiva o uditiva, se preferisce imparare per similitudini o per analisi ecc). Importante è anche la valutazione, i criteri di valutazione devono essere condivisi e costruiti insieme agli studenti, il docente propone agli studenti consigli pratici, ad esempio realizzare schede o preparazioni dei cartelloni. In tal modo, si possono individuare i punti deboli su cui doversi concentrare. BISOGNI DEGLI STUDENTI La scuola è chiamata a soddisfare tre tipo di bisogni degli studenti: - Bisogni di formazione; - Bisogni di educazione; - Bisogni di istruzione; Lo Stato indica gli obbiettivi di istruzione, educazione e i bisogni formativi a cui il sistema nazionale scolastico deve provvedere. La scuola poi, deve relazionare quanto dettato dallo Stato alle date esigenze del territorio e dei soggetti che vi abitano (non soltanto studenti). Il territorio dov’è presente la scuola, vede coinvolti enti, comunità, aziende, comuni, soggetti privati e pubblici. Tutto questo si chiama contesto extra-scolastico. Il docente ricordiamo può essere chiamato ad interventi socio-educativi direttamente nei contesti (ospedali, carceri, etc.), associazioni di volontariato o altro (corsi serali, italiano per stranieri, etc.) Quindi, il docente è chiamato lì dove c’è bisogno di apprendimento. Le scuole (infanzia-primaria-secondo I grado) attenendosi alle indicazioni nazionali per il curriculum 2012, Le indicazioni Nazionali per il curriculum per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione del 2012, sono chiamate a fare una valutazione dei bisogni educativi, da queste analisi le scuole poi realizzano il PTOF. Ossia, ogni scuola predispone il curricolo nel rispetto dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, degli obbiettivi di apprendimento posti dalle indicazioni. Per la scuola secondari di II grado, i bisogni nazionali vengono individuati dal Ministero e richiesti per le scuole superiori tramite le Linee guide per i Licei, e le Linee Guide per gli Istituti professionali. L’analisi dei bisogni formativi ed educativi anticipa l’individuazione e organizzazione dell’ambiente di apprendimento, la strutturazione dell’azione didattica, il contesto. [N.b quando si parla di ambiente non parliamo semplicemente dell’aula ma del contesto dove avviene l’apprendimento ed è preparato intenzionalmente dalla programmazione didattica della scuola (sono presenti nel PTOF della scuola).] Riassumendo la sequenza è individuazione dei bisogni formativi ed educativi degli studenti, elaborazione dei dati, risposte della scuola a tali tipi di bisogno, al contempo i dati elaborati devono relazionarsi con le Indicazioni nazionali per la scuola del primo ciclo di istruzione e le Linee Guida quindi da un lato abbiamo gli studenti in termini di esperienze significative sul piano cognitivo, affettivo/emotivo, interpersonale/sociale, dall’altro lo Stato ed i suoi obbiettivi. Il bisogno didattico viene individuato in 5 fasi consecutive ed organizzate: 1. Analisi dei fabbisogni formativi-educativi del territorio e della scuola. Anche alla luce della necessità di potenziare l’offerta didattica nel PTOF della scuola 2. PROGETTAZIONE del piano formativo, in relazione alla specificità del contesto, definendo le finalità e gli obbiettivi 3. PIANIFICAZIONE degli interventi formativi (definizione dei contenuti specifici dell’apprendimento, scelta dei docenti e delle metodologie e degli strumenti didattici, considerando i fattori logistici ed organizzativi); 4. ATTUAZIONE degli interventi formativi (attuazione di quanto progettato); 5. VALUTAZIONE rispetto agli obbiettivi educativi prefissati dei risultati ottenuti; Un altro principio importante è quello dell’ACCOMANDAMENTO RAGIONEVOLE, secondo questo è il “contesto”, inteso come ambiente, procedure, strumenti - Bruno D’amore in La didattica e le difficoltà in matematica definisce l’ostacolo come qualcosa che si frappone tra insegnante-allievo. Gli OSTACOLI ALL’APPRENDIMENTO possono avere diversa natura: DSA (Disturbi speciali dell’apprendimento) DVA (Diversamente Abili) che hanno origine nell’allievo, ma possono anche avere una natura didattica della matematica o altro, di contenuti epistemologici (che deriva da elementi interni alla disciplina, argomento troppo difficile per lo studente). Quindi, gli ostacoli possono essere di natura: ontogenetica (legati alle difficoltà degli studenti alla loro disabilità) - natura didattica- epistemologica (problemi di saperi). Il docente deve conoscere gli ostacoli epistemologici della sua disciplina, le difficoltà che possono incontrare gli studenti nell’approccio a certi concetti, a principi di matematica ad esempio. Gli ostacoli di natura ontogenetica sono legati alla maturazione psichica dell’individuo o alla sua maturazione cognitiva, la quale dipende per lo più dalla sua età cronologica. Gli ostacoli di natura didattica riguardano scelte sbagliate del docente che ha sbagliato metodologia di insegnamento oppure aver scelto argomenti troppo difficili per gli studenti. SFONDO EDUCATIVO L’azione didattica è influenzata dal contesto in cui viene svolta. SFONDO ENTEGRATORE il modello didattico dello sfondo integratore è una strategia di apprendimento di tipo costruttivo, è anche uno strumento di mediazione tra studente, ambiente, scuola e di connessione narrativa tra i saperi, ma anche un contenitore affettivo ed una struttura di connessione istituzionale. Il contesto viene preparato dal docente e dovrà essere idoneo a far interagire tutti i processi di apprendimento che il docente prevede di attivare. INFLUENZA SOCIALE A. M. Deutsch e H.B Gerard hanno formulato la teoria della DOPPIA DIPENDENZA, legata all’influenza sociale sull’individuo, ossia l’influenza che il gruppo esercita sui singoli. Influenza informativa si sviluppa a livello cognitivo in situazioni ambigue, il soggetto assume il comportamento degli altri come fonte di informazioni e si adegua a tale comportamento, questo adattamento e perlopiù inconsapevole, terminata la situazione ambigua, il soggetto continua a credere in ciò. Influenza sociale normativa si sviluppa socialmente il soggetto, al fine di venire accettato e apprezzato dal gruppo, assume i comportamenti e adegua le proprie opinioni in base a quelle delle persone che lo circondano. Ha come obiettivo l’approvazione sociale, sentirsi apprezzati, piacere agli altri, tuttavia, il soggetto non crede pienamente nelle scelte, idee e comportamenti che ha assunto. TOMKINS ideatore della TEORIA DEGLI AFFETTI, ha individuato diversi stili genitoriali: 1. Genitore emotivamente equilibrato; 2. Genitore di tipo intrusivo: che si intromette nella vita emotive del figlio; 3. Genitore invadente/oppressivo, che monopolizza la vita del figlio; 4. Genitore che si mette in competizione con il figlio; TEORIA DEGLI AFFETTI Tomkins ha proposto una lista di otto emozioni primarie che egli ritiene innati: interesse, sorpresa, gioia, angoscia, paura, vergogna, disgusto e rabbia. (Questi emozioni primarie, sono identificali, istintuali, basic ed hanno un significato ADATTIVO nella lotta per la sopravvivenza individuale). Da questo otto emozioni fondamentali o primarie derivano una serie di AFFETTI. AFFETTI POSITIVI interesse, gioia, sorpresa. AFFETTI NEGATVI angoscia, paura, vergogna, disgusto, rabbia. Queste emozioni sono risposte strutturate innate a certi tipi di stimoli. Egli ha anche analizzato gli AMBIENTI EMOTIVI GENITORIALI, dove sono i genitori a costruire emozioni a favore dei figli. La relazione genitore figli (come vedi sopra) può essere: monopolistico, intrusivo, emozione competitiva, genitori emotivamente sani ed equilibrati. Come Tomkins, anche Robert Plutchik individua una lista di otto emozioni primarie o prototipiche da cui poi, si svilupperebbero le altre gioia, fiducia, paura, tristezza, disgusto, rabbia, aspettativa. Queste emozioni possono combinarsi, ad esempio egli ha elaborato la cosiddetta ruota o rosa emotiva formata dall’unione delle otto emozioni di base che danno origine ad otto emozioni avanzate (amore, sottomissione, timore, disapprovazione, rimorso, disprezzo, aggressività e ottimismo), ciascuna composta da due emozioni di base. Ad esempio: terrore (basic) si può evolvere in paura che a sua volta può sfociare in apprensione. Possiamo considerare queste emozioni evolute (amore, ottimismo, sottomissione ecc.) a livello sociale. Daiana Bumrind negli anni 60 individua tre stili genitoriali: - Genitoriale autoritario stabilisce regole che non possono essere messe in discussione. Il figlio tende ad essere sgarbato e socialmente incompetente. Applica una rigida disciplina. - Genitori permessivi lasciano molta iniziativa al bambino, hanno poche richieste per i loro figli. (Appartiene a questo stile, anche se non è stato elaborato da Daiana lo stile genitoriale NEGLIGENTE il genitore non partecipa e non esercita alcun controllo sul bambino, è indifferente, assente nella vita del figlio) - Genitori autorevole guidano senza essere pesanti, spiegano, comunicano non utilizzano punizioni ma il ragionamento, sostengono e incoraggiano le scelte del figlio. KURT LWIN (autore probabile) si occupò dello studio dei gruppi sociali ed elaborò la teoria della leadership comportamentale a partire dal presupposto che “leader non si nasce, ma si diventa”. Anche il docente in classe può adottare diversi stili di leadership comportamentale: - Stile autocratico un docente autoritario, decide tutto da solo, fa rispettare ciò che decide, non fornisce supporto o aiuto al gruppo, non spiega i criteri di valutazione. - Stile Laissez-faire lascia fare alla classe, si disinteressa del gruppo: passivo, non interviene né da giudizi, lascia libertà al gruppo. - Stile Democratico della conduzione della classe e nel gruppo classe il docente aiuta il gruppo a sviluppare un proprio progetto, è caratterizzato da JACOB KOUNIN dà consigli sulla gestione della classe. Affinché la classe funzioni, il docente deve creare la situazione ideale per l’apprendimento: deve motivare gli studenti ad apprendere e cercare di soddisfare i loro bisogni individuali inclusi i bisogni degli studenti che manifestano problemi cronici di personalità e comportamento. In questo caso il docente non deve essere autoritario ma esercitare una funzione informativa, comprendere i problemi della classe e dell’alunno. Jacob parla di offrire (da docente) il proprio RAMMATICO e saper utilizzare l’effetto onda l’azione del docente si propaga da un singolo alunno al resto della classe. L’insegnante anche di fronte ad un ragazzo “complicato”, o di insuccesso complicato deve sempre mantenere una comunicazione con lo studente, deve dimostrare una considerazione positiva incondizionata, deve trasmettere l’idea allo studente che egli nonostante tutto ha fiducia in lui e nel suo miglioramento. Deve far capire che il voto non è una punizione ma è soltanto uno strumento per invogliarlo a fare di più, proprio perché ha le capacità di poterlo fare. Consigli per il docente: EFFETTO ONDA riprendere l’allievo con un comportamento inadeguato per il clima classe difronte a tutti i suoi compagni, in questo modo anche gli altri potranno apprendere e comprendere il comportamento che bisogna assumere. PRESENZA EFFICACE IN CLASSE far comunicare ai ragazzi la loro presenza, la loro capacità di intervenire in ogni situazione. SLANCIO E SCORREVOLEZZA energia ed entusiasmo nel presentare un’attività. DIDATTICA DIFFERENZIATA variare la proposta didattica nell’arco della giornata o del periodo formativo. COMUNICARE RAMMARICO il docente deve mostrare il proprio rammarico per una prova andata male, es. (il docente: sono deluso, potevi fare di più pronunciando queste parole il brutto voto viene comunicato in maniera diversa, se il docente presentasse semplicemente il compito e il voto negativo esprime freddezza, indifferenza). GESTIONE DELLA CLASSE ossia creare un ambiente di apprendimento corretto, stimolante. Sin dai movimenti del corpo, contatto oculare, come si gesticola, le regole che si danno al gruppo classe, le espressioni facciali del docente traspaiono stati emotivi che possono influenzare il clima in classe. Per JERE BROPHY, psicologo, ambiti di apprendimento stimolanti si devono agli sforzi del docente che cerca di mantenere e ripristinare continuamente le condizioni che sviluppano l’apprendimento. Bisogna organizzare e pianificare la vita di classe: le lezioni devono essere chiare e facilmente comprensibili dagli allievi, gli strumenti didattici da usare devono essere di facile utilizzo da parte degli allievi in modo tale che possano essere spostati all’occorrenza in breve tempo, fondamentale è l’AUTOCONTROLLO PERSONALE che deve essere assunto come un pilastro fondamentale. LEE CANTER parla dei diritti degli insegnanti nel decidere le regole di vita di una classe: - Il diritto di pretendere il rispetto delle regole stabilite; - Il diritto di pretendere da parte degli studenti un comportamento maturo; - Il diritto di essere appoggiati da parte dei dirigenti scolastici nell’azione educativa; - Il diritto di avere il consenso e il sostegno da parte della famiglia; Egli ritiene che vi siano 3 tipologie di insegnamento: ostile, il non-assertivo, l’assertivo. Ostile il docente è indifferente, rigido, tratta gli alunni come se fossero degli avversari da sottomettere, il loro parere sembra non essere importante per il docente. FREDRIC JONES si concentra sul movimento del corpo del docente. APPRENDIMENTO DI TIPO COSTRUTTIVISTA: MALAGUZZI ambiente come terzo educatore La predisposizione di spazi, tempi e strumenti rappresenta quello che in ambito psicopedagogico viene detto setting dell’apprendimento. L’ambiente di apprendimento non è soltanto uno spazio, ma è costituto di tempi, regole, attori con diversi ruoli, apprendimento formale, risorse didattiche, etc. Nel passaggio dal paradigma dell’insegnamento all’apprendimento come circolare attività  cambia il modo di intendere la classe, il problema non è più COSA insegnare, ma a CHI INSEGNARE e COME. Già, Dewey con la pedagogia attiva inizia a concentrarsi sul contesto. Da Melaguzzi l’ambiente è definito come terzo educatore: gli studenti costruiscono nel contesto dell’ambiente di apprendimento la propria intelligenza. La scuola deve fornire loro le attività e il contesto adatta al processo. In un ambiente di tipo COSTRUTTIVISTA il docente dovrebbe facilitare l’uso degli STRUMENTI, stimolare gli alunni a usarli in modo corretto, essere flessibili per consentire agli alunni di fare le proprie esperienze che portano allo loro formazione. AMBIENTE DI APPRENDIMENTO VS. AULA Il concetto di AMBIENTE DI APPRENDIMENTO si sviluppa all’interno dell’approccio costruttivista imparare e costruire conoscenze in uno spazio dedicato in cui l’attenzione è risposta sul discente. Questi ambienti di tipo costruttivista sono anche detti learner centred o problem solving oriented perché rendono operativa la flessibilità cognitiva e l’apprendimento situato secondo il modello EAS (Episodi di Apprendimento Situato) di Rivotella. L’ambiente di apprendimento è aperto, attivo, dinamico, gli studenti hanno la possibilità di vivere una singolare esperienza di apprendimento; perché presenta risorse funzionali alle differenti situazioni reali in cui si svilupperà il processo formativo, determinato dai sistemi personali di conoscenza che caratterizzano ciascun allievo. TRASFORMAZIONE ODIERNA Oggi le tecniche di apprendimento e insegnamento devono mirare a sviluppare il pensiero critico e creativo, nuove tecniche che si legano ai nuovi strumenti didattici che verranno introdotti.  