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Donna, razza e classe di Angela Davis, Sintesi del corso di Sistemi Politici Comparati

Riassunto competo donna, razza e classe di Angela Davis

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 18/05/2024

alessandra-buarne
alessandra-buarne 🇮🇹

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Scarica Donna, razza e classe di Angela Davis e più Sintesi del corso in PDF di Sistemi Politici Comparati solo su Docsity! Donne razza e classe Capitolo 1: L’eredità della schiavitù. Principi per una nuova condizione delle donne. Le donne Nere hanno sempre lavorato al di fuori delle proprie abitazioni domestiche, da schiave il lavoro coatto sovrastava ogni altro aspetto della loro esistenza. Il sistema schiavistico classificava i Neri come beni mobili, le donne erano considerate “entità lavorative” redditizie al pari degli uomini, dal punto di vista dello schiavista potevano anche essere prive di genere. Si dà talvolta per scontato che la tipica donna schiava fosse una domestica ma le donne schiave, come la maggioranza degli uomini schiavi, lavoravano nei campi, attorno alla metà del XIX secolo sette schiavi su otto, maschi o femmine, erano braccianti. Lavoro duro, in tal senso l’oppressione delle donne era identica all’oppressione degli uomini, ma le donne soffrivano anche in altre maniere perché erano vittime di abusi sessuali e di altri barbari maltrattamenti che potevano essere inflitti solo alle donne. Era il profitto a determinare i comportamenti del proprietario verso le schiave. Con l’abolizione della tratta internazionale degli schiavi fu minacciata l’espansione della giovane industria del cotone; pertanto, la classe degli schiavisti fu costretta ad affidarsi alla riproduzione naturale come metodo più sicuro per il rifornimento e l’incremento della popolazione nazionale di schiavi. Agli occhi dei padroni le donne erano semplicemente degli strumenti che garantivano la crescita della forza lavoro schiavizzata, erano “riproduttrici”, i loro bambini potevano essere venduti in allontanati in qualsiasi momento per essere venduti. Lo stupro era un’arma di dominio il cui fine nascosto era la distruzione della volontà di resistere delle schiave, gli speciali abusi inflitti alle donne facilitavano quindi il crudele sfruttamento economico del loro lavoro. I bambini erano di solito stimati come “un quarto di mani”, le donne valutate “piene mani” a meno che non fossero espressamente assegnate alla categoria “riproduttrici” o “allattanti”: in tal caso erano stimante poco meno di “piene mani”. I proprietari si assicuravano che le loro “riproduttrici” facessero quanti più bambini possibile, ma non arrivarono mai al punto di esonerarle dal lavoro nei campi. Quando avvenne l’industrializzazione aggressiva degli Stati Uniti molte donne bianche si ritrovarono sottratta l’esperienza di eseguire un lavoro produttivo e cominciarono ad essere percepite come abitanti di una sfera completamente separata dal regime di lavoro produttivo, nel discorso pubblico “donna” divenne sinonimo di “madre” e “casalinga”, etichette che portavano con se uno stigma di fatale inferiorità. Ma tra le donne schiave Nere questo lessico non trovava posto. Gli atti di nascita omettevano i nomi dei padri, elencando solo le madri, le legislazioni statali del sud adottarono il principio partus sequitur ventrem: il bambino segue la condizione della madre. Molte analisi storiche e sociologiche della famiglia Nera hanno dato per scontato che il rifiuto del padrone di riconoscere la paternità tra i propri schiavi conducesse direttamente a una forma di famiglia matriarcale. Il famoso studio governativo noto come “The Moynihan Report” collegava gli attuali problemi a una struttura familiare definita matriarcale, secondo questa tesi l’origine dell’oppressione è descritta come un “groviglio patologico” creato dall’assenza di un’autorità maschile tra i Neri, con un finale invito ad introdurre l’autorità maschile nella famiglia Nera. Tra i sostenitori Rainwater si dissociò dalle soluzioni raccomandate, proponendo invece occupazione, paghe più alte e altre riforme economiche, arrivando fino al punto di incoraggiare manifestazioni e proteste per i diritti civili, ma come altri sociologhi ha continuato a ripetere la testi secondo cui la schiavitù avrebbe in realtà distrutti la famiglia Nera. Un nuovo lavoro a supporto di questa tesi è stato fatto negli anni ‘30 dal sociologo Franklin Frazier, nel suo libro descriveva in maniera drammatica l’orrendo impatto della schiavitù sul popolo Nero ma sottostimò la capacità dei Neri di resistere all’insinuarsi dello schiavismo nella propria vita sociale, travisò lo spirito di indipendenza e di fiducia in sé stesse che le donne Nere avevano sviluppato. Gutman inizio le sue ricerche sulla famiglia schiava e le sue indagini produssero convincenti prove a sostegno dell’esistenza di un’istituzione che nel corso della schiavitù era prospera e in via di sviluppo. Gutman conferma che innumerevoli nuclei familiari di schiavi furono distrutti con la forza, separazione realizzata attraverso la vendita indiscriminata di mariti, mogli e figli. Gutman dimostra che gli schiavi aderivano a norme vincolanti sul funzionamento degli accordi familiari, gli uomini e le donne in schiavitù difendevano disperatamente le proprie vite familiari nei margini di autonomia che riuscivano a conquistarsi. Gutman ha distrutto uno dei principali pilastri su cui si basava la tesi del matriarcato, ma non ha messo in discussione l’assunzione secondo il quale in famiglie con due genitori la donna dominasse l’uomo. Secondo Elkins, ad esempio, il ruolo della madre sembrava molto più vasto agli occhi del bambino di quello del padre, riflesso dell’incapacità dei maschi Neri di prendersi carico delle proprie responsabilità paterne. Le donne Nere non furono svilite nelle proprie funzioni domestiche come invece accadde alle bianche, non potevano essere considerate solo come “donne di casa”, ma spingersi oltre e sostenere che per questo dominassero i propri uomini significava sostanzialmente distorcere la realtà della vita degli schiavi. I compiti degli uomini non erano certamente superiori né inferiori al lavoro realizzato dalle donne, erano entrambi ugualmente necessari, la divisione del lavoro tra i sessi non era sempre così rigogliosa. L’aspettò rilevante che emerge dal lavoro domestico negli alloggi degli schiavi è quello del l’uguaglianza di genere. La tesi di Genovese è sicuramente problematica ma fornisce tuttavia un’immagine della vita domestica degli schiavi ed evidenzia il fatto che le donne spesso difendevano i propri uomini dai tentativi di umiliazione portati avanti dal sistema schiavista. Se le Nere hanno sostenuto il fardello dell’uguaglianza nell’oppressione, se hanno goduto della parità con i propri uomini negli ambienti domestici, poi hanno anche rivendicato aggressivamente quell’uguaglianza sfidando l’istituzione disumana della schiavitù, hanno resistito alle aggressioni sessuali degli uomini bianchi, difeso le proprie famiglie e partecipato alle rivolte. Le donne avvelenarono i propri padroni, compirono atti di sabotaggio e, alla pari dei maschi, si unirono alle comunità maroon di