Scarica Domande e Risposte esame "Didattica e Pedagogia Speciale per l'Inclusione" e più Sintesi del corso in PDF di Didattica generale e speciale solo su Docsity! DOMANDE APPUNTI DELLE LEZIONI (18) 1) Che differenze ci sono tra le classi differenziali e le classi speciali? A partire dagli anni 60’, sorsero un po’ ovunque, le classi speciali e le classi differenziali. Nelle classi differenziali gli alunni con disabilità o affetti da disturbi dell’apprendimento venivano istruiti in una classe a parte con un insegnante non specializzato. Nelle classi speciali invece c’era il vantaggio per gli alunni con disabilità di essere seguiti da maestri competenti, lo svantaggio era l’impossibilità di relazionarsi con altri bambini. In nessuna delle due classi però veniva promossa l’integrazione. 2) ICF: cos’è e a cosa serve. L’ICF è la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability and Health) adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2001. Il modello ICF si pone come anello di congiunzione dei due modelli precedenti: individuale e sociale. MODELLO INDIVIDUALE: definito anche “medico”, tende a vedere la disabilità come un problema dell’individuo che richiede un intervento specifico da parte di professionisti. Viene associato con l’ICIDH (Classificazione Internazionale di Menomazioni, Disabilità e Handicap, International Classification of Impairment, Disability and Handicap) dell’OMS del 1980. In tale pubblicazione veniva fatta una distinzione tra: - Menomazione → impairment → perdita o anomalia strutturale o funzionale, sia di tipo fisico che psichico; - Disabilità → disability → limiti nello svolgimento di attività secondo i parametri considerati tipici; - Handicap → situazione di svantaggio che limita o impedisce di giungere alla condizione sociale ritenuta adeguata. La menomazione determina la disabilità e la disabilità causa l’handicap. Nel 1997 è stata apportata una modifica all’ICIDH, denominata ICIDH-2, con lo scopo di correggere l’impostazione lineare fra i concetti di menomazione, disabilità e handicap, introducendo il concetto di partecipazione attiva, che poi sarà centrale nel modello proposto con l’ICF. La disabilità viene concepita come una mancanza che deve essere compensata in modo da garantire all’individuo una vita il più possibile vicina a quella tipica. In questo modo vi è il rischio che l’identità della persona venga confusa con la condizione patologica. Si determina una contrapposizione fra quello che viene considerato normale e quanto non lo è. 1 MODELLO SOCIALE: prende avvio dell’attivismo politico promosso da persone con disabilità, con l’intento di opporsi alla visione della disabilità come uno svantaggio causato da menomazioni personali spostando l’attenzione sul ruolo disabilitante esercitato dalle barriere sociali. È la società che deve essere ridisegnata affinché prenda in considerazione i bisogni delle persone con disabilità. Dal modello sociale deriva la disciplina denominata Disability Studies che mette in discussione l’assunto che lega l’avere una menomazione con l’essere disabile. L’obiettivo è quello di promuovere il cambiamento della società, in particolare dell’organizzazione scolastica. L’ICF, invece, considera come elemento centrale il concetto di salute, ideale che nessun individuo sperimenta in modo completo in quanto, in momenti diversi della sua esistenza può manifestare difficoltà del suo “funzionamento”, in grado di rendere complesso il processo di partecipazione sociale. L’approccio utilizzato è di tipo biopsicosociale: tenta si arrivare a una sintesi in grado di fornire una prospettiva coerente delle diverse dimensioni della salute a livello biologico, individuale e sociale. Considera due tipi di fattori alla base del funzionamento di ogni individuo: 1. FATTORI PERSONALI: gli attributi caratteristici di ogni persona (funzioni e strutture corporee); 2. FATTORI AMBIENTALI: includono il contesto fisico e sociale e l’impatto dei comportamenti di ognuno. 3) Che cos’è il comportamentismo e quali sono le due forme di apprendimento preponderanti del comportamentismo? Il comportamentismo (Behaviourism) è una teoria meccanicistica che nasce nei primi anni del 900’. Nel comportamentismo la mente e il cervello vengono definiti come una “scatola nera” (black box), ossia un dispositivo le cui operazioni interne non possono essere indagate e di cui sono rilevabili solo gli input (stimoli in entrata) e gli output (risposte in uscita). Il comportamento è la risultante di uno stimolo ambientale: in presenza di alcuni stimoli avvengono determinate risposte. Le due forme di apprendimento che si sono distinte nel comportamentismo sono il condizionamento classico e quello operante. Con il termine condizionamento si designa il meccanismo in base al quale l’associazione ripetuta di uno stimolo neutro con una risposta non correlata direttamente ha come conseguenza la presenza della risposta dopo tale stimolo. CONDIZIONAMENTO CLASSICO → i cani di Pavlov Pavlov associa il cibo al suono di un campanello. Il suono del campanello (fatto seguire dalla presenza del cibo) attiva la salivazione del cane, come risposta condizionata al solo suono. Il campanello all’inizio era uno stimolo neutro, con il ripetersi dell’azione era diventato uno stimolo condizionante per il cane che gli preannunciava l’arrivo del cibo. Con l’esperimento sui cani, mette in evidenza che dopo aver posto uno stimolo, ripetuto più volte, si avrà sempre una risposta. 