Scarica Donna, razza, classe - Angela Davis e più Appunti in PDF di Estetica solo su Docsity! Donne, razza, classe – Angela Davis Angela Davis è una figura prominente negli ambiti dell'attivismo per i diritti civili, accademico e scrittore statunitense. Nata il 26 gennaio 1944, è conosciuta per il suo impegno nella lotta per i diritti delle persone di colore, per i diritti delle donne e per la giustizia sociale. Davis è emersa come figura centrale nel movimento per i diritti civili negli anni '60 e '70 negli Stati Uniti. È stata attivamente coinvolta nel movimento dei Pantere Neri, un gruppo attivista che lottava contro il razzismo e le ingiustizie sociali, in particolare per quanto riguarda la brutalità della polizia e il diritto all'autodifesa delle comunità nere. La sua militanza politica le ha causato problemi legali significativi. Nel 1970, Davis fu arrestata e processata per il suo coinvolgimento in un tentativo di rapimento e omicidio avvenuto in una prigione. Durante il processo, Davis divenne un simbolo internazionale della lotta contro l'ingiustizia razziale e contro l'oppressione. Fu assolta da tutte le accuse nel 1972. Davis analizza come le identità di genere, razza e classe interagiscano e si intreccino, influenzando l'esperienza di oppressione delle donne nere e delle altre donne di colore. L'intersezionalità è un concetto fondamentale nel libro, evidenziando come le diverse forme di oppressione si sovrappongano e si combinino per creare esperienze uniche di discriminazione. Attraverso esempi storici e analisi dettagliate, il libro offre una prospettiva critica sulla marginalizzazione e sulla resistenza delle donne non bianche nella società americana. Davis esplora il ruolo del capitalismo nel perpetuare le disuguaglianze di genere e razziali. Analizza come il sistema economico capitalista non solo ha beneficiato alcuni gruppi a discapito di altri, ma ha anche sfruttato e oppresso le donne di colore in modi specifici. Questa analisi critica contribuisce a comprendere come le dinamiche economiche e sociali perpetuino l'oppressione sistemica. Attraverso una lente femminista radicale, Davis sfida le concezioni tradizionali di femminismo che ignorano o marginalizzano le esperienze delle donne di colore e delle donne proletarie. Promuove un approccio femminista che abbracci l'intersezionalità e affronti le radici strutturali della disuguaglianza di genere e razziale. Cap.1 L’eredità della schiavitù Il primo capitolo affronta criticamente la storia delle donne nere durante l'epoca della schiavitù negli Stati Uniti, sfidando miti e narrazioni convenzionali che hanno oscurato la comprensione della loro vera esperienza. Davis inizia discutendo dei limiti degli studi storici precedenti, che spesso hanno ridotto le donne nere a stereotipi come quello del "matriarcato nero" o oggetti di promiscuità sessuale, senza affrontare realmente la complessità delle loro vite. Critica anche il movimento del "Black Power" degli anni '60, influenzato dal nazionalismo nero di Malcolm X ma spesso caratterizzato da una visione misogina che limitava la liberazione nera alla riaffermazione della mascolinità. patriarcato, niente discorsi sul capitalismo, militarismo e violenza e non intersezionalità: classi sociali. Un punto centrale del capitolo è l'analisi della condizione lavorativa delle donne nere durante la schiavitù. Davis sostiene che queste donne erano trattate come "beni mobili" senza considerazione per il loro genere, sottoposte a gravi forme di sfruttamento sessuale e fisico. Nonostante fossero considerate fondamentalmente come lavoratori, il loro genere le espose a forme particolarmente brutali di oppressione, inclusi abusi sessuali e la separazione forzata dai loro figli. Davis esplora anche come l'abolizione della tratta internazionale degli schiavi abbia portato gli schiavisti a dipendere maggiormente dalla riproduzione naturale delle schiave per mantenere la loro forza lavoro. Le donne nere erano valutate principalmente per la loro fertilità, trattate come "riproduttrici" senza il controllo dei propri figli, che potevano essere venduti a discrezione dei padroni. La scrittrice mette in discussione la concezione tradizionale di "maternità" e "femminilità" nel contesto delle donne nere durante la