fuggiaschi e spesso scapparono a nord verso la libertà. Le donne sfidavano continuamente la schiavitù. Le comunità maroon, formate da schiavi fuggiaschi e i loro discendenti si diffuse in tutto il sud degli Stati Uniti già tra il 1862 e il 1864. La resistenza a volte non si limitava rivolte, fughe e sabotaggi. Includeva l’acquisizione clandestina e la condivisione con altri delle competenze di lettura e scrittura. In Luisiana una schiava gestiva una “scuola di delle donne. Tra le prime donne abolizioniste le sorelle Sarah e Angelina Grimke della South Carolina hanno collegato meglio di chiunque altro il tema della schiavitù all’oppressione delle donne. Dopo l’adesione nel 1838 all’abolizionismo cominciarono a tenere conferenze sulla propria vita e sui loro incontri quotidiani con le inaudite perversioni della schiavitù sostenuti dalle associazioni femminili dell’abolizionismo ma anche da un numero sempre crescente di uomini. Gli uomini che partecipavano desideravano imparare dall’esperienza delle donne, ma altri li attaccarono in modo vendicativo. quello più devastante arrivo dalle autorità religiose che puniva le sorelle per il loro impegno di attività che sovvertivano il ruolo delle donne prescritto dalla divinità. L’eco di questo assalto terminò solo quando le sorelle alla fine decisero di smettere di tenere conferenze. Completato nel 1838 il saggio di Sarah Grimke rappresenta una delle prime stessa analisi della condizione femminile scritta da una donna negli Stati Uniti. Riportando le proprie idee metteva in discussione l’idea che la diseguaglianza tra i sessi fosse comandata da Dio, contesto l’accusa dei pastori. Gli scritti e le conferenze di queste due eccezionali sorelle furono accolti con entusiasmo da molti attivisti, ma alcuni uomini di spicco della campagna abolizionista sostenevano che l’argomento dei diritti delle donne avrebbe confuso e allontanato le simpatie di coloro che erano interessati solo a sconfiggere la schiavitù. L’immediata risposta di Angelina esponeva per filo e per segno la comprensione dei potenti legami che collegavano i diritti delle donne e l’abolizionismo. Le sorelle Grimke sostennero la necessità che le donne bianche del Nord e del sud prendessero coscienza dei particolari legami che le legavano alle sorelle nere che soffrivano le pene della schiavitù, spronarono le donne a partecipare a quella lotta sapendo che la loro stessa oppressione era alimentata e perpetuata dalla permanenza del sistema schiavistico. Non caddero mai nel tranello ideologico di sostenere che una battaglia fosse più importante dell’altra. L’analisi presentata da Sarah e Angelina Grimke, mettendo assieme le donne e i Neri per realizzare un comune sogno di liberazione, era l’espressione teoretica più profondo e commovente di quella promessa di unità. Capitolo 3: Classe e razza agli albori della lotta per i diritti delle donne Lucretia Mont e Elizabeth Cady si trovarono d’accordo sul fatto di tenere un congresso sui diritti delle donne al loro ritorno in America a Londra dopo l’apertura della Word anti- slavery convention del 1840. Le donne statunitensi che parteciparono alla conferenza di Londra divennero furiose quando si ritrovarono escluse dal voto della maggioranza, sebbene sconfitto al congresso di Londra, le abolizioniste si resero conto che con le lotte passato avevano raggiunto dei risultati positivi. Elizabeth Cady Stanton aveva condotto in giovinezza la lotta personale contro il sessismo, incoraggiata dal padre. Elizabeth Cady Stanton diventa molto attiva nelle lotte femministe e organizza con Lucretia Mott il congresso di Seneca Falls La sua vita manifestava tutti gli elementi fondamentali del dilemma della donna di classe media. I suoi sforzi per conseguire l’eccellenza degli studi, la conoscenza guadagnata da studentessa di diritto, tutto questo non l’aveva portato a nulla. Il matrimonio e la maternità le precludevano la conquista di quelle mete che si era posto proposta di raggiungere, però il suo impegno nella campagna abolizionista l’aveva insegnato che era possibile organizzarsi per sfidare politicamente l’oppressione. Molte donne che avevano risposto all’appello parteciparono alla prima assemblea per i diritti delle donne a Seneca falls. Durante i preparativi per il congresso di Seneca Falls, Elizabeth Cady Stanton propose una risoluzione che sembro troppo radicale anche per Lucretia Mott che si oppose all’introduzione di una risoluzione sul suffragio femminile, mossa, secondo lei, assurde oltraggiosa che avrebbe pertanto messo in discussione l’importanza del meeting. L’unica figura di spicco che appoggiò la posizione di Stanton fu Frederick Douglass. La risoluzione sul suffragio non venne infatti accolto in maniera anonima, una proposta tanto controversa ho presentato solo grazie alla volontà di Frederick Douglass di sostenere la mozione di Stanton. In quegli anni in cui i diritti delle donne non erano ancora una causa legittimata Frederick Douglass si mobilitò pubblicamente per l’uguaglianza politica delle donne e pubblicò un editoriale nel suo giornale dal titolo the Right of Woman in cui introduce il tema dei diritti delle donne nel movimento di liberazione dei Neri accolto con entusiasmo. Da Seneca Falls viene fuori la declaration of sentiments nel 1848, firmata sia da uomini sia da donne. La dichiarazione riprende l’idea che uomini e donne siano nati uguali, ripercorre il fatto che ci siano ancora tanti abusi da parte dell'uomo verso la donna e mette in discussione un governo che si fonda sugli abusi, bisogna andare contro questo governo e ciò si concretizza nel fatto che alle donne viene impedito il diritto di voto. Il baccano non dissuase Douglass non riuscì a stroncare sul nascere la battaglia per i diritti delle donne. L’argomento dell’uguaglianza delle donne, non ancora accettabile agli occhi dell’opinione pubblica ma ormai parte di un movimento embrionale, ma sostenuto dei neri che lottavano per la libertà. Al cuore della dichiarazione di Seneca Falls c’erano istituzione del matrimonio e i suoi effetti negativi sulle donne: le privava dei diritti di proprietà, rendendo le mogli dipendenti dal marito su un piano economico e anche morale. La dichiarazione concludeva la lista di denunce evocando la dipendenza mentale e psicologica delle donne che avevano lasciato loro scarso rispetto e fiducia in sé stesse. Tuttavia la dichiarazione quasi ignorava il dramma delle bianche di classe operaia e delle donne Nere, trascurava le condizioni di tutte quelle che non appartenevano alla classe sociale di coloro che avevano stilato il documento. le operaie lottavano già a partire dalla fine degli anni ‘20 dell’ottocento, molto prima del congresso di Seneca Falls del 1848. Le operaie realizzarono picchetti scioperi protestando contro la doppia pressione che patibolo in quanto donne e operaie. La Lowell Labor reform association cominciò a presentare delle petizioni nel 1843 e nel 1844, le donne di quest’associazione conquistarono il primato di aver ottenuto la prima inchiesta sulle condizioni di lavoro da parte di un organo governativo nella storia degli Stati Uniti. Questo incise profondamente sulla questione dei diritti delle donne e anticipo di 4 anni del movimento