Next Generation Classroom  sperimentare nuove disposizioni spaziali della classe e nuove metodologie didattiche. L’ambiente di apprendimento ha una notevole influenza sull’apprendimento, i 7 principi dell’apprendimento OCSE: tra gli studenti sia nella dimensione individuale (cognitiva e affettiva) che sociale (l’ambiente familiare e il contesto socio-culturale) Bisogna pensare ciò che serve agli studenti, ciò che serve alla didattica ed alle sue strategie di apprendimento è una didattica contestualizzata. Lo studente viene guardato per ciò che è, viene valutata realisticamente la sua conoscenza e competenza. Importante. LA COMUNITÀ DI PRATICA Community of Learners C.O.L Community of Practice gruppi di apprendimento, luoghi di apprendimento vivo, dove i partecipanti condividono tecniche, storie, pratiche, linguaggi, azioni e valori definendo la loro identità individuale. Anche la scuola è intesa come una comunità educante. In queste comunità pratica si sviluppano anche le abilità sociali necessarie per lavorare insieme, rispettare i ruoli, si condividono le conoscenze interno alla figura di un mentore o maestro. Questa comunità esiste finché vi è l’interesse comune per la pratica. COMMUNITY OF LEARNERS situated learning gli studenti lavorano in gruppo con l’obiettivo di potenziale il loro pensiero critico. In questo contesto il docente può valutare l’efficacia dell’insegnamento-apprendimento e verificare se gli alunni necessitano di essere guidati, attraverso interventi mirati. Il ruolo del docente è di supporto, consulenza al praticante secondo il modello learning by doing, si trasmette una competenza come abilità. In queste comunità fondamentale è la collaborazione si condividono esperienze, si ha un aiuto reciproco nell’affrontare i problemi. In questa comunità, gli individui mirano a un apprendimento pratico/ apprendimento informale di tipo laboratoriale sotto la supervisione di un maestro ma finalizzate ad un’esperienza ed abilità pratica (scaffolding). COMMUNITY OF LEARNERS  gli studenti agiscono attivamente secondo il modello peer to peer apprendimento tra pari e collaborativo. Soprattutto Brown e Ligorio hanno proposto questo metodo che lascia i ragazzi liberi di apprendere, come soggetti attivi all’interno di una comunità-classe. ÈTIENNE WENGER e DONALD SCHON si sono occupati delle teorie dell’apprendimento applicate al settore della comunità di pratica. Le tre dimensioni della comunità pratica: - Campi tematici tema o progetto tematico comune - Comunità stare insieme, scambio di idee- un modello di cooperative learning - Pratica abilità condivise e messe all’opera dimensione delle competenze e del fare Nella comunità di pratica fondamentali sono: la Partecipazione, Negoziazione di significati, Reificazione. In queste comunità di apprende senza sapere di stare imparando, un ambiente di apprendimento informale. Esistono due modelli di conoscenza uno di tipo esplicito (il maestro insegna agli allievi, dice loro cosa e come fare-modello piccola lezione) ed un altro tipo tacito o implicito (il maestro continua a fare il suo lavoro o la sua attività come se non vi fossero allievi, i quali osservano ed imparano). Nonaka e Takeuchi suddivisero il processo della conoscenza in 4 fasi per cui da conoscenze tacite si passa via via a conoscenze esplicite, è un processo circolare: CIRCOLO DELLA CONOSCENZANELLE COMUNITÀ DI PRATICHE: - Socializzazione: condivisione della conoscenza tacita tra i membri della comunità, - Esteriorizzazione: tirare fuori la conoscenza implicita e metterla in maniera chiara a disposizione degli altri. - Combinazione: organizzazione della conoscenza diventata ormai esplicita; - Interiorizzazione: capire e interiorizzare la conoscenza incontrata nella comunità di pratica. Questo modello rappresenta la struttura del Knowledge Management conoscenza che deriva dall’interazione del gruppo. Nelle comunità di pratica si adotta il LEARNING BY DOING si apprende una competenza grazie al percorso. Queste comunità pratiche sono state studiate da ETIENNE WENGERil quale evidenza come le comunità di pratica condividono linguaggi, attività, storie, viene facilitata la meta-cognizione difronte ad un esito negativo o ostacolo gli alunni sono invogliati con l’aiuto dell’insegnante (se necessario) a tornare indietro, a ricostruire il percorso e individuare l’errore. Queste comunità lavorano per coppie dicotomiche aggregazione- disaggregazione-riaggregazione degli apprendenti in gruppi mobili ed eterogenei in cui lo studio, la ricerca, la creatività fanno da collante relazionale. Il ruolo del docente-tutor è quello di favorire l’interazione tra i diversi soggetti e membri della comunità di pratica. INDIRE ISTITUTO NAZIONE DI DOCUMENTAZIONE, INNOVAZIONE e RICERCA EDUCATIVAè da quasi anni il punto di riferimento della ricerca educativa in Italia. Nasce nel 1925, l’Istituto accompagna l’evoluzione del sistema scolastico italiano investendo in formazione e innovazione e sostenendo i processi di miglioramento della scuola. Sviluppa nuovi modelli didattici. Sperimenta l’uso di nuove tecnologie nei percorsi formativi. Forma docenti, personale amministrativo, tecnico, ausiliario e dirigenti scolastici, è stato protagonista di alcune delle più importanti esperienze di eLearning a livello europeo. Insieme all’invalsi e al corpo ispettivo del Ministero dell’Istruzione, Indire è parte del Sistema Nazionale di Valutazione in materia di istruzione e formazione. L’Istituto sviluppa azioni di sostegno ai processi di miglioramento della didattica. Attraverso monitoraggi quantitativi e qualitativi, banche dati e rapporti di ricerca, l’Indire osserva e documenta i fenomeni legati alle trasformazioni del curricolo nell’istruzione tecnica e professionale e ai temi scuola e lavoro. Gestisce anche ERASMUS +, supporta i seguenti progetti europei: eTwinning comunità di docenti per connetersi, collaborare e ocndividere idee in Europa, EPALE dedicata alla didattica per adulti, EURYDICE rete europea di informazione sull’istruzione e sistemi educativi in 37 Paesi e infine fa parte EUN- EUROPEAN SCHOOLNET, composto da 33 Ministeri dell’Educazione dei diversi Paesi europei ente che si occupa di promuovere un processo educativo che sia transnazionale. Conserva anche documenti dell’ambito storico-pedagogico che risalgono all’800-900. MODELLO TRIALOGICO supera la visione duale docente-alunno, tra i due collega il FARE COSE, sperimentare e usare tecnologie della comunicazione. Pone l’accento sul lavoro pratico. Questo modello trae spunto da modelli teorici del costruttivismo socioculturale e Teoria dell’Attività di Vygotskij e Leont’ev. Rientrano in questo modello le competenze di networking, gestione delle informazioni, lavoro di gruppo, pensiero critico, meta-riflessione, soluzione di problemi, negoziazione, produzione di conoscenza. L’approccio trialogico cerca di integrare processi individuali e sociali, artefatti concettuali e concreti quindi, cerca di integrare i modelli che si concentrano su uno o l’altro aspetto. Approccio trialogico proposto da Kai Hakkarainen e Saami Paavola dell’Università di Helsinki si inserisce nel filone socio costruttivista e pone l’accetto tra il soggetto che apprende e la comunità cui appartiene. Nella relazione tra individuo e comunità prendono vita processi di comunicazione, condivisione, negoziazione di significati, importante è anche la PRODUZIONE COLLABORATIVA DI “artefatti” gli studenti interagiscono con la comunità perseguendo un obiettivo: la produzione o modifica di un oggetto che può essere di molti tipi, ma è sempre qualcosa di vero. Questi oggetti possono essere: concreti (robot), concettuali (idee, piani, modelli), pratiche 1. APPRENDIMENTO FORMALE (certificato e strutturato) avviene in un contesto organizzato e strutturato (un’istituzione scolastica/formativa). 2. APPRENDIMENTO NON FORMALE (non esplicitamente attività di formazione e non certificato), apprendimento connesso ad attività pianificate ma non esplicitamente progettate come apprendimento (apprendimento che non sfocia in una certificazione, ad esempio, ciò che viene appreso in una giornata di approfondimento su un problema lavorativo). 3. APPRENDIMENTO INFORMALE (imparare facendo cose anche senza voler imparare- apprendimento latente) apprendimento dalle attività svolte nella quotidianità legate al lavoro, alla famiglia, al tempo libero, non è organizzato o strutturato e non conduce alla certificazione. Il soggetto apprendere anche senza voler apprendere. È un apprendimento che non si traduce direttamente in un apprendimento sistemico ma in mappe cognitive o schemi mentali che sono implicite nella mente del soggetto. Questi schemi mentali aiutano i soggetti ad orientarsi nel mondo circostante attraverso connessioni fra oggetti, significati, fatti e situazioni. Apprendimento scolastico finalizzato all’acquisizione di conoscenze secondo modalità organizzate, graduali e progressive che impegnano le capacità, competenze e abilità dell’allievo in modo efficace. Apprendimento sociale apprendimento per imitazione, l’uomo per natura tende ad imitare i modelli sociali e mediante l’osservazione e imitazione egli apprende. Apprendimento esperienziale nell’apprendimento esperienziale si trasmette l’esperienza appresa ma allo stesso tempo si impara anche da questa esperienza. PROGETTAZIONE DIDATTICA non viene fatta in astratta basandosi sull’alunno ideale, ma dai bisogni formativi degli alunni che si hanno davanti. L’obiettivo ultimo è imparare ad imparare. TRASPOSIZIONE DIDATTICA concetto attribuito a Yves Chevallard i saperi devono essere tradotti nella “lingua” dello studente, il concetto deve essere adatto dal docente affinché lo studente lo possa comprendere quindi può adottare tecniche di semplificazione e facilitazione, processo di micro-teaching mettere i saperi in sequenze progressive, di gestione graduale ed adatta dei tempi e dei modi della didattica. DIANA LAURILLARD DIDATTICA DELLE CONVERSAZIONE Conversational Framework si concentra sulla DISCUSSIONE, dà importanza alla relazione tra insegnante e studente conversano, decidono insieme gli obiettivi di apprendimento. L’insegnamento avviene attraverso quattro dimensioni tra loro dialoganti: 1. Rappresentazione dell’oggetto-concetto-sapere-abilità da parte del docente; 2. Rappresentazione dell’oggetto-concetto-sapere-abilità da parte dello studente; 3. Ambiente di apprendimento progettato dal docente; 4. Azioni specifiche dello studente (relativi ai compiti a lui assegnati dal docente); Laurillard classifica i media educativi in: narrativi, interattivi, comunicativi, adattivi, produttivi. Secondo L. nella progettazione didattica vi è: 1. Adattamento delle azioni del docente per lo studente e l’ambiente; 2. Interazione: l’ambiente deve essere costruito dal docente per lo studente tenendo in conto il compito che lo stesso dovrà svolgere; quindi, l’ambiente dovrà fornire un supporto allo studente durante lo svolgimento del compito assegnato; 3. Il docente deve focalizzarsi sia sulla performance dello studente sia sul proprio modo di insegnare. ROBERT SLAVIN STUDENT TEAM LEARNING DIDATTICHE COOPERATIVE Quando parliamo di Cooperative Learning parliamo di attività svolta in gruppo interdipendenza positiva tra i membri del gruppo di studio il gruppo è eterogeneo, formato da studenti di età e capacità diversa.  cooperazione vi è una divisione dei ruoli, ogni membro dà il proprio contribuito in base alle proprie competenze e inclinazioni su un progetto comune (es. power point). Per la formazione del gruppo in parte l’organizzazione è affidata agli stessi alunni. Ci sono diverse forme di cooperative learning come il co-learning che insieme al co- teaching mira a coinvolgere gli studenti attivamente su specifici temi (topics), permettendo di superare la classica passività delle lezioni tradizionali. ROBERT SLAVIN ha studiato motivazione intrinseca/estrinseca ed ha elaborato modelli didattici per aumentare la motivazione intrinseca. Il modello proposto è definito “STUDENT TEAM LEARNING”. Egli si è occupato di apprendimento cooperativo gruppi eterogenei che si basano sull’interdipendenza e cooperazione tra studenti competenti e altri con difficoltà. Nel gruppo ogni studente è responsabile di una parte del lavoro e se tutti lo svolgeranno il team riceverà dei premi, in questo modo si crea una concorrenza interna oltre che tra i diversi gruppi. Quindi, le tecniche/metodologie cooperative di Team Learning sfruttano premi, riconoscimenti individuali e di gruppo. Questo permette di diffondere la motivazione tra studenti bravi e meno bravi i quali studiano insieme. In questo modo non sono gli studenti più bravi hanno successo, ma anche quelli a rischio o demotivati che possono così sperimentare il piacere e la gratificazione del sentirsi competenti. Quindi, in tale metodo viene anche premiato il miglioramento individuale es. in un progetto, un ragazzo estroverso, poco incline allo stare sui libri, potrà presentare, esporre il progetto, ogni studente svolge ciò che è più incline a sé. Appartengono allo STUDENT TEAM LEARNING Student Teams Achievement Division (STAD), Teams Games Tournament (TGT) Gruppi-Giochi-Tornei; Team Assisted Indivisualisation (TAI); CIRC Cooperative Integrated Reading and Composition pensato per l’insegnamento della lettura e della scrittura. DAVID e ROGER JOHNSON LEARNING TOGETHER sono considerati i pionieri della tecnica del cooperati learning. In questa cooperative learning gli studenti diventano protagonisti del proprio curricolo, il docente ha la possibilità di cogliere differenze, promuovere potenzialità, riconoscere talenti, valorizza il lavoro di gruppo. Al termine dell’attività lo studente dispone di una tecnica di autovalutazione che gli consente di registrare punti di debolezza del suo percorso. Il lavoro può essere svolto a coppia o in gruppo, ciò favorisce anche l’inclusione. LEARNING TOGETHER l’attività si svolge in piccoli gruppi possibilmente eterogenei. Un altro tipo di L. Together prevede lo svolgimento di un’attività individuale all’interno del gruppo, questo metodo è detto INDIVIDUALISCO, infine vi è il metodo COMPETITIVO in cui le squadre competono tra loro. È importante che il docente sappia formare i gruppi, la costruzione della valutazione sarà di gruppo, non individuale. Secondo i fratelli Johnson l’apprendimento cooperativo promuove un’attitudine positiva dello studente, lavorare in gruppo può essere più stimolante, inclusivo rispetto alla classica lezione. INTERDIPENDENZA POSITIVA relazione con l’altro per raggiungere un obiettivo comune, stimolo e motivazione maggiore, RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE sa che dal suo lavoro dipende il successo del gruppo; quindi, lo studente non studia soltanto per ottenere il bel voto. Anche l’INDIRE ha parlato di questa metodologia didattica affermando che: permette di sviluppare i talenti individuali, fa della scuola anche un luogo di partecipazione civica e sociale, pone lo studente al centro del proprio percorso formativo, integrarsi di differenti modi di apprendere e studiare. LISTA NOMI TEORICI DEL COOPERATIVE LEARNING David e Robert Johnson, Elizabeth Cohen Complex Instruction mette in atto le strategie per affrontare le diseguaglianze quando si lavora con i grupp; Yael e Shlomo Sharan; Robert Slavin, Spencer Kagan. DIDATTICA COSTRUTTIVISTA Per i teorici del costruttivismo la conoscenza si costruisce in relazione con gli altri e nell’ambiente di apprendimento, inteso come luogo dove si apprende e dove la conoscenza è apprendimento situato. La didattica o con in parte