2 - Borderline (disturbo di personalità); - Spettro autistico lieve (esasperger); - Disturbo oppositivo/provocatorio; - Disturbi d’ansia; - Disturbi dell’umore. Certificati dall’ASL (Aziende Sanitarie Locali) o enti accreditati e verbalizzati dal consiglio di classe; NO insegnante di sostegno; Situazione a carattere permanente; A scuola si redige il PDP (Piano Didattico Personalizzato). 3. BES-BES (D.M. 27/12/2012) Svantaggio linguistico-culturale-socio-economico. Individuati e verbalizzati dal consiglio di classe/team docenti; NO insegnante di sostegno; Situazione a carattere transitorio; A scuola si redige il PDP (Piano Didattico Personalizzato). 9) Legge 170 del 2010, normativa sui DSA La Legge 8 ottobre 2010, n. 170 La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e a discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati “DSA”. DISLESSIA → disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nell’imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura. DISGRAFIA → disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella realizzazione grafica; DISORTOGRAFIA → disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei processi linguistici di transcodifica; DISCALCULIA → disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e dell’elaborazione dei numeri. In un recente passato, negli ambienti scolastici, gli alunni con una di queste difficoltà venivano etichettati come soggetti con “mancanza di volontà e/o impegno”, “pigri”, “senza interessi”. Le linee guida allegate alla legge 170/2010, emanato il 12.07.2011, invitano chi si relaziona con questi disturbi, per motivi professionali, a comprendere come il bambino con DSA abbia stili cognitivi che seguono modalità di apprendimento che non sono quelle comuni. Gli studenti con DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi, di una didattica individualizzata e personalizzata, che tenga conto delle peculiarità degli allievi e di adeguate forme di verifica e di valutazione. STRUMENTI COMPENSATIVI → si intendono dispositivi didattici e tecnologici in grado di sostituire o facilitare la prestazione richiesta nell'abilità deficitaria. Tali strumenti sollevano l'alunno da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo senza facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo. 5 STRUMENTI DISPENSATIVI → sono interventi che consentono all'allievo di non svolgere alcune prestazioni che, sempre a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l'apprendimento. Per esempio non è utile far leggere ad un alunno con dislessia un lungo brano in quanto l'esercizio non è in grado di per sé di migliorare la sua prestazione nella lettura. Le attività di recupero individualizzato, le modalità didattiche personalizzate, e gli strumenti compensativi e dispensativi dovranno essere esplicitate e formalizzate all’interno del Piano Didattico Personalizzato (PDP), al fine di assicurare uno strumento utile alla continuità didattica e alla condivisione con la famiglia delle iniziative intraprese. 10) Quali sono le competenze di un insegnante? Le competenze di un insegnante consistono nell’ascolto, osservazione, orientamento, sostegno, oltre a quelle propriamente culturali, didattiche e tecniche. Il maestro deve essere duttile, flessibile, non deve stimolare la velocità ma la riflessione. Il docente non deve essere trasmettitore di conoscenze ma facilitatore degli apprendimenti, poiché nella trasmissione si perde la riflessione personale. Si parla di CO-COSTRUZIONE degli apprendimenti. 11) Cos’è il Cooperative Learning? Il Cooperative Learning è una strategia didattica tramite la quale piccoli gruppi eterogenei di studenti interagiscono e collaborano tra di loro, per raggiungere un obiettivo comune, migliorando le relazioni sociali, quali l’autostima e la capacità di lavorare in un team. Promuovere esperienze di apprendimento cooperativo in piccoli gruppi rappresenta un ausilio importante per la finalità di costruire una scuola sempre più inclusiva. Esistono diverse modalità di Cooperative Learning ma quella più usata nella scuola italiana è il “Learning together”, ideato intorno agli anni 60 negli Stati Uniti dai fratelli Johnson. 12) Come presentare la diversità ad un bambino? Facendo comprendere ad ogni bambino che la normalità è astratta. L'inclusione non mira all'accettazione del "bambino diverso", perché secondo il modello inclusivo ogni bambino lo è. L'inclusione è dunque valorizzazione delle diversità. 6 13) Si può parlare di una differenza tra integrazione ed inclusione? L'inclusione è un concetto ben più ampio rispetto all'integrazione, che si riferisce ad una relazione biunivoca che vi è tra il soggetto integrato ed il gruppo integrante, riferendosi quindi ad un soggetto specifico che si coordina al gruppo classe. L'inclusione punta a considerare tutti uguali nei diritti di partecipazione, considerando l'importanza di dare a tutti le stesse opportunità, ma tutti diversi nel proprio funzionamento. L'inclusione non mira all'accettazione del "bambino diverso", perché secondo il modello inclusivo ogni bambino lo è. L'inclusione è dunque valorizzazione delle diversità. 14) E’ meglio preferire uno studio raggruppato o distanziato? Studio continuativo o studio con distacco? E’ da preferire uno studio di tipo distanziato, in modo che il proprio sistema di elaborazione genera delle nuove conoscenze e si può personalizzare il proprio sapere. Inoltre, bisogna distaccare lo studio attraverso delle pause, in modo favorire l’elaborazione. Le informazioni che si recepiscono dall’esterno, si uniscono al sapere iniziale della persona: il periodo di stasi tra le informazioni esterne con il nucleo iniziale è importantissimo per combinare il tutto ed ottenere sempre conoscenze nuove. E’ anche importante ripassare a libro chiuso, per capire quali concetti sono rimasti nella memoria e quali, invece, vanno approfonditi: in questo modo si studierà in maniera proficua e le informazioni passeranno nella MLT. 15) Quali obiettivi si pone la scuola dell’inclusione? 