ufficiale delle donne, ma questa opera di avanguardia fu ignorata dalle figure di spicco che avevano lanciato il nuovo movimento, che non compresero che le operaie pativano e sfidavano la supremazia maschilista in una loro maniera specifica, ironicamente di tutte le donne che parteciparono al congresso di Seneca Falls l’unica che visse così allungo da poter effettivamente esercitare il proprio diritto di voto fu un’operaia, Charlotte Woodward. Nell’ultima sessione del congresso Lucretia Mott propose una risoluzione finale chiedendo che fosse spodestata l’egemonia maschile e che al tempo stesso alle donne venisse assicurato una partecipazione uguale agli uomini negli affari, nelle professioni e nel commercio. Se riconoscimento accordato agli operai al meeting di Seneca Falls non era per nulla trascurabile va detto che mancò completamente in riferimento ai diritti di un altro gruppo, se tra i conferenzieri c’era almeno un uomo Nero, non c’era tuttavia una Nera neanche tra il pubblico, si rimaneva perplessi di fronte a questa indifferenza verso le schiave. Nel 1827 il Freedom’s Journal aveva pubblicato la lettera di una Nera sui diritti delle donne, si faceva chiamare Matilda, e chiedeva educazione per le Nere in un’epoca in cui il diritto allo studio per le donne era un argomento controverso impopolare. Le parole di Matilda dimostravano che le bianche le Nere erano unite da un forte desiderio di istruzione, sfortunatamente il congresso di Seneca Falls non riconobbe questo legame. Per quanto le prime attivista per i diritti delle donne fossero sorde ai lamenti delle sorelle Nere, l’eco del nuovo movimento si fece sentire nell’organizzazione per la liberazione dei Neri. A Philadelphia un congresso di Neri invito a partecipare delle donne Nere e chiese anche a delle bianche di unirsi al gruppo, due anni dopo il congresso di Seneca Falls si svolse la prima convention nazionale sui diritti delle donne. Sojourner Truth era tra i primi partecipanti, la sua presenza i suoi interventi nei meeting successivi rappresentavano la solidarietà delle Nere con la nuova causa. Dotata di un innegabile carisma è di notevole capacità oratorie, Sojourner Truth, spazzato via con logica irrefrenabile le pretese secondo cui la debolezza femminile era incompatibile con il suffragio, era l’unica Nera presente al congresso di Akron. Dopo aver difeso contento vigore la causa del proprio sesso, essersi imposta all’attenzione delle donne bianche e alle provocazioni degli avversari maschilisti fu spontaneamente applaudito come l’eroe del giorno, regalo al movimento per i diritti delle donne lo spirito combattivo. Anche le donne Nere rivendicavano i propri diritti. è l'unica che riesce a rispondere alle critiche sessiste alla convenzione ad Ohio, è una ex schiava diventata una grane oratrice contro la schiavitù, è analfabeta ma riesce a diventare una grandissima oratrice (ain’t i a woman). Anche più radicali abolizionisti bianchi non riuscivano a capire che il capitalismo che si stava velocemente sviluppando nel Nord era un sistema oppressivo, alcuni militanti come William Llyod Garrison si opposero con forza al diritto di organizzazione dei lavoratori salariati. Le leader del movimento per i diritti delle donne non avevano il sospetto che ci potesse essere un legame sistematico tra la schiavitù dei Neri sfruttamento economico degli operai al Nord e l’oppressione sociale delle donne. Allo scoppio della guerra civile le leader del movimento delle donne decisero di rivolger e le proprie energie a sostegno della causa unionista e compresero quanto il razzismo forse radicato nel suolo statunitense, tenendo conferenze a favore dell’unione e chiedendo l’emancipazione immediata e senza condizioni. Non si erano rese conto che il sud non aveva il monopolio del razzismo: l’esperienza di agitatrici per la causa dell’unione il segno loro che era presente anche al Nord, quando fu istituita la leva militare al Nord le forze favorevoli allo schiavismo organizzarono rivolte dei maggiori centri urbani portando violenza e morte contro la popolazione dei Neri liberi dal 1863. La violenta rivolta del 1863 dimostrava che sentimenti contro le persone Nere erano profondi, diffusi e potenzialmente omicidi anche nel Nord. Elizabeth Cady Stanton e Susan B. Anthony cercarono di chiamare a raccolta sulle proprie posizioni le basse femminili lanciato un appello per organizzare una Woman Loyal league. Durante l’assemblea inaugurale della Woman Royal league, a cui furono invitate tutte le veterana del movimento abolizionista è quella del movimento dei diritti delle donne, Angelina Grimke nel suo discorso proponevano teoria e una pratica radicale che potevano essere realizzate attraverso l’alleanza tra operai, Neri e donne. Alla fine della guerra di Secessione comincia una discussione sul voto senza discriminazione di colore che viene approvato nel 1960, questo è il momento di un esplosione gigantesca di violenza verso i Neri. È il momento in cui Frederick Douglass dice che c’è un ordine di priorità e la priorità è quella di dare il voto agli schiavi, è un eccessiva fiducia sul fatto che il voto potesse cambiare le cose ma era un passo necessariamente da fare. Alcune femministe che avevano lottato per l’abolizione della schiavitù si sentono lasciate indietro. Capitolo 4: Il razzismo nel movimento per il suffragio femminile Elizabeth Cady Stanton era determinata ad impedire ulteriori progressi per i Neri se quel progresso donne Nere lavoravano come cuoche, bambinaie, cameriere d’albergo o domestiche, le donne bianche del sud rifiutavano unanimemente di occuparti di questi mestieri. Nel 1919, quando le leader degli Stati del sud d la National Association of Colored Woman condivisero le proprie lamentare, in cima alla lista c’erano le condizioni del lavoro domestico. Quando i Neri cominciarono a migrare verso il nord scoprirono che i loro datori di lavoro fuori dal sud non avevano verso gli schiavi liberati un atteggiamento diverso da quello dei precedenti proprietari. in trentadue stati di quarantotto il servizio domestico era l’occupazione dominante per uomini e donne Neri, la condizione delle donne era anche peggio perché 14297 su 15704 Nere erano impiegate come domestiche. Quando erano emigrate a nord avevano scoperto che non c’erano altre occupazioni disponibili per loro, i datori di lavoro che pensavano di fare complimenti ai Neri dichiarando di preferirli ai bianchi stavano in realtà sostenendo che i Neri erano destinati a fare i servitori. Razzismo e sessismo frequentemente convergono e la condizione delle donne lavoratrici bianche è spesso legata allo status oppressivo delle donne di colore, mentre le donne bianche si riassegnavano al lavoro domestico a meno di non trovare niente di meglio, le donne Nere erano state intrappolate in queste mansioni. Ancora negli anni ‘40 nelle strade di grandi città si potevano vedere dei mercati che invitavano le donne bianche a fare la propria scelta dalla massa di Nere in cerca di impiego, New York poteva vantare di circa 200 di questi “mercato di schiave”. Il lavoro domestico era anche il più difficile da sindacalizzare, agli inizi del 1881 le domestiche erano tra le donne che aderirono ai Knights of Labor, Dora