fuori dalla scuola, sul campo. (progetto di campo proprio perché si svolge fuori dalla scuola, nel mondo reale e nella comunità). Può essere svolto sia individualmente che in gruppo, i risultati devono essere discussi poi con i professori per verificarne il ritorno in termini di apprendimento, validità e fattibilità. Questa modalità si ispira alla metodologia LEARNING BY DOING. Può essere considerata anche un project work anche il PCTO PERCORSI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE TRASVERSALI E PER L’ORIENTAMENTO (ex alternanza scuola-lavoro il docente coordina prima l’attività in classe e poi viene messo in pratica sul campo, quindi sviluppa l’apprendimento mediante compiti di realtà specifici, azoni didattiche mirate e concrete. Un altro obbiettivo dei progetti di campo è diffondere nei giovani la cultura d’impresa e lo sviluppo dello spirito imprenditoriale attraverso l’attivazione di esperienze pratiche di apprendimento SITUATED LEARNING Jean Lave e Etienne Wenger parlano di Comunità pratica, propongono un modello di apprendimento che possiamo definire “apprendimento situato” l’attività scolastica non deve essere slegata dalla realtà, dal contesto effettivo in cui lo studente si trova ad operare quindi, il situated learnig cerca di avvicinare scuola a situazioni concrete di apprendimento. Questa metodologia in europea viene riconosciuta come “Sviluppo di sapere e competenze e capacità personali, sociali e metodologiche in SITUAZIONE di lavoro o di studio”. Tale metodologia (Situated Leaning) viene fatta risalire a Kurt Hahn, precursore delle attuali esperienze di Expeditionary Learning Schools gli studenti invece di stare seduti in aula davanti a un libro, vengono mandati a scoprire la conoscenza fuori dall’aula, si chiede loro di formare un gruppo, esplorare e riportare in aula ciò che hanno appreso appunto vengono definite spedizioni di conoscenza (es. si possono visitare aziende, luoghi di cultura/vita sociale). Il situated learnig è simile all’Action Learning imparare attraverso l’esperienza concreta. Il situated learning propone dei compiti autentici, attività formative che abbiamo un’attinenza con la realtà sono compiti mirati alla soluzione dei problemi pratici. Il situated learning vuole superare il divario dentro-fuori scuola (es. l’uso di fattorie didattiche, PCTO) ad esempio una simulazione e situazione reale può essere visita ad azienda o spiegare la chimica in una cantina attraverso i processi che subisce il vino. Quindi, il situated learning ponendo lo studente -magari anche in attività di tirocinio e PCTO- nel mondo reale (professionale) permette di superare il divario tra contesti scolastici astratti e contesti reali del fare. DIDATTICA MISTA/ DIDATTICA BLENDED prevista anche dal PIANO SCUOLA ESTATE 2021 APPRENDIMENTO MISTO/ IBRIDO combina il metodo tradizionale in aula con attività mediata DDI (Didattica digitale integrata) o più in generale con attività e-learning. Una modalità mista può prevedere incontri in classe e sulle piattaforme digitali o l’utilizzo della tecnologia all’interno dell’aula, ad esempio, vi può essere l’interazione tra studenti a distanza in altre aule o in altri ambienti di apprendimento. Un progetto blended può prevedere: - Attività o lezioni affidati ad un docente o tutor (in aula, classe virtuale, video ecc.) - Attività di auto-apprendimento (CBT Computer Based Training- un esempio possono essere i corsi di lingua su CD interattivi) WBT (web-Based Traning Versione on-line del CBT, ossia i corsi che possono essere seguiti su internet) ma anche manuali e tesi digitali - Processi di apprendimento collaborativo nell’ambito di una learning community (basati sull’interazione sincrona, in presenza o distanza (chat, videoconference) o su strumenti di comunicazione asiconcra-forum, news- letter etc.) EAS (episodi di apprendimento situato) questa metodologia è stata sviluppata dal Prof. Cesare Rivoltella e poi ripresa dal prof. Elio Damiano. Secondo questa metodologia il docente organizza la cornice che favorisce un apprendimento situato e significativo che l’alunno svilupperà in autonomia. Egli parla di DIDATTICA SAGGIA la tecnologia può essere funzionale per l’apprendimento a scuola. L’UNITà DIDATTICA DI APPRENDIMENTO (UDA) con il metodo EAS si articola in tre fasi: - PREPARATORIA il docente presenta l’argomento in modo da suscitare la curiosità nel discente; possibile uso di una mappa concettuale, brainstorming, breve video o presentazione multimediale o Power Point - OPERATORIA la classe svolge una micro-attività individuale o di gruppo nelle quale produce un artefatto. L’insegnante fornisce strumenti tecnologici adatti per ottenere l’obiettivo didattico che si è proposto con l’azione - RISTRUTTURATIVA debriefing (valutazione) metacognitivo e metadidattico. Gli studenti e il docente riflettono su quanto emerso e su come si è operato. Possiamo affermare che l’EAS segue i presupposti dell’attivismo pedagogico ed al Mobile Learning e micro-learning, è da ricondurre al modello delle teorie dell’apprendimento di tipo post-costruttiviste. La metodologia EAS ha come riferimento principale “la scuola del fare” e l’attivismo pedagogico di Freinet, ulteriori riferimenti sono riscontrabili nella Montessori, Dewey, Bruner, Don Milani e Flipped Lesson. DIDATTICA LABORATORIALEApproccio in situazione metodologia di lavoro e di apprendimento vuole trasmettere il saper fare, per produrre competenze concrete e per farlo usa metodi come problem solving e l’esperimento concreto. Inoltre, la didattica laboratoriale aiuta lo sviluppo di abilità sociali che aiutano gli studenti a studiare ed apprendere insieme poiché insegna agli studenti a rispettare ruoli, apprezzare il lavoro di ogni componente del gruppo studio. La didattica laboratoriale lavora sulla e per la didattica delle competenze, viene messo in pratica ed eventualmente aggiustato ciò che è stato appresento teoricamente. Mira alla socializzazione, capacità trasversali, competenze di gestione emotiva, risoluzione di problemi cognitivi complessi. Quinid la didattica laboratoriale, alla base della didattica per competenze, intende tradurre in abilità pratiche le nozioni e sapere acquisite in via teoria. Si impara dal Learning by doing. La didattica laboratoriale non si deve necessariamente realizzare nell’aula denominata laboratorio ma può essere d. laboratoriale anche la visita in un’azienda, visita guidata, fattoria didattica etc, luoghi dove è possibile fare un’esperienza concreta di apprendimento. La D. laboratoriale cerca di congiungere saperi pratici e sapere teorici. N.B la scuola lavora su tre livelli: conoscenze (sapere teorici, astratti), abilità (saperi concreti, mettere in pratica le conoscenze); competenze (saper fare e saper insegnare agli altri come si fa). Nella didattica laboratoriale è fondamentale la motivazione, curiosità, partecipazione dello studente attiva e lui ad essere il vero protagonista del processo di apprendimento. Nelle attività di tipo laboratoriale si lavora su compiti reali o attività praticheil fare e il sapere sono uniti dall’agire. Questa metodologia stimola: - Creatività e pensiero divergente; - Risolvere problemi - Soft skills legati al lavoro di gruppo - Manipolazione concreta learning by doing - Autoregolazione, controllo e feedback su ciò che si è fatto. Nella didattica laboratoriale lo studente diventa una sorta di consulente esperto al servizio dello studente. RIFERIMENTI NORMATIVI CHE HANNO SEGNATO IL PASSAGGIO DA UNA DIDATTICA PER OBIETTIVI AD UNA DIDATTICA PER COMPETENZE: discipline stesse, individuandone i tratti comuni e fondanti, tra cui, ad esempio, l’attenzione alla lingue e ai linguaggi. LIFELONG KINDERGARTED APPROCCIO DELLE 4P Il lifelong kindergarted ha sviluppato la metodologia chiamata approccio delle 4P. Uno dei promotori è stato il pedagogista Mitchel Resnick nel libro “Come i bambini- Immagina, Crea, Gioia e Condividi” Resnik porta come esempio un gruppo di bambini che giocano con delle costruzioni: qualcuno inizia a costruire, contemporaneamente qualcuno immagina una storia che si abbia alla costruzione e così via. I concetti alla base delle 4 P sono: - Project; Peers apprendimento tra pari; Passion importanza data alla motivazione personale, al coinvolgimento dello studente; Play imparare giocando  PROJECT progetti specifici con obiettivi specifici. Nei project non vi è un problema o un caso astratto, ma si lavora su un progetto, gli studenti affrontano problemi applicandoli al mondo reale.  PEERS collaborazione tra pari, vengono scambiate idee, condividono sia dubbi che soluzioni;  PASSION quando si lavora su progetti che ci appassionano siamo disposti a lavorare più a lungo, a persistere in caso di difficoltà.  PLAY recitare, giocare, divertirsi, suonare. In questi momenti di sperimenta, si provano cose nuove, situazioni diverse e contemporaneamente di apprende. In particolare, si apprende senza avere la consapevolezza di ciò. EVIDENCE BASED EDUCATION Le Indicazioni nazionali richiede l’uso di nuove strategie di insegnamento segnando il passaggio da una didattica trasmissiva ad una didattica attiva che consente l’apprendimento significativo, con gli studenti a capo del loro percorso di apprendimento. L’approccio pedagogico EVIDENCE BASED adotta una pratica educativa basata sulle migliori evidenze disponibili, ossia si basa su fatti concreti e scientifici. In Italia questo approccio è stato lanciato da Antonio Calvani riprendendo ciò che aveva avviato John Hattie agli inizi degli anni ’90 nel mondo anglosassone. L’ EBE ha lo scopo di superare il divario tra teoria e pratica, è quello di rendere le conoscenze fruibile in altri contesti, per promuovere EVIDENZE DIDATTICHE, risultati oggettivi. Hattie individua i fattori che caratterizzano un buon docente: 1. Fornisce rappresentazioni essenziali dei loro studenti; 2. Interagiscono con la classe e guidano l’apprendimento 3. Monitorano l’apprendimento e forniscono dei feedback 4. Partecipano alle manifestazioni attive; 5. Influenzano i risultati degli studenti; L’EVIDENCE BASED EDUCATION agisce su tre piani: 1. Ricerca; 2. Pratiche; 3. Politiche; Obiettivo di questo modello è indurre gli studenti a sviluppare strategie per risolvere problemi, situazioni ossia capacità di riflessione, autoriflessione e autocontrollo. Le strategie d’insegnamento e apprendimento oggi seguono nuovi approcci come: - La costruzione o il fare learning by doing - Ricerca-azione Evidence Based Education; - Narrazione o racconto storytelling - Didattiche per progetti - Riflessione (reflective learning) RIASSUNTO L’evidence based education è didattica che si basa su risultati evidenti che mira alla produzione, raccolta e diffusione di conoscenze affidabili ed alla raccolta di dati che possano supportare insegnati nello scegliere il percorso metodologico. I dati raccolti, secondo E-B-E non sono fondamentali sono per i docenti anche per i legislatori, enti locali, politici che a vario titolo entrano nella governance della scuola. Quindi l’educazione i processi didattici hanno bisogno di una documentazione didattica accreditata. DIDATTICA PER SCENARI E LE METODOLOGIE ATTIVE Indire si occupa delle tecniche innovative di didattica. La DIDATTICA PER SCENARI vuole sfruttare le opportunità offerte dalla ICT (Tecnologie dell’informazione e della Comunicazione) e dai linguaggi digitali per supportare nuovi modi di insegnare, apprendere e valutare. Contenuti, metodologie e strumenti degli scenari derivano dal progetto europeo più I-TEC (Innovative Technologies for an Engaging Classroom), anche il Services Learning segue tale approccio. La DIDATTICA PER SCENARI introduce nuove pratiche didattiche, potenziate dall’uso delle nuove tecnologie. Gli studenti sono organizzati in un team di lavoro con precisi ruoli e responsabilità, il docente svolge il ruolo di guida. Gli studenti possono usare la loro creatività. Nelle vari fasi di tale didattica gli studenti collaborano, danno feedback e operano come se fossero membri di un team, risolvono problemi pratici e talvolta conflitti. DIDATTICA AUTENTICA ED SITUATED LEARNING cerca di rompere il divario tra scuola e realtà. Si fonda sull’approccio costruttivista, ciò che il discente fa in classe deve avere attinenza con il reale. La conoscenza avviene nel momento in cui il ragazzo è chiamato ad agire in modo riflessivo in situazioni di realtà. Questa nuova prospettiva dell’insegnamento si lega a un modo di intere l’insegnamento completamento diverso da quello tradizionale, ma legato a un doppio filo riflessione della Montessori e all’idea di imparare dall’esperienza. CIRCOLARE MIUR N.3 DEL 13.02.2015 non è importante accumulare conoscenze, ma saper trovare le relazioni tra queste conoscenze e il modo che li circonda con l’obiettivo di saperle utilizzare e sfruttare per elaborare soluzioni a tutti quei problemi che la vita reale pone quotidianamente. Ciò verrà certificato mediante l’adozione della CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE rilasciata al bambino di quinta elementare promosso e al ragazzo di terza media dopo il superamento dell’esame. L’esito verrà giudicato per livelli Avanzato, intermedio, base, iniziale. La DIDATTICA AUTENTICA o basata su APPRENDIMENTO SITUATO propone ai discenti dei compiti AUTENTICI che simulano la realtà e si oppongono ai compiti di realtà, i quali operano nella realtà. [esempio compito autentico gli alunni realizzeranno articoli di giornale, reportage sul territorio approfondendo aspetti storici, ambientali e scientifici. IBSE/IBL INQUIRY BASED SCIENCE EDUCATION INQUIRY BASED LEARNING Con inquiry si intendono le domande di ricerca. È un metodo o approccio alla realtà. Questo tipo di metodologia prevede che gli studenti sviluppino e formulano spiegazioni a partire dalle evidenze e dalle prove scientifiche (dirette e indirette). Valutare, provare, chiedere è usata per insegnare le STEM materie scientifiche ed è menzionato nl PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE. Uno dei promotori di questa metodologia è stato Carl Sagan. IBSE O IBL vuole mantenere viva la curiosità esplorativa della dimensione umana, stimolare la curiosità scientifica, vivere come in un laboratorio scientifico o biologico. Gli studenti seguono le indicazioni dell’insegnante per realizzare un esperimento ma registreranno i loro dati e analizzeranno i risultati costruendo un grafico. Gli studenti imparano a condurre investigazioni e ricerche ma comprendono anche i processi che gli scienziati usano per sviluppare le loro ricerche e conoscenze. IBSE è un approccio INDUTTIVO all’insegnamento soprattutto delle STEAM e delle scienze che mettono al centro dell’apprendimento l’esperienza diretta. Logicamente si stratta di un approccio di tipo attivo per tale ragione si sposa con ciò che veniva affermato dall’attivismo pedagogico (Dewey) e dal costruttivismo. Tutte queste aree, in ambito scolastico, devono essere tradotte dall’alunno attraverso processi di autoregolazione del pensiero e dell’attività affinché risolva dei problemi imparando ad interpretare, organizzare e strutturare le informazioni e a riflettere sui processi per acquisire un livello di autonomia cognitiva migliore. L’approccio metacognitivo mira alla costruzione di una mente aperta. Esso privilegia non cosa l’alunno apprende ma come apprende e attiva la propensione a far riflettere gli studenti su aspetti riguardati la personale capacità di apprendere, di stare attenti, di concentrarsi, di ricordare. Nella didattica metacognitiva il discente acquisisce un atteggiamento attivo