schiavitù, sottolineando come queste categorie fossero distorte dalle condizioni strutturali dello schiavismo. Contrariamente alla concezione vittoriana della donna come "angelo del focolare", le donne nere erano costrette a lavorare nei campi anche durante la gravidanza e ad affrontare un'oppressione che le trattava come meri strumenti di produzione. Davis inizia sottolineando come le donne nere durante la schiavitù non siano state semplicemente passive oggetti di sfruttamento, ma attivamente coinvolte in dinamiche complesse e in atti di resistenza. Contrariamente alla visione distorta di una presunta supremazia femminile nel contesto del matriarcato nero, Davis argomenta che le donne nere erano soggette a una doppia oppressione: quella razziale e quella di genere. Lavoravano nei campi come gli uomini, eseguivano il lavoro domestico e facevano fronte alle responsabilità familiari senza alcuna separazione netta tra ruoli maschili e femminili, come la società bianca dominante intendeva. Un altro aspetto cruciale affrontato da Davis è il tema degli abusi sessuali sistematici subiti dalle donne nere, istituzionalizzati come mezzo di controllo e dominio durante la schiavitù. Questa forma di violenza non solo danneggiava fisicamente le donne, ma serviva anche a mantenere un sistema di potere razziale basato sulla violenza sessuale e sulla deumanizzazione. Davis conclude il capitolo esplorando la partecipazione delle donne bianche nel movimento abolizionista, evidenziando come molte di loro non fossero pienamente consapevoli della complessità delle esperienze delle donne nere durante la schiavitù. Questo contrasto tra le percezioni delle donne bianche e la realtà delle donne nere sottolinea ulteriormente l'importanza di un'analisi intersezionale e critica delle dinamiche di potere e oppressione. "La capanna dello zio Tom," scritto da Harriet Stowe nel 1852, è uno dei romanzi più famosi della letteratura abolizionista americana. Tuttavia, Angela Davis critica duramente il modo in cui il libro rappresenta i personaggi neri, specialmente le donne, e sostiene che perpetua stereotipi razzisti e sessisti piuttosto che offrire un autentico ritratto della resistenza e delle lotte degli schiavi neri. La protagonista femminile del romanzo, Eliza, è descritta come una figura idealizzata di virtù cristiana e materna. La sua rappresentazione esalta una moralità superiore, istinti materni risoluti, fragilità e gentilezza, incarnando l'ideale materno del diciannovesimo secolo. Secondo Davis, questa caratterizzazione è una parodia della vera condizione delle donne nere, che invece si distinguevano per la loro resistenza attiva contro la schiavitù. Eliza, infatti, è ritratta come accettante e passiva, un'immagine che contrasta nettamente con la realtà delle donne nere che compivano atti di eroismo per proteggere i propri figli e lottare contro il sistema oppressivo. Inoltre, Stowe dipinge gli schiavi come bambini docili, addomesticati e leggermente disobbedienti, una rappresentazione che riduce la complessità delle loro esperienze e della loro resistenza. Le donne nere, nel libro, sono viste principalmente come madri, senza riconoscere la loro individualità e il loro ruolo cruciale nella lotta per la libertà. Questo ritratto minimizza l'attivismo delle donne nere e le loro lotte quotidiane contro l'oppressione. Davis sostiene che "La capanna dello zio Tom", pur essendo un prodotto della letteratura abolizionista, perpetua implicitamente l'idea razzista che giustificava la schiavitù. Il romanzo non riesce a rappresentare adeguatamente le condizioni sessiste che alimentavano l'esclusione delle donne nere dalla sfera politica e sociale. Anziché sfidare i pregiudizi dell'epoca, il libro di Stowe finisce per rafforzarli, creando una narrativa Cap. 3 Classe e razza agli albori della lotta per i diritti delle donne Nel 1840 si tenne il World Anti-Slavery Convention, un evento che segnò l'inizio del movimento organizzato delle donne negli Stati Uniti. Questo congresso, originariamente concepito per combattere la schiavitù, divenne anche un catalizzatore per le donne che lottavano contro la supremazia maschile all'interno del movimento abolizionista. Elizabeth Cady Stanton partecipò a questo evento, accompagnando il marito, un