Jones fondò e diresse la New York Domestic Workers Union durante gli anni ‘30. Le donne bianche hanno manifestato una storica riluttanza a riconoscere le lotte delle donne delle domestiche, le persone che lavoravano come servitrici erano generalmente viste come subumane e le donne bianche che mettevano in discussione la schiavitù avevano pesanti responsabilità riguardo la disumanità di queste istituzione. Nel libro c’è un pezzo di articolo scritto da una donna che risposta una conversazione che ha avuto con una sua amica femminista: questa femminista stava raccogliendo delle firme per una petizione per fornire delle sedie alle commesse perché erano costrette a stare in piedi per 10 ore al giorno e la scrittrice di quest’articolo fa notare alla sua amica che la sua domestica sta in piedi per 15 ore, questa femminista stava alimentando la stessa oppressione contro cui protestava. La disperata situazione economica delle donne Nere non mostrò segni di cambiamento fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale, alla vigilia della guerra solo una donna lavoratrice su dieci aveva davvero cominciato a fuggire dalla vecchia morsa della schiavitù. Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra e il lavoro femminile fece girare l’economia bellica, più di quattrocentomila donne Nere dissero addio ai lavori domestici, alla fine degli anni ‘60 almeno un terzo delle donne rimaneva incatenato ai soliti impieghi domestici, mentre un altro quinto di occupava di lavori di servitù in ambito non domestico. I cambiamenti prodotti dalla Seconda guerra mondiale fornirono solo una spinta al progresso, dopo otto lunghi decenni di “emancipazione” i segni della libertà rimanevano ombre cache e distanti. Capitolo 6: Educazione e liberazione: le prospettive delle donne Nere Quando arrivò l’emancipazione il popolo Nero ebbe difficoltà a celebrare i principi astratti della libertà, il desiderio di conoscenza non era un’eccezione tra i Neri, che avevano sempre manifestato una profonda passione per la cultura. I Neri impararono che l’emancipazione era una crudele illusione. Dopo secoli di deprivazione educativa rivendicavano con forza il diritto a soddisfare quel profondo desiderio di istruzione. La comunità Nera di Memphis si riunì in assemblea e decide che l’educazione era la priorità. La voglia di sapere era sempre stata forte, porsi l’immagine più straordinaria di questo primo desiderio di educazione è stato quanto fatto da una donna nel 1793, Lucy Terry Prince, ebbe l’audacia di chiedere un appuntamento agli amministratori del nuovo Williams Collage for Men, che aveva rifiutato di ammettere nel proprio istituto suo figlio. Questa donna riuscì a difendere il diritto e il desiderio di istruzione della sua gente, due anni dopo Lucy Terry Prince difese con successo, di fronte alla corte suprema, la sua causa per un terreno, diventando la prima donna ad essersi rivolta a questa istituzione negli Stati Uniti. Nello stesso anno una ex schiava che aveva riconquistato la propria libertà fondò una scuola. Prudence Crandall, giovane insegnate bianca, difese tenacemente il diritto delle ragazze Nere di frequentare la sua scuola, fino a quando non fu trascinata in prigione. Margaret Douglass era un’altra donna bianca che fu imprigionata per aver diretto una scuola per i bambini Neri. Myrtilla Miner rischiò letteralmente la propria vita mentre cercava di garantire l’istruzione ad alcune giovani donne Nere, nel 1851 lanciò il progetto di fondare una scuola superiore per la formazione di insegnanti di colore, secondo il parlare di Frederick Douglass solo pochi bianchi fuori dalla cerchia degli attivisti abolizionisti avrebbero simpatizzato con la causa e l’avrebbero difesa dalle squadracce razziste. Nonostante i gravi rischi a cui si esponeva Myrtilla Miner aprì la sua scuola nel 1851, i suoi primi 6 studenti erano già diventati 40. Insegnò ai Neri con passione per i successivi otto anni facendo pressione sui deputati del congresso affinché difendessero il suo progetto. Fece da madre per le ragazze orfane che portò a casa sua per permettere loro di frequentare la scuola. Fu sempre capace, nell’orario di lezione, di smascherare quella tempesta razzista, ma una mattina fu bruscamente risvegliata dall’odore di fumo e fiamme che presto comunarono la scuola. L’edificio fu distrutto ma lo stimolo che aveva diffuso sopravvisse e alla fine la scuola è diventata parte del sistema educativo pubblico del distretto di Colombia. Dopo la rivolta di Nat Turner del 1831 in tutto il sud fu resa più severa la legge che proibiva l’istruzione degli schiavi. Quasi metà degli insegnanti volontari che parteciparono alla massiccia campagna educativa erano donne, le donne bianche del nord andarono al sud durante la Ricostruzione per assistere le sorelle Nere, determinate a spazzar via l’analfabetismo di milioni di ex schiavi, questi insegnanti si ispiravano a vicenda ed erano ispirati dai loro studenti. Come insegnanti le donne bianche e Nere sembravano aver sviluppato un profondo e intenso rapporto di reciproca stima. All’epoca del tradimento di Hayes e della sconfitta della Ricostruzione radicale, i risultati nel campo dell’istruzione erano diventati una delle più potenti manifestazioni del progresso durante quel periodo potenzialmente rivoluzionario. La storia della lotta per l’educazione delle donne negli Stati Uniti raggiunge un apice quando le donne bianche e Nere condussero insieme la battaglia contro l’analfabetismo nel sud, degni anni successivi alla Guerra civile. La loro unita e la loro solidarietà preservavano e davano conferma a una delle più fruttuose esperienze della storia. Capitolo 7 Il suffragio femminile tra Ottocento e Novecento: l’influenza crescente del razzismo Nel 1888 il Mississippi emanò una serie di normative che legalizzavano la segregazione razziale ed entro il 1890 lo stato aveva ratificato una nuova costituzione che privava i Neri del diritto di voto. Sull’esempio del Mississippi altri stati meridionali emanarono nuove costituzioni per ottenere la privazione dei diritti elettorali de popolo Nero. La posizione evidentemente “neutrale” che la leadership della National American Woman Suffrage Association adottò sulla “questione razziale” in realtà incoraggio la proliferazione di idee esplicitamente razziste nelle fila del movimento suffragista. Henry Blackwell già nel 1867 aveva rivolto un appello <<alle assemblee legislative degli Stati del sud>> chiedendo loro di prendere nota del fatto che il diritto di voto alle donne poteva potenzialmente eliminare l’incombente peso politico della popolazione Nera, assicurava i politici sudisti dell’epoca che il suffragio femminile potesse riconciliare nord e sud. Blackwell e sua moglie Lucy Stone assistettero Elizabeth Cady Stanton e Susan B. Anthony durante la loro campagna del 1867. Durante il secondo anno del mandato di Anthony l’associazione approvò una risoluzione che era una variante della tesi datata razzista e assista di Blackwell, questa respingeva in maniera elegante i diritti delle donne Nere e immigrate assieme ai diritti dei loro compagni di sesso maschile. Si trattava di un tradimento degli ideali democratici che non poteva più essere giustificato da vecchie