e responsabile rispetto all’apprendimento, l’attenzione dell’insegnante non è tanto rivolta all’elaborazione di materiale o a metodi nuovi per insegnare ma si sofferma sul formare abilità mentali di sviluppo del pensiero. [Approfondimento meta-cognizione trasmettere delle idee per migliorare i processi di apprendimento. Vi è una differenza tra APPRENDIMENTO COGNITIVO siamo studenti (A. COGNITIVO avviene nella mente di chi apprende) e DIDATTICA METACOGNITIVA dal punto di vista del docente che prepara e controlla la sua lezione o la sua attività didattica. NB ogni essere umano opera processi di meta-cognizione più o meno consapevolmente, infatti è chiamato per vivere in modo cosciente e pensare ad avare il controllo sui propri pensieri. Quindi, la meta-cognizione è un processo comune a tutti gli uomini, vi sono diverse tipologie, tra cui Apprendimento Meta-Cognitivo e Didattica metacognitiva] Dalla METACOGNIZIONE alla REVISIONE META-COGNITIVA L’ambito della meta- cognizione secondo Lucio Cottini si divide in due ampi settori: 1. Conoscenza metacognitiva l’attività di meta-riflessione che accompagna l’esecuzione del compito e quindi l’operazione di pianificazione ed esecuzione che ogni essere umano compie per svolgere un’attività; 2. Processi metacognitivi di controllo della stessa operazione DIDATTICA META-COGNITIVA è propria del docente, il quale pensa e riflette sulla didattica che propone, intende stimolare lo studente ad un apprendimento metacognitivo, imparare ad imparare. Lo scopo della didattica meta-cognitiva è che lo studente apprendi ad interpretare, organizzare, strutturare le informazioni e riflettere sui processi per acquisire un livello di autonomia cognitiva migliore. Il docente metacognitivo deve guidare con esempi di strategie, aiuti, domande indurre l’alunno a sviluppare una strategia personale di apprendimento. La didattica meta- cognitiva stimola la capacità di codificare il problema da parte dell’allievo; impara a fare un piano d’azione e di programmazione dell’apprendimento, un vero e proprio planning delle attività che andrà a svolgere per risolvere il compito assegnato. META-COGNIZIONE processo dove l’alunno ma anche il docente riflette sul modo di operare, apprendere, portare a termine compiti etc. La meta-cognizione didattica prevede un costante feedback tra ciò che è proposto e ciò che è appreso, una relazione tra docente e discente ragionata costruttivista dove un posto centrale hanno: 1. La spiegazione del risultato ottenuto 2. La correzione degli errori. L’errore o l’insufficienza non è una punizione ma serve per stimolare l’alunno a riflettere su ciò che non ha appreso, a gestire lacune, risultati sbagliati, l’alunno deve essere capace di individuare eventuali cause di errori e comprendere i problemi. INSEGNARE D.A SCHON ha scritto il PROFESSIONISTA RIFLESSIVO la sola competenza tecnico-scientifica non è più sufficiente a governare la complessità, egli propone la figura del PROFESSIONISTA RIFLESSIVO e in un certo senso deve esserlo anche il docente. La dimensione della complessità pone il soggetto in contatto con le incertezze, con il dubbio, che possono essere affrontati soltanto se assunti come oggetti di riflessione. Schon raccomanda che la riflessione venga avviata durante l’azione e non dopo, in questo modo i dubbi sono portati alla luce e possono essere disambiguati. Secondo Schon questa tecnica adottata nella didattica permette di produrre un cambiamento. Il docente deve assumere una posizione riflessiva che consenta di utilizzare, insieme, pensiero ed azione. Schon distingue tre tipi diversi di riflessione sull’azione didattica: - Riflessione nel corso dell’azione didattica docente spiega, alunni sono distratti, egli intuitivamente quasi inconsapevolmente cambierà metodologia, si interrompe, prova un brainstorming, agisce per chiamare l’attenzione, modificare la sua azione didattica, gestirla. - Riflessione SULL’AZIONE didattica è una seconda riflessione più propriamente metacognitiva i docenti osservano il proprio agire, lo riconoscono, riescono ad esplicitarlo formalizzandolo. In altre parole, riflette su quanto sia stata efficace la didattica utilizzata, quanto vada cambiata e adattata nella prossima lezione. - Meta-riflessione didattica o riflessione sulla riflessione per Schon è la fase più importante. Si riflette su come si sta insegnando, si discute con la classe, si interroga sulla motivazione, sulla coerenza logica, ciò avviene durante la lezione non dopo. AGIRE EDUCATIVO si determina in diversi tempi e luoghi e attraverso una varietà di pratiche sostenute da diverse forme di motivazione, intenzione e quindi razionalità. DIDATTICA TRASFORMATIVA insegnare agli adulti. Questa didattica chiede ai docenti di riorientare continuamente i propri riferimenti concettuali per meglio adattarsi e comprendere i contesti di apprendimento o di provenienza degli studenti. Il docente deve chiedersi di volta in volta il significato di ciò che accade, orientare la sua azione in termini di funzionalità alle specifiche esigenze didattiche degli studenti. Jack Mezirow parla di apprendimento auto-diretto e distingue tre funzioni dell’apprendimento adulto: - Apprendimento strumentale avviene attraverso l’esperienza e la pratica ed è funzionale all’azione che il soggetto deve produrre; - Apprendimento dialettico (ricorda la dialettica di Socrate) la conoscenza avviene rapportandosi con gli individui facenti parte del contesto in cui siamo inseriti. - Apprendimento auto-riflessivo si prende coscienza della disfunzione di alcuni assunti psicologici e che influenzano in maniera negativa il comportamento del soggetto. Il soggetto deve far leva sulle proprie capacità di individuare le modalità migliori per apprendere e che sviluppi quelle competenze per rendere l’autoformazione una formazione efficace. Trembaly propone un modello che focalizza cinque competenze chiave per l’autoformazione e auto-apprendimenti: - Conoscenza di sé; - Consapevolezza delle proprie modalità di apprendimento (stile cognitivo e di apprendimento); - Condivisione e interazione con gli altri- importante nelle forme di apprendimento di gruppo; - Riflessione critica durante e dopo l’apprendimento; - Accettazione dell’incertezza e della complessità dell’apprendimento e quale limite al controllo/potere del soggetto che apprende; - Flessibilità al cambiamento nei confronti delle realtà in cui si vive e in cui si apprende; - Gestione dei condizionamenti e i limiti che essa pone (adattamento agli avvenimenti). scolastica in primis, che sostenga l’autostima, la motivazione e il successo scolastico, quindi da fattori psicologici ed emotivi. Dai diversi stili cognitivi dipendono anche gli stili di apprendimento. Esistono diversi stili di apprendimento e la stessa persona può utilizzare diversi stili in base alla situazione. Il docente nello svolgere il suo lavoro deve considerare le differenze individuali negli stili di apprendimento, deve valorizzare le inclinazioni dello studente e adattarle a contesti e situazioni. “DIMMI CHE STILE DI APPRENDIMENTO HAI E TI DIRò COME STUDI”. La prima differenza tra gli stili di apprendimento riguarda: 1. Chi crede di riuscire o di non riuscire per effetto dell’impegno personale, dell’interesse, della motivazione (attribuzioni interne e controllabili) Locus of Control interno 2. Chi pensa di riuscire o non riuscire a causa dell’abilità innata (attribuzione interna non controllabile) o di fattori esterni (difficoltà/facilità nel compito, fortuna/sfortuna, aiuto/non aiuto).  Locus of Control esterno Infine, gli stili di apprendimento dipendono dalle caratteristiche psicologiche e soggettive. Ad esempio, chi ha un alto livello di auto-efficacia, solitamente presenta la migliore attitudine allo studio che si concretizza con: 1. Tenta di riuscire, impegno, sacrificio, rimanda alla gratificazione. 2. Atteggiamento strategico che lo porta ad avere corrette abitudini di studio, metodo, costanza, resilienza. 3. Senso della realtà, delle difficoltà reali e non immaginarie; 4. Fiducia in sé stesso; 5. Convinzione nel poter controllare gli eventi, lo studente crede nel risultato oggettivo del proprio impegno. Si individuano i primi 5 stili di apprendimento diversi: 1. Stile abile; 2. Stile depresso; 3. Stile negatore; 4. Stile strategico; 5. Stile pedina. 1. Stile abile Sono soggetti, studenti in questo caso, che credono che le cose riescono grazie alle proprie abilità e che queste sono innate. In pratica, si riesce in quello che si fa perché si è bravi, si è portati, se non si ha la giusta attitudine è inutile provare. Il successo è dovuto all’ABILITà, l’insuccesso alla mancanza di tale abilità. In questo caso le aspettative di riuscita sono causali riuscire aiuta a sentirsi capaci, non riuscire significa che non è abili e non lo si sarà mai. In relazione alla motivazione si tende a fare soltanto quello che riesce meglio per evitare un insuccesso. Non escono dal loro confort zone. L’insuccesso può sviluppare un senso di impotenza; lo studente non persiste o insiste di fronte alla difficoltà (mancanza di resilienza); non affronta le situazioni difficili. 2. Stile depresso Caratterizzato dalla credenza di “non essere portato” e di non poter fare nulla per cambiare la situazione. Lavorano con un concetto di ATTIBUZIONE CAUSALE successo=causa esterne, insuccessomancanza di abilità. Unica motivazione: evitare il fallimento, paura, ansia da prestazione. È uno stile disfunzionale all’apprendimento, per modificarlo può essere necessario agire anche sulle aspettative di GENITORI e INSEGNANTI. Locus of control interno ma negativo. Ad esempio, studenti con questo stile di apprendimento possono sviluppare forme estreme di disagio emotivo, demotivazione completa che può assumere tratti di depressione. 3. Stile negatore Credenza: abilità come dote innata successo se hai la dote altrimenti insuccesso quindi, successo= causa interna, insuccesso=causa esterna. Questo stile può essere disfunzionale all’apprendimento, perché lo studente mostra poco impegno, di fronte all’insuccesso non cerca strategie più adatte. Le emozioni prevalenti sono: la fiducia in sé e la rabbia quando si fallisce, a livello contemporaneo tende ad evitare l’impegno, poiché ritiene che chi è bravo non abbia bisogno che si impegni; fondamentalmente è “spavaldo” si oppone allo stile depresse, può avere connotati tipi del modello bullismo. 4. Stile pedina Attribuzioni causale fatalista sia il successo che l’insuccesso sono dovuti a cause esterne. È uno stile disfunzionale all’apprendimento perché lo studente tende a dare poca importanza all’impegno; non presenta un vero interesse. Qualunque cosa si faccia la prestazione non dipende da sé LOCUS OF CONTROL COMPLETAMENTE ESTERNO. Motivazioni del successo/insuccesso sono ad esempio: il professore, i genitori che non l’hanno lasciato studiare, una sorta di pensiero magico incontrollabile è stata solo sfortuna. 5. Stile strategico caratterizzato da un forte impegno che viene messo in atto dal singolo studente (FORZA DI VOLONTà MOTIVAZIONE)= applicazione delle strategie più adeguate per portare a termine il compito con successo. Il successo è dovuto all’impegno, l’insuccesso alla mancanza di impegno o nell’uso di strategie adeguate. Quindi, la riuscita del compito dipende dalla dose di impegno impiegata, ha fiducia nelle proprie possibilità, autoefficacia e motivazione al successo. Lo stile strategico è probabilmente quello da preferire, motivante e funzionale all’apprendimento, vi è un coinvolgimento in prima persona, l’insuccesso segnala la necessità di cambiare strategia. STILI COGNITIVI E CANALI SENSORIALI Preferenze ambientali, preferenze nei tratti di personalità N.B gli stimi cognitivi non sono consapevoli, sono processi neuronali. Inoltre, sono condizionati da diversi fattori (età, ambiente socioculturale di provenienza, sviluppo mentale del soggetto, stimolazione). Le persone hanno diversi modi di percepire la realtà, pensare, sentire e comportarsi. Gli stili si fondono su: 1. Gli stili cognitivi puri (come le opposizioni analitico/globale, sistematico/intuitivo, riflessivo/impulsivo); 2. Preferenze ambientali (come i luoghi, i tempi dell’apprendimento, la luce, la temperatura, i suoni, i consumi alimentari…) 3. Modalità sensoriali (spesso sintetizzate in visiva, uditiva, cinestetica, tattile) 4. Nei tratti di personalità socioaffettivi (come l’introversione e l’estroversione). Cogliere e rispondere a queste differenze è compito dell’insegnante che deve tener conto delle differenze individuali e delle preferenze nei canali di comunicazione esempio. Uno studente dislessico ovviamente avrà problemi con la lettura ed il canale visivo, preferisce quello verbale ecc., quindi i canali sensoriali sono importanti, permettono di cogliere gli stimoli che provengono dall’esterno. Possiamo distinguere 4 canali principali: 1. Visivo-verbale, canale che generalmente viene preferito nella scuola italiana, si impara leggendo e parlando. 2. Visivo-iconografico dove sono proprio foto, disegni, fotografie, simboli, immagini, praticamente tutto ciò che riguarda il visual learning. 3. Canale uditivo preferenza per l’ascolto e il canale uditivo. 4. Canale cinestetico preferenza per attività di movimento legate alla manualità. STILI COGNITIVI secondo Cornoldi e De Beni è possibile distinguere tra: 1. Stile sistemico vs. Stile intuitivo alcune persone ragionano per gradi esaminando le variabili una ad una, in modo lento e consapevole pensiero convergente, altri studenti sono più intuitivi ragionano per ipotesi, arrivano alla soluzione per tentativi ed errori, hanno una maggiore capacità di problem solving rispetto a problemi nuovi e nuove situazioni. 2. Stile globale vs Stile analitico nel primo caso si privilegia una visione d’insieme, mentre nel secondo prevale l’attenzione per i dettagli. 