1) Diritto all’educazione/istruzione per tutti; 2) Diritto all’inclusione. È una scuola che adotta un modello di tipo antropologico, perché pone l’individuo al centro del processo formativo. 16) Come viene vista la punizione in ottica comportamentista? La punizione rappresenta quel rinforzo negativo che va a diminuire la frequenza del comportamento, producendo apprendimento. Un esempio di rinforzo negativo lo ritroviamo nei famosi esperimenti condotti da Skinner, il quale utilizzava piccole scosse elettriche che miravano a estinguere alcuni comportamenti. 7 21) Cosa è il Documento Falcucci e cosa stabilisce? Nel 1974 viene istituita una commissione ministeriale presieduta dalla senatrice Franca Falcucci, per studiare l’inserimento dei bambini con disabilità nella scuola comune. Nel 1975, viene elaborata la relazione finale nella quale si pone il problema del superamento di qualsiasi forma di emarginazione e del coinvolgimento della società nella scuola. 22) Con quale legge si parla di “inserimento selvaggio in classi comuni”? Con la legge 517/1997 si parla di inserimento selvaggio in classi comuni in quanto: - tutti gli alunni, indipendentemente dalla propria condizione, devono poter frequentare le classi comuni, con la conseguente abolizione delle classi differenziali e lo svuotamento degli istituti speciali; - fornisce indicazioni per passare dal semplice inserimento all'integrazione degli alunni in situazione di disabilità. 23) La Dichiarazione di Salamanca La Dichiarazione di Salamanca , adottata nel 1994 durante una conferenza internazionale patrocinata dall’UNESCO, si apre con un chiaro impegno nei confronti del principio dell’educazione per tutti e per ciascuno, riconoscendo la necessità e l’urgenza che bambini, giovani e adulti con BES frequentino percorsi di formazione e istruzione all’interno dei comuni sistemi educativi. L’educazione delle persone con disabilità è parte integrante del compito della scuola regolare. Il raggiungimento di questo obiettivo richiede che le scuole predispongano percorsi educativi in grado di considerare anche i bisogni educativi di tutti gli allievi: sono i programmi che devono adattarsi ai bisogni dei bambini e non viceversa. 24) La Carta di Lussemburgo Si tratta di un documento approvato nel 1996 per promuovere “una scuola per tutti e per ciascuno” ed è articolato in 3 parti: 1. La prima parte riguarda i principi fondamentali: ovvero i concetti fondamentali sull’integrazione scolastica, infatti ogni scuola inclusiva colloca la persona al centro del percorso formativo, riconoscendo le potenzialità e i limiti di ciascuno. Inoltre, ogni programma scolastico deve concorrere ad una vita autonoma, si deve garantire un insegnamento di qualità, in cui tutti gli insegnanti devono possedere gli strumenti necessari ai bisogni di ognuno. 10 2. La seconda parte riguarda le strategie, riferite alle attività da adottare quando si vogliono applicare i principi. Una strategia è ad esempio quella di adottare un insegnamento che deve mirare a un rapporto educativo globale e alla costruzione della rete tra famiglia, insegnanti e specialisti, a supporto dei processi inclusivi. 3. La terza parte riguarda le proposte, ossia le prospettive e i cambiamenti da attuare in futuro: infatti bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti degli individui con BES, in quanto il cambiamento di mentalità costituisce una vera e propria priorità. 25) In periodo ci si rese conto di quanto fosse limitata l'istruzione separata? La constatazione di quanto fossero limitati i progressi degli alunni immersi in questa situazione marginale portò, verso la fine degli anni '60, le istituzioni separate a subire una forte crisi e vennero autorizzate le prime esperienze di inserimento degli allievi in situazione di disabilità nelle scuole comuni. La prima normativa a favore di tale cambiamento fu quella del 1971 che però continuava ad escludere i soggetti affetti da “gravi deficienze intellettive o fisiche da rendere difficoltoso l'apprendimento e l'inserimento in classi normali”. Questa legge, che apparentemente non sembrava potesse essere soggetta a modifiche, si rivelò una chiave di svolta quando, nel 1975, gli specialisti iniziarono a rifiutarsi di attestare la gravità della disabilità. 26) Le scuole dell'autonomia In base alla legge 59/1997, le scuole acquisiscono autonomia in termini giuridici, finanziari, amministrativi, didattici, di ricerca, di sperimentazione. Vengono aboliti i programmi nazionali e vengono attribuiti maggiori responsabilità progettuali alle scuole, esercitata attraverso un nuovo strumento: il POF (Piano dell’Offerta Formativa). Principio di "individualizzazione": processi formativi adeguati alle caratteristiche dei singoli allievi. La scuola dell'autonomia, dunque, ha l'obiettivo di valorizzare la diversità, promuovere le potenzialità di ciascuno, di regolare i tempi dell'insegnamento in relazione al ritmo di apprendimento degli alunni e anche assicurare iniziative di recupero e/o sostegno. La legge 107/2015 istituisce il Piano Triennale dell’Offerta Formativa, il PTOF, che apporta alcune modifiche al POF, sia in riferimento alle tempistiche che hai contenuti. Il PAI (Piano Annuale per l’Inclusività) è uno strumento che serve per accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi, per creare un contesto educante dove realizzare concretamente la scuola “per tutti e per ciascuno”. È un atto interno della scuola autonoma. Il PAI non va dunque interpretato come un “piano formativo per gli alunni con bisogni educativi speciale”, ad integrazione del POF, ma è lo strumento per una progettazione della propria offerta formativa in senso inclusivo, è lo sfondo ed il fondamento sul quale sviluppare una didattica attenta ai bisogni di ciascuno nel realizzare gli obiettivi comuni, le linee guida per un concreto impegno programmatico per l’inclusione. 