considerazioni tattiche. In questa logica vi era anche un attacco implicito alla classe lavoratrice e una volontà di fare causa comune con i nuovi capitalisti monopolisti la cui ricerca indiscriminata di profitti non conosceva limiti umani. Adottando la risoluzione del 1893 le suffragiste stavano dicendo che se avessero avuto loro il potere di voto avrebbero soggiogato i tre elementi principali della work class statunitense: i Neri, gli immigrati e gli operai bianchi analfabeti. Il terrore e la violenza obbligavano gli operai Neri del sud ad accettare salari da schiavi e condizioni di lavoro che spesso erano peggio della schiavitù. Era questa la logica che stava dietro le crescenti ondate di linciaggi e gli standard di privazione elettorali al sud. Nel 1883 la Corte suprema annullò il Civil Rights Act del 1875 e le leggi Jim Crow e Lynch (un nuovo modello di schiavismo razzista) ottennero una ratificazione giuridica. La sentenza Plessy vs Ferguson inaugurò la dottrina del “separati ma uguali” che consolidava il nuovo sistema di segregazione razziale del sud. L’ultimo decennio del XIX secolo fu un momento critico nello sviluppo del razzismo moderno, nel 1898 il New York Herald pubblicava articoli sulla presenza statunitense a Cuba, le “rivolte razziali” a Phoenix è il massacro di Neri a Wilmington, il più luttuoso di quegli anni. Nel 1899 le suffragiste si sbrigarono a fornire prove della loro tenace lealtà verso l’avido capitalismo monopolista e le nuove festa imperialiste furono accettate senza esitazioni. Durante il congresso del 1890 della National American Woman Suffrage Association emerse una contraddizione di fondo: l’appello di una Nera per una risoluzione contro le leggi Jim Crow restò inosservato. La sua risoluzione era semplice <<le donne di colore non dovrebbero essere obbligate a viaggiare nelle carrozze per i fumatori e dovrebbero avere accesso a veri e propri vagoni>>, i commenti di Susan B. Anthony: noi donne siamo una classe priva di voto e aiuti. Abbiamo le mani legate. Finché ci troviamo in questa condizione non è bene che facciamo passare risoluzioni contro l’industria delle ferrovie o altre simili. Rifiutando di difendere quella sorella Nera la National American Woman Suffrage Association abbandonava simbolicamente l’intero popolo Nero nel momento della sua più intensa sofferenza dell’epoca dell’emancipazione. Questa posizione certificava in via definitiva che l’associazione di suffragiste era una forza politica potenzialmente reazionaria problema ad andare incontro alle richieste dei suprematisti bianchi. Nel 1899 Wells aveva ormai completato in enorme lavoro sulla ricerca sui linciaggi, nei precedenti dieci anni erano stati ufficialmente certificati circa 100-250 linciaggi l’anno. Innumerevoli documenti storici confermano l’atmosfera di aggressioni razziste e al tempo stesso registrano le potenti sfide lanciare dai Neri nel 1899. Un documento particolarmente simbolico è l’appello lanciato ai Neri dal National Afro American Council per osservare il 2 giugno un giorno di preghiera e digiuno, questo documento denunciava gli arresti indiscriminati e ingiustificati che rendevano i Neri facili prede delle squadracce. L’ideologia borghese possiede per davvero la capacità di dissolvere le concrete immagini di terrore nell’oscurità e nell’insignificanza, facendo affievolire gli orribili gemiti della sofferenza umana prima in mormorii appena percettibili e poi nel silenzio. donne e la piena uguaglianza salariale tra i sessi. Al congresso di fondazione della National Colored Labor Union le donne invece furono accolte fin dall’inizio. Questi sindacato Nero diede prova con il suo lavoro di essere maggiormente impegnato verso i diritti delle lavoratrici ed elesse una donna nel comitato politico. Nel primo numero di Revolution di Anthony, giornale finanziato dal razzista Partito democratico, il messaggio rivolto alle donne era di lottare per il diritto di voto, una volta ottenuto si sarebbe finalmente realizzato il trionfo della morale in tutta la nazione. Il Revolution (giornale finanziato dal razzista partito democratico) nel corso dei due anni in cui fu pubblicato ebbe un ruolo molto importante nelle lotte delle lavoratrici, sostenne la rivendicazione della giornata lavorativa di otto ore così come lo slogan antisessista “uguale salario per uguale lavoro”. Nonostante i contributi fondamentali alla lotta delle lavoratrici Sudan B. Anthony, Elizabeth Cady Stanton e le loro colleghe non accettarono mai fino in fondo i principi del sindacalismo, non abbracciarono mai i principi fondamentali dell’unità e della solidarietà di classe senza i quali il movimento operaio sarebbe rimasto impotente, dal punto di vista delle suffragiste “la donna” aveva la priorità ma evidentemente non tutte le donne. Le Nere infatti restarono invisibili nel corso di tutta la campagna per il suffragio femminile. Nonostante Susan B. Anthony e Elizabeth Cady Stanton avessero persuaso numerose dirigenti del movimento operaio a protestare per il diritto di voto alle donne, le masse delle lavoratrici erano troppo preoccupate dai loro problemi immediati per metterli a lottare per una causa che sembrava così astratta. Nelle parole della stessa Anthony: il figlio più umile dei cittadini, bianco o Nero che sia, ha le stesse possibilità del figlio della persona più ricca. Susan B. Anthony non avrebbe mai detto una cosa del genere se avesse conosciuto sulla propria pelle le condizioni in cui vivevano le famiglie della classe operaia. L’uguaglianza politica non apriva le porte all’uguaglianza economica. Anthony criticava apertamente la propensione delle lavoratrici a focalizzarsi sui propri bisogni immediati. Sin dagli inizi sosteneva che il voto avrebbe portato alla vera emancipazione delle donne e che il sessismo era molto più oppressivo del razzismo e della disuguaglianza di classe. La devota posizione femminista di Anthony era anche un riflesso della sua devozione all’ideologia borghese, a causa del potete accecante di quella ideologia non riuscì a rendersi conto che le lavoratrici erano profondamente legate ai propri uomini dallo sfruttamento di classe e dall’oppressione razzista da non poter fare distinzioni di sesso, era il padrone o io capitalista il vero nemico. Le lavoratrici non rivendicarono in massa il suffragio fino agli inizi del ventesimo secolo. In seguito al tragico incendio della New York Triangle Shirtwaist Company quando la necessità di una regolamentazione delle condizioni di lavoro emerse con evidenza drammatica, le lavoratrici avevano bisogno del voto per garantire la propria stessa sopravvivenza come arma supplementare per avanzare nella lotta di classe, testimonianza dell’influenza crescente del movimento socialista. Le donne socialiste portarono una nuova energia al movimento suffragista e difesero la visione di questa lotta nata dalle esperienze delle loro sorelle lavoratrici. Nel primo decennio del ventesimo secolo tra gli otto milioni di donne nel mercato del lavoro più di due milioni erano Nere. Subivano l’oppressione combinata di sesso, classe e razza. Ma il razzismo era così radicato nel movimento suffragista che le sue porte non furono mai veramente aperte alle donne Nere. L’intero movimento