3. Stile verbale vs Stile visuale nel primo caso è più efficace la lezione orale, ascolta e memorizza, mentre nel secondo privilegia l’osservazione es. immagini, esercizi svolti. dal docente per gli studenti BES, calibrata sull’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) dello studente, sulla sua disabilità o disturbo. DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA pone obiettivi COMUNI per tutti i componenti della classe ma le METODOLOGIE sono adattate alle caratteristiche individuali dei singoli studenti (pensiamo a quelli disabili); DIDATTICA PERSONALIZZATA vengono posti obiettivi diversi per ciascun studente. Il compito del docente è esaminare ed individuare i bisogni educativi delle studentesse e degli studenti (alla luce delle certificazioni mediche presentate) e in seguito struttura le didattiche e le metodologie in base ai risultati dell’esame effettuato. ARTICOLO 5 DELLA LEGGE 170 disciplina la didattica individualizzata stabilisce che gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto di usufruire di provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione negli studi universitari”. Le istituzioni scolastiche hanno l’obbligo di attuare interventi pedagogico-didattici per il successo formativo degli alunni e degli studenti BES, devono attivare percorsi di didattica individualizzata e personalizzata, redazione di due documenti: PEI nel caso di didattica individualizzata rivolta a studente disabile certificato e PDP piani didattici personalizzati, ricorrendo a strumenti compensativi e misure dispensative per tutti gli altri studenti BES. LEGGE 170/2010 sancisce l’uso di didattica individualizzata e personalizzata che tengano conto delle caratteristiche del soggetto. Didattica individualizzata e personalizzata sono diversi (vedi sopra). DIDATTICA PERSONALIZZATA interviene anche la Legge 53/2003 e nel Decreto legislativo 59/2004, calibra l’offerta didattica e le modalità relazionali sulla specificità ed unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni in classe, considerando le differenze individuali. La sinergia fra didattica individualizzata e personalizzata determina dunque, per l’alunno e lo studente con DSA, le condizioni più favorevoli per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento (FONTE ARTCIOLO 3 LINEE GUIDA SUI DSA- 12 luglio 2021). La personalizzazione e l’individualizzazione della didattica mira a valorizzare i talenti dei singoli alunni, senza prevedere obiettivi non adatti a loro da raggiungere: ognuno raggiunge il “proprio” obiettivo personale, in base alle proprie potenzialità. Bisogna raggiungere il massimo obiettivo possibile dettato dalle proprie peculiarità come prevede il proprio ICF e PEI. Per l’importanza e il significato dell’individualizzazione si pensi a quanto sosteneva Albert Einstein “Ognuno di noi è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, passerà tutta la sua vita a credersi stupido”. DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA la legge 104 del 1992 è la prima legge che prevede il P.E.I per gli studenti disabili, in seguito la legge 29 dicembre 2020 prevede l’elaborazione del PEI entro il 31 ottobre. Dalla stessa legge 104 1992 bisogna tenere in considerazione il comma tra 1 vs 3. Comma 1 è meno grave, ma ha diritto comunque alle ore di sostegno ma cambia le ore in base al comma 3 che è più grave. L’attività svolta con lo studente disabile deve sempre avvenire in classe in mood da favorire l’INCLUSIONE. 4 dimensioni del nuovo PEI decreto 29-12-2020: *socializzazione e interazione; *comunicazione e linguaggio, *autonomia e orientamento; *cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento. Le linee guida su Dsa sono sancite dal Decreto Ministeriale 12 luglio 2011. APPROFONDIMENTO COOPERATIVE LEARNING il docente è un FACILITATORE dell’APPRENDIMENTO stabilisce obiettivi, organizza il lavoro, i ruoli e monitora il lavoro di gruppo e l’operato finale. Il cooperative learning sostituisce la lezione frontale e mediante questa metodologia didattica: - Lo studente apprende osservando dai compagni; - Lo studente prende consapevolezza delle proprie idee; - Lo studente prova orgoglio intellettuale per il risultato ottenuto con la cooperazione; - Lo studente sviluppa abilità cognitive legate alla soluzione creativa di problemi. Tuttavia, questa metodologia ha anche degli aspetti negativi: vi è il pericolo che alcuni studenti prendano il sopravvento su altri e quindi gli studenti più deboli o meno motivati possono passare in secondo piano. Vi sono diversi modelli di cooperative learning come: - Random o in causale sono i ragazzi a scegliere i componenti del gruppo in base ad affinità; il docente non interviene; - Controversia o competizione o Cooperative Learning con Debate un gruppo viene suddiviso in due o più sottogruppi, uno di questi si occuperà di analizzare gli aspetti positivi di una tesi e un altro si occuperà degli aspetti negativi. Il lavoro si conclude con un confronto fra le posizioni dei due sottogruppi e con la redazione di un’argomentazione generale. - Modello di Jigsaw (puzzle) di Aronson viene formato un gruppo eterogeneo ad ogni membro è affidato una parte del lavoro, poi la somma dei lavori darà vita al lavoro generale. Jigsaw classroom ossia Puzzle riduce il conflitto fra gli studenti, migliora la motivazione ed aumenta il piace dell’esperienza di apprendimento nei gruppi di studio e di apprendimento nella didattica del cooperative learning (imparare- studiare insieme). Questa metodologia nata a seguito delle ricerche di Elliott Arnson mira a didattiche di inclusione ed interdipendenza attiva. Permette di lavorare in gruppo evitando però l’affermazione di esperti tematici all’interno del gruppo poiché ad ogni allievo viene assegnato un compito specifico e la non realizzazione di questo compito comprometterà l’intero lavoro quindi ogni allievo si sente responsabilizzato a partecipare attivamente all’attività didattica, sviluppando relazioni positive di interdipendenza. Nel Jigsaw lo studente che ha un ritmo più lento di apprendimento o meno motivazione o parte da una situazione di ritardo di apprendimento di contenuti disciplinari può essere abbinato nella seconda fase del jigsaw con un compagno più dotato nel rapporto interpersonale, nella sfera emotiva. Problema del Cooperative Learning vi possono essere studenti che prendono il sopravento su altri ad esempio su studenti introversi. [Il brainstorming è nato nell’ambito dei progetti militari serviva ad azzerare le gerarchie.] BRAINSTORMING favorisce l’inclusione e la creatività, come metodologia è attribuita a Alex Osborne, il quale lo utilizzò nel campo della creatività pubblicitaria, durante la fine degli anni 30 del 900. Il brainstorming non è soltanto creatività e spontaneità, ad una fase divergente-creativa segue una fase convergente-analitica. È la tecnica per eccellenza per stimolare la creatività ed il pensiero divergente. Con il role playing l’alunno assume le vesti dell’altro. APPROFONDIMENTO FASI ROLE PLAYING Il role playing è la tecnica principale per sviluppare empatia ed intelligenza emotiva. Spesso le attività di role playing iniziano con una fase di riscaldamento detta WARMING UP gli studenti si “allenano” es. brevi interviste, sketch, brainstorming ecc. ma anche l’osservazione e lo studio del comportamento del personaggio da mettere in scena, domande e commenti di chi osserva la messa in scena. Questa fase si oppone al COOLING OFF fase di uscita della scena, dai ruoli assunti e si ritorna nel gruppo. [Rientra nel role playing la recita scolastica ha l’obiettivo di far apprendere in maniera attiva, coinvolgente ed emozionale, educa a parlare in pubblico, attiva e valorizza tutto il gruppo, supera il rapporto unidirezionale docente-allievo. Le conoscenze vengono apprese attraverso l’esperienza diretta.] VI SONO DEI GRADI Role playing massima libertà, Role making la creatività è presente in maniera meno decisa, Role taking lo studente segue un copione. Il docente diviene lo sceneggiatore. Il ROLE PLAYING è una tecnica della DIDATTICA SIMULATIVA. Possiamo riconoscere tre tipi di ROLE-TAKING: - Role taking emozionale consiste nella capacità di riconoscere le emozioni dell’altro; - Role taking cognitivo abbandono dello studente del proprio punto di vista, si mette cognitivamente nella situazione dell’altro; - Role taking percettivo riguarda l’abilità di capire come un oggetto, o un insieme di oggetti, è visto da un altro studente. Uno studioso che ha lavorato sul role-taking è stato Selman SIMULAZIONE DIDATTICA: permette di comprendere le logiche di funzionamento del sistema che si vuole spiegare o insegnare: - action maze vengono svolti giochi interattivi che simulano la vita reale e ha come obiettivo lo sviluppo delle competenze decisionali e procedurali; vi è un passaggio dalla pura teoria alla sperimentazione protetta dal fatto che siamo in una fase di apprendimento; - role playing; - simulazioni con compito autentico consente di verificare le competenze cognitive, metacognitive acquisite dal discente in contesti operativi reali o simili al reale. - Simulazione su copione rappresentare situazioni particolari con un copione stabilito role taking. Jacob Levi Moreno è stato uno psichiatra rumeno, conosciuto come padre dello psicodramma, sociodramma e dei metodi attivi, ha sviluppato un modello interpersonale della personalità, contrapposto al modello intrapersonale di Freud. Moreno usa per primo il role playing per insegnare alla persona a tirare fuori le proprie emozioni ed a gestire emozioni. La drammatizzazione a suo avviso può essere utile per gestire le emozioni e sviluppare l’empatia e mettersi nei panni degli altri. IMPRESA SIMULATA strumento didattico metodologico per stimolare e valorizzare i territori e le eccellenze, portare gli studenti nel mondo reale, in contesti reali i ragazzi sono maggiormente motivati e vi è una partecipazione attiva rispetto alle metodologie tradizionali. L’obiettivo è avvicinare la Scuola al mondo del lavoro (ciò che prima faceva l’Alternanza scuola lavoro ora è PCTO) PEER TUTORING può vedere coinvolti studenti con disabilità Tutoring a ruoli invertiti questa variante prevede che il Tutor non sia necessariamente un alunno bravo ma sia invece un alunno con difficoltà che insegna, uno o più argomenti da lui appresi, ad un Tutee che presenti difficoltà in quegli specifici argomenti. Questa tecnica si presta molto nell’insegnamento ad alunni BES o DSA o con gli alunni che sono indietro o scarsamente motivati. Un esempio del Tutoring a ruoli invertiti: - Bambini con disabilità uditiva che insegnano ai loro compagni il linguaggio dei segni; - Studenti con disabilità mentale aiutavano i più piccoli ad apprendere a leggere; - Studenti in situazione di svantaggio aiutano studenti BES meno motivi o in situazioni simili di svantaggio; In questo momento l’alunno disabile, dopo un’adeguata preparazione da parte del docente, può svolgere la funzione di tutor, trasmette contenuti didattici ed è in grado di dare un riscontro tramite feedback, inoltre lo studente disabile, socialmente isolato, sperimenta, assistendo i compagni normodotati, una maggiore accettazione e processi inclusivi. DEBATE aiuta a sviluppare il pensiero divergente e laterale. Debate significa discutere, pensare, argomentare la propria opinione su un dato tema, discutendo gli aspetti negativi e positivi, può essere soltanto una maniera autonoma o a gruppo (solitamente 3 studenti). Rientra tra le tecniche del cooperative learning. Nel caso in cui venga svolta in gruppo possono formarsi due squadre, in ogni squadre vi è un CAPITANO che introduce la tesi su un argomento, la discussione viene poi affrontata dagli ORATORI (4/5 ragazzi) che argomentano a sostegno della loro posizione, nel frattempo i RICERCATORI raccolgono le informazioni che vengono utilizzate dagli oratori, poi vi è il CRONOMETRISTA (simile ad un arbitro) che deve far rispettare il tema e i tempi, poi vi sono i GIURATI (resto della classe) che scelgono una squadra e devono argomentare la loro scelta. Quindi, riprende la scolastica medievale. STORYTELLING prevede di insegnare “cose-fatti-saperi-conoscenze” mediante il racconto di storie. Questa pratica è assai antica si pensi alla trasmissione di conoscenze mediante opere come Iliade e Odissea e i loro grandi miti. Lo storytelling non è usato soltanto per le materie umanistiche ma si presta anche per l’apprendimento delle materie scientifiche come la matematica, scienze e informatica, es Piero Angela per parlare di scienze utilizzava questo metodo. Il ricordo a storie può essere fi facile comprensione per l’apprendimento non solo del bambino, ma anche dei giovani ed adulti. Questo metodo può essere utile all’apprendimento non solo del bambino ma anche per giovani ed adulti. Oggi abbiamo il DSTDIGITAL STORY TELLING nelle varie fasi della sua realizzazione questa tecnica richiede: attività di apprendimento cooperativo, attività di apprendimento basato sulla risoluzione di problemi e sulla realizzazione di progetti, rivelandosi una metodologia adatta a creare ambienti di apprendimento innovativi, inclusivi volti alla promozione e all’acquisizione di quelle competenze cognitive, comunicativo e socio-emotive (competenze trasversali o soft skills). Un esempio di DST può essere un video storytelling si racconta una storia attraverso un video interattivo, arricchito di testi, immagini e link. METODO (AUTO)BIOGRAFICO Con questo metodo l’insegnate ricostruisce la biografia di alcuni soggetti su cui è rivolta l’azione didattica. Questo metodo si attesta con lo studioso Paulo Freire con le tragiche storie dei campesinos nelle favelas WEBQUEST strategia didattica ideata da Bernie Dodge e Tom March nel 1995. Questo metodo si basa sul paradigma del costruttivismo. Mediante tale metodologia il docente assume il ruolo di mediatore tra le informazioni che si trovano in rete e i suoi allievi, li seleziona. Questo metodo favorisce l’apprendimento collaborativo, su base indiziaria abduzione partire dalla premessa per arrivare alla soluzione. Il WebQuest prevede che gli studenti siano sostenuti durante il lavoro, devono ricevere stimoli dai pari e dall’ambiente, devono provenire dal docente. Le fasi di tale metodo sono: - Introduzione viene suggerito agli studenti di fare una ricerca; - Compito Il docente spiega come dovrà essere come dovrà essere consegnato il compito (video, ricerca, realizzazione di un progetto etc.) - Obiettivi didattici Il docente spiega l’obiettivo che bisogna raggiungere, sarà sua cura scegliere i siti più adatti al compito, formulando la consegna in maniera chiara ed esaustiva; - Risorse il docente consegna la sitografia; - Procedimentoil docente suggerisce le fasi del lavoro; - Valutazione illustra i criteri di valutazione; - Conclusionegli studenti presenteranno il lavoro (es, testo+video, relazione etc.) in modo sintetico in base alle indicazioni fornite dal docente. FOCUS GROUP è un’intervista focalizzata su un tema, deve seguire gli obiettivi che l’intervistatore si è posto. L’intervistatore, detto anche moderatore, conduce l’intervista su un gruppo specifico di persone (minimo 6 massimo 10-12). Le persone all’interno del gruppo possono confrontarsi, le domande sono aperte. È una sorta di brainstorming guidato, permette di scendere in profondità e di approfondire gli aspetti negativi e positivi di un fenomeno. NB non è un debate non è una discussione organizzata. COACHING in tale metodo ritroviamo un rapporto uno ad uno coach svolge un lavoro affinché colui che segue (coachee) raggiunga uno specifico obiettivo personale, professionale o sportivo. Il rapporto tra coach e coachee è diretto, il programma educativo è personalizzato, stilato in base alle sue esigenze. Il coach lavora sulle competenze trasversali del coachee (più relazionati alla sfera personale es. problem solving, empatia, flessibilità). Nb. La figura del coach è diversa da quella del COUNSELOR che è uno specialista della relazione d’aiuto volta al superamento di momenti critici, la sua azione è limitata nel tempo, tanto più è breve tanto più sarà stata efficace. Gli strumenti di approccio del counselor si basano sull’ascolto recettivo ed attivo, il giudizio viene sospeso, la relazione è volta alla comprensione profonda del soggetto che si pone difronte al counselor. CASO/CASE STUDY viene chiesto allo studente di descrivere, fare un’analisi di una situazione reale o possibilmente reale seguendo un modello di riferimento. Quindi, mediante questa metodologia, si esce dal classico mondo della scuola tradizionale. Il caso studio viene presentato, ogni studente deve riflettere su esso in maniera individuale e poi si può confrontare con il gruppo. È bene precisare che l’obiettivo del caso studio, non è quello specifico di risolvere il problema, bensì imparare ad affrontarli, individuarli, gestirli, al contempo può essere una tecnica di valutazione degli apprendimenti teorici dello studente. BUSINESS GAME sono essenzialmente dei role-playing con degli studenti simulano ruoli o comportamenti, la caratteristica principale è la competizione, che stimola le squadre a fare bene e fare meglio. Caratteristica principale del Business Game è quella del learning by doing. Oggetti di tale metodo possono essere ad