11 27) Convenzione sui diritti delle persone disabili Emanata nel 2006 dalle Nazioni Unite, sancisce il diritto alla piena inclusione in ogni contesto delle persone che presentano situazioni di disabilità. Nei suoi 50 articoli, promuove i diritti della persona in ogni ambito della vita: salute, istruzione, lavoro, politica, vita sociale, culturale e sportiva. La disabilità non è una caratteristica propria della persona ma nasce dal contesto, dalle barriere comportamentali e ambientali che impediscono la piena e reale partecipazione alla vita sociale, da improntare sulla base dell’uguaglianza con le altre persone. Attraverso la Convenzione, gli Stati membri sono chiamati a garantire “un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli e un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita”. In Italia la Convenzione è stata ratificata con la Legge 18/2009. 12 Il sistema educativo italiano è ancora dominato da una visione individuale, che si identifica: - nella centralità della diagnosi e della certificazione clinica; - nella richiesta di figure specializzate in grado di occuparsi degli specifici problemi. 15 DOMANDE QUARTO CAPITOLO COTTINI (7) 33) Cosa significa agire in una logica curricolare? Quando si parla di curricolo didattico ci si riferisce all'itinerario formativo indirizzato ai campi di esperienza o alle discipline e viene considerato sia sotto il piano dei contenuti formativi (programma) che sotto quello della sua organizzazione didattica (programmazione). Il concetto di curricolo tende a porre sullo stesso piano i contenuti e i processi di apprendimento. Rappresenta il dispositivo didattico di riferimento per una scuola che voglia essere sempre più inclusiva e capace di valorizzare le differenze, nel momento in cui persegua i suoi obiettivi di fondo, che sono quelli di istruire e di educare. Agire secondo una logica curriculare significa scegliere i propri modelli didattici dai quali far derivare poi le modalità di programmazione e le procedure didattiche da mettere in atto in classe. I curricoli sono percorsi flessibili che, qualunque sia il modello didattico di riferimento, prendono le mosse dalla rilevazione dei bisogni e delle potenzialità degli alunni per dirigersi verso l'acquisizione da parte di questi di competenze determinate e obiettivi. 34) L'udl è un importante approccio pedagogico e didattico. Qual è il concetto che sta alla base di tale approccio e quali sono i principi cardine? L'udl è un importante approccio pedagogico e didattico. Nasce inizialmente dal concetto dell'universal design for learning, termine coniato dall'architetto Mace, successivamente viene esteso anche in ambito educativo. L’obiettivo è quello di rendere accessibili gli edifici a tutte le persone, comprese quelle con esigenze particolari e con specifiche situazioni di disabilità. I principi individuati dal CAST (Contract Agents Selection Tool) sono: 1. Offrire più mezzi di rappresentazione per l'acquisizione delle info e dell'apprendimento; 2. Offrire più mezzi di espressione: l'allievo si esprime attraverso più modalità espressive per dimostrare quanto appreso; 3. Fornire più mezzi di coinvolgimento: l'insegnante deve motivare l'alunno, promuovere l'autonomia, favorendo la collaborazione. 35) Cosa si intende per "successo formativo"? SUCCESSO FORMATIVO: - l'esito di un processo virtuoso di insegnamento-apprendimento; - un allievo che è riuscito a valorizzare in pieno le proprie potenzialità; - una scuola che è riuscita a garantire a ciascuno dei suoi studenti la condizione per perseguirlo. Non per tutti il livello del successo formativo deve essere uguale, l'importante è che tutti siano guidati a dare il meglio delle proprie effettive capacità. 16 36) Quali sono i principi dell’UDL? 1. Equità: essere impiegabile da chiunque; 2. Flessibilità: adattarsi in modo flessibile alle diverse abilità degli individui; 3. Semplicità: uso semplice e facile; 4. Percettibilità: trasmettere le informazioni sensoriali; 5. Evitamento o tolleranza d’errore: organizzazione in grado da minimizzare i rischi; 6. Contenimento dello sforzo fisico: impiego di un livello minimo di sforzo, per accedere a spazi fisici e servizi; 7. Misure e spazi sufficienti: possibilità di rendere lo spazio idoneo per l’utilizzo. 