dei club delle donne Nere aveva una profonda anima suffragista e continuò a sostenere il diritto di voto alle donne. Le donne Nere sostennero la battaglia per il suffragio fino alla fine e ricevettero il supporto di molti dei loro uomini. W. E. B. DuBois si distinse come il più grande difensore di sesso maschile del diritto di voto alle donne. In un articolo satirico descrisse gli uomini bianchi che nel 1913 a Washington si erano scagliati contro una manifestazione per il diritto di voto paladini delle <<gloriose tradizioni del popolo anglosassone>>, concluse citando le parole di una manifestante bianca che testimoniava a favore della rispettabilità degli uomini Neri <<non uno di loro fu volgare, la differenza tra loro e quei bianchi insolenti e sfrontati era abissale>>. In questo forte la maggior parte dei simpatizzanti uomini era Nera, fu stabilità dalle organizzatrici bianchi come una rigida segregazione razziale. Nel 1915 DuBois pubblicò su The Crisis un articolo, si trattava della trascrizione di un convegno tra i cui partecipanti si annoveravano giudici, ministri, professori universitari, funzionari pubblici, leader religiosi e educatori. La maggioranza delle donne che partecipo al convegno era iscritta alla National Association of Colored Woman, Nannie H. Burroughs sostenne la tesi della moralità femminile fino ad affermare l’assoluta superiorità delle Nere sui propri uomini, soltanto lei sostenne l’argomentazione contorta di una superiorità morale delle donne che naturalmente implicava che queste fossero inferiori agli uomini sotto altri aspetti. Altre focalizzarono l’analisi sulle donne lavoratrici, l’educazione, i bambini e le attività dei club. Mary Talvert sintetizzò l’amministrazione per le Nere parlando delle loro <<evidenti capacità di osservazione e giudizio>> le donne Nere erano state più disponibili a contribuire alla creazione di un movimento multirazziale per i diritti politici delle donne. Ma ogni volta furono tradite, respinte, rifiutate dalle dirigenti di quel movimento discriminatorio, per le suffragiste le Nere erano entità sacrificabili. Le donne Nere del sud furono violentemente ostacolate nell’esercizio del loro nuovo diritto. L’irruzione della violenza del Ku Klux Klan portò morte e ferite alle Nere e ai loro bambini. In altri luoghi fu comunque loro vietato di esercitare il diritto di voto più di duecentocinquanta donne di colore si recarono ai seggi per votare ma furono respinte. Capitolo 10 Le donne comuniste Nel 1848 l’Europa fu teatro di continue insurrezioni rivoluzionarie, Josef Weydemyer emigrò negli Stati Uniti e fondò la prima organizzazione marxista della storia del paese nel 1852 non risulta che nessuna donna appartenesse all’organizzazione, le donne sembra non abbiamo fatto parte del movimento socialista marxista. Dal momento in cui fu fondato il Socialist Party nel 1900, la composizione del movimento iniziò a cambiare e divenne più forte la rivendicazione dell’uguaglianza delle donne, più donne erano attratte dalle lotte per il cambiamento sociale e iniziarono ad affermare il proprio diritto di partecipare alla lotta contro le strutture oppressive della società. Dal 1900 in avanti la sinistra marxista avrebbe compreso l’importanza delle donne militanti. Il Socialist Party sostenne la battaglia per l’uguaglianza delle donne e si costituì un movimento della classe operaia per il diritto di voto alle donne. L’8 Marzo di quell’anno le socialiste organizzarono una manifestazione a sostegno del suffragio (giornata internazionale delle donne). Sia il Socialist Party che gli Industrial Workers of the World ammettevano le donne nelle loro strutture e le incoraggiavano a divenire leader e agitatrici ma soltanto i secondo abbracciarono un’esplicita politica di lotta contro il razzismo. Il principale obiettivo dei socialisti era l’organizzazione della classe lavoratrice e lo sviluppo di una coscienza di classe rivoluzionaria e socialista, gli Industrial Workers of the World focalizzarono un’ attenzione specifica sui problemi delle persone Nere. Nel corso del decennio successivo tuttavia i comunisti arrivarono a riconoscere la centralità del razzismo nella società statunitense e svilupparono una solida teoria della liberazione dei Neri e formarono in numero notevole di militanti attivi nella lotta contro il razzismo. Varie donne comuniste che non ho scritto perché ha detto che non le chiede nello specifico Capitolo 11 Stupro, razzismo e il mito dello stupratore Nero Negli Stati Uniti e in altri paesi capitalisti le leggi sullo stupro erano strutturate in origine a tutela degli uomini delle classi superiori, le cui figlie i logli rischiavano di essere aggredite. Ciò che accadde alle donne della working class ha suscitato di rado l’attenzione dei tribunali, di conseguenza un numero irrisorio di uomini bianchi ha subito un processo per violenza sessuale nei confronti di queste donne. Se di rado gli stupratori sono stati portati a giudizio, la denuncia per stupro ha colpito invece gli uomini Neri in maniera indiscriminata, colpevoli o innocenti che fossero. Dei 455 uomini giustiziati tra il 1930 e il 1967 sulla base di una condanna di stupro, 405 erano Neri. La falsa accusa di stupro emerge come uno degli strumenti più terribili forgiati dal razzismo, il mito dello stupratore Nero è stato metodicamente evocato ogni volta che era necessario fornire giustificazioni convincenti alle ondate di violenza e terrore contro la comunità Nera. Le Nere, dopo aver subito loro stesse violenza, mai o quasi mai hanno trovato supporto dagli uomini in uniforme e toga, al contrario sono venuti a galla tanti casi di violenze su Nere da parte della polizia. Agli inizi del movimento contro lo stupro poche femministe hanno analizzato seriamente la condizione specifica delle donne Nere. Il caso di Joan Little ne illustra la tesi, portata a processo per omicidio nel 1975, la giovane Nera di accusata di aver ucciso una guarda bianca nella prigione, al banco degli imputati testimoniò di averlo ucciso per autodifesa, le sue ragioni vennero sostenute da singoli, dalle organizzazione della comunità Nera e dal movimento delle donne, la sua assoluzione fu salutata come un’importante vittoria resa possibile da una campagna di massa. Dopo l’assoluzione fece numerosi appelli a sostegno di un uomo Nero, Delbert Tibbs, che stava per essere giustiziato perché falsamente accusato di stupro. Molte Nere risposero all’appello di Joan Little, la poche bianche fecero altrettanto. Quando caddero tutte le denunce contro Tibbs, le attivista bianche cominciarono a schierarsi progressivamente in sua difesa ma le esitazione iniziali confermato che il movimento contro lo stupro era del tutto indifferente alle loro preoccupazioni. Una delle specificità storiche del razzismo è stata l’assunzione che gli uomini bianchi godessero del diritto incontestabile di accedere ai corpi delle donne Nere, lo stupro delle donne Nere ad opera degli uomini bianchi si è radicato a tal punto nelle dinamiche sociali da riuscire a sopravvivere all’abolizione della schiavitù. La tragedia del razzismo quotidiano ha significato anche un’infinità di aggressioni da parte di uomini bianchi senza nome convinti che i loro atti fossero semplicemente