esempio: gare di matematica, di conoscenze umanistiche. IL METODO SWOT Strengths, Weaknesses, Opportunities e Threats Forza, Debolezze, Opportunità e Minacce, è una tecnica di valutazione ed analisi dei problemi. Lo SWOT è una matrice o schema dove vengono inseriti i fattori positivi o negativi, i punti di debolezza o di forza rispetto alla scelta che si dovrà fare o rispetto ad una specifica condizione per risolvere un problema. N.b forza e debolezza rientrano tra i fattori interni, mentre debolezza e minacce tra i fattori esterni. TECNICA DEL MINDMAPPING si viene a creare una mappa mentale attraverso la raccolta libera imprevedibile di stimoli, associazioni libere di idee. In un certo senso, questa tecnica riprende IL METODO DELLA PAROLA CAUSALE una delle tecniche creative del pensiero laterale che prevede lo sviluppo di idee a partire dall’estrazione casuale di una parola. Dopo aver completato la mappa si individuano le parole più significative, è una fase utile durante la raccolta di informazioni per la comprensione di un problema. Questa tecnica è in continuità con il FREEWHELLING CREATIVITà A RUOTA LIBERA è una tecnica individuale, significa pensare a ruota libera su un dato concetto, si basa su una rappresentazione grafica o mappa effettuata tramite una rete di associazioni o immagini mentali. Altra tecnica usata per stimolare sia la creatività che l’apprendimento è quella del cosiddetto MAKING THE FAMILIAR STRANGE AND THE STRANGER FAMILIAR, a volte si ricorre anche ai supereroi o con i personaggi noti ai ragazzi in modo che siano i personaggi familiari o noti ad introdurre idee e concetti oggetti di apprendimento e quindi muovere dal familiare a cose nuove. Questa fase è utilizzata durante la fase di analisi del problema ed aiuta ad esplorare la situazione attraverso diversi punti di vista. Attraverso la finzione, il fare “come se” si contattano emozioni, ricordi, pensieri e fantasie; si sperimentano nuove modalità espressive, comunicative, relazionali; si adottano punti di vista alternativi e strategie più adatte alla risoluzione di problemi. [Es. la tecnica dei Supereroi vengono scelti supereroi di fumetti o fiabe e in base ai loro superpoteri vengono formulate le soluzioni, spesso in prima battuta queste soluzioni sono magiche, nella seconda fase bisogna tradurle in soluzioni concrete e realizzabili. TEAL (Technology Enhanced Active Learning) metodologia progettata nel 2003 a Boston dal MIT, e prevede un’integrazione tra lezione frontale, simulazioni e attività laboratoriali su computer. Quindi, tale metodologia si propone di creare connessione fra tecnologie e strumenti diversi, stimolare il confronto tra pari e la collaborazione. Questa metodologia dà anche importanza all’arredamento, prevede una serie di strumenti tecnologici da utilizzare in spazi con specifiche caratteristiche (es. ampiezza, luminosità etc.), con arredi modulari e quindi facilmente riconfigurabili a seconda della necessità: spazi e tecnologie sono interconnessi. Il PROTOCOLLO TEAL prevede il docente al centro dell’aula, gli studenti sono disposti a cerchi e sono in numero dispari. Tali gruppi sono eterogenei, l’istruzione è tra pari con diversi livelli di competenze e di conoscenze. Il docente introduce l’argomento con domande, esercizi e rappresentazioni grafiche. I ragazzi, attraverso l’uso dei device, dovranno raccogliere informazioni sul dato argomento ed effettuare esperimenti o verifiche. IL PROBLEM SOLVING gli studenti vengono posti difronte a specifiche situazioni problematiche a cui devono trovare una soluzione e una strategia per risolverli. Nell’attività di problem solving il docente valuta: 1. Tempo impiegato nella soluzione del problema, timing; 2. Programmazione della strategia, individuazione delle fasi di lavoro e soluzione possibile; 3. Precisione o approssimazione della soluzione; 4. Quantità e qualità degli errori commessi; d’insegnamento che sottolinea l’importanza del pensiero critico e laterale per affrancarsi da situazioni difficili o di oppressione. Mentre nel metodo tradizionale il docente è al centro, egli sa tutto , spiega e guida l’allievo senza che egli polemizzi o critici. Il pedagogista portoghese punta ad una PEDAGOGIA DEI PROBLEMI, alla problematizzazione dei valori dominati dalla classe d’élite e del potere contro il modello della BANKING EDUCATION (testa vuota da riempire). Questo modello fu ripreso dalla pedagogista IR SHOR (pedagogista della liberazione e lotta politica dove pedagogia significa mette in dubbio, riflettere, problemazizzare sul presente) l’adozione del problem posing fa partire dai problemi concreti, pone docente e studente sullo stesso piano in questo modo, si crea un’atmosfera di fiducia e umiltà. Altri studiosi che si sono occupati del problem solving sono JACOB GETZELS e MIHàly Csikszenthihalyi  centrale in tale metodo non è soltanto la parte finale ma anche la parte inziale, la comprensione del problema altrimenti, se il problema non viene compreso, il rischio è di lavorare su un falso problema; quindi, la prima fase è il PROBLEM FINDING. NB. LA DIVISIONE DEL PROBLEM SOLVING IN FASE è DETTA METODO PROCEDURALE. Qualsiasi divisione effettuata deve prevedere sempre VALUTAZIONE-VERIFICA-SELEZIONE e MESSA ALLA PROVA DELLA CREATIVITà. JOSEPH ROSSMAN DIVISE IL PROCESSO CREATIVO IN 7 MOMENTI: 1. Osservazione di un bisogno o difficoltà; 2. Analisi del bisogno; 3. Rassegna di tutte le informazioni disponibili; 4. Formulazione di soluzioni oggettive; 5. Analisi critica delle soluzioni oggettive quindi, valutare vantaggi e svantaggi; 6. Nascita della nuova idea: invenzione; 7. Sperimentare la soluzione selezionata ALEX OSBORN, colui che per primo utilizzò il brainstorming, divide il processo in 7 fasi: 1. Orientamento mettere a fuoco il problema, 2. Preparazione raccogliere i dati pertinenti; 3. Analisi Suddividere il materiale individuato; 4. Ideazione accumulare alternative sotto forma di idee; 5. Incubazione “riposare, per favore l’illuminazione. 6. Sintesi: mettere assieme i pezzi; 7. Valutazione giudicare le idee ottenute. GRAHAM WALLAS 4 fasi: 1. Preparazione 2. Incubazione vengono elaborati i dati raccolti; 3. Insight gli elementi noti si uniscono per creare una soluzione nuova; 4. Verifica PROBLEM SOLVING CICLICO Il feedback è fondamentale una volta risolto il problema si ritorna da capo. APPLIED PROBLEM SOLVING A.P.Sè applicato a situazioni reali, la risoluzione del problema richiede la capacità di comprendere il contesto e l’ambiente, richiede che le persone vadano a raccogliere le evidenze in prima persona. TEAM BUILDING può essere tradotto con costruzione del gruppo, include: team game, team experience (esperienza di gruppo), team well being (benessere di gruppo) quindi il team builing ha ricondotto a sé diverse valenze, includendo tutte quelle attività ludiche, sportive, teatrali, musicali etc. Vi sono poi team building con una maggiore valenza “formativa” e “costruttiva” con obiettivi di gruppo, da quello prevalentemente “ludico”, dove più che quello che fa il gruppo, è importante imparare il semplice stare di gruppo. Lo scopo è la formazione di un gruppo di persone, studenti, capace di amalgamarsi e fare lavoro comune. Come per altre metodologie, è importante diffondere nei giovani la cultura d’impresa e lo sviluppo dello spirito imprenditoriale attraverso le esperienze pratiche di apprendimento, magari mirate al fare impresa. Spesso queste metodologie vengono applicate sin da bambini. MAPPE DIDATTICHE Una mappa didattica permette la rappresentazione in forma grafica di un insieme di concetti in relazione tra di loro, seguono la teoria dell’apprendimento costruttivista  organizzare l’informazione appresa, cambiarne in profondità i modi di conoscere. Possono essere di tipo: concettuale, strutturale e mentale. Le mappe didattiche sono la rappresentazione in maniera organizzata delle conoscenze, costituiscono un modo per aumentare l’efficacia dei processi di apprendimento, insegnamento e per la trasmissione dei concetti secondo il metodo puntuale di parole-chiave e concetti didattici. I principali studiosi che si sono occupati di mappe didattiche sono: J. D. Novak, D. B. Gowin, Elio Damiano, Tony Buzan. Nella mappa concettuale ritroviamo una parola che esprime un concetto, è sintetica, le mappe concettuali sono CONNESSIONISTE (ritroviamo connessioni, collegamenti). Il loro fine è rielaborare i concetti e integrarli con conoscenze pregresse, supportare la memorizzazione. Di tale tipologia di mappa si è occupato soprattutto Novak ideatore insieme al suo allievo Bob Gowin. Le connessioni possono essere trasversali  es. si sistema il concetto più generico in alto, poi si diramano concetti meno specifici che a loro volta saranno legati da altri concetti. Quindi, è un modo per rafforzare concetti, idee, riassumerli e creare connessioni. N.b Questa tecnica si basa sulle teorie di Ausubel, il quale ha evidenziato l’importanza delle PRE-CONOSCENZE per l’apprendimento di nuovi conetti Mappa mentale approccio associazionista si parte dall’elemento centrale, si uniscono man mano nuovi elementi verso l’esterno (ad oggi esistono siti che permettono la loro realizzazione digitale come Mindmapper.it). Quindi in tale tipologia di mappa vi è un NODO CENTRALE da cui si parte e si diramano poi altre informazioni. Di tale tipologia di mappa si è occupato Tony Buzan. Nella mappa mentale, tutto gira intorno ad un’idea, proposta, concetto fondamentale, nella didattica posso servire a supportare e facilitare il pensiero creativo, il problem solving, le decisioni. Questa tipologia di mappa è utile sia nella fase di riconoscimento delle idee e della rete che le connette, sia nella fase di recupero e rielaborazione delle informazioni in maniera autonoma e personale. Possono rivelarsi un ottimo strumento da utilizzare con gli studenti BES. Questa mappa può essere un punto di partenza in un processo creativo come un brainstorming di gruppo. La loro struttura può essere gerarchica(strutturata) ciascun elemento è collegato con quello che lo precede o associative (creativa)ciascun elemento è disposto in diversi punti sulla mappa. Mappe concettuali vs. mappe mentali le mappe concettuali seguono un ordine rigido, di tipo causale o temporale, mentre le mappe mentali sono più libere, creative, autonome. Le mappe concettuali posso essere anche strumenti di valutazioni dell’apprendimento: si chiede allo studente di strutturare mappe e schemi, ciò permette di comprendere le dimensioni processuali dell’apprendimento, i conetti che lo studente ha appreso e come li ha appresi. Le mappe possono essere considerate uno strumento di comunicazione interculturale, in quanto consento di rappresentare in forma sintetica e strutturata ambiti di sapere codificati in modo visivo anche per studenti stranieri o nuovi italiani, mette in evidenza i concetti più rilevanti in maniera visiva, quindi svincolato dalla lingua MOTORIA La Commissione dell’Unione Europea, il Parlamento Europeo e il Ministero della Pubblica Istruzione con le Indicazioni Nazionali per il Curricolo 2012, Invitano gli studenti a promuovere, attraverso l’attività motoria, la conoscenza di sé, dell’ambiente e delle proprie possibilità di movimento NUOVE METODOLOGIE D.M.A.I.C costituito da 5 fasi per ottenere miglioramenti DEFINE, MEASURE, ANALYZE, IMPORVE E CONTROL/check. Molto utilizzata per le discipline STEM. PDCA PLAN, DO, CHECK, ACT Ciclo di Demening Ciclo di Shewhart William Edwards Deming utilizzare in maniera ottimale le risorse, rientrata tra le metodologie volte al problem solving. - Plan analizzare la situazione in cui ci si trova e ricercare le cause che hanno generato le criticità. - Do le azioni previste durante il plan vengono messe in pratica. - Check vengono controllate le azioni svolte, se tutto va bene si procede all’ultima fase. - Act in questo caso, a dispetto della fase Do, non si tratta più di una prova, ma si è pienamente convinti di quello che si sta mettendo in atto al fine di creare un cambiamento. Ritroviamo infine, una variante note come OPDCA, dove O indica organizzare, osservare. VALUTAZIONE: IL SISTRMA NAZIONE DI VALUTAZIONE valuta le scuole, il loro operato e fornisce delle linee guida. Viene regolamentata dal DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEL 28 MARZO 2013 N. 80 Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione Art. 6.  viene valutata l’efficienza e l’efficacia del sistema educativo di istruzione e formazione. Il SNV tiene in conto di tre dimensioni: valutazione delle istituzioni scolastiche, valutazione della dirigenza scolastica, valorizzazione del merito professionale dei docenti. Si costituisce dell’INVALSI I-STITUTO N-AZIONALE VAL-UTAZIONE S- ISTEMA I-ISTRUZIONE; INDIREI-STITUTO NAZIONALE PER LA VA-LUTAZIONE DEL SISTEMA DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE (da oltre 100 anni il punto dii riferimento per la ricerca educativa in Italia) supporta le istituzioni scolastiche nella definizione e attuazione dei piani di miglioramento e di didattica innovativi e ricerca educativa; l’istituto sostiene i processi innovativi basi sulla diffusione e sull’utilizzo di nuove tecnologie, attivando progetti di ricerca tesi al miglioramento della didattica e interventi di consulenza e formazione in servizio per il personale scolastico. CONTIGENTE ISPETTIVO del MIUR ispettori inviati dal ministero presso le scuole, ossia dirigenti di seconda fascia del Miur con funzione tecnico-ispettiva che svolgono la propria attività nei nuclei di valutazione. Gli incarichi vengono conferiti dal direttore generale per gli ordinamenti scolastici e l’autonomia scolastica e dai direttori generali degli USR (art. 19 dle d.lgs 165/2001). Uno di questi dirigenti, designato dal direttore generale per gli ordinamenti scolastici, partecipa alla conferenza per il coordinamento funzionale del SNV. Questa carica può essere ricoperta soltanto due volte. Concorrono inoltre la conferenza per il coordinamento funzionale e i nuclei di valutazione esterna costituito da un dirigente tecnico del contingente ispettivo e da due esperti dell’elenco. INVALSI serve per garantire il funzionamento del SNV; proporre protocolli di valutazioni e visite alle istituzioni scolastiche da parte di nuclei di valutazione esterna; SNV può individuare le istituzioni scolastiche che necessitano di supporto e da sottoporre prioritariamente a valutazione esterna. Inoltre, tali prove sono utili alle indagini internazionali e nazionali. In seguito, con l’art. 51 del D.L 5/2012 è stato riconfermato i compiti assegnati dall’ art 213/2009 e art. 1 co. 613, l 296/2006. Questo strumento era stato già costruito nel 2004 con la legge art.1 dgls 286/2004 con l’obiettivo di valutare l’efficacia e l’efficienza del sistema, per garantire un miglioramento. Per l’istruzione e la formazione personale – di competenza regionale- concerneva i livelli essenziali di prestazione. Art.9 del regolamento di riorganizzazione del MIUR 17/2009, prevede che il corpo ispettivo sia composto dai dirigenti scolastici nella funzione tecnico ispettiva. A livello centrale, fanno riferimento al Capo del Dipartimento per l’Istruzione, mentre a livello periferico dipendono dai singoli dirigenti proposti agli uffici scolastici regionali. Possiamo affermare che la scuola è si autonomia ma ad ogni modo regolamentata dallo Stato, il quale si occupa di garantire i diritti degli insegnanti e degli alunni. Approfondimento I risultati ottenuti dal SNV vengono inoltrati ai direttori generali degli uffici scolastici regionali (USR) per la valutazione