37) Quali sono le tre forme di pensiero di Stenberg? Stenberg propone una teoria dell’intelligenza in versione plurale, identificando 3 forme di pensiero: - il pensiero analitico si distingue per la capacità di scomporre, confrontare, memorizzare, valutare, chiedersi il perché delle cose e trovare soluzioni; - il pensiero creativo lascia spazio all’immaginazione, all’abilità di creare qualcosa di originale ed innovativo; - il pensiero pratico è caratterizzato dall’abilità di usare strumenti, di saper organizzare, attuare progetti concreti. Secondo Stenberg essere intelligenti significa riuscire a pensare bene in uno o più di questi modi. 38) Qual è, in merito alla programmazione dei curricoli didattici, la logica utilizzata dall’approccio UDL? L’UDL si focalizza sull’obiettivo di progettare i curricoli didattici per affrontare le differenze individuali. L’azione è incentrata sui programmi di studio che, quando risultano troppo rigidi, costituiscono un ostacolo consistente per la promozione di una prospettiva inclusiva a tutti gli effetti. Infatti, se progettati tenendo conto di una immaginaria “media”, tralasciano la reale variabilità degli studenti. Questo non significa che questo orientamento faccia venir meno l’esigenza di programmazioni individualizzate per gli allievi con bisogni molto particolari. Progettare un curricolo flessibile fin dall’inizio offre l’opportunità, ad ogni allievo della classe, di sentirsi accolto e stimolato. Il curricolo deve essere ampliato e differenziato in modo tale da accogliere le esigenze del più ampio numero di allievi possibile. 39) Quali sono le dimensioni che caratterizzano momenti specifici della programmazione educativa? Sono previste tre dimensioni che caratterizzano momenti specifici della programmazione educativa: - Modalità di presentazione; - Mezzi di azione e di espressione; - Modalità di elaborazione. 17 43) Memoria a breve termine e memoria a lungo termine. La memoria a breve termine (MBT) è considerata la parte di memoria in cui gli stimoli vengono modificati dal punto di vista semantico e fonologico. Ha una capienza limitata (da 5 a 9 unità) e la durata è di 20-30 secondi. Inoltre, è chiamata anche working memory e permette alla memoria a lungo termine di elaborare meglio le informazioni. La memoria a lungo termine (MLT) è un sistema di memoria estremamente complesso che è in grado di mantenere un grandissimo numero di dati e informazioni ma anche di conservare una serie di meccanismi e processi mentali. Esistono varie forme di memoria a lungo termine ma la distinzione sostanziale la si fa tra memoria esplicita e memoria implicita; questi tipi di memoria includono ulteriori articolazioni interne : memoria episodica, memoria semantica, memoria procedurale. 44) Cos’è la propriocezione? La propriocezione è definita come la capacità di percepire e riconoscere la posizione del corpo e degli arti nello spazio, indipendentemente dalla vista, sia durante il mantenimento di posture statiche che durante il movimento. Tale meccanismo è reso possibile dalla presenza di specifici recettori, detti propriocettori, sensibili alle variazioni delle posture del corpo e dei segmenti corporei, che inviano i propri segnali a particolari aree del cervello. Insieme ad altre aree del corpo specializzate, la propriocezione contribuisce a garantire l’equilibrio, la stabilità, la coordinazione e la corretta esecuzione dei movimenti. L’efficacia di ogni gesto che compiamo, da quello più semplice nella vita di tutti i giorni, a quello più complesso (ad esempio un gesto sportivo) è garantita da questi sofisticati meccanismi neurofisiologici. Questo importante meccanismo funziona in modo corretto in condizioni di normalità del nostro corpo. Dal momento in cui un soggetto subisce un trauma (come ad esempio una distorsione di caviglia), anche il sistema propriocettivo si altera. Essendo il trauma un evento che esce dagli schemi fisiologici delle articolazioni, le sensazioni che verranno avvertite e le risposte motorie che verranno prodotte saranno diverse da quelle che si avvertono in situazione di normalità; questo avviene perché i recettori traumatizzati cominciano ad inviare informazioni alterate che a loro volta producono risposte alterate. Basti pensare a una persona che si procura una distorsione di caviglia: non essendo più in grado di appoggiare correttamente il piede traumatizzato, inizierà a zoppicare durante il cammino. Soltanto attraverso un adeguato intervento fisioterapico e riabilitativo è possibile ripristinare il normale meccanismo di propriocezione. Inoltre, affinché un percorso riabilitativo possa definirsi completo ed efficace è indispensabile un’adeguata rieducazione propriocettiva. Essa infatti serve a ridare al soggetto la capacità di avvertire come le proprie articolazioni, rese instabili dal trauma, una volte sottoposte a determinati stimoli statici e dinamici, siano in grado di riacquisire la loro corretta capacità funzionale. 20 45) Perché è importante l’autoregolazione cognitiva? Attraverso le strategie di autoregolazione si mira a rendere l’allievo maggiormente autonomo nella gestione del proprio processo di apprendimento; capace di assumere decisioni pertinenti rispetto alla risoluzione di un compito. Le procedure principali per favorire l’autoregolazione nell’apprendimento sono l’autoistruzione e l’automonitoraggio. L’autoistruzione è definita come la capacità del soggetto di fornire a se stesso le istruzioni verbali necessarie all’esecuzione di un compito. In questo modo il ruolo del bambino non è più quello di partecipante passivo, intento a lavorare su abilità e strategie rigidamente definite e controllate, a cui non attribuisce grande importanza. In un primo momento l’insegnante dimostra l’esecuzione e guida il soggetto a svolgerla, e poi piano piano scompare per lasciare il posto a esecuzioni autonome del bambino, che inizia a autoregolarsi attraverso delle verbalizzazioni interne. L’automonitoraggio prevede che l’allievo controlli le proprie performance annotando i riscontri delle prestazioni personali e la rispondenza di esse al piano d’azione stabilito. Una modalità di automonitoraggio è quella di annotare le proprie impressioni su apposite schede, vere e proprie check list. Anche in questo caso l’insegnante è presente all’inizio, per poi scomparire e lasciare spazio ed autonomia all’alunno. 