naturali. Se le donne Nere sono state i principali bersagli, le bianche ne hanno sofferto altrettanto. Quando gli uomini bianchi si persuaderò di poter stuprare le Nere la loro condotta nei confronti delle bianche non potè che risentirne, questa è una delle modalità principali con cui il razzismo alimenta il sessismo facendo delle bianche le vittime di una forma di oppressione rivolta alle loro sorelle di colore. Alcune intellettuali del movimento contro lo stupro non esitarono a teorizzare che gli uomini di colore siano particolarmente propensi a commettere violenza sessuale contro le donne. Nel suo studio Susan Brownmiller sostiene che l’oppressione storica degli uomini Neri abbia reso loro inaccessibili molte delle espressioni “legittime” di maschilismo e che per questo ricorrano a atti di violenza sessuale, molte delle sue tesi sono pervase dall’ideologia razzista, ma lei non è l’unica anche Jean MacKeller è stato così ipnotizzata dalla propaganda razzista che è arrivata ad affermare che il 90% degli stupro denunciati sono commessi da uomini Neri, l’FBI sostiene siano il 47% dei casi. Diana Russel rinforza il senso comunque secondo cui lo “stupratore tipo” sia un uomo di colore. Queste tre sono sicuramente più sottili rispetto ai primi ideologi del razzismo ma le loro conclusioni sono purtroppo le stesse di teorici universitari del razzismo come Windelf Collins. Se Collins sostiene tesi pseudo-biologiche, Brownmiller, Russel e MacKeller sostengono le teoria di condizionamento ambientale, ma nelle analisi conclusive affermato tutte che gli uomini Neri sono La più importante vittoria del movimento contemporaneo è avvenuta nei primi anni ‘60 con la legalizzazione dell’aborto. Tra le attiviste della campagna per il diritto all’aborto non vi furono mai numeri consistenti di donne di colore e per questo venivano generalmente date due spiegazioni: le donne Nere erano sovraccaricate dalla lotta contro il razzismo oppure non avevano ancora preso coscienza della centralità del razzismo. Ma il vero motivo è nascosto nelle fondamenta ideologiche del movimento per il controllo delle nascite. L’incapacità della campagna per il diritto all’aborto di produrre un’analisi storica del proprio percorso condusse a una valutazione pericolosamente superficiale della diffidenza da delle persone Nere su questo tema. Le donne di colore non avrebbero mai potuto ignorare l’importanza della campagna per il diritto all’aborto. Le donne Nere hanno sempre abortito da sole sin dai primi tempi della schiavitù, molte schiave rifiutavano di mettere al mondo figli destinato a un’esistenza di interminabile lavoro. Gli aborti autoimposto e gli atti di infanticidio furono così frequenti durante la schiavitù non perché le donne Nere avessero scoperto la soluzione ai loro problemi ma perché erano disperate, erano gesti disperati motivato dalla condizione oppressiva della schiavitù. Nelle fasi iniziali della campagna per il diritto all’aborto troppo spesso si affermò che la sua legalizzazione avrebbe fornito una valida alternativa alla miriade di problemi posti dalla povertà. Questa affermazione rifletteva la tendenza a offuscare la distinzione tra il diritto all’aborto e una posizione a favore degli aborti. La campagna spesso non riuscì a dare voce alle donne che volevano che questo diritto fosse legale ma si lamentavano delle condizioni sociali che proibivano loro di mettere al mondo dei bambini. A partire dal 1977 l’approvazione dell’emendamento Hyde al Congresso impose la sospensione dei finanziamenti federali alle interruzioni di gravidanza. Poiché la sterilizzazione chirurgica rimase gratuita su richiesta sempre più donne povere furono costrette a optare per l’infertilità permanente. Il desiderio di controllare il proprio sistema riproduttivo è probabilmente vecchio quanto la storia umana, tra le tante ricette alimentari, prodotti chimici fatto in casa e medicine per prevenire le nascite. Verso la fine del XIX secolo il tasso di natalità tra i bianchi negli Stati Uniti registrava un significativo declino, poiché nessuna innovazione contraccettiva era ancora stata ufficialmente introdotta, la diminuzione delle nascite sottintendeva di fatto che le donne stessero limitando la loro attività sessuale. Eppure questo fenomeno di pubblicamente interpretato in chiave razzista antioperaia dagli ideologi del capitalismo monopolistico. Nel 1905 il presidente Theodore Roosevelt concluse il suo discorso proclamando che <<la purezza della razza deve essere salvaguardiata>>. Secondo una studiosa di storia la strategia propagandistica del presidente fu un fallimento perché contribuì a legittimarlo, eppure questa controversia <<deve emergere proprio quello questioni che separavano le femministe dai poveri della classe lavoratrice>>. Mentre le suffragiste tolleravano le tesi sull’estensione del voto alle donne come arma per la salvaguardia per la superiorità bianca, le fautrici della contraccezione acconsentivano il controllo delle nascite come mezzo per prevenire la proliferazione delle “classi inferiori” e come antidoto al suicidio della razza, che poteva essere evitato attraverso l’introduzione del controllo delle nascite tra le persone Nere, immigrate e povere in generale. Quando Margaret Sanger diede inizio alla sua lunga crociata per il diritto al controllo delle nascite sembrava che i toni razzisti e classisti del passato potessero essere lasciato alle spalle, la sua adesione al movimento socialista fu un’ulteriore ragione per sperare che la campagna per il controllo delle nascite perdesse una direzione progressista. Racconta anche di come una ragazza di 28 anni che aveva cercato di provocarsi un aborto le aveva chiesto supplicando di dirle il segreto per non rimanere incinta, qualche mese più tardi morì per un altro aborto auto indotto. Quella notte Margaret Sanger giurò di dedicare tutte le sue energie alla diffusione legale delle misure contraccettive. Purtroppo l’alleanza tra la campagna per il controllo delle nascite è il movimento operaio radicale non duro a lungo, i socialisti e gli altri attivisti continuavano a rivendicare questo diritto ma non occupava una posizione di centralità nelle loro strategia. Sanger iniziò a sottostimare la centralità dello sfruttamento capitalistico nella sua analisi della povertà, argomentando che la famiglia numerosa fosse responsabile delle miseria dei lavoratori. Quando Sanger ruppe i rapporti con il Socialist Party al fine di costruire una campagna indipendente si trovo esposta come mai prima alla propaganda anti Neri e anti immigrati dell’epoca, le fautrici del controllo delle nascite iniziarono ad abbracciare l’ideologia razzista dominante. Chi è più adatto deve avere più figli chi non è adatto deve averne di meno, compresi i neri, dice “bisogna impedire al popolo americano di essere sostituito dal ceppo nero” Nel 1919 l’eugenetica aveva ormai un’influenza innegabile sul movimento per il controllo delle nascite, in un articolo pubblicato sul giornale dell’American Birth Control League Margaret Sanger sostenne che <<l’obiettivo principale>> fosse di avere <<più bambini da chi è adatto e meno da chi è inadatto>>. Nel 1932 l’Eugenics Society poteva vantarsi di avere fatto passare la legge