dei dirigenti scolastici. L’individuazione delle strategie della valutazione del sistema educativo di istruzione sono fornire dal Ministro. INDIRE VS INVALSI Invalsi valuta, INDIRE agenzia che si occupa di proporre ricerca nell’innovazione didattica, quindi di supporto. INVALSI effettua verifiche, studia le cause dell’insuccesso e della dispersione scolastica, predispone i testi della nuova prova scritta, a carattere nazionale, volta a verificare i livelli generali e specifici di apprendimento conseguiti dagli studenti nell’esame di Stato del terzo anno della scuola secondaria di primo grado, valuta i livelli di apprendimento degli studenti a conclusione dei percorsi dell’Istruzione secondaria superiore, utilizzando le prove degli esami di Stato. L’INVALSI è stato decretato ente di ricerca dall’ art. 2 del d.lgs. 286/2004, gode di autonomia amministrativa, contabile ed è posto sotto la vigilanza del MIUR. A tali autonomie si è aggiunta dall’art. 2. D.lgs. 213/2009 l’autonomia statutaria. Ogni istituto scolastico è soggetto a due valutazioni: esterna (soggetto fuori della scuola personale esterno SNV e NVE nucleo valutazione esterno), interna comitato di valutazione interno docenti stessi della scuola (autovalutazione) RAV rapporto di auto-valutazione, questo rapporto è compilato online sul sito del MIUR, accedendo al portale tramite le credenziali apposite di ogni singola scuola. Il nucleo interno di valutazione o N.I.V sono i docenti scelti per svolgere le funzioni relative all’autovalutazione, per assistere il dirigente, definire gli obiettivi, monitorare progressi e altri ruoli di rilevanza. Anche nel PTOF la scuola deve dichiarare le azioni di autovalutazione che intende svolgere. La scuola poi verrà valutata dall’esterno e anche il PTOF redatto dall’INVALSI, come stabilito dal DPR n. 80/2013, il RAPPORTO ESTERNO DI VALUTAZIONE (REV) redatto dall’INVALSI, è indirizzato alla scuola: al Dirigente e al suo staff, la scuola stabilisce se rendere pubbliche o meno le valutazioni e la visita ispettiva. Questa visita ispettiva ha la durata di tre giorni vi è un primo incontro con il dirigente, lo staff, il nucleo interno di valutazione, personale non docente, studenti e genitori, vengono raccolte delle evidenze attraverso interviste individuali e di gruppo, vengono esaminate le documentazioni della scuola; vengono visitati gli spazi della scuola; vi è un ultimo incontro tra dirigente scolastico, staff e nucleo interno di valutazione e breve comunicazione informali sugli esiti della visita. NIV I membri della componente docente sono designati dal Collegio dei Docenti tenendo conto dell’esperienza e delle competenze nel settore della valutazione, gli altri membri sono designati dal Dirigente Scolastico. Questo gruppo sarà composta da 9 membri: 5 docenti, dirigente scolastico, un genitore, uno studente e un a partire dell’anno scolastico 2020/2021, con un numero di ore definito per tale attività obbligatoria. Possiamo individuare 7 tipi di valutazione: - Pre-valutazione obiettivo valutare le conoscenze iniziali del discente; - Valutazione formativa valutare l’impatto formativo sull’allievo, - Valutazione finale o sommativa valutazione finale, complessiva - Valutazione in itinere valutazione a metà, mentre l’azione formativa è in corso; - Valutazione con riferimento alla norma o al progetto o all’obiettivo intermedio di progetto modelli di valutazione programmati in fase di stesura del progetto formativo; - Valutazione ipsativa confronta la performance di uno studente con la media della classe o rispetto a sue performance precedenti - Valutazione con riferimento a criteri o per parametri prefissati valuta i risultati dello studente in confronto con un set prefissato di criteri o di standard di apprendimento. VALUTAZIONE DEGLI STUDENTI NORMODOTATI SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO la valutazione degli alunni della scuola secondaria di secondo grado è regolata dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 giungo 2009 n 122. L’Educazione Civica, dopo la legge del 2019, va valutata autonomamente come disciplina a sé. Voto di condotta solo nella scuola secondaria di secondo grado è espresso con un valore numerico. La valutazione del profitto deve essere coerente con gli obiettivi delineati nel PTOF, con le Indicazione nazionali per i licei- se parliamo di uno die 6 licei- e con le Linee guida per gli Istituti tecnici e professionali - se parliamo degli I.T.P- VALUTAIONE STUDENTI SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO è stata modificata con il decreto legislativo 62/2017 attuativo della Legge 107/2015. La valutazione è espressa in decimi. N.B la valutazione degli alunni con disabilità certificata è correlata agli obiettivi individuati nel Piano educativo individualizzato mentre la valutazione degli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento terrà conto del Piano didattico personalizzato (PDP). SCUOLA PRIMARIA giudizio descrittivo 4 livelli di apprendimento avanzato, intermedio, base, in via di prima acquisizione. Per essere ammessi alla classe successiva gli alunni devono aver frequentato almeno i tre quarti del monte orario annuale personalizzato. Per essere ammessi all’esame di Stato gli alunni, oltre ad aver frequentato i tre quarti del monte orario annuale personalizzato, devono aver partecipato alle prove Invalsi, che si svolgono nel mese di aprile e non essere incorsi nella sanzione disciplinare che prevede l’esclusione dall’esame. Durante lo scrutinio finale i docenti del consiglio di classe attribuiscono all’alunno un voto di ammissione che fa riferimento al percorso scolastico triennale. Può essere anche inferiore a 6/10. La valutazione degli apprendimenti disciplinari avviene tramite: prova scritta, orale o prove pratiche. Diversi sono gli strumenti adottati per valutare le COMPETENZE ossia le conoscenze acquisite,  il docente deve creare situazioni nuove dove il discente può applicare ciò che ha interiorizzato, ad esempio il docente può proporre: - PROVE DI REALTà risolvere situazioni nuove, vicino al reale lo studente deve trasferire le conoscenze in contesti diversi da quelli della pura pratica didattica; - Osservazioni sistematiche condotte dall’insegnante al fine di attestare il processo che compie l’alunno per arrivare alle competenze; - Autobiografie cognitive l’alunno dovrà analizzare il percorso effettuato, cosa lo ha portato ad effettuare date scelte. I docenti per la valutazione delle competenze e delle prove ad esse collegate si avvalgono di una serie di RUBRICHE costruite appositamente sulla base delle competenze che si vogliono verificare. EFFETTO ALONE alterazione del giudizio di valutazione fatto dal docente, parliamo di una distorsione nella valutazione “il professore mi ha preso sott’occhio”. È un tipo di bis cognitivo, si tratta di una sorta di pregiudizio in cui la percezione di un tratto di carattere dello studente (vivacità, accento, modo di vestire) influenza in maniera positiva o negativa la percezione di altre caratteristiche. Diverso è il caso PIGMALIONE o anche detto effetto Rosenthal un soggetto tende ad adattarsi alla considerazione che gli altri hanno di lui e a comportarsi di conseguenza. Altra tipologia errata di valutazione è l’EFFETTO DI CONTRASTO non viene data una valutazione oggettiva, ma viene effettuato un confronto con la prestazione degli altri o con la prestazione che l’insegnante ritiene ideale. EFFETTO DISTORSIVO DOVUTO A INERZIA il docente si è fatto un’idea dell’alunno e la mantiene; EFFETTO DISTORSIVO DOVUTO A INDULGENZIA buonismo del docente, tende a dare giudizi positivi per evitare di sentirsi in colpa; EFFETTO ALTALENA giudizi alti, ora bassi in base alla difficoltà della prova, prova difficile= voto basso. EFFETTO STEREOTIPIA il docente ha uno stereotipo sul discente, è così e sarà sempre così. Non ammette che lo studente possa cambiare. EFFETTO TENDENZA CENTRALE la tenza a usare valori centrale “6 politico”. GRANT WIGGINS VALUTAZIONE ALTERNATIVA O AUTENTICA secondo il pedagogista la valutazione è autentica quando si analizza la prestazione dello studente in compiti intellettuali significativi e reali. Attraverso la valutazione autentica, messa in atto chiedendo allo studente di muoversi in una situazion reale, è possibile comprendere se gli studenti abbiamo appreso effettivamente quanto spiegato e se sono in grado di utilizzarli per lo svolgimento di compiti reali. APPRENDIMENTO SITUATO studia la relazione tra apprendimento e situazioni concrete e reali, il suo obiettivo è abbattere le mura dell’aula per creare una continuità tra scuola e vita reale. Compito autentico simulano la realtà es in un alberghiero si cucina a scuola; Compito di realtà sono svolti nella realtà stessa, es andare in una fattoria. N.b i primi possono essere proposti anche online, i secondi no. Il compito autentico Authentic Task è uno strumento didattico utilizzato per rilevare e quindi valutare le competenze degli studenti secondo il modello CSSC Costruttivo, auto-regolato, situato, collaborativo. Coinvolge gli studenti su di una situazione e pratica reale. Si lega anche alle attività di PCTO percorsi per la competenza e l’orientamento trasmette conoscenze e competenze non in un ambiente astratto, teorico ma attraverso abilità pratiche per affrontare argomenti rilevanti e applicabili alla loro vita, fuori dalla scuola. Questi compiti forniscono l’occasione di collaborare. I principali studiosi del compito autentico sono: Reeves, Herrington e Oliver, questi parlano di situated cognition. studente, 4 livelli di padronanza per ogni profilo, comprende la sezione per i livelli conseguito nelle prove nazionali INVALSI. N.B nella valutazione degli studenti di I grado il voto di comportamento non è espresso in decimi variazione effettuata con le norme introdotte ad aprile 2017. [Certificazione in breve viene rilasciata dopo le scuole primarie, secondaria I grado e dopo i primi due anni di superiori. Per primaria e media abbiamo 4 livelli: avanzato, intermedio, base, iniziale nelle superiori non vi è il livello iniziale, il consiglio docenti può stabilire “base non raggiunto” in questo caso non viene rilasciato il certificato. Nel caso di studente disabile certificato il modello nazionale può essere accompagnato da una nota esplicativa che spieghi]. INVALSI le prove INVALSI rappresentano uno dei requisiti d’ammissione all’esame di maturità. Si svolgono al PC e prevedono 3 diversi test: italiano, matematica e inglese. L’obiettivo è avere un’idea generale dei livelli di apprendimento. Sono anonime, ma la scuola ha attribuito un codice alfanumerico identificativo ad ogni studente, conosce il risultato di ogni studente e per primo circolo lo mette nella valutazione invalsi della materia. Vengono svolte: - Classe seconda primaria matematica, italiano; - Classe V primaria matematica, italiano, inglese; - Classe III I grado italiano, matematica, inglese; - Classe II II grado italiano; matematica; - Classe V II grado italiano, matematica, inglese. EQF/QNQ quadro nazionale delle qualificazioni professionali EQFcomprende i livelli di qualificazione, il livello aumenta in funzione della competenza, il livello 1 è il più basso e l’8 è il più alto. È strettamente collegato ai quadri nazionali delle qualificazioni. VOTO DI CONDOTTA O COMPORTAMENTO la normativa che ripristina, dopo che era stata abolita con la legge n. 517 del 1977, la valutazione decimale per la condotta o comportamento scolastico è la legge n.169 del 2008. Inizialmente, la legge aveva introdotto l’attribuzione del voto numerico anche nella secondaria di I grado. Il Decreto ministeriale n.5 Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Roma, 16 gennaio 2009, introduce una griglia per l’attribuzione del voto di condotta. Prima dell’Ottobre 2023 il voto di condotta nella secondaria di I grado era espresso in un giudizio e nella secondaria di II grado con numeri, mentre a seguito del Governo Meloni e la riforma 2023 sono entrambi numerici. NUOVE NORME SETTEMBRE 2023 ci sono stati cambiamenti voluti dal Ministro Vladitare Nella secondaria di II grado lo studente a cui è dato 6 sarà rimandato a settembre e dovrà presentare un elaborato critico in materia di Cittadinanza. Solo chi prende 9 o 10 in condotta avrà diritto a ottenere il massimo dei crediti scolastici che andranno poi a fare media nel calcolo del voto finale di maturità. L’alunno che ha subito fino a due giorni di sospensione dalle lezioni svolgerà attività scolastiche sui temi legati ai comportamenti da bulli o di devianza, dovrà presentare un elaborato finale di spiegazione e comprensione, insieme ad attività di cittadinanza solidale presso delle strutture convenzionate. VALUTAZIONE DIFFERENZIATA E VALUTAZIONE PERSONALIZZATA La valutazione differenziata può essere fatta solo in presenza di una programmazione differenziata che consiste in un piano di studio e con prove ed obbiettivi di apprendimento personalizzato come stabilito dal P.E.I. La programmazione differenziata va fatta per ogni singola materia e gli alunni disabili con PEI vengono valutati con voti che sono relativi unicamente al PEI stesso. La valutazione individualizzata o differenziata riguarda: studenti con disabilità la valutazione viene ricondotta alla programmazione differenziata come prevista dal PEI; Studenti con D.S.A la valutazione è condotta in base a quanto previsto nel PDP; Studenti con BES in situazione di svantaggio non certificati ma a cui il Consiglio di Classe ha deciso per PDP. VALUTAZIONE PERSONALIZZATA DELL’ALUNNO: - Alunni con disabilità (art. 3 legge 104/1992) - Disturbi specifici dell’apprendimento DSA (art. 1 legge 170/2010) - Alunni con BES (Direttiva del 27 dic 2012, C.M 8/2013 N.B Il PEI solo difronte a certificazioni di disabilità legge 104/1992 mentre il PDP obbligatorio in caso di certificazione medica DSA o altri disturbi assimilabili. Con la DM 27 dicembre 2012 e la Circolare del 6 marzo 2013 si estende la personalizzazione della didattica al BES SVANTAGGIO e minori non accompagnati. La valutazione del consiglio di classe per tutti gli altri casi non certificati indica la possibilità del PDP anche per i casi di studenti BES in situazioni di svantaggio socioculturale o linguistico. EDUCAZIONE CIVICA La legge 92/2019 ha reso obbligatoria la materi Educazione Civica in tutti gli ordini scolastici a partire dall’anno scolastico 2020/21 con voto e valutazione. L’educazione civica è una materia di tipo trasversale obbligatoria e mira alla cittadinanza attiva, comprende la conoscenza e la comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civili e ambientali della società. Il monte delle ore è almeno 33 in un anno, elevabili fino a 40 su autorizzazione dell’Ufficio scolastico regionale. Nel tempo prolungato il monte è di 36 ore settimanali. Tra gli assi attorno a cui ruoterà l’Educazione civica: lo studio della Costituzione, lo sviluppo sostenibili, la cittadinanza digitale. PATTO DI CORRESPONSABILITà è siglato dai genitori, studenti (se scuola secondaria) e scuola. Attualmente è in vigore in ogni ordine e grado. È un documento-firmato da genitori e studenti- che enuclea i principi e i comportamenti che scuola, famiglia, alunni condividono e si impegnano a rispettare. Quindi, stabilisce un’interazione tra scuola e famiglia. Viene introdotto dalla legge 21 novembre 2007 n.235, in seguito con la legge 20 agosto 2019 n 92,  “Introduzione dell’insegnamento scolastico alla educazione civica” ha esteso il Patto educativo di corresponsabilità anche alla scuola primaria. L’obiettivo di questo