46) Memoria esplicita e Memoria implicita. La memoria a lungo termine si divide in: MEMORIA ESPLICITA: consiste nel riconoscimento di informazioni che riguardano fatti o situazioni che ci sono capitati durante la nostra vita, di cui siamo coscienti e che possiamo esplicitare in qualsiasi momento. Si divide in: - MEMORIA EPISODICA → riguarda il ricordo di fatti della vita personale, è la nostra memoria autobiografica; - MEMORIA SEMANTICA → comprende le nostre conoscenze, costituisce il nostro biglietto culturale; - MEMORIA EMOZIONALE → è data dal ricordo degli eventi che ci hanno colpito emotivamente e che riusciamo a descrivere (la nascita del proprio figlio, un lutto). 21 MEMORIA IMPLICITA: riguarda quelle prestazioni di tipo mnestico previsti in compiti di vario tipo (ad esempio, percettivi, motori o cognitivi) che vengono esposti in modo automatico senza la necessità di fare riferimento ad esperienze precedenti. Presenta diverse dimensioni: - MEMORIA PERCETTIVA → il priming, inteso come abilità del soggetto di identificare un oggetto visivamente o uditivamente come il risultato di una precedente esposizione anche se subliminare rispetto al livello di coscienza; - MEMORIA PROCEDURALE → consiste nella memoria per esperienze motorie e cognitive, come ad esempio i movimenti necessari per suonare degli strumenti, per fare sport o per altri eventi quotidiani che vengono compiuti automaticamente senza che essi raggiungano il livello di coscienza; - MEMORIA EMOTIVA ED AFFETTIVA → comprende la memoria per le esperienze vissute in rapporto a determinate situazioni emozionali ed affettive. 47) Quali sono i due itinerari didattici, intesi come programmazioni di lavoro per ogni strategia di memoria? 1. Il curricolo prerequisiti, da adottare quando si vogliono insegnare strategie per le quali l’allievo manifesta deficit molto gravi. A questo livello sono previsti solo modalità di organizzazione dei materiali in relazione alla strategia che si insegna. 2. Il curricolo strategico, basato su una serie di esercitazioni di memorizzazione e di recupero, da adottare quando l’allievo presenta deficit lievi. 48) Che tipi di disfunzioni può manifestare un allievo durante il processo di apprendimento? 1. Disfunzioni riguardanti la sfera attentiva, con allievi incapaci di inibire stimoli e pensieri distraenti e non correlati al compito, oppure che manifestano comportamenti ripetitivi. 2. Disfunzioni riguardanti la memoria di lavoro, con allievi che incontrano difficoltà quando il compito richiede l’esecuzione in sequenza di una serie di prassi. 3. Disfunzioni riguardanti la sfera emozionale, con allievi che mostrano una ridotta capacità di tollerare le frustrazioni e ritardare la gratificazione, oppure che si presentano emotivamente indifferenti di fronte agli eventi. 22 DOMANDE DODICESIMO CAPITOLO COTTINI (9) 52) In che cosa consiste la teoria di Goleman? Goleman considera l’intelligenza emotiva come un insieme di capacità che consentono di riconoscere i sentimenti personali quelli degli altri, motivarsi e gestire positivamente le emozioni, tanto nella dimensione individuale, quanto in quella relazionale. In altre parole si tratta di una miscela equilibrata di motivazione, empatia, logica e autocontrollo. L’intelligenza emotiva di Goleman comprende cinque caratteristiche: 1. CONSAPEVOLEZZA DI SÉ → autoconsapevolezza sul proprio stato emotivo, ossia capire in che cosa si può migliorare e accettare di buon grado le critiche costruttive; ma essere autoconsapevoli delle proprie capacità vuol dire anche avere più fiducia in se stessi e sulla possibilità di realizzarsi; 2. CONTROLLO DELLE EMOZIONI → autocontrollo nel riuscire a dominare le emozioni forti e i turbamenti al fine di incanalarli verso fini costruttivi, nonché l’integrità che si ottiene dalla trasparenza di un’autentica apertura agli altri dei propri sentimenti, convinzioni, azioni; 3. AUTOMOTIVAZIONE → la capacità di guidare e spronare se stessi al raggiungimento dei propri obiettivi, diventando con impegno e positività, artefici del proprio cambiamento; 4. EMPATIA → la capacità di percepire e riconoscere i sentimenti degli altri, di sintonizzarsi emotivamente con loro e adottare la loro prospettiva; 5. ABILITÀ SOCIALI → gestire bene le emozioni nelle relazioni e saper leggere accuratamente le situazioni sociali in modo da trattare con efficacia le interazioni, i conflitti, i problemi comunicativi. Tutti e cinque, secondo Goleman, possono essere insegnati ai bambini, così da metterli nelle migliori condizioni per far fruttare qualsiasi tipo di intelligenza/talento loro abbiano, diventando adulti emotivamente intelligenti, capaci di stabilire relazioni positive anche ai fini dello sviluppo di una prospettiva inclusiva nella scuola. Dal modello di intelligenza emotiva di Goleman, ha preso avvio un approccio conosciuto nel contesto internazionale come “Social and Emotional Learning” (SEL). L’obiettivo è quello di affermare che lo sviluppo delle cinque competenze di base diventi parte essenziale dell’educazione, non solo per il raggiungimento di traguardi scolastici positivi, ma anche per un generale benessere personale e sociale degli allievi. 