sulla sterilizzazione in 26 stato e di aver così impedito chirurgicamente a migliaia di persone “inadatte” di riprodursi. La American Birth Control League lanciò un invito al controllo delle nascite tra le persone Nere che era razzista tanto quanto l’appello alla sterilizzazione. La federazione domandò il reclutamento di sacerdoti Neri perché digerissero i comitati locali per il controllo delle nascite e propose una campagna di sensibilizzazione dei Neri, questo episodio confermò la vittoria dell’ideologia razzista e delle teorie eugenetiche nel movimento per il controllo delle nascite. Soltanto quando i media rivelarono lo scandalo della sterilizzazione su due ragazze Nere di aprì il vaso di Pandora delle sterilizzazioni forzate, ma il caso irruppe troppo tardi per influenzare la politica del movimento dell’aborto. Un’opposizione di massa agli abusi della sterilizzazione forzata divenne tragicamente urgente. La diffusione mediatica del caso fece emergere molte altre vicende simili. Nial Ruth Cox fece causa allo stato del North Carolina perché dei funzionari pubblici l’avevano minacciata di interrompere il sussidio alla sua famiglia se si fosse rifiutata di sottoporsi alla sterilizzazione chirurgica, la giustificazione da loro adottata fu la limitazione della riproduzione delle <<persone con deficienza mentale>>. Queste rivelazioni portarono allo scoperto la complicità del governo federale, all’inizio il Department of Health Education and Welfare dichiarò che nel 1972 circa 16.000 donne e 8.000 uomini erano stati sterilizzati. Più tardi questi subirono una revisione, Carl Shultz stimò che in realtà quell’anno erano state finanziate dal governo federale tra le 100.000 e le 200.000 sterilizzazioni. Il dottor Connie Uri testimoniò davanti alla commissione del Senato dichiarando che nel 1976 circa il 24% delle donne indiane in età di gestazione era sterilizzato, le indiane native americane erano un obiettivo speciale della propaganda di governo sulla sterilizzazione, le donne native americane, chicane, portoricane e Nere continuano a essere sterilizzate in numero spropositato. Secondo uno studio condotto sulla fertilità nazionale f condottò nel 1970 il 20% di tutte le donne Nere sposate è stato sterilizzato. Benché nel 1974 il dipartimento della salute abbia emesso delle linee guida volte a prevenire le sterilizzazione involontarie, l’indagine condotta fece emergere che il 40% degli ospedali ignorava la nuova normativa. L’emendamento Hyde del 1977 ha fornito un’ulteriore incentivo alla sterilizzazione forzata. Durante l’ultimo decennio (il libro è degli anni ‘80) la lotta contro la sterilizzazione forzata è stata portata avanti innanzitutto dalle donne portoricane, Nere, chicane e native americane. Il movimento delle donne non ha ancora abbracciato la loro causa. Se le donne di colore sono sollecitate a diventare sterili, le donne bianche benestanti sono invece sollecitate a riprodursi. Capitolo 13 Verso la fine del lavoro domestico: una prospettiva working class I lavori domestici occupano mediamente dalle 3.000 alle 4.000 ore l’anno della vita di una casalinga, questi dati non tengono conto della costante e non quantificabile attenzione che le madri devono dare ai figli. La nuova presa di coscienza dell’attuale movimento delle donne ha incoraggiato la richiesta di sgravarsi di questo lavoro ingrato, sempre più uomini hanno iniziato ad aiutare le loro partner in casa fino a ripartirsi il tempo da dedicare alle faccende domestiche, ma quanti di questi hanno smesso di concepire il lavoro domestico come in “lavoro da donne”? Uno dei segreti meglio custoditi delle società a capitalismo avanzato riguarda la possibilità di una trasformazione radicale della natura del lavoro domestico. Oggigiorno gran parte dei compiti di una casalinga potrebbe essere incorporata nell’economia industriale, se si progettassero macchinari a tecnologia avanzata per le pulizie, delle squadre di lavoratori qualificati e ben pagati potrebbero passare di casa in casa e compi re rapidamente ed efficientemente ciò che oggi una casalinga fa a fatica e con mezzi primitivi. Perché la prospettiva di questo cambiamento radicale è tenuta in silenzio? Perché l’economia capitalistica è strutturalmente ostile all’industrializzazione del lavoro domestico, ne deriverebbe un profitto molto ridotto e sarebbe una maledizione per l’economia capitalista. L’industrializzazione e la socializzazione del lavoro di cura sono diventate ormai delle oggettive necessità sociali. Frederick Engels scrive che la disparità dei sessi come la conosciamo oggi non esisteva prima dell’avvento della proprietà privata, nelle società in cui gli uomini si occupavano della caccia e le donne della raccolta entrambi svolgevano un compito economico che era ugualmente essenziale. Nelle società a capitalismo avanzato invece l’attività domestica delle donne è un compito di assistenza che raramente produce un’evidenza tangibile e che ne sminuisce lo status sociale, la donna di casa secondo l’ideologia borghese è la serva del proprio marito per tutta la vita ma il lavoro domestico in epoca coloniale era completamente differente. Le donne erano lavoratrici a pieno titolo in un sistema economico a base domestica, ma erano anche le garanti della salute sia del loro nucleo che della comunità. Le attività domestiche svolte dalle donne nell’America coloniale avevano un ruolo fondamentale è complementare a quello delle attività economiche che le donne svolgevano al di fuori della casa, niente impediva loro ad esempio di aprire una taverna. Il picco dell’industrializzazione dell’epoca post rivoluzionaria portò a una proliferazione di fabbriche, gli stabilimenti tessili furono i primi impianti industriali di successo e le donne furono le prime lavoratrici reclutate dai proprietari perché lavorassero ai nuovi telai meccanici, il fatto che le prime operaie fossero donne è uno dei più grandi paradossi della storia economica. Man mano che l’industrializzazione avanzava il lavoro domestico delle donne perse strutturalmente importanza e le donne ne uscirono perdenti in due sensi: da una parte i loro lavori tradizionali erano usurpati dal nuovo sistema delle fabbriche, dall’altra l’intera economia si allontanava dalla casa privando molte donne di un ruolo significativo economico. Le merci prodotte in fabbrica si definivano per il proprio valore di scambio ovvero la capacità di soddisfare la domanda di profitto degli imprenditori. Questa nuova concezione della produzione economica rivelava una fondamentale separazione strutturale tra l’economia domestica e l’economia orientata al profitto. Il lavoro domestico definito come una forma inferiore. Un significato collaterale di questa radicale trasformazione economica di la nascita della “casalinga”, l’ideologia del XIX secolo impose il ruolo della casalinga e della madre come modelli universali di femminilità, le donne costrette a svolgere un impiego salariato iniziarono a essere trattate da complete estranee nel mondo maschile dell’economia. Avendo messo piede al di fuori del loro ambito “naturale” non potevano essere trattate come lavoratrici salariate a pieno titolo. Il sessismo divenne per i capitalisti una fonte ulteriore di profitto.