patto è impegnare la famiglia, fin dal momento dell’iscrizione, a condividere con la scuola i nuclei fondanti dell’azione educativa. Questa caratteristica lo oppone al Regolamento d’Istituto dove sono elencate le regole che gli studenti devono rispettare. Il patto può essere modificato al Consiglio d’istituto dove sono rappresentante le componenti dalla comunità scolastica vi compresi, genitori e studenti. Il DPR 235/2007 nella art.3 del Secreto, sottolinea che, al momento dell’iscrizione, ai genitori e agli studenti viene richiesta la sottoscrizione del Patto. Questo è elaborato da ogni istituto secondo la sua discrezionalità e può cambiare in anno in anno. NB. Il patto di corresponsabilità non potrà mai configurarsi quale strumento giuridico attraverso il quale introdurre delle clausole di esonero della responsabilità riconducibile in capo al personale scolastico in caso di violazione del dovere di vigilanza. STATUTO DELLE STUDENTESSE E DEGLI STUDENTI DELLA SCUOLA SECONDARIA è la carta fondamentale degli studenti che frequentano la scuola secondaria italiana, è stato emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 249 24 giugno 1998. PI viene introdotto nel 2017, fa parte del PTOF e si occupa solo degli alunni disabili. Questo documento è parte sostanziale obbligatoria e costitutiva del PTOF, obiettivo del PI è garantire il diritto all’istruzione e i necessari supporti agli alunni BES, non accompagnati, migranti, Nuovi Italiani e Studenti Disabili. ma anche studenti con svantaggio socioeconomico, studenti plus-dotati, iperattivi. Scopo del Piano dell’Inclusione è far emergere criticità e punti di forza degli studenti BES e proporre misure dispensative o di verifica e di valutazione adeguate alle loro difficoltà. Quindi, rivela tutti gli interventi educativi e le strategie didattiche adottate dalla scuola in materia di inclusione scolastica. N.b con la legge del 13 luglio 2015 la n.107 il piano per l’inclusione viene introdotto nel PTOF, pubblicata poi nel 2017, quindi la legge è del 2015 ma gli otto decreti attuativi sono del 2017, in particolare l’ultimo decreto parla dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità. NB. Mentre il PAI si occupa di tutti gli alunni in generale come progetto inclusione, il PI si occupa espressamente di quelli disabili. PTOF è elaborato dal collegio dei docenti e deve essere approvato dal Consiglio d’Istituto. INTRUCTIONAL DESIGN disegna classi ed ambienti di apprendimento a partire dai bisogni educativi e formativi degli studenti, si lavora alla formazione e costruzione del miglior ambiente di apprendimento possibile. L’operatore che si occupa del progetto è: instructional designer, il quale opera secondo il modello: ADDIE: -A Analisi dei bisogni educativi e formativi; -D Design Progettazione degli interventi educativi; -D Development Sviluppo e messa in opera della fase di progettazione; -IImplementation Implementazione della stessa fase di sviluppo; -E Evaluation Valutazione del processo ed eventuale feedback UNIVERSAL DESIGN FOR LEARNING simile all’Instructional Design ma è più concentrato sull’apprendimento e sulle sue dinamiche che sul modello scuole come invece l’Instructional Design. Universal design for learning è un insieme di principi e linee guida per lo sviluppo di programmazione che cercando di dare a tutti gli individui pari opportunità di apprendere. Obiettivo dell’UDL è proporre, attraverso l’utilizzo delle tecnologie, soluzioni innovative per l’apprendimento degli studenti con disabilità in modalità compensative e dispensative. UDL per la creazione di ambienti didattici, risorse e materiali che valgono per tutti gli studenti BES; quindi non una sola soluzione unica per tutti, ma approcci flessibili che possono essere personalizzati e adattati e che favoriscono la partecipazione, il coinvolgimento e l’apprendimento a partire dai bisogni e delle capacità personali. L’obbiettivo è creare, disegnare, pensare progettare Ambienti di apprendimento universale per tutti. 5 STAR RATING SCALE David Merrill studia la didattica a distanza e individua 5 principi dell’istruzione basata sulle teorie dell’Instructional Design. Il modello elaborato da Merrill prevede 5 punti: 1. Problem – individuazione del problema- 2. Activation  si attiva e si stimola lo studente che così attiva le conoscenze pregresse o esperienze precedenti; 3. Demonstration viene fatto osservare ciò che deve venire appreso; 4. Application gli studenti applicano le nuove conoscenze o abilità per risolvere problemi; 5. Integraation gli studenti sono incoraggiati a integrare le nuove conoscenze o abilità nella vita reale. INDEX è uno strumento tramite cui le scuole possono operare un’auto-analisi ed una auto-riflessione sul grado di inclusione che garantiscono. Se questo inidice dovesse risultare basso Index indica come apportare cambiamenti. Index per l’inclusione è una proposta metodologica e di analisi sviluppata da Tony Booth e Mel Ainscow. LE TRE TIPOLOGIE DI B.E.S BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI: 1. BES 1 STUDENTI DISABILI Difficoltà di apprendimento dovute a disabilità/deficit/menomazione/disturbi del neurosviluppo/disturbi non specifici disabilità certificata (legge 104/92)  PEI per studenti disabili  COMPETENZE SPECIFICHE DOCENTI SPECIALIZZATI 2. BES 2 DSA DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO sono 4 (Legge 170/2010 e succ) Competenze docenti curriculari 3. BES 3 SVANTAGGIO Difficoltà di apprendimento di natura socio- economiche, ambientali e/o linguistiche  competenza docenti curriculari DSA: Dislessia (difficoltà nella lettura, nella decifrazione dei segni linguistici); disgrafia (difficoltà nella realizzazione grafica del segno di scrittura); disortografia (difficoltà nella transcodifica del linguaggio, errori ortografici con le regole della lingua); discalculia (difficoltà negli automatismi del calcolo e nell’elaborazione dei numeri). I DSA indicano problemi o disturbi di apprendimento che hanno a che fare con la: fonologia, morfologia. Gli alunni DSA vengono tratti con le misure dispensative e compensative previste per la loro valutazione personalizzata durante il PDP della legge 170/2010. Nel 2022 sono state elaborate nuove linee guida per la gestione del DSA, verrà aggiornata dopo 10 anni. Questa è stata pubblicata il 25 gennaio 2022 ma rivisitata nel marzo 2022 con il contribuito di diverse associazioni. Importanti precisazioni sono state effettuate in relazione al DISTURBO DI COMPRENSIONE DELLA LETTURA, per la valutazione e la diagnosi di DSA negli studenti bilingui e dei NAI (nuovi arrivati in Italia), tratta anche la valutazione e diagnosi dei DSA nei giovani adulti. In contemporanea è stato costituto un Gruppo di Lavoro, denominato “Libro Bianco” con lo specifico compito di analizzare lo stato di attuazione delle Raccomandazioni esistenti e delle Normative vigenti in relazione al tema dei DSA. Vi sono studenti che pur non essendo DSA vengono classificati come BORDERLINE (a cavallo tra le due categorie di BES senza essere Disabili). Il borderline è uno studente di difficile classificazione o che in fase evolutiva, cioè di crescita, cambia la sua situazione, che può migliorare andando verso la normalità, o peggiorare andando verso la disabilità. La diretta “STRUMENTI D’INTERVENTO PER ALUNNI CON BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI E ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE PER L’INCLUSIONE SCOLASTICA” ha esteso ed assimilato ai DSA altri disturbi evolutivi, affermando che essi, benché non esplicitati dalla Legge n.170/2010 hanno diritto ad usufruire delle stesse misure (direttiva del 2012), questa normativa ad esempio sarà estesa agli alunni GIFTED nel 2019 (alunni spessi rumorosi con difficoltà relazionali, emotive, comunicative che spesso nascondono un maggior potenziale cognitivo. NB. Come per i DSA anche i borderline vengono certificati dal medico non è mai la scuola a dire se uno studente è borderline o DSA. Le misure di supporto, previste dalla diretta 2012 possono essere attuate anche in attesa della diagnosi se la famiglia comunica tempestivamente alla scuola l’avvio dell’iter e la sua successiva conclusione. NB. Sebbene la certificazione possa essere disposta soltanto dal medico, vi sono alunni per i quali non è stata fatta richiesta di diagnosi da parte della famiglia. Il consiglio di classe è sovrano nel decidere se fare o meno un PDP per alunni con bisogni educativi speciali che non ricadono sotto l’ombrello della legge 104/1992 o della legge 170/2010. Se poi la famiglia non lo Autonomia organizzativa  art.5 le istituzioni scolastiche adottano ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale, sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di ciascun indirizzo di studio; Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo art.6 quota di istituto del 20%  curriculum locale decide ogni singola scuola una parte delle lezioni o materie da offrire in modo flessibile. UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE Al Ministero dell’Istruzione e del Merito sono attribuite le funzioni e compiti spettanti allo Stato in materia di istruzione scolastica, universitaria e alta formazione artistica, musicale, di ricerca scientifica e tecnologia. Svolge inoltre, funzioni di regolazione, supporto, valorizzazione delle autonomie riconosciute alle istituzioni scolastiche, universitarie e di ricerca. Per la complessità delle sue funzioni questo opera con uffici territoriali UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE. All’interno di questa struttura opera un corpo ispettivo costituito da dirigenti. USR è dotato di autonomi poteri di spesa, nel quadro normativo delle attribuzioni, formula le proposte del fabbisogno finanziario e strumentale al Dipartimento per la programmazione. COMPITI E FUNZIONI DELL’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE, Art. 7 DPR 260/07: 1. Vigila sul rispetto delle norme generali sull’istruzione, procedono alla verifica e valutazione sia della legittimità che regolarità della spesa. 2. USR cura l’attuazione delle politiche nazionali per gli studenti (azioni di prevenzione e di contrasto della dispersione scolastica, servizi a sostegno delle attività promesse dagli studenti, rapporto scuola-sport) 3. Esercita la vigilanza sulle scuole non statali paritarie e non, esercita la vigilanza sulle scuole straniere in Italia 4. Supporto la flessibilità organizzativa, didattica e di ricerca delle istituzioni scolastiche. 5. Svolge attività di verifica e vigilanza al fine di rilevare l’efficienza delle attività delle istituzioni scolastiche e di valutare il grado di realizzazione dell’offerta formativa. CONSIGLIO SUPERIORE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE: FUNZIONI, COMPITI E STRUTTURA: L’unitarietà del sistema nazionale dell’istruzione è garantito dal Consiglio Superiore della pubblica istruzione. Esprime pareri facoltativi sull’organizzazione generale dell’istruzione. Le tematiche da sottoporre al Consiglio sono determinate dal Presidente, sentito l’Ufficio di Presidenza, o proposte da almeno cinque consiglieri vincolati all’approvazione del Consiglio stesso. ORGANI COLLEGGIALI: - Organi collegiali centrali- riguardano il Ministero come il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione istituito dal DPR n. 416 del 31 maggio 1974 che ha sede a Roma, presso il MIUR e svolge la funzione di garante dell’unitarietà e degli standard del sistema nazionale dell’istruzione. - Organi collegiali regionali- riguardano la Regione come il Consiglio Regionale dell’Istruzione, istituito presso ogni USR che ha competenze consultive e di supporto all’Amministrazione a livello regionale e delibera sull’autonomia delle istituzioni scolastiche, sulla mobilità del personale e l’attuazione di provvedimenti a livello regionale. - Organi collegiali locali- riguardano la Scuola sono quelli presenti all’interno di ogni scuola o istituzione scolastica, rappresentano docenti, studenti, genitori e hanno funzioni diverse. N.B LA LEGGE CHE ISTITUISCE GLI ORGANI INTERNI è LA LEGGE n.416 1974. Gli organi sono diversi in base al grado: *consiglio di circolo (scuola primaria) *Consiglio di Istituto (scuola secondaria) *Collegio dei docenti (scuola secondaria II grado) *Consigli di intersezione, interclasse e di classe (scuola primaria) *Comitato per la valutazione dei docenti; *Assemblee studentesche (scuola secondaria di II grado) *Assemblee dei genitori N.b Omnicomprensivo può ospitare più ordini, in base all’ordine abbiamo tre tipi di CdC “consigli di classe dei docenti della classe” -esso si articola in: *Consigli di Intersezione (per la Scuola dell’Infanzia); *Consigli di Interclasse (per la Scuola Primaria); *Consigli di Classe (per la Scuola Secondaria). NORME RELATIVA AGLI ORDINI COLLEGGIALI: L’art.1 del DPR del 31 maggio 1974 n.416 istituisce gli organi collegiali in modo da garantire la partecipazione nella gestione della scuola. Art.25 comma 6 Decreto Legislativo 30 marzo 2001 Il Consiglio d’istituto rappresenta l’organo con poteri di indirizzo e di controllo che si occupa dell’assetto organizzativo e strutturale della scuola a cui il Dirigente “presenta periodicamente una relazione sulla direzione e il coordinamento dell’attività formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia informazione. Nei casi in cui si verifica uno scioglimento dei consigli di circolo o d’istituto e nel caso di nuove istituzioni, il Provveditore agli Studi, sentito il consiglio scolastico provinciale, nomina un commissario per l’amministrazione straordinaria”. CONSIGLIO DI CLASSE SCUOLA SECONDARIA DI II GRADO: La convocazione viene fatta dal Dirigente scolastico con un preavviso scritto di almeno 5 giorni prima (2 in caso di urgenza) e con indicazioni dell’ordine del giorno, della durata e dell’ora di inizio. Nel Consiglio in cui ci sono anche genitori e rappresentanti di classe, non si può parlare di casi singoli ma soltanto della situazione generale, si discute sulla situazione dei soli alunni durante i Consigli chiusi riservati ai soli docenti, le Commissioni disciplinari e il Consiglio d’Istituto. Attraverso i rappresentanti (genitori e studenti) il Consiglio di classe, informa agli studenti e alle famiglie l’andamento della classe. I rappresentanti dei genitori e degli studenti riferiscono al Consiglio le richieste e evidenziano le problematiche della classe. Pertanto, il Consiglio ha anche lo scopo di favorire i rapporti con gli alunni e le famiglie. FORMAZIONE Il consiglio di classe è formato da 4 rappresentanti dei genitori nella scuola Secondaria di I grado e due rappresentanti dei genitori e due rappresentanti degli studenti nella scuola Secondaria II grado. I Consigli di classe si riuniscono secondo il PIANO DELLE ATTIVITà proposto dal Dirigente e votato dal Collegio dei Docenti rispettando il tetto massimo fissato a 40 ore. Il Consiglio di classe delle scuole secondarie di I e II è verbalizzato da un coordinatore e un segretario. COMPITO Tra i compiti del Consiglio di classe rientra la predisposizione della Programmazione educativo-didattica in cui si stabiliscono tutte le attività che i docenti di classe intendono portare avanti con gli studenti, esplicitando modalità, metodologia, mezzi e strumenti, in sintonia con quanto previsto in sede di Dipartimenti disciplinari e in armonia con le indicazioni contenute nel P.O.F dell’Istituto II, il Consiglio di classe formula inoltre, le proposte per l’adozione dei libri di testo. Quando esercita la competenza in materia disciplinare il Consiglio di