53) Qual è la differenza tra emozioni primarie e secondarie? Le EMOZIONI PRIMARIE (o emozioni di base) sono presenti fin dalla nascita, fra cui rientrano paura, rabbia, felicità, tristezza e disgusto; esse consentono al neonato di proteggersi da stimolazioni negative e di adattarsi progressivamente alle richieste dell’ambiente. Le EMOZIONI SECONDARIE sono, invece, quelle emozioni che intervengono in seguito allo sviluppo, frutto del coinvolgimento del pensiero e dell’elaborazione di situazioni più complesse; esse possono venire influenzate da condizionamenti sociali, culturali e da processi educativi (tra queste vergogna, senso di colpa, orgoglio, imbarazzo). 25 54) Qual è la differenza tra emozione - stato d’animo - sentimento. Le EMOZIONI sono reazioni attivate da eventi interni o stimoli esterni, alle quali segue una risposta di connotazione fisiologica e comportamentale. La funzione è quella di perseguire obiettivi personalmente significativi, gestendo in modo rapido le transizioni con l’ambiente. Lo STATO D’ANIMO (umore) è una modalità affettiva più duratura e stabile, complessa, ricca di aspetti cognitivi e valutativi, che non fa direttamente riferimento a cause scatenanti, ma subisce influenze cognitive e culturali (es. un conto è provare tristezza per un litigio con un amico, un altro conto è provare uno stato d’animo triste senza una connotazione precisa con un evento; in questo caso l’umore favorisce l’emergere di emozioni negative). Il SENTIMENTO è una tensione affettiva nei confronti di qualcosa alla quale viene assegnato un valore. Sono sentimenti l’amore, l’odio, il rispetto per la natura, il senso di comunità, il senso di giustizia, la paura per il futuro, l’avidità, l’ambizione, ecc. 55) Levenson e l’autoregolazione emozionale. Levenson, nel 1999, parlando di autoregolazione emozionale, distingue due aspetti: - da un lato la capacità di un individuo di regolare le emozioni in base alle prestazioni richieste → le emozioni diventano oggetto di interventi regolativi; - dall’altro la possibilità di utilizzare le emozioni per guidare e organizzare i comportamenti e i processi cognitivi in vista di un risultato cognitivo o relazionale → le emozioni sono protagoniste dell’autoregolazione; da questo punto di vista l’autoregolazione appare come una competenza trasversale da esercitare a tutte le età. 56) Quali dovrebbero essere le azioni dell’insegnante emotivamente competente? Un insegnante emotivamente competente deve insegnare ai propri alunni a gestire le proprie emozioni, saper autocontrollarsi e riconoscere le emozioni degli altri. L’insegnante deve conoscere anche le sue emozioni prima di insegnarle ai bambini. Essere in grado di inserire termini che fanno riferimento alla sfera emozionale (ad esempio “oggi sembri triste”). Dar voce alle proprie emozioni: dando agli allievi l’impressione di non avere a che fare con un interlocutore neutro che mette in campo solo proposte di natura cognitiva. Mostrare un sincero interesse per ciascun allievo: ogni allievo deve sentirsi al centro dell’interesse del proprio docente, questo aumenta la motivazione è il piacere di esserci. Rendere gli allievi consapevoli che quello che sentono va riconosciuto, gestito e accettato: riconoscere sia le emozioni piacevoli che quelle spiacevoli. Non bisogna vergognarsi di essere felici o tristi e arrabbiati. Nel momento in cui l’insegnante riesce a favorire questa apertura al mondo delle emozioni, il traguardo inclusivo diventa più facilmente percorribile. 26 57) Cosa sono le emozioni e qual è la differenza tra la teoria sulle emozioni di William James e quella di D. Fedeli? Le emozioni non sono da considerare come reazioni del corpo che, una volta innescate, non risultano più controllabili, ma rappresentano dei sistemi integrati di risposte fisiologiche, cognitive e comportamentali. Nella “teoria periferica delle emozioni” William James sostiene che ogni evento con il quale un individuo viene in contatto subisce una valutazione e da questa si determina una risposta nel sistema nervoso autonomo, la quale implica un cambiamento dello stato corporeo. È questo cambiamento che scatena l’emozione e non viceversa. Con la nuova definizione di Fedeli, l’emozione è considerata multifattoriale, cioè fisiologica, cognitiva e comportamentale. In questo modo non si considera solo la reazione a livello corporeo ma anche a livello comportamentale e cognitivo. 58) Quali sono le quattro fasi di lavoro che individua Fedeli al fine di promuovere l’autoregolazione delle emozioni? L’obiettivo fondamentale dell’intervento educativo è quello di promuovere l’autoregolazione attiva e consapevole delle emozioni. Fedeli, a questo proposito, identifica quattro fasi di lavoro articolate secondo l’acronimo STEP: SENTIRE LE EMOZIONI: avvertire le sensazioni corporee collegate alle emozioni; osservare il proprio comportamento; acquisire un vocabolario emozionale; riconoscere le emozioni primarie e secondarie. TOLLERARE LE EMOZIONI: tollerare l’incremento di attivazione emozionale (sia positive che negative e sempre più lunghi); tollerare la frustrazione (situazioni di insuccesso, piccole provocazioni dai compagni o rimproveri da parte dell’adulto); tollerare l’attivazione emozionale altrui (sia positive che negative e le oscillazioni). ELABORARE LE EMOZIONI: comprendere le proprie emozioni (collegandole specifiche situazioni, a pensieri o desideri); comprendere emozioni altrui e immaginare emozioni ipotetiche che si potrebbero, o che altri potrebbero, provare a seguito di specifici eventi. PIANIFICARE LE EMOZIONI: modulare il livello di attivazione emozionale ad esempio attraverso distrazioni e tecniche di rilassamento; regolare le proprie emozioni in vista di obiettivi personali ed aiutare gli altri nella modulazione emozionale. 59) Prima di Goleman, chi aveva cercato di dare una spiegazione sull'intelligenza emotiva? Il concetto di intelligenza emotiva è stato proposto negli anni ‘90 dagli psicologi Salovey e Mayer. Essi l’hanno definita come la “capacità di percepire accuratamente, valutare ed esprimere l’emozione, di comprendere le emozioni e regolarle per promuovere una crescita emozionale ed intellettuale”. Si fonda sul fatto che l’intelligenza emotiva fa riferimento all’interazione tra meccanismi emotivi e cognitivi di base. 27 62) Cosa significa che i DSA sono specifici ed evolutivi? Specifici: riguardano uno specifico dominio di abilità, lasciando intatto il funzionamento intellettivo in generale. Evolutivi: poiché si tratta di caratteristiche individuali di origine neurobiologica che alterano le normali abilità di acquisizione delle capacità di apprendimento già dalle fasi iniziali dello sviluppo. 63) Cosa si intende per dislessia evolutiva Con il termine “Dislessia Evolutiva” si intende uno specifico disturbo nell’automatizzazione funzionale dell’abilità di lettura strumentale (decifrativa). La mancanza automatizzazione si può manifestare in 2 aspetti: 1. Eccessiva lentezza nella lettura; 2. Presenza di un elevato numero di errori. Tale difficoltà si ripercuote sulla comprensione del testo. 64) Qual è il documento che viene adoperato per gli alunni con DSA? Le attività di recupero individualizzato, le modalità didattiche personalizzate, nonché gli strumenti compensativi, per l’alunno con DSA, dovranno essere esplicitate nel Piano Didattico Personalizzato (PDP) per la continuità didattica e la condivisione con la famiglia. Il fatto che con la certificazione DSA non sia prevista la presenza di un insegnante di sostegno, sottolinea l’esigenza che tutti i docenti sappiano intervenire in maniera adeguata. Compilazione del PDP: - Incontro dei docenti con la famiglia e lo specialista, al fine di acquisire quante più informazioni possibili sulla specificità e la peculiarità dell'alunno con DSA. Questo incontro è molto utile in quanto il docente può acquisire molte informazioni sia sul vissuto del ragazzo, sia sulla caratteristica del disturbo ed eventuali punti di forza/debolezza già individuati con lo specialista. - Stesura del documento da parte del Consiglio di Classe. Ogni insegnante potrà indicare per la propria materia quali sono gli obiettivi didattici personalizzati che propone allo studente e quali misure dispensative e strumenti compensativi suggerire per il raggiungimento di tali obiettivi. Ad esempio, in matematica sarà inserito lʼuso della calcolatrice e/o del formulario per lo svolgimento dei problemi, piuttosto che in storia lʼuso delle mappe per lo studio e per le interrogazioni. - Condivisione con la famiglia, perché possa apporre la propria firma sul documento. Per favorire lo sviluppo dell'autonomia dello studente, si consiglia di farlo partecipare alla definizione del proprio PDP, dalla scuola media in poi. 30 65) Quando si può effettuare una diagnosi DSA ad un allievo? Per una diagnosi DSA è necessario che prima sia terminato il normale processo di insegnamento delle abilità di lettura e scrittura (fine della seconda primaria) e di calcolo (fine della terza primaria). Il DSA è un disturbo cronico che può manifestarsi con caratteristiche diverse nel corso dell’età evolutiva e delle fasi di apprendimento scolastico. 66) Cosa si intende per “disortografia evolutiva”? La “disortografia evolutiva” è un deficit che riguarda la componente linguistica della scrittura. Può essere anche definita come un disordine della codifica del testo scritto. Si manifesta con numerosi errori ortografici, lentezza nella scrittura, riconducibile alla scarsa efficienza dei meccanismi che regolano il passaggio dal codice orale al codice scritto. 67) Cosa si intende per “discalculia”? La “discalculia” riguarda alterazioni nella componente di cognizione numerica basica (quantificazione, calcolo a mente, ecc). Inoltre, fa riferimento alla debolezza nelle procedure esecutive del calcolo (es. messa in colonna dei numeri). 68) Cosa si intende per “disgrafia”? La “disgrafia” fa riferimento al controllo degli aspetti grafici, formali, della scrittura manuale: deficit nei processi di realizzazione grafica. La disgrafia si può valutare attraverso la fluenza, l’analisi qualitativa dei segni grafici, l’ordine nell’usare lo spazio del foglio. 69) Classificazione degli errori ortografici. 1. Errori fonologici: scambio di grafemi (es. “brina” per “prima”), omissione e aggiunta di lettere o sillabe (es. “taolo” per “tavolo” o “tavolavo”), inversione (es. “il” per “li”), grafema inesatto (es. “agi” per “aghi”). 2. Errori non fonologici: separazione illegale (es. “par lo” per “parlo” oppure “in sieme” per “insieme”), fusione illegale (es. “nonevero” per “non è vero” oppure “lacqua” per “l’acqua”), scambio di grafema omofono (es. “squola” per “scuola”), omissione o aggiunta dell’h (es. “ha casa” per “a casa”). 3. Errori fonetici: errori di accenti e doppie: - Omissione e aggiunta di consonante doppia (es. “pala” per “palla”); - Omissione e aggiunta di accenti (es. “perche” per “perché”). GRAFEMA → segno che in un sistema grafico (alfabetico, sillabico o ideografico) costituisce l’unità grafica minima. 31